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KANT

Il problema della conoscenza nella “Critica della ragion pura”

Kant pensa che la metafisica sia un “campo di lotta”, in cui i pensatori si contrappongono uno all’altro senza
riuscire a trovare delle soluzioni condivise (come nel caso dei razionalisti e degli empiristi). Ciò accade
perché la filosofia non possiede un criterio in grado di distinguere il vero dal falso. Kant si domanda se sia
possibile, e in che modo, conferire alla metafisica il carattere della certezza e oggettività, che é proprio della
scienza. Egli sottopone ad un esame critico l’intero edificio del sapere, iniziando dalla matematica e dalla
fisica. All’inizio della sua prima Critica, Kant afferma di affidare tutta la questione al tribunale della ragione,
il quale ha il compito di chiarire le possibilità e i limiti della conoscenza umana. 

Kant analizza i principi della matematica e della fisica, ossia del sapere scientifico certo e sicuro, partendo
dai giudizi. Un giudizio é una preposizione composta da un soggetto e un predicato. Kant afferma che
esistono due tipi di giudizi: 

 i giudizi analitici= sono quelli in cui il predicato é già contenuto nel soggetto; sono dei giudizi a
priori, ovvero che il loro contenuto non deriva dall’esperienza. essi sono dotati dei caratteri della
necessità e dell’universalità. A differenza dei giudizi sintetici, il predicato non offre un contenuto
informativo nuovo.

 i giudizi sintetici= sono quelli in cui il predicato offre un nuovo contenuto informativo (es. i corpi
sono pesanti: il fatto che i corpi sono pesanti non é un’informazione che è già contenuta nel
soggetto, ma deve essere dimostrata). Quindi, si ha un’estensione della conoscenza. Tuttavia, non
sono dotati dei caratteri della necessità e dell’università. sono dei giudizi a posteriori, ovvero che
dipendono interamente dall’esperienza.

Kant é insoddisfatto sia dei giudizi analitici a priori (tipici del razionalismo= che pretende di dedurre tutto il
sapere dalle idee innate) sia dei giudizi sintetici a posteriori (tipici dell’empirismo= che si fonda
sull’esperienza). I primi, pur essendo universali e necessari, sono “infecondi” perché non consentono di
progredire nella conoscenza. I secondi, invece, sono “fecondi” poiché consentono di progredire nella
conoscenza, ma non sono universali e necessari. 

Secondo Kant, esiste un altro tipo di giudizi, ovvero i giudizi sintetici a priori= sono i giudizi su cui si basa la
scienza newtoniana. sono dotati dei caratteri della necessità e della universalità, perché sono a priori, sia
della novità, poiché, essendo sintetici, il predicato aggiunge un contenuto informativo nuovo al soggetto.
esempio: “tutto ciò che accade ha una causa”= sintetico, perché il predicato aggiunge un contenuto
informativo nuovo al soggetto (la causalità) ed é a priori, perché non può derivare dall’esperienza.

Secondo Kant, nella conoscenza possiamo distinguere due aspetti:

 aspetto materiale= é costituito dagli elementi a posteriori.

 aspetto formale= é costituito dagli elementi a priori.

Con l’espressione “rivoluzione copernicana” si indica la visione di Kant che, in ambito conoscitivo, ribalta il
rapporto tra soggetto e oggetto. Quindi, Kant afferma di aver operato in filosofia una rivoluzione analoga a
quella che Copernico aveva fatto in ambito astronomico: come Copernico afferma che é la Terra a ruotare
intorno al Sole, e non viceversa, così Kant, nell’ambito della conoscenza, sposta l’attenzione sul soggetto,
riconoscendo sia il suo ruolo attivo che il su ruolo passivo nei confronti dell’oggetto. Kant pensa che é la
realtà che si adegua alle facoltà umane attraverso le quali é percepita e ordinata. 

trascendentale= é la filosofia che si occupa non degli oggetti o del loro “essere”, ma delle loro condizioni di
conoscibilità, di ciò che rende possibile la conoscenza. 
Il criticismo di Kant mira a raggiungere una conoscenza di “secondo livello”, ovvero mira ad apprendere
quali sono i presupposti teorici del sapere scientifico.

