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LEIBNIZ:

Nel mondo di cui gli uomini ignorano la motivazione perché la ragione degli eventi storici non indicano
l’essenza di una sostanza.

Essenza: il fatto che a una sostanza “ineriscono” senza contraddizione determinati attributi, è spiegata dal
principio di identità e contraddizione, Leibniz aggiunge un 3º principio

3) PRINCIPIO DI IDENTITÀ DEGLI INDISCRRNIBILI: ogni sostanza ha un’identità propria unica e irripetibile in
modo che non esisteranno mai 2 enti perfettamente sovrapponibili

Come sono 2 i principi di ragionamento sono due anche le specie possibili di verità:

1) VERITÀ DI RAGIONE= necessarie e il loro opposto è impossibile

2) VERITÀ DI FATTO: sono contingenti, il loro opposto è possibile. Possono essere riportate alla verità di
ragione masticando che nel concetto di un soggetto=essenza di una cosa, sono inclusi sia gli attributi
necessari che gli infiniti attributi contingenti che ammettono che il contrario è sempre possibile

Es) “Cesare ha attraversato il rubicone”= verità di fatto perché attesta l’evento storico però nel momento in
cui il fatto di è realizzato è diventato un predicato di Cesare quindi realizza l’essenza individuale di Cesare.

La verità di fatto di una realtà sta nella libera decisione con cui Dio ha fatto sì che essa accadesse, Dio l’ha
fatta accadere perché è la migliore delle possibilità.

Tra tutte le possibilità Dio fa accadere sempre la più perfetta, la regola con cui Dio sceglie è quella
dell’ottimo. Ogni cosa succede perché è compatibile con il reale.

Tutte le possibilità che vengono scartate non è detto che non si possano realizzare, possono realizzarsi in
altri modi più compatibili. Anche la libertà umana deve seguir l’armonia degli eventi.

leibniz pensa di risolvere il problema delle infinite possibilità che possono realizzarsi con il calcolo
infinitesimale, sviluppa in modo filosofico l’idea di infinito= grandezze, queste tengono senza mai
raggiungerlo al punto 0. Il Finito non è l’interruzione di una serie infinita ma il contingente quindi il suo
opposto è sempre possibile, il finito tende a trasformarsi in infinito e il contingente nel necessario, le verità
di fatto si trasformano in verità di ragione senza mai accadere in questo mondo

Nella realtà per l’uomo questo passaggio risulterà sempre indimostrabile, Dio invece vede anche questo
passaggio. Tra i due estremi non c’è cesura ma un flusso continuo

Leibniz dinastica la tesi della forza viva partendo dall’errore di calcolo di Cartesio

Aveva dimostrato che nei corpi rimaneva costante il movimento; Leibniz dice che non rimane il movimento
ma la forza=profotto delle masse per il quadrato della velocità

Sostanza individuale= forza dinamica immanente

intendiamo anche il soggetto logico che contiene in sè tutti i suoi predicati

Leibniz chiama questa sostanza monade = termine greco da “Mónodas”= unità

Per definirla riprende il termine aristotelico “entelechia”= perfetta attuazione raggiunta dalla sostanza
(potenza che diventa atto)

La monade costituisce un punto metafisico inesteso


Per spiegare parte della prima monade=coscienza umana che si conosce per via intuitiva; L’Unità del
pensiero è la conoscenza in cui sono contenute le idee. È indivisibile perché la coscienza non è sterile ma
spirituale e quindi per definizione non è costituita da parti.

I corpi sono avvertiti dalla coscienza come estesi, formali, materiali, divisibili, essendo: corpi complessi non
sono monadi

Per Leibniz: corpi sono costituiti da parti semplici cioè monadi

La teoria della monade come componente basa della realtà è diversa dall’atomismo di Democrito

Sosteneva che i corpi fossero divisibili ma in maniera finita, fino ad arrivare all’aromo che è indivisibile.

Per Leibniz i corpi sono divisibili, all’infinito.

La fisica novecentesca darà ragione a Leibniz perché si scoprì che l’atono è ulteriormente divisibile in parti
subatomiche.

Anche Aristotele intuì che la materia era divisibile ma disse che al momento non era possibile

Questa divisibilità infinita giunge a qualcosa che non è più corpo perché per definizione la materia deve
essere infinitamente divisibile. Dividendo si arriva a un limite della divisione infinita, un tendere allo 0.

Se non è corpo è spirito

Le monade che costituiscono: corpi sono spirito e siccome tutta la realtà è costituita da monadi, tutto è
spirito attivo.

L’attività della monade è la rappresentazione

Monadi: punti metafisici inestesi perché spirituali

Un’altra evidenza della coscienza umana è l’innegabilità della molteplicità

Le monadi devono essere molteplici e sono anche differenti l’una dall’altra

Anche se 2 monadi devono essere molteplici e sono anche tutte differenti l’una dall’altra

Anche se 2 monadi fossero uguali in tutto comunque sarebbero diverse nella posizione che occupano nello
spazio

Le monadi inoltre divengono, si trasformano, cambiano.

Il divenire è un molteplice unificato

es) il bambino crescendo cambia ma rimane uno

Il divenire è un’azione, la monade sarà un’attività di continuo mutamento, è un’attività spirituale= forza
rappresentativa o percezione

Ogni monade percepisce in modo diverso la realtà

Quando la percezione è cosciente di sè stessa si chiama APPERCEZIONE

Le monadi non comunicano tra loro, sono isolate ma in qualche modo sono connesse e si adattano tra loro
perché composte da Dio (non hanno un inizio e una fine naturale m, sono state create da Dio).

Esiste un nesso essenziale che lega il singolo individuo è la totalità del mondo.
Ogni monade creata da Dio (essere infinito) ne rispecchia internamente l’infinità. Risolve così il problema
cartesiano del rapporto tra corpo e anima, sono stati sincronizzati da Dio in modo che ogni moto dell’anima
corrisponde a uno del corpo e viceversa (questo viene esisto anche da spinoza)

Le anima agiscono secondo le cause finali, i corpi secondo le cause efficienti cioè dei modi.

I REGNI della finalità e dell’efficienza sono armonici tra loro

Le idee sono qualcos che si trova nella mente e non dipendono dall’azione delle cose esterne, consistono
nella facoltà di pensare qualcosa, è una disposizione naturale della mente.

La mente esprime le cose attraverso i sensi, l’idea può esprimere la cosa a cui si riferisce perché nella cosa
stessa si esprime l’universo intero

I segni che conosciamo possono esprimere tutte le diverse realtà perché ognuna è strutturata come un
processo che esprime a sua volta la totalità

L’ambizione del suo pensiero e quella di cogliere la razionalità che governa l’universo e di cui la ragione
umana costituisce lo specchio. Pertanto e proprio questa ragione che tiene insieme Dio con l’uomo, ciò che
è possibile logicamente con ciò che esiste effettivamente, l’infinito con il contingente e questa unità si
riflette anche nella riflessione di Leibniz che è una riflessione poliedrica. Fortemente ancorato alla
tradizione aristotelica ed è un attento conoscitore della scienza moderna. Scopre che la sorgente della
meccanica è nella metafisica (I meccanicisti si fermavano alla considerazione della realtà come qualcosa di
inerte e geometrico, realtà come una grande macchina, intelligibile, escludono ogni finalità).

