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Negli stessi anni in cui sul piano narrativo si afferma il naturalismo che diventerà poi verismo, anche la
poesia vive un momento di rinnovamento dal punto di vista tematico e formale. Il decadentismo è
un’evoluzione del simbolismo, movimento che nasce in Francia negli anni sessanta dell’Ottocento.
Per comprendere il parallelismo tra narrativa e poesia, ricordiamo il 1857, anno in cui viene scritto sia
“Madame Bovary” di Flaubert, sia “I fiori del male” di Baudelaire. Quest’ultimo si muove tra simbolismo e
romanticismo, lo ricordiamo perché affronta i temi che sono alla base del decadentismo, cioè:
Il linguaggio si basa sull’analogia e sul simbolo; la parola chiave è il “tedio esistenziale”, che viene
identificato con il termine inglese splin: questa parola deriva dal vocabolo greco corrispondente a “milza”,
l’organo che secondo gli antichi era responsabile di un umore malinconico, di una condizione di noia,
disinteresse e depressione. Queste sensazioni rimandano al taedium di Petrarca e alla noia di Leopardi.
Mentre gli autori naturalisti rappresentavano la realtà in modo oggettivo e impersonale, i simbolisti
rivolgono l’attenzione verso il mistero che si cela dietro la realtà sensibile usando un linguaggio ricco di
analogie e musicalità. Con ,oro si afferma la figura del poeta veggente, del poeta ispirato che ricorrendo
all’alcol o alla droga riesce a svelare e comprendere il mistero della natura e a decifrare il senso nascosto
delle cose.
Molto importante è il rifiuto del razionalismo positivista in quanto viene espresso il disagio dell’autore nei
confronti della società e della borghesia che viene vista con mediocrità. Per questo motivo il simbolismo
viene considerato come un’anticipazione, una fase iniziale del decadentismo.
Un’altra esperienza che contribuisce alla nascita del simbolismo è il parnassianesimo, che ruota intorno
all’antologia poetica dell’antico parnaso. I poeti di questo movimento sostengono un ritorno delle forme
poetiche classicheggianti; è importante la loro concezione di “arte per l’arte”, secondo cui l’arte doveva
essere esclusivamente fine a se stessa; la poesia non deve mirare all’utilità sociale e morale ma deve
imporsi con la sua bellezza gratuita.
I simbolisti vengono indicati come decadenti per la loro distanza dalla società e per il loro stile di vita
irregolare e anticonformista. I simbolisti conducevano una vita che rimanda a quella dei bohemiens.
Nasce anche il dantismo, movimento con il quale si porta avanti il culto dell’uomo colto e raffinato, che
vede la sua vita come un’opera d’arte; si sviluppa la figura dell’esteta, che ricercail bello e si dedica al
piacere e alla vita mondana circondandosi di molti oggetti preziosi per fuggire da angoscia e noia e per
dimenticare il disgusto per ciò che lo circonda. Importante è il 1886, quando due anime del movimento si
definiscono da un punto di vista teorico, da una parte con la rivista “Le Decadé”, dall’altra il manifesto del
decadentismo “Le Figaro”.
BAUDELAIRE
Baudelaire è un modello per i simbolisti francesi sia per l’arte che per lo stile di vita anticonformista e
insofferente nei confronti del mondo borghese.
La sua opera principale sono “I fiori del male” del 1857 che fu vittima della censura e venne quindi
ripubblicata nel 1861. L’autore morì a causa di una paralisi.
Nel titolo dell’opera è presente un ossimoro poiché i fiori alludono alla bellezza della poesia mentre il male
alla corruzione della società. Quest’ossimoro rappresenta lo stato d’animo del poeta che, dominato dallo
splin, aspira senza sosta a ritrovare una perduta bellezza ideale. Questa situazione, porta l’autore ad una
situazione apparentemente paradossale: la bellezza viene ricercata attraverso la degradazione, attraverso
esperienze estreme grazie alle quali è possibile capire il senso nascosto delle cose.
