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DECADENTISMO

Il Decadentismo è un movimento culturale che nasce in Francia Tra il 1880 è il 1925, per poi influenzare il
gusto estetico, la produzione artistica, in parte anche il costume, di alcuni paesi europei tra la fine
dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.

Il termine “decadente” ha una valenza negativa. La critica letteraria di fine Ottocento, assecondando la morale
borghese allora dominante, definì “decadenti” quei poeti che esprimevano lo smarrimento della coscienza di
fronte ad una civiltà considerata in declino, una civiltà che dimostrava, nonostante l’ottimismo ipocrita,
l’illusorietà dell’idea positivista di progresso continuo. Scrittori e pittori che si riconoscevano nelle nuove idee si
riunirono attorno ad una rivista letteraria “Le Décadent” fondata nel 1886.

Le caratteristiche del Decadentismo sono:

1. Il Decadentismo promuove un'arte antipositivista → l’ottimismo perde credibilità e non si ha più fiducia
né nella scienza né nel progresso.
→ IL DECADENTISMO NASCE DALLA CRISI DELLA RAGIONE
● Si inizia a pensare che la scienza non possa spiegare tutto, anzi molti positivisti riconoscono i limiti
stessi della scienza e ammettono che questa conosce solo e soltanto i fenomeni e non risponde alle
domande più radicali dell'essenza del mondo.
● Inoltre la scienza viene accusata di essere puramente materialista, quindi di essere insensibile ai
sentimenti, agli ideali, alla morale e alla fede.

→ Si ritorna a concepire la realtà come misteriosa e indecifrabile, e di conseguenza si ritorna a


pensare che la vera essenza delle cose si nasconda oltre la realtà visibile e che si possa conoscere
solo attraverso l’irrazionalità, e non più attraverso la ragione.
Ed è proprio questo il compito del poeta decadente: il poeta è l’unico capace di andare al di là della
realtà apparente, dove il razionalismo non può arrivare.
→Il poeta assume la figura di veggente.
Ma per far ciò servono altri strumenti di conoscenza, che siano a loro volta irrazionali: Il poeta usa la
fantasia, l'immaginazione, l'intuizione, oppure facendo uso di droghe, entra in stati anomali della
conoscenza come sogni, allucinazioni e follia, proprio per sottrarsi alla ragione.
Questo fu un altro fattore che gli valse il termine di decadenti, usato per indicare tutti quei poeti che
conducevano una vita sregolata e fuori dalle convenzioni.

2. Il Decadentismo è antiborghese → I decadenti criticano gli ideali (ipocriti) della società borghese, che
mira soprattutto al profitto e all'utile, e ritengono che questi valori siano legati soprattutto alla necessità
dello sviluppo industriale, portando i maggiori stati europei a condurre una politica imperialista di
prepotenza e sopraffazione, alimentando pericolose tendenze nazionalistiche (in questo, il pensiero
decadente aveva ragione, si pensi alla prima guerra mondiale, con i suoi milioni di morti, e ai
successivi regimi dittatoriali).

3. Il Decadentismo può essere messo a confronto con le correnti precedenti:


● mettendolo a confronto con il Naturalismo e Verismo dobbiamo dire che → Secondo i decadenti,
queste due correnti si limitavano a descrivere la realtà in maniera oggettiva, senza indagare gli
aspetti umani più profondi misteriosi;
● mettendolo a confronto con il Romanticismo, dobbiamo dire che→ in entrambe le correnti
ritroviamo quasi tutte le tendenze e le tematiche però ci sono differenze:
→ nel Romanticismo l'artista aveva un atteggiamento titanico ed eroico nei confronti della realtà, con una forte
spiritualità, e inoltre la letteratura aveva ambizioni costruttive, mirava a rispecchiare la totalità e dunque
esaltava la natura e tutto ciò che era spontaneo.
→ nel Decadentismo invece l'artista è irrazionale, e fugge verso un altrove ideale, con stanchezza e languore
che lo portano a rispecchiare non la totalità ma la frattura, il frammento, per questo la letteratura decadente
tende a opere brevi, inoltre essa rifiuta qualsiasi forma d'impegno perché la poesia deve essere pura e non
contaminata da interessi pratici, morali o politici, per cui tende a privilegiare l'artificio, per creare un lavoro di
pura bellezza.

