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EMPIRISMO E DAVID HUME

Corrente filosofica dell’EMPIRISMO non esistono idee innate e assolute, cioè sempre vere, perché tutto si basa
sull’esperienza. Importante esponente dell’empirismo scettico fu David Hume colui che ha risvegliato Kant dal sonno
dogmatico.

Per Hume il GIUDIZIO (dal punto di vista logico) è un pensiero razionale, diversamente da ciò che si pensava prima,
ovvero quando alcune verità erano considerate vere indipendentemente dall’indagine scientifica.
Giudizio=unione di soggetto e predicato che può assumere valore affermativo e negativo. Per Hume esistono due tipi di
giudizi:
PROPOSIZIONI che concernono relazioni tra idee dette analitiche o matematiche, sono vere a priori, cioè per mezzo
della sola operazione del pensiero, perché basate sul principio fondamentale della logica: principio di non
contraddizione. [Es: L’area del triangolo è 180°]
PROPOSIZIONI che concernono relazioni tra fatti dette empiriche, sono vere a posteriori, cioè fondate sull’esperienza,
in sintesi per essere vere devono accadere perché un fatto può sempre violare la previsione [Es: “Oggi è una bella
giornata”, sappiamo che è bella solo dopo aver guardato alla finestra.]
Partendo da ciò Hume afferma che la scienza NON è un SAPERE CERTO semmai PROBABILE, fondata su un rapporto
causa-effetto errato, poiché pretende di saper con certezza l’avvenimento dei fenomeni. Ma causa ed effetto sono due
fatti interamente diversi, privi di connessione oggettiva poiché siamo in grando di prevedere diversi effetti possibili
scatenati da un’unica causa, ciò rende impossibile conoscere a priori la relazione tra la causa e il suo effetto. Sulla base
della nostra esperienza possiamo prevedere che il sole domani sorga come ha fatto tutti i giorni da miliardi di anni, e cioè
basarci sull’abitudine (un atto ripetuto nel tempo che produce nell’uomo la convinzione che si riproduca sempre lo
stesso atto senza coinvolgere il ragionamento), ma questo non toglie che domani il sole potrebbe non sorgere. Quando
un’abitudine viene poi generalizzata scaturisce in una credenza.
Quindi Hume critica sia la Metafisica, che di fatti non è dimostrabile, sia la scienza moderna.

IMMANUEL KANT
Hume è il responsabile di aver risvegliato Kant dal sonno dogmatico, cioè di avergli fatto smettere di credere a qualcosa
che non è dimostrabile. Kant era definito criticista perché rifiutava le correnti filosofiche della sua epoca (empirismo e
razionalismo), abbandonando il “dogmatismo”. Anche se Kant non concorda con la concezione di scienza moderna che a
Hume, è grazie a lui che Immanuel decide di mettere in dubbio la ragione stessa (unica cosa di cui gli illuministi del
tempo non hanno mai dubitato), quindi per la sua filosofia e per il periodo storico Kant è considerato un’illuminista. Kant
condivide lo scetticismo verso la metafisica ma, vista da Hume come una semplice illusione di conoscere razionalmente
ciò che in realtà proviene dall’esperienza, mentre da Kant come una disposizione naturale che porta l’uomo a
trascendere l’orizzonte del verificabile.
Lo stesso Kant considera la sua filosofia come una “rivoluzione copernicana per aver ribaltato i rapporti tra oggetto e
soggetto. Alla base del pensiero di Hume, Kant riconosce come il principio di causalità (fondamento della conoscenza
umana) non ha base OGGETTIVA, non è la mente umana a modellarsi passivamente sulla realtà, ma ha base
SOGGETTIVA perché è l’uomo a percepire qualità ed attribuire caratteristiche alle cose che sono manifestazione del suo
modo di pensarle e la realtà si modella sulle forme a priori con cui la percepiamo.
LE CRITICHE:
L’essere umano è in grado di pensare, agire e sentire(spiritualmente), queste tre sono le facoltà fondamentale dell’essere
umano. Per ognuna di queste facoltà Kant scrive una critica quindi possiamo dividerle in:
 Critica della ragion pura. (conoscenza)
 Critica della ragion pratica. (morale)
 Critica del giudizio. (esperienza estetica e sentimentale)
Critica: mettere in difficoltà, analizzare qualcosa fino alla radice allo scopo di trovare i fondamenti di quel qualcosa.
Conoscere validità/fondamenti (titoli di legittimità o non), limiti (confini della validità) e possibilità (condizioni che ne
permettono l’esistenza) di una determinata cosa.

