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● Bello ideale : per gli antichi l’unico modello era quello dei classici; per i romantici,
il bello è lo spirito del tempo (che cambia), il genio nazionale (che cambia da
nazione a nazione), dunque più modelli variabili.
Il luogo protagonista della modernità è la città: luogo dell’incontro, dello scambio, del
caso. Ma anche il luogo dove si sviluppa l’alienazione del lavoro e il rapporto tra la
scienza e la tecnica, che cerca di emancipare l’uomo e di sottrarlo alla sua
condizione di fragilità naturale.
Il rischio però che l’uomo attraverso la tecnica si faccia padrone della natura.
Durante l’Illuminismo abbiamo un contrasto tra l’uomo che si appropria della libertà e
responsabilità e diventa padrone consapevole delle proprie azioni e il concetto di
alienazione.
Marx → Prima l’artigiano era consapevole di tutte le fasi del lavoro e controllava il
lavoro del prodotto in tutte le parti. Con l’industrializzazione invece l’operaio si
occupa solo di una parte della produzione ed è distante dal prodotto finale
Poesia ingenua degli antichi (naturale sintonia tra l’uomo e la natura, poesia
oggettiva di immagini e del mito) vs. poesia sentimentale dei moderni (fine
dell’armonia, dissidi e tensioni, poesia soggettiva fondata sulla riflessione
filosofica e sull’espressione diretta dei sentimenti).
Tensione verso l’infinito: ritorno alla religiosità, fascino del male e dell’oscuro .
Sehnsucht: desiderio di desiderio, malinconia.
Esotismo nello spazio (Oriente, mari del Sud) e nel tempo (Medioevo, Ellade
antica). Mito dell’infanzia, del primitivo e del popolo (concetto di nazione).
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ALESSANDRO MANZONI
1785: Nasce a Milano nel 1785 da Giulia Beccaria, figlia di Cesare (l’autore di Dei
delitti e delle pene), sposata con il conte Pietro Manzoni. Il padre è probabilmente
Giovanni Verri.
1808: sposa con rito civile Enrichetta Blondel, calvinista, anche per iniziativa della
madre.
Dopo il matrimonio, recupera il suo sentimento religioso, anche perché
Enrichetta si avvicina al cattolicesimo.
OPERE
1812-1813: stesura degli Inni sacri (poesia religiosa): rifiuto della mitologia e del
neoclassicismo; passaggio dall’io al noi (dimensione corale), il poeta interviene solo
come profeta;
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Nello stesso anno inizia a concepire l’idea di un romanzo, inizia la stesura del
“Fermo e Lucia”, intraprende così una profonda revisione del “Fermo e Lucia”,
che porterà, nel 1827, alla prima edizione dei Promessi Sposi (la ‘‘Ventisettana’’).
1822: “Discorso sopra alcuni punti della Storia longobardica in Italia”, dove sono
evidenti la separazione tra invasori longobardi e popolo latino, l’interesse per le
persone comuni che subiscono gli eventi della storia, lo studio del particolare
per descrivere il contesto storico.
1827: si occupa della revisione linguistica del romanzo, che porterà alla
versione definitiva del 1840 (la ‘‘Quarantana’’).
1833: scrive “Il Natale”, un’opera che testimonia il dolore provato da Manzoni a
seguito della morte della moglie e della figlia.
1837: sposa la vedova Teresa Borri.
Compone il trattato “Della lingua italiana”, rimasto incompiuto, e la “Storia della
colonna infame”, pubblicata nel 1842, insieme alle ultime dispense della
Quarantana.
Esaurisce la sua fase creativa, preferendo dedicarsi a studi filosofici, storici e
linguistici.
Durante i moti del ’48 viene eletto Deputato alla Camera subalpina, ma rinuncia
all’incarico. Nel 1849 inizia il dialogo “Dell’invenzione” e il saggio “Del romanzo
storico”.
Con l’unità nazionale la sua fama cresce e nel 1860 è nominato senatore.
Nel 1861 resta nuovamente vedovo.
Nel 1870 accetta la presa di Roma da parte delle truppe italiane e la fine del
potere temporale dei papi.
Accetta la presidenza della Commissione per l’unificazione linguistica, dai cui
lavori emerge Dell’unità della lingua e dei mezzi di diffonderla. Muore nel 1873.
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5 MAGGIO (ODE- INNO SACRO MASCHERATO, STROFE A
COPPIA)
Non è una poesia civile (anche se inizia con una data) e non è neanche una
poesia su Napoleone, anche se inizia dalla sua morte.
Napoleone non è citato.
Nel corso dell’ode si alternano momenti descrittivi e momenti riflessivi con grande
equilibrio compositivo e stilistico che richiamano la struttura dell’inno sacro.
- Rima alternata al secondo e quarto verso di ogni strofa . Il verso finale (il
sesto) tronco rima con quello finale della strofa successiva.
- rime interne, per es: pensando/quando v.7 e v.9; fattor/creator vv.34/35;
- assonanze, per es.: spoglia/orba/percossa vv.3/5; imprese/eterne vv.70/71;
conserte/ stette vv.76/77;
gli inni religiosi con il loro portato di inchiesta sul peccato dell’uomo e
l’economia della redenzione;
le liriche di impronta più politica, in cui l’attesa escatologica della liberazione e
dell’indipendenza si colloca su uno scenario biblico ed evangelico;
la linea tragica, e la riflessione conseguente sul ruolo dell’eroe, sulle sue
possibilità d’azione nella storia dominata dalla violenza e dalla sopraffazione;
la meditazione sulla Morale cattolica, che rappresenta non solo la professio
fidei, ma quasi il commento d’autore della poesia, e l’introduzione degli scritti
successivi, romanzo in primis.
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STRUTTURA
vv. 1/24 – è il prologo che illustra il tema rappresentando l’emozione provocata dalla
notizia della morte di Napoleone. Il poeta ricorda la sua passata posizione di riserbo
nei suoi confronti, in cui non ha mai avuto parole né di elogio, né di denigrazione.
- (vv. 13-24): (parafrasi): Il soggetto della prima frase è il Mio genio → Lui vide
Napoleone folgorante in solio (il genio: l’inspirazione)
La voce del poeta non si mescola a quella di altri nell’esaltare o nel deridere
Napoleone → la sua voce non si è macchiata di un servo encomio o di un
codardo oltraggio, quindi adesso può parlare
- “scioglie all’uma un cantico (…) che forse non morrà”: alcuni pensano che
Manzoni pecca di superbia perché prevede che resisterà ai secoli, ma
Manzoni dice invece che il cantico (informazione sul genere testuale → non è
un’ode civile, ma una poesia religiosa) forse non morrà perché è un’orazione
funebre → non riguarda la gloria umana, ma qualcos’altro
vv. 25/84 – è la parte centrale dove viene fatta la descrizione delle vicende storiche
attraverso la rievocazione dei momenti salienti della parabola di gloria (il fulmine
rende la velocità delle sue imprese) e di rovina delle gesta napoleoniche.
Manzoni non esprime la sua personale posizione e lascia ai posteri il giudizio sulla
gloria terrena del personaggio egli invece esprime un giudizio sulla grandezza
morale del Napoleone ormai uomo perdente che si inchina di fronte a Dio
(conversione di Napoleone), scoprendo così il suo autentico valore di uomo.
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- (vv. 61-72): torna la tempesta è una similitudine che si dispiega tra due strofe
→ c’è un naufrago nel mare in tempesta che si trova sollevato dall’onda,
essendo sollevato vede più lontano e vede la salvezza (la costa) ma la vede
invano perché quella stessa onda che l’ha sollevato, lo travolge e lo condanna,
lo abbatte naufragio con spettatore (lo spettatore prova sollievo perché
non si trova al posto del naufrago, ci si sente al sicuro)
vv. 85/108 – la parte finale trae le conseguenze ovvero l’insegnamento religioso che
se ne trae.
La prospettiva è provvidenzialistica: nelle ultime quattro strofe dell’ode Manzoni fa
confluire l’umano nel divino e la vicenda terrena di Napoleone viene suggellata con il
ritorno a Dio.
Nemmeno “il più superbo”, colui che si era creduto un dio, si rifiuta di inchinarsi a
Dio.
Napoleone trova rifugio e conforto in Dio e l’aspirazione alla gloria eterna supera
l’aspirazione alla gloria terrena.
(vv. 85-96): In quel momento di maggior crisi “cadde lo spirito anelo e disperò” →
quando Napoleone perde ogni possibilità di riscatto → rimane inattivo → forse in
quel momento viene in soccorso a Napoleone una mano dal cielo (Dio).
“la man dal cielo” si ricollega cinematograficamente alla mano stanca della strofa
precedente (mano, spirito, premio= figure anfipologiche).
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chi è che può reclamare il trionfo → non è l’uomo, ma la fede →trionfo è una parola
che appartiene al lessico militare (vittorie di Napoleone) ma che qui viene rovesciata
al senso del divino ( gloria e vittoria di Dio).
SUBLIME IRONIA DELLA CROCE: segue il modello del Magnificat (canto di Maria
che rende gloria a Dio).
Nel momento in cui Cristo viene condannato alla croce, quindi il Dio fatto uomo trova
la morte, viene esaltato.
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I PROMESSI SPOSI
Dopo gli inni sacri e le tragedie (Il conte di carmagnola e l’Adelchi), Manzoni punta
sul romanzo per scrivere un’opera popolare (che fosse di e per tutti).
Riflette sul tema del rapporto tra storia e finzione (tema romanzesco, tema tipico del
romanzo storico)
L’idea che si fa strada nella mente di Manzoni è quella di un romanzo storico, i cui
protagonisti non sono però condottieri, uomini illustri, ma gente umile, meccanica
(abituata a lavorare con le mani), decide quindi di raccontare la storia della gente
senza storia (perché fin ora era rimasta esclusa).
Il romanzo storico usa i documenti storici per integrare le conoscenze sul periodo,
documenti storici che parlano però esclusivamente di condottieri e gente illustre →
solo le persone importanti lasciano traccia nella storia, ma la gente umile passa su
questo mondo senza lasciare traccia
Romanzo per tutti, popolare, anche se in Italia manca quella borghesia moderna in
grado di riconoscersi nei valori dell’opera
Non è quindi accettabile l’interpretazione dei Promessi sposi come “epopea della
Provvidenza”, così com’è da respingere la tesi opposta e laica di un Manzoni
scettico sul conto della Provvidenza.
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Tutti i sistemi di vita e le strategie messe in atto dagli uomini per raggiungere
autonomamente uno scopo o per tenersi al riparo dai pericoli falliscono
miseramente.
TRAMA
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1825-1827 → “Ventisettana” → la narrazione è in 3 tomi ed è più continua
rispetto alla prima stesura (viene sciolta la struttura ad episodi), le digressioni
vengono contenute, il montaggio delle vicende è maggiormente incrociato: viene
ridotto il peso delle parti più melodrammatiche in cui abbonda la dimensione
onorifica e drammatica: quelle della monaca di Monza.
La lingua diventa meno ibrida, comincia ad andare verso il fiorentino →
comincia quella rivoluzione che lo porta a una lingua meno espressionistica e più
media
Dalla correzione della prima stesura alla Seconda minuta (Gli sposi promessi): 1824-
1826
1827: I promessi sposi. Continui interventi sulle bozze, differenze con Fermo e Lucia
e anche con Gli sposi promessi.
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Nella Storia della colonna infame utilizza dei documenti storici (i verbali del
processo), rendendo la storia un po’ romanzata, ma il tasso di fizionalità è inferiore
rispetto ai Promessi Sposi
Fine dopo la Colonna infame: nella storia le cose sono finite male per gli
innocenti a causa della pressione popolare e della malafede dei giudici.
Racconto-inchiesta spogliato della componente inventiva critica ai maestosi,
ma inaffidabili simboli del potere.
FASI REDAZIONALI
1. Fermo e Lucia: titolo apocrifo della prima minuta inedita (1821-1823).
- Differente distribuzione della materia e delle sequenze narrative dei
personaggi, in 4 tomi
- Impostazione più drammatica e manichea.
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- Maggiore presenza di materiali non narrativi (documenti, digressioni
saggistiche).
- Lingua di compromesso: fondo di toscano letterario + parlata viva +
francesismi; soluzione ibrida, sintesi di molteplici influenze e modelli.
2. Gli Sposi promessi: titolo provvisorio della seconda minuta, ma
probabilmente già della Prima minuta
Renzo e Lucia non sono, come Gertrude, figli di un principe che decide d’autorità il
destino della prole (mondo feudale).
Manzoni li immagina orfani apposta per lasciarli indifesi e senza guide ma gli dà la
possibilità di autodeterminarsi, di cercare il proprio posto nel mondo.
Sono i primi personaggi veramente moderni della nostra letteratura, incarnando la
condizione problematica e impegnativa, anche dinamica, aperta ad ogni possibilità,
propria del mondo borghese.
Orfani entrambi del padre biologico, essi ricorrono a figure di riferimento come
Padre Cristoforo (difensore della causa degli umili) e Dio che è padre di tutti
ma con loro si affaccia un modello di paternità molto diverso da quello
autoritario e impegnativo.
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personaggi dell’aristocrazia: oggetto dell’umorismo dell’autore (don
Ferrante, donna Prassede), o del suo sarcasmo, nel caso ricoprano
cariche politiche (il conte zio)
NO PROTAGONISTI
PERSONAGGI UOMINI
in primo piano c’è la folla, che non emerge nella storia, ma ne subisce gli
effetti
Lucia e Renzo sono popolani, personaggi inventati, ma, al tempo stesso,
veri, perché del tutto analoghi a persone reali del periodo (personaggi-
uomini, critico Debenedetti)
Manzoni addossa sulle spalle degli uomini l’intera responsabilità degli eventi
calamitosi che irrompono nel romanzo, stigmatizzando le decisioni prese con
cinismo o leggerezza delle autorità pubbliche (peste-guerra come conseguenza
dell’uomo politico e non come piaga divina).
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I PROMESSI SPOSI E LA STORIA
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LO SDOPPIAMENTO DEL NARRATORE La finzione del manoscritto
ritrovato produce uno sdoppiamento del narratore: da un lato, l’autore dello
‘‘scartafaccio’’ (l’Anonimo), dall’altro, la voce narrante che riscrive e
commenta le azioni.
Ironia.
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L’ironia di Manzoni si discosta da quella Romantica poiché non distrugge
ciò che critica e tende a togliere importanza al soggetto che la esercita,
ossia al narratore.
INTRODUZIONE
respingente → Manzoni sta immaginando (ma non ce lo dice) di
trascrivere un manoscritto che ha ritrovato → topos del manoscritto
ritrovato → per dare a un’opera finzionale una qualche parvenza di
autenticità, l’autore immagina di trovare questo manoscritto anonimo e da
quell’opera trarre ispirazione o riscriverla
CAPITOLO 1
Si apre con la notissima descrizione geografica
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Manzoni → lo stesso affetto di Primo Levi quando racconta a Pikolo i monti che
guardava quando tornava a casa
Dopo iniziano ad entrare nella descrizione gli elementi antropici: Lecco e il castello
Del personaggio di Don Abbondio non ci viene detto del suo passato (casata o
da dove proveniva) → viene fatta una descrizione sica e comportamentale →
comportamento consuetudinario (questo comincia a dirci il carattere) il narratore
utilizza della serie di topoi che appartengono alla cultura occidentale:
Bravi → prima vengono descritti e poi vengono spiegati chi sono i bravi → guardie
private grida = leggi → lunga digressione → le leggi per Manzoni devono essere
poche e chiare, se sono di più e complesse non arrivano al loro obiettivo →
inoltre più leggi non fanno che sottolineare l’impotenza della legge stessa.
Più aumenta la pena minacciata, meno funziona la legge.
I bravi fanno capire che stanno aspettando proprio don Abbondio.
Don Abbondio prima cerca delle vie di fuga, non trovandole, si fa un esame di
coscienza se avesse peccato contro qualche potente.
Le prime parole di Don Abbondio sono “Cosa comanda?” → atteggiamento di
sottomissione, ma non a Dio, ma verso degli uomini.
I bravi gli dicono subito di non far sposare Renzo e Lucia e l’atteggiamento di Don
Abbondio non prova neppure una volta ad opporsi, ma è subito obbediente e chiede
come deve fare.
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Manzoni non legge la realtà in una logica manichea (buoni e cattivi), poiché
ognuno pensa ai propri interessi → ci sono un intreccio di interessi → anche la
Chiesa ha l’interesse di esercitare il proprio potere, anche con l’aiuto dei potenti. In
tutto ciò lo Stato non esiste
Manzoni cerca fin dall’inizio un’ombra propria → sceglie un secolo atipico, ma anche
un secolo pieno di eccessi (grandi conversione, gure eccelse, grandi malvagi) → un
secolo che denota la grande passione politica di Manzoni → anche quando parla di
altro, volge sempre lo sguardo verso il suo tempo → si parla del 600 per alludere
all’800
I giudici erano responsabili del male, del giudizio che li ha visti protagonisti oppure le
conoscenze dell'epoca non consentivano loro di chiarire la responsabilità degli
untori?
Se l’uomo è messo di fronte alla possibilità di scegliere tra il bene e il male, il male
che fa è imputabile a lui stesso → nei Promessi Sposi tutta la vicenda è costruita
attorno all’azione degli uomini e alla responsabilità di fronte al male (Don
Abbondio deve scegliere se acconsentire al disegno di un malvagio o di non
obbedire → Perpetua gli dice di andare dal cardinale, di andare da un suo superiore.
Quando ci sarà l’incontro tra i due, il cardinale gli chiede perché non è venuto da lui)
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Renzo, in tutta la storia, si trova in svantaggio rispetto ai personaggi più colti
→ Renzo, che sembra essersi ritirato, esercita la sua sagacia e conoscenza del
mondo e vedendo Perpetua e da una sua battuta riesce a capire cosa sta
succedendo →
– Mala cosa nascer povero, il mio caro Renzo → Calvino parla di rapporto di forza
→ nei Promessi sposi non si tratta di avere ragione, ma di avere accanto uno
più
Il narratore è abile nel meditare i pensieri nella mente di Renzo → costruisce una
fantasia di sangue, che lo seguirà per tutto il romanzo, ogni volta che pensa a Don
Rodrigo → però come il contagio, questo male corre il rischio di infettarlo se non se
ne libera
CAPITOLO 35
Ci troviamo nel Lazzaretto, dove vengono ricoverati gli appestati. Lì si trova Renzo e
incontra Fra Cristoforo → punto di massima tensione narrativa che va a sciogliersi
verso una soluzione. Renzo è lì per trovare Lucia, ma trova Fra Cristoforo → Vede
Fra Cristoforo, ma è quasi un fantasma di quell'uomo dallo sguardo
infiammato, il portamento è curvo e la natura è esausta
Renzo è ancora legato a quella sete di vendetta che lo accompagna fino alla fine,
anche nel lazzaretto, in cui Renzo si permette di parlare di castigo e giustizia a
opera degli uomini
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→ Fra Cristoforo non sta dicendo che la peste è un castigo di Dio
(apparentemente dice questo ma non lo può dire di fronte agli innocenti che
stanno morendo, e non lo può dire pure anche davanti ai potenti violenti che
stanno morendo e soffrendo, perché non si può arrogare di decidere la volontà
di Dio) → quella giustizia che Renzo reclama in nome di Dio semplicemente non
esiste
Di fronte al dolore, alla sofferenza, alla morte e alla fragilità dell’uomo, gli
offesi perdonano e gli offensori chiedono perdono.
Renzo non chiede perdono e non perdona, chiede vendetta e cerca giustizia →
Fra Cristoforo sa cosa prova Renzo perché anche lui l’ha provato e ha messo
in atto la sua vendetta → solo il perdono può interrompere questa catena di
sofferenza, che anche dopo la morte di Don Rodrigo condannerebbe al rimorso per
tutta la vita Renzo → Fra Cristoforo ancora non si perdona per aver ucciso un uomo
Estremo mistero cristiano è amare chi ci odia, chi ha propositi malvagi per noi
→ a questo punto Renzo sta zitto.
CAPITOLO 38
Manzoni non si dimentica che la vita è fatta da rapporti di forza → una cosa è non
nutrirsi di rancori, e un’altra è che la vita è costituita da persone buone e non ci sono
rapporti di forza
Sembra un romanzo di formazione, con il personaggio che conclude con le cose che
ha imparato. Ma è anche la parodia del romanzo di formazione → L’intervento di
Lucia rompe tutto il ragionamento di Renzo
→ hanno di fronte tante possibilità la morale di questa storia non è individuata dal
narratore o da un personaggio, ma da una coppia di personaggi attraverso un
dialogo → nasce da uno scambio, un tornare dei proprio passi per fare il punto
della situazione (il sugo della storia).
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GIACOMO LEOPARDI
1798 (29 giugno): A Recanati nasce Giacomo Leopardi (Recanati appartiene allo
Stato pontificio, dal 1808 le Marche vengono inglobate nell’Impero Napoleonico).
Il padre è amante delle lettere e sollecito verso i figli: amplia la biblioteca con testi
classici, testi di filologia, letteratura del ‘700, testi degli illuministi francesi.
Conservatore, reazionario, legato alle forme più esteriori della cultura, ma
apparentemente disposto a informarsi anche sul pensiero “avverso”, benché ormai
invecchiato di mezzo secolo: l’Illuminismo francese.
Mentre la madre, che ha assunto l’amministrazione del patrimonio familiare
dissestato agli sperperi giovanili del marito e che impone alla famiglia un regime di
stretta economia, è una donna fredda e bigotta.
1815: Dopo vari studi eruditi, scrive il Saggio sopra gli errori popolari degli
antichi: esprime la necessità di un ritorno della poesia all’immaginazione degli
antichi.
Leopardi dice che non bisogna tanto imitare i classici, ma il loro rapporto
spontaneo con la natura → mentre gli antichi avevano una relazione ingenua in
senso etimologico con la natura, cioè spontaneo e connaturata con il loro stesso
essere, per i moderni non è più così e quindi la poesia dei moderni non può più
essere una poesia ingenua, ma deve essere una poesia sentimentale → non
vuol dire emotiva, ma che unisce la parte razionale con la parte del mondo
interiore, ciò che si prova (EMOZIONE + RIFLESSIONE) → con sentimentale si
intende questa unione tra emozione e riflessione.
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1818: Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica: raccolta di scritti
dedicati alla querelle classico-romantica
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POLEMICA TRA CLASSICISTI E ROMANTICI
→ tutti gli esseri umani tendono verso la felicità, la felicità è il piacere → gli
esseri umani tendono verso un piacere infinito, cioè che non finisce nel tempo e
nello spazio. Infatti quando il piacere finisce ci lascia insoddisfatti → la
coscienza infelice dell'uomo nasce dal fatto che desideriamo un piacere
infinito e abbiamo a disposizione solo piaceri finiti.
Più desideriamo qualcosa più rimaniamo insoddisfatti → quindi non ci potrà essere
nessun piacere in nito nella sua durata e nel suo spazio.
Cosa cerca l’anima → cerca quello che può trovare: un’infinità di piacere, cioè la
soddisfazione di un piacere illimitato
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Però anche quel momento, dal momento che è destinato a finire, porta con sé
l’insoddisfazione. Anche la rimembranza, anche il ricordo è sempre mescolato
di desiderio del piacere e soddisfazione.