Sono riconducibili al Decadentismo anche il nascere di quelle che verranno definite “avanguardie”, ossia di
quei movimenti artistici che, pur nella profonda diversità di poetiche, mirarono alla sperimentazione di nuove
tecniche espressive, caratterizzate dalla rottura radicale con il passato. Sono le cosiddette “avanguardie
storiche” che si svilupperanno, nelle diverse forme d’arte fino agli anni ’30: il Futurismo, l’Espressionismo, il
Dadaismo, il Surrealismo.

Il Decadentismo è movimento vastissimo, si divide infatti in sottogruppi caratterizzati da scelte più specifiche
→il Decadentismo si modella in diverse correnti letterarie:

ESTETISMO
Tendenza che si diffuse dall'Inghilterra in tutta Europa. Con il termine estetismo si indica un vero e proprio
“culto della bellezza” il quale si basa su una visione puramente estetica della vita.
→l'estetismo è una continua ed esasperata ricerca di ciò che appare bello ai sensi e che deve essere lontano
sia dalla sobrietà borghese e sia dall'ignoranza delle masse incolte.

I maggiori rappresentanti dell’estetismo sono:


● Oscar Wilde → introduce la figura del dandy: Il dandy è l’eccentrico che si diverte a stupire e colpire
l’attenzione del pubblico, con gli atteggiamenti, il modo di vestire e di vivere. Esibisce la propria
“diversità” e, mentre ne fa spettacolo, cerca di imporla e di servirsene come trampolino per il successo.
Si diverte dunque a scandalizzare e provocare, ma in realtà cerca il riconoscimento del pubblico. La
figura del dandy presuppone l’isolamento sociale dell’artista e il destino dell’artista nella società che
mercifica l’arte e in cui l’artista deve fare propaganda a se stesso per vendere le proprie opere.

● Gabriele D’Annunzio → abbraccia benissimo il concetto del culto del bello L'arte per D'Annunzio è
concepita come Bellezza pura, sia nel senso classicistico sia nel senso Decadente del termine.
In "Il Piacere" (1888) si può osservare la tematica dell'estetismo: il protagonista dell'opera è Andrea
Sperelli, alter ego dell'autore ed "eroe dell'estetismo". Per questo personaggio la vita stessa viene
concepita come arte, facendo propria l'espressione di O. Wilde "Art for art's sake".
Questa concezione del protagonista farà sì che ogni altro elemento della vita si vada a subordinare alla
sua visione estetica della vita, facendo passare così la morale in secondo piano.
SIMBOLISMO

Il Simbolismo è un movimento poetico che nasce a Parigi per iniziativa di Jean Moréas che ne pubblicò il
manifesto su "Le Figaro" del 1886, lo stesso anno della rivista “Le Decadent”.
Il simbolismo prende lo spunto:
1. parnassianesimo - gruppo di giovani poeti, i “parnassiani”, i quali risentendo della crisi del Romanticismo,
coltivavano l’ideale di una poesia formalmente preziosa, che fugge da ogni sentimentalismo. Il loro caposcuola fu
Théophile Gautier, che si ispirava al classicismo del Cinque-Seicento e al Neoclassicismo.
Al contrario della tradizione romantica, per la quale la poesia e la narrativa dovevano svolgere una funzione
sociale,i parnassiani, viceversa, ricercavano una «poesia pura», fine a se stessa, razionale e libera dalle
ideologie.
2. Charles Baudelaire, che con i parnassiani condivideva sia il rifiuto del sentimentalismo romantico e della
contaminazione della poesia con argomenti filosofici, morali e politici, sia il culto dell’«arte per l’arte», quindi della
perfezione stilistica. Nella raccolta I fiori del male (1857) la realtà è vista come una «foresta di simboli», di cui
spetta al poeta decifrare le misteriose relazioni (le correspondances, “corrispondenze”)fra la natura, i sensi e gli
stati dell’animo.