Leibniz individua nella stessa realtà fisica un principio spirituale, individua una vita che anima dall’interno la
materia universale, cambia profondamente l’immagine fisica del mondo attraverso la metafisica. Per
Leibniz non esistono più dei corpi inerti che occupano una certa estensione nello spazio e che si muovono
cambiando la loro posizione, possono farlo perché spinti da urti esterni (visione meccanicistica).

Per Leibniz le sostanze sono dinamiche, forze elementari; per cui grazie a queste forze la materia del
mondo si manifesta come pura energia, grazie a questa energia, intesa in senso fisico e metafisico, che sta a
fondo di ogni sostanza, (Leibniz la chiamerà monade) che ogni singolo individuo è capace di rispettare
l’ordine divino dell’intero universo, ordine divino che abbraccia tutto, come se fosse un’armonia
imperscrutabile, abbraccia anche ciò che sembra malvagio.

Nella filosofia di Leibniz tutto è tenuto insieme in armonia, ogni singolo problema si intreccia con gli altri
problemi, grazie alla logica.

Logica: si intende sia il procedimento argomentativo della mente, sia la legge con cui l’intelligenza divina
governa il mondo.

Questa logica è l’intelaiatura che sostiene tutto l’intero sistema di Leibniz (non solo sostiene, lo muove
anche).

SOSTANZA per LEIBNIZ:

Leibniz aveva studiato molto Cartesio e di quest’ultimo contestava il suo approccio meccanicistico che
identificava l’essenza della sostanza corporea con l’estensione (res extensa).

Leibniz muove dall’esigenza di approfondire la radice metafisica della fisica e per fare questo ripensa la
nozione tradizionale scolastica della forma sostanziale. Il suo obiettivo era quello di riformulare, revisionare
questo concetto ripreso anche da Aristotele (le sostanze sono sempre degli enti individuali i quali constano
dell’unione di materia e forma di cui però e la sua forma il principio universale e indivisibile in base al quale
una sostanza è ciò che, sinolo di materia e forma).

Aristotele ma anche Leibniz constata che nel mondo cioè nella realtà sensibile la forma non esiste mai al di
fuori della materia, è grazie a questa che due sostanze si differenziano pur avendo la stessa forma.

Che relazione esiste tra la forma sostanziale di una cosa e la sua individualità?

Leibniz muove dal pensare in maniera nuova il rapporto indissolubile tra forma e materia della sostanza,
rapporto tra universalità e individualità, questo rapporto lo chiamerà monade e da questo si svilupperà
tutto il pensiero di Leibniz.

Nella disputazione metafisica sul principio di individuazione, opera del 1663, Leibniz sostiene il principio di
individuazione: un ente esiste nella sua individualità come un essere differente, distinto rispetto a tutti gli
altri enti anche se partecipano alla sua stessa natura. Questo principio coincide con l’unità inscindibile che
in ogni cosa si realizza tra la materia e la forma, entità intera della materia. La materia di una cosa cioè gli
elementi particolari di un ente non è universale, perché se lo fosse sarebbe la forma, e rappresenta
l’elemento contingente (non è necessario perché è sottoposta al nascere e al perire). Leibniz sostiene che
proprio nella materia È incarnata perfettamente la sua forma che non va più pensato a come universale a
tutte le cose di una stessa specie ma è la stessa forma che, in quanto incarnata nella materia che è
particolare e contingente, ad essere unica e individuale. Per Leibniz l’universale, la forma, non è più intesa
come opposto di individuale ma diciamo che l’universale è la realtà immanente di ogni singola individualità.
Leibniz concepisce la materia dei corpi fisici non come un sistema statico geometrico come aveva affermato
Cartesio, ma coincide con una forza dinamica immanente cioè connaturata a tutto ciò che esiste per cui
l’estensione di un corpo nello spazio non coincide con la sostanza del corpo dotata di realtà fisica ma è il
modo in cui il corpo ci si presenta alle nostre percezioni quindi le qualità secondarie ma anche quelle
primarie sono strettamente legate al modo in cui noi ne percepiamo, quindi sono dei fenomeni. Non vuol
dire che noi ne abbiamo una conoscenza soggettiva perché si tratta pur sempre di fenomeni ben fondati
cioè di apparizioni necessarie. L’ipotesi di Leibniz è che ogni fenomeno fisico dipende da un principio vitale
(movimento non impresso dall’esterno ma dall’interno ad ogni corpo).

Per Leibniz il meccanicismo si fonda su una metafisica della natura. Nell’opera del 1686 breve
dimostrazione di un errore memorabile di Cartesio Leibniz rigetta la teoria della fisica cartesiana secondo
cui ciò che si conservano i fenomeni fisici sarebbe la quantità di moto di un corpo e si conserva anche il
cambiamento di moto nello spazio, non esistono forze esterne ma azioni reciproche tra i corpi. Per Galileo e
Cartesio il movimento non viene spiegato in termini di forza, per loro parlare di forza equivaleva riferirsi ad
un concetto rinascimentale ma era spiegato in termini di quantità di moto che si trasmette da un corpo
all’altro ed è costante.

Leibniz e torno a parlare di forza non in senso di azioni reciproche tra i corpi, non in senso meccanicistico
ma in senso vivente. L’essenza del corpo è il movimento, la forza posseduta da un corpo non coincide con la
quantità di moto ma con l’energia cinetica che è una forza viva, insita nel corpo stesso (conatus), ed è
proprio da questo che si genera il movimento dei corpi.

SPAZIO E TEMPO:

Secondo Leibniz lo spazio e il tempo non sono enti assoluti, realtà vere (Newton e Cartesio), ma
costituiscono nella loro essenza soltanto degli ordini di relazioni. Spazio ordine della coesistenza e tempo
ordine delle successioni tra le sostanze individuali. Non è corretto affermare che le sostanze individuali
esistono in uno spazio inteso come un contenitore vuoto all’interno della quale si collocano le cose e non è
il tempo deve essere inteso come una serie consecutiva di eventi la cui sostanza subentra all’interno di una
scansione temporale. Il tempo e lo spazio esistono in virtù delle sostanze individuali, sono queste che
stabiliscono relazioni tra loro, tra le posizioni tra di loro e tra la successione con cui e in relazione alla quale
compaiono.

FONDAMENTO LOGICO DELLA METAFISICA:

Sostanza: ente individuale dorso di una propria forza immanente.

