Sei sulla pagina 1di 11

Filosofia Kant

Filosofo tedesco che nasce nel 1724 e muore nel 1804


- Si forma sul pensiero degli illuministi
- Il contesto in cui in cui vive (ambiente religioso e pietismo + formazione illuminista)
avrà conseguenze sulla sua trattazione morale della filosofia
Lo scopo di Kant sarà quello di fondare scientificamente la metafisica→
scienza si basa sulle osservazioni empiriche sull’uso del senso mentre la
metafisica si basa sulla ragione→Kant compie una rivoluzione che unisce due
dimensioni che nella tradizione erano separate →Da questo presupposto parte la riv.
copernicana: tentativo di rifondare la metafisica come scienza
-fu Hume (filosofo empirista) che gli fece capire il suo amore per la metafisica→questa
luce lo porterà a quella che egli chiamerà la sua “rivoluzione copernicana” che gli
permetterà il superamento sia del razionalismo, sia dell’empirismo
La Rivoluzione Copernicana è un cambiamento radicale di prospettiva→consiste nello
spostare l’oggetto di indagine dall’oggetto al soggetto
➔ In questa rivoluzione copernicana si innesta il criticismo

La fase precritica
Gli scritti kantiani si dividono in precritici e critici
Capisce inoltre che la nostra conoscenza si sviluppa in due modalità differenti:
conoscenza sensibile e intelligibile che hanno differenti funzioni→mediante il senso gli
oggetti sono colti, mediante l’intelletto gli oggetti sono pensati

-CONOSCENZA SENSIBILE: conoscenza fenomenica


È costituita dalla "ricettività" del soggetto, il quale subisce una certa attrazione dalla
presenza dell'oggetto →la conoscenza sensibile permette di capire le cose così come
appaiono ma non come sono in sé

-CONOSCENZA INTELLEGIBILE: conoscenza noumenica


La conoscenza intellettiva, messa in atto dall’intelletto, è la facoltà di rappresentare
quegli aspetti delle cose che non sono coglibili con i sensi→l’intelletto è in grado di
cogliere →le cose come sono colte dall'intelletto sono noumeni

DISTINZIONE TRA FENOMENO E NOUMENO:


fenomeno=è la cosa così come ci appare, è l’unica conoscenza sicura.
noumeno=è pensabile ma non conoscibile→ è indispensabile per costruire l’impianto
conoscitivo ma non possiamo conoscerlo

Analisi della conoscenza sensibile


Kant si accorge che ogni conoscenza sensibile avviene nello spazio e nel tempo,
spazio e tempo → sono le forme della sensibilità, ossia le condizioni strutturali della
sensibilità. Spazio e tempo si configurano come modi con cui il soggetto coglie
sensibilmente le cose, è l'oggetto che si adegua al soggetto.
Per conoscere un oggetto, lo devo assolutamente spazializzare e temporalizzare
La critica della ragion pura (1781)
È una delle tre opere principali che scrive Kant nella fase degli scritti critici, insieme alla
Critica della ragion pratica e alla Critica del giudizio Soprattutto nella Critica della
ragion pura emerge il suo criticismo.
La Critica della ragion pura si divide in: estetica trascendentale (senso), analitica
trascendentale (intelletto) e dialettica trascendentale (ragione).

Il problema critico
Dopo la fase precritica, il problema che Kant si pone nella fase critica è: riuscire a
fondare la metafisica come scienza
Per stabilire se la metafisica è una scienza, bisogna indagare gli strumenti di cui si
servono le scienze: le scienze si servono di giudizi.
La conoscenza scientifica per sua natura si serve di giudizi universali e necessari che
incrementano la conoscenza→Kant definisce giudizio come la connessione di due
concetti di cui uno (A) funge da soggetto e uno (B) funge da predicato→i giudizi
possono essere giudizi analitici o giudizi sintetici.

Il giudizio analitico a priori


➔ a priori, universale e necessario ma non amplificativo della conoscenza
esempio: dire che il corpo è esteso non è un concetto amplificativo del conoscere
➔ quindi questo tipo di giudizio (anche se non amplificativo) viene usato dalle scienze
perché universale e necessario siccome di stampo aprioristico.