Più tardi anche Verlaine, Rimbaud, Mallarmè rappresentarono l’espressione più alta di questa tendenza.

Con i simbolisti cambia radicalmente il ruolo del poeta e la funzione della poesia:
● Per i simbolisti la realtà non è quella della scienza, della ragione o dell’esperienza, bensì è qualcosa di più
profondo e misterioso che può essere inteso solo e soltanto dalla poesia.
→La poesia acquisisce un potere gnoseologico, cioè la poesia ha la capacità di conoscere aspetti della realtà, in
alternativa alla scienza.
● Il poeta simbolista rifiuta la logicità e ricorre a tecniche come il simbolo e l’analogia. Il poeta coglie il senso riposto
nella realtà, scoprendo collegamenti apparentemente illogici fra oggetti diversi, associando colori, profumi, suoni
di cui riesce a percepire la misteriosa affinità, scegliendo le parole non per il loro significato concreto ed oggettivo
ma per le suggestioni che possono evocare con il loro suono ed il loro ritmo.
→La parola è in grado di evocare gli stati d’animo del poeta o il mistero della natura.

1. Paul Verlaine (1844-96). Fu lui a la «lanciare» la nuova poesia decadente con l'opera critica I poeti maledetti
(1884). Per Verlaine la poesia è fatta di impressioni, di immagini fuggevoli e delicate, immerse in una musica
dolcissima.
2. Arthur Rimbaud (1854-91) . A lui risale il proposito di potenziare l'intuizione fino a fare del poeta un veggente e
della creazione poetica una specie di allucinazione: nello «sregolamento dei sensi» il poeta penetrerà là dove la
conoscenza intellettuale e razionale non può giungere. In tal modo Rimbaud già preludeva alle avanguardie di
primo Novecento, in particolare all'Espressionismo e alle sue deformazioni. •
3. Stéphane Mallarmé (1842-98) - Il simbolismo di Mallarmé punta a conquistare un linguaggio depurato da ogni
elemento realistico, ricco solo della pura «magia» delle parole.

LA SCAPIGLIATURA
La Scapigliatura fu un movimento di contestazione antiborghese, che sorse in Italia nel ventennio 1860 – 1880. Essa fu
chiamata milanese o lombarda, dato che Milano, essendo il centro dinamico della borghesia italiana, divenne il centro
ideale del movimento.
Il termine “Scapigliatura” deriva dal titolo di un romanzo, “La Scapigliatura e il 6 febbraio” di Cletto D’Arrighi.
Corrispondente al francese bohéme, che significa “vita da zingari”; perciò “scapigliati” corrisponde al francese bohémiens
e significa “quelli che vivono da zingari”. In Italia i termini Scapigliatura e scapigliati vennero usati per indicare il
comportamento anticonformistico e ribelle di alcuni giovani letterati nei confronti della cultura e della società del loro
tempo. La Scapigliatura è dunque un movimento di protesta e di polemica che si manifesta:
● Nel campo politico, gli scapigliati accusano la borghesia di aver tradito gli ideali di libertà, giustizia ed uguaglianza
del Risorgimento, asservendo ed opprimendo le masse popolari.
● Nel campo morale, essi denunciano le ipocrisie della morale comune. La loro polemica si concentra soprattutto
su Manzoni, che rappresenta tutto ciò che gli scapigliati ripudiano.
● Nel campo letterario, gli scapigliati rifiutano tanto l’indirizzo patriottico, moraleggiante del primo Romanticismo,
spesso enfatico e retorico, quanto l’indirizzo languido e sentimentale del secondo Romanticismo.

Essi avvertono la rottura tra la contemporanea letteratura europea, che con le nuove tendenze artistiche portava
all’ estreme conseguenze il principio romantico dell’assoluta libertà creatrice dell’artista e quella italiana, attestata
ancora su posizioni arretrate, moderate e provinciali. Perciò si propongono di creare una poesia nuova e di
mettersi in sintonia con movimenti d’avanguardia della cultura europea.