Questa nozione è alla base dellaMetafisica è la metafisica è il fondamento della fisica. La metafisica a sua
volta si fonda sulla logica perché per Leibniz la sostanza metafisica e il soggetto logico dei pensieri suono
due aspetti strettamente correlati di una medesima realtà e per questo motivo le leggi fondamentali del
pensiero coincidono con la struttura ontologica del mondo.

Una sostanza individuale cosa è in senso logico?

È l’unico soggetto a cui vengono attribuiti molti predicati e che a sua volta non è predicato di nient’altro
(come aveva già affermato Aristotele).

In che modo si possono attribuire i predicati ad un soggetto?

In che modo possiamo giudicare la verità delle cose?

Giudicare cosa significa? Attribuzione di uno o più predicati ad un soggetto (Aristotele).

Per Leibniz sono due i principi che reggono il ragionamento dell’uomo e che al tempo stesso esprimono la
natura della sostanza e i rapporti reali tra le sostanze perché c’è la sovrapposizione del piano logico con il
piano ontologico.

Quali sono questi due principi?

1. Principio di contraddizione.

2. Principio di ragion sufficiente.

1. Definizione tratta da Nomadologia opera del 1714: “Il principio di contraddizione è quello per cui
giudichiamo falso ciò che implica contraddizione e vero ciò che è opposto o contraddittorio al falso”
praticamente tradotto significa che A non è non A: si basa sul principio di identità (verifica la coincidenza
piena di soggetto e predicato cioè A è A). È il principio che indica l’essenza di una sostanza.
Il problema quando questo principio lo si vuole applicare anche agli individui razionali dotati di libertà
(uomini dotati di libero arbitrio), questo principio va bene se applicato alla geometria, alla fisica ma così
rigorosamente ferreo dal punto di vista logico presenta dei problemi quando viene applicato agli uomini
che sono dotati di libero arbitrio quando compiono azioni e in questo cosa non basta e quindi bisogna
elaborare un altro principio: principio di ragion sufficiente.

2.Il principio di ragion sufficiente risoluta essere il principio logico che fornisce la ragione metafisica di
eventi contingenti (quelli che possono accadere così come possono non accadere, non sono necessari) è
anche il principio logico di ciò che avviene nella storia del mondo e di cui spesso gli uomini ignorano
completamente la motivazione, la ragione, perché in base a questo principio la ragione degli eventi storici o
delle azioni umani che sono contingenti non indicano l’essenza della sostanza (gli attributi della sostanza
che ineriscono senza contraddizione). L’essenza della sostanza è spiegato dal principio di identità (A=A) e
dal principio di contraddizione (A non è non A).

Il principio di ragion sufficiente indica l’esistenza di una sostanza.

A questi due principi logici Leibniz ne aggiunge un terzo che è una conseguenza:

3.Principio di identità degli indiscernibili: ogni sostanza ha in identità propria che è assolutamente unica e
irripetibile di modo che in natura non esistono e non esisteranno mai due enti perfettamente
sovrapponibili.

Come sono 2 i principi fondamentali saranno altrettanto 2 le specie di possibili verità alle quali possiamo
giungere attraverso il ragionamento:

1. Verità di ragione: necessarie e il loro opposto è impossibile, si reggono sul principio di contraddizione

2. Verità di fatto: contingenti, il loro opposto è possibile, si basano sul principio di ragion sufficiente

Leibniz cerca di mostrare come le verità di fatto possono essere riportate alle verità di ragione ma per poter
fare questo deve mostrare che nel concetto di un soggetto (essenza stessa di una cosa, definizione) sono
inclusi non solo i suoi attributi necessari (essenza) ma anche tutti gli infiniti attributi contingenti e in quanto
continenti sono attributi che ammettono la possibilità del loro contrario.

Es) “Cesare ha attraversato il rubicone”= verità di fatto perché attesta l’evento storico però nel momento in
cui il fatto di è realizzato è diventato un predicato di Cesare quindi realizza l’essenza individuale di Cesare.

La verità di fatto di una realtà sta nella libera decisione con cui Dio ha fatto sì che essa accadesse, Dio l’ha
fatta accadere perché è la migliore delle possibilità.

Tra tutte le possibilità Dio fa accadere sempre la più perfetta, la regola con cui Dio sceglie è quella
dell’ottimo. Ogni cosa succede perché è compatibile con il reale.

Tutte le possibilità che vengono scartate non è detto che non si possano realizzare, possono realizzarsi in
altri modi più compatibili. Anche la libertà umana deve seguir l’armonia degli eventi.

CALCOLO INFINITESIMALE:
leibniz pensa di risolvere il problema delle infinite possibilità che possono realizzarsi con il calcolo
infinitesimale, sviluppa in modo filosofico l’idea di infinito= grandezze, queste tengono senza mai
raggiungerlo al punto 0. Il Finito non è l’interruzione di una serie infinita ma il contingente quindi il suo
opposto è sempre possibile, il finito tende a trasformarsi in infinito e il contingente nel necessario, le verità
di fatto si trasformano in verità di ragione senza mai accadere in questo mondo

Nella realtà per l’uomo questo passaggio risulterà sempre indimostrabile, Dio invece vede anche questo
passaggio. Tra i due estremi non c’è cesura ma un flusso continuo.

MONADI:

Leibniz dinastica la tesi della forza viva partendo dall’errore di calcolo di Cartesio

Aveva dimostrato che nei corpi rimaneva costante il movimento; Leibniz dice che non rimane il movimento
ma la forza=profotto delle masse per il quadrato della velocità

Sostanza individuale= forza dinamica immanente

intendiamo anche il soggetto logico che contiene in sè tutti i suoi predicati

Leibniz chiama questa sostanza monade = termine greco da “Mónodas”= unità

Per definirla riprende il termine aristotelico “entelechia”= perfetta attuazione raggiunta dalla sostanza
(potenza che diventa atto)

La monade costituisce un punto metafisico inesteso

Per spiegare parte della prima monade=coscienza umana che si conosce per via intuitiva; L’Unità del
pensiero è la conoscenza in cui sono contenute le idee. È indivisibile perché la coscienza non è sterile ma
spirituale e quindi per definizione non è costituita da parti.

I corpi sono avvertiti dalla coscienza come estesi, formali, materiali, divisibili, essendo: corpi complessi non
sono monadi

Per Leibniz: corpi sono costituiti da parti semplici cioè monadi

La teoria della monade come componente basa della realtà è diversa dall’atomismo di Democrito

Sosteneva che i corpi fossero divisibili ma in maniera finita, fino ad arrivare all’aromo che è indivisibile.

Per Leibniz i corpi sono divisibili, all’infinito.

La fisica novecentesca darà ragione a Leibniz perché si scoprì che l’atono è ulteriormente divisibile in parti
subatomiche.

