- Vecchia metafisica: ontologia. Cominciava col determinare condizioni generali sull’ essere e da li
cercava di dare sale alla conoscenza delle determinazioni cosali.
- Kant inaugura una semplice analitica dell’ intelletto puro che si domanda che cosa significhi in
generale il quesito intorno all’ essere: se prima nella metafisica l’ essere era il punto di partenza
ora, per Kant figura come problema.
- Di qui si deve cominciare con lo spiegare cosa significhi il concetto di realtà effettuale e cosa voglia
dire determinare un’oggettività. Un’oggettività di cui la possibilità non è esclusa a pieno ma del cui
senso si deve comunque poter rendersi conto; è una richiesta della ragione; la domanda che sorge
per dischiudere il segreto della metafisica è la seguente: quale fondamento ha il rapporto fra
rappresentazione e oggetto?
- Questa questione generale dell’oggetto della conoscenza non è tanto domanda della metafisica ma
piuttosto della logica; il contrasto che si pone tra rappresentazione e oggetto è una determinata
qualità del giudizio e non due caratteri diversi dell’ essere assoluto.
- Rivoluzione copernicana in Kant: fino ad ora si era ammesso che ogni conoscenza dovesse regolarsi
sugli oggetti ma ogni tentativo di stabilire intorno ad essi qualcosa a priori non riuscì a nulla ed è
proprio per questo che Kant pone l’ ipotesi che sono gli oggetti che debbono regolarsi sulla nostra
conoscenza ( prima che essi ci siano dati) e non viceversa.
- La rivoluzione del modo di pensare sta nel fatto che ora cominciamo con la riflessione della ragione
su se stessa, sui suoi principi fondamentali: la riflessione sugli oggetti seguirà in secondo tempo,
solo dopo aver compiuto il passaggio precedete.
- Soggettività: designa il partire non dall’oggetto ma da una legalità specifica della conoscenza
riconducibile ad una forma determinata di oggettività.
- Trascendentale: termine inaugurato da Kant per iniziare una nuova filosofia che tratta ogni
conoscenza che non si occupi tanto di oggetti quanto del nostro modo di conoscerli in generale a
priori.
- Metafisica: scienza dei principi di ogni conoscenza a priori; per essere scienza deve essere dottrina
dei principi della matematica e della conoscenza della natura ma anche dei costumi, del diritto e
della religione …
- Filosofia: unica disciplina in cui è possibile cogliere la relazione delle funzioni spirituali fondamentali
nella loro vera universalità ad un livello non accessibile a quelle scienze precedenti.
- Kant coglie dalla geometria e dall’aritmetica e fissa grazie ad esse la pietra di paragone del mutato
metodo del modo di pensare: che noi delle cose (natura) non conosciamo a priori se non quello che
noi stessi vi mettiamo con l’ intelletto.
- Ai concetti di soggettività e trascendentale si affianca un altro concetto chiave: la sintesi a priori
cioè si parte da un determinato nesso costruttivo la cui forma universale condiziona l’ infinità di
elementi particolari che ci si presentano dinnanzi; ne viene che ogni sintesi a priori è
indissolubilmente congiunta alla forma dell’intuizione pura su cui essa si regge.
- Tutti i giudizi sintetici della conoscenza teoretica si configurano completamente all’unico modetto
prototipico di spazio e tempo il cui rapporto intercorre in ogni conoscenza sintetica a priori fra
l’universale e il particolare.
- Tutte le singole grandezze spazio temporali sono possibili grazie all’illimitata rappresentazione
unitaria del tempo infatti i singoli istanti temporali si possono porre solo mediante una sintesi in cui
ci sorge originariamente il concetto di successione di momenti e dunque noi non inseriamo tali
costrutti in uno spazio e in un tempo già predefiniti ma li produciamo solamente mediante lo spazio
e il tempo in fieri dove possiamo coglierli come atti costruttivi da parte dell’intuizione.