CRITICA DELLA RAGION PURA


La critica della ragion pura è un esame critico della validità e dei limiti che la ragione umana possiede in virtù dei suoi
elementi puri a priori.
È un’analisi critica dei fondamentali del sapere, e visto che al tempo il sapere si articolava in Scienza e Metafisica, bisogna
valutare queste due categorie. Le domande fondamentali a cui cerca di rispondere la critica sono:
1. COME sia possibile la matematica come scienza?
2. COME sia possibile la fisica come scienza?
3. SE è possibile la metafisica come scienza?
I GIUDIZI:
Quando conosciamo, lo facciamo tramite giudizi (un particolare che si connette ad un universale):
GIUDIZI ANALITICI A PRIORI concezione razionalista della scienza: Es. “Ogni corpo è esteso”.
- UNIVERSALI E NECESSARI, sono sempre veri per tutti secondo il principio di non contraddizione.
- INFECONDI: Non aggiungono nulla alla nostra conoscenza
- Non derivano dall’esperienza

GIUDIZI SINTETICI A POSTERIORI concezione empiristica della scienza: Es. “Il fuoco brucia”.
- PARTICOLARI E CONTIGENTI, non sono veri sempre e per tutti.
- FECONDI perché il predicato aggiunge qualcosa al soggetto ampliando la nostra conoscenza
- Derivano dall’ESPERIENZA

GIUDIZI SINTETICI A PRIORI concezioni criticistica della scienza


- FECONDI perché aggiungono qualcosa a ciò che sappiamo già
- Derivano dall’esperienza
- UNIVERSALI
-
SCIENZA=esperienza + giudizi sintetici a posteriori
Come sono possibili? La conoscenza/scienza è la sintesi di MATERIA (elemento posteriore che racchiude la molteplicità
caotica e mutevole delle impressioni sensibili legate all’esperienza) e di FORMA (elemento a priori che unisce le modalità
fisse mentali che riordinano tali impressioni).

LA CRITICA DELLA RAGION PURA SI DIVIDE IN


 DOTTRINA DEL MONDO che chiarisce l’uso degli elementi a priori della conoscenza;
 DOTTRINA DEGLI ELEMENTI che mette in luce le forme a priori del sapere e si divide in:
 ESTETICA TRASCENDENTALE che si occupa dello studio delle forme a priori della sensibilità; come siano
possibili giudizi sintetici a priori in matematica, cioè, dimostrare COME la matematica sia una scienza.
 LOGICA TRASCENDENTALE che si occupa dello studio delle forme a priori del pensiero discorsivo e si divide
in:
- ANALITICA TRASCENDENTALE che studia le forme a priori dell’intelletto; come siano possibili giudizi
sintetici a priori in fisica, cioè, dimostrare COME la fisica sia una scienza.
- DIALETTICA TRASCENDENTALE studia le forme e priori della ragione e si occupa di chiedersi SE la
metafisica sia una scienza.
SENSIBILITÀ: oggetti dati intuitivamente tramite sensi e forme dello spazio e del tempo
INTELLETTO: dati sensibili pensati tramite 12 categorie e concetti puri
RAGIONE: realtà spiegata tramite idee di anima-Dio-mondo

TRASCENDENTALE è un concetto che Kant lega con quello di forme a priori.


Trascendentale è un qualcosa che, pur non avendo origine nell’esperienza / pur precedendo l’esperienza (a priori) non è
determinato a nulla se non a conoscere l’esperienza stessa / deve necessariamente ricadere sull’esperienza.
Risultano trascendentali, pertanto, non le forme a priori, bensì le discipline filosofiche ad esse relative.

L’ESTETICA TRANSCENDENTALE studia la SENSIBILITÀ e le sue forme a priori. (forme della mente umana e dimostrazione
che sono gli oggetti del mondo naturale a doversi adeguare alle forme della mente). La sensibilità
È la facoltà intuitiva dell’uomo che precede il pensiero
È la prima originaria forma di conoscenza con cui l’essere umano percepisce la realtà, con cui gli oggetti vengono
immediatamente e intuitivamente raccolti, pertanto detta facoltà ricettiva attiva poiché genera contenuti per intuizione.
Le sue forme a priori sono lo spazio (INTUIZIONE PURA ESTERNA) e il tempo (INTUIZIONE PURA INTERNA), ciò significa
che non sono caratteristiche degli oggetti, ma facoltà insite nella mente dell’uomo per percepire gli oggetti. Lo spazio è la
condizione trascendentale della geometria, cioè il fondamento per la quale la geometria è una scienza sintetica a priori
che dimostra le proprietà delle figure; il tempo è la condizione trascendentale dell’aritmetica ed è il presupposto per il
quale l’aritmetica è una scienza sintetica a priori che dimostra le proprietà delle serie numeriche.
Geometria: “la linea retta è la più breve fra due punti”. Questa è una proposizione sintetica a priori per due semplici
motivi:
sintetica perché nella definizione di retta non contiene anche quest’espressioni; a priori poiché vera sempre e per tutti
(necessaria grazie all’intuizione pura di spazio, quindi che sia la più breve è un fatto immediato).
Aritmetica: “7+5=12” Intuizione pura di tempo, è un processo di avanzamento o arretramento nel tempo perché,
quando si calcola, noi in realtà utilizziamo istanti di tempo.
Quindi in sintesi la matematica è un sapere intuitivo, cioè che si comprende prima di essere dimostrato.

