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LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA

CONTESTO STORICO: METÀ OTTOCENTO- ROMANTICISMO


Mentre gli antichi mettevano come valore estetico l’imitazione, i moderni mettono
come valore l’originalità.

● Bello ideale : per gli antichi l’unico modello era quello dei classici; per i romantici,
il bello è lo spirito del tempo (che cambia), il genio nazionale (che cambia da
nazione a nazione), dunque più modelli variabili.

● Il contemporaneo riguarda altri meccanismi come le allusioni, la citazione, l’iper-


citazione (citazione di secondo grado)

COORDINATE DELLA MODERNITÀ


L’800 è il secolo del popolo, dell’idea di popolo e nazioni, ma anche del concetto di
popolo come nuovo pubblico, più ampio.
Anche per questo Manzoni si preoccupa di scrivere in una lingua che possa essere
compresa da tutti.

Secolo di rivoluzioni politiche (Americana e Francese), con il tentativo della


Restaurazione nel caso francese, che sarà un tentativo di riportare indietro la storia
che sfocerà nel fallimento, determinando una profonda delusione storica.

La modernità è però anche il secolo della Rivoluzione Industriale e


dell’affermazione della borghesia, basata sull’affermazione dell’individuo.
Mentre nel Medioevo vi era la centralità delle piazze e della Chiesa, nella modernità
vi è un nuovo soggetto, il borghese, che abita i borghi, ai confini della città, è un
uomo che deve la sua fortuna non all’origine nobile, ma alla sua virtù e
capacità.

Trionfo dell’idea del consumismo → La società capitalistica è basata su un ciclo


di distruzione e creazione, ossia distruzione creatrice (le crisi generano problemi e
miseria, ma senza queste non può esserci la creazione)

Il luogo protagonista della modernità è la città: luogo dell’incontro, dello scambio, del
caso. Ma anche il luogo dove si sviluppa l’alienazione del lavoro e il rapporto tra la
scienza e la tecnica, che cerca di emancipare l’uomo e di sottrarlo alla sua
condizione di fragilità naturale.
Il rischio però che l’uomo attraverso la tecnica si faccia padrone della natura.

Il risvolto di questo ragionamento è il trionfo delle cose sull’uomo e la conseguente


mercificazione dell’arte: l’artista perde infatti la propria arte, diventando un artefice
alla stregua di un produttore di sedie.
L’ultimo elemento derivante è quello della contaminazione della natura.

Durante l’Illuminismo abbiamo un contrasto tra l’uomo che si appropria della libertà e
responsabilità e diventa padrone consapevole delle proprie azioni e il concetto di
alienazione.

Marx → Prima l’artigiano era consapevole di tutte le fasi del lavoro e controllava il
lavoro del prodotto in tutte le parti. Con l’industrializzazione invece l’operaio si
occupa solo di una parte della produzione ed è distante dal prodotto finale

L’intellettuale è posto al centro di questa età di contraddizione, in quanto critica


la borghesia perché non ne comprende il ruolo sociale, ma il pubblico a cui si rivolge
è principalmente borghese (in quanto è proprio la nascita e l’affermazione della
borghesia che allarga il pubblico)

Baudelaire → L’intellettuale è incompreso.


In passato l’intellettuale aveva una funzione: nel Rinascimento l’artista era l’arte􀎞ce
dei prodotti che certificavano che personalità come i Conti, i Marchesi o il Papa
avevano raggiunto un determinato standard sociale (Michelangelo e Raffaello)
Quando la merce diventa massificata, l’arte diventa superflua, una merce come
le altre e l’intellettuale non si sente adatto a questo ruolo.
Soluzioni di compromesso: evasione nel sogno o nell’esotico.

 Rigetto del principio d’autorità → Contro le regole e l’imitazione dei


classici.
 Vero per oggetto.
 Questione della lingua.

 Trionfo del romanzo → genere accessibile e crisi degli altri generi


letterari.
 Romanzo come «moderna epopea borghese» (Hegel)
 Eroe borghese in conflitto con il mondo: esemplare, eccezionale,
problematico.

 Poesia ingenua degli antichi (naturale sintonia tra l’uomo e la natura, poesia
oggettiva di immagini e del mito) vs. poesia sentimentale dei moderni (fine
dell’armonia, dissidi e tensioni, poesia soggettiva fondata sulla riflessione
filosofica e sull’espressione diretta dei sentimenti).

Tensione verso l’infinito: ritorno alla religiosità, fascino del male e dell’oscuro .
Sehnsucht: desiderio di desiderio, malinconia.

Esotismo nello spazio (Oriente, mari del Sud) e nel tempo (Medioevo, Ellade
antica). Mito dell’infanzia, del primitivo e del popolo (concetto di nazione).

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ALESSANDRO MANZONI

1785: Nasce a Milano nel 1785 da Giulia Beccaria, figlia di Cesare (l’autore di Dei
delitti e delle pene), sposata con il conte Pietro Manzoni. Il padre è probabilmente
Giovanni Verri.

Viene educato in diversi collegi religiosi lombardi, dove si appassiona di autori


classici (soprattutto Virgilio e Orazio) e si accosta al pensiero di Cuoco, Parini,
Alfieri, Foscolo e Monti (a cui fa leggere le sue prime composizioni).
Comincia a scrivere versi di spirito democratico, stilisticamente vicini al
Neoclassicismo (il Trionfo della libertà, l’Adda, i Sermoni, Urania).
In tutti questi componimenti prevale il rifiuto di ogni forma di letteratura
estetizzante e fine a sé stessa e la ricerca di una propria cifra personale.

1805: raggiunge la madre a Parigi, quando il compagno, Carlo Imbonati, è da poco


scomparso.
Scrive il carme “In morte di Carlo Imbonati”.
Riallaccia un legame profondo con la madre ed entra in contatto con l’ambiente
degli eredi dell’Illuminismo (i cosiddetti idéologues), con l’intellettuale Claude
Fauriel e con altri importanti filosofi parigini.

1808: sposa con rito civile Enrichetta Blondel, calvinista, anche per iniziativa della
madre.
Dopo il matrimonio, recupera il suo sentimento religioso, anche perché
Enrichetta si avvicina al cattolicesimo.

OPERE
1812-1813: stesura degli Inni sacri (poesia religiosa): rifiuto della mitologia e del
neoclassicismo; passaggio dall’io al noi (dimensione corale), il poeta interviene solo
come profeta;

1814-1815: compone due canzoni patriottiche (poesia civile);

1816: scrive la tragedia storica “Il conte di Carmagnola”;

1819-20: saggi: “Osservazioni sulla morale cattolica” e “Lettre à Monsieur Chauvet


sur l’unité de temps et de lieu dans la tragédie”.

1821: attenzione verso gli avvenimenti politici:

- “Marzo 1821” (ode): si invoca l’intervento di Dio nella storia, ma lo svolgimento


degli eventi rivela la fallacia di questa prospettiva
- “5 Maggio”: tragedia in forma di ode (o inno sacro mascherato)
- “Adelchi” (tragedia).