Il giudizio sintetico a posteriori


➔ è un giudizio amplificativo del conoscere tuttavia, è a posteriori perché dipende
dall’esperienza.
➔ L’elemento di scientificità viene meno per il fatto che è a posteriori
esempio: dicendo che un corpo è pesante, si esprime una proposizione amplificativa
del conoscere
⤷ Kant dice che le scienze si servono di entrambi i tipi di giudizi ma che nessuno
dei due è massimamente efficace nell’analisi del sapere scientifico, infatti il giudizio
perfetto per giungere a verità certa, deve essere il giudizio sintetico a priori

I FONDAMENTI DEI GIUDIZI

A questo punto, il problema diventa stabilire il fondamento di questi giudizi per capire
se questi giudizi possono essere utilizzati anche nell’ambito della metafisica
- il giudizio analitico è fondato sul principio di identità e di non contraddizione (perché
soggetto e predicato si equivalgono)
- il giudizio sintetico a posteriori è fondato sull’esperienza (in quanto giudizi
sperimentali)tutto ciò che deriva dall’esperienza è a posteriori e non può essere
universale.
- il giudizio sintetico a priori non si basa né sul principio di identità, né su quello di
esperienza perché è a priori, è necessario e universale
L’estetica trascendentale
→trascendentale: è la condizione della conoscibilità dell’oggetto ed è riferito al soggetto
e non più all’oggetto , termine trascendentale: tutto ciò che il soggetto mette nelle
cose stesse nell’atto del conoscere
➔ L’estetica trascendentale si occupa della conoscenza sensibile (che avviene
mediante l’uso dei sensi). È dunque la dottrina che studia le strutture della sensibilità (il
modo di funzionare della sensibilità)
➔ Analisi della dimensione sensibile della conoscenza (quella del fenomeno)
Kant con l’estetica trascendentale spiega la conoscenza sensibile che è la
conoscenza fenomenica➔quando si tenta di analizzare la conoscenza sensibile,
bisogna differenziare i vari termini legati alla comprensione di questa conoscenza:

- SENSAZIONE: è una pura modificazione o affezione che il soggetto riceve


passivamente a opera dell'oggetto (come ad esempio quando sentiamo caldo o freddo,
vediamo rosso o verde, sentiamo dolce o amaro)
- SENSIBILITÀ: è la facoltà che noi abbiamo di ricevere le sensazioni
- INTUIZIONE: è la conoscenza immediata degli oggetti.

Secondo Kant, l'uomo è dotato di un solo tipo di intuizione: quella propria della
sensibilità. Kant precisa che la mente dell’uomo è configurata in una sorta di
tripartizione: senso, intelletto e ragione→queste tre facoltà si differenziano per la
modalità attraverso cui realizzano l'atto conoscitivo
➔ I sensi permettono l’atto conoscitivo per mezzo dell’intuizione → l’intelletto
umano non intuisce,neppure la ragione ma solo i sensi sono capaci di intuizione
(l’intuizione è una conoscenza di ordine sensibile)
➔L’oggetto dell’intuizione sensibile si chiama FENOMENO→è ciò che appare, ciò che
si manifesta→I sensi colgono il fenomeno ovvero la cosa così come ci appare
Il fenomeno si contrappone al noumeno che è la cosa in sé (rappresenta ciò che sta
dietro alla dimensione fenomenica che non è coglibile)

Nel fenomeno, Kant distingue una MATERIA e una FORMA


- La materia è data dalle singole sensazioni,, modificazioni prodotte in noi dall’oggetto e
come tale può essere solo a posteriori (non si può provare caldo o freddo se non in
conseguenza all’esperienza)
- La forma viene data dal soggetto ed è ciò per cui molteplici dati sensoriali vengono
ordinati in determinati rapporti
➔ Es. un cane → la materia di questo fenomeno è data da tutti gli elementi che
caratterizzano i dettagli del cane (tipologia di pelo, colore, ecc) / la forma è data dalla
struttura complessiva che mi fa dire che è un cane e non un gatto.

