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Giovanni pascoli nacque nel 1855 a San Mauro di Romagna, da una famiglia della

piccola borghesia rurale. La vita serena di quel nucleo familiare venne però sconvolto da


una tragedia, destinata a segnare profondamente l'esistenza del poeta: il 10 agosto del
1867, mentre tornava a casa, Ruggero pascoli, il padre, fu ucciso a fucilate, probabilmente
da un rivale che aspirava a prendere il suo posto da amministratore. Sicari e mandanti non
furono mai individuati, sia per l' omertà della gente sia per l'inerzia delle indagini e ciò
diede a pascoli il senso di un' ingiustizia enorme. La morte del padre creò difficoltà
economiche alla famiglia, inoltre dal primo lutto in un breve giro di anni ce ne furono di
più, con una successione impressionante. Morirono la madre e la sorella maggiore,
successivamente il fratello Luigi e il fratello Giacomo. Durante la sua vita, Pascoli, ottenne
una borsa di studio presso l'università di Bologna, dove frequentò la facoltà di lettere.
Negli anni universitari egli subì il fascino dell'ideologia socialista. Partecipa a manifestazioni
contro il governo, fu arrestato e dovette trascorrere alcuni mesi in carcere. L'esperienza fu
per lui traumatica e determinò il suo definitivo distacco dalla politica militante punto resto
fedele anche in seguito all' Ideale socialista, ma di un socialismo vagamente umanitario che
propugnava la bontà la fraternità fra gli uomini. Ripresi gli studi, si laureò e inizia subito
dopo la carriera di insegnante liceale. Iniziò a vivere con le sue sorelle, Ida e Maria,
ricostituendo così idealmente quel nido familiare che i lutti avevano distrutto punto
sempre con le sorelle, passò ad insegnare a Livorno. 
La chiusura gelosa del nido familiare e l'attaccamento morboso alle sorelle rivelano la
fragilità della struttura psicologica del poeta virgola che cerca entro le pareti del nido la
protezione da un mondo esterno, esso gli appare minaccioso e a questo suo pensiero si
unisce al ricordo ossessivo dei suoi morti. Queste presenze aleggiano continuamente nel
nido, riproponendo il passato di lutti e di dolori, inibendo al poeta ogni rapporto con la
realtà esterna. Questa serie di legami inibisce anche il rapporto con l'”altro” per eccellenza:
non vi sono relazioni amorose nell’esperienza del poeta virgola che conduce una vita,
come egli stesso confessa, forzatamente casta. 
La vita amorosa i suoi occhi ha un fascino torbido ed è qualcosa di proibito e di misterioso,
da contemplare da lontano. E per questo motivo che è quando avvenne il matrimonio di
Ida, pascoli si sentì tradito, perché fu una profanazione della salita del nido. Questo
determinò in lui alcune manifestazioni depressive appunto questa complessa e torbida
situazione affettiva del poeta è una premessa indispensabile per penetrare nel mondo
della sua poesia, perché costituisce il punto da Dio della sua esperienza, il materiale su cui
lavora. Ed è una chiave necessaria per cogliere il carattere turbato e tormentato della
poesia di Pascoli, carattere che si cela dietro l'apparenza dell'innocenza fanciullesca, della
celebrazione delle piccole cose e della realtà più semplice e umile. 
Dopo il matrimonio di Ida, egli si trasferì a Castelvecchio di Barga. Qui, con la sorella Mariù,
trascorreva lunghi periodi, lontano dalla città che detestava e di cui aveva errore. Viveva a
contatto con il mondo della campagna che i suoi occhi costituì un Eden di serenità e pace,
di sentimenti semplici e puri. Una vita esteriormente serena, ma in realtà turbata da
oscure angosce e paure, angosce per la presenza ossessiva della morte. 
Poesie 
All'inizio degli anni 90 aveva pubblicato una prima raccolta di liriche “Myricae”, poi negli
anni seguenti diverse poesie in varie importanti riviste. Myricae si ampliava sempre più ad
ogni nuova edizione. Uscirono poi i Poemetti, arricchiti in successive ristampe. Ricordiamo
“I canti di Castelvecchio” e “I poemi conviviali”. Durante gli ultimi anni, volle gareggiare con
il maestro Carducci e con D'Annunzio, nella funzione di poeta civile, vate dei destini della