La struttura della Critica della ragion pura


La Critica della ragion pura é un trattato sistematico, la cui struttura riflette l’architettura della ragione
umana; Questo trattato é suddiviso in due parti:
~la dottrina degli elementi = che scompone la ragione nelle sue parti fondamentali: gli elementi “puri” o “a
priori” del conoscere. Si suddivide a sua volta in: estetica trascendentale= analizza la conoscenza sensibile
e le sue forme a priori; e logica trascendentale= studia il pensiero e le sue regole. si suddivide a sua volta
in: analitica trascendentale, che studia le forme a priori dell’intelletto (categorie) e dialettica
trascendentale, che studia le forme a priori della ragione (idee).
~la dottrina del metodo= che si occupa del modo in cui procedere per organizzare le nostre conoscenze in
modo corretto.
Nell’estetica trascendentale Kant analizza la sensibilità e le sue forme a priori. Secondo Kant, ogni
conoscenza inizia con l’esperienza, ovvero la percezione degli oggetti esterni tramite i sensi.
Il termine “estetica” deriva dal greco e significa “sensazione”, ovvero tutto ciò che possiamo conoscere
tramite i nostri sensi.  La sensibilità può essere: 

 passiva= riceve dall’esperienza esterna le percezioni

 attiva= organizza il materiale che riceve dall’esterno attraverso due forme a priori: spazio e tempo
—> questi non derivano dall’esperienza, bensì sono le condizioni a priori grazie alle quali si
conoscono gli oggetti (es. non si potrebbe conoscere un oggetto senza collocarlo nello spazio o nel
tempo). Lo spazio è la forma pura del senso esterno, grazie alla quale le cose si presentano come
disposte le une accanto alle altre. Lo spazio é un’intuizione pura, ovvero un’intuizione innata in noi
(a priori); Il tempo è la forma pura del senso interno, grazie a cui abbiamo l’intuizione della
successione degli eventi sia interni sia esterni. Secondo Kant, il tempo è più importante dello
spazio: lo spazio entra in gioco solamente quando abbiamo la percezione degli oggetti esterni
tramite i sensi, mentre la percezione del tempo rimane perennemente.
Spazio e tempo ci permettono di fondare due discipline: geometria e aritmetica.

L’Analitica trascendentale
Per ottenere la conoscenza autentica dobbiamo indagare una facoltà superiore: il pensiero, che si suddivide
in intelletto e ragione. É grazie all’attività “sintetica” dell’intelletto che gli oggetti che noi intuiamo vengono
unificati sotto i concetti, anche definiti da Kant “rappresentazioni comuni”. In questo modo arriviamo ad
una conoscenza universale e necessaria, che supera la conoscenza disordinata della sensazione. Secondo
Kant, sensibilità e intelletto sono entrambi indispensabili alla conoscenza e indissociabili.
Infatti, egli pensa che esistano due livelli della conoscenza:

 senza sensibilità il pensiero non ha informazioni da unificare e quindi risulta “vuoto”

 senza intelletto vi é solo un fascio di disordinato di sensazioni incoerenti e indeterminate.

Il pensiero é un’attività unificatrice dell’esperienza che si spiega attraverso i concetti e modalità comuni a
tutti gli uomini: l’attività del pensiero coincide con la facoltà di “giudicare”, ovvero collegare un concetto
(cioè un predicato) a un soggetto. Kant distingue due tipi di concetto:

 concetti empirici= concetti che derivano dall’esperienza.

 concetti puri= sono i contenuti a priori dell’intelletto. sono delle supreme funzioni che ordinano
l’intelletto, ovvero leggi attraverso cui la mente dell’uomo unifica il materiale offerto dalla
conoscenza sensibile. sono definiti da Kant “categorie”= forme a priori dell’intelletto. Secondo lui,
le categorie sono universali, perché sono strutture presenti nella nostra mente.  Se in Aristotele le
categorie indicano i modi universali dell’essere, in Kant rappresentano i modi possibili per costruire
i giudizi. 

