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Il decadentismo Italiano

Emanuela Fugazzotto
4 giugno 2021

1 Il Decadentismo
Il Decadentismo è un movimento letterario che nasce in opposizione alle concezioni naturaliste, ve-
riste epositiviste negl'ultimi decenni dell'800.Si aerma dapprima a Parigi, distaccandosi dai così
detti Parnassiani(poesia accademica) e dal culto per il dato oggettivo teorizzato sia dal naturalismo
che dal positivismo.
Il Decadentismo inizia ucialmente in seguito alla pubblicazione del sonetto del poeta Paul Ver-
laine "Languore". Il sonetto mette in evidenza l'atmosfera di stanchezza ed estenuazione spirituale
dell'impero romano alla ne della decadenza, incapace di atti eroici, dominato dalla noia e impe-
gnato in vuote esercitazioni letterarie.Il poeta mette ben in evidenza lo stato d'animo condiviso
dagl'artisti del tempo:la ne, il disfacimento di una civiltà. Qieste idee cominciano a circolare
con le avanguardie che si ribellano alla mentaliyà borghese, tipico atteggiamneto "bohemien" già
introdotto dalla Scapigliatura.In Francia si ispirano al poeta Boudelaire.lL'accezione iniziale era ne-
gativa, ma i poeti che lo adottano ne rovesciano il senso per indicare lo stato di privilegio spirituale
del poeta:

ˆ da un lato all'ottimismo dei conteomporanei il poeta decadente oppone la condizione del


poeta sdraticato che prova disgusto per la società e verso l'ipocrisia che la domina, così
ricerca verso una bellezza insolita e preziosa, evadendo nel mistero e nel sogno.

ˆ dall'altro lato il poeta per evadere fa uso di alcool , droghe, immergendosi in un mondo
allucinatorio e illusorio,che egli ritiene magico e sacro. Il poeta attraverso un' illuminazione
può cogliere la realtà vera.Il poeta diventa veggente e coltiva la sua sensibilità entrando in
contatto con realtà misteriose che esprime nei suoi versi attraverso l'uso di simboli e di un
linguaggio analogico.
Tratti del Decadentismo:

1. riuto del razionalismo positivista e delle poetiche ad esso ispirate, a cui vengono con-
trapposte concezioni dell'arte che respingono l'imitazione della realtà. Il Simbolo ac-
quista importanza, Boudelaire aveva individuato delle corrispondenze con la natura che
diviene una foresta di simboli
2. riuto delle norme morali a cui si contrappone l' estetismo : la bellezza è un valore
supremo e assoluto

3. l'artista maledetto escluso dalla società e superiore al gregge di conformisti e tradizio-


nalisti

4. attrazione per i tratti oscuri e irrazionali: istinto, inconscio, stati morbosi

5. forte intreccio fra tutte le espressioni artistiche

6. vengono indebolite le regole sintattiche e il verso perde man mano ogni limitazione, così
come accade per le arti gurative, l'arte evolve verso l'astrattismo.

Il poeta decadente è pervaso da un senso di impotenza che lo induce a fuggire dalla realtà
e a vivere ai margini della società, sicuro solo di una cosa: di non avere certezze:il poeta
veggente attraverso i senti è in grado di andare aldilà della realtà apparente per scoprire la
vera realtà. Ma questa realtà è frammentaria e soggettiva, ogni poeta la interpreta a modo
proprio .

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Fino al verismo vi era una netta distinzione fra oggetto pensato e soggetto pensante, dalla crisi del
positivismo in poi, il mondo perde la sua oggettività, il poeta ha una visione soggettiva del reale,
una realtò quindi frammentaria .

2 Giovanni Pascoli
Giovanni Pascoli è uno dei principali poeti del Decadentismo italiano: sebbene, contrariamente a
quella di D'Annunzio, la sua vita non sia caratterizzata da eccessi e sregolatezze, rientra ugualmente
nel movimento del Decadentismo grazie al suo espressionismo simbolista: egli, infatti, porterà una
grande innovazione alla modalità espressiva della poesia, creando un linguaggio fonosimbolista.