patria e celebratore delle sue glorie, con una serie di componimenti raccolti in “odi ed
inni”, “poemi del Risorgimento”, “poemi italici”, “canzoni di Re Sanzio”. 
Crisi matrice positivistica 
La formazione di pascoli fu essenzialmente
positivistica. Tale matrice é ravvisabile nell'ossessiva precisione con cui usa la
nomenclatura ornitologica e botanica. Di impianto positivistico sono spesso le fonti da
cui trae le osservazioni sulla vita degli uccelli, protagonisti di tanti dei suoi componimenti
poetici. Così come da letture di testi di astronomia dove scaturiscono i temi astrali che
occupano un posto rilevante nella sua poesia. Ma in pascoli si riflette quella crisi della
scienza, segnata dall'esaurirsi del positivismo e dall'affermarsi di tendenze spiritualistiche
idealistiche. Anche lui insorge una sfiducia nella scienza come strumento di conoscenza e
ordinamento del mondo. Al di là dei confini limitati raggiunti dall'indagine scientifica, si
apre l'ignoto, il mistero, l' inconoscibile, verso cui l'anima si protende e non può essere
tradotta in nessun sistema logicamente codificato. Il mondo, nella visione pascoliana,
appare frantumato e disgregato. Le sue componenti non si compongono mai di un disegno
unitario e coerente punto non esistono neppure gerarchie d'ordine fra gli oggetti.  
I simboli 
Gli oggetti materiali hanno un rilievo fortissimo nella poesia pascoliana, i particolari fisici
sono filtrati attraverso la visione soggettiva del poeta. In tal modo si caricano
di valenze allusive e simboliche, rimandano sempre a qualcosa che è al di là di essi. Anche
la precisione botanica e ornitologica con cui pascoli designa fiori, piante, varietà di uccelli,
assume ben diverse valenze.  Il termine preciso diviene come la formula magica che
permette di andare al cuore della realtà, di arrivare all'essenza segreta delle cose. La
conoscenza del mondo avviene attraverso strumenti interpretativi non razionali, che
trasportano di colpo nel cuore profondo della realtà. 
Il fanciullino 
La poetica pascoliana trova la sua formulazione più compiuta e sistematica nell'ampio
saggio il fanciullino, pubblicato sul "marzocco" nel 1897. L'idea centrale è che il poeta
coincide con il fanciullo che sopravviva al fondo degli uomo, egli vede tutte le cose come
per la prima volta, con ingegno, stupore e meraviglia. Al pari di Adamo, anche il poeta
fanciullino dà il nome alle cose e, trovandosi come presenza del “mondo novello”, devo
usare una “novella parola”, un linguaggio che si sottragga ai meccanismi della
comunicazione abituale e sappia andare all' intimo delle cose. Il poeta fanciullino ci fa
sprofondare immediatamente nell'abisso della verità. L'atteggiamento è razionale e
intuitivo consente quindi una conoscenza profonda della realtà, permette di cogliere
direttamente l'essenza segreta delle cose. il poeta appare come un veggente, dotato di una
vista più acuta di quella degli uomini comuni. 
in questo quadro culturale si colloca la concezione della poesia pura: per pascoli la poesia
non deve avere fini estrinseci, pratici. non vuole assumere il ruolo di consigliatore, non si
propone obiettivi civili, morali o propagandistici. Tuttavia, la poesia in quanto
pura, può ottenere effetti di suprema utilità morale e sociale. Il sentimento poetico dando
voce al fanciullino che è in noi, sopisce gli odi e gli impulsi violenti che sono propri degli
uomini, egli induce alla bontà, all'amore e alla fratellanza. Placa quel desiderio di
accrescere i propri possessi e quindi in questa poesia pura il fanciullino lancia un messaggio
sociale. Un'utopia umanitaria che invita alla fede lamento di tutti gli uomini, al di là delle
barriere di classe e di nazione che li separano e li contrappongono gli uni agli altri. 
Questo rifiuto della lotta tra le classi si trasferisce a livello dello stile. Pascoli ripudia il
principio aristocratico del classicismo che esige una rigorosa separazione tra ciò che
alto e ciò che è basso. Ricchi di poesia per lui non sono solo gli argomenti elevati e sublimi
ma anche quelli più umili e dimessi. La poesia è anche nelle piccole cose. A questo