INTUIZIONE EMPIRICA: si rifà alla materia dell’oggetto→è la conoscenza sensibile che


permette di cogliere immediatamente l’oggetto esterno (quando colgo il colore
immediato del cane)
INTUIZIONE PURA: si rifà alla forma dell’oggetto→secondo Kant le intuizioni pure sono
solamente due: spazio e tempo→per cogliere sensorialmente le cose, necessariamente
bisogna spazializzare e temporalizzare→ al di fuori di spazio e tempo, non posso cogliere
niente di sensibile
L’analitica trascendentale
➔ L’uomo ha due fonti di conoscenza: la sensibilità e l’intelletto.
Mediante la sensibilità: gli oggetti ci sono dati , mediante l’intelletto: gli oggetti sono
pensati.
-Le INTUIZIONI (riferite ai sensi) e i CONCETTI (frutto dell’elaborazione dell’intelletto)
costituiscono gli elementi di ogni nostra conoscenza; pertanto, né concetti senza una
corrispettiva intuizione né intuizioni senza i rispettivi concetti possono offrire
conoscenza.
→Secondo Kant, il processo conoscitivo necessita di entrambe le attività che sono
strettamente legate tra loro (la sensazione attraverso l’intuizione ci dà il dato sensibile,
l’intelletto mediante la rielaborazione produce il concetto)
Queste due facoltà hanno uguale ruolo, non c’è una che ha priorità sull’altra.
➔ LOGICA: che si occupa dell’analisi dell’attività dell’intelletto che si divide e si
distingue in logica generale e logica trascendentale
La logica generale fa capo ad Aristotele / logica trascendentale è quella kantiana
- La logica generale prescinde dai contenuti, si limita a studiare le leggi e i principi in
generale del pensiero

La logica trascendentale kantiana→ è strettamente legata ai contenuti.


Nell’analisi della logica kantiana, bisogna definire il tema del CONCETTO:
-La funzione propria dei concetti consiste nell’unificare, cioè ordinare i molteplici sotto
una rappresentazione comune→l’intelletto è la facoltà di giudicare
-Kant distingue i concetti empirici → contengono elementi sensibili,
concetti puri →derivano esclusivamente dall’intelletto
Nel momento in cui si studia l’attività dell’intelletto, bisogna studiare il modo in cui
l’intelletto rielabora i contenuti

L’analitica
→procede a sciogliere la conoscenza intellettiva nei suoi elementi essenziali nelle sue
forme
→mette in evidenza la modalità attraverso cui lavora l’intelletto
-Solo la SENSIBILITÀ è intuitiva, l’INTELLETTO invece è discorsivo,non intuisce ma pensa
-L’intelletto giudica, pensa →è in questo processo di unificazione dell’intelletto che si
realizza l’attività del giudicare

12 CATEGORIE → le condizioni alle quali solamente è possibile che qualcosa venga


pensato come oggetto d’esperienza, così come lo spazio e il tempo sono le condizioni
alle quali soltanto è possibile che qualcosa venga colto sensibilmente come oggetto di
intuizione
-Unificando il molteplice, si realizza una sintesi→i vari modi con cui l’intelletto unifica e
sintetizza sono i CONCETTI PURI O CATEGORIE: i dodici strumenti di cui l’intelletto si
serve per compiere quest’attività unificatrice di sintesi
Cfr categorie→Aristotele aveva usato le categorie per per definire l’essere→erano
modalità attraverso cui definire l’ente (leggi dell’ente - leges entis)
➔In Kant le CATEGORIE sono leges mentis ovvero leggi della mente (riferite all’attività
pensante)→le categorie sono quelle strutture dell’intelletto che permettono a
quest’ultimo di svolgere la sua attività di pensiero ovvero di giudicare
Da modi dell’essere diventano modi di funzionare del pensiero
L’esigenza di compiere il parallelismo tra le categorie di Aristotele e quelle di Kant
nasce dalla rivoluzione copernicana: con le leges mentis si studia il procedimento che
fa il soggetto per conoscere (l’attenzione si sposta dall’oggetto al soggetto) → tuttavia
entrambe rappresentano qualcosa di strutturale (per comprendere l’essere c’era
bisogno delle categorie che lo classificano strutturalmente; altresì per comprendere
l’attività conoscitiva che svolge il soggetto è necessario rifarsi alle dodici categorie)
Dopo aver stabilito il numero di categorie, Kant deve giustificarne il valore.
➔Il problema concernente le categorie è stato chiamato da Kant

Deduzione trascendentale → essa si occupa della giustificazione della pretesa della


validità conoscitiva delle categorie (analisi delle categorie): è quella parte dell’analitica
trascendentale che si occupa di spiegare la validità conoscitiva delle categorie (la
funzionalità delle categorie all’interno del processo conoscitivo intellettivo)
→Se per conoscere sensibilmente un oggetto dovevo spazializzare e temporalizzare, per
dar corso a una rielaborazione concettuale di quel dato sensibile è necessario ricorrere
all’attività dell’intelletto che si serve delle dodici categorie
→Prima tutto viene spazializzato e temporalizzato e poi viene rielaborato mediante le
dodici categorie