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Nello stesso anno inizia a concepire l’idea di un romanzo, inizia la stesura del
“Fermo e Lucia”, intraprende così una profonda revisione del “Fermo e Lucia”,
che porterà, nel 1827, alla prima edizione dei Promessi Sposi (la ‘‘Ventisettana’’).

1822: “Discorso sopra alcuni punti della Storia longobardica in Italia”, dove sono
evidenti la separazione tra invasori longobardi e popolo latino, l’interesse per le
persone comuni che subiscono gli eventi della storia, lo studio del particolare
per descrivere il contesto storico.

1823: “Lettera al marchese Cesare d’Azeglio sul Romanticismo”, esprime la


sua adesione al Romanticismo.

CARATTERI DEL ROMANTICISMO MANZONIANO :


 ripudio del classicismo: → attenzione al Medioevo cristiano ;
 rifiuto della concezione aristocratica, interesse per gli umili, i vinti, le
masse;
 visione tragica del reale, attenzione al male e al peccato (influsso di Pascal e
dei moralisti francesi).
 Rifiuto di una tradizione retorica focalizzata sulla dimensione estetica o,
finalizzata allo svago o all’evasione.
 Per l’autore «il vero solo è bello» (Del romanzo storico): la dimensione
conoscitiva, soprattutto sul piano morale, deve prevalere su tutto; la
letteratura è chiamata a generare una «riflessione sentita».

 1827: si occupa della revisione linguistica del romanzo, che porterà alla
versione definitiva del 1840 (la ‘‘Quarantana’’).
 1833: scrive “Il Natale”, un’opera che testimonia il dolore provato da Manzoni a
seguito della morte della moglie e della figlia.
 1837: sposa la vedova Teresa Borri.
Compone il trattato “Della lingua italiana”, rimasto incompiuto, e la “Storia della
colonna infame”, pubblicata nel 1842, insieme alle ultime dispense della
Quarantana.
Esaurisce la sua fase creativa, preferendo dedicarsi a studi filosofici, storici e
linguistici.
Durante i moti del ’48 viene eletto Deputato alla Camera subalpina, ma rinuncia
all’incarico. Nel 1849 inizia il dialogo “Dell’invenzione” e il saggio “Del romanzo
storico”.
 Con l’unità nazionale la sua fama cresce e nel 1860 è nominato senatore.
Nel 1861 resta nuovamente vedovo.
 Nel 1870 accetta la presa di Roma da parte delle truppe italiane e la fine del
potere temporale dei papi.
Accetta la presidenza della Commissione per l’unificazione linguistica, dai cui
lavori emerge Dell’unità della lingua e dei mezzi di diffonderla. Muore nel 1873.

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5 MAGGIO (ODE- INNO SACRO MASCHERATO, STROFE A
COPPIA)
Non è una poesia civile (anche se inizia con una data) e non è neanche una
poesia su Napoleone, anche se inizia dalla sua morte.
Napoleone non è citato.

Nel corso dell’ode si alternano momenti descrittivi e momenti riflessivi con grande
equilibrio compositivo e stilistico che richiamano la struttura dell’inno sacro.

METRO= Ode di 18 strofe di settenari. Schema: ABCDE-FGHIE.

- Rima alternata al secondo e quarto verso di ogni strofa . Il verso finale (il
sesto) tronco rima con quello finale della strofa successiva.
- rime interne, per es: pensando/quando v.7 e v.9; fattor/creator vv.34/35;
- assonanze, per es.: spoglia/orba/percossa vv.3/5; imprese/eterne vv.70/71;
conserte/ stette vv.76/77;

Il linguaggio è elevato e solenne, ricco di figure retoriche.


Alternanza tra momenti di forte impeto e concitazione (ad esempio le strofe sulle
vicende storiche di Napoleone), con ritmi rapidi e incalzanti, e momenti più pacati e
riflessivi in cui il ritmo risulta più lento.

 Un «inno sacro che ha per scena il mondo»


 struttura per opposizioni (successi e cadute, gloria e silenzio) e carattere
ambivalente (premio, gloria, follia)
 Sospensione del giudizio e vanità delle ambizioni terrene
 Sublime ironia della croce: modello Magnificat
 Napoleone figura dell’anticristo (sfolgorante in solio, i rai fulminei);
 la Grazia si rivela nella caduta

Convergenza di tutti i temi e le questioni su cui ha lavorato la poesia di Manzoni:

 gli inni religiosi con il loro portato di inchiesta sul peccato dell’uomo e
l’economia della redenzione;
 le liriche di impronta più politica, in cui l’attesa escatologica della liberazione e
dell’indipendenza si colloca su uno scenario biblico ed evangelico;
 la linea tragica, e la riflessione conseguente sul ruolo dell’eroe, sulle sue
possibilità d’azione nella storia dominata dalla violenza e dalla sopraffazione;
 la meditazione sulla Morale cattolica, che rappresenta non solo la professio
fidei, ma quasi il commento d’autore della poesia, e l’introduzione degli scritti
successivi, romanzo in primis.

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STRUTTURA
vv. 1/24 – è il prologo che illustra il tema rappresentando l’emozione provocata dalla
notizia della morte di Napoleone. Il poeta ricorda la sua passata posizione di riserbo
nei suoi confronti, in cui non ha mai avuto parole né di elogio, né di denigrazione.

- incipit di una orazione funebre “Ei fu”

- (vv. 13-24): (parafrasi): Il soggetto della prima frase è il Mio genio → Lui vide
Napoleone folgorante in solio (il genio: l’inspirazione)
La voce del poeta non si mescola a quella di altri nell’esaltare o nel deridere
Napoleone → la sua voce non si è macchiata di un servo encomio o di un
codardo oltraggio, quindi adesso può parlare

- “scioglie all’uma un cantico (…) che forse non morrà”: alcuni pensano che
Manzoni pecca di superbia perché prevede che resisterà ai secoli, ma
Manzoni dice invece che il cantico (informazione sul genere testuale → non è
un’ode civile, ma una poesia religiosa) forse non morrà perché è un’orazione
funebre → non riguarda la gloria umana, ma qualcos’altro

vv. 25/84 – è la parte centrale dove viene fatta la descrizione delle vicende storiche
attraverso la rievocazione dei momenti salienti della parabola di gloria (il fulmine
rende la velocità delle sue imprese) e di rovina delle gesta napoleoniche.
Manzoni non esprime la sua personale posizione e lascia ai posteri il giudizio sulla
gloria terrena del personaggio egli invece esprime un giudizio sulla grandezza
morale del Napoleone ormai uomo perdente che si inchina di fronte a Dio
(conversione di Napoleone), scoprendo così il suo autentico valore di uomo.

