poetiche dissacratorie
Anno: III
Gruppo: Rumeno-Italiano
Nella letteratura italiana questa denominazione indica alcuni poeti italiani del
primo Novecento i quali, più che costituire un vero movimento poetico, parteciparono di
un comune stato d’animo o attegiamento del gusto: al dannunzianesimo fino allora
imperante opposero una poesia prosatica che, in toni dimessi, incerti fra la melinconia e
l’ironia, cantava l’amore per le piccole cose e per gli ambienti provinciali, considerati
come i più vicini alla loro incapacità di gradi ideali e alla loro sazietà di gran8di parole.
Iniziatore di questo modo di poetare-creposcolaria- fu il romano Sergio Corazzini,
esponente tipico del crepuscolarismo, con forti echi dei simbolisti francesi e fiamminghi,
ha composto versi in cui la vita diventa attesa quasi incorporea della morte, e la parola
esprime una perenne malinconia, nelle forme di un sommesso e dolente monologo. La
sua è una produzione esangue ed estenuata.
Il crepuscolarismo tra origine da una reazione sentimentale, più che programmatica, alla
retorica patriottica del Carducci ed al fastoso e paganeggiante alessandrinismo del
d’Annunzio: ne è essenza poetica il fascino segreto suscinato dalle piccole cose, dalle
emozioni e sensazioni quotidiane, dal rimpianto per le grandi idealità e per le forti
passioni, dalla contemplazione ironica di un passato non più revocabile, ne è essenza
psicologica una “insodisfazione spirituale che non promuove ribellione ma cerca quieti
angoli di mondo e consuete zone d’anima entro cui rifugiarsi.” 1. I temi principali sono:
stanchezze domenicali, vechie case e giardini sonnolenti, corsie d’ospedali, piccole cose
di cattivo gusto; dalla maniera cadenza di immagini, dal tono deluso ed ironico che nei
poeti minori assume l’aspetto di una posa più che di una esperienza di vita, il
crepuscolarismo è da intendersi, nella sua parte migliore, come un ripiegamento dello
spirito, stanco di visioni abbagliati, verso più intime e pecate regioni del sentimento nelle
quali sia possibile un sommesso colloquio con se stesso mondo affettivo le cose prendono
consistenza e rivelano una loro caratteristica magìa: il poeta crepuscolare si accosta ad
esse, e cerca di evocarne, in tutta sincerità e familiarità, le risonanze suscitate nel suo
animo. I poeti non credono più ai valori tradizionali, né filosofici, né politici né
scientifici, si sentono soli e incompresi e si chiudono nel proprio disagio, che conosce lo
smarrimento di fronte al reale e il ripiegamento in se stessi, lo sguardo distaccato e
ironico capace di proteggere da ogni coinvolgimento emotivo.
Il torinese Guido Gozzano è forse il maggiore poeta crepuscolare. “La poesia del
Gozzano nasce dalla tristezza di sentirsi spenta nel cuore ogni capacità di commozione,
ogni semplicità degli affetti, dalla stanchezza della nostra sorte di intellettuali moderni”
2
Da questo stato d’animo il poeta è ricordotto alle buone cose del tempo passato, con una
nostalgia cge predilige gli aspetti mediocri o melancolici, i vecchi arredi, gli oggetti
abbandonati nelle soffite, e le sensazioni che ricordono all’animo le cose per sempre
1
Italo De Bernardi, “Disegno storico della letteratura italiana”, Società Editrice Internazionale, p.740
2
Angelo Gianni, Mario Balestreri, Angelo Pasquali, “Antologia della letteratura italiana, III”, p.563
perdute, l’odore dell’inchiostro putrefatto, l’oscurità delle stanze buie e polverose, e gli
argomenti più lontani dal gusto dei moderni, le ragazze brutte e sentimentali, il quieto
acciottolio delle stoviglie, la raccolta delle farfalle, gli idilli provinciali. I componenti del
Gozzano quello che meglio rispecchia i motivi essenziali della sua ispirazione.
Un'altra personalità che ebbe il marchio di "crepuscolare" Marino Moretti, ma la
luce di alcune immagini poteva risultare folgorante; e la sua "poetica delle cose" non
trascurò il senso più profondo e recondito di quegli oggetti della sua poesia.