ANALITICA TRASCENDENTALE La matematica è la base della fisica, proviamo che la fisica è una scienza sintetica a priori.
È un tipo di logica che ha come oggetto di indagine l’origine, l’estensione e la validità oggettiva delle conoscenze a priori
dell’intelletto e della ragione.
“I pensieri senza intuizioni sarebbero vuoti, mentre senza intelletto nessun oggetto verrebbe pensato” -KANT
Significa che senza sensibilità nulla ci verrebbe dato e senza intelletto nulla sarebbe pensato.
Legati alla sensibilità vi sono i fenomeni, senza essi l’intelletto sarebbe vuoto e senza l’intelletto i fenomeni non si
distinguerebbero.
Il fenomeno: Fenomeno è una parola greca che significa apparire e mostrarsi.
SI PUÒ DIRE “Il sole scalda il sasso” solo grazie alla sensibilità fondata sulle forme spazio-tempo con cui si percepisce che
c’è il sole e per toccare il sasso caldo e grazie all’intelletto che congiunge tutte le percezioni e gli dà un senso.
La fisica usa le percezioni spazio-tempo della matematica e le unisce grazie al concetto di principio di causa:
“Il sole è la causa della temperatura del sasso”
Quindi la fisica è l’unione di esperienza e intelletto, cioè i dati raccolti dall’esperienza vengono organizzati secondo lo
schema rigido della mente.
Il volere conoscere ciò che può essere solo pensato è detto NOUMENO (metafisica), non può essere conosciuto perché
non può essere percepito, il NOUMENO indica illimitatezza, sconfinato.
I CONCETTI DELL’INTELLETTO:
Quando unifichiamo più esperienze sensibili utilizziamo dei CONCETTI, empirici se derivano dall’esperienza, PURI se
contenuti a priori nell’intelletto.
Sono 3 per ogni modalità di giudizio (non derivano dall’esperienza) per un totale di 12. Le modalità di giudizio sono:

1. Quantità, che mette in luce: 3. Qualità, che si divide in:


 Unità: Una ragazza.  Affermativa: hanno la maglia bianca.
 pluralità: Alcune ragazze.  Negativa: non hanno la maglia bianca.
 totalità: Tutte le ragazze.  Limitativa: hanno la maglia non bianca

2. Relazione, che si divide in: 4. Modalità, (modo in cui si manifesta un


 Sostanzialità: Le ragazze (si distinguono dai fenomeno: maglia bianca) che si divide in:
maschi tramite varie caratteristiche)  Esistenza o non esistenza
 Causalità (causa-effetto): a causa del sole il  Possibilità o impossibilità
sasso è caldo.  Necessità o contingenza
 Reciprocità (esclusione), data una cosa l’altra
non si pone

Se esiste un “per noi”, cioè come si mostrano le cose alla nostra percezione, esisterà anche un “in sé”, una realtà
profonda delle cose che la scienza non può conoscere.
La natura per Kant non è la stessa cosa della realtà, ma è l’insieme di leggi scientificamente espresse che regolano il
funzionamento dei fenomeni, un ordine necessario e universale che non deriva dalla natura ma dall’ io penso, nonché
legislatore della natura. Attraverso la scienza conosciamo la realtà come la percepiamo, ma non com’è realmente,
poiché si nasconde dietro la natura. Quindi “cos’è la realtà?” è una domanda metafisica, essendo un qualcosa che non si
pone all’uomo, cioè che si che non si basa sulla sensibilità, realtà è chiamata da Kant la cosa in sé, cioè noumeno, la cosa
solo pensata. Il noumeno è la pretesa della mente umana di dichiarare esistente qualcosa solo dal pensiero, quel
qualcosa di cui non facciamo esperienza e a cui non attribuiamo una collocazione spaziale o una successione temporale.
Quindi, in questo caso, dei concetti della mente non ne facciamo un uso trascendentale ma un uso trascendente, cioè
che vogliamo scavalcare l’esperienza, lo spazio-tempo, il piano del limite. La metafisica è, dunque, la pretesa di
conoscere ciò che è limitato e si basa su idee e ipotesi.