- (vv. 37-48): procella → tempesta


- premio ch'era follia sperar → diventare generale e poi imperatore gloria →
riguarda sempre la gloria umana
mette prima quello che è dopo → prima c’è la polvere e poi l’altare → la
polvere della caduta e della sconfitta, la polvere che prima era quella del
campo di battaglia

- (vv. 49-54): “Ei si nommò”: Napoleone come colui che si dà il nome →


invasione di quello che è il compito di Dio → nella genesi Adamo ha il compito
di nominare tutti gli animali, ma il nome di Adamo, il nome dell’uomo, viene
dato da Dio.
Manzoni non pensa che Napoleone sia l'uomo della provvidenza per
volontà di Dio, anzi la sua esperienza umana, il trapassare tra momenti di
gloria e momenti di sconfitta è una cosa che accade a tutti gli uomini.

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- (vv. 61-72): torna la tempesta è una similitudine che si dispiega tra due strofe
→ c’è un naufrago nel mare in tempesta che si trova sollevato dall’onda,
essendo sollevato vede più lontano e vede la salvezza (la costa) ma la vede
invano perché quella stessa onda che l’ha sollevato, lo travolge e lo condanna,
lo abbatte naufragio con spettatore (lo spettatore prova sollievo perché
non si trova al posto del naufrago, ci si sente al sicuro)

→ qui il naufrago è lo spettatore (ribaltamento) → nessuno di noi può dirsi al sicuro,


siamo tutti nella stessa barca → qui Napoleone che non viene nominato) è l’uomo →
napoleone è il naufrago, il quale siamo noi

questo passaggio di perdite è la caratteristica del destino umano → questo


essere naufrago è un’esperienza che tutti facciamo in che cosa consiste
questo assaltarsi e poi abbattersi → il cumulo dei ricordi che gli viene alla
memoria prima lo esalta, ma nel momento in cui comincia a scrivere lo abbatte

- Napoleone→ Innominato: luci e ombre


Manzoni dice che i raggi proiettavano sul pavimento l’ombra della grata come
se fosse in prigione, e in prigione è il luogo in cui si trova Napoleone.
Allo stesso modo, l’Innominato (nel cap. 21 (?)) si trova in una posizione in cui
può guardare tutti dall’alto ma allo stesso tempo il castello rappresenta è la
sua prigione.

vv. 85/108 – la parte finale trae le conseguenze ovvero l’insegnamento religioso che
se ne trae.
La prospettiva è provvidenzialistica: nelle ultime quattro strofe dell’ode Manzoni fa
confluire l’umano nel divino e la vicenda terrena di Napoleone viene suggellata con il
ritorno a Dio.
Nemmeno “il più superbo”, colui che si era creduto un dio, si rifiuta di inchinarsi a
Dio.
Napoleone trova rifugio e conforto in Dio e l’aspirazione alla gloria eterna supera
l’aspirazione alla gloria terrena.

(vv. 85-96): In quel momento di maggior crisi “cadde lo spirito anelo e disperò” →
quando Napoleone perde ogni possibilità di riscatto → rimane inattivo → forse in
quel momento viene in soccorso a Napoleone una mano dal cielo (Dio).
“la man dal cielo” si ricollega cinematograficamente alla mano stanca della strofa
precedente (mano, spirito, premio= figure anfipologiche).

“Il male insito dell’uomo” (tema ripreso da Primo Levi) = GIANSENISMO


MANZONIANO: non la predestinazione ma il senso tragico del male, l’uomo attende
la grazia di Dio.
Per Manzoni il momento della crisi non è un momento di abbandono ma di
speranza.

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chi è che può reclamare il trionfo → non è l’uomo, ma la fede →trionfo è una parola
che appartiene al lessico militare (vittorie di Napoleone) ma che qui viene rovesciata
al senso del divino ( gloria e vittoria di Dio).

c’è un gioco di innalzamento e abbassamento → superba altezza (si è esaltato da


solo) si è mai chinata al crocifisso di Cristo (disonor del Golgota)
→ nel momento di crisi ha potuto chiedere aiuto a Dio disonor del Golgota →
espressione biblica

SUBLIME IRONIA DELLA CROCE: segue il modello del Magnificat (canto di Maria
che rende gloria a Dio).
Nel momento in cui Cristo viene condannato alla croce, quindi il Dio fatto uomo trova
la morte, viene esaltato.

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I PROMESSI SPOSI

Dopo gli inni sacri e le tragedie (Il conte di carmagnola e l’Adelchi), Manzoni punta
sul romanzo per scrivere un’opera popolare (che fosse di e per tutti).
Riflette sul tema del rapporto tra storia e finzione (tema romanzesco, tema tipico del
romanzo storico)

L’idea che si fa strada nella mente di Manzoni è quella di un romanzo storico, i cui
protagonisti non sono però condottieri, uomini illustri, ma gente umile, meccanica
(abituata a lavorare con le mani), decide quindi di raccontare la storia della gente
senza storia (perché fin ora era rimasta esclusa).

Il romanzo storico usa i documenti storici per integrare le conoscenze sul periodo,
documenti storici che parlano però esclusivamente di condottieri e gente illustre →
solo le persone importanti lasciano traccia nella storia, ma la gente umile passa su
questo mondo senza lasciare traccia

La parte del romanzo, cioè quella dell’invenzione, riguarda principalmente le


vite e i pensieri di questi personaggi umili, in base al principio di
verosimiglianza → una soluzione provvisoria

Romanzo cristiano: dislocazione del sacro(Enzo Noè Girardi)→ I Promessi Sposi


sono stati accusati di essere un romanzo cristiano, ma non c’è niente di cristiano.
Forse Manzoni non era un autentico cristiano
Enzo Noè Girardi parla di dislocazione del sacro il sacro lo troviamo, ma in luoghi
impensabili (es. Dialogo tra Renzo e Fra Cristoforo troviamo il sacramento della
confessione)

Provvidenza: visione strumentale dei personaggi; rifiuto della concezione


eudemonologica della giustizia.

Romanzo per tutti, popolare, anche se in Italia manca quella borghesia moderna in
grado di riconoscersi nei valori dell’opera

I PROMESSI SPOSI NON É L’EPOPEA DELLA PROVVIDENZA: Manzoni crede


nella Provvidenza ma si guarda dall’avvallare certe interpretazioni strumentali fornite
dai personaggi.

La teologia manzoniana evita l’ipotesi che la Provvidenza possa macchiarsi di


crimini contro l’umanità (che sia per punire o per correggere).
La Provvidenza può operare solo per il bene degli uomini e in un orizzonte che
comprende anche la destinazione ultraterrena, per cui i disegni di Dio restano
imprevedibili e il suo soccorso non è escluso ma neppure sempre garantito.

Non è quindi accettabile l’interpretazione dei Promessi sposi come “epopea della
Provvidenza”, così com’è da respingere la tesi opposta e laica di un Manzoni
scettico sul conto della Provvidenza.

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Tutti i sistemi di vita e le strategie messe in atto dagli uomini per raggiungere
autonomamente uno scopo o per tenersi al riparo dai pericoli falliscono
miseramente.

TRAMA

 Il manoscritto dell’Anonimo: il narratore dice di aver trovato uno


‘‘scartafaccio’’, con una storia molto bella, che decide di riscrivere con un
linguaggio più adatto a un pubblico moderno.