principio, Pascoli si attiene fedelmente nella sua attività poetica, proponendosi come
cantore della realtà umile, in particolare del mondo contadino e come celebratore delle
glorie nazionali ed evocatore dei miti e degli eroi classici.
MYRICAE
Pascoli comincio a pubblicare le sue poesie nel corso degli anni 80, su riviste o in edizioni
per nozze. La prima raccolta vera e propria fu Myricae, pubblicata nel 1891, Contenente 22
poesie dedicate alle nozze di amici. Il volume si ampliò già dalla seconda edizione, che
conteneva 72 componimenti, ma comincia ad assumere la sua fisionomia definitiva solo a
partire dalla quarta, in cui testi salivano a 116. L’ultima raggiunse un totale di 156
componimenti.
Myricae” equivale all’italiano “tamerici”. Il titolo deriva dal verso delle bucoliche IV e 2 di
Virgilio, in cui il poeta latino proclama l'intenzione di innalzare un poco il tono del suo
canto, poiché “non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici”. pastori assume invece le
umili piante proprio come simbolo delle piccole cose che gli vuole porre al centro della
poesia, secondo i principi di bella poetica che di lì a qualche anno esporrà nel fanciullino.
Viene riportata una epigrafe al volume. Sta di indicare una poetica “del basso” e pertanto
del comune e del discorsivo.
Si tratta in prevalenza di componimenti molto brevi, che all'apparenza si presentano come
quadretti di vita campestre.
La struttura e le influenze
Segue il modello dantesco: logica ternaria tipica della “Vita nuova”, combinazioni
numeriche, basate sul 9; mi dice inizia e termina con una visione, proprio come la Vita
nuova.
Canti di Leopardi: autonomia delle sezioni, tematica, metrica quantitativa.
Boudelaire: con i fiori del male si ha un invito alla riflessione sulla poesia; Carattere
dualistico e contraddittorio del messaggio poetico; Sezioni speculari quali le pene del
poeta/ le gioie del poeta, dolcezze/ tristezze.
I particolari su quel poeta fissa la sua attenzione non sono dati oggettivi, ma si caricano di
sensi suggestivi e misteriosi, sembrano alludere ad una realtà ignota che si colloca al di là
di essi. Spesso le atmosfere che avvolgono questa realtà evocano l'idea della morte; Ed
uno dei temi più presenti nella raccolta e il ritorno dei morti familiari, che vengono a
riannodare i legami spezzati dall’uccisione del padre e dai tanti lutti successivi.
Tematiche
Natura: lo sfondo è campestre, il rapporto con la natura e con il tempo ciclico, quello delle
stagioni punto la natura è intrinsecamente buona, anche se nell’opera persiste la costante
minaccia della morte.
La morte: il tema è legato alle vicende personali dell'autore a partire dall'episodio
dell‘assassinio del padre. L'esistenza dei morti è percepita come reale, mentre la vita è
“sogno d'ombra”. La poesia sola posso andare il mistero della vita: il poeta e veggente.
Nido: il nido familiare viene considerato come il luogo degli affetti.
La memoria: la memoria ha funzione consolatoria, la felicità è legata ad una dimensione
passata. Del passato si ricordano sia il bene che il male.
Lo sguardo del poeta: il vero poeta guarda con lo sguardo innocente e profondo del
bambino.
Forme
Forme chiuse e metri regolari della tradizione lirica VS spinte innovatrice;
Schemi metrici: varietà metrica e uso del novenario, c'è sintassi frantumate e concisione.
Figure foniche: onomatopee, fonosimbolismo.
Figure di significato: sinestesie, metafore, analogie.
La parola assume un significato rivelatore : efficacia dell'espressione linguistica, nel
comunicare l' immediatezza delle espressioni.
Stile: paratassi e frammentazione, stile nominale, ellittico, periodi brevi.
L'aspetto visionario della realtà è reso nella sua pienezza, attraverso:
•La smaterializzazione delle coordinate spaziotemporali, a vantaggio dei particolari.
•L'utilizzo di figure retoriche che infrangono i confini come la sinestesia, l'ipallage,
l’enjabement, la rima ipermetra, la sintassi franta.
•L'uso dei puntini di sospensione.
• il ricorso alle onomatopee: la parola poetica crea la realtà virgola non la imita, nella
descrive (senso del fonosimbolismo pascoliano)