2.1 Poetica

I decadenti hanno una concezione della realtà per cui il mondo è visto attaverso il vero del sogno e
perde ogni consistenza oggettiva, e spesso l'io soggettivo tende a identicarsi nel mondo stesso, per
cui il poeta veggente interpreta in maniera personale, lirica e soggettiva l'esistenza, non creando
nessuna distinzione tra l'io pensante e l'oggetto pensato. Possiamo dire che Giovanni Pascoli
rientra di diritto in questa visione del reale della cultura decandente. Della visione del mondo
sopra citata scaturisce con perfetta coerenza la poetica pascoliana, che egli esprime con la prosa
Il fanciullino, pubblicato sulla rivista Marzocco nel 1897. Anche il poeta fanciullino dà un nome
alle cose, e trovandosi come in presenza del mondo novello, deve usare un linguaggio che si possa
sottrarre a quei meccanismi conosciuti della comunicazione abituale, e sappia andare soprattutto
all'origine delle cose. Dietro la metafora del fanciullino è facile scorgere una poesia intesa come pre-
razionale, alogica, immaginosa; questa metafora ha le sue radici nel romanticismo, durante il quale
si stabilì l'uguaglianza tra i fanciulli primitivi e la scelta di esaltare il loro modo ingenuo, fantastico
e fantasioso di rappresentare il mondo. Ma ciò che conduce Pascoli in una dimensione decadente
è altro: grazie al suo modo fantastico di vedere le cose, il poeta fanciullo (senza farci scendere ad
uno ad uno i gradi del pensiero, come scrive Pascoli ne Il Fanciullino, seguendo il metodo logico e
scientico) ci fa sprofondare immediatamente nell'abisso della verità. L'atteggiamento intuitivo e
allo stesso tempo irrazionale consente una profonda conoscenza della realtà, e permette di cogliere
direttamente l'essenza delle cose senza la mediazione della logica nè del procedimento scientico.
Quindi il fanciullino scopre nelle cose le relazioni e le somiglianze che esistono tra di loro, cioè la
corrispondenza di misteriosi legami tra il presente e il reale che unisce come una rete di simboli
e sfugge alla percezione abituale come una prigioniera delle convinzioni che si sono stilizzate nel
tempo. Il poeta appare come un veggente (cioè è dotato di una vista più acuta rispetto a quella di
tutti gli uomini comuni) e, grazie al fatto che abbia conservato dentro di se quella parte fanciulla
che gli uomini comuni hanno invece soocato, riesce ad attingere all'ignoto ed esplorare il mistero.
Si vede chiaramente come la poetica pascoliana al pari con la sua visione del mondo rientri in
un ambito prettamente decadente. In questo ambito culturale Giovanni Pascoli aerma il suo
concetto di poesia pura: la poesia non deve avere dei ni estrinseci, pratici, il poeta canta solo
per cantare, non deve assumere il ruolo di ammonitore, di maestro, di pedagogo, poichè non si
propone nè obiettivi civili nè morali nè pedagogici nè propagandistici; tuttavia, la poesia senza
aggettivi, poesia in quanto poesia, la poesia pura, spontanea e disinteressata, può ottenere eetti
di suprema utilità a livello morale e sociale, e infatti cita come esempio di poesia pura Virgilio,
che fece poesia senza pensare ad altro, cantò per cantare, ma proprio attraverso questa eusione
immediata del canto insegnava ad amare la vita, con cui non fosse lo spettacolo, nè doloroso
della miseria nè invidioso della ricchezza; egli voleva abolire la lotta tra le classi e la guerra tra i
popoli. Il sentimento poetico pascoliano, dando voce al fanciullino che c'è in ognuno di noi, dice
il Pascoli, sopisce gli odi e gli impulsi violenti che sono proprio degli uomini, perciò induce alla
bontà, all'amore, alla fratellanza; non solo rende il pastore paco della sua capanna, il borghese
del suo appartamento, ma placa il desiderio di accrescere i propri possessi che spinge gli uomini
a sopraarsi gli uni sugli altri. Nella poesia pura del fanciullino, che il Pascoli denisce in questo
suo saggio, vi è implicito un messaggio sociale, che naturalmente si traduce in utopia umanitaria
che invita tutti gli uomini ad aratellarsi, al di là delle barriere di classe e di nazione che li
separano e li contrappongono gli uni agli altri. Questo desiderio di aratellamento ha spinto il
celebre critico Edoardo Sanguineti a parlare dell'homo pascolianus come un tipo sociologico che è
ben individuabile nella compagine storico-sociale della ne dell'800. Questo Pascoli, che è stato

