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PASCOLI

DECADENTISMO
Il decadentismo italiano trova come suoi massimi esponenti Pascoli e D’Annunzio,
sebbene si portino solo 8 anni molte sono le differenze che li caratterizzano.
Entrambi subiscono il trauma di una società in cambiamento, vivono a cavallo tra 800 e
900, nel pieno sviluppo della seconda rivoluzione industriale, avvengono tutti quei
processi che cambieranno irrimediabilmente la società
Pascoli, è timido , tende ad isolarsi dalla società in cambiamento, rifugiandosi nell’ infanzia
e nel caldo niido familiare: si rifugia quindi in un mondo che si sottrae alle brutture della
società, dove non esiste la violenza ma solo un'illusoria pace e serenità. è legato ad un
retaggio classico ed è disinteressato dalla poesia contemporanea mantenendosi dentro i
confini del letterato ottocentesco, mentre D’Annunzio ha una cultura moderna
particolarmente vasta ed aggiornata e tende a modernizzare estremamente il genere
letterario.
Entrambi tendono al sublime e aspirano al ruolo di vate, ovvero quel poeta che sente di
avere il ruolo di educatore delle masse, sentendosi al di sopra di esse e guidandole,
ma pascoli lo ricerca nel basso e nel quotidiano
mentre D’Annunzio punta all’innalzamento e all’amplificazione.

POESIA CIVILE
Giovanni Pascoli fu seguace del socialismo, un socialismo di "cuore" perchè influenzato
dagli scrittori russi che richiamavano alla sua mente l'idea di un'infanzia in cui gli uomini
vivevano in fraternità.
Quando si schierò a favore della guerra di Libia lo fece in quanto vedeva nell'Italia una
nazione "proletaria" per la quale erano necessarie terre per poter arginare la piaga
dell'emigrazione.

IL MITO
La formazione di Giovanni Pascoli è classica, studiò la letteratura greca e latina che
inevitabilmente ispirarono le sue poesie.
Il mito centrale della psicologia Pascoliana è quello del nido, un altro mito è quello della
siepe che protegge la tenuta di campagno del poeta ma Il mito più importante della
poetica pascoliana è senza dubbio il mito del faanciullino.

NATURA
La natura è la protagonista delle opere liriche di Pascoli,
Nell’ottica del poeta la natura consiste in un insieme di cose piccole che tendono a
diventare simboli di un universo misterioso e affascinante
Esempi di opere che hanno come tema centrale la natura sono: Mirycae e i Canti di
Castelvecchio.
In entrambe è presente il tema dell’alternarsi delle stagioni, che simbolicamente allude
all’alternarsi della vita e della moorte. Il motivo naturalistico infatti entra in
contrapposizione con i lutti familiari e ne diviene simbolo.
Pascoli riporta nei suoi testi una serie non gerarchica di particolari oggettivi che rimandano
a impressioni soggettive e che quindi non possono essere assemblati in una visione
unitaria.
MYRICE
CANTI DI CASTELVECCHIO

NIDO FAMILIARE
il nido familiare è per Pascoli un rifugio contro: il dolore, i lutti e le violenze del mondo.
Questo concetto ha origine in Pascoli dall'evento-choc consumatosi quando il poeta aveva
solo dodici anni: la moorte del padre
Questo evento gli farà credere che solo nel nido si può vivere; fuori ci sono unicamente
solitudine e incomprensione.
Da qui nasce la paura più grande per il poeta: lo sciogliersi del nido
ogni partenza dal nido è un tradimento e Pascoli rimarrà fortemente turbato da eventi di
una certa rilevanza come la moorte di altri componenti della famiglia, ma anche semplici
trasferimenti o matrimoni di familiari.
Molti degli aspetti e dei temi pascoliani trovano origine proprio nel nido, come ad esempio:
1) la regressione all'infanzia di Pascoli.
2) la sua diffidenza verso ciò che è sconosciuto, che si concretizza nella volontà di restare
chiusi e protetti in una piccola cerchia di affetti familiari.
A cui si ricollega l’immagine della culla, in cui il bambino si addormenta e dimentica ogni
insicurezza anche se fuori c’è la tempesta.
In conclusione il nido è per il poeta una metafora:
il nido è la casa, in cui rinchiudersi per sfuggire al male che sta fuori;
il nido è la famiglia, oltre al quale, per il poeta fanciullo, vi sono solo cose brutte;
MYRICAE

