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L’ideologia politica
L’ADESIONE AL SOCIALISMO
Dai principi letterari di Pascoli affiora una concezione di tipo socialista Che affida alla
poesia la missione di diffondere l’amore e la fratellanza. Durante gli anni universitari, il
giovane Pascoli subì l’influenza delle ideologie anarchico socialista, diffuse tra i piccoli
borghesi del tempo.
L’insofferenza ribelle nei confronti delle convenzioni e la protesta contro le ingiustizie
avevano una matrice culturale e sociale: le inquietudini di un gruppo che si sentiva
minacciato nella sua identità dall’avanzata della civiltà industriale moderna, che toglieva
prestigio alla tradizionale cultura umanistica, privilegiando nuove competenze e nuovi
saperi, scientifici e tecnologici.
In questo quadro sociologico rientra perfettamente la figura del giovane studente Giovanni
Pascoli, proveniente dalla piccola borghesia rurale, declassato e impoverito, che, come
tanti altri giovani della società, trasformano in rabbia e in impulsi ribelli contro la società
l’emarginazione di cui era vittima. Pascoli sentiva gravare su di sé il peso l’uccisione del
padre, lo smembramento della famiglia, i vari lutti, la povertà: tutto ciò gli sembrava
l’effetto di un meccanismo sociale perverso contro cui era necessario lottare.
Pascoli aderì al socialismo e la militanza attiva lo portò ad essere condannato e processato.
IL NAZIONALISMO
Il fondamento dell’ideologia di pascoli è la celebrazione del nucleo familiare, che si
raccoglie entro la piccola proprietà, cementato dei legami di sangue, degli affetti, dei dolori
e da lutti patentemente sopportati.
Ma questo senso geloso della proprietà, del nido chiuso ed esclusivo, si allarga ad
inglobare l’intera nazione.
Si collocano qui le radici del nazionalismo pascoliano.
Egli sente il dramma dell’emigrazione: l’italiano che è costretto a lasciare il suolo della
patria è come colui che viene strappato dal nido.
Pascoli divide le nazioni in:
- ricche e potenti, capitaliste
- povere e deboli, proletarie.
L’Italia non riesce a sfamare i suoi figli e deve esportare mano d’opera destinata nei paesi
stranieri ad essere schiavizziate e disprezzata.
Pascoli ammette la forza e le guerre come mezzo per le nazioni proletarie per le conquiste
coloniali, in modo da far terra e lavoro ai loro figli più poveri.
Celebra la guerra di Libia, vista come un riscatto della nazione italiana.
X AGOSTO
Nella raccolta Myricae (parola latina, che significa “piccoli arbusti”, citazione virgiliana),
Pascoli canta i motivi del mondo della natura, caricandoli di significati simbolici.
Infatti, la sua poetica, detta “del fanciullino” (dal titolo di un saggio di poetica, da lui
pubblicato nel 1897), consiste nel sapere trovare la poesia negli oggetti quotidiani, nella
campagna e nella natura che ci circonda, osservandoli con lo stupore e la meraviglia di un
bambino, che consentono di riscoprirne i lati segreti e la purezza originaria.
Si tratta di componimenti generalmente brevi e lineari, che rappresentano quadretti di vita
campestre che si caricano di significati misteriosi e spesso evocano l’idea della morte.
È in quest’ottica che la celebrazione delle piccole cose e del “nido” si può leggere come un
baluardo che il poeta erige contro le forze inquietanti e minacciose.
Il 10 agosto è, però, anche il giorno di San Lorenzo, quello in cui, secondo la tradizione
popolare, si verifica il fenomeno delle stelle cadenti.
Le stelle che cadono in quella notte, nell’immaginario pascoliano, rappresentano il pianto
del cielo sulla malvagità degli uomini: quest’immagine rende l’idea di un cosmo
profondamente umanizzato.
Prendendo le mosse dalla propria tragica vicenda personale, il poeta affronta i grandi temi
del male e del dolore: gli elementi familiari e biografici vengono trasposti su un piano
universale e cosmico.