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studiato anche scolasticamente, oggi non attira più, perché c'è un altro Pascoli che sorprende per la
novità della sua poesia e soprattutto per la forza d'urto che questa sua poesia rappresenta rispetto
alla tradizione. Infatti, questo è un Pascoli inquieto, tormentato, morboso per certi versi, anche
visionario, che si inserisce molto bene nel panorama culturale del decadentismo europeo. Il Pascoli
decadente (che troviamo nelle raccolte di Myricae e nella raccolta dei canti di Castelvecchio) è
in perenne ascolto del mistero della vita, che è al di là delle cose per come sono conosciute così
come la tradizione le vuole, e che soprattutto sa rendere la presenza di questa seconda dimensione
caricando gli oggetti più comuni di sensi alogici, simbolici e allusivi; egli proietta nella poesia le
sue ossessioni più profonde, portando alla luce i mostri, le zone oscure e torbide della sua psiche,
e anche una sensualità perversa che porterà fuori in alcune sue poesie come Gelsomino notturno o
Digitale purpurea; saprà esprimere, pur proiettando nell'antico come farà nel poemetto Alexandros,
le scontte esistenziali e le delusioni dell'animo moderno, il senso di inadeguatezza della realtà
rispetto al sogno, e soprattutto il fascino dell'irrazionale. È il Pascoli che trasforma i dati oggettivi
oerti dalla sensazione in gioco di parvenze illusorie, e soprattutto che disgrega l'ordine del reale
dilatando smisuratamente il minimo particolare oppure rendendo piccolo ciò che è grande. Al
di là del poeta pedagogo e del poeta maestro, cantore della normalità borghese, si delinea un
grande poeta del decadentismo, un poeta dell'irrazionale capace di raggiungere nell'esplorazione di
questa zona inedita e aascinante profondità inaudite. Per questo il poeta fanciullo di cui parla il
Pascoli può essere considerato un poeta decadente, il quale esprime con la sua poesia quel senso di
smarrimento e di angoscia di un periodo pieno di tensioni, che è proprio quello della ne dell'800
ed inizi del 900. Ci sono due Pascoli che abbiamo individuato no a questo momento, quello legato
alla tradizione e quello innovativo, che tutta via hanno una radice comune, cioè la poesia e temi
fondamentali che esprime nel fanciullino come il nido e il nucleo famigliare, la morte, la mediocrità
pacata del piccolo borghese, le piccole cose, la fratellanza; tutti questi temi, che rappresentano la
base comune su cui si muove il Pascoli, sono una sorta di baluardo che il Pascoli stesso pone per
potersi difendere dall'urgere di forze minacciose, che il poeta avverte con inquietitudine, sgomento
e paura. Infatti nel discorso pronunciato a ne `800 intitolato La Sala egli sostiene che <stanno
nascendo nuove Babeli e nuove Cartagini e nuove Rome mostruose, innite, laddove il campicello