DIALETTICA TRASCENDENTALE affronta il problema di se la metafisica può essere considerata come scienza.
La dialettica trascendentale è detta anche studio della parvenza, termine diverso da apparenza.
APPARENZA = fenomeno = realtà che appare a noi e che trasformiamo in natura.
PARVENZA = voler far sembrare qualcosa diverso da ciò che è; dare alla propria ignoranza, l’aspetto della verità.
Mentre per Platone la dialettica rappresenta quella scienza dell’essere sovrasensibile, del mondo delle idee separato dal
mondo delle cose, per Kant assume significato negativo perché vuole smascherare i ragionamenti fallaci della metafisica.
Kant fa una prima distinzione tra il piano del pensiero che ci dice che le cose POSSONO esistere e il piano dell’esperienza
che afferma che le cose esistono EFFETTIVAMENTE. Infatti tutto nella mente può esistere, ma la realtà effettiva delle cose
coincide solo con l’esperienza e non va confusa con la logica, intesa come campo della possibilità e dell’ipotesi
La metafisica è un parto della ragione. Essendo all’inizio ragione = intelletto, nonché la facoltà logica di unire i dati
sensibili tramite categorie, è inevitabilmente portata a voler pensare anche senza dati.
Quando si scavalca il piano della sensibilità, pretendendo di utilizzare solo la nostra mente, si parla di 3 idee
(trascendentali) proprie della ragione:
 Anima: l’incondizionato del senso interno, cioè del tempo, cioè una struttura incondizionata alla base del tempo.
 Mondo: l’incondizionato del senso esterno, ciò che si basa su sé stesso; pretesa umana di cercare qualcosa
condizionato dalla regola di causa-effetto dei fenomeni.
 Dio: (dati interni ed esterni), ideale della ragione pura a cui tende la ragione umana, incondizionato di tutto.
(creatore di tutto, lo scopo, l’obiettivo a cui l’essere umano aspira).