IL FANCIULLINO
Pascoli rappresenta un momento di passaggio fondamentale tra 800 e 900, è un
connubio, a tratti ambiguo tra tradizione e innovazione.
Pascoli crede che il mondo sia immerso in un mistero, la cui soluzione si trova nelle cose
semplici, gli uomini però non sono in grado di rilevare queste cose semplici, questo ruolo
spetta al fanciullino
Il fanciullino è quella figura che negli adulti viene soffocata, e che vede il mondo con il
sorriso e gli occhi di un bambino che si meraviglia di tutto,
Il fanciullino guarda il mondo con l’ingenuità, l’innocenza e l’intelligenza proprie di
quell’età:
L’ambiguità del fanciullino sta nel fatto che la sua minuta figura che si trova
potenzialmente in ogni uomo abbia in se una vocazione alla superiorità.
Per il poeta l’unico espediente per dar voce al fanciullino è la poesia, il poeta è lo stesso
fanciullino, che è in grado di entrare in rapporto con il mistero delle cose.
Ciò si riversa in una delle sue opere più importanti: “il fanciullino”
Pubblicato nel 1897 sulla rivista Fiorentina “il Marzocco”
Il fanciullino è il più importante discorso programmatico di Pascoli che ha come temi: il
poeta e la poesia.
Così facendo Pascoli innalza il ruolo della poesia ed a differenza delle avanguardie del
900 non mette in dubbio la sua utilità che viene ancora vista come consolatrice e come
possibile elemento di pacificazione per tensioni sociali.

LE PICCOLE COSE
Pascoli è un ragazzo cresciuto in campagna, figlio di un fattore, ama e conosce la natuura,
i fiori e le piante.
Pascoli rifiuta il principio classicista che ritiene i temi bassi non degni della poesia,
Per il poeta la poesia è anche nelle piccole cose, che hanno la stessa dignità di quelle
grandi.
Così si fa cantore del mondo, ricollegandosi al principio romantico per il quale ogni
elemento della realtà è degno di entrare in letteratura.
Scegliendo di restare il cantore degli agricoltori e delle lavandare, ricercando una sintassi
chiara, fatta principalmente di frasi semplici.
Quindi nella poesia pascoliana troviamo: brevi immagini
Di questo mondo visto a scatti Pascoli descrive le piccole cose: lampi di luce, scie di odori,
pensieri che appaiono e scompaiono…

MYRICAE
SOLITUDINE
Nelle poesie pascolane si cela un velo di solitudine, la vita di Giovanni Pascoli è
travagliata da lutti che lo porteranno a ricercare il nido familiare,
Per Pascoli il nido è caldo, mentre all’esterno vi sono solitudine e incomprensione, tant’è
che nella poesia pascoliana non c’è vita di paese, non ci sono relazioni sociali,
nella solitudine e nell’isolamento dall’esterno, il poeta trova la pace e la tranquillità.
NIDO
MYRICAE

MORTE
Il tema della morte si trova in tutta la produzione letteraria di Pascoli.
La vita di Giovanni Pascoli fu segnata nel corso dell’infanzia, da profondi traumi dovuti alla
perdita di entrambi i genitori e di alcuni dei suoi nove fratelli.
La morte del padre, che avvenne per un omicidio mai punito e apparentemente senza
cause, fu la prima di questa serie di disgrazie; che lo convinceranno a credere che la
morte incomba sugli uomini e su tutto il mondo
Furono proprio queste tristi fatalità a portare il Pascoli a rinchiudersi in se stesso e a vivere
una vita perennemente legata ai luoghi dell’infanzia, in un continuo rimpiangerli nel dolore
della nostalgia, che condivideva con la sorella “Mariù”.
Inoltre il discorso fatto sulla “casa-famiglia-nido” può essere esteso anche al cimitero:
Il cimitero è un ambiente protetto, una casa che accoglie persone, isolata dal mondo
esterno; i suoi abitanti non hanno un ruolo passivo in quanto vigilano sui vivi.
MYRICAE
CANTI DI CASTELVECCHIO