è sostituito dal campo, poi dalla tenuta e dal latifondo. Intere nazioni> aerma il Pascoli <sono
espropriate dalla proprietà fondiaria, i più forti ingoiano i più deboli; verrà tempo in cui si potrà
denotare per nome l'unico possesore di tutto il mondo, un tiranno a cui servizio ci sarà il genere
umano di schiavi. Si presenta ai nostri occhi l'orribile galera terracquea, in cui tutti gli uomini
lavoreranno meccanicamente, parlando, o meglio, tacendo in una sola lingua, ubidendo ad un solo
despota che impera nell'unica Babilonia>. Attraverso questo discorso è ben chiaro che il poeta
aveva dentro di sè chiari i processi contemporanei della concentrazione monopolistica, i conitti
imperialistici tra le potenze europee che minacciano una prossima guerra mondiale, il pericolo
dell'instaurarsi di regimi totalitari, come avverrà agli inizi del `900 e dei queli egli prova orrore.
Sono queste paure che lacerano la coscienza della modernità e che fanno aorare i mostri nascosti
nel profondo, che il poeta delle piccole cose aveva ben presenti nel suo animo, e chiudersi dentro
i conni del suo cantuccio d'ombra (come lui stesso lo chiama) del mondo agreste, del nido, degli
aetti famigliari e domestici del ripetersi sempre uguale del ciclo naturale dei lavori campestri,
per lui assume il valore di una difesa che gli permette di neutralizzare ciò che il poeta sente
e avverte oscuramente muoversi nel fondo della sua anima. Tuttavia, non tutta la sua poesia
obbedisce a questo bisogno di rimozione: Pascoli in molti suoi componimenti farà in modo che le
sue inquietudini aorino violentemente sulla pagina, utilizzando un nuovo linguaggio che lo pone
tra tradizione e sperimentalismo.
Lo sperimentalismo pascoliano ha più livelli:
ˆ Livello sintattico Egli innaugura una nuova forma sintattica. La frammentazione dell'esistenza
che egli avverte al di là di quella apparente e reale si traduce nel suo modo di scrivere, infatti
la sintassi è paratattica (la coordinazione prevale sulla subordinazione per asindeto), le frasi solo
ellittiche, mancano del soggetto, del verbo, assumono la forma nominale e rendono al massimo quel
senso di frantumazione che è tipico della poesia pascoliana e che egli vuole esprimere nei contenuti
e nello stile. Come ha osservato il critico Sanguineti, i suoi versi appaiono come fossero immersi in
una realtà del sogno. Non essendoci più gerarchie nel mondo pascoliano, si introduce un relativismo
che, come sostiene Barberi Squarotti, non ha più punti di riferimento esterni oggettivi.
ˆLivello lessicale Pascoli non usa un lessico normale, ssato dentro un codice di comunicazio-
ne usuale com'era proprio di tutta la tradizione mono-linguistica che lo aveva proceduto sin dal
Petrarca, ma lui mescola diversi codici linguistici, allinea termini tratti dai settori più disparati.

