Sei sulla pagina 1di 4

IL DECADENTISMO

Nel 1883 sul periodico parigino “LE CHAT NOIR” (il gatto nero), Paul Verlaine pubblicò un sonetto
“Langueur” (Languore), in cui Verlaine stesso si identificava con l’atmosfera di stanchezza dell’Impero
Romano durante il periodo di Decadenza, caratterizzato da un senso di vuoto e di noia. Il sonetto riporta
perfettamente lo stato d’animo diffuso nella cultura di quel tempo.
Vi è un’ammirazione per le epoche di decadenza come la Grecia alessandrina e l’età bizantina. Infatti, in
questo periodo è forte il desiderio del lusso raro e prezioso proprio per sfuggire alla sensazione di noia.

Il termine "decadentismo" venne assunto, con significato positivo, dal movimento francese dei décadents.
In generale però fu usato in senso negativo, per indicare un periodo culturale di decadenza dei costumi e di
corruzione artistica e morale.

Questo significato negativo fu sviluppato da due grandi critici e filosofi, l'italiano Benedetto Croce e
l’ungherese Lukács. Per Croce la letteratura italiana successiva a Carducci appare affetta dalla «malattia
romantica», per Lukács, la letteratura naturalista e quella decadente esprimono una incapacità di
partecipazione alla vita.

In Italia una svolta degli studi è stata segnata da Walter Binni, il quale nel libro “La poetica del
decadentismo” afferma che si deve considerare il Decadentismo come una civiltà artistica autonoma e
distinta, dotata di caratteri propri con una sua specifica cultura.

Successivamente Carlo Salinari, ha studiato l'ideologia del Decadentismo italiano, mostrandone le


connessioni politiche con la cultura dell'imperialismo ma cercando di salvarne i valori estetici.

Questi critici considerano "decadente" tutta la letteratura del primo ventennio del Novecento mentre
secondo altri critici (Luperini e Giovannetti), solo Fogazzaro, Pascoli e d'Annunzio possono essere
considerati decadenti, mentre i poeti come Pirandello e Svevo, appartengono alle avanguardie
primonovecentesche.

Verlaine nel 1883, sulla rivista “Lutece” fece i nomi dei più significativi esponenti di questo gruppo,
indicandoli come “poètes maudits” poeti maledetti.

Tuttavia il termine “Decadentismo” è stato assunto solo in Italia perché infatti negli altri paesi si preferiva la
denominazione “Simbolismo”.

LA VISIONE DEL MONDO DECADENTE


In maniera simile all’atteggiamento Romantico, il Decadente ha alla base della sua visione un
irrazionalismo misticheggiante. Egli infatti rifiuta ogni tipo di razionalismo che sta alla base della visione
positivistica della civiltà borghese, rifiutando inoltre la concezione che si andava sviluppando in quel
periodo della scienza come mezzo per giungere alla conoscenza del reale.
Secondo il Decadente al contrario solo attraverso l’abbandono alla sfera irrazionale, si può giungere alla
visione dell’ignoto che altrimenti rimarrebbe oscurato.

Questa concezione fu formulata già nel sonetto” corrispondenza dei fiori del male” di Charles Baudelaire,
che è considerato uno dei manifesti più importanti della corrente decadente.

Altro elemento fondamentale riguardante questa corrente, è l’elemento dell’inconscio, che possiamo
definire come il suo nucleo più autentico. Basandosi sulle teorie di Freud che voleva sottoporre l’inconscio
al dominio dell’io, i decadenti vogliono il processo inverso. Vogliono infatti che sia l’io ad immergersi
completamente nell’oscuro inconscio, distruggendo così ogni legame razionale.
TEMI E MEZZI
I mezzi utilizzati dai decadenti sono la malattia, la follia, la nevrosi, il sogno, l’incubo, cioè quegli stati di
alterazione, che possono essere provocati anche attraverso l’uso di alcool e droghe, che permetto di
sottrarsi al controllo limitante della ragione, in modo tale da immergersi nell’oscurità dell’inconscio e quindi
di scoprire l’ignoto.
La malattia è intesa come metafora di un momento di crisi o di smarrimento. Essa, d’altro canto, diventa
una condizione privilegiata, segno di nobiltà, che permette di scovare l’ignoto. La malattia viene intesa però
anche come la malattia delle cose e in particolare tutto ciò che è corrotto e impuro (la città di Venezia è
infatti la città decadente per eccellenza).