➔Al fine di spiegare il processo conoscitivo, Kant sente bisogno di introdurre l’elemento
dell’Io penso→è studiato dall’appercezione trascendentale
Assodato che l’attività conoscitiva è di stampo sensibile e intelligibile, l’elemento dell’Io
penso raccorda le due attività→L’Io penso rappresenta l’elemento unificatore di tutti i
processi che hanno riguardato la mente dell’individuo
-L’io penso non può subire modificazioni, deve rimanere identico: è una struttura
sempre identica a sé che fa a capo la mia identità
-Io sono la stessa persona perché nonostante tutta una serie di cambiamenti esteriori,
c’è un principio di identità che mi mantiene sempre uguale a me stesso
Se non ci fosse un elemento di unificazione o se quest’ultimo subisse modificazioni, il
mio Io diventerebbe un Io variopinto (sarei una persona completamente diversa)
-L’io penso è una struttura fondamentale che caratterizza l’essere in quanto tale

La dialettica trascendentale
→conoscenza della ragione Kant, quando parla di dialettica trascendentale, usa il
termine in un senso suo e nuovo, legato alla sua rivoluzione copernicana.
I tipi di errori in cui la ragione incappa quando si spinge al di là dell'esperienza non
sono illusioni volontarie, bensì involontarie, e dunque illusioni strutturali (=bisogno
strutturale) perciò la dialettica sarà una critica di queste illusioni la ragione è una facoltà
che non procede a conoscenza vera (come la ragione dei romantici). Anche una volta
che sia stata ben denunciata, l’illusione rimane, appunto perché si tratta di un'illusione
naturale.

Riassumendo
• Il pensiero umano è limitato, dal punto di vista conoscitivo, all'orizzonte
dell'esperienza.
• La sua tendenza ad andare oltre l'esperienza è tuttavia naturale e irrefrenabile, in
quanto risponde a un preciso bisogno dello spirito e a un'esigenza che fa parte della
stessa natura dell'uomo in quanto uomo.
• Ma, non appena si avventura fuori dagli orizzonti dell'esperienza possibile, lo spirito
umano cade fatalmente in errore. (Succede come nel caso della colomba, che crede di
poter volare più spedita fuori dell'atmosfera, mentre l'aria su cui l'ala fa pressione non è
un ostacolo, ma è una condizione per poter volare critica il mondo delle idee di Platone,
che senza il mondo sensibile cadrebbe, perché non è possibile la conoscenza senza la
sensibilità).
• Queste illusioni e questi errori, in cui cade lo spirito umano quando va oltre
l'esperienza, hanno una precisa "logica" (sono tipi di errori che non possono non essere
commessi).
• L'ultima parte della Critica della ragion pura studia quali e quanti siano questi errori e i
motivi per cui si commettono, al fine di disciplinare la ragione nei suoi eccessi.
• Kant ha chiamato "dialettica" sia questi errori e queste illusioni della ragione sia,
anche, lo studio critico di questi errori.

La ragione
L’estetica trascendentale studia la sensibilità e le sue leggi; l’analitica trascendentale
l’intelletto e le sue leggi; la dialettica trascendentale studia la "ragione" e le sue
strutture.
In Kant la ragione ha:
• un significato generale, che è quello indicante la facoltà conoscitiva in genere;
• un significato specifico e tecnico, che è quello studiato appunto nella dialettica
(=Romanticismo) →
- Quindi la ragione è l’intelletto in quanto si spinge al di là dell'orizzonte dell'esperienza
possibile, che non è vacua curiosità, né è qualcosa di illecito, ma è qualcosa di
strutturale e ineliminabile lo spirito umano non può non spingersi al di là
dell'esperienza, perché ciò costituisce un bisogno strutturale.
-La ragione è la facoltà della metafisica, che è destinata a rimanere pura esigenza
dell'assoluto, ma incapace di attingere conoscitivamente l'assoluto medesimo questa
distinzione fra "intelletto" e “ragione” fornirà ai romantici l’arma principale per
dissolvere l’illuminismo.