 L’antefatto: il matrimonio contrastato (capitoli I-VIII): il filatore Renzo è


promesso a Lucia, ma il signorotto del luogo, don Rodrigo, se ne invaghisce e
scommette di farla sua. Il parroco, Don Abbondio, sotto minaccia, si rifiuta di
celebrare le nozze. Nonostante il consulto con l’avvocato Azzecca-garbugli,
l’intervento di padre Cristoforo e un tentativo di matrimonio ‘‘a sorpresa’’, la
funzione non si celebra. Lucia e la madre, Agnese, si rifugiano a Monza, in
convento; Renzo va a Milano.

 Le disavventure dei due promessi: Gertrude e i tumulti di Milano (capitoli IX-


XVII): il narratore si focalizza sulla vita infelice di Gertrude, monaca senza
vocazione; intanto Renzo, a Milano, resta coinvolto nei tumulti di piazza.
 La conversione dell’innominato (capitoli XVIII-XXVII): Don Rodrigo si rivolge
all’innominato, che fa rapire Lucia.
Dopo le suppliche della giovane, l’Innominato si pente e la affida al cardinale
Federico Borromeo. Lucia viene ospitata nella casa di don Ferrante e donna
Prassede.

 La peste (capitoli XXVIII-XXXIII): scoppia la peste. Don Abbondio, Agnese e


Perpetua trovano rifugio nel castello dell’innominato.
Renzo torna al paese; saputo che Lucia è a Milano, decide di andare a
cercarla.

 Un epilogo senza idillio (capitoli XXXIV-XXXVIII): Renzo si ammala, ma


guarisce. Nel lazzaretto di Milano trova Lucia, guarita da poco, e Fra
Cristoforo, che invoca il perdono di Renzo per don Rodrigo morente e scioglie
il voto di castità fatto da Lucia. I due giovani possono finalmente sposarsi.

GENESI DEL ROMANZO (3 TESTI)


1821-1823 → stende il Fermo e Lucia → L’opera prevede 4 tomi: la struttura è molto
vicina al romanzo del 700, con anche facendo risalto alle figure più importanti,
digressioni con distese riflessione dell’autore, ambientazione drammatica.
La lingua tenta una sorta di sintesi tra lombardismi, francesismi e latinismi.

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1825-1827 → “Ventisettana” → la narrazione è in 3 tomi ed è più continua
rispetto alla prima stesura (viene sciolta la struttura ad episodi), le digressioni
vengono contenute, il montaggio delle vicende è maggiormente incrociato: viene
ridotto il peso delle parti più melodrammatiche in cui abbonda la dimensione
onorifica e drammatica: quelle della monaca di Monza.
La lingua diventa meno ibrida, comincia ad andare verso il fiorentino →
comincia quella rivoluzione che lo porta a una lingua meno espressionistica e più
media

IL PASSAGGIO DAL FERMO E LUCIA ALLA VENTISETTANA


 Distanza tra la lingua scritta e la lingua parlata in Italia .
 Problemi del romanzo: mancanza di un vocabolario codificato; necessità
di una lingua estesa, per la presenza di molti argomenti e di persone di
differenti classi sociali; lettori eterogenei; lingua vicina a quella dell’uso.
 Fermo e Lucia: «composto indigesto di frasi un po’ lombarde, un po’ toscane,
un po’ francesi, un po’ anche latine» (seconda Introduzione alla prima
stesura).

Dalla correzione della prima stesura alla Seconda minuta (Gli sposi promessi): 1824-
1826

1827: I promessi sposi. Continui interventi sulle bozze, differenze con Fermo e Lucia
e anche con Gli sposi promessi.

Differenze: linguistiche, nella disposizione e nel trattamento degli avvenimenti


(4 tomi, distribuzione schematica), nel trattamento dei personaggi, nel tono
della scrittura.

1840-1842 → “Quarantana” (definitiva) → 3 cambiamenti :

 cambiamento linguistico → la lingua verte verso il fiorentino parlato dalle


persone colte (si reca a Firenze) → "risciacquatura dei panni in Arno”

 viene inserita la Storia della colonna infame → non è una semplice


appendice, ma è la vera fine del romanzo

 vengono aggiunte le illustrazioni di Francesco Gonin che puntellano tutto il


romanzo e sostengono l’immaginazione del lettore

Dopo i Promessi Sposi, Manzoni abbandona l’idea di romanzo storico →


mescolare storia e finzione è fuorviante perché non corrisponde al vero → il
lettore si confonde perché non sa se è vero oppure finzione

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Nella Storia della colonna infame utilizza dei documenti storici (i verbali del
processo), rendendo la storia un po’ romanzata, ma il tasso di fizionalità è inferiore
rispetto ai Promessi Sposi

Il 600 è un secolo di ferro → pieno di violenza da cui però sono riconoscibili


elementi in comune con l’800 → questione del potere → questo gli consente di
parlare in maniera allegorica dei suoi tempi → gli consente di un altro
elemento fondamentale che è l’ironia

LA SECONDA REVISIONE: DALLA VENTISETTANA ALLA


QUARANTANA
 Novità linguistiche: lingua viva tendenzialmente identificata con l’uso del
fiorentino colto.

 Inserimento delle illustrazioni, anche per differenziare questa edizione dalla


precedente e rendere impossibile la riproduzione non autorizzata; Gonin
e altri. Modello del romanzo europeo.
Prodotto multimediale, in cui parole e immagini sono in dialogo.

 Renzo lettore ideale.


 Pubblicazione a dispense, poi riunite in volume nel 1842. Disastro finanziario.

 Storia della colonna infame: nata da un abbozzo concepito prima nel


capitolo iv del IV tomo del Fermo e Lucia, poi come appendice,
dell’esecuzione di alcuni innocenti scambiati per untori ricavati dal De Peste di
Ripamonti.
Testimonianza documentaria del processo contro due presunti untori
avvenuto a Milano nel 1630; Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora
vengono accusati di diffondere la peste; torturati e processati, vengono
condannati a morte; sulle macerie dell’abilitazione di Mora viene eretta una
lapide che descrive gli esiti del processo; dopo la dimostrazione
dell’innocenza dei due, nel 1778, la colonna viene abbattuta.

 Fine dopo la Colonna infame: nella storia le cose sono finite male per gli
innocenti a causa della pressione popolare e della malafede dei giudici.
Racconto-inchiesta spogliato della componente inventiva critica ai maestosi,
ma inaffidabili simboli del potere.

FASI REDAZIONALI
1. Fermo e Lucia: titolo apocrifo della prima minuta inedita (1821-1823).
- Differente distribuzione della materia e delle sequenze narrative dei
personaggi, in 4 tomi
- Impostazione più drammatica e manichea.

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- Maggiore presenza di materiali non narrativi (documenti, digressioni
saggistiche).
- Lingua di compromesso: fondo di toscano letterario + parlata viva +
francesismi; soluzione ibrida, sintesi di molteplici influenze e modelli.
2. Gli Sposi promessi: titolo provvisorio della seconda minuta, ma
probabilmente già della Prima minuta

3. I promessi sposi: Ferrario, 1827.


- Lingua: toscano libresco, concordanza con i modi dialettali, in particolare
milanese; dettato più uniforme; lingua media.