Anche Aristotele intuì che la materia era divisibile ma disse che al momento non era possibile

Questa divisibilità infinita giunge a qualcosa che non è più corpo perché per definizione la materia deve
essere infinitamente divisibile. Dividendo si arriva a un limite della divisione infinita, un tendere allo 0.

Se non è corpo è spirito

Le monade che costituiscono: corpi sono spirito e siccome tutta la realtà è costituita da monadi, tutto è
spirito attivo.

L’attività della monade è la rappresentazione


Monadi: punti metafisici inestesi perché spirituali

Un’altra evidenza della coscienza umana è l’innegabilità della molteplicità

Le monadi devono essere molteplici e sono anche differenti l’una dall’altra

Anche se 2 monadi devono essere molteplici e sono anche tutte differenti l’una dall’altra

Anche se 2 monadi fossero uguali in tutto comunque sarebbero diverse nella posizione che occupano nello
spazio

Le monadi inoltre divengono, si trasformano, cambiano.

Il divenire è un molteplice unificato

es) il bambino crescendo cambia ma rimane uno

Il divenire è un’azione, la monade sarà un’attività di continuo mutamento, è un’attività spirituale= forza
rappresentativa o percezione

Ogni monade percepisce in modo diverso la realtà

Quando la percezione è cosciente di sè stessa si chiama APPERCEZIONE

Le monadi non comunicano tra loro, sono isolate ma in qualche modo sono connesse e si adattano tra loro
perché composte da Dio (non hanno un inizio e una fine naturale m, sono state create da Dio).

Esiste un nesso essenziale che lega il singolo individuo è la totalità del mondo.

Ogni monade creata da Dio (essere infinito) ne rispecchia internamente l’infinità. Risolve così il problema
cartesiano del rapporto tra corpo e anima, sono stati sincronizzati da Dio in modo che ogni moto dell’anima
corrisponde a uno del corpo e viceversa (questo viene esisto anche da spinoza)

Le anima agiscono secondo le cause finali, i corpi secondo le cause efficienti cioè dei modi.

I REGNI della finalità e dell’efficienza sono armonici tra loro.

LE IDEE:

Le idee sono qualcos che si trova nella mente e non dipendono dall’azione delle cose esterne, consistono
nella facoltà di pensare qualcosa, è una disposizione naturale della mente.

La mente esprime le cose attraverso i sensi, l’idea può esprimere la cosa a cui si riferisce perché nella cosa
stessa si esprime l’universo intero

I segni che conosciamo possono esprimere tutte le diverse realtà perché ognuna è strutturata come un
processo che esprime a sua volta la totalità

GRADI DELLA CONOSCENZA:

Ci sono diverse modalità attraverso cui la conoscenza umana si esplica: conoscenza oscura quando
dormiamo svendiamo tentiamo di ricordare; conoscenza chiara quando riconosce bene la cosa
rappresentata dall’idea. Quest’ultima a sua volta può essere:Confusa (Quando non sia in grado di elencare
uno per uno i caratteri che distinguono uno per uno una cosa dalle altre cose esempio non siamo capaci di
spiegare ad un cieco cosa distingue fra loro i colori) o Distinta( Attraverso l’analisi siamo capaci di elencare
le differenze fra una cosa e un’altra simile ad essa).

Leibniz si confronta con la gnoseologia di Lock nei “nuovi saggi sull’intelletto umano” in cui giunge a
mostrare che l’empirismo (non c’è niente nell’intelletto che prima non sia passato dai sensi) si fonde sulla
metafisica.

Leibniz paragona l’anima a un blocco di marmo in cui ci sono delle venature che rappresentano le verità
dell’anima come le venature prefigurano l’immagine che verrà richiamata dallo scultore così le idee sono
già contenute nell’anima c’è poi bisogno di un lavoro che le faccia emergere.

Le idee non sono degli atti mentali ne inclinazioni, abitudini virtuali che si devono attualizzare. La sua
soluzione gnoseologica È una via di mezzo tra l’empirismo e L’innatismo perché ammette la presenza di
idee innate ma solo in senso virtuale si realizzano solo quelle idee che vengono esplicate con l’esperienza.
la mente è naturalmente predisposta all’esperienza.

TEORICEA= Dottrina della giustificazione di Dio rispetto al problema dell’esistenza del male e del libero
arbitrio.

Le cose impossibili diventano esistenti grazie un decreto delle volontà di Dio ma lo stesso Dio può essere
dimostrato esistente partendo dalle nozioni di possibilità. Egli dimostra l’esistenza di Dio tramite due prove:
a priori ,cioè quella ontologica usata più da Cartesio, parte dal concetto di perfezione e dopo Aver
dimostrato che tutte le perfezioni si possono trovare in un medesimo soggetto e che l’essere perfetto esiste
e questa prova poggia sul concetto di possibile; A posteriori e anche questa poggia sul concetto di
possibilità e va dal piano del contingente al piano del necessario essa si basa sul principio che ogni realtà
possibile ha la pretesa di esistere ovvero ogni essenza tende con pari diritto ad esistere in ragione della sua
perfezione però tenendo conto della compossibilità con le altre essenze e accade sempre la combinazione
secondo cui si avrà il massimo delle perfezioni.

Nel 1710 con “ i saggi di teodicea sulla bontà di dio, la libertà dell’uomo e l’origine del male” egli
approfondisce La dottrina dei possibili parla degli infiniti mondi e ogni mondo si compone di tutte le
probabilità che non implicano tra loro contraddizioni. Tra questi mondi Dio sceglie il mondo che deve
passare alla possibilità dell’esistenza in base alla regola del meglio= in base alla compossibilità ottimale tra
tutte le esistenze questo mondo sarà il migliore tra tutti i mondi possibili. Con questo Leibniz sembra avere
una visione abbastanza ottimistica. Ci si chiede quindi come si spiega il male ? Non dovrebbe esistere.
Leibniz lo spiega facendo leva su ciò che si realizza di fatto e ciò che sarebbe potuto realizzarsi individua
come fattore discriminante la libertà umana= ciò che accade nel mondo passa tra le decisioni umane

Leibniz elabora una Teodicea= giustificazione di Dio( twos= dio;diche=giustizia(tutto ciò in greco)).

Dio non vuole la realizzazione del male ma permette un mondo in cui sia possibile il male, Leibniz dà una
risposta teoretica al problema del male il quale si spiega per ragione filosofica e non per fede.

Bisogna distinguere: le verità eterne cioè necessarie in quanto il loro opposto non sarebbe possibile e le
verità positive cioè leggi che Dio da alla natura secondo una libera scelta e dalle quali se vuole può
emarginare l’uomo esempio i miracoli. Se la fede non potrà mai essere in contraddizione con le verità
eterne può risultare in contrasto con le verità positive dato che sono soggette a deroga. Gli antichi
attribuivano le cause del male metafisico alla materia che era indipendente da Dio i cristiani però fanno
derivare tutto da Dio. La causa ideale del male sta nella limitatezza delle creature. Il male è provocato da
una mancanza E appartiene agli stessi contingenti, non può mai essere imputato a Dio. Il male può essere:
male fisico che consiste nella sofferenza, malattia che Dio permette come una pena dovuta una colpa o
come un mezzo adatto a un fine; male morale che consiste nel peccato e l’unico male di cui l’uomo è l’unico
responsabile.
HUME:
Ciao ragazzi, incominciamo la trattazione di David Hume un filosofo scozzese. Tutta la filosofia di Hume è
una messa in questione del senso comune.