L’immagine della morte è un’altra figura centrale decadente che rappresenta uno dei temi dominanti. Alla
morte si oppongono però delle tendenze opposte quali il VITALISMO, esaltazione della pienezza vitale e
della ricerca di piacere e il SUPERONISMO, cioè la celebrazione della forza che permette di prevalere sui più
deboli (SUPERUOMO DI D’ANNUNZIO).

In questo periodo inoltre si sviluppa anche il concetto di panismo, inteso come l’annullamento dell’Io nel
mondo. L’io diventa quindi ogni minimo particolare, un fil d’erba, polvere, tutto. In questo modo, attraverso
questo annullamento, potenzia all’infinito la propria vita rendendola divina. Questo atteggiamento è
appunto il panismo e sarà utilizzato soprattutto da D’Annunzio.

Inoltre in questo momento storico si diffonde anche il concetto di epifania (epiphania che in greco significa
“apparizione”) intesa come un aumento di intensità di qualsiasi particolare che, se in un primo momento
sembrava insignificante, ottiene una sorta di potenziamento infinito e affascina quindi come se fosse una
rivelazione momentanea dell’assoluto. Per questo chiamata epifania.

GLI EROI DECADENTI


Nascono gli eroi decadenti:

- L’artista “maledetto” che sceglie il male e si compiace di una vita misera con uso anche di alcol e
droga;
- L’esteta cioè l’uomo che vuole trasformare la sua vita in arte andando costantemente alla ricerca
del sublime e dei piaceri, avendo disprezzo per la vita comune e monotona;
- L’inetto a vivere, cioè colui che si sente escluso dalla vita e che quindi può solo rifugiarsi nelle sue
fantasia in quanto egli si sente impotente e sterile. (un esempio è il fanciullino di Pascoli che,
sentendosi escluso dal mondo, rifiuta la condizione adulta e desidera una regressione alla forma di
coscienza anteriore alla vita logica);
- La donna fatale, dominatrice dell’uomo debole, il quale viene portato da questa alla follia e alla
distruzione.

ESTETISMO - STILE
Tra gli strumenti più utilizzati dai decadenti c’è sicuramente l’arte. I poeti non sono solo degli artefici della
parola ma sono anzi considerati come dei sacerdoti di un vero e proprio culto capaci di guardare oltre
rispetto all’uomo comune. Questo culto religioso che ha come centro l’arte, è chiamato ESTETISMO.
Al centro dell’esistenza dell’esteta ritroviamo il bello. Arte e vita sono la stessa cosa. Per questo motivo
l’esteta va continuamente alla ricerca del sublime rifiutando la banalità e la volgarità dell’uomo comune.
Esempi di estetisti sono OSCAR WILDE e GABRIELE D’ANNUNZIO. Questi poeti rifiutano in ogni modo di
rendere l’arte voce di valori morali, e così l’arte diventa autocelebrazione, celebrazione di sé stessa e quindi
ARTE PURA.
L’OSCURITA’ DEL LINGUAGGIO
La parola poetica assume un valore puramente suggestivo ed evocativo.
C’è quindi una rivoluzione del linguaggio poetico in cui la parola assume il valore di una formula magica
capace di rivelare l’ignoto. (Anche se il poeta vuole comunicare ciò, tuttavia egli lo fa in maniera oscura, al
limite dell’incomprensibilità).

In questo periodo inoltre la parola assume anche un carattere puramente aristocratico in quanto i poeti,
rifiutando con orrore e disprezzo il pubblico volgare e borghese, si rifugiano nel linguaggio ermetico e
cifrato creando così una rottura tra il poeta e il pubblico.

LA MUSICA
Altro valore fondamentale lo aveva inoltre la musicalità. La musica era infatti la più suprema tra le arti in
quanto è dotata di mistero e capace di creare la comunione mistica con l’assoluto. (Quindi la sintassi si fa
vaga e imprecisa, oltre che ambigua).
IL LINGUAGGIO ANALOGICO E LA SINESTESIA
Lo strumento linguistico più usato è però quello metaforico. La metafora infatti è l’espressione di una
visione simbolica del mondo.
La metafora decadente è però diversa da quella tradizionale (che implica solo una somiglianza tra due
concetti), infatti essa istituisce legami tra realtà distanti dove il secondo termine di paragone è spesso
oscuro e misterioso. Inoltre vi è il rapporto simbolico che è diverso da quello allegorico, in quanto questo
instaura un rapporto tra significante e significato, invece il simbolo è oscuro e misterioso.