La poesia di Moretti nasce da una condizioene di totale inappartenenza ed estraneità ai
modelli culturali vigenti, al febbrile universo letterario della modernità, con il quale, da
giovane provinciale, si trovò a confrontarsi nella Firenze dell’inizio del secolo. Egli iniziò
guardando soprattutto a Pascoli, cercando, attraversi di lui, un linguaggio dell’intimità,
delle cose, alcuna ricerca di sensi nascosti e segreti, ed eluse qualunque richiamo dedl
classicismo. Nelle tre raccolte pubblicate tra i 1911 e il 1915 riuscì a dare voce a una
condizione particolare segnata dal non avere, dal non sapere, sal non essere: “ Moretti si
vuole poeta proprio perchénon partecipa al dibattito culturale, non possiede mezzi
tecnici,né capacità di vita, non ga né “remo” né “ali”, non ha letteralmente niente da
dire”.3
Le “Poesie scritte col lapis” (1910) sono percorse dalle tipiche atmosfere
crepuscolari, atmosfere impreziosite dal tocco lieve e pregiato di Moretti: immagini di
donne appassite dalla carezza inesorabile e grave del tempo; piccoli e chiusi ambienti di
provincia; la quotidiana noia incolore; ansie ed insoddisfazioni represse, laceranti, mali
privi di cure; i melanconici cani randagi che tanto somigliano all’io errabondo del poeta;
il senso disgustoso ed inconfutabile dell’inutilità della vita, cui corrisponde sul foglio di
carta un linguaggio uniforme, a tratti monotono, fatto di molte ripetizioni ed altrettante
riprese; e poi il mondo infantile, quel mondo magico di banchi e compagni di scuola, di
giochi e scorribande, quando la vita aveva poca importanza e, proprio per questo, era
magnifica.
Le situazioni, i temi, i contenuti sono gli stessi anche nella raccolta poetica successiva,
intitolata “Poesie di tutti i giorni” (1911), dove è ribadito il rapporto stretto tra l’infanzia
e la quotidianità, e dove è tracciata una sorta di mappa dei luoghi imperdibili della grigia
noia cittadina.
Nel 1909, quando già la poesia crepuscolare stava per spergnersi, Filippo
Tommaso Marinetti lanciava sul “Figaro” di Parigi il “Il Manifesto del Futurismo ”, al
quale seguiva, nel 1912, il “ Manifesto tecnico della letteratura futurista”. Marinetti
esaltava il dinamismo e l’attuvismo ella civilltà moderna, il trionfo delle macchine, dello
sport, dell’audacia, il ritmo febbrile della vita. “Il futurismo è stato determinato da una
ragione polemica a questa non si è mai risolta in operazioni concrete di qualche
3
Giulio Ferroni, “Storia della letteratura italiana, Dall’Ottocento al Novecento”, Ed, “Einaudi”, 1991, pag. 545
importanza”. 4A Marinetti è mancato l’aiuto di uno spirito che disciplinasse, bene o male,
la forza della suapassione originale, perché nessuno in coscienza gli vorrà negare il
merito di aver presentiti questa necesità di rinnovamento e il coraggio di iniziare una
battaglia con l’unico aiuto della propria ispirazione. Marinetti ha sentito che per risolvere
la crisi in cui si dibatteva una letteratura illustre e estenuata conveniva uscire dal campo
chiuso della letteratura, anche se subito dopo questa misura che rispondeva, e non sembri
una contraddizione, a un bisogno di purezza, egli accettava risorse e compressi che
avrebbero portato il futurismo a posizioni di esterma confusione. Il futurismo ha creduto
di dovere difendere l’ispirazione pura del poeta, ha sentito in modo vago che il poeta non
deve rendere conto di nessun movimento sul piano morale e ha subito che l’unica regola
valida fosse quella dell’intuizione pienamente accetatta. Per quello che riguarda la sua
poetica essa è chiaramente espressa sul suo “Manifesto tecnico della letteratura futurista”
di cui sviluppò la parte riguardante le parole in libertà. Vi leggiamo infatti che “bisogna
distruggere la sintassi, disponendo i sostantivi a caso, come nascono. Si deve usare il