Così, la rondine e il padre uccisi, posti in evidente parallelismo (ritornava una rondine al
tetto, v. 5 – anche un uomo tornava al suo nido, v. 13; “l’uccisero: cadde tra spini”, v. 6
-“l’uccisero: disse: Perdono”, v. 14; “ella aveva nel becco un insetto”, v. 7 – “portava due
bambole in dono”, v. 16; “tende / quel verme a quel cielo lontano”, vv. 9-10 – “addita / le
bambole al cielo lontano”, v. 20), diventano il simbolo di tutti gli innocenti perseguitati ed
alludono scopertamente alla figura di Cristo, la vittima per eccellenza, che perdona i suoi
carnefici sulla croce, richiamata già nel titolo, con il numero romano X.
La rondine che stava tornando al suo nido portando un verme per i suoi piccoli, è stata
uccisa durante il tragitto e li ha lasciati soli ed affamati; allo stesso modo, il padre del poeta
viene ucciso mentre sta tornando a casa, il “nido” chiuso e protetto, portando due
bambole in dono alle figlie, che ora lo aspettano vanamente, proprio come i piccoli della
rondine aspettano la madre, ormai affamati e morenti.
L’unica differenza tra la rondine e il padre in punto di morte sta nella parola “perdono”
pronunciata dall’uomo.
La struttura del componimento è circolare poiché esso si apre e si chiude con l’immagine
del cielo inondato di stelle cadenti, simboli del dolore (vocativo “San Lorenzo”, v. 1 –
vocativo “E tu, Cielo”, v. 21; “aria tranquilla”, v. 2 – “mondi / sereni”, vv. 21-22; “sì gran
pianto”, v. 3 – “pianto di stelle”, v. 23).
Il Cielo, ossia Dio, è sentito come lontano, distante, indifferente, separato dal mondo,
capace solo di guardarlo dall’alto e di “piangere” sulle miserie umane, ma non di lenirne in
nessun modo le sofferenze.
Il male, personificato, è incomprensibile per l’uomo, che si sente sempre in balia di un
insondabile destino.
La Terra, nell’economia dell’universo, al cospetto dell’immensità del Cielo, non è altro che
un “atomo opaco”, un minuscolo ed insignificante corpuscolo che non brilla neppure di
luce propria.
Di fronte alla malvagità del mondo, l’unico rifugio, dovrebbe essere il “nido”, unico luogo
protetto in cui trovare pace, ma la casa è anch’essa “romita”, solitaria, lacerata dalle
tragiche vicende del mondo, dunque insufficiente a proteggere l’uomo, a cui non resta che
invocare invano il “pianto di stelle” del cielo che lo soccorra e partecipi del suo dolore.
Schema metrico: 6 quartine di decasillabi e novenari con rime alternate (ABAB, CDCD)
Il motivo centrale di questa lirica è la malvagità umana che per interesse o per soddisfare
un capriccio crudele uccide creature innocenti, un uomo e una rondine.
Queste sue creature accomunate nel segno dell morte diventano qui simbolo
dell’ingiustizia e del male che regnano in questa Terra.
La rondine che muore con le braccia aperte come in una croce è il padre che perdona
coloro che lo hanno ucciso, la croce è presente anche nella lettera X nel titolo della poesia.
Il fenomeno naturale che si verifica nella tranquilla sera estiva finisce per denunciare la
legge di sofferenza e d’ingiustizia che sconvolge l’umanità.
I POEMETTI
i poemetti possiedono una fisionomia diversa, raccolti una prima volta nel 1897 e poi
pubblicati con aggiunte nel 1900, ed infine nella veste definitiva, divisi in due raccolte
distinte, “Primi Poemetti” e “Nuovi Poemetti”. di cattani componimenti più ampi di quelli
di Myricae, che nell'impianto lirico sostituiscono un più disteso taglio narrativo, divenendo
dei veri e propri racconti in versi. Subentrano le terzine dantesche, raggruppate in sezioni
più o meno ampie. Assume rilievo dominante la vita della campagna. Si viene a delineare,
all'interno delle raccolte, un vero e proprio romanzo “georgico”, cioè la descrizione di una
famiglia rurale di Barga, colta in tutti i momenti caratteristici della vita quotidiana e
contadina. La narrazione è articolata in veri e propri cicli che traggono il titolo delle varie
operazioni del lavoro dei campi.
