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Anche se sono molto diverse fra di loro, queste avanguardie hanno tuttavia alcuni elementi
in comune:
- Non esistono separazioni tra le diverse forme di espressione artistica (letteratura,
scultura, pittura, teatro)
- La rottura con la tradizione ottocentesca, cioè con le poetiche del Naturalismo e del
Decadentismo
- L’arte che non deve e non può rispecchiare la realtà, come era già stato indicato dal
Simbolismo francese, in quanto non esiste una realtà oggettiva
- La creazione artistica si focalizza sulla soggettività e sceglie la provocazione come
mezzo di rinnovamento
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- L’arte diventa il gesto espressivo di una soggettività che si ribella alla tradizione e
all’ordine e che rivendica la propria libertà creativa al di là di qualsiasi regola
DADAISMO
Il movimento Dada, nacque a Zurigo nel 1916. Il massimo esponente e teorico ne è il
rumeno Tristan Tzara (1896 – 1963)
La parola dada ha una valenza polisemica: in rumeno e in russo significa sì sì, nel
linguaggio infantile francese significa cavallo. Oppure è semplicemente un suono
pronunciato dai bambini ad indicare il rifiuto dell’utilità dell’opera d’arte e la
spontaneità assoluta dell’artista che gioca e si esprime come un neonato. Il dadaismo
afferma il rifiuto di ogni regola e ogni razionalità sino alla negazione nichilista di ogni
tradizione.
In letteratura il linguaggio dei dadaisti tende alla dissoluzione della sintassi fino alla
distruzione di ogni legame logico del discorso, alla deformazione del lessico fino alla
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Si può proporre agli studenti per esempio il quadro L’urlo di Munch, come complemento e illustrazione a questo
disaggio o sentimento di malessere diffuso in quel periodo.
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definizione di una scrittura rivoluzionaria, formata di suoni e di fonemi in libertà, al
limite del, paradosso e del “nonsense”. Molti artisti dadaisti confluirono poi nel
Surrealismo.
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Decadentismo (la corrente che decreta la morte dell’arte). È una delle risposte alla crisi
della ragione e dell’io e consiste nella consapevolezza di essere giunti al crepuscolo
della grande produzione letteraria.
I crepuscolari, con il loro atteggiamento dimesso e autoironico, apparentemente molto
lontano dalla tensione delle avanguardie, ne anticipano tuttavia alcuni elementi
importanti: il rifiuto della tradizionale immagine del poeta vate o genio, il rifiuto della
tradizione rappresentata da Carducci, Pascoli e D’Annunzio, il rifiuto del pathos lirico,
l’introduzione nella poesia di nuovi temi e tecniche espressive.
Il crepuscolarismo interessa solo la poesia e si sviluppa in un periodo molto circoscritto:
dal 1903, anno della pubblicazione delle prime raccolte di Covoni e Palazzeschi, al
1911, anno di pubblicazione del secondo ed ultimo libro in versi di Gozzano.
I massimi esponenti sono Sergio Corazzino, Marino Moretti e Guido Gozzano (Aldo
Palazzeschi e Corrado Covoni già nel 1910 aderiranno al Futurismo).
L’Arte si fonde con la vita, ma con una vita povera ed imperfetta ed è una
compensazione alle frustrazioni sociali ed esistenziali. La poesia non è più un valore, un
segno d’elezione come per i simbolisti e non conduce a nessuna conoscenza. In una
società di massa esprime solo valori sorpassati ed inutili. La letteratura è il luogo della
consapevolezza dell’inutilità e dell’anacronismo della letteratura stessa. La tecnica
utilizzata per esprimere questi concetti è quella dell’autoironia.
Nei crepuscolari manca del tutto l’idea di progresso e, benché si sia all’inizio di un
secolo, essi non vedono l’avanzare, ma un lento spegnersi. Il loro tono è malinconico. Il
senso della bellezza si abbassa verso Le piccole cose di pessimo gusto e cosi siamo
molto lontani dell’estetismo dannunziano.
Linguaggio: povero, dimesso, basso impoetico, ai confini con la prosa.
Temi ricorrenti: continuo lamento, autocompiacimento del proprio ingrigirsi, il
crogiolarsi entro il senso della crisi. Ospedali, malattie.
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specificatamente letterari come Uccidiamo il chiaro di luna, Distruzione della sintassi,
Immaginazione senza fili, Parole in libertà.
In realtà è il primo movimento del ‘900 che esprime chiaramente i propri scopi e i
mezzi per raggiungerli. Alla crisi della ragione e dell’io, i futuristi contrappongono il
mito del progresso tecnico e l’esaltazione dell’individualismo assoluto, della violenza,
dell’aggressività, della guerra. Predicano l’abbandono e la distruzione del passato,
scagliandosi contro i simboli della tradizione: musei, biblioteche, accademie, per
proiettarsi verso il futuro esaltando le novità della società industriale (velocità,
macchine, tecnologie), ma non hanno nulla a che vedere con una ripresa del positivismo
e della valorizzazione della razionalità scientifica, anzi, rappresentano un ‘altra faccia
della crisi della ragione, in quanto propongono uno slancio volontaristico e
irrazionalistico verso il futuro fatto di velocità, macchine, energia aggressiva e violenta
che diventano i nuovi idoli del presente.
Il loro obiettivo è quello di rinnovare l’arte e la concezione della vita;
La bellezza della civiltà moderna si fonda sulla macchina e sulla velocità
contrapposte polemicamente alla tradizione artistica e all’ordine del perbenismo
borghese, dunque l’arte si deve adeguare alla nuova realtà in tutte le sue forme. Con
riferimento specifico alla letteratura, nel 1912 fu pubblicato il Manifesto tecnico della
letteratura futurista, dove sono esaltate le parole in libertà, vi è il rifiuto della sintassi,
degli avverbi, degli aggettivi e della punteggiatura. La poesia deve essere immediata e
l’impressione comunicata analogicamente dall’autore al lettore. (influenza del
simbolismo francese di fine Ottocento) I futuristi rivoluzionarono anche la struttura
tipografica della pagina disponendo le parole in modo da formare composizioni grafiche.
I futuristi trovarono nelle riviste come Lacerba, Roma futurista e L’Italia futurista un
apporto fondamentale per diffondere le proprie idee. Nel movimento i programmi e le
teorie artistiche e anche poetiche furono più importanti delle opere realizzate.
Il movimento si politicizzò fortemente con l’avvicinarsi della Prima guerra mondiale.
Dopo il 1920 la maggior parte dei futuristi aderì al fascismo e lo stesso Marinetti accettò
la nomina alla fascista Accademia d’Italia, ma il movimento, pur sopravvivendo fino
agli anni Trenta, non ebbe una reale incidenza nella realtà culturale e politica italiana.
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CUBISMO Nato a Parigi fra il 1906 ed il 1908 grazie a Pablo Ricasso e Georges
Braque, scompone lo spazio in piani diversi tutti contemporaneamente presenti
nell’opera.