- «Piacer figlio di affanno» (“La quiete dopo la tempesta”): Il piacere nasce nel
momento in cui cessa un dolore o una preoccupazione, quindi non esiste un
piacere in sé, un piacere autentico ma solo una momentanea cessazione
del dolore Il piacere non è mai sufficiente: il piacere è limitato nel tempo e
nello spazio, esso finisce con la vita dell’uomo
Per quanto l’uomo desideri piaceri infiniti, ha a sua disposizione pensieri finiti
e limitati: insoddisfazione infinita dell’uomo.
o Titanismo.
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o Atteggiamento contemplativo, ironico, distacco imperturbabile (Operette
morali).
TEMI
Il senso dell’esistenza: (non è pessimista).
Vago e Indefinito:
- La poesia è diletto
- Il diletto è illusorio
- Il poetico scaturisce dalla vaghezza
- L’indefinito libera l’immaginazione
- Tempo dell’infanzia (FANCIULLEZZA) come picco massimo del vago e
dell’indefinito: i sogni non si sono ancora scontrati con il vero
FANCIULLEZZA E RIMEMBRANZA:
- Il mondo è una scoperta senza confini, il piacere raggiunge il suo picco
nell’essere vago e indefinito (fanciullezza)
- Da adulti, il piacere non è paragonabile al piacere che si prova durante la
fanciullezza: la razionalità annulla l’immaginazione
Rapporto uomo-Natura:
- La natura è benigna
- Il perduto stato naturale era felice
- La modernità ha comportato l’infelicità
- È la razionalità il motivo del dolore umano
- La natura è matrigna
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Teoria delle illusioni:
- Gli antichi sono superiori ai moderni perché sono ingenui
- L’ingenuità permette le illusioni
- Le illusioni dei moderni sono effimere, frustranti
- Bisogna tendere all’«arido vero»
Il tempo e la storia:
- L’uomo è destinato alla morte
- Il tempo «passa e quasi orma non lascia»: Ciò è la prova della spietatezza
della natura
- Negazione delle «magnifiche sorti e progressive»
CANZONI (1818-1823)
impianto classicistico, linguaggio aulico e sublime , influenzato da
Foscolo e Alfieri.
Tematiche civili, polemica contro il presente (Ultimo canto di Saffo, 1822)
titanismo.
IDILLI (1819-1821)
traduzione degli idilli pastorali di Mosco,
carattere originale: «sentimenti, affezioni, avventure storiche del suo
animo».
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OPERETTE MORALI (1824): IL LIBRO «PIÙ CARO DEI MIEI OCCHI»
È quasi un ossimoro: «operette» indica la piccola dimensione dei testi,
ma soprattutto il loro spirito giocoso;
«morali» indica invece il contenuto “alto”, di carattere filosofico
esistenziale.
Modelli: satira menippea: Dialoghi dei morti di Luciano di Samosata (II sec.
d.C.)
Specifiche:
- dialoghi o testi narrativi a carattere satirico
- personaggi fantastici o storici o (raramente) tratti dal quotidiano
- metodo argomentativo- deduttivo spesso basato sul paradosso
STILE:
EDIZIONI
1827: Esce la prima edizione delle Operette morali
1834: La seconda edizione aggiunge solo due testi conclusivi, polemici nei
confronti delle critiche suscitate dalla prima edizione:
- Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere
- Dialogo di Tristano e di un amico
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CANTI PISANO-RECANATESI (1828-30)
Risorgimento della poesia, ripresa di temi, atteggiamenti, linguaggio
degli idilli del '19 -'21 (definiti anche «grandi idilli»:)
ULTIMO LEOPARDI
o Contatto con il proprio tempo e maggiore consapevolezza.
o Amicizia con Antonio Ranieri e passione amorosa verso Fanny Targioni
Tozzetti.
o Ciclo di Aspasia: conclusione dell’amore per la Tozzetti («inganno
estremo»); 1833
o 1835: Poetica anti-idillica, nuda, severa, ragionata; linguaggio aspro,
sintassi spezzata, non più vaga e indefinita.
o Impegno polemico contro l’ottimismo progressista di diversa matrice ,
illuminista, spiritualista, liberale; Palinodia al marchese Gino Capponi, Ad
Arimane, I nuovi credenti, Paralipomeni della Batracomiomachia.
o La Ginestra: invito agli uomini a unirsi in «social catena»; simbologia
del fiore del deserto.
LE FORME
La rivoluzione poetica di Leopardi non è solo filosofica, ma anche stilistica
Poesia dell’interiorità:
- Scavo nell’interiorità
- Soggettività del punto di vista
- Universalità del messaggio
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- Lo spunto della riflessione parte da un’esperienza che può essere condivisa
da tutti
Antonio Prete parla di pensiero costante, cioè di un pensiero che non si forma
attraverso la struttura razionale del trattato, ma principalmente si condensa
nella poesia e nelle immagini poetiche → lo stesso si può dire delle operette
morali
islandese → un uomo che cerca un luogo fatto per l’uomo, dove possa trovare
un equilibrio → l’equilibrio tra l’uomo e la natura viene cercato nello spazio.
Ma non trova uno spazio fatto per l’uomo→ discrasia (mancato coordinamento)
tra l’uomo e la realtà che lo pone sempre straniero, estraneo al mondo che gli
avevano detto essere fatto per lui → concezione del moderno che ritroviamo in
tutte le operette morali e in tutta l’opera di Leopardi.
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Dopo tanto girovagare si trova al cospetto di una figura femminile terribile che è la
Natura → tema romantico dove la natura desta terrore.
L’islandese presenta alla Natura tutte le sue lamentele, tratta la natura come una
madre che però non cura la sua famiglia
L’islandese cerca una relazione con lei (le dà del tu) e la natura risponde → la
risposta che dà la natura è molto più terribile delle lamentele → l’uomo crede che ci
sia un né che possa dargli ragione del male che l’uomo so re.
La natura gli risponde che quello che capita non ha una ragione, non c’è una
volontà da parte sua di fargli del bene o del male.
Anche l’estinzione della specie potrebbe accadere senza che se ne renda
conto → presuppone che non esista una ragione per il male del mondo→ questo è
umanamente insopportabile → “pensi con la tua ragione di comprendere tutte le
ragioni che stanno nell’universo?”
- continua a porsi al centro → anche se non hai creato l’universo per me però
mi hai invitato, quindi questa casa, non la sento come casa mia →
esperienza che poi con Freud prenderà il nome di “fuoricasa” → l’esperienza
che fa l’islandese è di ciò che non è familiare anche non essendolo.
La casa, quindi l’ambiente che dovrebbe sembrarci familiare e ospitale, in cui
riconoscere la consuetudine, invece è qualcosa di estraneo, si rivela una
prigione.
una tempesta di sabbia suggella l’islandese come una mummia che poi viene
ritrovata e collocata in un museo d’Europa
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1. l’uomo e i leoni fatto parte dello stesso circolo di costruzione e
distruzione → la vita si può mantenere se ogni anello della catena conserva
il suo posto
Questa idea della sofferenza universale è la maggiore risposta all’idea di una natura
matrigna, cioè da una parte abbiamo questa ipostasi della natura (creazione
dell’uomo) e dall’altra abbiamo la consapevolezza di una sofferenza universale di
tutti gli esseri viventi accomunati dalla fragilità
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L’INFINITO
Non si tratta di un sonetto → fa parte degli Idilli
È composto da una sola strofa di 15 versi endecasillabi.
Leopardi sale sul monte Tabor e guarda il paesaggio → Eremo → luogo solitario in
cui si rifugiavano i monaci
fingo → indica una costruzione (verbo del vasaio, ceramista, chi costruisce
attraverso la terracotta un oggetto). Significa che nel pensiero si
costruisce, si immagina pensier, cor → riflessione e emozione → poesia
sentimentale → non più quella poesia ingenua nativa degli antichi, perché
manca l’immersione nella natura
queste piante → è tornato in quella realtà rassicurante e alla sensazione della vista.
Adesso hanno il sopravvento le sensazioni uditive → le sensazioni uditive hanno
una maggiore capacità di attivare l’infinito, perché con più difficoltà riusciamo
a individuare l'origine di ciò che pensiamo; invece, attraverso la vista
riusciamo a individuare più facilmente un oggetto.
Ciò che è l’indefinito dello spazio è l'indefinito del tempo → adesso il pensiero
può a ondare nell’immensità → non si può misurare
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ALLA LUNA
È un idillio di 16 endecasillabi senza rima.
È strettamente legato all’Infinito → per la struttura; presenza del colle (v.2); entrambi
i componimenti prendono spunto dal ripetersi di una consuetudine → Alla luna
potrebbe essere un testo di anniversario, forse un compleanno del poeta.
il rimembrar delle passate cose / ancor che triste, e che l'affanno duri → Il testo non
dice perché il ricordo di un passato che è stato triste e continua a esserlo possa
essere consolatorio. Aiuta a capirlo un passo dello Zibaldone, nel quale Leopardi, ri
ettendo proprio sugli anniversari e sulle "illusioni" che essi sollecitano, scrive: «ci par
veramente che [negli anniversari] quelle tali cose che son morte per sempre né
possono più tornare, tuttavia rivivano e sieno presenti come in ombra». Il ricordo
insomma ha il potere di ridare vita a ciò che è nito per sempre, è un antidoto contro
«l'idea della distruzione e annullamento che tanto ci ripugna».
A SILVIA
Rappresenta l’inizio di una nuova stagione poetica → il poeta, dopo la stesura delle
Operette Morali, è tornato a comporre versi che appaiono più temperati ed equilibrati
e non più puramente idillici Il tema della lirica è la caduta dei sogni e delle illusioni. Il
canto è dedicato probabilmente a Teresa Fattorini, glia del cocchiere di casa
Leopardi, morta di tisi nel 1818. Fanciulla di cui Leopardi si era innamorato, senza
però essere ricambiato. Altri critici però ritengono che Silvia sia una costruzione
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psicologica del poeta → i richiami alla sicità della ragazza, sono quasi inesistenti →
alcuni critici sostengono che Leopardi ha ripreso lo stile dantesco e che Silvia, come
la Beatrice di Dante è evocata nella sua spiritualità, sia descritta per le sue
caratteristiche spirituali più che nell’aspetto sico Si tratta di una confessione del
poeta → la morte prematura di Silvia diventa il simbolo delle speranze stesse del
poeta, diminuite all’apparire della terribile verità della condizione umana → solo la
giovinezza permette di avere delle illusioni, mentre l'età matura porta con sé solo un
carico di delusioni e dolori. Tutto il canto è costruito sulle esperienze parallele della
giovinezza di Silvia e delle illusioni del poeta → se Silvia, morta precocemente, non
è potuta arrivare al limitare della gioventù, anche Giacomo, che ha invece potuto
varcarlo, non ha avuto sorte migliore poiché la vita è una delusione senza senso e
non esiste altra felicità nale se non la fredda morte e una tomba ignuda. Di fronte
alla tristezza del presente e all'amarezza del futuro il ricordo dell'età giovanile si
pone come l'unico momento in cui l'esistenza si rivela a ascinante e densa di
aspettative A Silvia si divide in 5 parti:
● rievocazione di Silvia
● la natura vista come sventura e inganno → tema delle speranze deluse e dal
lamento del poeta nei confronti di una natura che non consente la loro realizzazione.
● la morte come ne
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Nelle prime due strofe Sa o si rappresenta come la dispregiata amante di una natura
che lei ama e della quale descrive dettagliatamente le bellezze → Bello il tuo manto,
o divo cielo. Il suo ruolo nel mondo è quello dell'ospite non desiderata → per no il
torrente muta il suo corso per non toccarle il piede.
Nella terza strofa, dopo essersi interrogata senza risposta sulle cause della sua
esclusione, Sa o conclude che in questo mondo virtù non luce in disadorno ammanto
→ la bruttezza del corpo impedisce che vengano riconosciute le virtù dell'individuo,
sia che si manifestino in virili imprese sia che si esprimano per dotta lira o canto →
attraverso la poesia.
natura → Sa o si confronta con la natura → una natura che è stata malevola nei suoi
riguardi concedendole una grande sensibilità alla bellezza, ma non di essere bella →
il rapporto di Sa o con la natura è un rapporto di amore e odio, perché la natura
l’attrae e nello stesso tempo la ri uta. Ma in realtà è sa o a sentirsi ri utata
dall’oggetto del suo amore
Anche il paesaggio ri ette questa duplicità → lo scenario è sospeso fra notte e alba
(l'alba è tradizionalmente l'ora dei suicidi) e fra la rappresentazione di una natura
splendida e armoniosa e quella di una natura buia e ostile che Sa o sente più in
armonia con il proprio stato d'animo → la sua condizione di esclusa la rende
paradossalmente meno infelice quando il cielo si scatena nel temporale → il cielo
tempestoso ri ette anche l'ira che muove la sua protesta.
stile → stile ardito e peregrino → nomi e immagini che rimandano al mondo classico;
espressioni ricercate e metafore tradizionali rendono il testo di cile e solenne
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La poesia si apre con la rappresentazione idilliaca della vita del borgo di Recanati
dopo la tempesta → gli animali della campagna tornano alle loro occupazioni così
come gli abitanti riprendono i loro doveri quotidiani. Il cielo si schiarisce e il sole
torna a risplendere permettendo ad ogni uomo di a rontare un nuovo giorno con
rinnovata felicità.
Alla parte descrittiva segue quella ri essiva e loso ca delle strofe seguenti →
Leopardi espone il suo pessimismo sotto forma di ironia → secondo il poeta la vita è
bella proprio dopo che è passata la tempesta ed ogni uomo si rallegra perché, come
la natura vuole, al dolore segue il piacere che è tanto raro ed e mero che si
riduce a niente → Piacer figlio d’affanno … frutto/del passato timore → La quiete,
ossia il piacere, dopo un lungo momento di so erenza e di terrore della morte scuote
anche la gente che detestava o svalutava la vita.
L' umana prole si dimostra felice se le è concesso un solo attimo di riposo dai mali
incessanti della vita, e beata se libera da ogni a anno con il sopraggiungere della
morte → il poeta si rassegna a considerare il destino dell’uomo inevitabile ed eguale
per tutti, il cui rimedio non è altro che la morte.
La canzone libera appare come la struttura migliore per una poesia più filosofica
e speculativa.
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In questa poesia Leopardi sembra ormai essersi aperto al Romanticismo: esotismo,
lontananza, la situazione notturna sono alcuni dei tipici aspetti della poesia
romantica. Ma la lingua e l'immaginario rimangono sempre gli stessi, come
l'invocazione alla luna, come nell'idillio Alla luna.
Il Canto notturno è diviso in sei stanze, molto diverse l'una dall'altra. Nella prima
stanza il pastore si rivolge alla luna silenziosa, confrontando la sua condizione con
quella dell'astro. Il pastore si definisce "vecchierel bianco", un chiaro riferimento a un
sonetto di Petrarca (Movesi il vecchierel). Il confronto sproporzionato tra essere
umano e astro celeste si ritrova anche in altri Canti pisano-recanatesi, come nelle
Ricordanze. Il pastore si interroga poi sulla sua esistenza, confrontando la sua
situazione con quella del suo gregge, domandandosi come mai gli animali non
sentano il tedio della vita. Per lui l'esistenza è male.
Nella seconda stanza del Canto notturno Leopardi rielabora un sonetto di Petrarca
dal titolo Movesi il vecchierel, e quanta distanza da quell'immaginario legato al
motivo topico del pellegrinaggio, della ricerca, anche dell'amata, della desiata forma
vera, quella voce amorosa che si identificava nella vita del vecchiarello bianco e
canuto. Qui invece l'immagine della vita umana, della vita mortale, della vita breve,
quando anche emblematizzata da una persona anziana, viene comparata a un
principio metafisico, alla vita di un astro, come la luna. E questa sproporzione tra vita
microcosmica, la vita dell'uomo mortale e la vita degli astri, di quelle immagini
silenziose che Leopardi vedeva proiettate sullo schermo del firmamento, la
ritroviamo anche in altri canti pisano-recanatesi, questi canti del '29 che sono la vetta
del linguaggio lirico leopardiano, come per esempio le Ricordanze che iniziano con
l'evocazione delle "vaghe stelle dell'orsa". Inoltre, una poesia filosofica che si rivolge
alle entità naturali come la luna, ma che si rivolge poi agli animali: si rivolge loro
chiedendo come mai non abbiano quel senso di tedio dell'esistenza che pure invece
per ogni uomo è così conosciuto. "A me la vita è male", dice il pastore, confrontando
la sua situazione con quella del proprio gregge.
prendi a schivo: espressione letteraria per mettere subito al centro della riflessione la
“noia” dell’esistenza, vera e propria malattia di cui soffre il poeta (e con lui, il pastore
nomade).
altro mai non ispera: ragionando sull’etimologia latina da spes, -ei, un passo dello
Zibaldone del 1 ottobre 1823 spiega il punto di vista leopardiano: “Il primitivo e
proprio significato di spes non fu già lo sperare ma l’aspettare indeterminatamente al
bene o al male... l’aspettare e l’aspettativa è un’idea che dovette esser tra le prime
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dinominate, e innanzi allo sperare ec. ch’è una specie dell’aspettare, e un’idea
troppo sottile e metafisica ec. ec.”.
è rischio di morte il nascimento: Leopardi qui allude sia alle complicanze del parto
che soprattutto alla condanna all’infelicità implicita per lui in ogni venuta al mondo.
senza noia: il tema della fortuna degli animali, che sarebbero immuni alla “noia”
umana, torna in più passi dello Zibaldone, come in una nota del 7 ottobre 1823.
LE RICORDANZE
Le ricordanze svilluppano un tema caro a Leopardi, quello del confronto tra passato
e presente, paragonando malinconicamente le illusioni della giovinezza (assai simili
a quelle de La sera del dì di festa o di A Silvia) e l'amara disillusione attuale.
Senza questa forza del presente il passato resterebbe lettera morta ed infatti delle
immagini del passato, le immagini della gloria poetica, della gloria politica, che sono
oggetto dell'eterna illusione dei mortali, vengono irrise: "Fantasmi, intendo, son la
gloria e l'onor; diletti e beni mero desio; non ha la vita un frutto, inutile miseria. E
sebben vóti".
questa sorta di nichilismo sonoro e musicale, però viene trasceso appunto nelle
immagini del passato, nel perdersi, nello sprofondare come in una specie di
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batiscafo nelle immensità oceaniche, in quella che è la memoria individuale che
finisce per attingere quasi la memoria dell'intera umanità.
E non a caso appunto la scena, il proscenio, lo schermo su cui si proietta questa
energia poetica, è quella del firmamento, del cielo stellato.
Una cosa che colpisce nelle Ricordanze, così come in altre poesie legate alla
memoria, alla rammemorazione, in Leopardi, è l'aspetto acustico. Avevamo visto
nell'Infinito il "suono delle stagioni": anche ora, sono i suoni del tempo che si fissano
con maggiore forza di penetrazione nella memoria e appunto i suoni saranno
protagonisti lungo il tessuto delle Ricordanze e avranno questi suoni, questi echi,
queste immagini di suono, una fortuna straordinaria nella poesia delle generazioni
successive. "Viene il vento recando il suon dell'ora dalla torre del borgo." Saranno
infinite le riscritture delle Ricordanze, la scena stessa delle Ricordanze, questa sorta
di sguardo che si sprofonda appunto nel paesaggio a partire da una posizione
altolocata, quella del balcone della casa avita, avrà anch'essa una straordinaria
fortuna nella poesia del '900, nella poesia della modernità. Ed appare poi nell'ultima
stanza, un nuovo personaggio, una nuova incarnazione di quell'eterno femminino,
muliebre, destinato appunto ad un destino crudele, a un destino di morte, un destino
di sottrazione all'esistenza, che ancora una volta è il doppio dell'io lirico. Ancora una
volta lo stesso personaggio, con ogni probabilità sempre Teresa Fattorini, già
chiamata Silvia, che ora sempre con nome tassiano, sempre con nome preso
dall'Aminta di Torquato Tasso, si chiama invece Nerina. Ed è proprio con questo
principio, con questo personaggio, con questa ennesima controfigura, che le
Ricordanze si chiudono con un dialogo al limitare.
là nella selva: il rimando autobiografico è al Monte Tabor di Recanati, sul cui “ermo
colle” è “ambientato” anche L’infinito; ne Il passero solitario, invece, è il campanile
della chiesa di Sant’Agostino a costituire il punto da cui il poeta sviluppa la propria
amara riflessione sull’esistenza.
3 quel lontano mar, quei monti azzurri (deittici sulla lontananza): i riferimenti
geografici sono rispettivamente all’Adriatico e ai monti Appennini, cui Leopardi
aggiunge la nota nostalgica del ricordo di un mondo idillico e protetto che ormai è
svanito e sopravvive solo nella mente del poeta.
4 arcana felicità fingendo: è il tema, carissimo a Leopardi, delle illusioni, con cui si
nutrono, soprattutto nella nostra “età verde” (v. 28) speranze ed aspettative per il
futuro, e con cui si crea e si inventa la vita che si vorrebbe vivere. Si ricordi poi l’uso
del verbo “fingere” ne L’infinito, con il significato di “immaginare con le risorse della
fantasia” (L’infinito, v. 7: “io nel pensier mi fingo”).
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5 natio borgo selvaggio: espressione divenuta celebre in cui Leopardi condensa
l’astio per il paese natale; in una lettera all’amico Francesco Puccinotti del 19
maggio 1829 scriveva: “Non so se mi riconoscerai più: non mi riconosco io stesso,
non son più io; la mala salute e la tristezza di questo soggiorno orrendo, mi hanno
finito”.
Io fui: la constatazione, icastica e secca, sta a significare che il poeta si accorge che
tutte le speranze e le illusioni giovanili, per quanto forti ed appassionate, si sono
inaridite dopo la giovinezza a causa di tutte le amare sofferenze cui egli è andato
incontro; in tal senso, la loro “ricordanza” non può che essere fonte di nuovo
tormento interiore.
8 dipinte mura: Leopardi, circondato dai ricordi del passato, allude qui ai quadri e alle
pitture a tempera che ornavano le stanze del “patrio tetto” (v. 17), e cioè del palazzo
di Recanati: questi diventano un simbolo esplicito delle proiezioni illusorie della sua
gioventù.
9 il mio possente errore: ovvero, quello di credere che le proprie illusioni giovanili di
felicità fossero vere e realizzabili.
che di cotanta speme oggi m’avanza: esplicito il rimando metaletterario alla canzone
petrarchesca Che debb'io far? Che mi consigli, Amor? (Canzoniere, CCLXVIII, 32:
“Questo m’avanza di cotanta speme”), già noto a Foscolo nel celebre sonetto In
morte del fratello Giovanni, v. 11 (“Questo di tanta speme oggi mi resta”).
13 Leopardi intende che il ricordo delle illusioni giovanili, inaridite dal tempo
trascorso senza uno scopo e dalla sofferenze dell’età matura, gli renderanno in parte
amaro anche la dolcezza del “dì fatal” della morte, intesa come cessazione del
proprio dolore.
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tema della perdita irrecuperabile delle illusioni giovanili, e dell’acerbità del loro
ricordo.
18 mostra che per signor l’accolga e chiami: nel “primo entrar di giovinezza” (v. 120),
il mondo non solo sembra offrire un sostegno attivo all’uomo, ma, in un’atmosfera di
gioia e felicità, addirittura lo riconosce come proprio signore (“per signor”, v. 130).
19 Nerina: nome poetico dietro cui probabilmente si cela Maria Belardinelli, giovane
recanatese morta a ventisette anni nel 1827. Qui, come la Silvia del componimento
omonimo, la figura femminile è una trasparente incarnazione della gioventù e della
speranza.
