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COMMENTO ALLO STATO PRECOSMICO

L’osservazione del mondo che ci circonda porta alla considerazione che ogni
oggetto materiale “artefatto” è la proiezione in forma di un’idea, la trasposizione in
“realizzazione” di una “progettazione”. L’oggetto è sempre caratterizzato da due
proprietà principali che sono la regolarità e la ripetitività. Esso è dotato di un progetto
(teleonomia) e se la sua riproduzione è affidata ed una qualità di perfezionamento che
chiamiamo “evoluzione”. Se ogni ad una unità di informazione che ne garantisce la
regolarità (invarianza), dobbiamo concludere che l’informazione è di ordine molto
elevato, tale da garantire la conservazione della norma strutturale specifica. Poiché
questa informazione è assolutamente invisibile ( la teoria del codice genetico, pur ricca
di informazioni morfogenetiche e fisiologiche, non è in grado di prevedere e risolvere
l’intera biosfera, né può essere considerata una teoria generale dei sistemi viventi ), solo
lo studio approfondito dell’oggetto, l’individuazione della sua origine, la conoscenza
delle modalità costruttive, possono guidarci verso l’idea che lo ha concepito e, quindi,
ad identificare il suo autore.
Ciò premesso, se vogliamo conoscere l’autore del cosmo, dobbiamo porci
almeno tre domande : a) Qual è l’origine dell’universo ?; b) Qual è la sua storia ?; In
che modo è stato costruito ? Se riusciamo a rispondere a queste domande, abbiamo
buone speranze di conoscere il dio che l’ha costruito, altrimenti cadiamo nel campo
delle ipotesi dove è vero tutto ed il contrario di tutto.
Poiché le tre domande si pongono in una sequenza obbligata, dobbiamo
innanzitutto rispondere alla prima. Il tentativo di rispondere a questa domanda, però, ce
ne pone un’altra : l’universo è nato dal nulla (creato) oppure da qualcosa preesistente
(manifestato) ? Quanti credono nella creazione, sono invitati a lasciare queste note e
dedicarsi ad altro. Ciò non vuol dire che hanno torto, bensì che tutti i processi di
pensiero che seguiranno vanno in direzione opposta al loro credo, che potrebbe anche
essere più giusto del nostro. Chi, invece, crede nel famoso detto “nihil ex nihilo”, può
trovare in queste pagine positivi spunti di riflessione, che gli permetteranno di costruirsi
delle verità ulteriori rispetto a quelle di cui è già in possesso. Si parla, ovviamente, di
verità personali, quelle con la “v” minuscola, senza le quali ognuno di noi non avrebbe
modo di vivere.
Tutti sanno che alla base del mondo fisico vi sono gli atomi. Prescindiamo dalla
loro diversità e dalla possibilità di suddividerli in particelle ancora più piccole e ci
soffermiamo solo sul fatto che essi sono i mattoni sia del mondo organico che di quello
inorganico. A livello atomico non è possibile rilevare alcuna organizzazione biologica.
Quando si passa a livello molecolare, si possono individuare tutte quelle organizzazioni
biologiche che caratterizzano le funzioni degli organismi viventi. Per inciso, è solo a
questo livello che nascono la chimica, la biologia, la biochimica. Se è vero che i
processi chimici stanno alla base delle manifestazioni vitali, se ne deve razionalmente
dedurre che la vita è movimento, mutamento, derivante dalla incessante attività chimica
che si svolge all’interno degli organismi viventi. Tale attività, poi, non è orientata alla
conservazione delle strutture esistenti, ma consiste in una successione di eventi che, in
modo dinamico sorregge e rinnova incessantemente le strutture.
Qualcuno sostiene che tale ragionamento sia valido solo per il mondo organico,
mentre per il mondo inorganico esso non sia pertinente. Se la vita (mondo organico) è
movimento, mutamento, trasformazione, non potendo negare che tali accadimenti sono
rilevabili anche nel mondo inorganico, dobbiamo accettare che anche questo mondo
presenti la “vita”. Gli atomi, infatti, sono elementi in movimento (gli elettroni ruotano
attorno al nucleo), sono capaci di associarsi e dissociarsi (reazioni chimiche), possono
variare la loro natura perdendo o acquisendo particelle. Anche a livello atomico, allora,
abbiamo movimento, mutamento, trasformazione. Anche nel mondo inorganico esiste la
vita.
Se gli esseri superiori sono frutto di un progetto, i mattoni che li costituiscono
sono alla base del progetto e la conservazione delle specie non può essere assicurata
altrimenti che dalla conservazione degli elementi che le costituiscono. In altre parole,
teleonomia ed invarianza sono proprietà degli esseri macroscopici come di quelli
microscopici, sia degli esseri organici che di quelli inorganici, sia di ciò la cui funzione
è a noi percepibile che di ciò che opera al di là dei nostri sensi.L’unica differenza che si