L’ideologia politica
L’ADESIONE AL SOCIALISMO
Dai principi letterari di Pascoli affiora una concezione di tipo socialista Che affida alla
poesia la missione di diffondere l’amore e la fratellanza. Durante gli anni universitari, il
giovane Pascoli subì l’influenza delle ideologie anarchico socialista, diffuse tra i piccoli
borghesi del tempo.
L’insofferenza ribelle nei confronti delle convenzioni e la protesta contro le ingiustizie
avevano una matrice culturale e sociale: le inquietudini di un gruppo che si sentiva
minacciato nella sua identità dall’avanzata della civiltà industriale moderna, che toglieva
prestigio alla tradizionale cultura umanistica, privilegiando nuove competenze e nuovi
saperi, scientifici e tecnologici.
In questo quadro sociologico rientra perfettamente la figura del giovane studente Giovanni
Pascoli, proveniente dalla piccola borghesia rurale, declassato e impoverito, che, come
tanti altri giovani della società, trasformano in rabbia e in impulsi ribelli contro la società
l’emarginazione di cui era vittima. Pascoli sentiva gravare su di sé il peso l’uccisione del
padre, lo smembramento della famiglia, i vari lutti, la povertà: tutto ciò gli sembrava
l’effetto di un meccanismo sociale perverso contro cui era necessario lottare.
Pascoli aderì al socialismo e la militanza attiva lo portò ad essere condannato e processato.