La ginestra è il testo più lungo dei Canti: le sue sette strofe hanno dimensioni
eccezionali e i suoi lunghi periodi si snodano a volte a cavallo di decine di versi. Si
tratta, quindi, di un vero e proprio poemetto lirico- loso co, che per dimensioni e per
genere può ricordare i Sepolcri di Ugo Foscolo: dai Sepolcri lo distingue, però, un
superiore grado di innovazione, di audacia formale e di radicalità intellettuale.
Il tema del ore che nella poesia romantica rappresenta un vero e proprio topos.
Leopardi recupera il ore della Ginestra
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Leopardi intende ancorare la propria esperienza poetica a una esperienza
esistenziale qui ed ora da cui inizia la sua osservazione / ri essione poetica
formidabile → suscita paura e terrore. Vesuvio sterminatore sul quale non cresce
nessun’altra pianta, a parte la ginestra → ore che si trova a proprio agio nel deserto
scena di desolazione → solitudine (deserto = privo di vita) odorata ginestra →
presuppone che ci sia un qualcuno, un destinatario del suo odore → subito dopo
interviene il soggetto
l’esperienza del poeta che torna con la memoria ad altre visione della ginestra erme
→ aggettivo caro a Leopardi donna /domina dei mortali → Roma
rima in mezzo (in mezzo al verso)→ cura / natura → rima ironica : la natura che non
si preoccupa di nulla, fa rima con cura. Quella natura che può distrugge tutto con un
lieve movimento e con movimenti un po’ più forti può annichilAre (la A allunga) tutto
il genere
la parte centrale della strofa è tutta costruita intorno al Io → c’è una sorta di messa al
centro del poeta → poeta che non si adegua allo spirito del tempo, ma si
contrappone a ciò che la massa dice, però mettendosi al centro della scena
io che rima con oblio, però Petto mio → insistenza sull’io → viene ripresa nei
pronomi personali
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ASPASIA
Il poeta ha lasciato Firenze da circa due anni ma il ricordo di Fanny, sebbene
attenuato dal tempo, è tutt’altro che scomparso → di tanto in tanto il volto bellissimo
della donna gli torna alla memoria e con esso gli atteggiamenti materni, l’eleganza
dei modi e la ra natezza intellettuale che lo avevano fatto perdutamente
innamorare di lei.
Aspasia → moglie di Pericle. Dietro questo nome si cela la gura di Fanny Targioni
Tozzetti. Aspasia era apparsa al poeta come una gura divina, ma soltanto perché
vista con gli occhi ingenui e sognanti dell’amore, che inevitabilmente inducono la
mente a creare un ideale di donna che, in realtà, non esiste. Adesso che l’incanto si
è spezzato, Leopardi è nalmente libero di togliere quel velo divino del quale aveva
voluto ammantare Aspasia e guardarla per come davvero è, priva di quelle
connotazioni ideali che l’avevano resa unica e meritevole dei suoi sospiri → Leopardi
si sente di nuovo libero, non più schiavo di quel giogo amoroso. ì
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GIOVANNI VERGA: CONTESTO STORICO
VERISMO → Fine Ottocento → dopo l’unità d’Italia: trionfo del liberoscambismo e
dal protezionismo → impatto sul sud, soprattutto sulla Sicilia
Abbiamo due sistemi politici che si vengono a fondere, ma anche due impostazioni
economiche diversi →
questione meridionale: da una parte c’è un nord Italia ampiamente avviato verso
l'industrializzazione e una produzione agricola di tipo intensivo; dall’altro lato
abbiamo un sud prevalentemente agricolo, dove vige il sistema del latifondo →
sistema che non spinge verso la modernizzazione, ma è profondamente ancorato
alla ripetizione di modelli e tecniche del passato
Di fatto, l’Italia che ci viene consegnata è un’Italia unita dal punto di vista
politico e amministrativo, ma ancora profondamente separata al suo interno
dal punto di vista sociale, economico, culturale e linguistico.
Altri fattori:
crisi dei ceti medi tradizionali che si ritrovano a subire questo processo di
unificazione e si trovano privi di una serie di protezioni che l’impostazione
tradizionale gli aveva fornito
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SCAPIGLIATURA
Non è un movimento organizzato, ma accomuna scrittori insofferenti per le
convenzioni della letteratura contemporanea e per i principi e i modelli
della società borghese.
Origine del termine: dal romanzo di Cletto Arrighi (La Scapigliatura e il 6
febbraio, 1862), traduzione del francese bohème.
NATURALISMO
Dai fondamenti filosofici del positivismo nasce il naturalismo → Nasce in Francia
(Balzac, Flaubert e Zola)
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VERISMO
Verismo: diffusione nella sinistra milanese di Zola e del Naturalismo positivista ad
opera di Felice Cameroni.
Limiti: paternalismo, → accusa verso tutti gli scrittori tono di superiorità – ma non
da parte di Verga.
Nel caso del romanzo sperimentale→ c’è una voce narrante che viene
dall’alto e dall’esterno → è come lo scienziato che osserva al microscopio la
realtà che sta osservando.
Verga utilizza un punto di vista interno → dal momento che la realtà sociale
che affronta è più bassa rispetto al suo status, il punto di vista è dal basso e
interno.
Il giudizio appartiene al popolo: la voce narrante non è Verga, ma il
punto di vista è interno alla comunità.
Anche Manzoni utilizzava un narratore esterno che però interveniva. In questo
caso abbiamo un narratore che non interviene apertamente con commenti
propri, ma diventa quasi invisibile e si abbassa dal punto di vista della
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comunità.
Quello che viene realizzato da Verga è un effetto → quando Verga scrive
bisogna dar l’effetto che il racconto si sia scritto da sé.
Verga non utilizza delle digressioni per descrivere dei luoghi o delle tradizioni
come Manzoni → Verga non vuole seguire Manzoni su questa strada →
anche questo è un effetto → Verga lavora sul meno, sulla sottrazione
IMPERSONALITÀ
IDEOLOGIA
CONTESTO
FINALITÀ E RISULTATI
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Verismo→ si privilegia la letteratura, rinuncia al giudizio, secchezza ed
essenzialità → la rappresentazione che Verga ci dà della realtà sociale in
letteratura è molto più efficace di quella consegnataci da altri scrittori
progressisti.
GIOVANNI VERGA
FASE STORICO-PATRIOTTICA :
COMPOSIZIONI PRINCIPALI
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FASE DEI ROMANZI DI INTRATTENIMENTO:
- produzione di Firenze,
- romanzo di intrattenimento con intreccio erotico
COMPOSIZIONI PRINCIPALI
- produzione di Milano
- ideali amorosi al centro delle opere, ma sconfitti dalla realtà misera e
corrotta
- polemica con gli ideali romantici e con la società moderna (corruzione
morale, dominio del denaro)
COMPOSIZIONI PRINCIPALI
Eva (1873):
- immagine negativa della società cittadina, a cui si contrappone quella della
società rurale preindustriale
- alternanza di punti di vista (narratore-testimone + protagonista= no narrazione
soggettiva)
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FASE VERISTA (CONVERSIONE AL VERO)
- adesione al programma del Naturalismo (con Capuana, Cameroni e Sacchetti)
- esplosione della ‘‘questione meridionale’’ con le denunce di Franchetti
(Inchiesta in Sicilia) e Sonnino (Lettere meridionali)
- abbandono degli ideali romantico-risorgimentali
COMPOSIZIONI PRINCIPALI
Nedda (1874)
- modello della narrativa filantropico-sociale
- racconta la vicenda di Nedda, raccoglitrice di olive, che rimane incinta di Janu,
un contadino che poco dopo muore in un incidente sul lavoro; rimasta sola,
isolata per la sua condizione di ragazza-madre, Nedda vede morire la
figlioletta di stenti
- NON è VERISTA
Vita dei campi (1880): Fantasticheria, Jeli il pastore, Rosso Malpelo, Cavalleria
rusticana, La Lupa, L’amante di Gramigna, Guerra di santi, Pentolaccia.
- ambientazione siciliana
- strutture antropologiche, codici di comportamento, convenzioni sociali siciliane
- letteratura come ‘‘documento umano’’
- Verga intreccia storie di passioni primitive, miseria, soprusi e
sfruttamento, sullo sfondo di una Sicilia arretrata e sofferente.
- Oggetto dei racconti sono i destini dei singoli personaggi, vittime che non
possono ambire ad alcun riscatto individuale o emancipazione sociale.
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LA LETTERATURA COME DOCUMENTO (NOVELLE DE VITA DEI
CAMPI)
L’amante di Gramigna, prefazione: contiene la lettera a Salvatore Farina, in
cui l’autore esplicita la sua adesione al verismo: egli è attratto dal
‘‘semplice fatto umano’’, non esprime giudizi
Fantasticheria
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NOVELLE RUSTICANE (1883)
- ambientazione siciliana
- strutture antropologiche, codici di comportamento, convenzioni sociali
siciliane
- letteratura come ‘‘documento umano’’
- I personaggi sono di diverse classi sociali e appartengono sia alla realtà di
campagna che a quella delle cittadine della provincia siciliana.
Sono accomunati dall’essere figli di una società segnata da violenza e
sopraffazione.
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L’utilizzo del discorso indiretto libero (= introduzione nel discorso indiretto di
inserti di discorso diretto, ma senza virgolette e senza l’uso del verbo ‘‘dire’’)
permette di dare voce ai personaggi.
Per le vie (temi) = vita degli emarginati del sottoproletariato urbano milanese
(sbandati, malavitosi, prostitute
Ciclo dei Vinti (temi)= vita di tutti i ‘‘vinti’’ nella lotta per la vita
Prefazione ai Malavoglia: si presenta la lotta darwiniana per la vita da parte
di tutte le classi sociali
affinità con Edmond de Goncourt: romanzo realista che ritrae tutti gli strati
sociali.
PROTAGONISTI
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I MALAVOGLIA
LA TRAMA IN SINTESI
LA STORIA DELLA FAMIGLIA- La famiglia è composta da padron ’Ntoni, dal
figlio Bastianazzo, dalla nuora Maruzza, dai nipoti ’Ntoni, Luca, Mena, Alessi
e Lia. I Malavoglia sono grandi lavoratori, pescatori da più generazioni,
proprietari di una casa e di una barca: “La Provvidenza”.
Per preparare la dote a Mena e sopperire all’assenza di ’Ntoni, partito per il
servizio militare, padron ’Ntoni acquista un carico di lupini, indebitandosi.
I lupini però sono avariati e si perdono in mare durante una tempesta, in cui
trova la morte Bastianazzo.
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Nel romanzo si trovano infatti proverbi, tradizioni popolari, usi religiosi,
cerimonie, pratiche caratteristiche.
- Straniamento.
- Giudizio critico affidato all'idealità dei Malavoglia .
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I MALAVOGLIA: NARRATIVA E LINGUA
L’AUTORE INVISIBILE: La voce narrante proviene dalla scena popolare, è la voce
corale dell’intera comunità (‘‘plurivocità narrativa’’).
I personaggi che raccontano sono diversi, ma condividono la medesima realtà
linguistica, sociale e ideologica.
“(….) Essi non conoscono lingua diversa dal siciliano per esprimere ribellioni, dolori,
speranze.La lingua italiana non è in Sicilia la terra dei poveri” Luchino Visconti, film
“La Terra Trema” (1948), in riferimento agli “attori” scelti per dare vita ai Malavoglia
del romanzo.
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MASTRO-DON GESUALDO (1888-1889)
L’opera compare per la prima volta sulla rivista ‘‘Nuova Antologia’’, nel luglio del
1888.
Nel 1889 esce l’edizione in volume, con un testo in larga parte riscritto.
LA TRAMA IN SINTESI
Nella Sicilia del 1820 si confrontano due mondi: quello dell’aristocrazia
tardo-feudale in declino e quello della borghesia terriera e
imprenditoriale, che punta ad acquistare le terre delle famiglie in rovina.
Dal matrimonio con Bianca nasce Isabella, che viene educata con grande
attenzione, ma che ripaga il padre fuggendo con il cugino Corrado.
Anche lei viene costretta a un matrimonio di convenienza con il duca di
Leyra, uno squattrinato che la sposa per la dote.
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LA NARRAZIONE POLIFONICA DI MASTRO-DON GESUALDO
L’AUTORE INVISIBILE=> La voce narrante ancora una volta si mimetizza e
assume la prospettiva corale dei suoi personaggi.
L’ambiente sociale non è omogeneo come quello dei Malavoglia: le classi
sociali sono molteplici, ogni personaggio parla con la sua voce.
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ULTIMO VERGA: PRODUZIONE TEATRALE
Impossibilità di completare il ciclo: Duchessa di Leyra si ferma al primo
capitolo, nel mondo aristocratico e cittadino domina la finzione, non si
può raffigurare in maniera oggettiva e “impersonale”.
Nelle ultime raccolte di novelle - I ricordi del capitano d’Arce (1891) e Don
Candeloro e C.i. (1894) - Verga affronta rispettivamente il tema dell’amore
nel mondo vano aristocratico e quello della vita a teatro.
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MODULO B: ALLE SOGLIE DELLA POESIA NOVECENTESCA
DECADENTISMO
CONTESTO STORICO
→ Una volta che il poeta ha perso il suo prestigio, cosa gli resta da fare? Il poeta
può accentuare alcuni caratteri per farsi notare e ritornare sulla ribalta:
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L'arte di d’Annunzio è stata perfezionata al fuoco nelle cronache bizantine →
d’Annunzio inizia a raccontare per i giornali che si occupano dei pettegolezzi
dell’epoca, soprattutto si concentrano su Roma, queste storie di tradimenti e di come
erano vestiti (Il Piacere).
Se la parola si trova di fronte a una certa insignificanza, c’è una resistenza possibile
che è la parola oscura, la quale attraverso le illuminazioni improvvise può
rivelare un significato nascosto.
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DECADENTISMO
Nasce tra la fine del 800 e l'inizio del 900.
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estetismo → culto quasi religioso dell'arte, che non ha altri scopi → arte
per l’arte
→ arte pura: un’arte che a differenza della concezione artistica di Manzoni
non ha un nesso inscindibile tra bello, utile e vero.
L‘arte trova in sé stessa il proprio significato e il proprio fine, che va
oltre la morale.
65
Se nel Romanticismo abbiamo un conflitto tra l’uomo e la società, nel
Decadentismo → frattura tra intellettuale e società.
Il fascino del male e dell’oscurità del romanticismo diventa gusti per la perversione e
la crudeltà, per la corruzione.
GABRIELE D’ANNUNZIO
FASE DELL'ESTETISMO
- Anni Ottanta: influenza dei poeti decadenti inglesi e francesi: Intermezzo
di rime (1883), Isaotta Guttadauro (1886), Chimera (1890): estetismo («il
Verso è tutto»), ispirazione letteraria.
66
Estetismo= risarcimento immaginario alla declassazione e alla crisi
dell'intellettuale.
67
LE OPERE
1894: Trionfo della morte
- Giorgio Aurispa (protagonista)
- Malattia interiore e ricerca senso della vita.
Fallimento del ritorno al primitivo, del misticismo religioso, della soluzione
nietzschiana del “dionisiaco.
- Romanzo psicologico, visione soggettiva del protagonista “inetto”. Impianto
simbolico
1900: Il fuoco
- Stelio Effrena (protagonista)
- Manifesto artistico del superuomo.
Progetto di un teatro nazionale (Wagner) che non viene realizzato.
Incompletezza del ciclo del melograno
- Lunghe discussioni e meditazioni, analisi psicologiche, episodi simbolici.
TEATRO
1898: Città morta
- teatro del superuomo; progetto di arte totale (Wagner).
- Rifiuto del teatro borghese per un teatro “di poesia” (personaggi d’eccezione e
trama simbolica).
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LE LAUDI
Progetto di 7 libri (come le Pleiadi). Completi Maia, Elettra, Alcyone (1903), Merope
(1912), Asterope (postumo).
LA SERA FIESOLANA
La poesia è la trascrizione degli stati d’animo suscitati dall’apparire della sera
nella campagna di Fiesole (Firenze), in compagnia di un’amica (Duse) presente
solo per discretissimi cenni.
Le protagoniste sono la sera e la natura che hanno un ruolo antropomor co,
ogni aspetto naturale è umanizzato.
69
Francescanesimo e antropomorfismo del paesaggio sono i due assi della
lettura della poesia.
La terza strofa prosegue allo stesso modo con il fiume che chiama il poeta e la
compagna, e le cui sorgenti parlano misteriosamente (vv. 35-38); fino alla
fantasia delle colline paragonate a labbra umane che custodiscono un
segreto e che hanno un’apparenza consolatrice
70
LA PIOGGIA DEL PINETO
C’è una scansione strofica, ma non riusciamo a identificare i versi → “strofa
lunga” di 32 versi, ripetuta 4 volte → sono di durata diversa e si adattano
all’oggetto descritto: il poeta si pone in ascolto delle parole della natura, che
solo lui riesce ad interpretare
La sinfonia della pioggia è resa da degli effetti fonici → dipende come cade
la pioggia fa un rumore diverso
Agli elementi botanici si aggiunto gli elementi del mondo animale nella seconda
strofa e ancora altre piante → elementi che hanno una maggiore risonanza se li
collochiamo nella tradizione letteraria
La donna entra insieme all’uomo alla fine della strofa d’arborea vita viventi:
71
in albero → viene rimesso in versi l’episodio par da scorza tu esca tutti gli
elementi di paragone appartengono al mondo delle piante
GIOVANNI PASCOLI
POETICA
72
→ il “symbolon” è un oggetto che veniva spezzato in due parti:
-una parte rimaneva a un soggetto
-l’altra a un altro soggetto e stava ad indicare un patto fra i due
→ la parte rimanda al tutto; quindi, è simbolo all’oggetto intero e al
patto.
Le singole parti di cui è composta la realtà che conosciamo rimandano a un
tutto, anche se non riusciamo a comprendere il disegno, però quel singolo
frammento rimanda sempre, tramite le allusioni e corrispondenze, al
tutto, prefigurando una sorta di identità tra l’io e il mondo sotto forma
simbolica (alogica).
FANCIULLINO (manifesto della poetica di Pascoli)
→ Il fanciullino designa per Pascoli designa la sfera irrazionale (dominata
dalle fantasie e delle emozioni: è la voce prerazionale (alogica, astorica)).
Il fanciullino si trova nel cuore di ognuno di noi, ma colui che lo ascolta più
volentieri è il poeta.
Il fanciullino è la poesia stessa, l’anima poetica che induce il poeta a
comporre versi, suggerendogli le parole.
Il poeta deve mettersi in ascolto della voce del fanciullino → gli mostrerà la
realtà come è apparsa ai suoi occhi nuovi, innocenti.
Il bambino chiede un nome per la realtà, ecco che il fanciullino è un Adamo
che dà il nome alle cose (ma è diverso da quello di D’annunzio) → nel caso
di Pascoli questa volontà nomenclatoria è di tipo non razionale.
73
RACCOLTE POETICHE
Epigrafi dai primi versi della IV Bucolica di Virgilio: «Paulo maiora canamus /
non omnes arbusta iuvant humilesque myricae »
○tema dell’orfano → viene definito il romanzo dell’orfano. L’io lirico che proclama
l’assenza del padre e il suo abbandono ed è collegato con il tema del nido
○ nido → natura come argine alla violenza della storia, natura come rifugio
○ frammentismo → brevità ;
- il verso viene scisto al proprio interno in parti più piccole collegate per
paratassi;
- aperture ex abrupto (un precedente non verbalizzato): il poeta fa un
discorso interiore in cui emerge la poesia
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○Taglio narrativo (terzine dantesche):la commedia di Dante è una delle opere
maggiori che Pascoli conosceva. La terzina ha la capacità di raccontare in maniera
più distesa i versi
○«romanzo georgico»
○ trasfigurazione della realtà umile (sublime delle piccole cose) → le piccole cose
vengono rievocate attraverso l’epos
○Morte come rifugio: Il tema della morte è presente con maggiore insistenza →
è come se la poesia invece di funzionare come elaborazione del lutto (qualcosa
che si interiorizza) è una ferita che viene costantemente riaperta
→ il tema del nido e della morte si rafforza e cresce.
È come se il poeta ha sacrificato tutta la sua esistenza a questo mito → trova in
questo tema una forma di ricompensa, per questo viene continuamente rievocato
○Temi morbosi
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o SAGGI SULLA PROPRIA POETICA: (Il fanciullino su Leopardi, Manzoni, Dante
Antologie scolastiche
- Fanciullino come veggente, «nuovo Adamo», poesia come scoperta e
conoscenza
- Prosa colloquiale, dimessa
- Tono sostenuto ed enfatico nei discorsi ufficiali
TEMI
SOLUZIONI FORMALI
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Sintassi → prevalenza della coordinazione sulla subordinazione, frasi
ellittiche, costrutti nominali → visione alogica dell’esperienza, atmosfera
visionaria e straniata.
Lessico → mescolanza di codici diversi, superamento del monolinguismo
petrarchesco;
- Contini: linguaggio pregrammaticale (lingua che precede la costruzione dei
significati ed esalta i suoni → fonosimbolismo, onomatopee) e post-
grammaticale (in cui convivono lessici di diverse lingue o di registri diversi:
termini tecnici, nomenclatoria scienti ca, lingue speciali, varianti nello spazio o
nel tempo, latino) → rapporto tra io e mondo non più tradizionale, ma
critico.
Estensione del diritto di cittadinanza poetica a tutti gli elementi della realtà
(compimento del Romanticismo).
ANALISI TESTI
-LAVANDARE
- nella prima terzina domina l’elemento visivo (il campo mezzo grigio e
mezzo nero, l’aratro e la nebbia leggera),
- nella seconda domina l’elemento uditivo (lo sciabordare, il canto),
- la quartina finale viene riportata la canzone cantata dalle lavandare che
parla di una giovane donna abbandonata dall’innamorato e che è
rimasta sola come l’aratro in mezzo al campo
→ c’è un TU: uomo lontano che è partito e che non fa ritorno → il soggetto
lirico si definisce: è una donna.
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La lirica è quindi circolare: si apre e si chiude con l’immagine- simbolo
dell’aratro abbandonato
In questa poesia viene inserito un verso di un canto romagnolo (il vento che soffia
e nevica la frasca) → inserimento di elementi preesistenti che appartengono alla
tradizione popolare, che vengono ripresi e riutilizzati.
A livello metrico, la rima imperfetta frasca - rimasta (vv. 7-9) allude alla metrica del
canto popolare, così come le rime interne dimenticato - cadenzato (vv. 3-4) e
sciabordare- lavandare (vv. 4-5).
Il ritmo ricorda una cadenza lenta e ripetitiva, ulteriormente rallentata dal
enjambement del v. 3 (dimenticato) → riproduce il carattere faticoso del lavoro
delle lavandaie.
- pianto di stelle → c’è qualcosa che ti commuove, sei portato a nutrire una
forma di compassione verso questo atomo opaco del Male (mondo) → la
terra è intrisa dal male: è un male che non si può estirpare; oppure è un
atomo reso opaco da male → il male è qualcosa che appartiene alla terra,
quindi all’uomo, oppure è qualcosa che è venuto dopo, quindi si può eliminare?
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-IL LAMPO/ IL TUONO
LAMPO → impressione immediata che dura un attimo → la luce del lampo può
rappresentare un’improvvisa presa di coscienza del dolore e dell’insensatezza della
vita.