Kant compila una tavola delle categorie basandosi sulla tavola dei giudizi: se pensare=giudicare, ci saranno
tante categorie quanti sono i tipi di giudizio. La tavola delle categorie è composta da 12 concetti puri,
raggruppati in 4 classi: 

 quantità e qualità= sono dette “classi matematiche”, perché si riferiscono alla concettualizzazione
quantitativa e qualitativa degli oggetti dell’intuizione.

 relazione e modalità= sono dette “classi dinamiche” perché determinano il tipo di esistenza degli
oggetti, sulla base della relazione che vi é tra di loro o del rapporto che essi hanno col soggetto.

Nella tavola si possono trovare tutte le forme di giudizi possibili: infatti, se vogliamo affermare o negare
qualcosa, ci dobbiamo riferire alla qualità; se vogliamo stabilire rapporti di causalità, ci dobbiamo riferire
alla relazione; se vogliamo esprimere giudizi che riguardano la possibilità o meno di una cosa, ci dobbiamo
riferire alla modalità; se vogliamo costruire proposizioni che riguardano il numero delle cose, ci dobbiamo
riferire alla quantità.

deduzione trascendentale= tramite a quest’ultima, Kant pensa di giustificare l’applicazione delle categorie
dell’intelletto ai fenomeni naturali. Kant si pone questo problema di “giustificare” perché le categorie
dell’intelletto, essendo concetti puri, a prima vista non avrebbero il diritto di ordinare i fenomeni naturali,
oggetti non creati dall’intelletto e per niente simili ad esso.

Kant distingue la realtà fenomenica dalla realtà noumenica:

 fenomeno= (dal greco “phainomenon”) significa “ciò che appare”. Per Kant i fenomeni sono tutti
oggetti della realtà, che si danno all’uomo non immediatamente ma solo attraverso le forme a
priori dell’intelletto e della sensibilità. Il fenomeno è l’oggetto nel suo rapporto con il soggetto,
ovvero ciò che appare al soggetto nelle sue facoltà conoscitive. E’oggettivo perché è valido
universalmente, per tutti gli uomini.
 noumeno= (dal greco “noumenon) significa “ciò che è pensato”. È la realtà delle cose in sé, oltre
l’apparenza dei fenomeni, che l’uomo può solo pensare, non conoscere. La realtà noumenica non
può essere conosciuta perché non cade sotto i nostri sensi e neanche sotto le categorie
dell’intelletto.

La Dialettica trascendentale
Secondo la metafisica, la ragione può superare i limiti dell’esperienza attraverso tre idee:

 idea di anima, ovvero la totalità dei dati interiori (unificazione dei dati del senso interno)
 idea di mondo, ovvero la totalità dei fenomeni esterni (unificazione dei dati del senso esterno)
 idea di Dio, ovvero la totalità assoluta (unificazione dei dati del senso interno ed esterno)

Al contrario, secondo Kant, queste tre idee sono solo delle illusioni: infatti, la ragione umana non riesce a
dimostrare né l’immortalità dell’anima, né l’ordine generale del mondo nella sua totalità, né l’esistenza di
Dio, perché in tutti questi casi dovrebbe abbandonare il campo dell’esperienza. L’uomo non può stabilire se
queste idee sono vere o sono false, perché non le può conoscere. Tuttavia, sarà sempre tentato di
“pensare” che l’anima sia immortale o che esista Dio, ma Kant precisa che “pensare”non equivale a
“conoscere”. La conoscenza richiede due elementi:

 l’intuizione sensibile, grazie alla quale l’oggetto è dato;