verbo all’infinito abolire l’aggettivo, perché il sostantivo nudo conservi il suo colore
essenziale. L’aggettivo avendo in sé un carattere di sfumatura, è incompatibile con la
nostra visione dinamica, poiché suppone una sosta, una meditazione... abolire anche la
punteggiatura. Essendo soppressi gli aggettivi, gli avverbi e le congiunzioni, la
punteggiatura è naturalmente annullata”. Asserì poi Marinetti che la poesia dovesse
essere un seguito ininterrotto di immagini nuove e che il poeta dovesse dare vita ad una
serie di analogie secondo una gradazione sempre più vasta. Queste immagini poi,
“siccome ogni specie di ordine è fatalmente un prodotto dell’intelligenza umana bisogna
orchestrare le immagini disponendole secondo un maximum di disordine”. Tutto ciò nella
convinzione che solo il poeta asintattico e dalle parole slegate avrebbe potuto penetrare
l’essenza della materia e distruggere la sorda ostilità che la separa da noi. Arrivò così al
concetto di immaginazione senza fili sognando un’arte ancora più essenziale quando i
poeti avrebbero osato sopprimere tutti i primi termini delle analogie per non dare più altro
che il seguito ininterrotto dei secondi termini, anche se ciò avesse comportato il rischio di
non essere compresi, ma egli affermò anche che “Essere compresi non è necessario” e
che ciò che il poeta avrebbe dovuto prefiggersi sarebbe stato entrare nei domini sconfinati
della libera intuizione. E proclamò: “Dopo il verso libero, ecco finalmente le parole in
libertà”. Altra importante opera marinettiana è “Mafarka il futurista”, pubblicata in
Francia nel 1910 e successivamente anche in Italia, ma da noi fu sequestrata per oltraggio
al pudore. “Narra le imprese del Re africano Mafarka-el-Bar “il quale dopo aver
sconfitto attraverso una serie di atti eroici le schiere dei negri che avevano cinto
d’assedio la sua città, per consolare la madre della perdita in battaglia dell’altro figlio
Magamal”, 5 dà alla luce senza il concorso della donna, per il solo sforzo della volontà
esteriorizzata il figlio Gazurmah, uccello invincibile e gigantesco che ha grandi ali
flessibili fatte per abbracciare le stelle, in cui egli, invaso da uno slancio vitalistico e
animato da fervori mistici, trasfonde il proprio essere per rinascere a nuova vita”11. A
livello ideologico vi ritroviamo gran parte dell’armamentario futurista, e cioè il mito del
4
Angelo Gianni, Mario Balestreri, Angelo Pasquali, “Antologia della letteratura italiana, III”, p.596
5
Angelo Gianni, Mario Balestreri, Angelo Pasquali, “Antologia della letteratura italiana, III”, p.597
superuomo, la glorificazione della guerra, il disprezzo della donna, la celebrazione della
macchina.
I crepuscolari amano la vita modesta, le cose umili e i toni dimessi, i futuristi esaltano
la vita eroica, le grandi metropoli e i toni violenti. Inoltre mentre i crepuscolarismo fu un
movimnto esclusivamente letterario, il futurismo vide anche applicazioni politiche e
sociali. Il futurismo ebbe il merito di aver promosso la dissoluzione dei vecchi contenuti
e vecchie forme linguistiche e metriche per giungere ad una forma d’arte nuova.
BIBLIOGRAFIA
1. Italo De Bernardi, “Disegno storico della letteratura italiana”,
Società Editrice Internazionale
2. Angelo Gianni, Mario Balestreri, Angelo Pasquali, “Antologia della
letteratura italiana, III”
3. Giulio Ferroni, “Storia della letteratura italiana, Dall’Ottocento al
Novecento”, Ed, “Einaudi”, 1991
4. Garzanti, “Storia della Letteratura Italiana, Il Novecento”, Nuova
Edizione Accresciuta E Aggiornata Diretta Da Natalino Sapegno
5. https://www.skuola.net/appunti-italiano/novecento/900-autori-
opere/crepuscolari-futuristi93917x.html
6. https://library.weschool.com/lezione/riassunto-crepuscolarismo-
gozzano-corazzini-moretti-6686.html