Altre sue opere sono “I paradisi artificiali”, poemetti in prosa che si basano sul rapporto tra arte e
stupefacenti, e “Lo splin di Parigi”, dove si inaugura un nuovo genere composto da brevi poesie alternate a
parti narrative. I simbolisti, a partire dal modello di Baudelaire concepiscono l’arte come uso di conoscenze
profonde: la realtà per loro ha un significato nascosto e il compito del poeta è decifrarne i simboli insieme
alle corrispondenze tra diversi aspetti della natura. “Corrisponenze” è anche il titolo di un sonetto di
Baudelaire.
Abbiamo una nuova idea di linguaggio che viene visto quasi come una formula magica ed è ricco di
sinestesie, metafore, analogie e simboli.
Queste idee saranno pi riprese dai poeti maledetti, giovani artisti parigini attivi a partire dagli anni Settanta
dell’Ottocento. Legati da un rapporto di amicizia, sono Verlaine, Rimbaud e Mallarmé che si riconoscono
come gruppo pubblicando nel 1884 una raccolta comune sotto il titolo di “I poeti maledetti”.
- Verlaine, che viene considerato il maestro dei simbolisti, si oppone alle regole del mondo borghese,
condusse una vita segnata dall’uso dell’alcol ed ebbe una relazione con Rimbaud che venne
malvista. La sua poesia è segnata da inquietudine e malinconia, è ricca di suggestione, analogie e
simboli; inoltre è ricercata la musicalità del verso. Tra le sue opere ricordiamo “I poemi saturnini” e
“Romanze senza parole”.
- Rimbaud, è anch’egli inquieto e ribelle; tra le sue opere principali ricordiamo “Il battello ebbro”,
“Stagione all’inferno” e “Illuminazioni” che sono dei poemetti in prosa. Con lui si afferma
l’immagine del peta come figura sacra, capace di svelare l’ignoto tramite esperienze estreme e di
utilizzare un linguaggio che esprima l’ineffabile. Questo concetto è presente in ??? . Rimbaud ha
fiducia nel potere assoluto della parola.
- Di Mallarmé ricordiamo il poemetto “Pomeriggio di un fauno”, in cui usa un linguaggio oscuro ricco
di analogie e simboli che cercano di cogliere l’assoluto che risulta però sfuggente.
Nell’ultimo ventennio dell’Ottocento si afferma il romanzo decadente. Il romanzo realistico viene
abbandonato poiché ritenuto insufficiente ad esprimere le problematiche dell’uomo contemporaneo; non
abbiamo più una rappresentazione oggettiva della realtà con il romanzo decadente, ma ci si sofferma sul
mondo interiore dei personaggi che sono complessi e tormentati e appartengono al mondo aristocratico;
spesso vediamo i protagonisti delle opere in preda a nevrosi o in balia di donne fatali.
L’intreccio è subalterno all’analisi dei personaggi , lo spazio è simbolico e si fa specchio dello stato d’animo
dei personaggi; il tempo non è lineare ma segue il vagare dei pensieri dei protagonisti. Con il romanzo
decadente sparisce il narratore onnisciente e la vicenda è narrata dal punto di vista soggettivo del
protagonista. Lo stile è letterario, curato e non abbiamo più come fine un’analisi precisa della società ma si
cerca di cogliere quel senso di mistero che si nasconde dietro la realtà sensibile. Tipico di questi romanzi, è
l’estetismo, che ha come obbiettivo quello di esaltare la bellezza come valore assoluto della vita e dell’arte.
Si afferma quindi la figura dell’esteta, del Dandi raffinato e anticonformista che si isola in un sogno di
bellezza dalla volgarità e dalle ipocrisie della società, si circonda di oggetti preziosi alla ricerca di sensazioni
raffinate e languide in una mescolanza di arte e vita.