Antitesi tra il mondo sconvolto e la casa bianca che appare improvvisa, come
unico porto sicuro → è il nido.
L’obiettivo iniziale di Pascoli era quello di descrivere gli ultimi istanti di vita del
padre → analogia: il lampo è la fucilata che colpisce il padre, il cui occhio si
apre spalancato agli ultimi istanti di vita per poi chiudersi nel nero della morte.
Inoltre cielo e terra vorrebbero il verbo al plurale, ma Pascoli utilizza il singolare era
per rendere la natura un unico elemento, quasi un essere vivente che si lascia
attraversare dal dolore.
Il ritmo è concitato e spezzato dando rapidità alla successione degli eventi e delle
sensazioni che avvengono quasi simultaneamente.
Figure retoriche
il TUONO è diverso dal lampo. Qui è più evidente il tema del fanciullino e del nido.
Se nel lampo a dominare sono gli elementi coloristici, qui predominano gli effetti
fonici con questo inseguire il tuono nel ripercorre anche il suono e il suo movimento
fonico.
Il poeta racconta il fragore improvviso suscitato dal tuono, che lascia spazio al
silenzio, interrotto da un suono rassicurante: la ninna nanna cantata da una
madre a un bambino in culla.
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Alla fine della poesia ritorna il tema del nido, in cui il male non era ancora
arrivato nella sua vita → il terrore del tuono è reso sereno dal canto di una
madre e dal moto di una culla →
Il legame tra i due testi è esplicitato anche dalla ripresa, a incipit de Il tuono,
del sintagma nella notte nera presente nel verso di chiusura de Il lampo.
Figure retoriche
- nesso dentale + liquida → v. 2
- v. 2 → assonanza e onomatopee
- v. 3 → allitterazione della O
- v. 4 → la tempesta si allontana quindi il suono si acquieta
- Similitudine: notte nera come il nulla;
- Similitudine: col fragor d’arduo dirupo;
- Enjambement: tra i versi 6 e 7;
- Onomatopee: rimbombò, ribalzò.
Analisi: schema metrico: la stessa struttura libera di rime (ABCBCCA), sette versi
endecasillabi.
uso molto evidente della punteggiatura, con un grande uso di virgole, due
punti e punti e virgola, per dare un’immagine a frammenti come lampi e tuoni.
Nella prima lirica le parole chiave sono tutte quelle riferite al campo
visivo, ovvero bianco, luce, nero, cielo e terra, mentre nella seconda tutto
ciò che è collegato al senso dell’udito, cioè tutte le caratteristiche del
rumore del tuono, accentuate da climax e allitterazioni (rimbombò, rimbalzò,
rotolò, rimaneggiò rinfranto) come quella della consonante “r”.
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Il gelsomino notturno è considerato un testo-chiave del Simbolismo pascoliano
per la sua raffinata capacità di evocare ed alludere la realtà amoroso-erotica in
maniera indiretta e sfumata, con un ampio ricorso ad alcune figure retoriche
tipiche dell’autore.
In questo senso, il Gelsomino notturno si avvicina assai ad una poesia come Digitale
purpurea.
Pascoli si serve così di una serie di immagini e referenti dal mondo naturale per
sviluppare questo tema.
Innanzitutto i “fiori notturni” (v. 1), ovvero quei gelsomini che hanno appunto la
caratteristica di aprirsi con il calare delle tenebre per richiudersi poi con
l'avvento del mattino, e in seguito le “farfalle crepuscolari” (v. 4), che anticipano
il momento della giornata - la sera - in cui è ambientata la poesia.
terza strofa → riferimenti descrittivi che richiamano l’atto sessuale (la donna è
vergine) → si chiudono i petali un poco gualciti → riferimento che appartiene al
simbolismo: simbologia del fiore
“L’odore di fragole rosse” (v. 10) è la sinestesia che Pascoli usa per alludere
l’esperienza sessuale che gli sembra preclusa.
Pascoli si trasfigura nella “ape tardiva” (v. 13) che trova tutto il suo alveare
occupato da chi è arrivata prima di lei; anche lo sguardo del poeta, che sembra
osservare la scena dall’esterno della casa, è un indizio della sua sofferenza
silenziosa.
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L’ultimo verso può alludere a una nuova vita, però il poeta non conosce
questa felicità, non gli appartiene → non so
ANALISI
Il ritmo dei novenari è scandito dalla rima alternata e dagli accenti sulla
seconda sillaba dei primi due versi di ogni strofe e sulla terza sillaba nel
terzo e quarto verso: ciò crea un effetto ritmico cadenzato e
cantilenante.
DIGITALE PURPUREA
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ha odorato la digitale purpurea, ovvero ha provato la trasgressione
consumando un atto sessuale. Rachele ha dunque un segreto: ha odorato
il fiore che le ha fatto provare l’abbandono dei sensi.
Vengono rievocati i momenti della visita dei parenti nel convento e i pianti di alcune
educande che ricevono la visita di un loro spasimante e si rendono conto di essere
isolate dal resto del mondo. Le giovani hanno abiti bianchi e lunghi e si muovono in
un ambiente così sereno che presenta però in un angolo un raggruppamento di “dita
umane spruzzolate di sangue” che emanano il loro profumo. Si tratta dei ori
della digitale purpurea che vengono umanizzati. È presente l’opposizione
tematica tra il candore delle fanciulle, sottolineato dalla presenza delle rose e
delle viole e dalle loro vesti bianche, e il senso del mistero, sottolineato dal
profumo della digitale.
83
Per Pascoli la sessualità (intesa anche come accesso alla vita adulta e alla
costituzione di una propria famiglia) non può che suonare come una promessa di
morte.
ANALISI FORMA:
ambiguità della natura → il fiore della digitale purpurea è bello e dolce però ha
una struttura a forma di dita insanguinate ed è un fiore che strega e ammalia.
Quel “vieni!Vieni!” sembra detto dal fiore → la natura è umanizzata, però in
senso negativo, poiché porta alla perversione.
nel testo si ha la presenza di quattro dei cinque sensi: sensazioni visive (il
ricordo del monastero), sensazioni uditive (le litanie, le preghiere, i canti),
sensazioni olfattive (il profumo ammaliante della digitale purpurea) e sensazioni
tattili ( le due donne si tengono per mano; una posa la mano sulla spalla
dell’altra)
ITALY (Primi poemetti: il poemetto è quel genere più lungo, di tipo narrativo)
In “Italy” abbiamo una famiglia di immigranti che torna temporaneamente nel paese
natale per curare la glia malata: la ragazza non capisce l’italiano → c’è una
mescolanza tra dialetto e inglese parlato dagli immigranti
- perizia tecnica nel far rimanere l’italiano e l’inglese → confusione tra le lingue
(neve-never[mai] → la bambina crede che non tornerà mai in America che è
la sua casa)
uno dei tratti tipici di Pascoli sono i tre puntini → indica la sospensione del
discorso, ma allo stesso tempo indica un discorso diretto →
84
AVANGUARDIE
CREPUSCOLARI → nel 1910 indica il lento spegnersi della poesia dopo la stagione
d’oro di Carducci e D’Annunzio → ha una connotazione negativa rispetto
all’apice degli autori esteti.
Questa definizione non dispiacque ai protagonisti, infatti rimanda al tratto del
crepuscolo → si intende la parte del giorno che anticipa la sera, quindi l’ultima
luce del sole prima delle tenebre (il crepuscolo può essere anche quello del
mattino).
TEMI
85
culturale dell’epoca era un riferimento ineludibile: non c’era campo della
letteratura in cui d’Annunzio non si fosse cimentato.
Avere un modello così vasto ha bisogno di un attraversamento, cioè
attraversare vuol dire confrontarsi con le scene linguistiche: Gozzano lo
attraversa grazie all'ironia
AUTORI
Guido Gozzano → usa i toni dell'ironia e la poetica dello shock, ma anche lui
si sente invecchiato presto. Anche per lui possiamo parlare del tema
dell'inettitudine.
CARATTERISTICHE FORMALI
86
del mondo in via di disfacimento, oppure in cui convivono oggetti di epoche
diverse e di gusti diversi→ antropomorfismo ininterrotto.
Frantumazione paratattica, forme di dialogo, lingua colloquiale,
discorsiva: L’elenco privilegia la paratassi, accostare frasi anche senza un
senso logico → dialogismo (rivolgersi a un tu → nella poesia entra il
dialogo).
Lessico familiare ma in prospettiva ironica e caricaturale cozzo dell’aulico con
il prosaico
Dissoluzione dei significati delle parole in puro valore fonico (uso di
filastrocche, ritornelli, reduplicazione di lessemi) Palazzeschi
Plurilinguismo
1917: Verso la cuna del mondo. Lettere dall’India→ diario che racconta il
viaggio verso l’oriente, terra di origine e luogo in cui tornare
STILE
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È un altro modo di interpretare la vita come letteratura di D’Annunzio, ma
in versione antieroica e abbassata, modesta.
Scelta del rifiuto come reazione all’eccessivo intellettualismo
Snob contro lo snobismo? Consapevolezza della miseria del proprio stato
Poeta dell’obsolescenza programmata (Sanguineti): Sembra presentarci cose
destinate a invecchiare precocemente, come se stesso, per questo non può
portare a termine nessun progetto
- la bocca vermiglia → termine colto che però viene accompagnato dal volgare
così larga nel ridere e nel bere
- cambia sempre di tono → passa dal colto al volgare
Al poeta piace che la donna cerca di conquistarlo, come se ci fosse una sorta di
saggezza originaria, naturale → gli piaceva essere al centro dell’attenzione.
Anche una donna così semplice mette in atto strategie di seduzione per conquistarlo
→ conquista cittadina
La narrazione si sposta al solario, dove tra gli oggetti appare un quadro di una
vecchia signora → l’ex proprietaria che lasciò la casa al nonno del nonno → clima
quasi spiritico.
Dichiarazione di poetica: abbiamo da una parte il quadro che rappresenta lo
88
stile neoclassico (descrizione del quadro): intorno a lei c’è un ammasso di
oggetti → ciarpame reietto, così caro alla mia Musa!
Il poeta ride dell’ignoranza della donna, ma anche della gloria poetica → anche
la gloria rappresentata dal quadro è un oggetto tra gli oggetti, destinato a
essere scaricato nella soffitta.
Abbandonare la vita letteraria per unirsi alla vita costituita dalle piccole cose con
questa piccola moglie
Non vuole essere più l’esteta gelido (d’annunzio) o il sofista →l’ideale è una
vita all’indietro, passatista. Il poeta decide di abbandonare e lasciare tutto e dire
addio
Fino alla fine non sappiamo chi è, neppure lui lo sa. Anche la scena nale è
apertamente costruita secondo la tradizione romantica popolare (quella di
Prati). Lui fa la parte dell’amato che lascia, ma non ci crede affatto.
AUTORI
CARATTERISTICHE COMUNI
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estetica del brutto, del deforme e del cacofonico (Palazzeschi) →
l’impoetico (ciò che la morale riconosce cattivo e che l’estetica proclama
brutto) non esiste
esibizione di un linguaggio diretto, privo di allusioni (Govoni)
uso di parole “impure” e lunghe (Lucini)
rifiuto di ogni regola, sia tradizionale sia antitradizionale
ricerca e programmatica rivendicazione del verso libero → verso
anarchico: non rispetta nessuna delle regole imposte dalla tradizione.
Un andamento fondamentalmente prosastico → fa della prosa colloquiale una
scelta rivendicata
“Gli uomini non dimandano più nulla ai poeti, e lasciatemi divertire” (cfr. “Non
chiederci la parola, Montale)→ crisi della parola poetica, ma nella negazione che
possa ancora esistere la poesia, c’è l’affermazione che il poeta, divertendosi
con il fare poesia, fa della poesia vera e propria.
LA PASSEGGIATA (PALAZZESCHI)
Impresa diretta tutto ciò che vede durante la passeggiata → insegne, titoli di
giornale, pubblicità, numeri civici, flusso di informazioni che giungono agli occhi e
alle orecchie di due persone che stanno facendo una passeggiata → dialogo
all’inizio e alla fine possiamo considerare tutta la poesia frutto del procedimento
dell’accumulazione → in questo caso si tratta di accumulazione caotica.
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“Questi due stanno passeggiando” → in francese flanerì → nuova mentalità che si
adegua alla nuova società e alle grandi città appena nate.
Nasce la figura del flaneur → colui che passeggia senza uno scopo apparente.
La città con le vetrine e i negozi ha modificato profondamento la nostra idea di
cammino. Prima si camminava guardando il cielo, sia di giorno che di notte, invece
oggi nella società moderna la luce dei negozi e il luccichio delle vetrine porta il
nostro sguardo ad abbassarsi e il guardare la merce ha preso il posto a
quell'elaborazione dello spazio intorno a noi.
Oggi le luci non ci permettono di vedere il cielo, ma soprattutto reclamano la nostra
attenzione. Quindi vediamo che sono numerosi i luoghi che mettono a confronto la
notte del passato dalla notte dominata dalla luce artificiale.
Titoli dei giornali, pubblicità → Uso della parola che possiamo de finire quasi
di montaggio → sembra che i singoli pezzi siano stati incollati in una sorta di
collage che è il flusso della poesia
CARATTERISTICHE FORMALI
91
analogia immediata attraverso il sostantivo-doppio → bisogna togliere tutti
gli elementi che portano a rallentare (similitudini, metafore lunghe).
Attraverso un trattino, quindi la sintassi viene distrutta → viene eliminato
qualsiasi punteggiatura perché rallenta
verbo all’infinito
parole in libertà
esaltazione della sostanza grafica, visiva, acustica
fusione di linguaggi e di arti: pittura, teatro, spettacolo → le recitazioni in
pubblico delle poesie, in cui i poeti cercano in tutti i modi di provocare il
pubblico (in certi casi si passava alla violenza sica nei confronti del poeta o
del pubblico)
Grande di fusione all’estero → in Russia con Majakovskij e in America con
Ezra Pound
Ispirazione per il Dadaismo e il Surrealismo → queste esperienze trovano
la loro origine nel Futurismo
prioritaria attenzione al linguaggio
Morte al naturalismo → tutto ciò che ha ispirato i poeti per secoli è ora che
smetta di esistere
discontinuità → il tono rivoluzionario è evidente
i miti moderni vengono assunti senza nessuna critica → esaltazione della
velocità e del cambiamento repentino: non ci può essere nessun tipo di
moderazione
l’uomo moltiplicato → la velocità lo porta a non essere messo a fuoco
simultaneità → più arti contemporaneamente
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Vuole fondare l'immaginazione senza li → arte amorta più essenziale. Se si punta
tutto sullo stile della parola, il rischio che consapevolmente si corre è
l'insignificazione, cioè non trasmettere più un significato, ma solo il senso.
CARATTERISTICHE
attenzione verso l’esame di coscienza, in cui fare i conti con la propria storia
→ in questi conti rientra anche il bilancio di quanto è stato ricevuto e di quanto
si vuole dare alla letteratura
scrittura autobiografica in giovane età → tono autobiografico .
Chi li scrive non è una persona anziana che ha già vissuto la sua vita, ma si
tratta spesso di scrittori che fanno di queste ricapitolazioni della loro vita in
giovane età → da una parte presentendo una fine precoce (c’è chi parte in
guerra e muore), dall’altra parte è il clima di questo periodo e di questa scuola
scritture provvisorie e programmi d’azione intellettuali
antiletterarietà → viene rifiutata l’immagine del poeta vate, che proclama
e che vuole muovere le masse attraverso la sua parola poetica → ricerca
di autenticità
influenza di Croce e l'estetica Crociana → arte è in primo luogo
intuizione, sentimento; abolizione dei generi e delle classificazioni →
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separazione artificiosa tra i domini dello spirito → ricerca della lirica pura, che
spesso si traduce in zone di con ne
frammentismo → rinuncia ad opere dall’architettura complessa
In seguito all’entrata in guerra dell’Italia, nel 1915, chiese invano di partire volontario
per il fronte ma venne riformato per manifesti segni di squilibrio mentale.
Fu anche più volte ricoverato presso ospedali psichiatrici.
CANTI ORIFICI
Nel 1913 Campana aveva consegnato il manoscritto del suo libro, il cui titolo
originario era Il più lungo giorno a Papini e Soffici, sperando che accettassero di
pubblicarlo ne Lacerba. Però Soffici lo perse, quindi Campana fu costretto a
riscrivere l’opera.
Da questo lavoro uscirono i Canti orfici e secondo una leggenda, Campana li
riscrisse a memoria → in realtà Campana aveva l’abitudine di conservare gli
abbozzi e le stesure provvisorie dei suoi testi.
L’opera fu pubblicata nel 1914 e molti anni più tardi fu ritrovato il manoscritto
originario che fu pubblicato nel 1973 → il passaggio dal Più lungo giorno ai canti or
ci registra non solo una rielaborazione migliorata dei testi già presenti, ma anche
parecchie aggiunte signi cative
Il titolo si rifà al mitico poeta Orfeo, che per primo aveva varcato le porte
dell’Ade, per sottrarre al regno dei morti Euridice → Come Orfeo con la sua
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poesia scende nel fondo nell'ade per riportare in vita la donna amata, così
anche la poesia di Campana aspira a una poesia totale e assoluta →
ORIFISMO. Si tratta di un prosimetro → fonde prosa e verso e la poesia diventa
parola rivelatrice
È il momento della notte; le stelle brillano quali bottoni di madreperla, nel cielo buio,
che pare dolce e morbido come una scura stoffa di velluto.
Campana sottolinea però la natura fatua e tremola di questa bellezza: essa è
destinata a svanire con il ritorno del giorno. Non svanirà però sempre una piaga
rossa languente (v. 11), ovvero la nota di malinconia e tristezza che si è destata
nell'animo del poeta nell'ora iniziale del tramonto → ora, pervade sia il suo cuore sia
il cuore della sera.
Entrato in contatto con la Voce, ne divenne presto uno dei poeti più
rappresentativi, pubblicando nel 1913 Frammenti lirici.
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Nel corso degli anni ‘20 si converte al cattolicesimo e nel 1936 fu ordinato
sacerdote.
Nella poesia della prima fase troviamo sempre questioni religiose
→ poesia filosofica, in cui viene registrato il dolore del mondo con l’uso
espressionistico della parola
→ linguaggio sovraccaricato, aprendo a una dimensione allegorica e
deformando l’oggetto
→ via di fuga, ricerca di un altro che possa consentire al soggetto di fuggire
alla realtà.
L'episodio che viene annunciato è uno delle esperienze più tragiche della guerra →
all’improvviso un soldato italiano viene colpito ripetutamente alle gambe.
Rimane immobile al suolo, fuori dalla trincea, “come un albero abbattuto” (v.6).
Poco dopo i compagni accorrono, allertati dai lamenti.
Sanno che andare incontro al ferito e provare a trascinarlo al riparo è pericoloso e
con tutta probabilità vano, eppure lo fanno lo stesso, assistendo allo strazio di una
vita che cede con paura il passo alla morte → un cecchino che lascia un soldato
moribondo in maniera tale da far arrivare i suoi compagni per metterlo in salvo,
morendo anche loro
Infatti tre soldati restano, uno ad uno, vittime dei proiettili, e l’uomo resta solo, a
piangere e chiedere disperatamente aiuto, mentre i suoi compagni dietro la trincea lo
implorano di arrendersi alla morte per pietà di loro.
Ai commilitoni non resta che implorarlo perché si lasci morire, con un “grazie,
fratello” (v.17) che racchiude molteplici significati:
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procinto di morire.
tu puoi finire → il poeta si rivolge al compagno
1914: Pianissimo→ una delle opere liriche più importanti del primo Novecento
italiano.
Il titolo suggerisce il tono sommesso di un monologo sgorgato dal suo animo
come una “sconsolata confessione fatta a fior di labbro a sé stesso” → la
raccolta disegna un percorso interiore.
Sbarbaro è mosso da un rifiuto viscerale per la vita sociale, in cui si sente
totalmente estraneo; quindi, si chiude in un mondo tutto suo evitando ogni
contatto con l’esterno.
Guardandosi dentro, però, Sbarbaro comprende che questa situazione dipende
anche da sé stesso, che non riesce ad aderire alle cose.
Quindi cerca di scuotersi da questa sensazione muovendosi in 3 direzioni:
innanzitutto fa leva sugli a etti familiari; poi cerca il contatto violento con i miserabili,
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seguendo le orme dei poeti maledetti (Baudelaire e Rimbaud), per provare un po’
di solidarietà umana; e in fine si cerca il contatto con la natura.
Ma ogni sforzo è vano perché si tratta di un sollievo momentaneo e non della
liberazione desiderata, quindi l’aridità riprende il sopravvento.
elementi udivi della prima strofa e elementi visivi nella terza e quarta strofa e anche
nell’ultima
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A MIO PADRE, DA PIANISSIMO.
Ci offre un versante positivo. In questa modalità di estraniamento ci offre la
possibilità di una relazione, di un sentimento autentico.
GIUSEPPE UNGARETTI
Vita errabonda: nomade in cerca di una “terra promessa”. I fiumi: Nilo, Senna,
Isonzo, Tevere…
99
Indagine sulla condizione umana: responsabilità etica di chi scrive .
Componente autobiografica: ricordi e paesaggi dell'infanzia ed esperienza al
fronte; solitudine, sofferenza, amore, morte, caducità.
Temi e motivi: il mare, il porto, il viaggio; la guerra e il desiderio di
fratellanza.
Forma diario (di guerra): hic et nunc, precarietà dell’esistenza .
Lezione della poesia simbolista francese (uso dell'analogia) e del futurismo
(assenza della punteggiatura).
Poesia come scavo e riscoperta.
Ricerca della purezza originaria e dell'essenzialità: poesia procede per
sottrazione.
Distruzione del verso tradizionale: microversi ; isolamento della parola
come illuminazione nel silenzio; frantumazione della sintassi;
punteggiatura assente; semantizzazione dello spazio bianco.
Poetica dell'attimo.
Poesia testimonianza di Dio: significato metafisico e religioso, dal contingente
all'assoluto.
Tutti questi fiumi confluiscono simbolicamente nel fiume in cui sta vivendo
le sue ore più difficili, cioè l’Isonzo.
Significa che tutte le esperienze del poeta sfociano in una amara
considerazione sulla vita e sul dolore → nelle memorie del passato egli
ritrova la serenità e la pace che la notte ora protegge e avvolge nel silenzio
delle sue tenebre.
Lo scenario è quello della guerra in cui uomini e piante partecipano allo stesso
destino di morte
100
I tempo → vv. 1-26: il poeta si trova nel Carso durante la Prima guerra
mondiale; riflette con sé stesso e dice di essersi steso dentro ad una cavità
piena d’acqua, vicino all’Isonzo, per trarne beneficio fisicamente (e
spiritualmente).
Lì ha iniziato a contemplare il paesaggio, poi ha raccolto i suoi vestiti sudici di
guerra e si è messo a prendere il sole.
Il poeta si immerge nell’acqua del fiume e lascia che l’acqua compia il suo lavoro di
purificazione. Dopo di che riemerge e si china a ricevere il bacio del sole → memoria
della propria infanzia (come un beduino)
III tempo → vv. 42-69: È un flashback della sua esistenza suscitato dal
fiume Isonzo → la sua vita gli scorre davanti scandita dal ritorno di altri tre
fiumi:
- il Serchio, dove ebbe origine il ceppo della sua famiglia;
- il Nilo, sulle cui sponde nacque, crebbe e si sentì ardere dal desiderio di
nuove esperienze;
- la Senna, con le sue acque torbide come le passioni giovanili e il rimescolio di
idee e di polemiche con gli amici della nuova avanguardia europea.