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Infatti, possiamo trovare nella sua poesia termini elevati e aulici tratti dalla tradizione antica, ter-
mini gergali o dialettali, ancora tratti dal mondo campestre, una minuziosa e precisa terminologia
botanica e ornitologica, termini colloquiali, termini stranieri, termini antichi riportati nella loro
graa originale. Tutti i codici vengono mescolati tra loro e costituiscono una prularità lessicale.
Come dice il Contini, quando si usa un linguaggio normale vuol dire che dell'universo si ha un'idea
ben precisa, che si crede un mondo certo e ontologicamente ben organizzato. L'eccezione alla norma
signicherà che il rapporto tra l'io e il mondo in Pascoli è un rapporto critico e non più tradizionale:
è caduta quella certezza assistita di logica che caratterizzava la nostra letteratura no al primo
romanticismo. Il Contini sostiene che, no a quando i rapporti tra l'io pensante e l'oggetto pen-
santo erano rapporti gerarchici ed espressi mediante un linguaggio logico e razionale, era normale
utilizzare un linguaggio in cui nè la sintassi nè il lessico fossero quelli del Pascoli; quando questo
rapporto tra l'io pensante e l'oggetto pensato si infrange e non è più chiaro è naturale che anche il
concetto debba essere espresso con un linguaggio diverso. Pascoli introduce un linguaggio allusivo,
evocativo, musicale, simbolico; nella frantumazione dei versi aggiunge un linguaggio analogico e le
metafore (sostituzione del termine con uno gurato, e che ha con il primo un rapporto di somi-
glianza); nel linguaggio analogico, l'analogia pascoliana non si accontenta di una somiglianza tra
due oggetti che possa essere facilmente riconosciuta perchè consolidata dall'uso, dalla conoscenza,
dalla tradizione, ma accosta in maniera impensata e sorprendente due realtà remote, eliminando
per di più i passaggi logici intermedi e identicando immediatamente gli estremi, costringendo così
quasi a un volo pindarico dell'immaginazione tramite un discorso allusivo.
ˆ Livello fonico-metrico Grandissima rilevanza nella poesia pascoliana hanno gli elementi foni-
ci, cioè quei suoni che compongono le parole. Quelle che colpiscono di più sono le formule che il
Contini denisce cisi linguistiche o pre-grammaticali, che non hanno un valore semantico (cioè che
non rimandano ad un signicato concettuale come generalmente è conosciuto nel linguaggio gram-
maticalizzato) però rimandano direttamente all'oggetto, come per esempio le onomatopee (suono
delle campane don don) che in Pascoli hanno un forte signicato simbolico e assumono quasi il
valore di comunicazione di messaggi arcani, misteriosi, appartenenti ad un altro mondo. Queste
onomatopee non mirano a una riproduzione puramente naturalistica del dato oggettivo, ma indi-
cano l'esigenza di aderire immediatamente all'oggetto, di penetrare nella sua essenza più segreta
evitando le mediazioni logiche del pensiero e della parola codicata; rientrano nella visione alogica
del reale che è propria di tutta la poesia pascoliana. Accanto all'uso delle onomatopee, i suoni
usati da Pascoli possiedono un valore fono-simbolico, cioè tendono ad assumere un signicato di
per se stessi senza rimandare al signicato della parola, perciò vengono utilizzate alcune lettrere
le quali si ripetono e che rimandano ad un signicato che è al di là di quello che esse vogliono
intendere, infatti è fatto un grande uso di allitterazioni consonantiche e vocaliche, e attraverso i
procedimenti alogici egli rimanda ad un concetto (un esempio che si può ricavare è presente nel
Gelsomino notturno, e spesso vengono ripetuti i fonemi l e a dell'avverbio la, che sono ripresi
continuamente nel testo per indicare la lontananza della casa dove vi è quell'intimità domestica,
famigliare e amorosa da cui il poeta si sente costntemente escluso).
ˆ Livello metrico La metrica utilizzata è apparentemente tradizionale, ma anche qui è presente
lo sperimentalismo; è vero che si muove sullo schema dei metri conosciuti (tra cui egli predilige il
novenario), ma in realtà questi materiali metrici sono utilizzati dal poeta in direzioni personalissi-
me, con il gioco degli accenti (Pascoli sperimenta alcune cadenza ritmiche inedite). Anche il verso
è frantumato al suo interno, interrotto da numerosi segni di interpunzione; la frantumazione del di-
scorso è accentuata dal frequentissimo uso degli enjamblement che spezzano i sintagmi più comuni
come il soggetto e il verbo, l'aggettivo e il sostantivo. . . Il Pascoli continua quella sperimentazione
metrico-linguistica che era già iniziata con Leopardi dal punto di vista metrico e che poi esploderà
all'inizio del Novecento con la poesia degli Ermetici, optano a scelte analoghe a quelle pascoliane
(sintassi spezzata, frantumata ed ellittica) come conseguenza ad una crisi delle strutture logiche e
gerarchiche del mondo.
In sintesi, per:

ˆ la sperimentazione in campo metrico di ritmi inediti;

ˆ la frantumazione del verso; la ricerca di un valore musicale della parola attraverso la risco-
perta del fonosimbolismo;

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ˆ l'uso di un linguaggio analogico ed evocativo, musicale, che conferisce alla parola una riso-
nanza che rimanda ad un mondo misterioso, spontaneo, inquieto;
si è potuto parlare di un Pascoli verso, o addirittura dentro, il Novecento.

2.2 Myricae

156 componimenti, "Myricae" (tamerici) diventano simbolo delle piccole cose che voleva cantare.
Piccoli componimenti che hanno il carattere di quadretti di vita campestri ritratti ocn gusto im-
pressionistico vanno aldilà dei dati reali, tutti gli elementi naturalisti alludono a una realtà che va
aldilà di quella apparente. I due grandi temi della raccolta sono il tema della morte e del nido.
In Myricae vi è la valorizzazione del frammento per cui da una descrizione naturali si può risalire
a quello che è un evento autobiograco.
Dal momento impressionistico si passa a quello simbolico soggettivo a quello simbolico
oggettivo

2.2.1 L'assiuolo

L'"assiuolo" è stato denito un capolavoro di impressionismo simbolico, in cui dalla rappresentazio-


ne del reale si arriva un'interpretazione soggettiva e lirica dell'elemento realistico. Il protagonista
dell'"assiuolo" è un rapace notturno simile al gufo che emette un verso malinconico simile a un
lamento che il pascolo rende in maniera onomatopeica col termine chiù . Nella prima strofa viene
descritto un paesaggio lunare in cui il poeta si chiede dove si trovasse la luna: o la luna è già sorta,
oppure come sostiene l'altra parte della critica, accreditata da tracce manoscritte individuate da
Giuseppe Nava, questo è il momento in cui la luna si debba ancora mostrare e sparga nel cielo
il suo chiarore da dietro l'orizzonte. Già nella prima strofa è possibile individuare il simbolismo
pascoliano nell'uso di gure tipiche so di lampi sinestesia(attraverso i so di lampi il poeta
scorge in maniera frammentaria la realtà) sia con l'uso della metonimia nero di nubi (astratto
per il concreto) e nell'onomatomea il verso dell'assiuolo il chiù . Il carattere simbolico è dato oltre
che dalle gure retoriche, dall'atmosfera di mistero che pervade questa strofa. Seconda strofa:
struttura anaforica nel vero 11,12 e 13 ( sentivo ), in quest'ultimo verso viene spezzato sul piano
semantico,sentivo sta per avvertivo;il chiù acquista una struttura onomatopeica.
terza strofa : le lucide (perché illuminate dalla luna) vette, squassavano (riproducevano un ru-
more) che ricordavano al poeta i sistri d'argento (strumento musicale egiziano)dal simbolismo
naturale(sbattere delle ali delle cavallette) si passa ad un simbolismo culturale(sistri d'argento) at-
traverso un linguaggio analogico; però sempre analogicamente il poeta apre una parentesi e poi la
chiude(tintinni...) i rumori dei sistri potrebbe essere collegato a quel momento in cui l'uomo lascia
la vita, il punto interrogativo secondo un procedimento alogico e analogico potrebbe ricollegarsi
alla problematicità che il Pascoli rivela a proposito della resurrezione dopo la morte. un Climax
ascendete della gura onomatopeica del chiù che prima era una voce, poi un singulto e inne un
pianto.Il pianto che umanizza il verso dell'uccello e da un punto di vista simbolico umanizza il
pianto di tutti gli uomini.

2.2.2 Lavandare

"Lavandare" è un madrigale (endecasillabi organizzati in due terzine e una quartina). Nella prima
strofa rappresentazione paesaggistica di un campo in cui spicca l'immagine dell'aratro che per mez-
zi di impressioni visive si avverte la sensazione di abbandono trasmessaci dall'aratro.Nella seconda
strofa dal canale si sentono in lontananza (impressioni uditive) i ton (ton ricorda onomatopei-
camente il rumore dei panni sbattuti) dei panni e il triste canto delle lavandaie che vedono i loro
uomini partire e si sentono abbandonate.Versi 9-10 sottolinea il senso di solitudine e di abbandono
attraverso un procedimento alogico e un linguaggio analogico.
Primo strofa allitterazione di m , nell'ultima strofa l'alltterazione in t mette in evidenza lo stato di
abbandono delle lavandaie abbandonate in mezzo al campo.
In "Lavandare" ciò che conta non è la rappresentazione veristica del paesaggio ma ciò che le impres-
sioni provocano nel poeta, l'interpretazione soggettiva e lirica che il poeta gli attribuisce. L'alatro
e la donna diventano simboli della condizione umana del destino di tutti gli uomini.