 il concetto, grazie al quale un oggetto è ricondotto ad un’unità superiore attraverso le categorie
dell’intelletto;
Invece, l’attività del pensare non richiede l’intuizione sensibile; ad esempio le idee della metafisica: sono
pensate dall’uomo, ma non possono essere conosciute. Quindi la conoscenza è limitata al campo
dell’esperienza. Kant afferma che la metafisica rappresenta lo sforzo della ragione di andare oltre
l’esperienza: l’uomo desidera ottenere l’infinito. Inoltre, egli pensa che la metafisica nasca dal bisogno
dell’uomo di dare un significato unitario al mondo e all’esperienza. Secondo Kant, la ragione é la facoltà che
spinge l’uomo a cercare spiegazioni globali e onnicomprensive della realtà attraverso le tre idee a priori
dell’anima, del mondo e di Dio. Kant definisce “idee trascendentali” i “concetti puri della ragione”, ovvero i
concetti di cui la ragione si serve per unificare la totalità dei dati dell’esperienza (interna ed esterna). Esse
non possono fondare una verità scientifica, perché esprimono perfezioni solo immaginarie e slegate
dall’esperienza possibile. Le principali idee della ragione analizzate da Kant sono quelle di Dio, dell’anima e
del mondo. Kant dimostra ciò nella Dialettica trascendentale, dove il termine “dialettica” ha una
connotazione negativa, poiché fa apparire reale ciò che non lo é o che non può essere dimostrato (che sia
reale). Essa indica l’attività della ragione, che pretende di andare oltre i limiti dell’esperienza e cade/si
imbatte negli errori del pensiero metafisico.

CRITICA DELL'IDEA DI ANIMA


Kant inizia criticando l'idea dell'anima come sostanza spirituale e immortale, tipica del razionalismo
Secondo lui l'anima é l'io penso. Attribuire all'io penso il carattere di sostanza significa tradire l'uso delle
categorie. La psicologia razionale quindi non è una disciplina scientifica, perché si basa
su errori logici, definiti paralogismi, cioè ragionamenti errati.
CRITICA ALL'IDEA DI COSMO
Secondo Kant è sbagliato anche il modo di concepire il cosmo secondo il razionalismo. Infatti nel dimostrare
questo la ragione si confonde e sbaglia affermando cose opposte, come ad esempio:
 che il mondo è limitato nello spazio e nel tempo
 che il mondo non ha limiti di spazio e tempo
 che tutto ciò che esiste è formato da parti semplici
 che non esiste nulla di semplice
In questo modo Kant giunge alla conclusione che la ragione cade nell'errore perché l'uomo può
sperimentare un certo numero di fenomeni, mai la loro serie completa.
CRITICA ALL'IDEA DI DIO
Kant critica anche la teologia razionale che cerca di dimostrare l'esistenza di Dio. L'errore secondo Kant
consiste nell'assumere l'esistenza come un attributo o predicato del soggetto: l'essere perfetto. L'esistenza
non è un predicato, cioè non è una proprietà logica, ma una determinazione reale della
causa. Secondo Kant l'ontologia non prova che Dio esiste, perché dall'idea di un essere perfetto non si può
dedurre la realtà, ma solo le caratteristiche ideali.
Kant critica anche la prova cosmologica, che cerca di dimostrare l'esistenza di Dio partendo dall'esistenza
degli enti. L'errore è quello di usare il concetto di causa al di fuori dell'esperienza, cioè illegittimarlo.
Un'altra critica è quella fisico teologica, che giunge a un Dio sommo e ordinatore, partendo dall'ordine e
dalla bellezza del mondo. Secondo Kant è molto affascinante, ma è sbagliata, perché ritiene che l'ordine
del mondo vada ascritto a una causa che va aldilà della natura: in realtà
potrebbe anche essere che sia il frutto della natura stessa.