DAL SOCIALISMO ALLA FEDE UMANITARIA


Il 1879, L’anno del processo subito da Pascoli, phon che l’hanno di una svolta capitale del
socialismo romagnolo che, 30 la lezione e salutare dal fallimento dei moti anarchici,
abbandonò il pensiero precedente però accostarsi a quello di Marx.
Il socialismo marxista si fondava essenzialmente sul concetto di lotta di classe,
sull’inconciliabilità di interessi tra capitale e lavoro e sullo scontro violento, rivoluzionario
che doveva opporli, fino al trionfo di una delle due forze, il proletariato, che avrebbe
cancellato l’altro è tutto il sistema economico e sociale che su di esso si reggeva.
Pascoli però non accettava conflitti violenti, ma sognava un affratellamento di tutti gli
uomini e di tutte le classi sociali.
Il poeta non rinnegò gli ideali socialisti, ma mi trasformò in una fede umanitaria, nutrita di
elementi provenienti dal cristianesimo, dal francescanesimo..
Socialismo per lui era un appello alla bontà, all’amore, alla fraternità, alla solidarietà fra gli
uomini.
Alla base però vi era un radicale pessimismo, la convinzione che la vita umana non è che
dolore e sofferenza, che sulla terra domina solo il male.
Per questo gli uomini, vittime delle loro infelici condizioni, devono cessare di farsi del male
fra loro, sopprimere l’odio e amarsi e soccorresti a vicenda dinanzi le dure prove
dell’esistenza.
Pascoli prediligeva la sofferenza, ritenendola uno dei mezzi principali per elevarsi.
Dolore e lacrime rendono le vittime del male del mondo creature privilegiate.
Per questo, dinanzi ai soprusi e alle ingiustizie, non bisogna abbandonarsi agli odi, ai
rancori e al desiderio di vendetta: il dolore deve insegnare il perdono.

LA MITIZZAZIONE DEL PICCOLO PROPRIETARIO RURALE


Ogni classe doveva mantenere il suo ruolo distintivo, vivendo in sintonia e con amore con
tutte le altre classi sociali.
Bisogna quindi evitare la bramosia di ascesa sociale perché avrebbe creato numerosi
conflitti.
Il segreto dell’armonia sociale consiste per Pascoli nel fatto che ciascuno si contenti di ciò
che ha, che viva felice anche del poco.
Il suo ideale di vita si incarna nell’immagine del proprietario rurale, che coltiva
personalmente la terra e guida la famiglia con saggezza e amore.
La proprietà è per il poeta un valore sacro, la base indispensabile della dignità e della
libertà dell’individuo.
Ma il poco è preferibile al molto, il piccolo al grande.
Era un mondo che in realtà, negli anni di Pascoli, stava ormai scomparendo, a causa del
capitalismo.

IL NAZIONALISMO
Il fondamento dell’ideologia di pascoli è la celebrazione del nucleo familiare, che si
raccoglie entro la piccola proprietà, cementato dei legami di sangue, degli affetti, dei dolori
e da lutti patentemente sopportati.
Ma questo senso geloso della proprietà, del nido chiuso ed esclusivo, si allarga ad
inglobare l’intera nazione.
Si collocano qui le radici del nazionalismo pascoliano.
Egli sente il dramma dell’emigrazione: l’italiano che è costretto a lasciare il suolo della
patria è come colui che viene strappato dal nido.
Pascoli divide le nazioni in:
- ricche e potenti, capitaliste
- povere e deboli, proletarie.
L’Italia non riesce a sfamare i suoi figli e deve esportare mano d’opera destinata nei paesi
stranieri ad essere schiavizziate e disprezzata.
Pascoli ammette la forza e le guerre come mezzo per le nazioni proletarie per le conquiste
coloniali, in modo da far terra e lavoro ai loro figli più poveri.
Celebra la guerra di Libia, vista come un riscatto della nazione italiana.

I temi della poesia pascoliana


GLI INTENTI PEDAGOGICI E PREDICATORI
Evidente è l’affinità col clima culturale del Decadentismo europeo.
Tuttavia Pascoli è l’esatto contrario del poeta maledetto.
Pascoli incarna l’immagine del piccolo borghese, appagato dalla sua mediocrità di vita,
chiuso nella sua sfera limitata e protettiva degli affetti domestici, degli studi, del lavoro di
insegnante..
Celebra la realtà del piccolo borghese e dei suoi valori.

DIFFERENZA D’ANNUNZIO E PASCOLI


Mentre D’Annunzio offriva alle masse un sogno evasivo di gloria, di lusso e di lussuria, che
le strappava alla lodo mediocrità quotidiana, Pascoli radicava nel pubblico le convinzioni
propendé che esso già possedeva, ribadiva la fede in alcuni valori elementari ma
fondamentali.
Pietà per i sofferenti, la devozione e la fedeltà ai morti, l’accontentarsi del poco..