Le idee della ragione


-L’intelletto è la facoltà di giudicare e per Kant pensare è sostanzialmente giudicare,
per questo ritenne di poter dedurre dalla tavola dei "giudizi” la tavola dei concetti puri
dell’intelletto o “categorie”.
-La "ragione" è, invece, la facoltà di sillogizzare elaborare una serie di connessioni tra
concetti puri, già rielaborati dall’intelletto e quindi senza il lato sensibile (= avviene a
partire dal prodotto dell’attività dell’intelletto, cioè i concetti puri).
-Mentre il giudizio sintetico (=intelletto) contiene sempre un elemento fornito
dall'intuizione, il sillogismo opera, al contrario, su puri concetti e giudizi, non su
intuizioni, deducendo mediatamente da principi supremi e incondizionati conclusioni
particolari.
-Così come dalla tavola dei giudizi Kant ha dedotto la tavola dei concetti puri
dell'intelletto, analogamente, dalla tavola dei sillogismi deduce la tavola dei concetti
puri della ragione, che egli chiama "Idee" è un passaggio superiore, è una struttura che
permette il sillogismo e quindi è lo strumento di cui si serve la ragione.
-Tre sono i tipi di sillogismo:
categorico, ipotetico, disgiuntivo; quindi tre sono le idee:
• Idea psicologica (anima);
• Idea cosmologica (Idea di mondo come unità metafisica);
• Idea teologica (Dio).
3 chiavi di attività attorno a cui ruota la ragione, sono concetti primi di esperienza, che
corrispondono ai 3 ambiti della metafisica.
Le idee sono paradigmi assoluti, sono “emanazione della ragione suprema” (mentre in
Platone sono al di sopra della stessa ragione)
Ricapitolando: la sensibilità ha due forme a priori (spazio e tempo.); l'intelletto ne ha
dodici (le categorie); la ragione ne ha tre (le Idee).

Idea dell’anima
La prima delle tre Idee della ragione è quella dell'anima. La psicologia razionale
mirerebbe a trovare quel principio incondizionato, quel soggetto assoluto da cui
deriverebbero tutti i fenomeni psichici interni, ma “l'illusione trascendentale”, in cui
cade la ragione, ossia gli "errori trascendentali" che essa commette tentando di
costruire tale presunta scienza ,costituiscono dei paralogismi = sillogismo difettoso, nel
quale il termine medio viene inteso nelle due premesse in forma diversa: il sillogismo
ha infatti tre termini, ma se uno di essi -il medio- viene surrettiziamente inteso nelle
due premesse in modo diverso, allora si sdoppia, e si hanno quattro termini invece di
tre.

Idea di mondo
La seconda idea della ragione è quella del mondo, inteso non semplicemente come
insieme di fenomeni regolati dalle leggi, ma come totalità ontologica (ontologia=studio
dell'essere in quanto tale) vista nelle sue cause noumeniche ultimative, ossia come un
intero metafisico.
Le illusioni trascendentali in cui cade la ragione a questo riguardo e gli errori strutturali
che commette quando vuol passare dalla considerazione fenomenica del mondo a
quella noumenica, mettono capo a una serie di antinomie (=nel senso di
"contraddizione strutturale" e come tale insolubile) in cui tesi e antitesi si elidono a
vicenda. Eppure e l'una e l'altra sono difendibili a livello di pura ragione, e, inoltre, né
l'una né l'altra possono venir confermate e nemmeno smentite dall'esperienza.
La "cosmologia" razionale considera l'assoluto cosmologico sotto quattro aspetti, da cui
derivano i quattro seguenti problemi:
• Il mondo va pensato metafisicamente come finito o infinito?
• Si risolve in parti semplici e indivisibili, o no?
• Le sue cause ultimative sono tutte di tipo meccanicistico, e quindi necessarie, oppure
in esso vi sono anche cause libere?
• Il mondo suppone una causa ultimativa incondizionata e assolutamente necessaria, o
no?