Lì, a Parigi aveva capito qual era la sua vita e la sua vocazione poetica →
scoperta della parte oscura: “in quel suo torbido nel quale mi sono
rimescolato e mi sono riconosciuto”
101
Metro: versi liberi.
È composta da quindici strofe di versi liberi. Le strofe non hanno una misura
regolare e definita e vanno da un minimo di due ad un massimo di otto versi.
EPIFANIA: Si tratta di un termine che viene usato in relazione alle poetiche del
Modernismo (con autori quali James Joyce, Virginia Woolf, Marcel Proust); qui è
sufficiente tradurlo nel senso di una “rivelazione improvvisa e folgorante del
senso profondo della vita e delle cose”
102
Inizialmente, Ungaretti aveva pensato come titolo a Cielo e Mare → definisce
solo il paesaggio, mentre il secondo indica un momento preciso che diventa
fortemente simbolico: la mattina è il momento della rinascita e della
riapertura al fluire della vita
Soldati può essere letta anche come una riflessione, breve ma assai incisiva,
sull'assurdità dell'intera condizione umana e sulla sua intrinseca finitudine, che non
può in alcun modo sfuggire al dolore e alla morte.
I soldati, paragonati a rade foglie autunnali appese a fatica agli alberi, cadranno
inevitabilmente, vittime di una legge universale spietata ed implacabile.
La fragilità insita sempre nella condizione umana è accentuata dalla guerra, che
rende ancor più precaria l’esistenza umana.
103
Temi e motivi: Roma, il tempo, la memoria, la morte, le metamorfosi della
natura, disfacimento e caducità di ogni cosa, il mito.
Urgenza drammatica di vicende private (morte del fratello e del figlio) e
collettive (la guerra).
Confessione autobiografica, cronistoria del dolore.
Guerra come sconvolgimento apocalittico, toni biblici.
Sentimento «autunnale».
Saggezza, distacco, malinconia.
Linguaggio ricercato, di influenza letteraria;
- sintassi lineare, secondo strumenti già sperimentati dal poeta e dalla tradizione
lirica;
- presenza della punteggiatura e della rima, utilizzo di forme metriche della
tradizione.
- Inverno come stagione più crudele che ricorda lo spegnimento della vita.
- Poeta che soffre per la perdita del figlio.
La sofferenza per la morte del glio viene messa in versi in maniera cronistorica del
dolore il figlio che soffre e che muore → abbandona il padre, il quale vede svanire la
compagnia che immaginava allietato i suoi anni anziani
104
Primo frammento → parla di suo figlio Antonietto che è molto sofferente per il
suo malessere.
Il primo verso, è una frase che egli rivolge alla mamma e che è rimasta
impressa al poeta. Il volto del figlio è spento ma i suoi occhi sono ancora
vivi. Entrambi si trovavano al davanzale della finestra a dare le briciole ai
passeri festosi e così facendo riusciva a distrarre il bambino dai pensieri più
bui.
Secondo frammento → il bimbo muore e il poeta si rende conto che tutte le
cose più tenere che gli riservava, come baciargli le mani in segno di fiducia,
da ora in poi potrà farlo solo in sogno. Ma la vita va avanti, anche dopo un
lutto, e il poeta si chiede come sia possibile essere in grado di
sopportare un dolore così grande.
Terzo frammento → Il poeta è pessimista sul suo futuro e sospetta che ci
saranno altre sofferenze per lui.
Inoltre dice che qualunque orrore gli sarebbe capitato, gli sarebbe stato
sufficiente avere il figlio accanto per sentirsi consolato.
Quarto frammento → ci sono momenti in cui il poeta si sente triste e senza
speranza ed è proprio in questi casi che immagina di rivedere il proprio
figlioletto, sotto forma di ombra, venuto per confortarlo (come un angelo
custode).
Quinto frammento → Il poeta ripensa a quando il suo bimbo stava bene e
correva per la casa e la sua voce risuonava dolcemente in ogni stanza.
E mentre adesso la terra si nutre del suo corpo (lo deteriora), c'è una parte di
lui che nessuno potrà mai toccare ed è custodita nel ricordo del poeta. Ne
parla come se si trattasse di una favola del passato.
Sesto frammento → il poeta dice che quando ripensa al glio e riesce a
immaginare la sua voce, perde interesse verso chiunque altra persona parli
vicino a lui o gli rivolga parola.
Settimo frammento → il poeta dice che ogni volta che guarda il cielo cerca di
rivedere il suo volto → nella forma delle nuvole
Ottavo frammento → dice che lo ama, ma è una disperazione continua.
Nono frammento → qui spiega la distanza che lo separa dal figlio defunto
ma che il ricordo lo fa sembrare vicino a sé.
Decimo frammento → il poeta dice di essere ritornato a Roma, città che sente
sua perché la conosce molto bene. Tuttavia questo non basta per fargli
tornare il buon umore perché queste sensazioni le avrebbe potuto provare
insieme al figlio
Undicesimo frammento → qui il poeta dice che il tempo passa, e anche lui
passerà... a miglior vita (concetto del tempo).
Tredicesimo frammento → Il poeta dice che le stagioni non gli trasmettono più
nulla, né la vivacità dell'estate, né i colori della primavera, solo l'inverno è
simile al suo stato d'animo.
Quattordicesimo frammento → dice di sentirsi appassito, paragonandosi
alla natura rinsecchita nella stagione autunnale (cfr. soldati).
105
Quindicesimo, sedicesimo e diciassettesimo frammento → riprende a parlare
per metafore alternando sentimenti dolci a uno stato d'animo distrutto → solo
in forma poetica è possibile descrivere questo mix di dolore e ingiustizia.
UMBERTO SABA
TEMI E POETICA
Poesia «onesta»: ricerca di autenticità, lontano dalle avanguardie, modelli
autori della grande tradizione.
Poesia semplice, apparentemente banale, lessico di pubblico dominio,
impasto di poetico e impoetico, intreccio con il lessico aulico del
melodramma ottocentesco.
106
Metrica. Forme della tradizione: sonetti, canzoni e canzonette, terzine e
distici a rima baciata. Predilezione per la rima.
Trieste protagonista.
CANZONIERE
Forma «canzoniere»: idea unitaria, progetto in continua evoluzione, lavoro di lima,
selezione e sistemazione. Sostanzialmente rispettato l’ordine di stesura.
107
Trieste” Sonorità ottocentesche, sovrapposizione tra dolcezza della città e tono
sprezzante e amaro verso un luogo colmo di contrasti.
Prima strofa → il poeta descrive la strada in salita che conduce alla collina
affollata, vivace, rumorosa all'inizio e sempre più solitaria alla ne. Percorrendo
la strada giunge in un piccolo spazio chiuso da un muricciolo, "un cantuccio"
che segna il confine della città e lì il poeta siede solo ma non diviso dal
mondo che ama.
108
Il sonetto ha una struttura di tipo contrastivo: due blocchi (due quartine e due
terzine).
Rima alternata nelle quartine, rima ripetuta o duplicata nelle terzine.
Il tema è incentrato anche sulla duplicità → duplicità tra madre e padre, presente
sin dal titolo: assassino è messo tra virgolette uncinate → riprende le parole della
madre. È lei che lo definisce l'assassino. Già nel titolo abbiamo la presenza del
padre e il punto di vista della madre.
Bambino fa rima con assassino → crudeltà che ha avuto nei confronti della
moglie e del figlio in realtà è la crudeltà di un bambino che non si accorge del
male che fa.
Più tardi in me stesso lo intesi → il contrasto che era esterno (tra la madre e il
padre) è il contrasto che lui vive al proprio interno tra l'aspetto leggero e vagante
e l'angoscia del vivere, la pesantezza delle responsabilità → Saba racchiude in sé
questa tensione e la fa diventa poesia → nasce dalla compresenza e una sorta di
corrente elettrica che viene da questi due poli.
Ecco perché il sonetto non è un tributo al passato, ma è una forma, per la sua
dimensione dialettica bipolare che si sviluppa tra due contrasti, che realizza
meglio questa idea→ possiamo parlare di innovazione all'interno della
tradizione
109
L'uso di un lessico ancorato al passato → recupero di forme consolidate della
tradizione uscite fuori dall'uso e che appartengono al lessico lirico del melodramma
(ei, tenzone, )
CITTÀ VECCHIA
Poesia “Città vecchia”=> discesa nella parte vecchia di Trieste è una discesa nel
profondo (parallelismo Baudelaire nell’immergersi nella vita).
Questa è una delle poesie più intense e rivelatrici di Saba → rende tutto un lato della
sua anima e della sua poesia → perduto nei vicoli e vicoletti di città vecchia, il
poeta trova l’infinito - nell’umiltà
- Il lupanare → bordello. Tutte quelle figure che non fanno parte dei luoghi
borghesi.
- Continua commistione tra elementi colloquiali e elementi colti
- Dragone → soldato
Attenzione alle rime → nella prima strofa abbiamo una rima incrociata (casa-strada è
un’assonanza) → caratteristica della poesia di Saba dove le rime sono imperfette:
Detrito-infinito
110
A MIA MOGLIE
Il poeta celebra la moglie paragonandola molto domesticamente ad alcuni animali,
dei quali mette in rilievo le qualità che essi condividono con la donna → la moglie
non apprezzerà questa poesia
Dopo una crisi famigliare i due si rifugiano in compagnia, dove ritrovano una certa
armonia → questa dimensione agreste è per Saba un momento di serenità.
Il poeta, come il fanciullo, ama gli animali, che, per la semplicità della loro vita, si
“avvicinano a Dio”, cioè alle verità e in nessun'altra donna → non la paragona a
nessun'altra donna.
Dio non può essere paragonata a nessun altro uomo, non può essere
antropizzata. Ecco perché per parlare di Dio si ricorre sempre agli animali, e
non a una qualità dell'uomo. C'è una tradizione nell'esprimere le qualità superiori
della donna attraverso i riferimenti animali → ma non appartengono alla tradizione
della lirica colta.
Il fatto che sono animali lontano dall'idea tradizionale della donna rende
l'esempio e il paragone ancora più forte: moglie= Dio (dolce stil novo).
Dall'altro lato c'è questa idea di un modo animale fatto di quotidianità e di convivenza
pacifica.
Saba era ateo e per lui Dio coincideva con la natura → il paragone fra la moglie
e gli animali deriva dal fatto che, secondo Nietzsche, alla donna viene
attribuita una posizione più vicina alla natura, quindi più elevata di quella
dell’uomo
C'è una contrapposizione → da una parte ci sono gli animali che sono più vicini a
Dio ma dall'altra c'è una sorta di inquietudine:
111
Pecchia (ape) → operosità
Vengono richiamati gli elementi della vita famigliare (giovinezza della donna, la
gravidanza, la gelosia, il parto e i figli, e l'abbandono)
2° strofa → in questi versi viene descritta l'atmosfera della sala del teatro è
felice, ma è una contentezza triste. Il presentatore nonostante sia nella
triste condizione di mutilato che si regge con le stampelle, non perde
occasione per far ridere o almeno sorridere le donne e i bambini ma sempre
mettendo in primo piano gli ideali di giustizia e fratellanza del
socialismo si rivolge anche agli uomini che bevono per dimenticare le
sofferenze patite.
C'è il tentativo di scoprire una venatura civile della propria poesia → non è solo
rivolta a sé stesso ma è anche rivolta alla comunità, ha una dimensione corale.
Dimensione intima fatta di una comunità di intenta nelle piccole cose che dimentica
la sofferenza
Tema delle rovine → tema costante della seconda guerra mondiale. Il fatto che i
bombardamenti sono realizzati sulle città è un elemento di novità → fino all'ottocento
la guerra si combatteva nelle campagne. Nella seconda guerra mondiale la
separazione tra fronte e retroguardia si annulla → la guerra viene portata
dentro la città, in mezzo ai civili, che muoiono insieme ai soldati → esperienza
comune
112
Altra contraddizione-dualismo della poesia di Saba: ostinata e scontrosa solitudine
vs ancestrale voglia di ricongiungersi e creare un clima giocoso e solidale.
L’uso di parole logore e di rime antiche è apertamente tematizzato nella poesia
AMAI
Dichiarazione di poetica e polemica rivolta ai poeti ermetici → Saba non
apprezza il loro atteggiamento di superiorità, la mancanza di comunicatività con il
pubblico, l'idea di arte come cosa aristocratica, come dono per pochi e non per tutti.
Nella prima strofa egli parla delle sue scelte per quanto riguarda lo stile.
Nella seconda, ci parla dei contenuti, cioè egli ricorda che con l’aiuto della
poesia ha sempre cercato di esaminare la profondità dell’animo umano.
La verità viene spesso dimenticata come se si trattasse di sogno. Il cuore le si
avvicina con un certo timore perché la verità, una volta scoperta, non lo
lascerà più. Quindi, per Saba, la poesia ha quasi una funzione terapeutica,
perché è utile per guarire il dolore: è meglio scoprire ciò che a volte si
cerca di non vedere perché troppo doloroso, piuttosto che vivere nella
dimenticanza.
Al fine del mio gioco → affinché possa continuare oppure alla fine
113
madre gliela fa trovare uccisa e appesa e a quel punto lui capisce che
l’adolescenza , la giovinezza è finita.
Gallina = genitori come figure guida di quel periodo che va dall’infanzia alla
pubertà:
EUGENIO MONTALE
114
1896: Nasce a Genova.
Famiglia medio-borghese, studi tecnici e passione per la musica. Problemi di
salute, formazione da autodidatta. Soggiorni estivi a Monterosso.
1917: Corso ufficiali a Parma, partecipa alla Prima guerra mondiale. Amicizia
con Sergio Solmi, Camillo Sbarbaro, Bobi Bazlen. Collaborazione con Gobetti
(1924).
1925: Teorizza l’esigenza di semplicità, chiarezza e senso del limite;
rinnovare dall’interno la tradizione culturale (Stile e tradizione).
- Scoperta di Svevo.
- Ossi di seppia (poi nel 1928 edizione riveduta e ampliata). Adesione al
manifesto degli intellettuali antifascisti.
1927: Si trasferisce a Firenze, rivista “Solaria” (apertura alle nuove esperienze
europee), direttore del Gabinetto Vieusseux (1929-1938), opposizione al
regime.
1939: Le occasioni. Collaborazione con “Letteratura” e “Campo di Marte”
(organo dell'ermetismo)
1943: Finisterre → La bufera e altro (1956)
1948: Milano. Attività di giornalista per il Corriere della Sera (Il secondo
mestiere), di traduttore (Quaderno di traduzioni)
1971: Satura, Diario del ’71 e del ’72 (1973), Quaderno di quattro anni (1977)
1975: Premio Nobel per la letteratura.
1981: muore a Milano
LE DONNE DI MONTALE
Le donne → Sono varie figure femminili in cui dobbiamo attenzionare il fatto che
entrano nella sua vita come figure di poesia.
DRUSILLA TANZI → detta Mosca delle poesie di Satura. Era sposata con il critico
d’arte Matteo Marangoni quando a Firenze conobbe Montale, con cui andò a vivere
nel 1939.
115
Secondo una lettera inviata ad Irma Brandeis, Montale impedisce due volte il suicidio
di Drusilla, che teme la partenza di Eugenio per raggiungere Irma negli Stati Uniti. La
Tanzi sposerà invece Montale nel 1962 e morirà l'anno dopo.
Se Clizia, che il nome deriva dalla divinità amata da Apollo che poi si incarnerà
nel girasole (immagine aerea che nella poesia di Montale si trasfigura
nell'immagine della donna angelo), la Volpe è un'immagine più terrena e
sensuale con connotati erotici.
TEMI E POETICA
Montale è quello che con maggiore consapevolezza compie l'attraversamento di
D’Annunzio e del Simbolismo.
Solarità panica → da una parte Alcyone che viene riletto da Montale in una
dimensione diversa. Sempre in questa logica di attraversamento l'obiettivo di
Montale è quello di interpretare il simbolismo in una dimensione storica,
facendo i conti con il proprio presente → forte compresenza e importante
dimensione storica quasi necessaria.
Fedeltà alla parola poetica unita a una costante riflessione critica sulla funzione della
poesia e una convinta difesa del senso della letteratura → Rifiuto degli
sperimentalismi → Rispetto ad Ungaretti che aveva esibito la propria rottura con la
lingua e la sintassi e la punteggiatura, e quindi è il più diretto continuatore della
rivoluzione con il passato e poi quella che sarà la poetica dell'eccezione degli
116
ermetici, Montale manifesta un classicismo modernista → da una parte
rivendica la tradizione classica, rivendica la propria appartenenza a una storia
lunga che vede punti di riferimento in Petrarca e Leopardi, ma dall'altra fa i conti
con la rottura del modernismo. Quindi l'operazione che fa è un'operazione di un
equilibrismo dinamico.
È un equilibrio tra tentazione anarchica all'innovazione assoluta dei futuristi e
dall'altra una tentazione a una chiusura verso un classicismo manierista.
Il titolo, confermando l’idea di una poesia residuale, evoca allo stesso tempo lo
scenario marino che fa da sfondo alla raccolta e suggerisce anche una visione
abbastanza tragica della vita. L’immagine degli ossi di seppia sparsi sulla riva
proviene da d’Annunzio, che l’aveva già citata in Alcyone.
Però il paesaggio di Montale è diverso da quello di d'Annunzio. Infatti non richiama
l’incontenibile esuberanza delle energie vitali che si sprigionano in un tripudio
di forme e colori, ma al contrario è un paesaggio aspro, arido, petroso e
desolato, roso dalla salsedine, schiaffeggiato dai venti e dai mari → diventa
117
l’espressione del male di vivere → una condanna senza remissione ai lavori
forzati, alle privazioni dolorose, agli ostacoli insormontabili e all’ostilità dell’ambiente.
Però allo stesso tempo questa raccolta nutre anche un’attesa del miracolo come
si vede nella poesia I limoni
Non chiederci la parola che possa squadrare (parola dantesca) il nostro animo →
cioè che lo esprima. Non chiederci la parola del poeta vate, colui che è capace
di indicare direzioni precise → consapevolezza dell’incapacità della poesia
contemporanea di stabilire qualcosa di solido
Immagine del paesaggio →il fuoco è l'unica nota di colore. L'aspetto del paesaggio è
collegato al discorso.
Struttura compatta: 3 quartine con un sistema di rime incrociato nella prima; nella
seconda abbiamo una rima ipermetra; nella terza abbiamo una rima alternata.
118
MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO
La poesia è formata da tre quartine e da un’ultima strofa di cinque versi →
questi sono novenari, decasillabi o endecasillabi → i versi sono regolari →
gioca sul variare su aggiungere una sillaba ed eliminarne un'altra (sta intorno a
una dimensione simile) → innovazione nella tradizione.
L’incipit della prima strofa è costituito da un verbo e due aggettivi, pallido e assorto
→ il pallore è quello dato dal forte chiarore della luce del sole nel pomeriggio
estivo, mentre quell’assorto può essere considerato quasi come una
metonimia, in quanto capace di rendere l’idea della lentezza e della fiacchezza
immagine del rovente muro (v.2) → rende ancora più esplicita la calura estiva
Rima ipermetra → v. 5-7 → in realtà il no si legge con il verso successivo che inizia
per vocale (enjambement)
Nella musicalità la rima torna nella lettura Rima alternata nella seconda strofa
L’ultima strofa rompe il flusso della narrazione poetica delle prime tre quartine,
ma mantiene l’uso dell’infinito sostantivato nei verbi sentire (v. 14) e seguitare
(v. 16), fa eccezione l’uso del gerundio andando (v. 13) in apertura di strofa,
che tuttavia non rompe il tono impersonale del testo, ma lo arricchisce di un
significato ulteriore.
Risulta evidente anche il collegamento ritmico che unisce tutti versi in una continua
consonanza che dà, dal punto di vista musicale, l’effetto di una triste cantilena →
idea pessimistica dell’esistenza → ripetersi continuo e stanco di sofferenza
emerge con l’uso del gerundio in andando (v. 13) e con maggiore evidenza
attraverso il verbo seguitare (v. 16).
L’essere umano procede incapace di vedere, accecato dal sole che abbaglia (v.13) e
perciò impossibilitato ad arrivare a una vera conoscenza, può solo sentire
(v.14), cioè intuire, una qualche verità sull’esistenza, di come questa sia un
119
continuo travaglio (v.15) da cui non si può fuggire, come una muraglia (v.16) che ha
sulla sommità dei cocci aguzzi (v.17) per impedire che qualcuno scavalchi per
vedere cosa c’è dall’altra parte.
Nell'ultima strofa c'è un suono che rimane sempre uguale (gli) ma cambia la vocale
finale. Non c'è il soggetto → utilizza solo modi indefiniti (infinito e gerundio).
In D'Annunzio il soggetto era messo al centro e si estendeva fino a inglobare dentro
di sé la natura. Qui invece l'io non esiste più, diventa qualcosa di vago e
indefinito.
Sterpi - serpi → rima già usata da Dante nell'inferno (canto dei suicidi →
siccome rinunciato alla propria vita, non sono degni di avere la forma di esseri
umani, vengono imprigionati dentro delle sterpi e che vengono rotti dal
passaggio degli animali. Anche Virgilio e Dante spezzano questo ramo ed esce
una voce).
È voluta da Montale per ricreare un'atmosfera infernale richiamando uno dei canti
più cupi e oscuri dell'opera di Dante.
Da una parte il sole, ma dall'altra l'oscurità dei suoni u/i/gli/ste e tutte le vocali
chiuse.
Formiche che intrecciano e si dividono in minuscole biche → lo sguardo del poeta in
questa e nella strofa successiva rivolge in basso, verso la terra e il vicino e poi verso
l'oltre, verso l'istante e il palpitare lontano.
Inizia con un senso uditivo e finisce con l'udito → circolarità Infinito di
Leopardi nell'alternarsi tra il vicino e il lontano.
120
elemento di distanziamento da Gozzano e Pascoli.
In entrambi i casi l'io viene messo davanti alle cose, da una parte con l'ironia e
dall'altra il poeta fanciullino che richiama la perdita del padre e la rottura familiare, le
cose vengono chiamate a fare da argine. Il nido di Pascoli è un ampliamento
dell'io.
Elementi fonici: a fare da cerniera tra la prima e seconda strofa è il v. 5 bene non
seppi, fuori del prodigio → non ha conosciuto il bene, però lascia una certa
ambiguità a causa della parola bene messa all'inizio (potrebbe essere il Bene
oppure un avverbio). Il che al v. 6 è soggetto o complemento oggetto? Oppure
entrambi? Non c'è un'interpretazione univoca, tutte e due possono essere possibili.
121
Il ruolo dato a questa divina Indifferenza → è indifferenza da parte di
un'entità superiore, che non gli importa del male presente nella storia,
negli uomini e nelle donne, ma anche negli elementi della natura. Dio non
si cura del male. Però esiste un Bene → formula ambigua che però afferma:
non ho conosciuto altro bene (formula litotica: nega per affermare).
Il prodigio da una parte rivela la divina Indifferenza ma dall'altra è rivelato
dalla divina Indifferenza.
Prima strofa abbiamo una rima incrociata; nella seconda strofa abbiamo una rima
interna / in mezzo (prodigio - meriggio).