SOGNO
Per il poeta sogni e realtà si fondono, egli sogna di tornare a San Mauro e ritrovare tutto
come un tempo, quando era giovane e la famiglia era ancora unita; ma nel sogno la madre
non gli appare. Sul ricordo si stende l'amarezza del presente, la coscienza che i famigliari
sono morti.
EROS
Per capire come Pascoli affronta il tema dell'eros, bisogna analizzare la sua vicenda
personale: l'infanzia del poeta è segnata da molti lutti, dall'assassinio del padre alla moorte
della madre, mentre la maturità è caratterizzata dai vincoli affettivi che legano Pascoli alle
sorelle, soprattutto Mariù.
Lentamente, quindi, matura la convinzione della famiglia di sangue in alternativa al
matrimonio.
Infatti egli non avrà mai relazioni amorose, né si sposerà in quanto concepisce questi
eventi come impossibili nella propria vita.
Nella poesia non c'è un filone esplicito dedicato all'amore: l'eros compare solo per vie
indirette e trova espressioni simboliche, come i fiori de Il gelsomino notturno.
GELSOMINO NOTTURNO

D’ANNUNZIO
ESTETISMO/PARADOSSO
L’estetismo è una corrente letteraria e filosofica appartenente al decadentismo che nasce
verso la fine dell’ottocento.
Gli elementi distintivi dell'estetismo sono il culto della beellezza e dell’arte.
L’esteta è colui che cerca con un atteggiamento raffinato e sensibile di elevarsi rispetto
alla massa, in ciò si configura D’Annunzio.
Il poeta ha una concezione aristocratica di se stesso e prova un senso di ripudio per gli
aspetti più bassi e mediocri della società;
tuttavia, vive per essere acclamato dalla massa e non può fare a meno di ricercarne il
consenso.
Infatti il disprezzo per la vita comune e la ricerca di un vivere inimitabile erano finalizzati, in
realtà, al loro contrario, con i suoi scandali lo scrittore voleva mettersi in primo piano
nell’attenzione pubblica per vendere i suoi prodotti letterari.
Il romanzo Il piacere va considerato il manifesto del suo estetismo.
In esso l’autore si rispecchia con il protagonista, ANDREA SPERELLI, il quale ricerca il
piacere con il totale disprezzo per le costrizioni morali e sociali dell’epoca, ma descrive
anche la malattia del protagonista, frutto del degrado della società in cui vive.
In questo contesto vengono recuperati i canoni greci secondo cui la forma ha un valore
maggiore della sostanza
D’Annunzio è l’esteta per eccellenza e riesce ad affermarsi sugl’altri, come un superuomo
che partecipa alla vita politica con lo scopo di trasformare la realtà;
definendosi cosi poeta-vate.
PANISMO
Il Panismo è un concetto chiave della corrente letteraria del decadentismo e trova la sua
definizione; “nella tendenza del confondersi con il Tutto e con l’assoluto”.
Il panismo esalta la beellezza e la gioia di vivere, poiché fa riferimento a tutte le meraviglie
natuurali che permettono agli scrittori e ai poeti di esprimere i loro sentimenti e i loro stati
d’animo.
In particolare D'Annunzio considera la natuura come un'entità viva e in movimento
continuo.
l'uomo deve fondersi con la natuura fino ad immergersi nel suo ritmo vitale, in una
completa adesione fisica, ancor prima che spirituale.
È questo il "panismo dannunziano", quel sentimento di unione con il tutto, che ritroviamo
nelle poesie più belle di D'Annunzio, come ad esempio: "LA PIOGGIA NEL PINETO" in
cui si compie la completa fusione della donna (Ermione) con la natuura.

SOLITUDINE
D’Annunzio è l’emblema dell’esteta, che per definizione rifiuta inorridito la mediocrità
borghese, rifugiandosi in un mondo di pura arte.
Questo comportamento provoca una condizione di “solitudine” del poeta.
Storicamente tale termine ha sempre avuto una connotazione negativa ma in questo caso
viene come decontestualizzato da d’annunzio che ridefinisce la solitudine come un
privilegiato distacco.
Nell’ottica d’annunziana la solitudine è il l’innalzamento su tutto ciò che non è
culturalmente artistico e perfetto.
SUPERUOMO