Che significa? Significa che la filosofia di Hume consiste proprio nel tentativo di spiegare la ragione
dell'esistenza delle diverse opinioni degli uomini, per poi approdare all'affermazione scettica della assoluta
impossibilità di poter giustificare queste opinioni degli uomini. Quali sono queste opinioni? Dobbiamo
proprio intendere le classiche idee metafisiche, quindi l'idea dell'io che noi stessi siamo, l'idea del mondo
che sta fuori di noi, l'idea di Dio, l'idea che esistano delle cause e degli eventi natura. Ebbene di tutte queste
idee, dice Hume, noi non possiamo avere una conoscenza certa, ma possiamo avere soltanto una scienza
probabile. E oltretutto queste conoscenze sono il frutto di istinti, più che di argomentazioni razionali.
Questa forma di scetticismo apparentemente potrebbe sembrare l'esito del percorso di ricerca di Hume.
No, in realtà è proprio il presupposto di questa ricerca ed è il punto iniziale di questa ricerca. In Hume lo
scetticismo si esplica in due opzioni: la prima opzione è quella per cui l'indagine sulla natura umana deve
essere condotta impiegando lo stesso metodo sperimentale che si utilizza per spiegare gli eventi della
natura fisica; la seconda opzione è quella per cui ogni nozione, ogni concetto, ogni idea presente nella
nostra mente, deve necessariamente originarsi da un'impressione sensibile, e che solo in questa sua
origine, cioè dall'impressione sensibile, risiede il criterio per giudicare la verità delle nozioni presenti nella
nostra mente. Però attenzione perché, queste due opzioni hanno delle implicazioni molto importanti:
innanzitutto in Hume, l'esperienza umana viene intesa proprio sin dall'inizio in senso esclusivamente
naturalistico. Quindi, come tutti gli altri eventi fisici del mondo, come ad esempio la palla che rotola, il sasso
che si riscalda al sole, Ecco anche l'esperienza, anche l'esperienza umana deve essere così intesa, come un
come un evento naturalistico e le impressioni sensibili non ci mettono in contatto (quindi tutto ciò che
ricaviamo dalle impressioni dei nostri sensi) non ci mettono in contatto con un mondo oggettivo, ma ci
mettono in contatto con le modificazioni fisiologiche dei nostri organi di senso. Pertanto si può dire che la
riflessione di Hume, abbia rappresentato il punto proprio di approdo più radicale di tutto l'empirismo
moderno perché con Hume, la grande importanza attribuita ai dati reali dell'esperienza e la volontà di
rimanere attaccati a questi dati dell'esperienza (e poi è proprio il cuore di ogni empirismo), rischia proprio
di considerare la stessa esperienza come una costruzione meramente oggettiva, quindi che non ha in realtà
un fondamento oggettivo, ma appunto L'esperienza è una costruzione meramente soggettiva. Infatti Hume
ha presentato il suo pensiero come uno scetticismo moderato. Nel senso che secondo Hume noi non
abbiamo delle ragioni incontrovertibili per sostenere l'oggettività del mondo, però la nostra stessa natura ci
porta chiedervi, e crede a questa cosa, cioè che noi conosciamo in maniera oggettiva il mondo, crede
questa cosa proprio per poter in qualche modo conoscere e per poter in qualche modo vivere da uomini.
Quindi proprio di fronte a questa ragionevolezza umana, anche se si tratta di una ragionevolezza Costruita
solo per abitudine e anche se si basa sulla semplice credenza non si basa su motivazioni oggettive, tuttavia
proprio di fronte a questa ragionevolezza, sembra arrestare o moderare il suo scetticismo. Ecco perché
appunto il pensiero di hume è un pensiero scettico-moderato.

BIOGRAFIA:

David Hume nacque ad Edimburgo il 26 aprile 1711 da una famiglia di piccola nobiltà terriera. Rimasto però
precocemente Orfano del padre, la madre Affida la sua educazione Ad uno zio e questo zio era il pastore di
una comunità presbiteriana, che subito lo introdusse allo studio dei classici e alle pratiche religiose. Ma
proprio mentre si avviava (sempre per desiderio della famiglia) allo studio della giurisprudenza si apre
invece la strada del letterato e del filosofo piuttosto che quella del giurista e da questo momento Hume
Comincia ad avere seri dubbi in merito alla possibilità di trovare argomentazioni razionali a sostegno delle
credenze del senso comune. Sempre più proprio si affacciava in lui l’ipotesi che la fede religiosa fosse più
che altro il frutto dell'abitudine infantile, cioè che la religione fosse un sentimento privo di argomentazioni
razionali; proprio a causa delle sue opere Hume fu accusato di ateismo e di religiosità. E questa cosa gli gli
fece anche rischiare di essere scomunicato.

Incominciamo a conoscerlo meglio nel suo pensiero. La riflessione filosofica di Hume inizia con l'opera
‘trattato sulla natura umana’, un'opera che aveva cominciato ad elaborare sul finire degli anni ‘20 del del
1700, ma che verrà pubblicato soltanto molti anni dopo. Quest'opera rappresenta un tentativo di
introdurre il metodo sperimentale di ragionamento, anche negli argomenti morali e quest'opera si regge
sulla fiducia che il metodo sperimentale, siccome si è rivelato molto produttivo nell'ambito delle Scienze
Naturali, allo stesso modo potrebbe rivelarsi utile anche nel contesto delle Scienze morali. Quindi In
definitiva l'intento di Hume è quello di ricercare un fondamento razionale per tutte le nostre credenze.

Il primo punto che Hume intende sottoporre ad esame, è il concetto stesso di natura umana,che sta proprio
alla base non solo di tutte le nostre conoscenze ma anche di tutte le nostre azioni. infatti tutte le questioni
più importanti per l’uomo sono in relazione alla sua natura umana e per questo motivo se si vuole
raggiungere una qualsiasi conoscenza certa, sia essa di carattere speculativo sia di carattere pratico,
dobbiamo innanzitutto partire dalla scienza della natura umana.Tutte le scienze, anche quelle che
sembrano più indipendenti, sono legate alla scienza della natura umana, fondamentale. Non soltanto quelle
che apparentemente le sono più affini come ad esempio la morale, la politica, la religione ma anche la
logica, la matematica

Per Hume la conoscenza e la morale sono due questioni strettamente intrecciate tra loro che trovano il loro
fondamento nella struttura della natura umana

Il comportamento dell’uomo è determinato da delle impressioni, le impressioni che determinano il


comportamento umano lui le chiama passioni e le passioni possono essere dirette quando questo
impressioni sorgono direttamente dal piacere o dal dolore o indirette quando si formano a partire dalle
impressioni dirette perché partono attraverso procedure psicologiche più complesse

Hume vede che tra le passioni dirette dell’anima la volontà è stata intesa come la causa di tutti i
comportamenti umani, la volontà è libera perché non guidata dalle passioni ma dalla ragione, la ragione è
capace di conoscere il motivo delle azioni è così anche capace di capire l’obbiettivo dell’azione volontaria,
quindi secondo queste teorie tradizionali la ragione rende le azioni volontarie dipendenti.