I LIMONI
- Tu «istituzionale»
- Polemica contro i poeti laureati
- Valore simbolico dei limoni, illuminazione epifanica e annuncio di liberazione
- Possibili vie di fuga dalle leggi dell’esistenza
- Robusta e unitaria trama musicale, fatta di rime e assonanze
Polemica contro i poeti laureati → i poeti laureati si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati → attraversamento di d’Annunzio →
L'incipit ricorda la pioggia nel pineto di D'Annunzio.
Tutta la prima strofa è una sorta di ripresa polemica e antifrastica del lessico
dannunziano (cfr. “Piove” (da Satura)).
In un certo senso viene richiamato anche Pascoli, la sua prima raccolta Myricae,
la cui epigrafe diceva A tutti piacciono gli arbusti e le piccole tamerici.
Montale si mette dalla parte di Pascoli: piante comuni, però con una variazione
importante → la pianta di riferimento di Montale sono i limoni. Una pianta
comune e utile perché dà frutto.
122
Gli alberi dei limoni richiamano il paesaggio ligure → importanza della linea ligure in
Montale.
LE OCCASIONI (1939)
«Occasioni»: episodi casuali che mettono in moto la memoria
involontaria e promettono una rivelazione (epifania), «istanti fatali
dell’esistenza, quando in un baleno è possibile intravedere una realtà
diversa o una diversa disposizione della realtà, di afferrare un senso, un
rapporto imprevisto e imprevedibile», kairòs.
123
NON RECIDERE FORBICE QUEL VOLTO
Si tratta di due strofe di 4 versi ciascuna (3 endecasillabi e un settenario).
I versi pari della prima strofa rimano con i versi pari della seconda → sfolla - scrolla;
sempre - novembre (rima imperfetta).
Invece i versi 1 e 3 rimano tra loro → volto - ascolto.
Mentre troviamo delle rime al mezzo → cala - cicala (vv. 5, 7); svetta belletta (vv. 5,
8).
Assonanze → acacia - cicala (vv 6, 7); ferita - prima (vv. 6, 8); recidere - forbice (v.
1).
Il tema è “il volto che le forbici del giardiniere autunnale recidono con i rami
dell’acacia” → Montale si augura che un volto caro, ancora vivo nella memoria,
non venga tagliato dalle forbici del tempo, che attenua e confonde i ricordi →
come d’autunno le forbici del giardiniere tagliano i rami alti dell’acacia e fanno
cadere nel fango un guscio di cicala (labile ricordo dell’estate) che era rimasto
attaccato a un ramo.
Guscio di cicala → allude al canto della cicala: in una certa simbologia della favola
della cicala e della formica rappresenta la poesia, quella poesia che però qui è un
guscio vuoto, semplicemente la corazza esterna
124
Donna-angelo. Clizia segno eccezionale di speranza e fede, emblema del
coraggio capace di opporsi al male. Cristofora, mediatrice tra l’uomo e Dio.
Finisterre (1943, poi prima sezione) esperienza petrarchesca.
Rielaborazione del modello dantesco: tema dell’attesa e del desiderio.
Opera composita, antitesi tra Clizia, creatura angelica, e Volpe, emblema di
sensualità carnale e corporea.
Silvae: dimensione dell’immanenza, della persistenza del biologico, della
resistenza del poetico (L’anguilla)
Alternanza dei registri, dissonanza, correlativo melodico della realtà lacerata e
tragica
Pluristilismo e plurilinguismo. Modello dantesco: stile alto e basso, tensione
fantastica, polifonia, costruzione fortemente visionaria e metaforica.
Varietà metrica (forme nobili e forme più brevi).
125
“è stato breve il nostro lungo viaggio” → ossimoro: Montale contrapponendo
questi due termini vuole far capire che la vita insieme alla moglie, anche se e
ettivamente durata tanti anni, adesso sembra brevissimo
→ nella seconda strofa c'è un rovesciamento satirico perché era ancora una volta la
donna che rivela all'uomo la verità delle cose.
Tutta la poesia è una dichiarata parodia della Pioggia del pineto di d'Annunzio.
Ma qui la pioggia è sulla città e sulla metropoli massificata.
La pioggia colpisce ogni cosa con durezza, abbattendosi persino sul nulla
che si fa nelle ore di sciopero generale, sulla tomba ad Ema in cui è stata
sepolta la moglie del poeta, sulla mangiatoia statale alla quale si
arricchiscono in maniera disonesta i politici corrotti e il loro entourage, sulla
Gazzetta Ufficiale, sul Parlamento, sulla via in cui si trova la sede del
Corriere della Sera , sugli studi d’antropologia culturale, sull’uomo che si
sente un dio e sul cielo che si è abbassato a misura umana, sugli uomini
delle due “chiese” dominanti in quel periodo in Italia (quella comunista e
quella cattolica), sul progresso della contestazione studentesca
(borghesia) e della protesta operaia (proletariato), sulle opere in
regresso, sui cipressi malati del cimitero e persino sull’opinione pubblica.
126
C'è un ulteriore polemica sulle prese della scienza di rappresentare la nuova
teologica, cioè un nuovo sistema che possa unificare tutto.
IL MODERNISMO
127
Il romanzo ottocentesco perde uno dei suoi capisaldi, viene eroso dall'interno.
Percezione di una realtà esterna, positiva e verificabile → assume
rilevanza il romanzo psicologico, dove il baricentro si sposta dall’esterno
all’interno
Scoperta di una nuova materia psicologica → inversione del rapporto
gerarchico tra «satelliti» e «nuclei» narrativi;
Possibilità di rendere visibile il mondo fenomenico
NOVELLA MODERNISTA
Primo trentennio del XX secolo
Funzione Freud e centralità della vita psichica → Centralità data alla vita
quotidiana, la quale diventa il centro della narrazione.
Al centro dei romanzi vengono messi non eventi capitali ma le cose
quotidiane: anche quelli che sono episodi rilevanti passano senza che queste
cose de costituiscono una differenza nel fluire delle cose → la vita
quotidiana diventa un dispositivo di conoscenza.
128
Scissione dell'io → in cui la parte esteriore non conosce quella più
profonda → problema dell'uomo freudiano.
L’io è in costante lotta per riconquistare sé stesso.
129
→fabula dei poeti («verosimile» o argumentum);
→fabula priva di verità, ossia abe di magia popolare.
Importanza dell’interpres nel capire (intelligere) e nello sciogliere
(enodare) le ambiguità della fabula (Boccaccio, Eco).
LUIGI PIRANDELLO
130
1915: Intensifica la produzione teatrale. Esperienza della guerra (figlio
Stefano prigioniero).
1921: Successo teatrale in particolare con i “Sei personaggi in cerca
d’autore”
1925: Direzione del Teatro d’Arte. Discussi rapporti con il fascismo.
1934: Premio Nobel per la letteratura.
1936: Muore di polmonite. Incompiuto “I giganti della montagna”
TEMI E POETICA
Narratore copernicano: Copernico che ha cambiato il sistema di riferimento
dell'umanità, facendole perdere la sua centralità, e questo cambiamento di
riferimenti ha avuto un approdo nella narrazione? L'uomo è in una posizione
decentrata. Nel novecento il solito personaggio ottocentesco, che ha uno
sviluppo e una carriera, viene decostruito e diventa un personaggio
frammentato o irrisolto o impiegato costantemente in una propria
costruzione (Il fu Mattia Pascal) . Il fu Mattia Pascal diventando Adriano Meis
si reinventa ma fallisce. Anche il narratore viene decentrato. La letteratura
del passato non viene rifiutata, come nel caso del futurismo, ma viene
riusata in maniera ironica (es. biblioteca di Miragno)
131
Umorismo: dialettica tra «avvertimento del contrario» ( e «sentimento
del contrario»
- Rapporto con la polifonia e il carnevalesco di Bachtin
- Disinganno e furore conoscitivo
- Gusto del paradosso
“L’UMORISMO” (SAGGIO)
L’umorismo ha un suo preciso campo di applicazione, costituito dall’uomo.
L’umorismo può entrare in gioco solo in presenza di una volontà in atto, di un
mondo psicologico che si traduce in comportamento: tutti i casi riportati da
Pirandello riguardano esseri umani.
Ma, nel momento in cui si arriva a capire che l’anziana signora per piacere al marito
più giovane di lei e che teme di perdere, così si comprende il dramma che vive
l’anziana e il riso diventa pietà.
Mediante la riflessione si arriva al “sentimento del contrario”: il riso resta ma si
tinge d’amarezza→ riso amaro (reazione mista tra l’avvertimento e il
sentimento del contrario.
Pirandello assegna alla riflessione una parte essenziale della sua composizione
umoristica: è la riflessione che genera il sentimento del contrario.
132
L’intervento incisivo della riflessione fa sì che ogni umorista sia poeta e critico:
l’umorismo comporta quindi uno sdoppiamento nell’atto creativo da parte
dell’autore, che affianca al sentimento la riflessione.
ROMANZI
Marta Ajala (1893) → L’esclusa (1903): legami con il Naturalismo nella
materia (donna accusata di tradimento) e nell’impianto narrativo (narrazione
in terza persona); realtà solo soggettiva, polemica con il determinismo
naturalista.
133
impianto narrativo: narrazione autodiegetica , focalizzazione sull’io narrato;
punto di vista soggettivo e inattendibile; riflessione metanarrativa.
134
La vicenda di Mattia, infatti, mette in discussione ogni possibile certezza (e molti
dei modelli ereditati dalla tradizione letteraria): le due Premesse al romanzo, di
stampo filosofico, sostengono (in forme ironiche, sino all’esclamazione del
protagonista: “Maledetto sia Copernico!”) che il relativismo dell’epoca moderna ha
lasciato l’uomo contemporaneo ormai privo di ogni caposaldo, e certo della
sua nullità all’interno del cosmo.
Anche alcuni luoghi del romanzo (come quella nella biblioteca Boccamazza, dove
Mattia stende le proprie memorie e che può riportarci alla memoria quella di don
Ferrante de I Promessi Sposi o de Il nome della Rosa di Umberto Eco) “smontano”,
con le risorse dell’umorismo pirandelliano qui incarnate da Anselmo Paleari, le
poche sicurezze rimaste al protagonista (e al lettore del Mattia Pascal): il caos regna
sovrano anche nel luogo del sapere e della conoscenza.
TRAMA IN SINTESI
I primi due capitoli costituiscono la premessa di tutta la storia, una
premessa duplicata.
Il protagonista afferma che la sua è una vicenda particolarmente strana e
difficile da raccontare e che riguarda le sue prime due morti.
L’amico che gli ha suggerito di scrivere la sua strana storia è il reverendo Don
Eligio Pellegrinotto, col quale collabora nella piccola biblioteca del paesino di
Miragno e al quale egli affida il suo manoscritto che potrà essere letto solo 50
anni dopo quella che lui definisce la sua terza, e definitiva, morte.
Dopo un’invettiva contro Copernico, a suo parere colpevole con la sua
scoperta della terra che gira attorno al sole di aver sconvolto il modo di
pensare fino ad allora in auge basato sull’antropocentrismo e quindi di aver
scardinato la convinzione che l’uomo fosse il centro del mondo e con
essa le sue pretese di conoscenza certa e di verità rendendole assurde e
relative, ha inizio con il terzo capitolo il racconto vero e proprio.
135
A seguito di nuove disgrazie familiari, la morte delle sue due bambine (le
gemelle) e della madre, egli fugge da casa e si reca al Casinò di Montecarlo,
dove inaspettatamente realizza una cospicua vincita alla roulette.
Nei capitoli dal VIII al XVI Mattia Pascal si costruisce un’identità nuova,
sotto il falso nome di Adriano Meis, nome scelto ascoltando sul treno dei
frammenti di una conversazione tra passeggeri.
Pascal cerca di trasformare il suo aspetto: si taglia la barba, indossa un
paio di occhiali scuri per coprire lo strabismo, una giacca lunga a doppio petto
e un cappello a larghe tese.
Inizia a viaggiare per l’Italia e per l’Europa, senza una meta prestabilita, senza
uno scopo preciso se non quello di godere appieno dell’inaspettata libertà.
Ad un certo punto però comincia ad avvertire il peso della solitudine e sente
la necessità di riallacciare quella rete di rapporti sociali che in passato lo
soffocava e condizionava.
Dopo un soggiorno a Milano, va a vivere a Roma nella pensione di Anselmo
Paleari, che ospita strani personaggi appassionati di scienze occulte e di
spiritismo. Si innamora della figlia del padrone di casa, la dolce Adriana, con
la quale potrebbe iniziare una vita diversa e autentica.
Si rende conto che in realtà il nuovo nome e il personaggio che
impersona non esistono per la società e lo stato civile e che non può
realizzare nessun progetto di vita futura. Vive con il timore che venga
scoperta la sua vera identità, per non farsi riconoscere si fa operare all’occhio
strabico e tuttavia quando viene derubato, durante una seduta spiritica, si
rende conto che non può neppure denunciare il furto perché è una
persona inesistente per lo Stato.
Si sente così ridotto ad un’ombra.
Sfidato a duello da un pittore spagnolo per questioni di gelosia, Adriano Meis,
alias Mattia Pascal, in quanto privo di identità non è neanche in grado di
procurarsi i padrini necessari per battersi, decide quindi di abbandonare
Roma e Adriana e di far perdere le sue tracce facendo credere ad un
suicidio per annegamento.
136
da sempre innamorato di Romilda ed a cui Pascal l’aveva portata via.
Rinuncia a vendicarsi della moglie e ad avvalersi della legge in base alla
quale è ancora lui il marito legittimo, ma in tal modo non gli resta altro che
adeguarsi a vivere una condizione sospesa di “forestiere della vita”,
“come fuori della vita”, che osserva gli altri dall’esterno, cosciente di
non essere più “nessuno”, o meglio, di essere “fu Mattia Pascal”.
Aspettando la terza definitiva morte, si accontenta di vivere nella biblioteca
in cui aveva svogliatamente lavorato da giovane, scrivendo la propria storia.
TEMATICHE
Il Fu Mattia Pascal è il romanzo allegorico della crisi dell’uomo moderno e ciò
emerge dalle varie tematiche che affronta:
La famiglia, viene vista sia come un nido, riferita alla famiglia originaria,
soprattutto nel rapporto di tenerezza con la madre, sia come una prigione da
cui evadere, relativamente al rapporto coniugale e con la suocera;
La crisi dell’identità. Mattia Pascal non riesce a rapportarsi non solo con
la propria anima ma anche con il proprio corpo, ne è un sintomo il suo
occhio strabico che guarda sempre altrove.
La perdita dell’identità viene evidenziata anche attraverso il tema del doppio:
ombra del protagonista viene posta in primo piano come doppio di Adriano
Meis, rappresenta infatti la memoria e l’anima di Mattia Pascal, da cui il
protagonista non riesce a staccarsi e di cui anzi è prigioniero.
137
Tutto il romanzo è improntato sulla duplicità, sul raddoppiamento delle
situazioni: Mattia Pascal seduce sia Romilda che Oliva; finge due volte il
suicidio; si dà due diverse identità, Adriano Meis e poi Fu Mattia Pascal, ecc.
STILE
Il Fu Mattia Pascal rivela una grande originalità strutturale, riassumibile in 3 aspetti:
138
TEATRO (ULTIMO PIRANDELLO)
Inizio: testi dialettali=>. Lumìe di Sicilia, Pensaci Giacuminu !, Liolà, ‘A giarra ,
‘A biritta cu ‘i ciancianeddi.
Teatro dell’assurdo, alcuni tradotti in italiano.
- Il teatro dei miti: Nuova colonia (1928), Lazzaro (1929), I giganti della
montagna (
- irrazionalismo e misticismo, contatto con l’Essere attraverso il simbolo;
- linguaggio lirico ed ispirato;
- avvicinamento alle tematiche del Decadentismo, clima di «ritorno
all’ordine»;
- arte nella società industriale: rapporto con il mercato, con il potere
(fascismo).
ITALO SVEVO
139
Svevo non fu un ebreo praticante: in occasione del matrimonio con una
ragazza cattolica non esitò a farsi battezzare, eppure il suo esordio letterario,
nel 1880, fu un articolo in difesa di Shylock, l’ebreo protagonista del Mercante
di Venezia di Shakespeare.
1896: A seguito del matrimonio con Livia Veneziani, Svevo nel 1899 entrò
nella ditta del suocero, che aveva fatto fortuna brevettando una speciale
vernice sottomarina. Seguirono anni di intenso lavoro e viaggi frequenti
all’estero, in particolare in Inghilterra. La necessità di imparare l’inglese gli
diede l’occasione di conoscere James Joyce, che risiedeva allora a Trieste e
di cui divenne amico.
OPERE
Passione segreta per la letteratura, esordio come commediografo, quasi tutti i
lavori destinati a rimanere nel cassetto.
Le prime opere pubblicate furono due novelle uscite sull’“Indipendente”: Una lotta
(1888) e L’assassino di via Belpoggio (1890).
A sue spese fece stampare i romanzi Una vita (1892) e Senilità (1898), accolte
dalla più totale indifferenza di pubblico e critica.
L’umiliazione per l’insuccesso lo costrinse al silenzio: solo dopo la Grande guerra
pubblicò (nel 1923) con l’editore Cappelli di Bologna il romanzo La coscienza di
Zeno. Inizialmente fu un nuovo fiasco, finché, su interessamento di Joyce, la
critica francese lanciò l’opera nel 1926; seguì un rapido successo internazionale,
con traduzioni in francese, tedesco e inglese.
ROMANZI
1892 :Una vita=> Protagonista personaggio “troppo” moderno, antieroe,
individuo marginale e disadattato, inettitudine.
- Romanzo dell’esistenza: attenzione al vissuto interiore del protagonista.
Coscienza come strumento di autoinganno.
140
- Funzione compensatoria del sogno.
- insaziabilità della volontà di vivere.
- Suicidio come fallimento.
- Cap. 8: Psico-analisi.
- Psicanalisi come sciocca illusione;
141
- Zeno attua meccanismi di simulazione (inventa un sogno) per depistare il
dottor S., indossando la maschera di Edipo.
- Apoteosi finale di Zeno (successo commerciale) e la guarigione .
- Lo sviluppo tecnologico e la sottrazione del genere umano alle leggi
dell’adattamento ambientale e della selezione.
- Delirio di onnipotenza e profezia della catastrofe finale.
RACCONTI
La novella del buon vecchio e della bella fanciulla (1926) è un invito alla
castità senile: chi ha raggiunto una certa età deve rassegnarsi alla
quiescenza e vincere gli improbabili richiami dei sensi.
MODULO C: CONTEMPORANEI
CESARE PAVESE
1908 → Nasce a Santo Stefano Belbo nelle Langhe, da una famiglia piccola
borghese. Presto si trasferisce a Torino, dove compie gli studi.
142
1932 → Si laurea in Lettere con una tesi sul poeta statunitense Walt
Whitman. In questo periodo inizia a tradurre autori inglesi e statunitensi.
1934 → Prende il posto di Leone Ginzburg (arrestato dalla polizia
fascista) alla direzione della rivista «La Cultura» e inizia a collaborare
con la casa editrice Einaudi.
POETICA
La personalità, le opere e le poesie di Cesare Pavese ci restituiscono l’immagine di
un uomo in continua analisi di se stesso e dei rapporti con gli altri e con il
mondo. Questo determina una serie di contraddizioni, in particolare tra letteratura e
impegno politico; esistenza individuale e storia collettiva e il passato mitico e
trasformazioni della modernità Nella sua vita, Pavese si sentì sempre estraneo al
mondo e agli altri uomini, si sentiva altrove → questa percezione deriva da un
ossessivo scavo interiore, che lo porterà al suicidio → si può leggere di questa
battaglia interiore nel diario intitolato Mestiere di vivere → nelle frasi finali del
diario inizia a prendere forma l’idea del suicidio
Questo continuo scavo interiore porta Pavese a riflettere nelle sue opere su alcuni
temi ricorrenti:
la natura e i suoi ritmi inesorabili che vanno dalla nascita alla morte, a
cui si contrappone il tempo eterno e immortale del mito
143
la città e la modernità che trasformano la natura → se la campagna è una
forza originaria, la città è il luogo della finzione e dell’artificio → opposizione
tra città e campagna
lo sguardo degli altri, che ci impone delle maschere → visione più tragica
rispetto a Pirandello
la falsità del mondo → oltre ad essere false le immagini che gli altri
costruiscono di noi, Pavese capisce che anche l’immagine che noi
costruiamo di noi è quella di un io che non esiste.
POESIA :
1936 → Lavorare stanca: prima opera pubblicata.
È un tipo di poesia sia realista che simbolista → descrive una realtà ma allo
stesso tempo rimanda a qualcos’altro di esterno, a un significato nascosto.
Le poesie inserite in questa raccolta si pongono a una via di mezzo tra prosa e
poesia, usando un verso molto narrativo.
Il ritmo si costituisce in lunghi versi che si ripetono per creare l’effetto di una realtà
condannata alla continua ripetizione.
Negli anni ‘30 Cesare Pavese si dedica soprattutto a racconti. Influenzato dalla
narrativa realista statunitense e dalle novelle di Giovanni Verga (realismo) →
anche dal punto di vista linguistico, Pavese si attiene alla realtà attraverso
l’uso del dialetto e di molti dialoghi
NARRATIVA:
1941 → Paesi tuoi 1942 → La spiaggia 1947 → Il compagno 1947 → Dialoghi
con Leucò
1949 → Prima che il gallo canti, che comprende i due romanzi brevi Il carcere
e La casa in collina → La casa in collina (1948).
È il racconto in prima persona del protagonista Corrado, un professore di
144
Torino che durante la guerra si rifugia nella sua casa in collina alla
ricerca di solitudine. Qui incontra però Cate, una donna che ha amato in
passato, e segue le sue vicende e quelle dei suoi amici partigiani, fino al loro
arresto da parte dei tedeschi. Il romanzo vuole mettere in luce la
contraddizione dell’intellettuale di fronte alle cose del mondo, il suo
isolamento e il nascondersi dalle responsabilità collettive → problema di
Pavese si trovava combattuto tra la volontà di isolamento e la necessità
di intervenire nella realtà con un’azione politica.
LA LUNA E I FALÒ
scritto nel 1949 e pubblicato nel 1950, pochi mesi prima del suicidio dello scrittore. Il
libro è considerato l’approdo definitivo della poetica di Pavese, lungo una linea che
unisce le sue opere precedenti (come Paesi tuoi, Il carcere, La bella estate, i
Dialoghi con Leucò e La casa in collina) e ne traspone i temi in una prospettiva
simbolica che unisce i ricordi d’infanzia a Santo Stefano Belbo, le ragioni
dell’antifascismo, la poetica del mito elaborata nel corso di quegli anni. La vicenda è
raccontata in prima persona dal protagonista, detto Anguilla.
145
RIASSUNTO
La vicenda è ambientata subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale; il
quarantenne Anguilla - il protagonista di cui conosciamo solo questo soprannome,
rimastogli dai tempi dell’adolescenza - torna nelle Langhe, sua terra d’origine, dopo
essere emigrato in America da molti anni. Anguilla è un orfano: adottato da una
famiglia di contadini che abita alla cascina della Gaminella, presso Santo Stefano
Belbo, a tredici anni, morto il padre adottivo, Anguilla si trasferisce per lavorare alla
cascina della Mora, dove stringe amicizia con Silvia, Irene e la bella Santina, figlie
del padrone. Il protagonista entra poi in contatto con ambienti antifascisti a
Genova, in occasione del servizio militare e, anche per sfuggire al regime,
emigra negli Stati Uniti, dove accumula una piccola fortuna.