L’errore della metafisica sta nel trasformare queste 3 esigenze mentali in unificazioni dell’esperienza, quindi in realtà.
Ma queste tre sono considerate SOLO idee da Kant, cioè non possono essere dimostrate, perché:
PSICOLOGIA RAZIONALE: Il primo errore sta nell’aver sempre applicato la categoria di sostanza all’io penso ma oggetto e
sostanza sono due cose diverse. Soggetto è tale perché organizza un oggetto (relativo) ma non ne conosciamo la
definizione, mentre la sostanza è un concetto assoluto. L’equivoco sta nel fatto che l’anima identifica il soggetto come un
qualcosa di sostanziale profonda, immortale, imperitura, immateriale. Invece, noi non possiamo conoscere l’io
noumenico, l’io in sé stesso, ma solo l’io che ci appare tramite forme a priori, ossia l’io fenomenico.
COSMOLOGIA RAZIONALE pretende di associare il termine mondo alla totalità assoluta dei fenomeni cosmici, ma Kant
afferma che la totalità dell’esperienza non è mai un’esperienza, perché è possibile sperimentare un fenomeno o un altro,
ma non tutti. Non si può badare al fenomeno, desiderando di conoscere il principio di tutti i fenomeni. Si può solo
ipotizzare ma non dimostrare.
Quando si parla di mondo, in particolare, si ricade nelle antinomie, nonché coppie di affermazioni opposte, una che
nega, un’altra che afferma. EX: Bruno e Spinoza affermano che il mondo è infinito a differenza di Agostino e Cartesio che
affermano che il mondo è finito. Entrambi hanno ragione e l’uomo non può far altro che ipotizzare ed escludere una
delle tesi.
TEOLOGIA RAZIONALE è una pseudo scienza di carattere metafisico che cerca di provare l’esistenza di Dio (essenza stessa
della metafisica, causa delle cause, principi).
Dio rappresenta l'ideale della ragione pura: l'Essere perfettissimo da cui derivano e dipendono tutti gli esseri. Non si è
certi della sua esistenza, ma esistono ben 3 prove:
- PROVA ONTOLOGICA che parte dal semplice concetto di Dio come idea innata di essere perfetto a cui non può
mancare l'attributo dell'esistenza presente già nelle nostre menti (come pensava Cartesio). Per Kant non è
possibile passare dal piano della possibilità-logica a quello della realtà ontologica se non dimostrando ciò per via
empirica, tramite l’esperienza. Poiché ciò che esiste deve essere necessariamente percepito nella dimensione di
spazio-tempo, il passaggio dal concetto (contenuto mentale) alla realtà è un salto logico errato poiché nessun
concetto contiene l’esistenza reale del concetto. Quindi la prova ontologica o è impossibile o è contraddittoria:
impossibile se deriva da un'idea una realtà, contraddittoria se nell'idea del perfettissimo assume quell'esistenza
che vorrebbe dimostrare (se si presuppone l'esistenza del perfettissimo anche l'esistenza gli appartiene necessariamente; ma
occorre vedere se tale essere esista davvero). In entrambi casi, la prova risulta palesemente fallace.
- PROVA COSMOLOGICA si basa sulla distinzione tra contingente e necessario, affermando che se qualcosa esiste,
deve esistere un essere assolutamente necessario: io esisto, deve quindi un essere assolutamente necessario.
Ma per Kant si fa un uso illegittimo del principio di causa-effetto perché non è possibile passare da un qualcosa
di fenomenico ad un trans-fenomenico. Questa prova ricade nella prova ontologica, poiché si giunge a sostenere
che il necessario coincide con l'idea del perfettissimo che non può fare a meno di esistere.
- PROVA FISICO-TEOLOGICA si fonda sull'ordine della realtà per innalzarsi a una Mente ordinatrice, Dio creatore,
perfetto e infinito. Per Kant anche questa prova ricade nella prova ontologica poiché parte dall'esperienza
dell'ordine del mondo, ma pretende di elevarsi all'idea di una causa ordinante trascendente, dimenticando che
l'ordine della natura potrebbe essere una conseguenza della natura stessa e delle sue leggi immanenti. Per
dimostrare che tale ordine non può scaturire dalla natura, bisogna concepire Dio come causa dell'ordine del
mondo e dell’essere stesso; ma così facendo si ricade nella prova cosmologica, la quale ricade in quella
ontologica. Perdipiù gli attributi che si danno al mondo sono indeterminati e relativi agli uomini, perciò non è
possibile passare dal finito all’infinito.
Analizzando le ultime due, si arriva sempre ad un concetto, cioè alla pretesa di dimostrare Dio solo tramite
ragionamento. Kant, con tali critiche, non vuole negare Dio, non è ateo, ma ritiene che la ragione umana non possa
dimostrare né l'esistenza né la non-esistenza di Dio, che resta un semplice idea e ipotesi.
Le idee della ragion pura pur non avendo un uso costitutivo (non servono a conoscere alcun oggetto possibile), hanno
una fine REGOLATIVO, alimentano il progresso e la voglia di conoscenza dell’uomo, guidano la conoscenza.
L’idea teologica è un’idea trascendentale con cui la ragione tende a unificare i dati del senso esterno e del senso interno,
non consente di provare l’effettiva esistenza di Dio, ma serve all’uomo per la ricerca naturale al fine di superare i propri
limiti. Respinta la vecchia metafisica dogmatica, Kant teorizza la possibilità di una nuova metafisica "scientifica/critica" e trascendentale avente
come oggetto di studio i principi a priori del conoscere (metafisica della natura – conoscenza teoretica di tutte le cose) e dell'agire (metafisica dei
costumi – determinare il fare e il non fare).
CRITICA DELLA RAGION PRATICA
La ragione serve a dirigere la conoscenza, ma anche l'azione. Accanto alla ragione teoretica abbiamo una ragione pratica.
Kant distingue tra ragione pura pratica, che opera indipendentemente dall'esperienza e dalla sensibilità, e una ragione
empirica pratica che opera sulla base dell'esperienza e della sensibilità.
La moralità appartiene alla dimensione della ragion pura pratica e bisogna distinguere in quali casi la ragione è pratica e
pura (morale) e in quali è pratica ma non pura (immorale).
Nasce la Critica della ragion pratica, non "critica della ragione pura pratica" perché la ragione pratica non ha bisogno di
essere criticata nella sua parte pura essendo legittima, obbedendo ad una legge universale; ma è nella parte non pura,
legata all'esperienza, che la ragione pratica può darsi delle massime, cioè delle forme di azione, dipendenti
dall'esperienza, e perciò non legittime dal punto di vista morale e sottoponibili a critica.
Pu non venendo criticata, la ragion pura pratica presenta dei limiti: la morale è segnata dalla finitudine dell’uomo e dalla
presunzione di identificarsi con l’attività di essere infinito, finitudine dell’uomo.
La legge morale è una legge etica sintetica a priori, valida per tutti e per sempre (universale-necessaria).
Essendo incondizionata, la morale implica la libertà di agire e la Critica della ragion pratica nasce proprio per provare che
la volontà dell’uomo sia libera e che la conoscenza sia indipendente dall’esperienza, da ogni impulso contingente e
particolare, dalla sensibilità se vuole risultare universale e necessaria.
La morale è compresa tra ragione e sensibilità. Se l’uomo fosse solo sensibilità, agirebbe sempre e solo per istinto e privo
di moralità come una bestia; se fosse solo pura ragione, la morale perderebbe di senso, poiché l’uomo agirebbe sempre
in modo etico e adeguato come un santo. È questa bidimensionalità che consente all’essere umano di agire moralmente
secondo la propria libera volontà. Le passioni, l’emozioni, contaminano la morale umana.
La morale è un dovere ma anche una scelta, quindi la ragione è legge. Visto che è una legge può essere trasgredita, e di
conseguenza la condizione necessaria della critica della ragion pura è la libertà. La libertà è il primo postulato della vita
etica, la volontà dell’uomo è libera perché, se non fosse così, l’essere umano sarebbe come gli altri fenomeni e
reagirebbe secondo le leggi della fisica.
Il senso del nostro comportamento sta nell’intenzione, il comportamento che deriva dalle emozioni è invece
patologicamente condizionato e di conseguenza non universale.
Quindi il comportamento si divide in:
 Cosa dobbiamo fare (morale)
 Cosa vogliamo fare (ci allontana dalla morale)
Kant distingue i principi pratici che governano la volontà in MASSIME ed IMPERATIVI. Un comportamento si dice morale
quando le massime si avvicinano agli imperativi
Le MASSIME sono principi di valore soggettivo, che valgono solo per il soggetto che li adopera.
Gli IMPERATIVI sono principi con valore oggettivo, cioè che valgono per chiunque e vanno al di là del soggetto. Essi si
distinguono in imperativi ipotetici, cioè imperativi che servono solo per ottenere fini esterni (regole dell’abilità) o per
raggiungere la felicità o il benessere (consigli di prudenza), riguardano tutti ma sono subordinati ad una condizione e
presentano la formula “SE… DEVI…” quindi non sono legge morale; e in imperativi categorici con la formula di “DEVI…
PERCHÉ DEVI…” il cui scopo dell’azione è nel dovere stesso, sono validi per tutti incondizionatamente, ha le
caratteristiche della legge, comando che vale in modo perentorio, è il solo che ha in sé i contrassegni della moralità.
FORMULA BASE DELL’IMPERATIVO CATEGORICO: “agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre nello
stesso tempo come principio di una legislazione universale” la massima deve poter generalizzata per essere seguita
da tutti, tenendo presenti gli altri e ricordando quando un comportamento è morale secondo il test
dell’universalizzabilità
II FORMULA DELL’IMPERATIVO CATEGORICO: “agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di
ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo” sostiene che occorre rispettare la “dignità
umana” di cui tutti sono dotati, evitando di ridurre sé stessi o il prossimo come mezzo delle passioni o dell’egoismo. La
morale istituisce il REGNO DEI FINI: comunità ideale di persone che vivono secondo la legge morale e si riconoscono
dignità, tutti sono lo scopo di qualcos’altro, ognuno è legislatore e suddito allo stesso tempo.
III FORMULA DELL’IMPERATIVO CATEGORICO: “agisci in modo tale che la tua volontà, in base alla massima, possa
considerare contemporaneamente sé stessa come universalmente legislatrice” sottolinea l’autonomia della volontà
umana, perché un comportamento è morale se dettato da noi stessi. È l’uomo che s’impone da solo le leggi e le rispetta
per l’assenza di qualcun altro che impone di rispettarle.
Invece se si parla di eteronomia, la legge è imposta dagli altri che vengono rispettate per paura di una punizione (leggi
dello stato) o per ottenere una ricompensa (religione). Quindi trae principi da qualcosa di indeterminato.