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IL TEMPORALE
il temporale viene visto dal poeta come un evento naturale dall'incredibile potenza (e forse violenza): bubbolio, rosseggia,
affocato, nero di pece, stracci di nubi. Anche se la poesia di apre con un elemento acustico (il rumore del tuono in
lontananza), ci sono anche elementi visivi: il cielo che rosseggia infuocato verso mare e, per contrasto, si fa oscuro verso
il monte con stracci di nuvole chiare. L'analogia finale poi, affiancando al casolare l'immagine di un'ala di gabbiamo, è
come se portasse all'estremo il contrasto tra il nero dell'ambiente naturale e il bianco del casolare. Crea un simbolo.
Potremmo, infatti, vedere in questo contrasto da un lato la violenza (o meglio la potenza) del mondo “esterno”; dall'altro la
pace (il bianco) che il poeta trova nel casolare (cioè nel nido). Questo temporale potrebbe essere interpretato anche
come uno stato d'animo: il mondo esterno che impazzisce e scatena la sua furia e la casa, la famiglia, come unico riparo
in grado di resistere.

IL LAMPO
una poesia fortemente simbolica in cui domina il senso visivo. L'azione si svolge in due istanti. Improvvisamente la luce di
un lampo illumina il paesaggio, mostrando al poeta la violenza della natura e la fragilità, davanti a tanta potenza,
dell'umanità (rappresentata dalla casa). Al termine del lampo tutto sprofonda nuovamente nell'oscurità notturna.
Qualcuno potrebbe interpretare il tutto come una metafora della brevità e precarietà della vita umana. Il cielo e la terra,
Tra questi due elementi vi è, bianchissima, una casa. Essa viene paragonata ad un occhio che si apre e si chiude per
ricevere una tragica realtà, e mostra lo stupore ed il timore per la natura. Il valore simbolico è evidenziato dalla
personificazione degli elementi naturali: la terra è ansante; il cielo è tragico: l'autore proietta le sue reazioni fisiche e
psichiche di paura sul cielo e sulla terra. Anche la casa è umanizzata, la bianchezza estrema potrebbe richiamare il
pallore di un volto in preda alla paura, e la similitudine con l’occhio, degli ultimi due versi, rende l’idea dell’attonito
sgomento degli esseri viventi di fronte alle tempeste della vita.

IL TUONO
Dopo il temporale e il lampo, abbiamo il tuono.Qui prevale l'elemento sonoro e uditivo. Finalmente entreremo dentro
quella casa che avevamo intravisto nella priva poesia e visto abbastanza chiaramente nelle seconda. Come negli altri
componimenti, anche in questo, la natura è vista come un elemento ostile e sconvolgente. La notte e la sua oscurità
appaiono al poeta come il nulla, che potrebbe anche essere inteso come il simbolo della morte. Tuttavia questa poesia, a
differenza delle altre, pur partendo da toni cupi, tende ad aprirsi e a concludersi positivamente.
Dopo la violenza del tuono, che pur essendo percepito nel suo estremo fragore, viene anche “visto”, cala il silenzio. Ma
proprio da questo silenzio emerge un suono tenue, proveniente dall'interno della casa: una culla che, dondolata, cigola.
La culla ci porta immediatamente nel campo semantico della famiglia e dell'amore materno. Questo ci conferma l'idea,
che nelle precedenti poesie avevamo ipotizzato, di quanto la casa indichi un rifugio amoroso per il poeta, terrorizzato
dalla violenza del mondo esterno.

POETICA: Pascoli per tutta la vita ha cercato di ricostruire intorno a sé un “nido”, una famiglia, di cui era stato privato fin
dalla giovane età. Il padre era morto assassinato in circostanze misteriose e, ben presto, altri lutti avevano segnato la vita
del poeta.