La nostalgia della terra dell’infanzia e il ricordo del mondo delle campagne lo
spingono però a tornare a Santo Stefano Belbo.
Il ritorno è però amaro: Anguilla scopre che il mondo della sua memoria non
esiste più. Alla Gaminella, il podere dove è cresciuto, ora vive la famiglia di Valino,
un mezzadro violento che sfoga sulla famiglia le sofferenze per una vita di povertà e
sofferenze. Qui Anguilla stringe amicizia con Cinto, il figlio zoppo di Valino, con cui il
protagonista, desiderando essere una sorta di padre per lui, trascorre molto
tempo nelle campagne delle Langhe, rievocando e rivivendo gli anni della
propria infanzia ed adolescenza. Il processo del ricordo è attivato anche da
Nuto, un falegname che al tempo è stato la figura paterna di riferimento per Anguilla;
Nuto, ex partigiano, racconta ad Anguilla tutti gli orrori della guerra civile
contro i nazifascisti, un evento che ha cambiato radicalmente l’esistenza di
tutti.
ANALISI
146
La luna e i falò è suddiviso in trentadue brevi capitoletti che descrivono un
episodio, sviluppano un ricordo malinconico di Anguilla o sviluppano una
breve scena narrativa; questa struttura sottolinea da un lato l’importanza del ruolo
della memoria (Anguilla, orfano e “sradicato”, torna nelle Langhe per ritrovarvi
un’identità non trovata oltreoceano) e dall’altro la trasfigurazione del ricordo
stesso in un simbolo, che, nella poetica di Pavese, sono inattivi e inerti finché noi
non li riconosciamo.
Quando questo accade, i simboli si attivano e, a partire dal nostro ricordo, diventano
un potente strumento di lettura e interpretazione della realtà.
Lungo questa linea espressiva, è evidente la continuità tra La luna e i falò e tutta
la produzione pavesiana, comprese le poesie di Lavorare stanca, la raccolta di
versi pubblicata nel 1936. Se si pensa ad esempio a Mari del sud si nota che anche
lì è presente la figura di un esule che, dopo anni, torna nelle terre d’origine.
Nella poesia si tratta del cugino del protagonista, mentre ne La luna e i falò è
Anguilla stesso a raccontare il proprio ritorno a casa sulla scia dell’evocazione dei
simboli dell’infanzia.
Il romanzo del 1950 diventa così per Pavese la chiusura di un ciclo personale e
collettivo, una sorta di epopea che unisce il proprio mondo simbolico soggettivo
con gli eventi storici drammatici dell’ultimo decennio.
Il titolo stesso dell’opera, allusivo ed evocativo, sarebbe poi stato suggerito dai versi
di una sua poesia, il Dio-caprone, che compare appunto in Lavorare stanca.
In tal senso, La luna e i falò è davvero un’opera riassuntiva, che ricompone
l’esperienza umana ed esistenziale di Pavese dagli anni del confino a
Brancaleone Calabro agli anni della guerra e del “disimpegno” dalla
Resistenza che tormenterà il poeta per molto tempo.
La scissione tra intellettuale e realtà, avvertita sin da Il carcere e poi espressa ne La
casa in collina, e l’attrazione per il mondo mitico ed ancestrale delle campagne
(si pensi a Paesi tuoi) si fondono in un “poema-canzoniere in prosa” che diventa
un pellegrinaggio nei luoghi dell’infanzia a forte caratterizzazione autobiografica.
Ma il ritorno diventa un confronto inevitabile con i cambiamenti subiti dalla
realtà.
Anguilla si interroga così sulla sua condizione di orfano e sulle sue origini: ciò che la
sua riflessione evidenzia è l’assenza di un luogo natale a cui sentirsi affettivamente
legato
Come spiega il critico Stefano Giovanardi: Ma la ricerca delle radici è pur sempre
quella di un “bastardo” del tutto ignaro di chi siano i suoi genitori e del suo reale
147
luogo di nascita: una ricerca dunque per definizione delusiva, che non riesce mai a
eliminare completamente un genetico spaesamento.
La memoria stessa, solerte nel recuperare simbolicamente i “miti” infantili, non
sa comunque restituire la pienezza esistenziale di cui quei miti si
alimentavano: il presente è troppo oppressivo, troppo fresca e ancora urgente
la minaccia della storia, perché ci si possa trovare intatti.
In questo senso, acquista ancor più senso la citazione che Pavese sceglie per il
proprio ultimo libro: alla dedica all’attrice americana Constance Dowling, ultimo
amore dello scrittore, segue un passo del Re Lear (atto 5, scena 2) di
Shakespeare: “Ripeness is all”, ovvero: “Maturare è tutto”.
RIVISTE ITALIANE
RIVISTE CHE NON SONO CONTRARIE AL REGIME
148
- Rifiuta il coinvolgimento dello scrittore sul piano politico-sociale e lo
sperimentalismo delle avanguardie.
- Propone un ritorno all’ordine attraverso il recupero dei valori della
tradizione.
- Esplorazione distaccata e straniata del mondo e classicismo anche in
funzione comico parodistica, stile basso e antiletterario
149
- Reagisce al dannunzianesimo, al futurismo, al dilettantismo con la forza
delle argomentazioni liberali e la serietà dell’impegno morale, seguendo
l’esempio crociano
150
Nel 1908 fu impiegato delle ferrovie a Pontedera e poi a Firenze, ma alla
morte del padre tornò a Siena per vivere sulle poche terre ereditate.
Aveva frattanto cominciato a scrivere poesie (La zampogna verde, 1911, e La
città della Vergine, 1913) e racconti (Ricordi di un impiegato) e a collaborare
a riviste di provincia.
Nel 1913 fondò a Siena, con l'amico Domenico Giuliotti, la rivista La
Torre, ispirata a posizioni spiritualiste e di cattolicesimo reazionario.
Nel 1914, costretto a vendere l'ultimo podere, si trasferì a Roma, dove visse
anni assai duri ma di intensa creatività: la pubblicazione di Bestie, del
romanzo.
Con gli occhi chiusi (1919, scritto nel 1912-13) e di alcune novelle gli
procurò finalmente consensi e autorevoli appoggi, fra cui quello di G. A.
Borgese.
Un altro romanzo, Tre croci (1920), uscì subito dopo la sua morte, dovuta a
un'improvvisa polmonite nel 1920.
OPERE E POETICA
Formazione vociana e letture disordinate (anche Verga, Dostoevskij e
soprattutto D'Annunzio).
Impegno di Borgese per una valutazione positiva (Tempo di edificare).
Rivista Solaria (1926-1936) lo considererà tra i suoi autori di riferimento.
Necessità di uscire dal dilettantismo delle sensazioni per scavare nella propria
coscienza e interrogarsi sul senso delle cose.
Tendenza all’impressionismo lirico a fondo paesistico (Bestie) e ricerca
di oggettività (errata attribuzione al novero dei veristi).
Rancoroso autobiografismo: conflitto tra la durezza degli antichi valori
contadini e gli interessi meschini della piccola borghesia cittadina.
Disagio, fallimento esistenziale, incapacità di maturazione dei
personaggi: condizione di passività e inerzia.
Bestie (1917):
Con gli occhi chiusi→ sorta neotenia (gli animali nascono con gli occhi
chiusi). L'uomo nasce con gli occhi aperti ma riesce a vedere più tardi. Però
molti animali riescono a camminare sin da subito, invece l'uomo ci mette anche
un anno. L'animale uomo nasce immaturo a differenza delle altre specie
animali, che nascono con delle capacità mature.
151
Il processo di maturazione dell'uomo è più lungo, perché assume un peso
più importante l'educazione, rispetto agli animali.
Il protagonista vive con gli occhi chiusi, cioè in una situazione di prolungata
immaturità, è come se avesse un velo sugli occhi. Non si accorge che la
donna verso la quale ha dei sentimenti confusi, in realtà sta con un altro
uomo, non ricambia i suoi sentimenti.
Tre croci:
ROMANZO DI FORMAZIONE
Elisabetta Mondello, L'adolescente nel Novecento
152
Consisteva in un processo di esperienze (Grande Tour) che si concludeva
all'adesione del modello borghese → matrimonio e ingresso nel mondo del
lavoro.
ALBERTO MORAVIA
TEMI E POETICA
Moravia è stato uno scrittore della comunità.
È stato uno scrittore della comunità politica, civile e letteraria, nella quale ha vissuto
e con la quale ha tessuto molteplici rapporti».
153
Struttura teatrale degli Indifferenti, stile sobrio e asciutto; immobilità interiore
e accettazione passiva dell’esistenza.
Conflitto generazionale, riti di iniziazione, perdita della purezza originaria:
rovesciamento del romanzo di formazione
TEMI:
154
Moravia denuncia, l’incapacità di volere e di vivere autenticamente la realtà
(l'indifferenza, appunto) propria della borghesia degli anni Trenta del
Novecento, schiava dei valori del denaro e del sesso.
155
mali dell’Italia → trauma per la guerra mal gestita dall’Italia e il dolore per la
perdita del fratello.
Si laurea in ingegneria e negli anni Venti si iscrive in Filosofia (ma non si
laurea)
Aderisce con convinzione al fascismo (scelta che rinnegherà solo dal
1944, enunciata in “Eros e Priapo”), perché in questo vede un regime che
tendeva a mettere ordine, come simbolo delle due tendenze che stimolano
la scrittura di Gadda: La realtà è caos, ma allo stesso tempo tiene insieme
tutto.
Raggiunge la notorietà come scrittore solo dopo la pubblicazione in
volume del romanzo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana
(Garzanti, 1957)
Muore a Roma nel 1973
“CASO GADDA”
Il caso Gadda scoppia nel secondo dopoguerra: comincia a scrivere nel primo
Novecento, ma il suo ruolo viene maggiormente giocato nella Seconda metà
del Novecento, soprattutto nella cosiddetta “neoavanguardia”.
- L’altro grande problema di Gadda è che molte delle sue opere sono incompiute:
il suo laboratorio è molto complesso.
- Ci sono degli stadi intermedi come la pubblicazione su rivista.
TEMI E POETICA
Per Gadda capire la poetica vuol dire guardare allo stile dell’autore.
Egli riesce ad essere sempre innovativo nello stile: mescola dialetto, linguaggio
quotidiano, lessico scienti co, latinismi, parole straniere → mescolare le lingue così
come la realtà è mescolata.
Gadda fa non solo parlare i suoi personaggi con il loro dialetto, ma li fa anche
pensare con la stessa lingua. Oltre all’insieme delle lingue vi è anche un insieme
di varietà di queste ultime → uso del dialetto in direzione sociale diversa in base
ai personaggi.
LINGUA E STILE
stratificazione linguistica diacronica e sincronica (nel tempo e nello spazio)
antifascismo attraverso scelta linguistica
156
bizzarre→ corrispettivo di una visione enciclopedica. Inserire tutto dentro il
romanzo (enciclopedismo imperfetto, non può entrare tutto in un romanzo).
POETICA
Caos e ordine: vita come caso informe, pasticcio e garbuglio → Riprende
la teoria delle catastrofi: un granello di sabbia non è la causa del crollo di una
montagna di sabbia, ma la realtà raggiunge un livello di soglia tale per cui
implode.
Il gomitolo diventa sempre più grande e diventa sempre più difficile per
noi scioglierlo. Di tutto questo Gadda era assolutamente consapevole e
cerca di trasportarlo nelle sue opere, come il pasticciaccio che è un giallo.
Se nel giallo, ci sono un insieme di concause, allora non c’è un solo
assassino e il giallo rimane irrisolto.
Allora perché il giallo? Perché ci serve a dare ordine, anche producendo
mimeticamente la realtà.
vortice delle infinite concause (non esiste una sola causa ma molteplici:
tentativo di mettere in ordine)→ generano un vortice che simboleggia l’idea
della modernità novecentesca, della fisica quantistica in cui se di una
particella stabiliamo la massa non possiamo stabilire la velocità e viceversa
157
sfondo autobiografico → ambientato nel Maradagal (Italia prefascista); trauma
famigliare → morte in guerra del fratello minore.
Tuttavia, la convivenza forzata porta i due a covare una sorta di inso erenza
reciproca: da una parte Gonzalo so re di scatti d’ira nei confronti della madre,
dall’altra l’anziana donna si ritrova ad aver paura del glio → situazione insostenibile,
che culminerà con l’omicidio della madre di Gonzalo per mano ignota → dopo aver ri
utato la protezione di un gruppo di reduci di guerra, al ritorno da un viaggio di lavoro
ritrova la madre morta, vittima di percosse. Tentando di ricostruire una linea guida
che lo porti a conoscere le origini del dolore presente nella sua vita, il protagonista
cerca di scoprire chi sia stato ad uccidere la madre. L’opera, però, restò volutamente
incompiuta, impedendo al lettore di conoscere l’identità dell’omicida.
158
Lo scrittore milanese comincia a scrivere questo racconto giallo all’inizio del 1946
sfruttando un fatto vero, cioè l’omicidio di due vecchie signore romane per
mano di una ex domestica.
Le prime cinque puntate vedono la luce sulla rivista “Letteratura” e una sesta viene
annunciata, anche se mai pubblicata. Nel 1953, l’editore Garzanti propone a Gadda
di ultimare il Pasticciaccio e nel 1957 viene pubblicato.
Il romanzo è ambientato a Roma nel Febbraio del 1927. Sono anni molto particolari
perché il regime fascista è cominciato da due anni e tutto deve essere ammodernato
ed equilibrato. Ogni tipo di di ormità non può essere tollerata. Roma, tuttavia, è una
città multiforme e piena di squilibri, dove il disordine è parte integrante della città.
Trama
Roma, palazzo di Via Merulana, civico 219, detto palazzo degli ori
Viene riferito ad Ingravallo che al 219 c’è stata una sparatoria, Ingravallo resta
sbalordito e si reca subito al palazzo dove c’è un tumulto generale. Appura che un
giovane si era introdotto in casa della contessa Menegazzi e l’aveva rapinata. Al
commissario sembra subito evidente che il rapinatore debba avere un complice, ma
l’unico indizio che si riesce a reperire sulla scena del crimine è un biglietto del tram,
caduto dalla tasca del ladro (giacché la contessa esclude si possa trattare di una
delle sue domestiche).
Emerge un unico particolare dai vari interrogatori, una sciarpa di colore verde con
cui il ladro si era camu ato.
Mentre Ingravallo è intanto a scoprire qualcosa di più sul ladro ecco che nello stesso
palazzo, dopo appena tre giorni, nell’appartamento dei Balducci, viene trovata morta
con la gola tagliata Liliana Balducci, già nota al commissario. Le indagini procedono
159
in modo parallelo, ma sembrano quasi toccarsi, come se si trattasse di due fatti in
fondo concatenati se non altro per lo spazio e il tempo in cui sono avvenuti.
Il primo nella lista degli indagati è il cugino della vittima, il dottor Giuliano Valdarena,
che ha rinvenuto il cadavere e ha dato l’allarme. Giuliano non è del tutto innocente
perché sembra che ci sia un rapporto un po’ torbido tra i due cugini.
Dall’interrogatorio viene fuori che Liliana è profondamente ossessionata
dall’impossibilità di avere gli al punto che ritiene necessario circondarsi di gli
surrogati che tiene in casa per brevi periodi. Si capisce allora che Liliana vorrebbe
un glio da Giuliano. Tuttavia glielo impedisce la sua fede cristiana e la devozione per
il marito Remo. Vorrebbe almeno adottare il glio che nascerà dal matrimonio del
cugino Giuliano con la sua sposa. Nonostante le falle nella versione di Valdarena,
questi viene scagionato.
Compare Don Corpi, il padre spirituale e confessore della Balducci, che dà lettura
del testamento, tra l’altro era stato redatto poco prima che venisse uccisa → si
indaga sulle domestiche e nipoti adottive di Liliana.
Questo signi ca che la perfetta linearità del romanzo giallo diventa una pura utopia
→ niente è del tutto prevedibile e non esiste la linearità dei rapporti di causa-
conseguenza → è come se Gadda avesse applicato il principio di indeterminazione
di Heisenberg al suo romanzo e, più in generale, a tutta la realtà che lui si sforza di
rappresentare. Ecco perché il giallo di Gadda non può avere una soluzione univoca,
perché tutti sono coinvolti nel groviglio e condividono se non la responsabilità
almeno la partecipazione.
160
Chi è il narratore? È un narratore esterno, ma con il tempo il punto di vista si
concentra sui personaggi, come sui colleghi del dottor Ingravallo → Gadda,
dunque, prende Manzoni, come nel caso della descrizione di Don Abbondio,
ma lo fa suo.
C’è una forte carica di ironia e parodia nelle parole. C’è una simpatia nei
confronti di questa Liliana Balducci → tanto è vero che il marito viene presentato
come il “caprone”. È lo stesso Ingravallo che pensa queste cose. La discussione di
quella giornata/serata in presa diretta. La famiglia Balducci ci viene delineata ancora
di più. Ci vengono presentate due nipoti diverse. Quella di stavolta non è quella
dell’altra volta: questa è appena uscita dall’infanzia. La descrizione della società
vede il cambiamento della lingua: il dialetto romanesco ci viene presentato anche in
una costruzione sintattica molto aderente. Attraverso la mimesi ci vengono
presentati la lingua e il punto di vista di chi guarda quel palazzo, della gente.
Renzo: se c’è questo inganno della scrittura, allora tanto vale che i miei gli la
conoscano e la imparino.
Di fronte ad un caos del mondo come si fa a trovare un centro degli ambiti del
sapere? Una soluzione potrebbe essere trovare un metodo → metodo della ricerca e
del dialogo, della filologia e dell’ermeneutica → bisogna far dialogare (o meglio,
chiarire) i singoli saperi, provare a spiegarli e poi renderli comprensibili all’opinione
pubblica in modo che quest’ultima sia capace di decidere
161
NEOREALISMO
Il Neorealismo nasce dai giornali clandestini dei partigiani, dalle cronache
e dai diari della guerra e del dopoguerra: ha un carattere spontaneo e
trasversale ai generi, incrociando narrativa, memorialistica e saggistica.
«Smania di raccontare» (Calvino, Prefazione alla ristampa 1964 del Sentiero
dei nidi di ragno→ è finita la resistenza, la guerra civile, l’invasione da parte
dei nazisti (necessità di raccontare i fatti vissuti).
Dopo una prima fase spontanea, in cui il Neorealismo si con gura come
“corrente involontaria”, a partire dal 1948 – anno della Costituzione e del
primo governo della Democrazia Cristiana – con il polarizzarsi della
politica interna la letteratura neorealista, vicina alla sinistra, si interroga
sul proprio ruolo in relazione alla linea del partito.
La letteratura abbandona l’evasione astratta dominante nel periodo tra le due
guerre e si dedica a rappresentazioni realistiche della situazione sociale
162
Cosa si propongono di fare gli intellettuali? Di fondere la conoscenza delle
condizioni di vita dell’Italia del dopoguerra. Abbiamo una produzione molto
ampia.
TEMI E STRUTTURE
Impegno dell’intellettuale: testimonianza delle collaborazione «liberatrice»
tra intellettuali (di estrazione borghese) e popolo.
C’è una contraddizione interna nell’intellettuale: egli fa parte della
borghesia, ma si rivolge al popolo interpretandolo (ma non
rispecchiandosi).
Secondo le stampe marxiste la borghesia dovrebbe essere rovesciata dalla
classe operaia → missione dell’intellettuale.
163
ATTRAVERSAMENTO E SUPERAMENTO DEL NEOREALISMO
164
ELIO VITTORINI
CONVERSAZIONE IN SICILIA
Vittorini scrive questo romanzo in un momento di grande crisi di coscienza e di
forte critica al fascismo.
L’ossatura fiabesca di questo romanzo è mescolata alle influenze della
letteratura statunitense e delle avanguardie europee, per costruire un racconto
che è la metafora del percorso di maturazione del protagonista/autore.
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PRIMO LEVI
Le leggi razziali (1938) gli fanno aprire gli occhi sulla natura del fascismo e lo
spingono verso l’azione politica → alla fine del ‘42 entra nel Partito
d’Azione clandestino e dopo l’armistizio dell’8 settembre del '43 si
unisce a un gruppo partigiano della Valle d’Aosta.
Ma catturato dalla milizia fascista, viene internato nel campo di
concentramento di Fossoli e nel '44 deportato ad Auschwitz.
1947: pubblica “Se questo è un uomo” (De Silva). Ha poco successo, esercita
il mestiere di chimico, continua a scrivere.
1958: Se questo è un uomo (Einaudi, per il sostegno di P. Boringhieri e L.
Foà).
166
momento della liberazione e negli anni successivi, che emergono i fatti
più drammatici.
“La vergogna” → terzo capitolo → tratta il problema morale della “minoranza
anomala” che si è salvata dai campi di sterminio → Levi descrive il
tormento morale e il senso di colpa dei “salvati” che, poiché “mancava il
tempo, lo spazio, la pazienza, la forza”, non hanno saputo o potuto
aiutare tutti gli altri prigionieri.
La pena di questi “salvati” non sarà però minore nel resto della loro esistenza,
tanto che in molti sceglieranno la via del suicidio.
→ È una testimonianza importante di un periodo centrale della storia del '900, ossia
la Seconda Guerra Mondiale
Nella prefazione Levi ci dice che ciò che l’ha spinto a scrivere il libro è la ricerca
di una liberazione interiore, il bisogno di raccontare la sua terribile esperienza.
La narrazione ha un carattere frammentario → i ricordi si compongono nella nostra
mente per frammenti.
L’autore racconta piccoli particolari, ci parla di persone, dei loro nomi e delle loro
azioni: tutto questo ha lo scopo di dare una dimensione umana al racconto e di
descrivere la progressiva perdita di umanità all’interno del lager.
Spesso l’autore chiama in causa il lettore, ponendo domande su cosa
avremmo fatto noi in quella situazione.
167
ITALO CALVINO
Alla fine degli anni Sessanta si trasferisce a Parigi, dove frequenta il gruppo di
scrittori dell’Oulipo.
- si proponeva di integrare matematica e letteratura , mostrando come la
seconda fosse soggetta a norme, vincoli e modelli di composizione che
potevano essere ricostruiti attraverso i metodi della prima.
- Letteratura come operazione combinatoria di elementi dati.
- Avventura conoscitiva, con vigile coscienza critica ed ironia (1962, La sfida al
labirinto).
- Contatti con la semiologia e lo strutturalismo
168
Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Ottanta, Calvino pubblica le
sue opere più importanti: “Il castello dei destini incrociati”, “Le città invisibili”,
“Se una notte d’inverno un viaggiatore” e “Palomar”.
Muore nel 1985
169
SE UNA NOTTE D’INVERNO UN VIAGGIATORE (1979)
170
PIER PAOLO PASOLINI
1922: Nasce a Bologna nel 1922. Si iscrive alla facoltà di lettere e inizia a
interessarsi alla scrittura.
Nel 1942, per sfuggire alla guerra si rifugia a Casarsa nel Friuli (paese della
madre), dove apre una scuola e pubblica le prime poesie.
Nel 1950 si trasferisce a Roma, dove si inserisce nel mondo della
letteratura e del cinema.