Per Hume la volontà dell’uomo non è mai libera ma è determinata da qualche causa che agisce producendo
la volontà

Per Hume la volontà è schiava delle passioni, le passioni sono il motore dell’azione umana

Hume dice: “l’essere delle cose non deve mai essere confuso con il dover essere delle cose”

Questa è stata definita la legge di Hume, si tratta di una norma secondo la quale non è lecito passare dal
campo della conoscenza a quello della morale

Oltre alle azioni degli uomini, le passioni determinano anche il valore dei giudizi morali

Per Hume il piacere o il dolore ci porta a stabilire cosa è virtù e cosa è vizio, per questo motivo Hume ritiene
che la differenza tra il bene e il male risiede in noi e non nell’oggetto

Per Hume la morale è un oggetto del sentimento, questo sentimento lui lo chiama “senso morale”
Nell’uomo esiste una tendenza originaria a provare sentimenti d’amore verso gli altri , questa tendenza lo
porta a riconoscere come virtuosi che mirano al bene comune.

Quando questa tendenza naturale si estende fino a diventare una benevolenza universale allora questa
tendenza naturale investe l’intera società

Per la politica Hume ritiene che la società e il governo si costituiscono a partire dal sentimento
dell’interesse, infatti secondo Hume l’uomo rispetto agli altri animali nasce svantaggiato perché pieno di
bisogni, di necessità che non riesce a soddisfare da solo e quindi l’uomo si aggrega e crea la società, ma non
si deve confondere la tendenza naturale con la nozione giuridica di stato di natura (che per Hume è una
finzione filosofica)

Per Hume gli uomini sono mossi da un sentimento che li spinge ad aggregarsi per il raggiungimento del
proprio massimo interesse (maggior numero di beni col minor costo possibile)

E su questo sentimento (egoismo) si fondano il senso della giustizia e l’interesse per il bene pubblico, la
giustizia il sistema delle leggi non derivano da un patto ma dal calcolo degli interessi, ciascuno tende ad
essere garantito nel proprio diritto di proprietà

La religione viene sviluppata nei dialoghi sulla religione naturale e nella storia naturale della religione
(1757)

Tutto il problema religioso si può riassumere in una domanda: “qual è il fondamento della religione?”

Dobbiamo cercare dentro noi stessi, le credenze religiose non hanno un fondamento razionale, dovranno
avere un fondamento emotivo, questo sentimento è da ricercare in una qualche passione dell’anima

Le passioni che fondano le credenze religiose sono la passione e la speranza di fronte agli eventi della vita,
però per Hume se le credenze religiose sono proiezioni di timori però per Hume non sostiene mai posizioni
atee, ma pensa che la religione sia una espressione costitutiva della natura umana per la sua modalità di
rapportarsi agli eventi del mondo

Per Hume anche se la religione è il frutto dell’ignoranza le religione non deve essere ribellata perché il
sentimento religioso rappresenta qualcosa di misterioso.

Ma il filosofo cauto/scettico deve tenersi lontano, per non commettere errori

Ciao ragazzi. Continuiamo con la trattazione di hume in questa lezione, parleremo del del

libro ricerca sull'intelletto umano un libro del 1748. in quest'opera Hume Interroga sulla

validità dei tre principi di associazione delle idee da cui si genera la conoscenza, ed Esamina

i diversi generi di pensiero della nostra mente, distinguendo due specie di pensieri le

relazioni di idee e le materie di fatto. Adesso parliamo delle relazioni di idee e le relazioni di

idee, sono dei pensieri Che sono l'oggetto della geometria dell'algebra e dell'aritmetica.

Questi pensieri, appunto i pensieri che riguardano le relazioni di idee, hanno la caratteristica
di essere certi, di essere sempre certi, pensieri certi o perché lo sono intuitivamente o perché

lo sono dimostrativamente e soprattutto questi pensieri possono essere raggiunti attraverso

delle semplici operazioni della mente. Quindi si tratta comunque di processi mentali e si

possono facilmente perseguire, quindi attraverso queste operazioni della mente

indipendentemente dal fatto che ciò a cui si riferiscono esista in qualche parte dell'universo

oppure no. Per esempio, le verità geometriche dimostrate da Euclide conservano sempre la

loro certezza, sia che in natura esistono, per esempio le rette, in triangoli, le circonferenze

sia che questi oggetti non esistono proprio in alcun luogo se non nella mente del

matematico. quindi i pensieri che riguardano le relazioni di idee sono sempre e sono certe

perché non implicano in sé alcuna contraddizione e non implicano in sé alcuna

contraddizione perché nascono da un processo logico-razionale autoreferenziale, cioè è tutto

all'interno della mente di chi le concepisce queste relazioni tra idee.

invece un discorso diverso è per quanto riguarda i pensieri che hanno per oggetto le materie

di fatto, cioè gli oggetti materiali e affettivi o presumibilmente effettivamente esistenti.

Praticamente sono le sono sia le materie che sono attestate dai sensi, Quindi intendiamo per

materie di fatto, quindi sia le materie di cui possiamo fare direttamente l'esperienza. Per

esempio se Stiamo leggendo il manuale di filosofia relativa capitolo su Hum. Oppure per

materie di fatto dobbiamo intendere qualcosa di cui si inserisce dall'esperienza diretta, quindi

non che ti fa direttamente l'esperienza diretta ma si inserisce dall'esperienza diretta. Nel

senso che stiamo leggendo il capitolo di Hume sul manuale di filosofia e da ciò inferiamo che

qualcuno deve aver scritto il manuale di filosofia. Oppure i pensieri di materia possono

riguardare la testimonianza altrui, per esempio se stiamo leggendo il capitolo di hume scritto

da qualcuno perché Hume è stato un filosofo scozzese effettivamente vissuto nel 700. Ora

la caratteristica di questo genere di pensieri, cioè i pensieri che fanno riferimento che si

riferiscono alla materia di fatto oppure alle materie di fatto agli oggetti di cui possiamo fare

direttamente l'esperienza o agli oggetti di cui possiamo inferire dall'esperienza nostra o altrui

e la caratteristica di questo genere di pensieri sta nel loro poter essere contraddittorie. La

