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Gottfried Wilhelm Leibniz

Il padre del calcolo moderno

Antinea Farina - IV A
L’ordine contingente del mondo
Leibniz nel “Discorso di Metafisica” analizza l’oggetto
generale della sua indagine filosofica:
l’Ordine del mondo

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Egli lo intende come un ordine libero e
spontaneamente organizzato;
non come quello necessario e geometricamente
organizzato che Spinoza attribuisce a Dio.

Per Leibniz esiste anche un ordine non necessario ma


contingente: la scelta. Infatti, Dio è visto come colui che,
tra gli ordini possibili, ha scelto quello che includa sia la
scelta divina che quella umana.

Prendendo dalla considerazione un mondo contingente,


egli ricerca la cosiddetta
“caratteristica universale”.
L’ arte combinatoria

La caratteristica universale o arte


Questo processo dei concetti
combinatoria è da considerarsi come l’ideale di
universali elementari e composti
una scienza che basandosi su caratteri/ —>
potremmo paragonarlo ai numeri e
concetti universali elementari cerca di
ai calcoli della matematica
giungere ai concetti composti.

In questo modo Leibniz tenta di unire il


meccanicismo e il finalismo, il materialismo e lo
spiritualismo, la scienza e la metafisica, la
filosofia dei moderni con quella ontologica degli
antichi.
—>

Il primo tentativo di unire l’antico e il nuovo viene


fatto distinguendo il piano filosofico-metafisico da
quello scientifico.
Verità di ragione e verità di fatto
Distinguendo le verità di ragione dalle verità di fatto il filosofo va a dimostrare
che la necessità è presente solo nel mondo della logica e non nella realtà.

Le verità di ragione sono verità assolutamente necessarie e perfettamente


evidenti che non interessano il mondo della realtà ma solo quella della logica.
Esse si rifanno ai principi di identità e di non contraddizione secondo
cui “ogni cosa è ciò che è” e “ una proposizione o è vera o è falsa”.
Queste verità non possono derivare dall’esperienza dunque sono innate.

INNATISMO SUI GENERIS

L’idea di Leibniz critica l’innatismo di Locke e nei “Nuovi saggi


sull’intelletto umano” giustifica la sua posizione. Egli ritiene che le verità di
ragione, anche se innate, risultano confuse e oscure e quindi ci risultano come
delle possibilità che necessitano dell’esperienza per divenire chiare e distinte.
(“nihil est sine ratione”)
Verità di fatto
Le verità di fatto sono contingenti e riguardano la realtà effettiva.

Tali verità ammettono il proprio contrario tant’è vero che non si basano sui principi di
identità e di non contraddizione.

Il loro principio è quello di ragion sufficiente: “nessun fatto può essere vero senza
che vi sia una ragione sufficiente che dimostri che sia così e non il contrario”.

Il filosofo applica il principio di ragion sufficiente all’interrogativo riguardante i mondi


possibili: perché tra tutti i mondi possibili questo è l’unico reale?

La risposta viene individuata in Dio, poiché data la sua perfezione, Egli doveva sceglierlo
(il “doveva” sottolinea la scelta morale fatta da Dio).

Dio ha agito in vista di un fine che allo stesso tempo è anche la causa della sua scelta.
Rifacendo alla metafisica scolastica e allontanandosi da Cartesio e Spinoza, Leibniz
ritiene che al principio di ragion sufficiente sia strettamente legata la causa finale.
La sostanza individuale
Nelle verità di ragione soggetto e predicato coincidono, nelle verità di fatto essi sono
distinti infatti il soggetto, contenente la ragion sufficiente del suo predicato, può
essere negato dal predicato stesso. Questa tipologia di soggetto viene definito da
Leibniz come sostanza individuale.

La conoscenza:UOMO vs DIO
All’uomo non è possibile conoscere tutti gli attributi di una sostanza individuale,
deve ottenerli con l’esperienza o analizzando la storia.
Nel caso di Dio non vi è questa mancanza poiché la sua conoscenza è perfetta quindi
dalla semplice nozione di una sostanza comprende tutti i suoi predicati.

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Ciò non vuol dire che l’agire di una sostanza individuale sia costretto ma è
semplicemente indirizzato verso la sua natura.

Dunque, possiamo dire che Leibniz modella le verità di ragione sulle realtà di fatto
infatti alla nozione di una sostanza individuale associa i suoi prevedibili attributi.
Fisica e metafisica: la forza
Anche la natura rispetta l’ordina contingente dell’universo e per
sostenere questa visione Leibniz è stato costretto a rivedere le dottrine
sostenute in gioventù: la differenza tra estensione e movimento di
Cartesio e la costituzione atomica della materia di Democrito.

La legge della continuità sostiene che “la natura non fa salti”


(“natura non cactus saltus”)
dunque per passare dal grande al piccolo bisogna attraversare una serie di stadi intermedi.
Non può però esistere una grandezza minima indivisibile come l’atomo visto che anche la
dizione di questo dovrebbe proseguire all’infinito.

Leibniz si allontana dal pensiero cartesiano che vede estensione e movimento alla base del
mondo fisico e sostiene che l’unico elemento che può dare origine sia la forza.
Il filosofo sostituisce il principio della conservazione della quantità di moto con
il principio di conservazione della forza (energia cinetica).

Leibniz crede che il meccanicismo cartesiano deve essere preso in considerazione


momentaneamente per poi essere dimostrato con spiegazione di
carattere fisico-metafisico: all’azione meccanica della natura vengono attribuiti
principi ad un qualcosa di superiore e geometrici.
La forza
La forza di cui parla Leibniz è la capacità di produrre un determinato effetto e
ha senso definirla come la vera realtà dei corpi visto che può essere
considerata per se stessa, a differenza del movimento, dello spazio e del tempo
che non possono essere considerati individualmente

FORZA ATTIVA vs FORZA PASSIVA

la resistenza che il corpo definita anche conatus,


oppone al movimento è la tendenza d’azione
—>

La forza attiva ricorda l’entelechia


di Aristotele poiché ha in se stessa il
principio del proprio agire ma resta
comunque un qualcosa di incorporeo.