1955 → Ragazzi di vita → ottenne grande successo ma subì un processo
1961 → esordio come regista con il film Accattone, che consacra il suo
successo e lo rende un personaggio pubblico
1975 → muore assassinato a Ostia
POESIA
Poesia civile → poesia che si interessa della condizione dell’uomo, propone
soluzioni, affronta problemi di natura politica e morale
→ Pasolini “non fu un poeta ufficiale, celebrativo, retorico, come sono stati in Italia
nella seconda metà dell’Ottocento, Carducci e D’Annunzio, bensì poeta che vede il
Paese natale non come lo vedono né possono vederlo i potenti di questo paese”
(Moravia).
Quello che caratterizza Pasolini è il punto di vista dal basso → la sua poesia è
civile perché è una poesia che vuole dar voce e visibilità a chi mai è stato
ascoltato e visto.
Il punto di vista dal basso è evidente nella scelta di scrivere le sue prime raccolte di
poesie (Poesie a Casarsa e La meglio gioventù) in friulano, il dialetto parlato dai
contadini descritti in quelle poesie.
Ma per essere poeta civile Pasolini si deve rivolgere anche al resto d’Italia → poesie
in italiano, attraverso le quali Pasolini si riallaccia alla tradizione dei poeti civili →
questo lo porta a una lingua e a uno stile che, pur restando comprensibili e semplici,
hanno come modelli i poeti della tradizione.
171
vissuta nelle borgate di Roma, ma rifondata e rinnovata, anche e soprattutto,
dalle nuove letture di Marx e di Gramsci → da un lato aderisce al marxismo e al
pensiero di Gramsci, ma dall’altro lato Pasolini non vede nel popolo delle borgate
romane il proletariato che ha la coscienza di classe, pronto a fare la
rivoluzione sociale.
Pasolini toglie ogni incanto politico al popolo delle borgate perché le valorizza
solo per la loro vitalità primitiva e originaria di gente che vive solo di lavoro
pratico, ma senza avere la coscienza di classe.
ROMANZI E INTERVENTI
I protagonisti dei romanzi di Pasolini sono ragazzi divisi tra la leggerezza
dell’infanzia e il senso del pericolo e della morte tipico degli adulti, poiché
l’ambiente in cui vivono li costringe ad affrontare prima del tempo.
Sono personaggi che hanno perso la loro innocenza, ma mantengono qualcosa di
quel mondo dell’infanzia che gli è stato negato.
Sono capaci di gesti di grande violenza e di grande tenerezza, completamente
assorbiti dall’ambiente degradato in cui vivono e senza appigli per poterne uscire.
La lingua del narratore è un italiano semplice e piano mentre, per i dialoghi tra i
personaggi, viene usato il romanesco delle borgate → ascoltato dai ragazzi che
ispirarono le sue storie.
172
RAGAZZI DI VITA (1955) → non si tratta di una storia unica, ma di una serie di
episodi legati dalla figura del Riccetto, un ragazzo delle borgate di Roma
coinvolto in attività criminali insieme agli altri giovani del quartiere.
Nel romanzo ritroviamo però anche momenti di tranquillità e tenerezza.
Il romanzo subisce il processo per oscenità.
UNA VITA VIOLENTA(1959): vita delle borgate e tema politico. Redenzione del
personaggio e suo sacrificio
TEATRO E CINEMA
Edipo re (1967); Orgia (1968); Medea ; Affabulazione (1969); Appunti per un’
Orestiade africana (1970), Calderón (1973).
- Teorema (1968): allegoria con cui Pasolini prende congedo dagli anni
Sessanta e prende atto della crisi irreversibile del mondo borghese.
173
LEONARDO SCIASCIA
Il giorno della civetta esce per la prima volta nel 1960 sulla rivista «Mondo Nuovo» e
l’anno successivo viene pubblicato dalla casa editrice Einaudi.
La storia si svolge in nove giorni e si apre con un omicidio → mentre sta per
salire su un autobus pieno di persone viene ucciso Salvatore Colasberna, piccolo
imprenditore locale che possiede un’impresa edile.
Di fronte al cadavere, le persone sull’autobus spariscono velocemente, mentre
l’autista e il bigliettaio si mostrano reticenti alle domande dei carabinieri.
Il capitano Bellodi ha l’incarico di svolgere l’indagine, ma si scontra con l’omertà.
Il commissario Bellodi capisce che l’omicidio è legato al fatto che Colasberna con la
sua impresa edile non si fosse adattato al sistema di potere della mafia.
Intanto a Roma, assistiamo alla conversazione tra due politici, uno dei quali si
lamenta dell’indagine che Bellodi sta portando avanti, rendendo chiaro che gli
omicidi su cui il capitano sta investigando sono di natura mafiosa e che la
174
politica non ha interesse nel trovare il colpevole e anzi preferirebbe che il caso
venisse insabbiato.
STILE
Una particolarità del romanzo è l’alternarsi di capitolo narrativo e uno dialogico
→ entrambe le tipologie di capitoli hanno un proprio filone logico, costituiscono quasi
due segmenti distinti e si concludono con due capitoli narrativi.
All’inizio degli anni Sessanta per molti la mafia non esisteva, nemmeno il governo
ammetteva la sua esistenza e poche o nessuna azione veniva compiuta contro
questo fenomeno.
Con Il giorno della civetta per la prima volta un’opera letteraria affronta questo
tema, denunciando apertamente la ma a e svelando i meccanismi di questa
organizzazione criminale e le complicità che la rendono possibile → può anche
essere de nito come un romanzo impegnato.
ELSA MORANTE
175
in cui è raccolta una piccola parte della vasta produzione narrativa destinata
ai giornali.
1943: inizia a scrivere il suo primo romanzo Menzogna e sortilegio,
interrompendo tuttavia la stesura verso la fine della Seconda guerra
mondiale, per seguire il marito, indiziato di antifascismo, sulle montagne di
Fondi, in Ciociaria.
1944: ritorna a Roma, ma intanto il suo complicato e difficile rapporto con
Moravia alterna momenti di comunicazione intensa ad altri di distacco e
malessere.
Nei primi anni Cinquanta Morante collabora con la Rai, scrive il racconto Lo
scialle andaluso e lavora alla redazione del suo secondo romanzo L'isola di
Arturo (1957) → Premio Strega.
Ammalatasi in seguito ad una frattura al femore, subisce un intervento
chirurgico, e trascorre gli ultimi anni di vita a letto, non potendo più
camminare.
Muore nel 1985
OPERE
MENZOGNA E SORTILEGIO (1948) → il romanzo è caratterizzato dalla sottigliezza
dell’indagine psicologica e l’analisi della vita familiare della storia tormentata di
una donna, Elisa, che rivive in prima persona il dramma di una vita familiare vissuta
tra mille difficoltà ed incertezze.
È un romanzo tutto al femminile, perché, in ultima analisi, gli uomini si rivelano
dei vinti → lo è Francesco, lo è Edoardo, entrambi sconfitti da debolezze di
carattere e mali incurabili.
- La prima parte del romanzo, quella che racconta gli anni dell'infanzia di
Arturo, descrive un'ambientazione staccata da qualunque ancoraggio
storico mentre, con l'evolversi della vicenda, sono proprio la quotidianità, il
conflitto, la realtà a fare irruzione nella vita di Arturo sconvolgendola,
costruendo una narrazione in cui ogni esperienza determina un momento di
crescita che assume un valore simbolico
ERMETISMO
Tre generazioni poetiche → la divisione per generazioni nasce da Magrì →
identifica questi tratti caratterizzanti
176
Prima generazione → poeti nati tra 1883-1890 → nascita della fine
dell'ottocento e che quindi raggiungono una maturità agli inizi del novecento →
caratterizzati da una dimensione orfica della realtà.
-Una poesia rivolta al passato, soprattutto quello mitico
Seconda generazione → nati tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del novecento
→ è difficile, soprattutto per Quasimodo che ha una varietà formale e tematica
tra le poesie prima della guerra e quelle dopo, individuare un tratto
caratterizzante, però si può individuare una dimensione onirica e mitica.
-Poesia come punto d'incontro la dimensione sensibile e quella
spirituale.
-Una concezione del mondo sacrale → mondo come creazione divina.
Questa è la generazione più influenzata dall'ermetismo perché raggiunge la
maturità negli anni 30
Rispetto alle avanguardie, che avevano implicato una rottura del linguaggio poetico,
qui abbiamo un ritorno alla tradizione → viene ampliato il lessico di Petrarca
177
ESTREMISMO POSTSIMBOLISTA → riprende dei caratteri però li porta all'estremo
NOVECENTISMO E ANTINOVECENTISMO
Novecentismo=> poetiche dell’interiorità, autonomia dell’arte, rivendicazione
della sua purezza.
Primo numero di Menabò, rivista diretta da Vittorini e Calvino (1961), ospita una
Visita in fabbrica di Sereni.
1959, Fortini, Saggi italiani: «poesia del transito », interpretata da Montale, Luzi,
Sereni nei termini di pellegrinaggio esistenziale: « poesia della contraddizione »,
espressa dall’urto con la realtà di Pavese,
178
due figure precedenti perché vive propriamente nella immobilità e nel
mutamento, è postulazione rivoluzionaria, coniugata al futuro, è diniego del
presente, sentito, in ogni momento, come passato e come nullità»
MARIO LUZI
POETICA
Può essere suddivisa in tre fasi:
Poesia come evocazione del mistero: umile ricerca metafisica della verità.
Poesia simbolista e surrealista (Verlaine, Rimbaud); Ungaretti; Ermetismo:
lingua nuova e differente dal linguaggio comune, scavo personale, grande
perizia tecnica.
Realismo: riconoscimento (e riconoscenza) della propria fragilità come dono.
Approdo religioso, poesia come preghiera.
179
Si rivolge direttamente alla parola poetica → dialogo tra il poeta e la sua
poesia.
Alla parola non viene chiesto di astrarsi, come per la poesia ermetica.
È la tensione a tenere insieme l'alto e il basso, il cielo e la terra.
GIORGIO CAPRONI
180
L’infanzia di questo poeta fu condizionata da difficili condizioni economiche
Seconda guerra mondiale → Caproni, richiamato alle armi nel 1939,
viene mandato di nuovo a Genova. Nel giugno 1940 viene inviato poi tra i
monti dell’estrema frontiera occidentale a combattere la fulminea campagna
di Francia.
Finita la Seconda guerra mondiale, torna all’insegnamento che sceglie come
professione di vita.
Ritornato a Roma, conosce di persona il poeta Carlo Betocchi → forse
l’amico più prezioso di Caproni, lo aiuta a farlo entrare nel vivo della scena
poetica italiana. Anche Giacomo Debenedetti lo aiuta in diversi momenti,
introducendolo alla casa editrice Garzanti dove Caproni pubblica “Il seme del
piangere”, una delle sue raccolte più famose.
Muore a Roma nel 1990
POETICA
La musica e la voce è alla base della sua poetica. Caproni prende le
distanze dall’Ermetismo e trova presto la via di una sua originale poetica →
La funzione della poesia risiede innanzitutto nel servire la vita,
adattandosi ai suoi modi, esattamente il contrario della poesia ermetica.
Poesia costantemente allegorica
Poeta artigiano capace di una grande perizia e tenacia, attento alla musicalità della
sua poesia.
Il seme del piangere (1959) → La morte della madre diventa l'occasione per un
evocazione della madre → Caproni non ha conosciuto la madre da giovane.
Il titolo è una ripresa dantesca dal XXXI canto del Purgatorio → Beatrice sta
spiegando a Dante il passaggio all'altra vita, il valore effimero dei beni terreni
(compreso il corpo), e come avrebbe dovuto seguirlo in alto per non perdere l’amore.
È dunque una raccolta che affronta la realtà della morte ma anche la volontà di
trascendenza e di immortalità di chi resta sulla terra
181
s’intreccia quello della morte di Dio
→ Senso che viene costantemente cercato e negato allo stesso tempo → La ricerca
del senso diventa la ricerca di Dio, il quale però viene cacciato.
Dio viene paradossalmente chiamato alla responsabilità del mondo. Viene
chiamato, ma negato e di conseguenza affrontato
L'USCITA MATTUTINA
È dedicata alla madre
Uso delle rime→ ina → richiama il nome Annina. Le rime vengono ulteriormente
ampliate dalle assonanze.
- Dialogicità interna
- Uso delle parentesi → introducono un ulteriore dialogo interno.
Indicano il carattere verginale della madre → precedente all'avvento del
figlio
- Volto franco → esprime sicurezza
Nella tradizione la donna angelo è fissa → sono gli effetti che genera negli altri
che ci dicono dell'apparizione. Invece qui la gura femminile è dinamica → riuso dei
temi della tradizione letteraria
LO STRAVOLTO
- Gioco tra l'esistere e il non esistere. Nello stesso tempo questo dialogo
con un Dio assente.
- Il poeta che minaccia di spaccare la faccia a Dio
- Rima tra piaccia e faccia e Dio e io
- Il volto di Dio viene nascosto, ma qui viene declinato con un più prosaico
faccia → intesa come quella dimensione quotidiana, dal lessico comune
LINEA LOMBARDA
Ci riferiamo a quegli autori che appartengono geograficamente alla Lombardia ,
ma che si connettono con una tradizione che nel secondo ‘900 è stata sorvegliata e
messa in evidenza da Dionisotti (un critico) → autore di “Storia e geografia della
letteratura italiana’’, fa notare come, oltre al parlare di storia nella letteratura, cosa
che si fa fin dai tempi di De Sanctis, si può proporre un altro asse, di matrice
182
geografica, che può rappresentare una continuità nella storia. Sovrappone dunque
l’asse diacronico e quello geografico.
L’altro aspetto della linea lombarda riguarda il rapporto con l’industria: possiamo
infatti notare numerosi autori che lavorano sia per l’industria che nell’editoria
(Sereni, che lavora per la Pirelli, industria chimica e di gomme, nonché della
trasformazione della plastica, ma anche per la Mondadori, oppure Fortini).
VITTORIO SERENI
183
Ermetismo → campo necessario da attraversare per raggiungere la poesia
dell’impegno, del realismo del secondo dopoguerra;
Esperienza della guerra e della prigionia in Algeria → segnerà uno scatto;
proverà infatti un costante rammarico per non aver potuto partecipare alla
Resistenza, per la mancata partecipazione alla storia. In pratica il blocco
della prigionia gli impedì di andare in campo e agire.
Fase di Strumenti umani → tema della contraddizione del presente, che
deve fare i conti con l’industria;
184
Il libro è suddiviso in tre sezioni
NEOAVANGUARDIE
185
letteratura le innovazioni che la società neo-capitalista sta attraversando,
usando collage, presa diretta, plurilinguismo (Sanguinetti).
Alla base troviamo l’idea che la realtà sia cambiata così velocemente che se si
prova ad analizzarla cambierà durante l’analisi. In questo modo però si cancella
l’io lirico, che viene abbattuto, scisso, a differenza della visione uni cante
precedente.
vengono scelti dunque perché indicano quegli espedienti con cui l’uomo affronta
l’esistenza e il destino, includendo anche la stessa poesia → lo “strumento” di lavoro
del poeta.
186
Però gli strumenti umani hanno anche un’accezione limitativa → essi alludono
anche ad una loro insita manchevolezza, rappresentano un’incolmabile distanza
tra l’io e il mondo, un’inadeguatezza nell’essere completamente immersi nella
vita, nella società, nei rapporti umani.
AMSTERDAM
La serie Dall'Olanda è composta da un diario di un viaggio olandese. Sullo
sfondo della città campeggia la memoria di Anna Frank → Sereni commenta però
che la sua memoria non deve annullare quella di tante altre vittime.
Prende spunto da un particolare secondario, il fatto che le sirene, che danno una
scansione al tempo della fabbrica e che rendevano ovvio il fatto che ci fosse la
fabbrica alla città, improvvisamente non suonano più.
La poesia si apre con la memoria della sirena della scuola, dopodiché si passa
al presente, con le sirene della fabbrica che tacciono per ordine dei padroni
(linguaggio specifico della fabbrica), contro cui combattono gli operai.
Rendere mute le sirene significa infatti rendere muto il suono di pena che si sente
nei luoghi di fatica, come se significasse che non c’è più fatica e sofferenza.
C’è anche una forma di attenzione alla fatica produttiva della fabbrica, che
nasce dal lavoro delle mani e produce un oggetto per altre mani; c’è quasi una
187
sorta di orgoglio per la civiltà delle macchine.
Anche la fabbrica infatti ha un potere attrattivo per il poeta perché la sirena,
che apre e stimola la poesia, è sia il suono, ma anche la gura che attrae Ulisse
col canto.
Dell’organizzazione del lavoro nella fabbrica ciò che colpisce maggiormente il poeta
è la catena di montaggio, la quale inserisce ogni operazione, ogni singolo gesto da
parte degli addetti, in un ben definito ciclo di lavorazione (v. 37) → gli operai sono
visti come ridotti essi stessi ad automi → così spersonalizzati, ridotti all’atto
che compiono, i lavoratori cessano di essere soggetti liberi e singolari, e
regrediscono al rango di “strumenti umani”
GESUALDO BUFALINO
DICERIA DELL’UNTORE
Si tratta di un vero e proprio capolavoro, scritto in un linguaggio difficile, che
richiama quello della Sicilia barocca dove, tra una chiesa maestosa e lucente e un
188
vicolo malfamato e oscuro, si incrociano continuamente vita e morte, dando
origine a manifestazioni collettive di inalterata attrattiva e complessità.
TEMI
La malattia e la morte sono raffigurate come elementi caratteristici della
condizione umana
→ la malattia: testimonianza visibile di una differenza interiore; la morte, pur
concepita come scandalo che interrompe il cammino, offre all’uomo la possibilità
di un confronto che lo coinvolge in tutta la sua complessità → confronto che
non ammette riduzioni, totalitario e dispotico.
POST-MODERNISMO
CONTESTO
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Zygmut Bauman parla di 2 modernità:
INDUSTRIA CULTURALE
Esempi di post-modernismo:
- “Se una notte d’inverno un viaggiatore” (Calvino), inaugura la letteratura post-
moderna in Italia
- “Il nome della rosa” (Eco)
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1954: si laurea in filosofia con una tesi su San Tommaso d’Aquino.
Entra in RAI, fondamentale per osservare da vicino alcuni meccanismi
della nascente comunicazione di massa.
Collabora con diverse riviste letterarie, tra cui “Il Verri”, attorno alla quale si
raduna il nucleo originario del "Gruppo 63", cui poi Eco parteciperà
attivamente.
1959: diventa condirettore editoriale dI Bompiani, con cui inaugura un lungo
sodalizio culturale ed intellettuale.
1962: pubblica il saggio Opera aperta, in cui riflette sulla natura delle opere
d’arte contemporanee (sintomaticamente "aperte" e non concluse) e sui criteri
della loro interpretazione e fruizione.
Pone le basi alla formazione del "Gruppo 63", movimento teorico e
letterario d'avanguardia, che si richiama a idee del marxismo e dello
strutturalismo francese.
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conoscenza di tutti, non si scrive più con innocenza perché si utilizzano gli
stessi schemi e le stesse parole, non ci si inventa un'innocenza ma ci si
presenta per quello che si è, essendo già utilizzato, questo gioco di citazioni
rende implicito che il lettore già sa il riferimento (logica del manoscritto).
1978➔ “Ho incominciato a scrivere nel marzo '78” (rapimento Aldo Moro)
1968➔ “Il 16 agosto 1968 mi fu messo tra le mani un libro dovuto alla penna
di tale abate Vallet, Le manuscript de Dom Adson de Melk”.
Eco mette in evidenza che trova il manoscritto nel 1968 con l'invasione di
Praga, gli italiani scoprono il carattere totalitario dell'URSS che seda il
tentativo di libertà di Praga.
TRADUZIONE DI UNA TRADUZIONE: Eco traduce l'abate Vallet traduce
Mabillon che ha riprodotto il manoscritto di Adso di Melk;
1327➔ “Quanto all'epoca in cui si svolgono gli eventi descritti, siamo alla fine
del novembre 1327” (possibile riferimento alle discussioni politiche relative al
terrorismo degli anni di piombo in Italia).
Il 1327 è un anno di snodo a proposito degli scontri tra il Papato e l’impero, questa
scelta gli consente di mettere in scena alcuni personaggi storici.
Tutti i segnali all’interno del nome della rosa ci dicono che siamo di fronte a un
romanzo storico (orizzonte d’attesa). Il romanzo storico mescola storia e
invenzione, elementi finzionali ed elementi che appartengono a una realtà extra-
testuale. Nel caso del nome della rosa, la scelta del 1327 è obbligata dalla
cosiddetta enciclopedia storica, una serie di fatti ed eventi.
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domande da parte del personaggio Adso,che fa le domande perché è giovane
e Guglielmo spiega.
Allo stesso tempo Adso anziano, riporta le vicende unendole nella narrazione.
Adso è la voce di un narratore intradiegetico con valore testimoniale e non di
coscienza critica
Il secondo è l’inizio della narrazione di Adso anziano: “In principio era il Verbo
e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio”;
Il terzo incipit è quello che dà inizio alla narrazione delle prove: Era una bella
mattina di fine novembre”.
ESPEDIENTI NARRATIVI
LA FUNZIONE ADSO= evitare il rischio del "salgarismo": essere didascalici
senza dare l'impressione (stile del cronista medievale);
dialettica tra Adso giovane che vive la storia ed Adso anziano che la
racconta
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MOLTEPLICI LIVELLI DI LETTURA
• la storia è solo un giallo: delitti e indagini. (pensiero del lettore ingenuo, diverso
dal lettore complice dell’autore che sta al suo gioco: è capace di cogliere le
criptocitazioni, gli anacronismi, le allusioni, le parodie;
• la finta questione dell’opera aperta: Maria Corti parla di chiusura del romanzo,
nel quale vengono rispettate le aristoteliche unità di tempo, di luogo, di azione.
PARADIGMA INDIZIARIO
DUE CONCLUSIONI
- CONCLUSIONE DI ADSO GIOVANE
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perché l’unica verità è imparare a liberarci dalla passione insana per la verità”.
Guglielmo non invoca la liberazione dalla verità ma dalla sua insana passione,
che ne è come lo specchio deformante e grottesco.
Il Dio che si mostra nel silenzio di Guglielmo è diverso dalla fuga in una divinità
silenziosa e disabitata di Adso: nel caso di Guglielmo si tratta della
consapevolezza della scienza semiotica che riconosce i propri limiti e che poi
sono i limiti di significatività propri del linguaggio ma senza svilire il valore di
strumenti umani.
Dal riconoscimento del limite nasce la confessione accennata, avanzata come
possibilità di una ulteriorità che travalica i confini del dicibile, e che si muove di
nascosto nella storia degli uomini.
Quando si è conclusa la vicenda, le ultime parole sono “Lascio questa scrittura, non
so chi, non so più intorno a che cosa: stat rosa pristina nomine, nomina nuda
tenemus”: deriva da un testo di Bernardo di Cluny (De contemptu mundi) ed è un
errore, il testo originario dice “Roma” anziché rosa.
«non abbiamo che i nudi nomi, cioè che le nude parole, le quali non dicono nulla
tranne se stesse, non significano nessuna verità.
Un nudo nome è dunque e soprattutto quello della rosa a cui spetta il primo dei
nomi, cioè Dio, che è dunque lo stesso nome del nulla.
La rosa del titolo è dunque Dio e il suo senso è il nulla»
Abbiamo a che fare con i nomi, sappiamo che Eco è un semiologo, e con la rosa, dal
significato così vasto che potrebbe significare tutto e nulla.
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