La moralità autonoma è disinteressata.


La morale implica una partecipazione interiore, altrimenti si rischia di cadere in illegalità ipocritica o in forme di
autocompiacimento. Non tutte le azioni legali, cioè le azioni visibili conformi alla legge, sono morali, caratterizzate da
un’intenzione invisibile.

“Due cose riempiono di ammirazione eterna la mente e il cuore: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro
di me”
Con l’agire morale si cerca di raggiungere il sommo bene = massimo del bene, nonché l’unione di virtù e felicità,
(antinomia etica per eccellenza) nonostante non sono mai congiunte poiché lo sforzo di essere virtuosi e la ricerca della
felicità sono due azioni opposte. La felicità non può essere universalizzata ed inquina la morale che risulta condizionata.
La felicità viene divisa in:
 Sommo bene: La possibilità di essere gratificati da ciò che di morale si fa.
 Bene supremo: Virtù, essere soddisfatti per il rispetto della morale.
Si può considerare che la virtù sia la causa della felicità, ma ciò è possibile solo se presuppongo l’esistenza di Dio, la quale
non potendo essere dimostrata risulterebbe una ragionevole speranza che non va ad inquinare l’agire morale.
I postulati della ragion pura pratica sono proposizioni non dimostrabili che vengono ammesse per rendere possibile la
realtà della morale stessa e sono: l’anima, il mondo e Dio.
Nella vita terrena la felicità è condizionata dal corpo, invece la morte elimina il corpo che inquina la virtù facendo in
modo che la felicità coincida con la virtù.
L’esistenza dell’uomo si manifesta più nella virtù e nella felicità che nella conoscenza.
Il bene è ciò che non può precedere la virtù, conseguenza della morale. La moralità fonda il bene altrimenti
l’azione non sarebbe morale.