- È la ragione che deve entrare innanzi e costringere la natura a rispondere alle proprie domande e
non lasciarsi guidare da lei ciecamente.
- Il compito che la critica trascendentale si pone è quello di comprendere l’unità della teoria
scientifica della natura e spiegarla come l’unità della matematica pura a partire da un principio
universale di fondo. La sintesi a priori rendeva comprensibile il tutto della forma dell’intuizione, la
totalità dello spazio e del tempo puri che stava alla base di tutti i costrutti spaziali e temporali.
- Natura: esserci delle cose in quanto determinato secondo leggi universali; l’intero oggetto di ogni
possibile esperienza. Da qui il compito generale della critica riceve un’altra forma: non domanda
più come siano possibili gli oggetti come cose dell’esperienza ma come sia possibile e lecita l’
esperienza stessa in rapporto ai suoi oggetti; perciò Kant intuisce che l’ esperienza stessa è un
modo di conoscere che richiede il concorso dell’intelletto, ossia un giudicare e un argomentare
basati su determinate condizioni logiche a priori.
- Prima di poter essere osservata, la natura deve necessariamente essere pensata come un sistema,
così facendo, attraverso le categorie di spazio e tempo tutte le leggi di natura particolari appaiono
solo come “specificazioni” di principi universali dell’intelletto.
- Intelletto: esso stesso è fonte delle leggi della natura e quindi dell’unità formale di essa.
- Il concetto puro :svolge la sua funzione non dove descrive il dato dell’esperienza ma dove
costituisce la forma pura di essa. Il concetto puro ha sede nell’intelletto e ne determina l’intuizione.
Ciò che contrassegna e definisce il concetto è la necessità del prevalervi di leggi oggettive.
- I Giudizi si suddividono nelle quattro classi di: quantità (unità, pluralità, totalità); qualità
(realtà,negazione, limitazione); relazione (sostanza,causalità,reciprocità); modalità (possibilità,
esistenza, necessità).
- Noi conosciamo l’ oggetto quando abbiamo prodotto un’unità sintetica nel molteplice
dell’intuizione.
- Il principio sintetico nasce quando la funzione designata da una determinata categoria si rapporta
alla forma dell’intuizione pura compenetrandosi con essa in un’unità sistematica.
IL CONCETTO DI CAUSALITA’
- Sistema della natura: sistema di leggi che non riguarda l’oggetto isolato ma il collegamento
universale dei fenomeni e la forma di dipendenza reciproca in cui essi stanno fra loro e dunque solo
col porre sotto il concetto di causalità un rapporto tra fenomeni abbiamo veramente fissato in
modo univoco un ordine dei suoi membri; questo rapporto non fa altro che rendere necessaria la
connessione delle rappresentazioni e sottometterle ad una regola.
- Causa : concetto che dimostra come di ciò che accade si possa primariamente formare un
determinato concetto empirico.
- Noi diciamo necessario un determinato fatto in quanto vediamo e proviamo la comparsa di questa
fatticità come la conseguenza derivante da una legge universale che non ha significato logico-
formale bensì valore conoscitivo fondato nel pensiero empirico.
- Mentre il postulato della realtà va dal particolare all’universale (caso singolo, senso-percezione), il
postulato della necessità va dall’universale al particolare (dalla legge al caso singolo).
- L’ essere delle cose nello spazio dipende dal fatto fondamentale dell’io.
- L’io è l’unica realtà effettiva costituita dall’anima spirito divino.
- L’unico contenuto di ciò che chiamiamo esistenza è da intendersi solo come contenuto psichico,
percepito.
- Il pensiero dell’ Io nasce dall’unificazione del molteplice mediante cui contenuto sensoriale diviene
contenuto dell’esperienza (dall’ impressione a oggetto).
- Senza la coscienza i concetti e la conoscenza degli oggetti sono impossibili; senza la coscienza ogni
riproduzione delle rappresentazioni è inutile infatti è proprio essa che unifica il molteplice e che poi
riproduce una rappresentazione.