caratteristica è che il loro contrario È sempre possibile. Perché il loro contrario non implica

contraddizione. Per esempio, la proposizione il sole domani non sorgerà per hume non

implica che questa proposizione sia più contraddittoria di quella secondo cui il sole domani

sorgerà, perché entrambe sia quella il sole domani non sorgerà sia quella il sole domani

sorgerà per hume Sono entrambe possibili, Cioè non implicano contraddizione. Questo
significa che la loro certezza dovrà risiedere su un criterio diverso dal criterio della non

contraddittorietà logica. Il fondamento della certezza delle materie di fatto, a differenza della

certezza delle relazioni di idee, secondo hume, risiede non Nel principio di non

contraddizione logica, ma risiede nella relazione di causa ed effetto. Per cui siamo portati a pensare che sia
vera o sia certa la proposizione il sole domani sorgerà piuttosto che quella il

sole non sorgerà, cioè, logicamente parlando per Hume, siccome non si riferiscono a relazioni

di idee Ma si riferiscono a materie di fatto, non implicano contraddizione, quindi sono diciamo

entrambe vere.

Diverso è Invece se allora la valutazione che si dà è perché si prende in considerazione la

verità dell'una rispetto all'altra perché si prendono in considerazione altri criteri. Nella fattispecie

il criterio di causa ed effetto. Ma la relazione di causa ed effetto dice hume non è ancora capace

di dirci quale certezza accordare le materie di fatto. E proprio per questo motivo, Secondo hume

dobbiamo Innanzitutto indagare In che modo Arriviamo alla conoscenza delle cause e degli

effetti, quindi usiamo il criterio di causa è l'effetto per inferire determinate realtà di fatto, materie

di fatto, ma su che cosa si basa questo nesso causa-effetto ? come si fa ad aggiungere alla

conoscenza degli effetti? Qual è la fonte da cui traiamo la relazione di causa ed effetto?

Per chiarire proprio l’analisi di Hume della relazione di causa ed effetto possiamo partire

possiamo utilizzare come esempio il celebre esempio Delle palle di biliardo, quindi stiamo

giocando una partita di biliardo e abbiamo appena messo nella buca la palla rossa e l'abbiamo

messa nella buca perché l'abbiamo colpita direttamente con la palla Bianca. Quindi in pratica

abbiamo fatto L'esperienza di un nesso causale, che esiste tra due eventi: il movimento della

Palla Bianca (1) che ha generato, colpendola, il movimento della palla Rossa (2): ora il primo

movimento, quello della Palla Bianca, è causa del secondo movimento, quello della palla rossa,

però a seguito di un urto tra i due corpi. Quindi se analizziamo attentamente quello che è

accaduto, possiamo notare che il nesso causale di cui abbiamo fatto esperienza comincia ad

essere meno scontato meno Ovvio, perché se tutto l'evento complessivo viene scomposto, ci

accorgiamo che i due eventi, (cioè il movimento della palla bianca che causa il movimenti della

palla rossa), non sono 2 eventi: se noi scomponiamo l'evento complessivo, ci accorgiamo che

gli eventi sono tre. Quelli che abbiamo visto svolgersi nella successione uno dopo l'altro: 1 il

movimento della Bianca 2 l'urto con la palla rossa 3 il movimento della palla rossa.

Quindi se ci vogliamo basare sull'analisi dei fatti, dobbiamo concludere che non abbiamo per

niente fatto esperienza di un nesso causale, ma abbiamo semplicemente assistito al


susseguirsi di 3 eventi distinti. Il nesso causale, quindi la relazione di causa-effetto, è qualcosa

che abbiamo aggiunto noi in un secondo momento. Pertanto, se attraverso l'analisi appunto

non possiamo riferire alcun nesso causale tra gli eventi, allora si chiede Hume, da dove

riusciamo a ricavare questa relazione di causa ed effetto che appunto, ci sembra di

sperimentare in ogni ambito della vita umana. Nessun ragionamento a priori, dice Hume,

riuscirà mai a giustificare questa preferenza perché causa ed effetti sono di per sé eventi

distinti, eventi chiusi in se stessi, sono eventi che possono essere raggiunti soltanto a

posteriori, non a priori. è l'esperienza la fonte dalla quale traiamo la relazione fondamentale che

ci permette di unire eventi distinti. L'esperienza non porta ad una legge universale. Ciò che noi

sperimentiamo non è una legge universale, noi sperimentiamo una regolarità che si può

osservare tra i fenomeni, ecco a questo ci può condurre tuttalpiù l'esperienza. L'esperienza è la

fonte da cui traiamo la relazione, che unisce due eventi distinti. Ma l'esperienza non significa

appunto giungere ad una legge universale, l'esperienza ci mostra una regolarità osservabile tra i vari
fenomeni. Il fatto che esista una regolarità, produce in noi che cosa un'abitudine. Questa

abitudine ci porta a considerare in noi certe connessioni come se fossero necessarie, anche se

non lo sono. Tornando all’esempio delle palle da biliardo, siccome noi sperimentiamo

regolarmente numerose volte l’associazione tra il primo movimento, urto e secondo movimento,

questa regolarità ripetuta e reiterata nel tempo, genera in noi la convinzione, cioè tra i tre

generi, perché abbiamo visto scomponendo, cioè analizzando l'intero evento, che sono 3

eventi, allora riteniamo che ci sia una relazione causale, che agisce in maniera necessaria tra Il

primo è il terzo evento, anche se noi appunto in questa generalizzazione diciamo che sono due

una la causa effetto. Ma in natura, dice Hume, non c'è nulla che ci faccia inferire che le cose

siano davvero così, cioè che le le regolarità che noi sperimentiamo e a cui siamo abituati

continueranno a presentarsi anche in futuro. è la nostra generalizzazione, ma non implica

alcuna necessità, alcuna universalità. La relazione di causa ed effetto, non individua nessuna

legge universale che opera in natura, ma mostra soltanto la nostra abitudine a ripetere le

regolarità che si presentano nella nostra esperienza. Questa abitudine è un’inclinazione che

agisce come una sorta di ‘istinto originario’, proprio per usare le parole di hume, è un principio

ultimo della natura umana. Ma è un'abitudine, poi fondamentalmente. Questa è una posizione

radicale questa che assume hume che ha delle conseguenze estreme,Che si ripercuotono

proprio sulla sua teoria della conoscenza. Ora vediamo quali sono queste conseguenze

:
la

prima conseguenza di questa sua posizione radicale, di questa sua visione radicale. Qui la

prima conseguenza sulla sull'intera teoria della conoscenza, è ‘ tutti i tipi di conoscenza

raggiungono una certezza dello stesso genere’. Significa che la relazione di causa ed effetto

riguarda tutti gli ambiti della conoscenza che hanno a che fare con le materie di fatto; per cui la

mancata pretesa di universalità e la mancata pretesa di necessità riguarda sia la certezza della

scienza della natura, sia la certezza che si può raggiungere in altri ambiti del sapere umano,

come per esempio nell'indagine storica, perché anche l'indagine storica come in generale Le

Scienze della natura, la filosofia della natura, la fisica, la biologia, anche la storia

nell'interpretare le fonti, fa ricorso a delle inferenze di proprio di natura causale, come fa la

scienza della natura ('esempio delle palle di biliardo).