BELLEZZA / VITA-ARTE

Gabriele D’Annunzio ebbe una vita unica, fu libero da ogni convenzione e costrizione, in una
perenne tensione erotica, in un’atmosfera impregnata di raffinatezza, di sensualità, di bellezza e
caratterizzata da gesti clamorosi.
Nell’ attività letteraria di Gabriele D’Annunzio un pensiero costante è rivolto al concetto di bellezza,
intorno alla quale ruota anche l’immagine dell’esteta.
D’Annunzio sente di appartenere ad una società abbrutita dall’“utile”, incentrata sui sistemi bancari
e finanziari.
Per curarla propone il concetto del bello,
L’arte è concepita come Bellezza, ed anche qui entra in gioco l’ambivalenza a tratti paradossale
“d’annunziana” perché la bellezza è sia quella Carducciana che è immersa in un retaggio classico,
tanto è vero che D’Annunzio si proclama “ultimo umanista” e sia nel nuovo senso dell’estetismo,
tanto è vero che D’Annunzio si proclamerà “moderno esteta”.
Il paradosso d’annunziano continua se si pensa al fatto che Il poeta da una parte ponga la bellezza
al di sopra di tutto ma dall’altra è il primo a sfruttarla per propagandare se stesso.
In tal modo figure retoriche come la metafora, la sinistesia o l’analogia in cui ogni cosa È un’altra,
sono pane quotidiano per D’Annunzio che riesce ad annullare ogni tipo di definizione.
L’unico modo per risolvere queste contraddizioni è far conciliare il privato e il pubblico,
facendo della propria vita uno spettacolo, una recita sociale, la vita diventa così un’opera d’arte.

IL PIACERE

PAROLA
D’Annunzio crede che per il superruomo l’arma di persuasione massima sia la parola che è il
mezzo attraverso cui il poeta mette alla prova la propria forza plasmatrice.
D’Annunzio ha creato un vero e proprio culto della parola, che nelle sue opere pare ricercata
soprattutto per clamorose risonanze musicali che acquistano un ruolo di fondamentale importanza
nella retorica.
Da qui scaturisce l’esaltazione dell’arte e della figura del poeta, rappresentato come un vate.

ALCYONE

NATURA
In D'Annunzio, la natura viene considerata come un'entità viva e un movimento continuo, perdendo
così la sua dimensione oggettiva.
Il poeta ha un legame fortissimo con la natura;
Egli è alla continua ricerca di un contatto mentale e fisico, auspicandosi una fusione con essa,
raggiungibile solo attraverso il silenzio,
Tutto ciò per distaccarsi dalla dimensione umana e lasciarsi andare alla contemplazione.
La natura diventa così parte integrante del poeta: entrambi, insieme, si completano, sono un
tutt'uno,

LA PIOGGIA DEL PINETO


CANTO NOVO
ALCYONE
SUPERUOMO
Mentre d’annunzio scriveva il terzo libro delle laudi entra a conoscenza del pensiero filosofico di
Nietzsche e ne rimane profondamente affascinato a tal punto da trasformarlo totalmente.
Il superuomo D’annunziano è diverso dal superuomo di Nietzsche.
Il Superuomo di d’annunzio è quasi un eroe, è un esteta, è un uomo che trasforma la propria vita in
opera d’arte, vive una vita di eccessi, è un superuomo che deve palesarsi, mette in mostra se
stesso.
Il superuomo è un uomo che si eleva rispetto alla massa, un uomo che guarda con disprezzo la
massa perché si sente superiore.
In D'Annunzio il superuomo è il poeta Vate, che vive una vita originale, piena di emozioni e
passioni, e costui deve essere una guida per il paese,
Mentre invece, per nietzsche il superuomo che in realtà egli chiamava “oltreuomo”
è un uomo capace di sopportare le difficoltà della vita ed è disposto a vivere nel dolore.
Il superuomo perciò per Nietzsche non è la figura popolare, che sale alla ribalta, ma colui che
agisce da lontano per la folla, ma distante dai riflettori.

IL TRIONFO DELLA MOoRTE

MITO
LA VILLE MOoRTE

SIMBOLISMO
Mi è più facile esporre il simbolismo prendendo in esamine il Trionfo della moorte
In cui D’Annunzio mette in primo piano tutte le parole chiave o la cultura simbolistica, con una
tonalità entro cui si avvertono i fermenti di rapporti inventivi più personali.

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