Idea di Dio
La terza Idea della ragione è Dio, più che di un'Idea si tratta dell'Ideale per eccellenza
della ragione. Dio è "l'ideale", perché modello di tutte le cose, le quali, come copie, da lui
restano infinitamente lontane, come ciò che è derivato da ciò che è originario; Dio è
l'essere da cui dipendono tutti gli esseri, la perfezione assoluta.
Ma questa Idea o Ideale che ci formiamo con la ragione ci lascia «nella totale ignoranza
circa l'esistenza di un essere di così eccezionale preminenza». Secondo Kant, le prove
dell’esistenza di Dio sono solo tre, ma dopo aver passato tutte le prove in rassegna Kant
capisce che nessuna può arrivare a certezza certa.
Conclusioni
Le conclusioni sono: una metafisica come scienza è impossibile, perché la sintesi a
priori metafisica supporrebbe un intelletto intuitivo, cioè diverso da quello umano. La
dialettica mostra le illusioni e gli errori in cui cade la ragione quando pretende di fare
metafisica.
A questo punto ci si domanda: e le Idee in quanto tali (idea di anima, Idea di mondo,
Idea di Dio) hanno un qualche valore, oppure sono, esse stesse, illusioni trascendentali
e dialettiche? Kant risponde in modo risoluto e categorico che non sono affatto
illusioni, ma esse solo per equivoco diventano "dialettiche", ossia quando si intendono
male, vale a dire quando si scambiano per principi costitutivi di conoscenze
trascendenti, come è appunto avvenuto nella metafisica tradizionale la metafisica
pretendeva che le idee avessero un uso costitutivo, cioè che fornissero una spiegazione
autentica della realtà, tuttavia non lo possono fare, ma nonostante ciò hanno
comunque una loro ragione di esistere.
Le Idee non hanno un uso costitutivo (come hanno invece le categorie), per cui solo se
vengono usate in senso costitutivo producono "apparenze" che sono splendide, ma
ingannevoli.
Le Idee hanno un uso regolativo; valgono cioè come "schemi" per ordinare l'esperienza
e per darle la maggiore unità possibile, valgono come “regole" per sistemare i
fenomeni in maniera organica :
• "come se" tutti i fenomeni concernenti l'uomo dipendessero da un principio unico
(l'anima); • "come se" tutti i fenomeni della natura dipendessero unitariamente da
principi intelligibili;
• "come se" la totalità delle cose dipendesse da una suprema intelligenza.
Le Idee, quindi, valgono come principi euristici (=che aiutano a trovare la verità): non
allargano la nostra conoscenza dei fenomeni, ma solo uniscono la conoscenza,
regolandola in modo costitutivo. Questo è appunto l'uso positivo della ragione e delle
sue Idee.
La Critica della ragion pura si conclude, dunque, ribadendo il principio che, dal punto di
vista scientifico, i limiti dell'esperienza possibile sono invalicabili, ma, nello stesso
tempo, pone bene in evidenza la non contraddittorietà del noumeno e, quindi, la sua
"pensabilità" e "possibilità", anche se non la sua "conoscibilità".
Non ci sarà un'altra via di accesso al noumeno, che non sia quella della scienza?
Secondo Kant, sì: è la via dell'etica. E la ragione e le Idee forniscono il passaggio
naturale dall'ambito teoretico a quello pratico (dalla facoltà scientifica alla dimensione
morale).

La critica della ragion pratica


La ragione umana non è solamente "ragione teoretica", ma è anche “ragione pratica",
ossia ragione capace di determinare la volontà e l'azione morale.
Nella Critica della ragion pura è stata necessaria una critica della ragione teoretica
"pura", in quanto questa, tende a esorbitare al di là dei limiti della esperienza, e al di là
del lecito (con le conseguenze viste nella dialettica trascendentale). Invece, nella Critica
della ragion pratica, si critica la ragione quando essa rimane ancorata all’esperienza,
perché nell’ambito morale la ragione non può rimanere ancorata alla dimensione
empirica.
Principi pratici
Dunque, si tratta di mostrare che la ragione è sufficiente da sola (come pura ragione,
senza l'ausilio di impulsi sensibili) a muovere la volontà (=compiere azioni). Anzi, dice
Kant, solo in questo caso possono esistere principi morali valevoli per tutti gli uomini
senza eccezione, vale a dire leggi morali aventi un valore universale.
Kant chiama "principi pratici" le regole generali, ossia le determinazioni generali della
volontà, sotto cui stanno numerose regole pratiche particolari. I principi pratici si
dividono in due grandi gruppi: massime e imperativi .
• Le massime sono principi pratici che valgono solo per i singoli soggetti che se le
propongono, ma non per tutti gli uomini, e quindi sono soggettive.
• Gli imperativi sono, invece, principi pratici oggettivi, cioè validi per tutti. Gli imperativi
sono "comandi" o "doveri", ossia regole che esprimono la necessità oggettiva
dell'azione, anche se l'intervento di fattori emozionali ed empirici può deviare la volontà
da quella regola le leggi possono essere applicate, ma l’emotività può agire sulla
moralità (ragione), c’è un problema del rapporto tra ragione e volontà.