può cogliere fra i due mondi è quella relativa allo stato di coscienza, alla possibilità,
cioè, di avere consapevolezza degli altri e di sé stessi. Ma questo discorso lo
affronteremo quando si parlerà dell’essere umano, della sua genesi, della sua
evoluzione.
Non esiste, quindi, materia animata e materia inanimata, e tanto meno possiamo
affermare che esista soltanto ciò che cade sotto il dominio dei nostri sensi. Strumenti
sempre più sofisticati ci hanno permesso di scoprire organismi di dimensioni
estremamente piccole, alcuni dei quali sostengono la vita, altri la combattono. La fisica
si è portata nel campo in cui la differenza fra ciò che è e ciò che non è assume valori
impercettibili, sia in termini di quantità che di tempo. Ormai i fisici hanno accettato che
materia ed energia non sono due cose diverse, ma due diversi aspetti della stessa realtà,
due modi di presentarsi di una stessa “essenza”. Ed allora nasce nella scienza un
bisogno forte di andare alla ricerca di quel quid che sia il denominatore comune
all'estrema differenziazione esistente nel cosmo, quel minimo comune elemento dal
quale tutto ha avuto inizio e nel quale tutto si ricondurrà. La Teosofia insegna che
questo quid è la materia eterna indifferenziata, che giaceva immobile nel suo stato
inattivo, prima che la manifestazione la proietti nel cosmo per differenziarsi in tutte le
forme.
La scienza, invece, continua a logorarsi in un dibattito sterile che la mantiene in
una condizione di stallo, anche se molte posizioni dogmatiche sono oggi decadute o
superate. Facciamo degli esempi.
Il vitalismo metafisico di Bergson, che definisce la vita come una corrente
totalmente distinta dalla materia inanimata, ma che investe la materia costringendola ad
organizzarsi, non ci dice che cosa la vita veramente sia. Ancor meno ce lo dice Elsasser,
quando separa il mondo organico da quello inorganico, affermando che nel primo
operano determinate forze che nel secondo sono assenti. Quali sono queste forze ?
E che dire poi della evoluzione, fenomeno da tutti riconosciuto ed accettato,
presente in tutto ciò che esiste. L’uomo non può essere considerato un caso, uno stadio
supremo, senza che ciò sia stato cercato, voluto, previsto, e senza che la sua esistenza
abbia una finalità. Affermare che la sua intelligenza serve solo a dominare la materia
inerte, ma è assolutamente incapace di comprendere i fenomeni della vita, significa solo
chiudere la porta a qualsiasi tentativo di ricerca. Molto interessante a questo proposito è
quanto dice Teilhard de Chardin, il quale ammette che l’evoluzione è una forza che
opera nell’intero universo, dalle particelle elementari alle galassie; la materia inerte, egli
afferma, non esiste e non vi è alcuna distinzione di essenza fra materia e vita. Molto
vicino alle posizioni di Chardin, troviamo Spencer, il quale afferma che la forza
differenziatrice, ignota ed inconoscibile, che opera in tutto l’universo, per creare in esso
varietà, coerenza, specializzazione, ordine, ha solo una funzione evolutiva, di cui
l’uomo è solo un prolungamento. L’evoluzione biologica è parte dell’evoluzione
cosmica ed il progresso umano è solo un aspetto del progresso dell’intero universo.
Ma è in Engels, e nel suo materialismo dialettico, che troviamo una serie di
affermazioni molto interessanti. Egli dice che l’unico modo di esistere della materia è il
movimento (Eraclito diceva “pante rei”), e che l’universo (inteso come totalità della
materia) è in continua evoluzione. Ogni vera conoscenza dell’universo contribuisce

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all’intelligenza dell’evoluzione dell’universo stesso (come dire che ogni essere concorre
all’opera dell’autore della manifestazione), poiché consiste in una partecipazione
(concorso pratico) all’evoluzione universale sotto forma di interazione evolutiva. Il
pensiero cosciente è un riflesso del movimento dell’universo e, come tale, si pone in
posizione dialettica (ascendente e costruttiva) rispetto all’evoluzione universale. Non è
il movimento esterno un riflesso del pensiero umano, bensì il pensiero umano ad
operare nella manifestazione, come parte del tutto.
Non entriamo nel merito delle teorie cosmologiche oggi in voga : esse sono ben
conosciute da tutti perché qui se ne faccia un resoconto. Tanto meno ci avventuriamo
nei settori più avanzati della fisica, dove Capra ha trovato un degno parallelo fra il Tao e
la Fisica. Ci auguriamo solo di aver fornito elementi utili per cercare di afferrare il senso
della frase : L’Eterna Genitrice, ravvolta nelle sue vesti eternamente invisibili, era
rimasta sopita ancora una volta. Essa è la causa eterna ed onnipresente di tutto.

Emma Cusani

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