- L’ Io costituisce il “correlato delle nostre rappresentazioni” non appena si è coscienti, insomma,
costituisce il presupposto perché qualcosa si possa designare come percezione.
- Solo mediante la proposizione “Io penso” le nostre rappresentazioni si possono intendere spettanti
ad un’unica autocoscienza; fuori dal concetto di Io non possiamo avere conoscenza del soggetto in
se che come sostrato a fondamento di tutti i pensieri.
- Io: appercezione trascendentale costante, immutabile, semplice e indivisibile. O si pensa tutto
intero (nel molteplice) o non si può pensare affatto. Io e oggetto sono espressione dell’ esperienza
in generale mediante i quali si danno i contenuti esterni e interni.
- Esperienza: insieme di relazioni in progresso e non in una totalità di assoluto. La ragione si riferisce
però solo all’uso dell’intelletto non in quanto principio di esperienza possibile;a noi il tutto dell’
esperienza è dato come un divenire e come una meta; essa non può infatti definire cosa sia l’
oggetto ma come vada compiuto il raggiungimento del concetto completo dell’oggetto.
FENOMENO E NOUMENO
- Fenomeno: oggetto di un’esperienza possibile, oggetto che non viene pensato in se, ma è
trasmesso dalle forme di intuizione del pensiero puro e che non può essere dato se non per mezzo
di esse.
- Noumeno: non è una contraddizione ma il puro nulla in quanto al di fuori di ogni rapporto con le
leggi formali della conoscenza non si può più mostrare il minimo fondamento. Cosa che non va
pensata come oggetto dei sensi ma esclusivamente dall’intelletto (cosa in se stessa)
- Il pensiero è si possibile in senso analitico, regolato dalla logica formale ma non è valido come
contenuto reale della conoscenza.
- Ciò che ci è dato conoscere con l’esperienza è unicamente fondato sull’intervento di due fattori
fondamentali cioè sensibilità e intelletto.
- Esperienza: relazione fra intelletto e intuizione, non presi come elementi singoli assoluti.
LE IDEEN DI HERDER
- Herder di contrasto a Kant mostra tesi e dà definizioni diverse di storia e società. Per Herder
cogliamo il vero senso della storia quando lasciamo agire su di noi la diversità dei tratti singoli.
- Mentre per Kant il senso della storia ha bisogno di un postulato morale, e mentre egli vede
l’adempimento sempre meno perfetto di un compito infinito, Herder pensa che mentre l’uno deve
proiettare su un dovere intellegibile, l’altro si arresta sul piano del divenire. Herder passa da
intuizione a concetto e viceversa.
LA LIBERTA’
- Kant introduce la libertà come una ‘’peculiare specie di causalità’’. La libertà sebbene non sia una
proprietà della volontà conformantesi a leggi naturali, non è per questo fuori da ogni legge; deve
agire secondo leggi immutabili di speciale natura.
PIACERE E DOLORE
- Piacere e dolore sono caduti come principi morali; il piacere sta adesso sul piano della sensazione e
varia secondo lo stimolo che sul soggetto agisce da fuori, mutando al mutare di questi elementi; ciò
si sgretola in quanto ognuno tende al suo piacere.
IL CONCETTO DI FINALITA’
- Kant prende il concetto di finalità in senso più ampio: vi vede l’ espressione generica di ogni
concordare delle parti di un molteplice in un’unità. Un tutto si dice finalistico quando vi ha luogo
un’articolazione nelle parti tale che ogni parte non si limita a stare accanto all’altra, ma è in totale
concordanza con l’altra.
- La finalità per Kant è formale infatti riguarda i concetti e la loro connessione nel nostro spirito,
inoltre si può dire oggettiva nel senso che su di essa si fonda l’ esistenza e l’ indirizzo dell’indagine
empirica (scienza).
dell’intelletto non si può trovare alcuna ragione sufficiente ma che si dimostra a noi e alle nostre
facoltà conoscitive ( e al loro uso combinato) giovevole e quindi che riceviamo, come quasi
spontaneo un sentimento di piacere.