La celebrazione dell’arte come valore assoluto corrisponde alla perdita d’importanza dell’artista in una
società che mira esclusivamente all’utile; per questo i letterati reagiscono emarginandosi, rivendicando
quei valori estetici che la massa non può comprendere e apprezzare. Significativo in quest’ottica è il fatto
che i protagonisti dell’estetismo vanno incontro ad una totale sconfitta che rispecchia la rottura tra artista e
società.
- Il desiderio di una vita eccezionale che ha come fine la ricerca della bellezza assoluta;
- Il rifiuto delle convenzioni sociali e di ogni forma di moralismo;
- L’arte è vista come l’espressione assoluta del bello;
- Persiste una relazione indissoluta tra arte e vita
Nel romanzo il protagonista subisce una sconfitta: l’arte può sottrarsi alle regole della morale e avere come
fine la bellezza assoluta, per l’uomo invece è impossibile condurre una vita che si basa sulla ricerca della
perfezione estetica.
Una tematica molto importante è quella del doppio, come nel romanzo “Dr. Jekyll and mr. Hyde”; il
narratore è esterno e il punto di vista è soggettivo. Lo stile è raffinato e ricco di aforismi e paradossi che
criticano i principi della morale corrente.
GABRIELE D’ANNUNZIO (1863-1938)
Gabriele d’Annunzio concepì’ la sua vita come una vera e propria opera d’arte, fu alla costante ricerca di
una vita inimitabile e si rifece ai principi dell’estetismo.
Nasce nel 1863 a Pescara da una famiglia borghese; nel 1874 entra a far parte del collegio Cicognini di Prato
dove, pur non avendo un’ottima condotta, riesce a conseguire la maturità classica.
Nel 1879 compone “Primo Vere”, una raccolta in versi che riuscì a pubblicare grazie ai soldi del padre. Al
fine di ottenere successo ed avere attenzioni, D’Annunzio il giorno della pubblicazione dell’opera, fece
circolare sui giornali la notizia della sua morte che sarebbe avvenuta in seguito ad una caduta da cavallo.
Nell’opera utilizza la metrica barbara pendendo Carducci come modello.
Nel 1881 si trasferisce a Roma e si iscrive alla facoltà di lettere, a abbandonerà gli studi per dedicarsi ai
salotti mondani e a frequentare diverse redazioni di giornali. Nel 1882 pubblica “Canto Novo”, una raccolta
poetica sul cui sfondo è presente una natura solare ed esuberante; anche qui la metrica usata è quella
barbara e inoltre, da Carducci riprende anche il vitalismo pagano. Nello stesso anno abbiamo anche la
raccolta di novelle in prosa “Terre vergini” in cui la materia trattata è il mondo contadino abruzzese, che è
teatro di istinti primitivi, erotici e violenti. In teoria D’annunzio, intendeva utilizzare come modello “Vita dei
campi” di Verga ma la sua opera è completamente diversa, in quanto:
Nel 1883 abbiamo il matrimonio con Maria de Galles, che D’annunzio sposa dopo aver compromesso e
dalla quale avrà tre figli. Nel 1884 scrive “Intermezzo di rime” e nel 1886 “Isaotta Guttadauro”. Queste due
sono opere dell’estetismo decadente in cui troviamo atmosfere erotiche e torbide; troviamo le tematiche
tipiche del decadentismo quali corruzione e disfacimento. Per quanto riguarda le liriche degli anni ’80
ricordiamo la frase: “Il verso è tutto”, secondo cui l’arte è il valore supremo, a lei tutto è subordinato, anche
i valori morali. Ciò si traduce nella ricerca di squisiti artifici formali e inoltre, la fonte principale di ispirazione
non è la realtà ma la letteratura stessa. A Roma D’annunzio si dà al lusso sfrenato, a duelli, scandali e
relazioni amorose. Pur essendo sposato porta avanti una relazione con la sua musa ispiratrice, Barbara
Leoni.
Nel 1888 ritorna in Abruzzo dall’amico Michetti e compone il suo primo romanzo “Il piacere” che diventa
manifesto dell’estetismo. Parallelamente a quest’opera, pubblicata nel 1889 viene pubblicata anche
“Mastro Don Gesualdo” di Verga.