POETICA PASCOLIANA
La poetica pascoliana riflette la situazione culturale fra Otto e Novecento, caratterizzata dal rifiuto del Positivismo, dalla
sfiducia nella scienza e perfino nella ragione umana come metodo principale di conoscenza. Per Pascoli la realtà non
conta tanto in se stessa, cioè come realtà oggettiva, quanto per come l'uomo riesce a vederla e a «sentirla» dentro di sé,
come realtà soggettiva. Le piccole cose, quelle della campagna, per esempio, o i gesti dell'infanzia, assumono per lui più
importanza delle cose grandi. Pascoli ci dice che non si può capire la realtà con il ragionamento, ma soltanto
immedesimandosi con essa, come fanno i bambini e i poeti.
IL FANCIULLINO ED IL POETA
Secondo Pascoli, in ogni uomo c'è un «fanciullo», capace di sperimentare emozioni e sensazioni nuove. Spesso tale
«fanciullino» è soffocato e ignorato dal mondo esterno degli adulti, ma se si risveglia fa scoprire il lato misterioso di ogni
cosa. Proprio come nel tempo dell'infanzia, tale «fanciullino» ha la facoltà di «parlare» con gli alberi, i fiori, gli animali, e in
qualsiasi momento si può tornare ad ascoltarne la voce.
Questo fanciullo non è una condizione anagrafica, ma una condizione interiore, infatti, nella psicologia di un individuo,
può conservarsi anche in età avanzata; l'individuo cresce e invecchia, ma il «fanciullino» rimane piccolo dentro di lui, «e
piange e ride senza perché». L'importante è non soffocare definitivamente questa voce, che ancora vibra nella parte
dell'anima rimasta, appunto, «fanciulla».
Chiunque riesca a conservarsi fanciullo, dice Pascoli, può:
• guardare la realtà circostante con stupore ed entusiasmo;
• percepire così il lato bello e commovente di ogni situazione;
• oltrepassare, con la fantasia, le apparenze comuni e banali.
In altre parole, il fanciullino è colui che sa osservare poeticamente il mondo

il poeta è precisamente colui che come i fanciulli ha mantenuto l'infantile capacità di meravigliarsi e di intuire, rinuncerà
all'eloquenza, alla dottrina e all'imitazione questo perché lo scopo della poesia è solo la poesia pura. Pascoli sviluppa
ulteriormente il parallelismo tra poeta e fanciullo:
● Il fanciullo osserva ogni cosa con occhio incantato; anche il poeta-fanciullo sa cogliere le misteriose relazioni.
● Il fanciullo “vede” le cose in maniera discontinua; anche il poeta-fanciullo esprime le proprie immagini in
maniera istintiva e pre-logica se non irrazionale.
● Al poeta fanciullo sfuggono però le giuste dimensioni perché egli sovrappone le immagini e le sequenze
senza elaborarle nel giusto ordine.
● Le parole del poeta-fanciullo sono quelle incontaminate della gente semplice di campagna.

SIMBOLISMO DI PASCOLI

La poetica del «fanciullino» fa di Pascoli un poeta genuinamente simbolista: nelle sue opere ritroviamo Le
campane che suonano, per evocare un'atmosfera di sogno; i fiori di Pascoli diventano il simbolo della sessualità
bloccata, e gli uccelli si collegano da un lato al “nido” e dall'altro appaiono come abitatori di quella misteriosa
regione, ossia il cielo, che suggerisce messaggi e voci struggenti. Invece l'uccello notturno apre le porte
all'incubo.

L’immagine simbolica decisiva è quella del «nido». Il nido è inteso come casa, famiglia e patria. Gli studiosi
hanno voluto esaminare in chiave psicologica il motivo psicologico del nido e per loro è un sintomo:

● del suo desiderio di tornare alla condizione infantile di sicurezza;


● della sua istintiva diffidenza verso ciò che è sconosciuto;
● della volontà di restare chiusi e protetti in una piccola cerchia di affetti familiari.

CRISI DELL’UOMO

È la biografia stessa di Pascoli a testimoniarci la sua incapacità di “uscire dal nido”, cioè di misurarsi con le
difficoltà del modo di vivere un esistenza adulta. Diviene un simbolo poetico dell’intellettuale, dell’incapacità di
vivere raffigurata in molti scrittori del Novecento.