IL GRANDE PASCOLI DECADENTE


Ritroviamo un Pascoli inquieto e tormentato.
Proietta nella poesia le sue ossessioni profonde, portando alla luce “i mostri”, le zone
oscure e torbide della psiche, una sensualità perversa e morbosa, espressa nel simbolo del
fiore maligno, velenoso e al tempo stesso ammaliatore che traduce nel simbolo della
pianga parassita, il vischio, la consapevolezza della duplicità della psiche, dell’urgere di
forze profonde, sconosciute, che possono stravolgere gli impulsi razionali.
Senso di inadeguatezza della realtà rispetto al sogno, la realtà crudele, il fascino
dell’irrazionale sono le tematiche principali del periodo.
Pascoli dà voce agli smarrimenti e alle angoscia di un periodo di terribili tensioni,
scoprendo aspetti inediti del reale e soprattutto un modo nuovo di vederlo e
rappresentarlo.

“La sua grandezza è guardare in faccia i mostri”.


LE SOLUZIONI FORMALI
LA SINTASSI
La sintassi di Pascoli si distacca da quella tradizionale italiana, fondata su elaborate E
complesse gerarchie di proposizioni principali, coordinate e subordinate. Nei suoi testi
prevale la coordinazione, la struttura sintattica si frantuma in serie paratattiche di brevi
frasi allineate senza rapporti gerarchici tra di loro, collegate spesso non da congiunzioni ma
per asindeto; di frequente uso sono le frasi ellittiche in cui manca il soggetto ho il verbo,
quindi conseguentemente assumono la forma dello stile nominale. La frantumazione
Pascoliano rifiuta la rigorosa rete di rapporti logici, il prevalere della sensazione immediata,
dell’intuizione, dei rapporti analogici, allusivi, suggestivi, che indicano una trama di segrete
corrispondenze tra le cose, aldilà del visibile.in tale sintassi si rispecchia perfettamente la
visione fanciullesca del mondo. Fra le caratteristiche più tipiche della sua letteratura è il
relativismo: gli ho getti quotidiani e comuni appaiono un’atmosfera visionaria o di sogno,
è, non essendovi più gerarchie, spariscono i punti di riferimento esterni oggettivi.
IL LESSICO
A caratterizzare il lessico e la mescolanza di codici linguistici diversi, allinea fianco a fianco
termini tratti da settori più disparati.paradossalmente non nascono scontri di registri:
come le cose convivono senza gerarchie così avviene delle parole che le disegnano. In ciò si
rispecchia il principio formulato nel fanciullino: il poeta vuole come abolire la lotta fra le
classi sociali, così vuole abolire la lotta fra le classi di oggetti e di parole. Troviamo quindi
nei suoi testi: termini preziosi e aulici, provenienti dalla lingua dotta, o ricavati dai dai
modelli antichi (Ass: epiteti e formule omeriche); termini gergali e dialettali estrapolati
dalla realtà campestre; una minuziosa terminologia botanica e ornitologica; termini di
messi e quotidiani del parlato colloquiale; parole provenienti da lingue straniere; il gusto
per i nomi propri e antichi.
GLI ASPETTI FONICI
L’autore si differenza sul piano fonico. Sono in prevalenza le riproduzioni onomatopeiche ,
diversi di uccelli o suoni di campane, che si caricano di più intenso valore simbolico
assumendo come un senso oracolare. Tali onomatopee indicano un’esigenza di aderire
immediatamente all’oggetto, di penetrare nella sua essenz segreta evitando le mediazioni
logiche del pensiero e della parola codificata . Al di sotto delle vere proprie onomatopee si
scorge valore fonosimbolico: i suoni tendono ad assumere un significato di per sé stessi
senza rimandare al significato della parola.tra questi suoni si crea una trama sotterranea di
echi e rimandi, che viene a costruire la vera architettura del testo e che dunque rimpiazza
le strutture logico-sintattiche.con stesso fine sono utilizzate le assonanza e l’allitterazione.
LA METRICA
la metrica è apparentemente tradizionale. Ritroviamo infatti l’utilizzo di endecasillabi,
decasillabi, novenari, settenari ecc.; rime baciate, alternate, incatenate e così via. In realtà
tali caratteristiche sono applicate dal poeta in direzioni personalissime, con il gioco degli
accenti Pascoli sperimenta cadenze ritmiche inedite. Anche il verso è di regola frantumato,
interrotto da numerose pause, da incisi, parentesi e puntini di sospensione . - tale
frantumazione è accentuata dal frequente uso degli enjambements ,che spezzano I
sintagmi strettamente uniti, come soggetto-verbo, aggettivo-sostantivo.
LE FIGURE RETORICHE
Caratteristico delle figure retoriche e linguaggio analogico. Fra le più utilizzate troviamo la
metafora, la sostituzione del termine proprio con uno figurato, che ha con il primo un
rapporto di somiglianza. Nel Pascoli tale rapporto non è però facilmente riconoscibile. Egli
infatti accosta in modo impensato e sorprendente due realtà tra loro differenti, eliminando
per di più tutti i passaggi logici intermedi, costringendo così ad un volo vertiginoso
dell’immaginazione. Altra figura retorica caratteristica è la sinestesici a, che possiede
un’intensa carica allusiva e suggestiva, fondendo insieme diversi ordini di sensazioni. Il
carattere allusivo del Pascoli sempre più a una maggiore indefinitezza, arrivando quasi al
limite dell’enigmatico del cifrato.
PASCOLI E LA POESIA DEL 900
Queste soluzioni formali, che introducono innovazioni nel linguaggio poetico italiano,
aprono la strada alla poesia del novecento.avremo modo di trovare in tanti poi ti
successivi, in particolare negli ermetici, scelte espressive analoghe a quelle pascoliane: la
sintassi spezzata dell’ittica, come equivalente di una crisi delle strutture logiche e
gerarchiche del mondo, sperimentazione di ritmi inediti, con la frantumazione del verso e
la ricerca di un valore musicale della parola.
LE RACCOLTE POETICHE
La distribuzione dei componimenti di Pascoli non obbedisce tanto un ordine cronologico
quanto a ragioni formali; l’autore tende del resto a pubblicare diverse edizioni successive e
ampliate delle singole opere.le poesie di Myricae , in versi brevi, si presentano come
quadretti di vita campestre, ma i dettagli naturalistici evocano Simbolicamente sensi
arcani, legati spesso all’idea della morte. Hanno invece un taglio narrativo è un respiro più
ampio mi poemetti, composti di regola in terzine dantesche raggruppati in sezioni. Molte
delle poesie sono dedicate alla celebrazione della vita rurale, mentre in alcuni emergono
tematiche morbosamente decadenti. La linea di Myricae è proseguita nei canti di
Castelvecchio, nei quali ricorre con insistenza il motivo della tragedia familiare e affiorano
talvolta le ossessioni del poeta. Al clima estetizzante rispondono i poemi conviviali, ispirati
al mito e alla storia antica, in cui si proiettano le inquietudini e le angosce della modernità.
Caratteri simili presentano i Carmina, scritti in latino e pubblicati postumi. Le ultime
raccolte (odi ed inni, canzoni di Renzo, poemi italici e poemi del Risorgimento) traggono
spunto dalla storia e dall’attualità e si risolvono in una retorica celebrazione dei valori
nazionali