“Il piacere” è importante in quanto testimonia la crisi dell’estetismo poiché D’annunzio si rende conto del
fatto che l’isolamento dell’artista si traduce in impotenza. Emblematica è la figura del protagonista, Andrea
Sperelli, che può essere considerato un alter ego dell’autore. Egli è un cultore del bello ma la sua vita va
incontro a continui fallimenti a partire dall’amore.
Sempre al periodo romano risalgono “Le elegie romane” in cui viene ricostruita la sua storia d’amore con la
Leoni. A partire dal 1891, D’annunzio si reca a Napoli per due anni poiché circondato da creditori.
Questa fase è detta “della bontà”; le opere di questo periodo presentano temi più intimi, legati al recupero
della purezza e dell’innocenza. Appartengono a questa fase i romanzi “Giovanni Episcopo” del 1891 e
“L’innocente” del 1892. I temi principali sono la colpa e il castigo, vengono presi come modelli i russi Tolstoj
e Dostoevskij. Specialmente nel primo romanzo, il protagonista è un umiliato, un offeso, un inetto, che
raggiunge la massima degradazione con il suicidio.
Nel 1893 compone il “Poema paradisiaco” in cui si nota l’influenza che i simbolisti hanno avuto sull’autore;
il tema principale è il silenzio infatti andiamo incontro a toni malinconici e versi artificiosi, abbiamo il
cammino a ritroso dell’io lirico verso l’infanzia con l’intento di recuperare gli affetti familiari.
D’annunzio a Napoli ha una relazione con Maria Gravina. Questa fu una relazione che creò scandalo in
quanto la donna era già sposata e con quattro figli. L’autore da questa donna ebbe due figli, Gabriele e
Renata; quest’ultima è importante che venga ricordata perché durante la prima Guerra Mondiale
D’annunzio sarà ferito ad un occhio e sarò assistito da renata per la composizione del “Notturno”.
Nel 1893 D’annunzio ritorna in Abruzzo a causa della morte del padre; ha inizio la fase del superuomo. I
romanzi principali sono “Il trionfo della morte” del 1894 e “Le vergini delle rocce” del 1895; entrambi si
rifanno alla teoria del superuomo di Nietzsche. Il filosofo, con la sua idea di superuomo voleva creare il
modello di un’umanità futura libera dai legami e dalla religione per affermare pienamente la propria
volontà di potenza. D’annunzio però fraintende ciò che dice il filosofo: per il poeta il superuomo è
l’individuo eccezionale capace di mettersi al di sopra delle masse e che vuole guidarle in un’ottica
aristocratica e antidemocratica. A livello politico, l’artista superuomo assume la funzione di vate che deve
strappare la nazione dalla sua mediocrità e avviarla verso un futuro imperialista e colonialista.
I protagonisti dei due romanzi sono entrambi individui eccezionali che cercano di realizzare la propria
volontà di potenza. Il protagonista della prima opera è il nobile Giorgio Aurispa che tuttavia andrà incontro
ad un fallimento esistenziale a causa dell’amore sensuale che prova per Ippolita Sanzio.
Il protagonista del secondo romanzo è Claudio Cantelmo, il quale ha un progetto esistenziale e politico, cioè
generare un figlio capace di riscattare l’Italia dal declino e dalla miseria. Il progetto però, si blocca in
partenza, quando dovrebbe scegliere la moglie con cui fare il figlio.
Nelle “Vergini delle rocce” D’annunzio teorizza il ruolo del nuovo intellettuale e allo stesso tempo ne
registra l’impossibilità di agire.
Nel 1895 il peta viaggia in Grecia e tornando si ferma a Venezia dove si innamora dell’attrice Eleonora Duse
con la quale inizia una relazione tormentata. Nel 1898 i due raggiungono le colline di Firenze, a Settignano,
e vivono nella villa “La Capponcina”, in mezzo al lusso ma sommersi dai debiti.