CRITICA DEL GIUDIZIO


Nella Critica del Giudizio, Kant cerca di superare il dualismo esistente tra ragion pura e ragion pratica, tra conoscenza e
verità:
—dalla Critica della ragion pura emergeva una visione della realtà in termini meccanicistici poiché la natura appariva
fenomenicamente come una struttura causale è necessaria priva di libertà umana;
—dalla Critica della ragion pratica affiorava una visione della realtà in termini indeterministici e finalistici, postulati come
condizioni della morale, la libertà dell'uomo e l'esistenza di Dio.
Da un lato c’era la visione di un mondo fenomenico e deterministico "conosciuto" dalla scienza, dall'altro un mondo
noumenico e finalistico "postulato" dall'etica. Per superare questa scissione, il filosofo si rivolge alla sfera del
SENTIMENTO, inteso come sentimento di piacere o di dispiacere e considerato come una facoltà dell’anima intermedia
tra intelletto e ragione. Il sentimento è un'esigenza umana priva di valore di tipo conoscitivo o teoretico.
Attraverso il sentimento, l’uomo formula dei giudizi che non sono deducibili in termini concettuali e sono i giudizi
determinanti e i giudizi riflettenti.
GIUDIZI DETERMINANTI sono giudizi scientifici e conoscitivi che si occupano di conoscere e studiare gli oggetti fenomeni
i mediante forse a priori universali. quindi l’universale é determinato da qualcosa che lo precede e preesiste nel
fenomeno naturale. Sono giudizi che incapsulano il particolare e presentano già l’universale
GIUDIZI RIFLETTENTI sono giudizi in cui il sentimento che il soggetto prova nei confronti dell’oggetto riflette sull’oggetto
stesso; giudizi riflettono su di una natura già costituita mediante giudizi determinanti e cercano di stabilire un accordo tra
essa è la nostra armonia interiore (tra scienza e soggetto). Il soggetto umano attribuisce giudizi universali a qualcosa a
partire da DENTO DI SÉ e ciò che trova lo proietta al di fuori di se per piacere interiore.
Mentre i giudizi determinanti sono oggettivamente è scientificamente validi, i giudizi riflettendo esprimono un
bisogno tipico dell’essere finito che é l’uomo.
I giudizi sentimentali appartengono al campo di giudizi riflettenti che analizza la critica del Giudizio.
Giudizio=organo dei giudizi riflettenti.

I giudizi riflettenti si dividono in ESTETICI E TEOLOGICI, giudizi sentimentali puri, cioè derivanti a priori dalla nostra mente
e che si distinguono tra loro per il diverso rimando al finalismo:
Giudizio "estetico" verte sulla bellezza e Giudizio "teleologico" riguarda i fini della natura.
• nel giudizio estetico la finalità della natura é vissuta dal soggetto un modo immediato ed é, quindi, soggettiva o
informale e il suo principio riguarda il rapporto di armonia tra soggetto e rappresentazione dell’oggetto.
• nel giudizio teleologico la finalità della natura é pensata in modo concettuale mediante la nozione di fine ed é oggettiva
o reale, seppur è un bisogno soggettivo della mente umana di rappresentarsi in modo finalistico l’ordine delle cose,
interno della natura stessa.
Nella Critica del Giudizio il termine estetica assume il significato di dottrina dell’arte e della bellezza e per giudicare gli
oggetti belli è necessario il giudizio del gusto. Kant per chiarire la natura di questo giudizio definisce la BELLEZZA in
4MODI:
* QUALITÀ: “il bello è l'oggetto di un piacere «senza alcun interesse». I giudizi estetici sono contemplativi e
disinteressati poiché non si curano dell'esistenza o del possesso degli oggetti, ma della loro immagine o
rappresentazione; dunque una cosa è bella perché bella, non perché soddisfi interessi esterni biologici, morali o
utilitaristico
* QUANTITÀ: “il bello è «ciò che piace universalmente senza concetto»”. Il giudizio estetico é dotato di universalità, cioè
esige che il sentimento di piacere provocato da una cosa bella sia condiviso da tutti ma è inspiegabile oggettivamente
come i fenomeni naturali. Le cose sono belle perché vissute spontaneamente e non perché giudicate con ragionamenti o
concetti.
* RELAZIONE: Il bello è «la forma della finalità di un oggetto, in quanto questa vi é percepita senza la rappresentazione
di uno scopo». Significa che la bellezza è percepita come «finalità senza scopo». Bellezza é contemplazione della forma di
un oggetto e non ci chiediamo il fine di quella forma che genera piacere, é privo di scopo determinato.
* MODALITÀ: il bello è «ciò che, senza concetto, è riconosciuto come oggetto di un piacere necessario». Definizione che
ribadisce l’universalità del giudizio, sebbene non concettuale o logico perché nonostante sia qualcosa che ognuno
percepisce intuitivamente, nessuno riesce a "spiegare" intellettualmente. "questo fiore è bello" si presuppone, sulla base
del sentimento, che ognuno deve essere d'accordo, senza poter esprimere o giustificare tale emozione concettualmente.