X AGOSTO
Nella raccolta Myricae (parola latina, che significa “piccoli arbusti”, citazione virgiliana),
Pascoli canta i motivi del mondo della natura, caricandoli di significati simbolici.

Infatti, la sua poetica, detta “del fanciullino” (dal titolo di un saggio di poetica, da lui
pubblicato nel 1897), consiste nel sapere trovare la poesia negli oggetti quotidiani, nella
campagna e nella natura che ci circonda, osservandoli con lo stupore e la meraviglia di un
bambino, che consentono di riscoprirne i lati segreti e la purezza originaria.
Si tratta di componimenti generalmente brevi e lineari, che rappresentano quadretti di vita
campestre che si caricano di significati misteriosi e spesso evocano l’idea della morte.

È in quest’ottica che la celebrazione delle piccole cose e del “nido” si può leggere come un
baluardo che il poeta erige contro le forze inquietanti e minacciose.

Nello specifico, in X Agosto, ricchissima di simboli, Pascoli, come in molti altri


componimenti di Myricae, rievoca la tragedia dell’uccisione di suo padre, avvenuta il 10
agosto 1867, trent’anni prima della stesura della poesia.

Il 10 agosto è, però, anche il giorno di San Lorenzo, quello in cui, secondo la tradizione
popolare, si verifica il fenomeno delle stelle cadenti.
Le stelle che cadono in quella notte, nell’immaginario pascoliano, rappresentano il pianto
del cielo sulla malvagità degli uomini: quest’immagine rende l’idea di un cosmo
profondamente umanizzato.
Prendendo le mosse dalla propria tragica vicenda personale, il poeta affronta i grandi temi
del male e del dolore: gli elementi familiari e biografici vengono trasposti su un piano
universale e cosmico.
Così, la rondine e il padre uccisi, posti in evidente parallelismo (ritornava una rondine al
tetto, v. 5 – anche un uomo tornava al suo nido, v. 13; “l’uccisero: cadde tra spini”, v. 6
-“l’uccisero: disse: Perdono”, v. 14; “ella aveva nel becco un insetto”, v. 7 – “portava due
bambole in dono”, v. 16; “tende / quel verme a quel cielo lontano”, vv. 9-10 – “addita / le
bambole al cielo lontano”, v. 20), diventano il simbolo di tutti gli innocenti perseguitati ed
alludono scopertamente alla figura di Cristo, la vittima per eccellenza, che perdona i suoi
carnefici sulla croce, richiamata già nel titolo, con il numero romano X.
La rondine che stava tornando al suo nido portando un verme per i suoi piccoli, è stata
uccisa durante il tragitto e li ha lasciati soli ed affamati; allo stesso modo, il padre del poeta
viene ucciso mentre sta tornando a casa, il “nido” chiuso e protetto, portando due
bambole in dono alle figlie, che ora lo aspettano vanamente, proprio come i piccoli della
rondine aspettano la madre, ormai affamati e morenti.
L’unica differenza tra la rondine e il padre in punto di morte sta nella parola “perdono”
pronunciata dall’uomo.
La struttura del componimento è circolare poiché esso si apre e si chiude con l’immagine
del cielo inondato di stelle cadenti, simboli del dolore (vocativo “San Lorenzo”, v. 1 –
vocativo “E tu, Cielo”, v. 21; “aria tranquilla”, v. 2 – “mondi / sereni”, vv. 21-22; “sì gran
pianto”, v. 3 – “pianto di stelle”, v. 23).
Il Cielo, ossia Dio, è sentito come lontano, distante, indifferente, separato dal mondo,
capace solo di guardarlo dall’alto e di “piangere” sulle miserie umane, ma non di lenirne in
nessun modo le sofferenze.
Il male, personificato, è incomprensibile per l’uomo, che si sente sempre in balia di un
insondabile destino.
La Terra, nell’economia dell’universo, al cospetto dell’immensità del Cielo, non è altro che
un “atomo opaco”, un minuscolo ed insignificante corpuscolo che non brilla neppure di
luce propria.
Di fronte alla malvagità del mondo, l’unico rifugio, dovrebbe essere il “nido”, unico luogo
protetto in cui trovare pace, ma la casa è anch’essa “romita”, solitaria, lacerata dalle
tragiche vicende del mondo, dunque insufficiente a proteggere l’uomo, a cui non resta che
invocare invano il “pianto di stelle” del cielo che lo soccorra e partecipi del suo dolore.

Schema metrico: 6 quartine di decasillabi e novenari con rime alternate (ABAB, CDCD)
Il motivo centrale di questa lirica è la malvagità umana che per interesse o per soddisfare
un capriccio crudele uccide creature innocenti, un uomo e una rondine.
Queste sue creature accomunate nel segno dell morte diventano qui simbolo
dell’ingiustizia e del male che regnano in questa Terra.
La rondine che muore con le braccia aperte come in una croce è il padre che perdona
coloro che lo hanno ucciso, la croce è presente anche nella lettera X nel titolo della poesia.
Il fenomeno naturale che si verifica nella tranquilla sera estiva finisce per denunciare la
legge di sofferenza e d’ingiustizia che sconvolge l’umanità.

I POEMETTI
i poemetti possiedono una fisionomia diversa, raccolti una prima volta nel 1897 e poi
pubblicati con aggiunte nel 1900, ed infine nella veste definitiva, divisi in due raccolte
distinte, “Primi Poemetti” e “Nuovi Poemetti”. di cattani componimenti più ampi di quelli
di Myricae, che nell'impianto lirico sostituiscono un più disteso taglio narrativo, divenendo
dei veri e propri racconti in versi. Subentrano le terzine dantesche, raggruppate in sezioni
più o meno ampie. Assume rilievo dominante la vita della campagna. Si viene a delineare,
all'interno delle raccolte, un vero e proprio romanzo “georgico”, cioè la descrizione di una
famiglia rurale di Barga, colta in tutti i momenti caratteristici della vita quotidiana e
contadina. La narrazione è articolata in veri e propri cicli che traggono il titolo delle varie
operazioni del lavoro dei campi.
Il poeta vuole celebrare la piccola proprietà rurale, presentandola come depositaria di
tutta una serie di valori tradizionali e autentici, in contrapposizione alla negatività della
realtà contemporanea.
La vita del contadino appare al poeta come un rifugio rassicurante, contro l'incombere di
una realtà storica minacciosa. La rappresentazione della vita contadina assume quindi la
fisionomia di un'utopia regressiva, Pascoli proietta il suo ideale nel passato, in forme di vita
che stanno scomparendo, travolte dallo sviluppo della realtà sociale ed economica
moderna, in un processo ormai irreversibile. Il mondo rurale pascoliano é idealizzato e
idillico. Pascoli si sofferma sugli aspetti più quotidiani, umili e diversi di quel mondo,
desiderando con minuziosa precisione gli oggetti e le operazioni del lavoro dei campi, ma
questa precisione risponde al l'intento di ridare la sua freschezza originaria alla parola. Il
poeta vuole mettere in rilievo quanto il di poetico è insito anche nelle realtà umili, per cui
le più consuete attività quotidiane della vita di campagna sono da lui trasfigurate in una
luce di epos, mediante il ricorrere di formule tratte dagli antichi poeti come Omero,
Esiodo, Virgilio. Si ha quindi nei poemetti, una singolare mescolanza di elementare
semplicità e di preziosa raffinatezza.
ALTRI TEMI
Si collocano numero si poemetti al di fuori del ciclo georgico virgola che presentano temi
più inquietanti, densi di significati simbolici. affronta un tema sociale, quello degli
immigrazione che tanto sta a cuore a pascoli, descrivendo il ritorno temporaneo di una
famiglia di emigranti al paese Natale e il conflitto fra due mondi, quello moderno e
industriale della nuova patria, l'America, e quello arcaico della campagna lucchese.