Altra funzione è la sinestesia, che consiste nell’accostamento di termini che appartengono a sensi diversi
(vista, udito, olfatto); tuttavia anche in questo caso, come per la metafora, la sinestesia decadente rimanda
a una rete simbolica che si nasconde dietro al reale.

DECADENTISMO E ROMANTICISMO – DIFFERENZE


Il Decadentismo può essere considerato a tutti gli effetti una seconda fase del Romanticismo in quanto
possiedono entrambi quasi le stesse tematiche trattate in modi differenti, in particolare l’accettazione della
sfera irrazionale e dell’infinito. Ad accomunarli sono infatti la crisi della coscienza, il rifiuto della realtà e le
tematiche negative.
Sono infatti considerati fenomeni culturali paralleli

Tuttavia però ci sono anche delle differenze:

Mentre l’età romantica privilegiava lo slancio entusiastico, il Decadentismo invece è segnato da un senso di
stanchezza e smarrimento che privilegia invece il frammento, ovvero un particolare che assume il valore
assoluto, assumendo quindi lo stesso valore di tutto l’insieme

Inoltre il romantico ha un forte impegno politico e sociale, l’artista decadente invece rifiuta qualsiasi
impegno politico e sociale, ed afferma il principio della poesia pura e non contaminata.

Mentre il clima romantico era influenzato soprattutto dalla prima Rivoluzione industriale, il clima
decadente era invece influenzato da quello della seconda, con la comparsa della grande industria e quindi
abbiamo la concezione dell’impersonalità dell’uomo dinanzi alle macchine e alle società di massa. Inoltre i
nuovi processi di declassamento, sia spirituale che materiale, portano l’uomo ad azioni monotone e
ripetitive, iniziando a considerare sé stesso come un piccolo ingranaggio della gigantesca società.

Durante il decadentismo l’intellettuale perde il suo ruolo centrale e subisce un declassamento sociale
rispetto al romanticismo. Con questo l’artista è costretto a vendere sul mercato la propria arte, quindi si
parla della perdita dell’aura (perdita della sacralità dell’arte), e dell’aureola (perdita della sacralità
dell’artista). Durante questo periodo si sviluppa il topos della prostituta infatti la prostituta vende l’amore
invece l’artista vende la propria arte

È quindi questo il motivo per cui egli si rifugia nella diversità dell’estetismo e del maledettismo. Questa
coscienza si nota soprattutto nel poemetto di Charles Baudelaire “Perdita d’aureola”.

Lo spleen decadente è una forma particolare di disagio esistenziale, ma rimandato alla natura


sensibile del poeta nel suo complesso, alla sua incapacità di adeguamento al mondo reale. Lo
Spleen, a differenza del taedium vitae leopardiano, non produce riflessività sulla condizione umana,
ma si esprime a livello artistico con la descrizione degli effetti opprimenti e terribili dell'angoscia
esistenziale. Rappresenta uno stato di depressione cupa, angosciosa, dal quale è impossibile
sfuggire.

FILOSOFIE DI QUESTO PERIODO

Secondo Schopenhauer noi siamo, oltre che rappresentazione, anche corpo e in quanto tale ci viviamo da
dentro. È la voglia di vivere che ci permette di abbandonare l’illusione e afferrare la cosa in sé. Più che
conoscenza o intelletto, noi siamo volontà.

Affermare che l’uomo è volontà equivale a dire che la vita è dolore perché volere significa desiderare un
qualcosa che non si possiede e che comporta ad uno stato di tensione per la mancanza di qualcosa.

Inoltre il godimento e la gioia, come già detto da Verri e Leopardi, sono una cessazione temporanea di
dolore. Perché ci sia piacere è infatti necessario ci sia una situazione precedente di dolore.

Le vie di liberazione al dolore sono 3:

- L’arte

- La morale

- L’ascesi

All’opposto si colloca la filosofia di Nietzsche.

Contro la supremazia della razionalità scientifica e contro la mediocrità del mondo borghese, egli esalta lo
spirito dionisiaco degli antichi greci, poiché vivevano una vita originale e creativa.

L’uomo moderno invece si è lasciato imprigionare dallo spirito apollineo, che impone alle forze umane un
lucido controllo razionale.

La responsabilità ricade soprattutto sul cristianesimo, che predicando l’umiltà e la sopportazione arreso gli
uomini schiavi.

Espressione della crisi del positivismo fu anche la filosofia di Bergson, il quale ritiene che la conoscenza
scientifica sia in adatta a comprendere la vita, poiché è mobile e in continua trasformazione.

A questa egli contrappone l’intuizione.

Potrebbero piacerti anche