4. I promessi sposi: Guglielmini-Redaelli, 1840-42.


- Lingua: fiorentino parlato dalle persone colte (“risciacquatura dei panni in
Arno”), eliminazione dei lombardismi, abbassamento delle forme auliche.
- Presenza di illustrazioni.
- Conclusione: appendice della Storia della colonna infame

PERSONAGGI NEI PROMESSI SPOSI


Nei Promessi sposi troviamo l’eroe popolare (eroe che fa parte degli umili-ultimi),
ma soprattutto l’eroe della coscienza che s’interroga e scrutina, che valuta e
decide, che dà un’impronta morale agli atti della vita: personaggio moderno.

PERSONAGGI E REGISTRI DI STILE: I personaggi si distribuiscono secondo un


diverso livello di dignità, a cui corrispondono un diverso genere letterario e livello di
stile

 Renzo: attraversa l’intera gamma di generi; la sua natura impulsiva lo


rende idoneo sia al romanzo di formazione che a quello picaresco, è
coinvolto in situazioni comiche, ma anche in episodi drammatici

 Lucia: rifiuta la logica mondana, a favore dell’amore cristiano ;


l’atteggiamento di Lucia denota una mansueta determinazione

Renzo e Lucia non sono, come Gertrude, figli di un principe che decide d’autorità il
destino della prole (mondo feudale).
Manzoni li immagina orfani apposta per lasciarli indifesi e senza guide ma gli dà la
possibilità di autodeterminarsi, di cercare il proprio posto nel mondo.
Sono i primi personaggi veramente moderni della nostra letteratura, incarnando la
condizione problematica e impegnativa, anche dinamica, aperta ad ogni possibilità,
propria del mondo borghese.
Orfani entrambi del padre biologico, essi ricorrono a figure di riferimento come
Padre Cristoforo (difensore della causa degli umili) e Dio che è padre di tutti
ma con loro si affaccia un modello di paternità molto diverso da quello
autoritario e impegnativo.

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 personaggi dell’aristocrazia: oggetto dell’umorismo dell’autore (don
Ferrante, donna Prassede), o del suo sarcasmo, nel caso ricoprano
cariche politiche (il conte zio)

 personaggi tragici: richiedono uno stile sublime; caso emblematico,


quello dell’innominato, che passa dalla perdizione alla salvezza (‘‘tragico
cristiano’’)

 la folla: mossa da istinti irrazionali e incontrollabili, è la voce del caos,


prodotto dalla mancanza di governo e mosso dall’egoismo

 le figure da commedia: dai tratti comici, ma non caricaturali (don


Abbondio, Renzo ubriaco, Perpetua, Agnese)

NO PROTAGONISTI

 scompare il protagonista-eroe: non c’è un personaggio totalmente positivo


con cui il lettore possa identificarsi, né uno totalmente negativo
 ogni personaggio ha la propria umanità

PERSONAGGI UOMINI

 in primo piano c’è la folla, che non emerge nella storia, ma ne subisce gli
effetti
 Lucia e Renzo sono popolani, personaggi inventati, ma, al tempo stesso,
veri, perché del tutto analoghi a persone reali del periodo (personaggi-
uomini, critico Debenedetti)

ruoli non predefiniti, le funzioni dei personaggi si mischiano: ad esempio, Renzo


diventa anti-eroe durante i moti milanesi.
Il personaggio manzoniano compiendo varie esperienze può maturare, modificare
certi tratti del suo carattere, convertirsi (Innominato), cambiare la sua visione del
mondo e le sue scelte di vita.

Manzoni addossa sulle spalle degli uomini l’intera responsabilità degli eventi
calamitosi che irrompono nel romanzo, stigmatizzando le decisioni prese con
cinismo o leggerezza delle autorità pubbliche (peste-guerra come conseguenza
dell’uomo politico e non come piaga divina).

15
I PROMESSI SPOSI E LA STORIA

 UN ROMANZO PRESENTATO COME DOCUMENTO STORICO


L’affermazione secondo cui il romanzo è la riscrittura di una storia vera,
ritrovata in un manoscritto illeggibile, permette a Manzoni di affermare la
natura non finzionale della sua opera.

 LA SCELTA DEL SEICENTO Il Seicento è un periodo caratterizzato da


forti elementi negativi, quali illegalità e ingiustizie, un potere
esteriorizzato, una scienza ancora ferma e una tradizione obsoleta.
Ma è anche l’epoca del dialogo tra uomo e Dio.
La scelta del Seicento come epoca di ambientazione del romanzo fa sì che le
vicende dei ‘‘piccoli’’ protagonisti possano intrecciarsi con la Grande
Storia, caratterizzata dalla carestia del 1628, dai tumulti di San Martino, dalla
Guerra di Monferrato, dalla calata dei lanzichenecchi, dalla peste del 1630.
La situazione Seicentesca, infine, offre parallelismi importanti con quella
contemporanea all’autore.

 LE PROVE A SUPPORTO DELLA VERIDICITÀ L’autore studia una


notevole quantità di documenti storici, al fine di ricorrere a molteplici prove
documentarie in grado di rendere più vera la sua finzione.

I DUE NARRATORI: L’IO NARRANTE E L’ANONIMO


CHI RACCONTA LA STORIA: I promessi sposi presentano una stratificazione di
voci narranti e di punti di vista.

o Nella finzione manzoniana, il primo narratore del romanzo è Renzo: le sue


rievocazioni giungono per via diretta o indiretta, all’orecchio di un suo
contemporaneo che pensa di metterle per iscritto, in quanto meritavano di
essere trasmesse.

o Manzoni, anzi la sua proiezione testuale, trova il manoscritto (topos del


manoscritto) e decide di riscrivere la storia ma non si limita a riportare la
vicenda così come l’ha letta, si preoccupa di accertarne la verosimiglianza
confrontandola con altre fonti, che cita.
È lui il narratore ufficiale, anche se racconta una storia scritta da un altro.

o Il manoscritto del seicentista (l’anonimo), costituisce il sottotesto del


romanzo, di cui il narratore ufficiale ne riporta l’incipit, come esempio.

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 LO SDOPPIAMENTO DEL NARRATORE La finzione del manoscritto
ritrovato produce uno sdoppiamento del narratore: da un lato, l’autore dello
‘‘scartafaccio’’ (l’Anonimo), dall’altro, la voce narrante che riscrive e
commenta le azioni.

 L’EVOLUZIONE DELL’ANONIMO Nel Fermo e Lucia l’Anonimo è


impassibile, unicamente portatore di una testimonianza oggettiva.
Successivamente, si delinea come uomo anziano, che riporta fatti narrati
da altri. Infine, si denota come amico di Azzecca-garbugli, diventando
personaggio interno al racconto.

 L’IO NARRANTE (e i suoi limiti) La voce narrante è garante della


corretta interpretazione delle vicende. Sottopone a verifica la storia
dell’Anonimo, ricorrendo all’accertamento storico.
La voce narrante si caratterizza per una serie di limitazioni: l’autoironia, il
dubbio, l’incertezza, che, talvolta, lascia spazio al giudizio del lettore.