CANTI DI CASTELVECCHIO
I canti di Castelvecchio del 1903 sono definiti dal poeta stesso "Myricae”, quindi si
propongono intenzionalmente di continuare la linea della prima raccolta. anche qui
ritornano le immagini della vita di campagna, corre alberi, uccelli e lì compare una misura
più breve, lirica anziché narrativa. I componimenti si susseguono secondo un disegno, che
allude al succedersi delle stagioni. ricorda con frequenza il motivo della tragedia familiare e
dei cari morti. via un continuo rimando al nuovo paesaggio di Castelvecchio a quello antico
dell'infanzia il Romagna, quasi ad istituire un legame ideale tra il nuovo nido costruito dal
poeta e quello spezzato via dalla tragedia.
Non mancano però anche in queste raccolte temi più inquieti e morbosi, che danno corpo
alle segrete ossessioni del poeta: l’eros, contemplato col turbamento del fanciullo per il
quale il rapporto adulto è qualcosa di ignoto, e la morte virgola che a volte appare un
rifugio dolce in cui sprofondare. Dalle piccole cose della realtà umile lo sguardo si allarga
poi gli infiniti spazi cosmici.

I POEMI CONVIVIALI
I poemi conviviali del 1904, così intitolati perché gran parte di essi era comparsa su il
“convito”. la rivista era una delle espressioni più significative del contemporaneo
estetismo, tant'è vero che il suo nume tutelare era D'Annunzio. Al clima estetizzante
rispondono anche i componimenti pascoliani. Si tratta di poemetti dedicati a personaggi e
fatti del mito della storia antichi, dalla Grecia sino alla prima diffusione del cristianesimo: vi
compaiono così Achille, Ulisse, Elena di Troia, Socrate, Alessandro Magno. Il linguaggio e
raffinatamente estetizzante e spesso mira a riprodurre in italiano il clima e lo stile della
poesia classica; l' estetismo si rivela nei nomi che sono resi nella grafia greca originaria con
un gusto che deriva scopertamente dalla poesia parmassiana.
Sotto le vesti classiche virgola in questi poemetti compaiono tutti i temi consueti della
poesia pascoliana punto il mondo antico, nei poemi conviviali, non è un mondo di
immobile e genita perfezione virgolo come pretendeva la tradizione classicistica, ma si
carica delle inquietudini e delle angosce della sensibilità moderna.

I CARMINA E LE ULTIME RACCOLTE


I carmina si tratta di poemetti e di componimenti più brevi, scritti da pascoli per il concorso
di poesia Latina di Amsterdam. Non furono raccolti organicamente dal poeta e videro la
luce sono solo postumi, nel 1915. sono in genere dedicati agli aspetti più marginali della
vita romana ed hanno per protagonisti personaggi umili, gladiatori, schiavi, un'umanità
minore, ma riscattata da una intima bontà. Il latino di pascoli non è una lingua morta, puri
esercizi eruditi di produzione dei moduli espressivi fissati dagli esempi antichi, ma una
lingua intimamente rivissuta che rivela profonde affinità con il linguaggio delle poesie
italiane. Nelle ultime raccolte, Odi ed inni”,” canzoni di re Enzio”, “poemi italici”,”poemi del
Risorgimento”, Pascoli assume le vesti del poeta ufficiale, celebratore delle glorie nazionali
e inteso a propagandare principi morali e civili, prendendo spunto dall' attualità e da fatti
della storia medievale, rinascimentale, risorgimentale ed emulando il maestro Carducci e
D'Annunzio. Sono versi che rivelano spesso virtuosismi linguistici e metrici del tutto
artificiosi.

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