Una seconda conseguenza è che l'unico tipo di certezza che possiamo raggiungere è di natura

probabile. Infatti se la certezza sulle materie di fatto non ha più il carattere della necessità, non

ha più il carattere dell'universalità,, allora avrà una natura probabile, perché si regge sulla

credenza empirica, che il mondo continuerà ad essere così come è sempre stato finora, così

come sempre stato sperimentato. Naturalmente dice Hume, ci sono cose più probabili e cose

meno probabili, ma nessun grado di probabilità, nemmeno quello più alto potrà mai garantire la

certezza assoluta; al contrario alla base della certezza resterà sempre un'abitudine e mai una

verità oggettiva.

La terza conseguenza è che il fondamento di ogni conoscenza è una credenze. Nelle materie di

fatto noi ci basiamo su delle credenze che a loro volta si basano su abitudini, quindi le materie

di fatto non possiedono alcun fondamento razionale. Si tratta piuttosto di un meccanismo

psicologico, di una sorta di istinto della nostra mente che ci fa “sentire” perché sentire tra virgolette perché
comunque nascono dall'esperienza. Si tratta di un istinto che ci fa sentire le

connessioni tra le idee, anche quando non abbiamo motivi razionali per farlo. Quindi la

credenza è un per hume è un sentimento originario che è presente in noi, ma che è impossibile

da spiegare perfettamente. Anzi rappresenta proprio uno dei più grandi misteri della filosofia.

L'ultimo momento della riflessione gnoseologica di hume è rivolto a contestare le idee più

importanti della metafisica tradizionale, così però come erano state riformulato in chiave

moderna a partire dalla filosofia cartesiana. Si tratta di idee metafisiche importanti come

l'esistenza di Dio, il concetto di sostanza materiale e il concetto di sostanza spirituale. Hume si

dimostra assolutamente scettico rispetto alla possibilità di giungere attraverso la ragione, alla
certezza dell'esistenza di Dio, perché l'esistenza di Dio non potrà essere stabilita, secondo lui,

né a posteriori, né tantomeno a priori. Che significa a posteriori, cioè quando si tenta di risalire

dalla contemplazione dell'ordine che esiste tra le creature, (noi pensiamo che esistano delle

leggi che la regolamentano,che la governano), e la prova a posteriori serve appunto per

tentare di risalire dalla contemplazione dell'ordine che esiste tra le creature, all'esistenza di una

sapienza ordinatrice di questo ordine. Per questo si tratta di un argomento a posteriori perché

è un ragionamento che procede dagli effetti, cioè il mondo ordinato, alle cause, e cioè il dio

ordinatore. In realtà, applicare la relazione di causa-effetto da dalla natura ad un creatore, dalla

natura ordinata ad una ad un creatore ordinatore, significa caricare di poteri eccessivi questa

relazione,pretendendo che appunto Questo nesso causa-effetto ci possa fornire la certezza

assoluta dell'esistenza di Dio, a partire da dall'effetto o dal presunto effetto di questa presunta

causa. Lui dice no, è una forzatura, non non è così scontato. L’unica certezza delle

argomentazioni a posteriori, può essere soltanto probabile, cioè probabilmente se esiste un

mondo ordinato, allora esiste una Sapienza massima, ordinatrice: è probabile, ma non è una

certezza assoluta. Riguardo le argomentazioni a priori, dice hume, queste pretendono di

dedurre l'esistenza di Dio dai suoi attributi. Per esempio, l'attributo della somma perfezione di

Dio la dimostrazione a priori dice che se un attributo del Dio è quello di essere massimamente

perfetto, sommamente perfetto, allora deve anche implicare la sua esistenza. Ma hume afferma

che l'esistenza si può stabilire soltanto con l'esperienza, e non può essere dedotta da degli

attributi, perché secondo lui l'esperienza ne aggiunge né toglie nulla. Quindi l'esistenza di Dio è

un fatto soltanto probabile.

Per quanto riguarda il concetto di sostanza, sia di sostanza materiale che di sostanza

spirituale, hume condivide la critica di Locke: egli riteneva che l'idea di sostanza, il concetto di

sostanza fosse un'idea astratta, un'idea generale, che non indicava nulla di qualcosa realmente

esistente. Quello di sostanza, per hume, è un puro nome, che ci serve come indicatore di una

raccolta di impressioni, che però non sapremo mai se sono o se non

sono effettivamente esistenti. Quindi anche l'idea dell'esistenza di oggetti fuori dalla nostra

mente, a cui diamo il nome di sostanze materiali, per Hume non è altro che una credenza,

quindi non si può razionalmente giustificare, perché nessuno può verificare che cosa c'è in un

mondo che stia fuori da ciò che noi stessi percepiamo. Un discorso analogo vale anche per

l'esistenza della sostanza spirituale, quindi per esempio l'idea di anima o l'idea di io, che per
Cartesio era ritenuta evidente in maniera intuitiva, in maniera certa, in maniera indubitabile. Secondo
Hume, ne le sensazioni, ne le passioni, ci possono fornire un'idea dell'io, come Se

questo io fosse una sostanza che rimane sempre identica, anche quando continuamente

interagisce con le nostre percezioni. Per Hume, al contrario, l'io o la persona, è soltanto ‘ciò a

cui vengono riferite per supposizione le diverse nostre impressioni o idee’, si legge dai suoi

testi. è sempre una supposizione, una presunzione, non c'è nulla che ci dica che esista

realmente l’io. Non c'è nulla che ci possa far pensare che ciò che noi chiamiamo io è qualcosa

che rimane rispetto alle percezioni che di volta in volta cambiano. Infatti noi di volta in volta che

percepiamo il pressioni diverse idee diversi nello stesso tempo. Supponiamo che ci sia

qualcosa che rimane sempre identico, ed è appunto questo io. Dice hume che non c'è nulla

che ci permette di ritenere che anche questo che noi chiamiamo io altro non è che qualcosa che

si disintegra ogni volta nelle percezioni che la compongono. Quindi per Hume l’io è una finzione

verbale, è una nozione che l'immaginazione costruisce, senza alcun fondamento, perché

riferisce indebitamente ad essa il flusso delle percezioni, le riferisce ad una identità personale.

Tutto questo esprime la teoria humiana della conoscenza, cioè per hume non solo non esiste

un mondo, ma non esiste neanche l’ io. Quello che esiste, per Hume è soltanto un flusso di

percezioni, legate tra loro ma senza alcuna necessità.

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