Il poeta vuole celebrare la piccola proprietà rurale, presentandola come depositaria di
tutta una serie di valori tradizionali e autentici, in contrapposizione alla negatività della
realtà contemporanea.
La vita del contadino appare al poeta come un rifugio rassicurante, contro l'incombere di
una realtà storica minacciosa. La rappresentazione della vita contadina assume quindi la
fisionomia di un'utopia regressiva, Pascoli proietta il suo ideale nel passato, in forme di vita
che stanno scomparendo, travolte dallo sviluppo della realtà sociale ed economica
moderna, in un processo ormai irreversibile. Il mondo rurale pascoliano é idealizzato e
idillico. Pascoli si sofferma sugli aspetti più quotidiani, umili e diversi di quel mondo,
desiderando con minuziosa precisione gli oggetti e le operazioni del lavoro dei campi, ma
questa precisione risponde al l'intento di ridare la sua freschezza originaria alla parola. Il
poeta vuole mettere in rilievo quanto il di poetico è insito anche nelle realtà umili, per cui
le più consuete attività quotidiane della vita di campagna sono da lui trasfigurate in una
luce di epos, mediante il ricorrere di formule tratte dagli antichi poeti come Omero,
Esiodo, Virgilio. Si ha quindi nei poemetti, una singolare mescolanza di elementare
semplicità e di preziosa raffinatezza.
ALTRI TEMI
Si collocano numero si poemetti al di fuori del ciclo georgico virgola che presentano temi
più inquietanti, densi di significati simbolici. affronta un tema sociale, quello degli
immigrazione che tanto sta a cuore a pascoli, descrivendo il ritorno temporaneo di una
famiglia di emigranti al paese Natale e il conflitto fra due mondi, quello moderno e
industriale della nuova patria, l'America, e quello arcaico della campagna lucchese.
CANTI DI CASTELVECCHIO
I canti di Castelvecchio del 1903 sono definiti dal poeta stesso "Myricae”, quindi si
propongono intenzionalmente di continuare la linea della prima raccolta. anche qui
ritornano le immagini della vita di campagna, corre alberi, uccelli e lì compare una misura
più breve, lirica anziché narrativa. I componimenti si susseguono secondo un disegno, che
allude al succedersi delle stagioni. ricorda con frequenza il motivo della tragedia familiare e
dei cari morti. via un continuo rimando al nuovo paesaggio di Castelvecchio a quello antico
dell'infanzia il Romagna, quasi ad istituire un legame ideale tra il nuovo nido costruito dal
poeta e quello spezzato via dalla tragedia.
Non mancano però anche in queste raccolte temi più inquieti e morbosi, che danno corpo
alle segrete ossessioni del poeta: l’eros, contemplato col turbamento del fanciullo per il
quale il rapporto adulto è qualcosa di ignoto, e la morte virgola che a volte appare un
rifugio dolce in cui sprofondare. Dalle piccole cose della realtà umile lo sguardo si allarga
poi gli infiniti spazi cosmici.
I POEMI CONVIVIALI
I poemi conviviali del 1904, così intitolati perché gran parte di essi era comparsa su il
“convito”. la rivista era una delle espressioni più significative del contemporaneo
estetismo, tant'è vero che il suo nume tutelare era D'Annunzio. Al clima estetizzante
rispondono anche i componimenti pascoliani. Si tratta di poemetti dedicati a personaggi e
fatti del mito della storia antichi, dalla Grecia sino alla prima diffusione del cristianesimo: vi
compaiono così Achille, Ulisse, Elena di Troia, Socrate, Alessandro Magno. Il linguaggio e
raffinatamente estetizzante e spesso mira a riprodurre in italiano il clima e lo stile della
poesia classica; l' estetismo si rivela nei nomi che sono resi nella grafia greca originaria con
un gusto che deriva scopertamente dalla poesia parmassiana.
Sotto le vesti classiche virgola in questi poemetti compaiono tutti i temi consueti della
poesia pascoliana punto il mondo antico, nei poemi conviviali, non è un mondo di
immobile e genita perfezione virgolo come pretendeva la tradizione classicistica, ma si
carica delle inquietudini e delle angosce della sensibilità moderna.