Questo mito della bellezza contrasta con la sua posizione di vivere una vita anti borghese, quindi anche
D’annunzio talvolta diventa schiavo del consumismo; questo dissidio non verrà mai risolto.
La vicinanza alla Duse lo portò a dedicarsi alla produzione teatrale; ricordiamo il dramma in prosa “La città
morta” e “Francesca da Rimini” che rimanda al V canto dell’inferno. Il suo primo vero successo teatrale è
“La figlia di Iorio”, un dramma pastorale del 1903 ambientato nell’Abruzzo contadino. I protagonisti sono
Mila e Aligi, la cui relazione viene ostacolata dal padre di lui che si innamora della ragazza. Aligi sarà
destinato a uccidere il padre.
Il successo e il desiderio di D’annunzio di tradurre in realtà le sue idee politiche, lo portarono a dedicarsi
anche alla vita politica. Nel 1897, abbiamo la caduta del governo Crispi, nel 1900 il poeta diventa deputato
di sinistra ma presto cambierà le sue idee e con il passaggio alla destra dirà di “passare alla vita”.
Successivamente si propone per la lista dei socialisti ma non viene e letto e si concluderà così la sua carriera
parlamentare.
Nel 1900 scrive “Il fuoco”; il protagonista è Stelio Effrena che ha il progetto di realizzare un’opera d’arte di
assoluta bellezza ma le sue intenzioni vengono ostacolate dall’amore per Foscarina.
Nell’opera fa da sfondo la città di Venezia, intrisa di presagi di morte e disfacimento; dietro i due amanti vi è
probabilmente la proiezione dell’autore stesso ed Eleonora Duse. Foscarina è un’attrice tormentata dal
declino fisico dovuto al passare del tempo e alla fine lascerà l’amato per non ostacolare più il suo progetto.
I nomi dei due protagonisti rimandano alla luce delle stelle (Stelio) e all’oscurità (Foscarina); lui è una figura
solare, un artista che cerca di comunicare con le masse per liberarle dalla mediocrità, ma incontra diversi
ostacoli, che sono:
Un’altra opera importante di D’annunzio sono “Le laudi” che dovevano rappresentare una summa della sua
visione; sono una raccolta poetica in cui assistiamo alla fusione del superuomo con la natura e questo
fenomeno prende il nome di “panismo”.
Il titolo originario è “Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi”; il progetto iniziale prevedeva sette
libri ma D’annunzio si fermerà al quinto. Ogni libro doveva rifarsi ad una stella delle Pleiadi e i primi tre
costituiscono un unicum dal punto di vista compositivo.
1. MAYA (1903): è un lungo poema in versi lineari; dal titolo in latino “Laudes vitae” capiamo che si
tratta di una lode alla vita in tutta la sua totalità. Vuole essere celebrato anche l’aspetto moderno
della vita, come si nota dalla sezione “Città terribili”; inoltre viene esaltato il mito di Ulisse e la sua
volontà di superare i limiti umani. D’annunzio ci parla di un viaggio ideale nella Grecia antica
2. ELETTRA (1904): è il libro in cui domina l’ideologia nazionalista e celebrativa, abbiamo
componimenti per eroi del passato quali Dante, Verdi e Garibaldi. Troviamo poi “Le liriche della
città del silenzio” in cui si ricorda lo splendore antico di alcune città del passato. Come modello si
tiene in considerazione il passato glorioso dell’Italia e il Medioevo e il Rinascimento equivalgono
all’Ellade classica in Maya. È presente il mito del superuomo e si fa riferimento all’attesa di una
nova guida, un risvegliatore; il poeta appare vate di un futuro imperialista, coloniale e guerresco.
3. ALCIONE (1904): non è più presente il discorso ideologico ma è presente il tema della fusione della
natura (panismo), abbiamo la ripresa dei miti classici, una forte musicalità, abbondanza di analogie
e sinestesie. Notiamo inoltre l’alternarsi tra un atteggiamento apollineo, cioè solare e sereno, e un
atteggiamento dionisiaco che comprende lo scatenarsi di forze irrazionali, istintive e violente
(Nietzsche). Nel libro è presente l’antropomorfizzazione della natura (es. la sera e l’estate sono
rappresentate da figure femminili). L’opera mira a creare la realtà che viene rappresentata e non
solo a descriverla.