- Ma che l’ ordine della natura nelle sue leggi particolari sia realmente conforme alle nostre facoltà è
qualcosa di contingente, infatti la scoperta di tale ordine è un’impresa dell’intelletto mirante un fine
necessario dell’intelletto stesso e cioè l’unificazione dei principi della natura, dunque la chiara e
possibile comprensione di essa. Il conseguimento di un qualunque scopo è accompagnato dal
sentimento di piacere e se la condizione dello scopo stesso è una rappresentazione a priori (come
in questo caso) è un principio per il giudizio riflettente in generale: il sentimento di piacere è
anch’esso determinato mediante un principio a priori e valido per ognuno.
- Kant è giunto alle soglie dell’estetica critica. Egli dà una forma finalistica ai fenomeni e dunque
siamo qui immediatamente condotti al punto in cui il senso metaforico dell’arte ( incontrato
precedentemente nel concetto di tecnica della natura) trapassa nel vero senso del termine arte e in
cui dunque il sistema della teleologia generale accoglie in se, come componente di massimo rilievo,
la critica del giudizio estetico.
IL GIUDIZIO ESTETICO
- In questa parte della critica Kant prende le mosse nel delineare un nuovo tipo di giudizio: il giudizio
estetico.
- Innanzitutto Kant cerca di differenziarlo da tutte le altre sintesi della coscienza; ogni giudizio è per
egli un atto della spontaneità pura che non si limita a rappresentare una situazione di oggetti dati
ma è un momento dell’atto stesso del porre oggetti; perciò Kant, muovendosi nella direzione
opposta dell’estetica tedesca, non vuole astrarre le regole da oggetti dati ma anzi ricerca quella
legalità originaria della coscienza su cui fondare ogni interpretazione estetica:qualificazione di un
contenuto della natura o dell’arte stessa come bello o brutto. È infatti l’ oggetto in se dotato di
forma ad essere il punto di partenza per la ricerca della sua stessa autodeterminazione e del suo
prendere forma; qui si tratta di prendere le parti tutte insieme e di chiuderle in una prospettiva
globale per la nostra facoltà dell’immaginazione.
- Nella pura contemplazione estetica, diversamente da quella pratica, ogni qual scomposizione del
contenuto in parti correlative e contrapposte viene a cadere. Il contenuto qui figura come in una
perfezione e pienezza qualitativa che non necessita di alcuna integrazione esterna e neppure di un
principio o un fine (che siano al di fuori di esso). La coscienza estetica ha in se quella forma di
compimento concreto con cui essa coglie non un rapporto di causalità a un elemento di un
significato assolutamente intemporale. Difatti qualifichiamo bello ciò che piace nella semplice e
pura contemplazione.
- L’ oggetticità del contenuto estetico è diversa dalla realtà effettuale con cui si pone nel giudizio
empirico. Perciò la soddisfazione che caratterizza il giudizio di gusto è priva di ogni interesse
(interesse intero come ciò che si riferisce alla reale esistenza della cosa in questione). Ci si chiede se
questa semplice rappresentazione dell’oggetto, che in me è accompagnata dal sentimento di
piacere, per quanto possa io essere indifferente circa l’ esistenza del suo oggetto, possa essere
considerata come un reale giudizio di gusto e cioè se si possa dire, dal solo mio apprezzamento di
questa rappresentazione, che quell’oggetto sia bello e che io provi con ciò di aver gusto. Si deve
riconoscere, prendendo le mosse da ciò che si è detto precedentemente, che in quel giudizio sulla
bellezza in cui si mescola il minimo interesse è parziale e non è un giudizio di gusto puro. Qui si
enfatizza la caratteristica spontaneità estetica e la soggettività del giudizio estetico stesso.
realizzare i propri prodotti. Poiché senza una regola anteriore un prodotto non può chiamarsi arte,
bisogna che la natura dia la regola all’arte nel soggetto; vale a dire che l’ arte bella è possibile
soltanto come prodotto del genio.