CARATTERI DEL ROMANZO


 Romanzo di formazione di coppia: I promessi sposi si possono considerare
come un romanzo di formazione che induce a confidare nella tenacia, nella
pazienza e nell’aiuto di Dio. Ai suoi giovani protagonisti consente di far tesoro
delle loro disavventure.
Renzo impara dai propri errori, la sua storia sembra culminare nel
raggiungimento della serenità di un lavoro, del matrimonio, dell’inserimento
nella vita sociale.
Lucia mette in discussione la morale di Renzo e insieme trovano il
«sugo della storia».

 Eventi narrativi che producono movimento: la conversione e il perdono (giustizia


riparativa).

 La città si presenta, nel romanzo ottocentesco, come un ambiente


complesso e pieno di insidie, di cui patisce chiunque provenga da fuori
(Renzo a Milano)

 Movimento romanzesco come figura dell’inquietudine dell’uomo morale


(«ogni finzione che mostri l’uomo in riposo morale è dissimile dal vero»).

 Ironia.

 Il lettore è responsabilizzato, chiamato a riflettere, a dialogare (tendenza già


anticipata da Parini).

17
L’ironia di Manzoni si discosta da quella Romantica poiché non distrugge
ciò che critica e tende a togliere importanza al soggetto che la esercita,
ossia al narratore.

 Costruzione di un lettore-giudice, non complice, educato alla riflessione


critica.
I protagonisti sono umili, il linguaggio è realistico e mediano: il lettore non deve
essere schiavo della finzione narrativa.

 FUNZIONE DELLA SCRITTURA Nel romanzo, la scrittura assume molteplici


connotazioni negative:
 strumento di sopraffazione (nelle mani del conte zio o dell’innominato, che
prendono nota dei nomi delle loro vittime)
 mezzo per confondere e ingannare (Don Abbondio e il suo latinorum)
 facciata che cela il nulla (le grida tanto ampollose quanto inefficaci)
 simbolo di una cultura obsoleta e staccata dalla realtà (la biblioteca di don
Ferrante)

INTRODUZIONE
 respingente → Manzoni sta immaginando (ma non ce lo dice) di
trascrivere un manoscritto che ha ritrovato → topos del manoscritto
ritrovato → per dare a un’opera finzionale una qualche parvenza di
autenticità, l’autore immagina di trovare questo manoscritto anonimo e da
quell’opera trarre ispirazione o riscriverla

 Se la storia viene scritta in 1 persona si immagina che l’autore sta


raccontando qualcosa di sé, ma quando è scritta in 3 persona ci si domanda
da dove si prendono quelle informazioni → qui il manoscritto viene
“imitato” →

 parodia: vengono amplificati alcuni caratteri in modo da far capire il


soggetto parodiato → deve essere noto in modo tale da essere riconosciuto

 Alla fine dell’introduzione Manzoni dice che decide di riscriverlo in una


lingua più comprensibile

CAPITOLO 1
Si apre con la notissima descrizione geografica

L’inizio è disteso e ampio ed è come se Manzoni avesse a disposizione una


mongolfiera → paesaggio dall’alto che mano a mano si restringe, poi la
prospettiva si ribalta → l’uomo guarda in alto. È un paesaggio familiare a

18
Manzoni → lo stesso affetto di Primo Levi quando racconta a Pikolo i monti che
guardava quando tornava a casa

Dopo iniziano ad entrare nella descrizione gli elementi antropici: Lecco e il castello

descrizione antifrastica → ribaltamento. I soldati erano violenti verso il popolo →


violentavano le donne, picchiavano gli uomini e saccheggiavano i campi (soprattutto
l’uva prima ancora della vendemmia)

l’autore ci ha inseriti nel paesaggio → Il luogo stesso da dove contemplate que’


vari spettacoli, vi fa spettacolo da ogni parte: il monte di cui passeggiate le falde, vi
svolge, al di sopra, d’intorno, le sue cime e le balze, distinte, rilevate, mutabili quasi
a ogni passo, aprendosi e contornandosi in gioghi ciò che v’era sembrato prima un
sol giogo,

il quadro che ci viene presentato è sereno, quasi idilliaco, con continuo


rispecchiarsi di acque → la natura sembra in armonia

7 novembre dell’anno 1628 → accuratezza del luogo e del tempo

Del personaggio di Don Abbondio non ci viene detto del suo passato (casata o
da dove proveniva) → viene fatta una descrizione sica e comportamentale →
comportamento consuetudinario (questo comincia a dirci il carattere) il narratore
utilizza della serie di topoi che appartengono alla cultura occidentale:

 il sole che declina → dante comincia la commedia proprio in questo


momento
 bivio → Ercole deve scegliere la sua vita: breve ma gloriosa, oppure lunga e
monotona) → qui incontriamo un personaggio quanto più lontano dall’eroe →
non sa scegliere

Anime e fiamme del purgatorio → si tratta di un’anticipazione del destino di Don


Abbondio che presto si ritroverà in un punto di soglia, né all'inferno né in paradiso.

Bravi → prima vengono descritti e poi vengono spiegati chi sono i bravi → guardie
private grida = leggi → lunga digressione → le leggi per Manzoni devono essere
poche e chiare, se sono di più e complesse non arrivano al loro obiettivo →
inoltre più leggi non fanno che sottolineare l’impotenza della legge stessa.
Più aumenta la pena minacciata, meno funziona la legge.
I bravi fanno capire che stanno aspettando proprio don Abbondio.

Don Abbondio prima cerca delle vie di fuga, non trovandole, si fa un esame di
coscienza se avesse peccato contro qualche potente.
Le prime parole di Don Abbondio sono “Cosa comanda?” → atteggiamento di
sottomissione, ma non a Dio, ma verso degli uomini.
I bravi gli dicono subito di non far sposare Renzo e Lucia e l’atteggiamento di Don
Abbondio non prova neppure una volta ad opporsi, ma è subito obbediente e chiede
come deve fare.

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Manzoni non legge la realtà in una logica manichea (buoni e cattivi), poiché
ognuno pensa ai propri interessi → ci sono un intreccio di interessi → anche la
Chiesa ha l’interesse di esercitare il proprio potere, anche con l’aiuto dei potenti. In
tutto ciò lo Stato non esiste

Sciascia scrive che i Promessi Sposi è il romanzo di Don Abbondio, che da un


lato rappresenta l'arci-italiano, cioè colui che cerca rifugio ed evita di prendere
posizioni per sopravvivere alle rivoluzione, e allo stesso tempo è colui che apre e
chiude la vicenda senza cambiare → per tutta la storia rimanere sempre nello stesso
posto e non cambia

Manzoni sceglie il 600 perché è un secolo strano → non è il secolo preferito in


epoca romantica (si predilige il medioevo → il modello su cui si basa Manzoni
è ambientato nel medioevo)

Manzoni cerca fin dall’inizio un’ombra propria → sceglie un secolo atipico, ma anche
un secolo pieno di eccessi (grandi conversione, gure eccelse, grandi malvagi) → un
secolo che denota la grande passione politica di Manzoni → anche quando parla di
altro, volge sempre lo sguardo verso il suo tempo → si parla del 600 per alludere
all’800

Nel ‘600 si colloca anche la storia della colonna infame → qualcuno lo ha


interpretato in maniera oppositiva rispetto al romanzo precedente, alcuni invece
vedono della continuità → in realtà la continuità è molto più forte perché ciò che è
messo al centro è la grande inchiesta di Manzoni sulla responsabilità dell’uomo, che
porta al tema della Provvidenza, il quale è strettamente correlato alla libertà.