L’ASSIUOLO
L'assiuolo è una delle poesie aggiunte alla raccolta Myricae nella sua quarta edizione (1897). Come tipico di Pascoli, nel
componimento domina inizialmente l'elemento naturale nella sua spontaneità (il mandorlo, il melo, i lampi, le nubi, i
campi) a cui si affianca una presenza oscura, in questo caso rappresentata dall'onomatopea chiù (che riproduce il verso
dell'assiuolo).
Pascoli descrive un paesaggio notturno e nebbioso, animato da vari rumori, dove all’inizio prevale il sentimento
dell’estasi, infatti il poeta dice che la notte è meravigliosa, il cielo è chiaro come l’alba e perfino gli alberi sembrano
sporgersi per vedere meglio la luna che è nascosta tra le nubi. Di sottofondo vi è la melodia del mare, i fruscii dei
cespugli, il frinire delle cavallette.
Tutto quest’ambiente è disturbato solamente da una voce monotona e triste che si leva nei campi: il chiù, il grido
dell'assiuolo (piccolo rapace notturno somigliante al gufo). Il suono che di strofa in strofa diventa più angoscioso (un
singulto) fino ad arrivare a rappresentare un pianto di morte. Questo suono è per il poeta una scossa al cuore che fa
emergere dal passato ricordi dolorosi. Pascoli si lascia suggestionare dalle credenze popolari che considerano la voce
dell’uccello notturno un presagio di disgrazia e di morte.
Le tre strofe sono un crescendo di inquietudine e drammaticità e hanno una costruzione molto simile: all’inizio prevale
un’immagine di luce (la luna che sta per sorgere, le stelle che brillano, gli alberi illuminati) ma nella conclusione la luce e
la vita che esse simboleggiano vengono negate da immagini di segno opposto (il nero del temporale, il sussulto e il grido
doloroso, le porte che non si possono più riaprire). I punti interrogativi con cui la poesia si apre e si chiude trasmettono il
senso di incertezza e di dubbio del poeta.

NOVEMBRE
Novembre è una delle poesie che compongono la raccolta Myricae di Giovanni Pascoli sin dall’edizione del 1891. È un
testo Rappresentativo della poetica di Pascoli, in cui si concentrano la sensibilità pascoliana nella descrizione del
mondo naturale, la presenza sotterranea del dolore della vita, la ricerca stilistica,

In Novembre il poeta descrive quanto sia precaria la felicità a cui l'essere umano può aspirare, ricorrendo ad un paragone
con il mondo naturale, che, nell’ultima strofe del testo, dimostra illusoria.
Pascoli descrive infatti, nella prima strofa, una primavera novembrina, attraverso una serie di immagini solari e
caratterizzate positivamente: il sole è “chiaro” (v. 1), l’aria risplende di luce come una gemma preziosa e un “tu” indistinto
può addirittura cercare con lo sguardo “albicocchi in fiore”. La prima strofa si chiude tuttavia con una nota cupa, segnata
da una sensazione olfattiva: si sente nel cuore “l’odorino amaro” (v. 3) di un prunalbo.
Nella seconda strofa si infittiscono i segnali negativi: il mondo, prima apparentemente aperto a nuova vita, è attraversato
da segnali di morte (“secco il pruno”, “stecchite le piante”, v. 5; “nere trame”, v. 6; “vuoto il cielo”,) ), che il poeta coglie
soprattutto con lo sguardo.

Questi amari indizi vengono confermati dalla terza strofe, in cui predominano le sensazioni uditive: regna il “silenzio”
(v. 9), mentre le “ventate” portano solo il rumore di “foglie” (v. 11) morte che cadono. Il ritorno alla vita, tanto atteso e
sperato, si rivela essere quello dell’estate “dei morti” (v. 12).
Pascoli concentra così in questa poesia alcune tematiche ricorrenti della sua produzione poetica: il fascino ambiguo del
paesaggio naturale, l’ossessiva presenza del tema della morte connessa alla violazione del nido, il tentativo assillante di
ricostruire una realtà familiare protetta, al riparo dalle mille insidie percepite nel mondo esterno.

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