Gli imperativi possono essere di due tipi:


• imperativi ipotetici → se determinano la volontà solo a condizione che essa voglia
raggiungere determinati obiettivi. Questi imperativi valgono solo a condizione che si
voglia lo scopo a cui sono finalizzati e per questo sono "ipotetici", però valgono
oggettivamente per tutti coloro che si propongono quel fine sono leggi di razionalità
oggettivi, cioè validi per tutti quelli che se li propongono.
•imperativo categorico→qualora l'imperativo determini la volontà non in vista di
ottenere un determinato effetto desiderato, ma semplicemente come volontà,
prescindendo dagli effetti che essa potrebbe ottenere
-L'imperativo categorico non dice, dunque, "se vuoi devi", ma dice "devi perché devi",
"devi e basta". Gli imperativi categorici (e solo essi) sono "leggi pratiche" che valgono
incondizionatamente per l'essere razionale
nell‘essere umano, in quanto depositario della ragione, la volontà si deve conformare
alla razionalità (l’uomo deve seguire le 3 regole dell’imperativo categorico).
In conclusione: leggi morali sono solo gli imperativi categorici, esse sono universali e
necessarie, ma non come lo sono le leggi naturali mentre le leggi naturali
non-possono-non-attuarsi, le leggi morali possono anche non attuarsi, perché la
volontà umana è soggetta non solo alla ragione, ma anche alle inclinazioni sensibili e
quindi può deviare, e proprio per questo le leggi morali sono dette "imperativi" o
"doveri".

L’imperativo categorico
L’imperativo categorico non potrà essere se non uno solo, e la sua formula più
appropriata sarà «Agisci in modo che la massima della tua volontà possa valere
sempre, al tempo stesso, come principio di una legislazione, universale» legge
fondamentale della moralità del comportamento, ossia che la tua massima
(soggettiva) divenga legge universale (oggettiva). Questa è l'unica formula, tra quelle
presentate nella Fondazione della metafisica dei costumi, che Kant mantenga anche
nella Critica della ragion pratica.
Nella Fondazione si leggono invece anche altre due formule :
• Dice la seconda: «Agisci in modo da considerare l’umanità, sia nella tua persona, sia
nella persona di ogni altro, sempre anche come scopo, e mai come semplice mezzo» il
rispetto dell’uomo deve essere superiore a qualsiasi altra forma di rispetto (importanza
della soggettività dell’uomo). Questa formulazione viene lasciata cadere nella Critica
della ragion pratica, perché è presente una sorta di contraddizione: Kant qui dice che il
fine è prestare massima attenzione all’uomo, porre l’uomo al di sopra delle altre cose,
quando prima dice che non c’è un fine.
• La terza formulazione della Fondazione dice: «Agisci in modo che la volontà, con la sua
massima, possa considerarsi come universalmente legislatrice rispetto a se medesima».
Questa terza formulazione è molto simile alla prima e la differenza sta nel fatto che,
mentre la prima mette in rilievo la legge, la terza mette più in rilievo la volontà, come a
dire che noi non solo siamo sottomessi a una legge, ma che questa legge è frutto della
nostra stessa razionalità e dipende quindi da noi.

L’essenza dell’imperativo categorico


L’imperativo categorico, ossia la legge morale, non dipende dal contenuto Kant chiama
legge materiale (=legge scientifica) quella che è necessaria e fatta dipendere dal
contenuto. E se si subordina la legge morale al contenuto, secondo Kant, si cade
nell’empirismo e nell'utilitarismo, perché in tal caso la volontà è determinata dai
contenuti.
Da che cosa dipende, allora, la legge morale? In una legge, se si prescinde dal
contenuto, non resta altro se non la sua forma (=come si definisce la legge). Dunque,
l'essenza dell’imperativo consiste proprio nel suo valere in virtù della sua forma di
legge, cioè per la sua "razionalità" scaturisce naturalmente dalla razionalità dell’uomo.
La legge morale è tale, perché mi comanda di rispettarla proprio in quanto legge ("devi
perché devi"), ed essa è tale perché vale in universale, senza eccezioni.