Poiché non vi sono principi razionali del gusto o ideali rigidi di bellezza, l’educazione alla bellezza non può risiedere in un
"manuale tecnico" ma nella ripetuta contemplazione delle cose belle.
Nel giudizio estetico la bellezza é vissuta come un qualcosa condivisibile da tutti e Kant fa una distinzione tra
piacevole e piacere estetico.
Il PIACEVOLE è ciò che piace ai sensi nella sensazione elabora «giudizi estetici empirici» per mezzo dei sensi e la
soggettività individuale, sono privi di universalità. Infatti quando la bellezza è solo attrazione fisica che mette in moto i
sensi più che lo spirito il giudizio estetico è inquinato nella sua purezza e quindi inevitabilmente soggettivo.
Il PIACERE ESTETICO è il sentimento provocato dall'immagine e dalla forma delle cose belle, è qualcosa di "puro" che si
concretizza nei «giudizi estetici puri», derivanti dalla contemplazione della "forma" di un oggetto. Sono universali, poiché
non soggetti a condizionamenti.
Kant distingue anche la bellezza libera dalla bellezza aderente.
La BELLEZZA LIBERA è appresa senza alcun concetto
La BELLEZZA ADERENTE fa riferimento a un concetto di perfezione o un modello dell’oggetto definito bello: si rifà a
modelli preesistenti.
Solo i giudizi di bellezza libera sono estetici puri e universali perché gli altri presentano delle considerazioni intellettuali o
pratiche.
Il filosofo irlandese Edmund Burke definisce il SUBLIME come esperienza estetica prodotta dalla paura e da un dilettoso
generati dalla dismisura, sproporzione, cupezza e tutto ciò che può generare idee di pericolo o dolore che l’uomo nella
sua piccolezza e fragilità prova di fronte a ciò che non può controllare ma può solo contemplare senza pericolo.
A partire da ciò Kant fa una distinzione tra
SUBLIME MATEMATICO che nasce da un qualcosa di smisuratamente grande (montagne, sistema planetario, via lattea,
galassie). Di fronte a ciò nasce in noi uno stato d’animo ambivalente: da un lato proviamo dispiace perché la nostra
immaginazione non può estendersi a tali grandezze, d’altra parte proviamo piacere perché la ragione tende ad elevarsi
all’infinito. il dispiace dell’immaginazione diventa piacere della ragione che risveglia l’idea d’infinito superiore ad ogni
realtà e immaginazione sensibile. Con la consapevolezza di essere portatori di infinito, ci riconosciamo l’essenza di esseri
superiori alla natura stessa convertendo il senso di piccolezza fisica in consapevolezza della grandezza spirituale. Il vero
sublime risiede in noi stessi che convertiamo l’iniziale stima per oggetto contemplato in finale stima per il soggetto
contemplante.
SUBLIME DINAMICO nasce con la potenza di fenomeni naturali come rosse sporgenti, nuvole di tempesta, lampi, tuoni,
vulcani. Anche in questo caso avvertiamo la nostra piccolezza materiale e la nostra impotenza nei confronti della natura
ma proviamo piacere per la nostra grandezza spirituale.
Pertanto IL SUBLIME PER ECCELLENZA È L’ESPERIENZA PROVOCATA DALLA LEGGE MORALE. L’uomo di fronte alla
forza invincibile della ragione, si piega al dovere, vincendo dentro di sè quei condizionamenti naturali a cui fuori di sé è
costretto a sottostare e, così, l’angoscia trapassa in entusiasmo. Avviene un processo dialettico per cui il dispiacere si
tramuta in piacere, l’impotenza in potenza e il soggetto diventa consapevole della propria grandezza spirituale.

Il bello di kant è il bello di natura che si distingue dal bello artistico. La natura è bella quando ha l'apparenza dell'arte e
l’arte è bella quando ha l'apparenza o la spontaneità della natura.
Arte è un tipo di agire che produce opere a differenza della natura che produce effetti. Arte é la produzione mediante
la libertà, quella volontà che pone la ragione a fondamento delle azioni.
Si divide in ARTE ESTETICA e ARTE MECCANICA.
L’arte estetica si divide in ARTE PIACEVOLE che ha uno scopo secondario cioè intrattenere o rallegrare e ARTE
BELLA ha il suo scopo in sè stessa e da un piacere disinteressato.
Se per giudicare oggetti belli è necessario il gusto, per produrre tali oggetti è indispensabile il genio, tramite tra natura e
arte. È il talento (dono naturale) che deve essere dotato di originalità e creatività, capacità di produrre opere modelli e
con l'impossibilità di mostrare scientificamente come compie la sua produzione.É INIMITABILE.

BELLO FINITO=armonia=forma=rapporto equilibrato tra sensibilità ed intelletto


SUBLIME INFINITO=disarmonia=informe=contrasti tra sensibilità e ragione

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