- Dall’opera d’arte la regola va necessariamente astratta (posta fuori dall’opera) la quale serve da
modello non all’imitazione ma al creare successivo.
LA FINALITA’ FORMALE
- FINE: principio connettivo spirituale che porta la nostra valutazione dei fenomeni.
- Finalità formale: costituisce un accordarsi dei fenomeni con le esigenze del nostro intelletto.
- Il pensiero della finalità dà il via all’affermarsi di un nuovo tipo di ‘’unità del molteplice’’. Un nuovo
rapporto fra un tutto dotato di forma ed i suoi singoli momenti parziali. Nel concetto di un’ “unità
formale” l’ insieme delle leggi di natura rappresentava un sistema che specifica se stesso secondo
una determinata regola. Interpretiamo questa finalità come un tutto di forme di vita, in cui il
concetto di vita ammette un’attività che va dalla unità alla pluralità. Un accadere naturale diviene
un processo vivente quando per noi tutte queste particolarità sono le espressioni di un unico
accadere e di un’unica essenza. Un tutto però non si forma a partire dalle parti, ma è contenuto in
esse da un principio direzionante.
- È da questa connessione che designiamo il concetto di organismo in quanto nell’organismo le parti
sono possibili solo mediante il tutto. Ogni parte però è pensata come esistente solo in funzione
delle altre e dev’essere pensata come un organo che produce le altre; ciò è possibile solo nella
natura (non nell’arte) in quanto essere organizzato e che si organizza da se, con ciò appunto
definiamo ‘’un fine della natura’’.
- Un essere organizzato, non dunque una semplice macchina, è una forza motrice che non può
essere spiegata con la sola facoltà del movimento (il meccanismo).
- I singoli fenomeni della natura qui acquistano dunque una finalità senza un fine, in quanto è un
arricchimento del suo contenuto senza fini posti fuori di se. Capiamo bene che vi è un rinvio proprio
alla struttura della natura stessa: struttura finalistica.
- Per Kant il fine come principio dei fenomeni naturali non si può prendere in considerazione; la
spiegazione della natura è definita solo dal principio della fisica-matematica.
GIUDIZIO TELEOLOGICO
- La Critica del Giudizio Teleologico comincia con la considerazione che nell’idea generale della
natura è come insieme degli oggetti dei sensi. La sua possibilità è comprensibile solo mediante
causalità.
- Il principio di causalità è pensabile solo per mediazione dello stesso concetto causale avendo
rapporto indipendente con l’ esperienza.
- La valutazione teleologica viene inserita come indagine della natura: se supponessimo nella natura
e quindi a fondamento della teleologia, non un principio regolativo dei fenomeni ma un principio
costitutivo della derivazione dei suoi prodotti dalle sue cause, il concetto di uno scopo naturale
apparterrebbe al giudizio determinante, anzi non propriamente al giudizio.
- Come massima del giudizio riflettente ci serve solo imparare a conoscere la natura secondo le sue
leggi empiriche; è certo però che noi non possiamo imparare a conoscere e spiegare gli esseri
organizzati secondo solo principi meccanici.
- La chiave sta nell’unione del principio finalistico e quello causale considerati in quanto giudizio
riflettente: in ciò stabiliamo i concetti imprescindibili per intendere il tutto dei fenomeni con
un’unità ordinata; non possiamo infatti considerare finalistico un prodotto senza conoscere le cause
del suo formarsi.
- La sintesi del principio finalistico e di quello meccanico si presentano mediante il concetto dello
sviluppo in cui definiamo sviluppo uno stesso concetto finalistico, un soggetto unitario dei fenomeni
vitali.