La Critica della ragion pratica


Per fondare la morale, Kant si propone di trovare le condizioni a priori necessarie e universali che la
rendono possibile. Ad esempio, per il filosofo deve possedere i caratteri della necessità e deve essere valida
per tutti gli uomini. Queste condizioni a priori risiedono nella ragione. In essa, infatti, esiste una legge
morale che guida le nostre azioni e si impone in modo incondizionato ed universale. In altre parole, essa
impone i propri imperativi (ha la funzione di comando) contrastando gli impulsi egoistici dell’uomo, il quale,
secondo Kant, è caratterizzato dalla tensione tra istinto e ragione. Kant spiega che l’uomo non può ridursi o
a uno o all’altro, perché in quel caso agirebbe solo per istinto e verrebbe meno l’esigenza della morale. La
virtù coincide con la lotta che l’uomo deve sostenere contro la sua natura sensibile.
Kant distingue l’uso pratico e quello teoretico della ragione:

- nell’uso pratico, Kant esalta la ragione perché si trova in una posizione di indipendenza rispetto
all’esperienza.
- nell’uso teoretico, Kant condanna la ragione perché si allontana dall’esperienza per inseguire le
illusioni metafisiche.

La ragion pratica coincide con la volontà, cioè quella facoltà che permette di agire sulla base di regole
razionali. Esistono due tipi di principi della ragion pratica: le massime e gli imperativi.

- le massime sono prescrizioni di carattere soggettivo, che valgono solo per l’individuo che le segue.
- gli imperativi sono prescrizioni di carattere oggettivo, che sono valide per tutti. Si distinguono in
ipotetici e categorici: l’imperativo ipotetico prescrive un’azione in vista del raggiungimento di un
determinato fine, che non per forza è condiviso da tutti. Questo imperativo, non essendo universle,
non può fondare la morale. Invece, l’imperativo categorico comanda un’azione a prescindere dal
fine o dalle conseguenze che ci possono essere ed è l’imperativo con cui la legge morale ci impone
il nostro dovere in modo incondizionato.

Sull’imperativo categorico si fonda la moralità, che deve essere incondizionata e universale. Secondo Kant,
se conduco una vita esemplare, ma lo faccio mirando ad un determinato fine, non adempio al dovere
morale, perché lo scopo delle mie azioni é quello di raggiungere un obiettivo esterno. Ad esempio, non può
essere definita “azione morale” quella della madre che si prende cura dei suoi figli sacrificando se stessa: in
questo caso, si agisce per istinto, non per dovere.

Nell’opera Fondazione della metafisica dei costumi, Kant afferma che fare qualcosa secondo il dovere, ma
non per dovere, non é un’azione morale. Ad esempio, preservare la propria vita non é solo un dovere, ma é
anche un’inclinazione naturale, perciò non é un’azione morale. Invece, un’azione morale é quando un
uomo vuole morire, ma rimane in vita per dovere.
Kant pensa che sia sbagliato associare l’etica alla ricerca della felicità, la quale dipende da circostanze
esterne e interiori. In altre parole, visto che la felicità dipende da una serie di circostanze esterne e interiori,
non può essere il motivo universale dell’agire morale. Invece, la virtù consiste nell’obbedire alla legge
morale che impone il “tu devi”, indipendentemente da qualsiasi fine esterno.
L’etica kantiana é definita “etica del dovere”: é categorica e non ipotetica. Inoltre, é incondizionata, ovvero
che permette che si compia il dovere solo in vista della legge e per rispetto della legge ed é formalistica,
perché stabilisce soltanto la sua forma a priori. Kant elabora il principio di universalizzazione, il quale
stabilisce che un comportamento é morale solo se é possibile pensarlo come una regola universale, valida
per tutti; sancisce che é morale quell’azione la cui massima é universalizzabile.

Kant elabora tre formulazioni dell’imperativo categorico:


1. “soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale”.
Ciò significa che una massima può essere considerata morale solo se la posso estendere a tutti gli esseri
razionali, solo se é universalizzabile.

2. “agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come
fine é mai semplicemente come mezzo”. Ciò significa che bisogna avere rispetto per la dignità umana:
l’uomo non può essere trattato come mezzo per il nostro egoismo o i nostri fini.