Vi è una distinzione tra morale autonoma e morale eteronoma il contenuto della


moralità arriva dall’esterno o dentro dell’uomo?
• MORALE ETERONOMA: visto che il suo obiettivo è fine all’utile, viene dall’esterno
morale edonistica e utilitaristica sono degli esempi di morale eteronoma
• MORALE AUTONOMA: quando adotto un comportamento morale che mi appartiene
in quanto essere umano dotato di ragione.

La libertà come condizione e fondamento della legge morale


L’imperativo categorico è dunque una proposizione da cui la volontà è determinata
(mossa) a priori oggettivamente =la ragione determina la volontà. Questo significa che
la ragion pura è in se stessa "pratica", perché appunto determina la volontà senza che
entrino in gioco altri fattori. L’esistenza della legge morale non ha bisogno di essere
giustificata o provata: essa si oppone alla coscienza come «un fatto della ragione» e
questo "fatto" si può spiegare solo se si ammette la libertà noi acquistiamo coscienza
della libertà proprio perché prima di tutto abbiamo coscienza del dovere.
L'imperativo che mi comanda di volere secondo la pura forma della legge, mi comanda
in sostanza la libertà. Perciò non si tratta di un giudizio analitico, ma sintetico a priori,
perché mi dice qualcosa di nuovo non in dimensione fenomenica, ma
metafenomenica: il darsi del dovere mi dice che sono libero (altrimenti il dovere non
avrebbe senso), e quindi mi dice la dimensione non fenomenica della libertà, pur senza
farmela cogliere conoscitivamente nella sua essenza.
La libertà è l'indipendenza (della volontà) dalla legge naturale dei fenomeni, ossia dal
meccanicismo causale: la libertà è il carattere proprio di quella volontà che può essere
determinata dalla pura forma della legge, senza bisogno del contenuto (che è legato
alla legge naturale del fenomeno). Questa libertà spiega tutto nella sfera morale: ed è
appunto per questo che noi prendiamo coscienza di essa per via morale.
In conclusione: noi conosciamo, prima, la legge morale (il dovere) come "fatto della
ragione", e, poi, da questa inferiamo come suo fondamento e come sua condizione la
libertà. Se un tiranno, minacciando, ti imponesse di testimoniare il falso contro un
innocente, può ben darsi che, per paura, tu ceda e dica il falso; ma, dopo, ne avresti
rimorso. Questo significa che tu capisci benissimo che "dovevi" dire il vero, anche se
non lo hai fatto. E se "dovevi" dire il vero, allora anche "potevi" (anche se hai fatto il
contrario). Il rimorso dice appunto che dovevi e dunque potevi. Il pensiero kantiano al
riguardo può quindi riassumersi così: «Devi, dunque puoi» (e non viceversa) =sono
libero di dover fare quella determinata cosa.

postulati della ragione →sono dei principi primi che non hanno bisogno di essere
dimostrati con un carattere di controvertibilità, non sono dimostrabili e vengono accolti
per rendere possibili determinata entità di ordine geometrico→ postulato è stato
coniato nell’ambito della matematica
sono la corrispondenza delle 3 idee della ragione, che vengono riproposti in ambito
morale come i postulati→ questo studio della moralità spesso nella pratica va incontro
ad una incompatibilità, bisogna trovare un accordo. per capire la moralità dobbiamo
ammettere la libertà→ spiega questa conflittualità, mette in luce il contrasto tra
razionalità e volontà facente capo al bisogno di felicità.
felicità→ postulato che occorre ammettere.
Ammette l’esistenza di dio e l’immortalità dell’anima. Adeguando la nostra volontà alla
ragione possiamo anche essere infelici ma l’esistenza di dio mi garantisce il fatto che in
una vita futura io sarò compensato,mi serve per giustificare la mia rinuncia alla felicità→
questo consola l’uomo
immortalità dell’anima→ se io devo arrivare al bene supremo→ vita in cui la virtù e la
felicità coincidono, ci si può arrivare con un processo graduale che mi porta alla
santità→ cosa difficile e lunga bisogna ammettere l’esistenza di un’altra forma di vita
che inizia durante la morte.
Kant costruisce i postulati in forza dei quali li giustifica come aventi funzione di
spiegare la configurazione della mente dell’uomo → sono connaturati

Potrebbero piacerti anche