I giudici erano responsabili del male, del giudizio che li ha visti protagonisti oppure le
conoscenze dell'epoca non consentivano loro di chiarire la responsabilità degli
untori?

Manzoni risponde che i giudici erano responsabili, avevano le possibilità, le


competenze e le conoscenze per riconoscere la giustizia, riconoscere che i
cosiddetti untori non erano tali → alcuni non vengono condannati mentre altri sì

Se l’uomo è messo di fronte alla possibilità di scegliere tra il bene e il male, il male
che fa è imputabile a lui stesso → nei Promessi Sposi tutta la vicenda è costruita
attorno all’azione degli uomini e alla responsabilità di fronte al male (Don
Abbondio deve scegliere se acconsentire al disegno di un malvagio o di non
obbedire → Perpetua gli dice di andare dal cardinale, di andare da un suo superiore.
Quando ci sarà l’incontro tra i due, il cardinale gli chiede perché non è venuto da lui)

Nel secondo capitolo, Don Abbondio utilizza il latinorum contro Renzo → in


questo caso la lingua non è usata per comunicare, ma per occultare → serve a
creare una sorta di nuvola che occulta il vero motivo, cioè che è stato
minacciato da Don Rodrigo.

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Renzo, in tutta la storia, si trova in svantaggio rispetto ai personaggi più colti
→ Renzo, che sembra essersi ritirato, esercita la sua sagacia e conoscenza del
mondo e vedendo Perpetua e da una sua battuta riesce a capire cosa sta
succedendo →
– Mala cosa nascer povero, il mio caro Renzo → Calvino parla di rapporto di forza
→ nei Promessi sposi non si tratta di avere ragione, ma di avere accanto uno
più

forte o essere forti → continuo battagliare (romanzo di duelli e di scontri)

ironia manzoniana → di fronte a una situazione patetica abbassa il tono


usando l’ironia:

- Ne L’Umorismo, Pirandello utilizza Manzoni per descrivere una categoria →


viene descritta come una sorta di lago ghiacciato, che sembra liscio ma che
nasconde un movimento sottostante
L’appello al lettore è umoristico → Don Abbondio dice a Perpetua di dire
di avere la febbre, e alla ne gli viene veramente

è un commento che in un certo senso rallenta l’azione, ma allo stesso tempo


introduce una riflessione → il romanzo è costruito per contrapposizione, abbiamo
non soltanto i potente e gli umili, ma soprattutto gli oppressori e gli oppressi, però è
un’indagine sulla responsabilità dell’uomo e della di fusione del male → si può
diffondere per contagio: chi si trova ad essere oppresso, pensa di vendicarsi e
medita il male.
Allora i provocatori non sono soltanto responsabili del male che fanno, ma
diventano anche responsabili del male che a cui conducono le vittime → Primo
Levi si ricorda di questo passo ne “I sommersi e i salvati”: la violenza invece
di distribuirsi dall’alto verso il basso, si rivolgeva anche verso i compagni di
sventura.

Il narratore è abile nel meditare i pensieri nella mente di Renzo → costruisce una
fantasia di sangue, che lo seguirà per tutto il romanzo, ogni volta che pensa a Don
Rodrigo → però come il contagio, questo male corre il rischio di infettarlo se non se
ne libera

CAPITOLO 35
Ci troviamo nel Lazzaretto, dove vengono ricoverati gli appestati. Lì si trova Renzo e
incontra Fra Cristoforo → punto di massima tensione narrativa che va a sciogliersi
verso una soluzione. Renzo è lì per trovare Lucia, ma trova Fra Cristoforo → Vede
Fra Cristoforo, ma è quasi un fantasma di quell'uomo dallo sguardo
infiammato, il portamento è curvo e la natura è esausta

Renzo è ancora legato a quella sete di vendetta che lo accompagna fino alla fine,
anche nel lazzaretto, in cui Renzo si permette di parlare di castigo e giustizia a
opera degli uomini

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→ Fra Cristoforo non sta dicendo che la peste è un castigo di Dio
(apparentemente dice questo ma non lo può dire di fronte agli innocenti che
stanno morendo, e non lo può dire pure anche davanti ai potenti violenti che
stanno morendo e soffrendo, perché non si può arrogare di decidere la volontà
di Dio) → quella giustizia che Renzo reclama in nome di Dio semplicemente non
esiste

Di fronte al dolore, alla sofferenza, alla morte e alla fragilità dell’uomo, gli
offesi perdonano e gli offensori chiedono perdono.

Renzo non chiede perdono e non perdona, chiede vendetta e cerca giustizia →
Fra Cristoforo sa cosa prova Renzo perché anche lui l’ha provato e ha messo
in atto la sua vendetta → solo il perdono può interrompere questa catena di
sofferenza, che anche dopo la morte di Don Rodrigo condannerebbe al rimorso per
tutta la vita Renzo → Fra Cristoforo ancora non si perdona per aver ucciso un uomo

Estremo mistero cristiano è amare chi ci odia, chi ha propositi malvagi per noi
→ a questo punto Renzo sta zitto.

Renzo perdona e si libera dalla violenza.


In una versione precedente del romanzo, Don Rodrigo si allontana con il suo cavallo
→ fine più romantica.
Invece questa è una delle conclusioni del romanzo in cui troviamo l’idea di cosa
è la Provvidenza.

CAPITOLO 38
Manzoni non si dimentica che la vita è fatta da rapporti di forza → una cosa è non
nutrirsi di rancori, e un’altra è che la vita è costituita da persone buone e non ci sono
rapporti di forza

Sembra un romanzo di formazione, con il personaggio che conclude con le cose che
ha imparato. Ma è anche la parodia del romanzo di formazione → L’intervento di
Lucia rompe tutto il ragionamento di Renzo

Quando si parla di Provvidenza ricordiamo che la Provvidenza è una categoria


della coscienza dei personaggi → sono i personaggi che credono che esista la
provvidenza → il sugo della storia è che la fede nella provvidenza è capace di
raddolcire i mali che vengono, sia che abbiano un motivo che fino.

Manzoni non rende il lettore complice del narratore, ma lo rende giudice: ci


porta a criticare e a metter in dubbio le parole stesse del narratore, a farci una
nostra idea i personaggi sono liberi di agire

→ hanno di fronte tante possibilità la morale di questa storia non è individuata dal
narratore o da un personaggio, ma da una coppia di personaggi attraverso un
dialogo → nasce da uno scambio, un tornare dei proprio passi per fare il punto
della situazione (il sugo della storia).