4. MEROPE (1912): sono presenti dei riferimenti all’impresa coloniale il Libia
5. ASTEROPE (1833): viene realizzata solo in parte nei “Canti della guerra latina”; l’opera è composta
da una serie di testi scritti durante la Prima guerra Mondiale
Nel 1904 finisce la relazione di D’annunzio con la Duse ma l’autore continua comunque a dedicarsi alla
produzione teatrale. Abbiamo “La fiaccola sotto il moggio” di matrice classica, “La nave”, in cui si alternano
il tema dell’amore e della politica, e “Fedra”, il cui tema principale è l’amore incestuoso.
Nel 1910 D’annunzio scrive “Forse che sì, forse che no”: il protagonista di quest’opera è Paolo Tarsis, un
aviatore borghese che riesce a liberarsi dalla passione distruttiva per Isabella e realizza il suo progetto di
sorvolare dal continente alla Sardegna. Nell’opera la volontà eroica è realizzata nel volo; vediamo l’uomo
concreto e pragmatico che riesce a conquistare la realtà. Il mito della modernità è rappresentato dall’aereo.
Dal 1910-1815 D’annunzio si esilia volontariamente in Francia per la sua situazione economica critica;
questo periodo viene definito come la sua “terza giovinezza”. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale
l’autore si colloca dalla parte degli interventisti, si arruola volontario all’età di 52 anni ma in volo subisce un
incidente che lo porta alla cecità temporanea e poi alla perdita di un occhio. In questo periodo compone il
“Notturno” (iniziato nel 1916 e pubblicato nel 1921) ed ha inizio una nuova fase detta appunto “Del
notturno”.
Questa fase è caratterizzata dai ricordi d’infanzia, sensazioni fuggevoli, confessioni soggettive, analisi
interiore, e tema della morte. D’annunzio abbandona il romanzo che viene sostituito dalla lirica
frammentaria caratterizzata da uno stile misurato, frasi brevi ed essenziali.
Visto il problema agli occhi, la figlia Renata gli prepara strisce di carta su cui lui poteva scrivere mentre era
cieco (un rigo alla volta). L’autore si cimenta principalmente nell’annotazione di impressioni, ricordi e
visioni.
- La beffa di Buccari, in cui guidò tre motoscafi per affondare la corazzata austriaca;
- Sorvolò in aereo Vienna facendo cadere volantini tricolore
Fu lui a coniare l’espressone “vittoria mutilata” poiché non vennero conquistate Fiume e la Dalmazia. Nel
1919 riuscì ad occupare Fiume ma dopo soli 4 giorni (Natale di sangue) fu costretto a ritirarsi.
Nel 1921 D’annunzio si trasferisce nella sua grande villa di Gardone, nota come “IL vittoriale degli italiani”,
dove vive con Luisa, la sua nuova amante. Egli vive spiato dalle spie di Mussolini che esaltava come vate ma
temeva allo stesso tempo perché era un uomo carismatico. Il poeta assume un atteggiamento ambiguo nei
confronti del fascismo; esalta l’impresa in Etiopia ma non dice mai nulla a favore del Duce, anzi, in privato lo
critica. Decide comunque di appoggiare il fascismo per avere i soldi per saldare i debiti.
Nel 1935 scrive il “Libro segreto” che si tratta di un’autobiografia e il 1° marzo 1938 muore a causa di
un’emorragia celebrale.
La produzione di D’annunzio è varia per forma, temi e generi ma due sono gli elementi costanti:
Sin dalle prime opere, sullo sfondo di questo acceso vitalismo vi è un versante in ombra, un senso di
decadimento e di morte e, infatti, la maggior parte dei suoi personaggi non raggiunge i propri obiettivi.