L’elemento costitutivo della natura è di carattere spirituale, non possiamo più


individuare la sostanza estesa e quella pensante di Cartesio.
Tutto è spirito e vita poiché costituito dalla forza.
Le monadi e le caratteristiche
Con questo termine Leibniz estende al mondo fisico il concetto di
ordine contingente quindi unisce quest’ultimo al mondo spirituale e dà
all’intero universo un ordine più libero.

La monade è definita come un atomo spirituale quindi indivisibile e priva di


estensione; non potendosi disgregare è eterna e quindi creata da Dio.

Le caratteristiche:

principio di identità degli indiscernibili: ogni monade è diversa da un’altra, non


possono esistere due esseri perfettamente uguali, questi devono differire almeno per la
l’interiorità o la posizione.

autosufficienza e attività rappresentativa: essendo semplici e immateriali le monadi


non possono influenzarsi a vicenda, ognuna è presente nell’altra solo in modo ideale e
quindi sotto forma di rappresentazione.
percezione, appetizione: essendo centro attivo di rappresentazioni, possiamo dire
che le monadi sono a forma della nostra anima e sono svolgono le attività di
percezione e appetizione (il tendere da una percezione all’altra).

appercezione e piccole percezioni: non tutte le monadi possono avere le stesse


capacità di percezioni infatti vi sono quelle dell’appercezione di riguardano le anime e
quelle di cui non siamo consapevoli che sonno chiamate piccole percezioni o
percezioni insensibili.

organizzazione gerarchica: le monadi sono ordinate gerarchicamente in funzione


dei loro gradi di perfezione che a loro volta dipendono dai gradi delle loro percezioni.
I gradi di percezioni indicano la maggiore o minore chiarezza con cui le monadi stesse
percepiscono l’universo.

la monade per eccellenza: Dio è l’unica monade che ha la perfetta e totale


conoscenza dell’universo. Le monadi da Egli create rappresentano il mondo da un
punto di vista illimitato e pur unendo tutte le singole monadi non si otterrebbe lo
stesso grado di chiarezza del mondo.
La materia
La materia è un aggregato di sostanze spirituali infinitamente divisibile che ha
come suoi elementi ultimi delle identità incorporee associabili alle monadi.

MATERIA PRIMA vs MATERIA SECONDA

potenza passiva o forza di inerzia che insieme


alla potenza attiva costituisce la monade; aggregato di monadi
nel caso delle monadi dell’anima è l’insieme
delle percezioni confuse o monadi create

Dal punto di vista metafisico, ogni sostanza non fare altro che agire poiché è nella sua
indole farlo; allo stesso tempo considerando l’azione come passione possiamo dire che
non c’è azione nelle sostanze finché non si sviluppa la loro percezione.

Anche il corpo degli uomini e degli animali è un insieme di monadi, a sua volta dominato
dalla monade superiore dell’anima. Nonostante ciò l’anima e il corpo non seguono le
stesse leggi: la prima si rifà alle leggi della finalità mentre l’altro a quelle meccaniche.
L’accordo reciproco tra le monadi
Ogni monade è autosufficiente ma allo stesso tempo è legata alle altre come
rappresentazione più o meno chiara di esse poiché insieme ad esse
costituisce l’intero universo
A questo proposito, Leibniz si trova ad affrontare il problema di
interazione tra corpo e anima già affrontato da Cartesio.

Egli ci propone 3 ipotesi:

l’influenza reciproca: l’anima e il corpo vengono paragonati a due orologi che si


influenzano l’un l’altro (questa teoria si rifà a Cartesio ma non può essere accettata
per l’autosufficienza di questi atomi spirituali)

l’intervento dell’esterno: i due orologi anche se difettosi possono essere


controllati in ogni istante da un buon operai (neanche questa teoria può essere
portata avanti poiché implica la presenza di un deus ex machina che interine in un
ordine naturale)

l’armonia prestabilita: i due orologi sono stati costruiti talmente in modo perfetto
da essere sempre d’accordo. È stato Dio nell’atto della creazione a concedere questa
armonia prestabilita.
Le prove dell’esistenza di Dio
Dio, monade superiore a tutte le altre che ha la perfetta e totale conoscenza
dell’universo, viene studiato da Leibniz anche dal punto di vista teologico.
La prova a posteriori: si rifà alla terza prova di Tommaso d’Aquino e quindi alla
contrapposizione tra necessario e contingente.

Leibniz seguendo il principio di ragion sufficiente afferma che Dio è la prima ragione di
tutte le cose, che essendo limitate e contingenti, non hanno in sé alcun principio per
esistere. Bisogna attribuire a Dio, al suo intelletto e alla sua volontà, la ragione
dell’esistenza del mondo e di tutti gli altri possibili mondi.

Anche le possibilità necessitano di fondarsi su cose reali o meglio su un essere


necessario, la cui presenza implica l’esistenza. Dio è sia la fonte di ogni realtà che delle
essenze possibili e delle verità eterne.

La prova ontologica: alla posizione ontologica cartesiana, Leibniz oppone che


l’esistenza è deducibile dalla dimostrazione della possibilità che esista un essere che ha in
sé tutte le perfezioni.

In Dio possibilità e realtà coincidono poiché la sua natura non presenta contraddizioni
interne, dunque è possibile, e in quanto possibile deve essere riconosciuto esistente.

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