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2.2.3 X Agosto

Dedicata alla morte del padre, il quale faceva l'amministratore in una proprietà terriera dei principi
Torlonia e viene ucciso con una fucilata in calesse. Pascoli dice di aver fatto delle ricerche e sarebbe
risalito al nome dell'omicida del padre, difatti nulla fu provato e il poeta rimane con questo dolore
grandissimo, tema della sua poesia. La poesia suddivisa in 4 sezioni: La prima riguarda la notte di
San Lorenzo in cui al poeta sembra che la natura partecipi al dolore del poeta attraverso la pioggia
di stelle cadenti. La seconda strofa attraverso un parallelismo collega la morte del padre a quella di
una rondine. Dai versi della 3 e 4 strofa con una sorta di volo pindarico collega il destino del padre
con quello della rondine che torna al suo nido.Nell'ultima strofa viene rinserito il tema della natura
attraverso l'invocazione al cielo ma adesso no risulta più partecipe ma lontano e indierente al
destino dell'uomo e si limita a riversare un pianto di stelle sulla terra "atomo opaco del Male". La
vicenda descritta dal poeta diventa vicenda del male universale. Le 4 strofe centrali sono costruite
per mezzo di un parallelismo tra la rondine e il padre di Pascoli, parallelismo concettuale e sintattico
infatti i due periodi ai vv. 9( tende...) e vv.19(addita...) segnalano quel gesto disperato ma inutile
di invocazione rivolta verso il cielo. La prima e l'ultima strofa si corrispondono sintatticamente
attraverso il vocativo San Lorenzo e Cielo
, e il pianto di stelle che però nella prima strofa partecipa
al dolore del poeta, nell'ultima è indierente. in X Agosto Pascoli cerca di arontare la presenza
del male in maniera religiosa e talvolta metasica(crisi del positivismo) : ogni vittima innocente
che cade sotto i colpi del destino diviene immagine di Cristo e il cielo piange. Ma il poeta non
approda mai a una religione positiva perché il sacricio delle vittime innocenti non ha il signicato
del sacricio di Cristo che preannuncia la salvezza. In Pascoli il sacricio non crea una salvezza ,
non porta a una fase di giustizia.

2.3 Canti di Castelvecchio

I "Canti di Castelvecchio" costituiscono un'opera più matura del Pascoli, pubblicata nel 1903. I due
motivi dominanti sono sempre quello naturalistico e della morte(soprattutto la morte del padre),
mentre al carattere frammentario di Myricae si sostituisce una liricità più distesa(conseguenza
di una visione più serena, più matura della realtà) e narrativa(tipica dei decadenti).La novità
consiste invece da un punto di vista metrico e stilistico. Modello è leopardi (canzone libera) ma lo
sperimentalismo continuerà sino agli Ermetici con Ungaretti e Montale. La poesia canta sempre
le "piccole cose" ma Pascoli vuole raggiungere un registro linguistico sublime perché sostiene che
la vita può essere vista dal punto più basso ma anche da quello più alto, elevandola attraverso il
linguaggio.

2.3.1 Il gelsomino notturno

"Il gelsomino notturno" costituisce in senso proprio una poesia di occasione, nonostante ciò coin-
volge profondamente la psicologia del poeta; difatti è un testo peculiare per comprendere la poetica
dell'autore: partendo da episodi comuni vengono tradotti in un linguaggio simbolico con un valore
soggettivo e poi oggettivo.La poesia, composta in occasione del matrimonio di un amico intimo
del poeta crea un parallelismo estremamente delicato(attraverso un linguaggio analogico , gure
retoriche e collegamenti alogici), fra la fecondazione dei ori e della novella sposa, dall'initimità
dei due sposi il poeta è come l'ape che arriva tardi alle celle dell'alveare chiuse,è escluso è al rito
della prima notte di nozze contrappone sul proprio rito mortuario ricordando nel frattempo i propri
cari(nell'ora che penso ai miei cari, nasce l'erba nelle fosse...). Le sensazioni sono sia uditive che
visive. Inoltre in Pascoli vi è una tendenza alla naturalizazzione dell'uomo e all'umanizazzione dei
dati naturali.

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