3. “la volontà, in base alla massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come
universalmente legislatrice”. Kant sottolinea l’autonomia della volontà: infatti, quando si conforma
all’imperativo etico, essa obbedisce solo a se stessa (si sottopone a un comando che deriva dalla sua stessa
natura razionale). Secondo Kant esiste un “regno dei fini”, ovvero una comunità ideale di persone libere che
rispettano le leggi. In questo regno, la volontà é “auto legislatrice” e l’uomo é sia suddito che legislatore:
egli, rispettando la legge morale e la sua dignità e quella degli altri, é libero.

Il rigorismo etico
Secondo Kant, la moralità richiede non solo la conformità al dovere ma anche la convinzione interiore che é
giusto fare ciò che la legge comanda. Se, nell’adattarci tutti ad una determinata norma etica, manca la
convinzione, siamo per Kant nel campo del diritto e della legalità, non in quello dell’agire morale.
Secondo lui, non basta che un’azione venga compiuta nel rispetto della legge morale, ma deve essere
supportata dalla “volontà buona”, ovvero l’adesione della volontà alla legge morale. Questa volontà elimina
dall’ambito dell’etica ogni riferimento a emozioni o sentimenti (escludendo il sentimento di rispetto per la
legge). Kant sa che l’uomo possiede una natura sensibile, quindi bisogni e desideri che non può sopprimere:
é per questo motivo che la moralità gli si presenta sotto le vesti dell’imperativo e del comando. L’agire
morale permette all’uomo di elevarsi al di sopra del sensibile. Secondo Kant, l’uomo:
•mda un lato é sottomesso alle leggi della natura
•mdall’altro lato, visto che é dotato di volontà, é in contatto con il mondo noumenico
Nel campo dell’etica, Kant opera una sorta di “rivoluzione copernicana”: egli mette in primo piano il
soggetto e le sue forme a priori, individuando la volontà, che é la fonte autonoma della legge morale.
Inoltre, egli afferma che solo la ragione umana, universale e incondizionata, può fondare una morale
indiscutibile e valida per tutti.

Morale e religione
Secondo Kant, la moralità si fonda sulla ragione umana e non su Dio: infatti, chi agisce per ottenere
l’eternità o per paura della punizione divina, non agisce moralmente. Per Kant, la religione si fonda sulla
morale, perché le sue dottrine fondamentali (che sono l’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio) sono
postulati della ragion pratica, ovvero proposizioni che, pur non essendo dimostrabili, devono essere
ammesse come condizione della stessa esistenza della morale.

Kant analizza il “sommo bene”= é un concetto problematico, in quanto implica la realizzazione congiunta
della virtù e della felicità, due dimensioni che nella vita terrena sono disgiunte.
Per Kant, la soluzione a questo problema é postulare un Dio che garantisca una felicità in proporzione alla
virtù e un aldilà in cui si possa realizzare il “sommo bene”. Quindi, l’esistenza di Dio garantisce la possibilità
del sommo bene.
Per Kant, bisogna postulare anche l’immortalità dell’anima, perché il “sommo bene” non può essere
realizzato nella vita terrena: si deve ammettere che l’uomo, dopo la morte, abbia un tempo infinito per
avanzare verso di esso. Quindi, l’immortalità dell’anima garantisce la realizzabilità del “sommo bene”.
Oltre a quello di Dio e dell’anima, esiste un terzo postulato della morale: quello della libertà. Infatti, senza
presupporre l’esistenza della libera volontà, l’imperativo morale non avrebbe senso: il fatto che la legge
morale sia espressa sotto forma di comando indica che l’uomo é libero di sottomettersi o meno ai suoi
comandi e di realizzarli.
Dio e l’anima non sono oggetto di dimostrazione, ma rappresentano una speranza per l’uomo. In ciò
consiste il primato della ragion pratica rispetto alla ragion pura: sul piano pratico la ragione ammette
proposizioni che sarebbero inammissibili dal punto di vista teoretico.
La presenza della legge morale nell’uomo mostra come egli non appartenga solo al mondo fenomenico, ma
anche a quello noumenico presupposto dalla ragion pratica.

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