22
GIACOMO LEOPARDI

1798 (29 giugno): A Recanati nasce Giacomo Leopardi (Recanati appartiene allo
Stato pontificio, dal 1808 le Marche vengono inglobate nell’Impero Napoleonico).

Il padre è amante delle lettere e sollecito verso i figli: amplia la biblioteca con testi
classici, testi di filologia, letteratura del ‘700, testi degli illuministi francesi.
Conservatore, reazionario, legato alle forme più esteriori della cultura, ma
apparentemente disposto a informarsi anche sul pensiero “avverso”, benché ormai
invecchiato di mezzo secolo: l’Illuminismo francese.
Mentre la madre, che ha assunto l’amministrazione del patrimonio familiare
dissestato agli sperperi giovanili del marito e che impone alla famiglia un regime di
stretta economia, è una donna fredda e bigotta.

1804-12: La prima formazione di Giacomo è affidata a due precettori ecclesiastici

1809: Iniziano i «sette anni di studio matto e disperatissimo»


I suoi interessi sono costituiti dallo studio delle lingue → impara senza maestri il
greco, l’ebraico, il francese, l’inglese e lo spagnolo)

1815: Dopo vari studi eruditi, scrive il Saggio sopra gli errori popolari degli
antichi: esprime la necessità di un ritorno della poesia all’immaginazione degli
antichi.

1816: Conversione dall’erudizione al bello


Già maturato per intervenire nella polemica romantica (polemica tra classicisti e
romantici), il 18 luglio 1816 manda una Lettera ai compilatori della Biblioteca Italiana
in risposta a quella di Madame Stael (che però non viene pubblicata), nella quale,
contro il concetto canonico dell’imitazione, rivendica la natura originale della
poesia quale “scintilla celeste, e impulso sovrumano.

Leopardi dice che non bisogna tanto imitare i classici, ma il loro rapporto
spontaneo con la natura → mentre gli antichi avevano una relazione ingenua in
senso etimologico con la natura, cioè spontaneo e connaturata con il loro stesso
essere, per i moderni non è più così e quindi la poesia dei moderni non può più
essere una poesia ingenua, ma deve essere una poesia sentimentale → non
vuol dire emotiva, ma che unisce la parte razionale con la parte del mondo
interiore, ciò che si prova (EMOZIONE + RIFLESSIONE) → con sentimentale si
intende questa unione tra emozione e riflessione.

1817: Leopardi inizia a corrispondere con Pietro Giordani

1817 Avvia la stesura dello Zibaldone (fino al 1832).


Lo Zibaldone diventa registro di un’analisi incessante dell’esperienza
esistenziale di un singolare filosofo-poeta, inventore allo stesso tempo di una
nuova poesia idillica

23
1818: Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica: raccolta di scritti
dedicati alla querelle classico-romantica

- La poesia è imitazione della natura


- Il suo fine è il diletto
- Non esiste diletto senza illusione
- Gli antichi potevano illudersi grazie alla loro ingenuità
- I moderni sono disillusi, a causa della ragione

Nascono da qui le canzoni civili del 1818: “All’Italia”, “Sopra il monumento di


Dante che si prepara in Firenze”

1819: Conversione “filosofica” la consapevolezza di essere passato dal


mondo dell’immaginazione e del bello, che è proprio dell’infanzia e
dell’antichità, al mondo dell’esperienza e del vero, cioè del nulla, che è la
condizione dell’uomo adulto e moderno

1819: Conversione dal bello al vero (conversione filosofica):

- Distacco dal cristianesimo


- Stesura degli idilli
- Ricerca dell’«arido vero»

1822-23: Viaggio a Roma dagli zii Antici. Leopardi ne resta deluso

1825: Trasferimento a Milano e impiego redazionale presso l’editore Stella (Dirige la


collana delle opere di Cicerone, Pubblica alcune Operette morali)

1827: Lascia nuovamente Recanati per Bologna e poi per Firenze

- Partecipa a un ricevimento in onore di Manzoni


- L’anno successivo legge I promessi sposi
- Riceve dagli amici un assegno mensile e lascia definitivamente Recanati per
Firenze (1830)
- Stringe amicizia con Antonio Ranieri
- S’innamora di Fanny Targioni Tozzetti (a cui è dedicato “Il ciclo di
Aspasia”)

1833: Insieme a Ranieri, si trasferisce a Napoli

- Appronta una nuova edizione dei Canti


- Progetta un’edizione parigina delle sue opere

1837: Muore il 14 giugno (a Napoli, non è mai più tornato a Recanati)

24
POLEMICA TRA CLASSICISTI E ROMANTICI

Contro i Romantici Lettera ai compilatori della «Biblioteca italiana» (1816) e Discorso


di un Italiano intorno alla poesia romantica (1818):

- Difesa del classicismo: poesia dei classici=esaltazione dell'immaginazione,


della spontaneità;
- Rifiuto dell'aderenza al vero (contro Manzoni)
- Affinità con il Romanticismo europeo.

PENSIERO E POETICA (ZIBALDONE DI PENSIERI)


Leopardi filosofo, si esprime non solo attraverso i saggi e riflessioni ma anche
attraverso la poesia= pensiero poetante

Consapevolezza dell'infelicità dell'uomo.

o Teoria del piacere (pensiero 165, Zibaldone):

→ tutti gli esseri umani tendono verso la felicità, la felicità è il piacere → gli
esseri umani tendono verso un piacere infinito, cioè che non finisce nel tempo e
nello spazio. Infatti quando il piacere finisce ci lascia insoddisfatti → la
coscienza infelice dell'uomo nasce dal fatto che desideriamo un piacere
infinito e abbiamo a disposizione solo piaceri finiti.

Più desideriamo qualcosa più rimaniamo insoddisfatti → quindi non ci potrà essere
nessun piacere in nito nella sua durata e nel suo spazio.

L’uomo non è pessimista, ma è un animale desiderante → l’esistenza umana


coincide con il desiderio.

La nostra esperienza di infinito Leopardi la ricava dal piacere → dal momento in


cui desideriamo un piacere in nito, noi facciamo esperienza dell’infinito
Anche se fossimo continuamente appagati, questo diventerebbe assuefazione, cioè
entrerebbe l’abitudine, che renderebbe anche l’oggetto del nostro piacere qualcosa
che non ci soddisfa più

Cosa cerca l’anima → cerca quello che può trovare: un’infinità di piacere, cioè la
soddisfazione di un piacere illimitato

Dal momento che il nostro destino è l’essere insoddisfatti, allora il piacere è


sempre qualcosa di desiderato (qualcosa proiettato nel futuro) oppure è
qualcosa che ricordiamo → ricordo di che cosa?

ricordo del piacere → un momento di realizzazione (sorta di epifania)

25
Però anche quel momento, dal momento che è destinato a finire, porta con sé
l’insoddisfazione. Anche la rimembranza, anche il ricordo è sempre mescolato
di desiderio del piacere e soddisfazione.

Allora perché la poesia può essere alimentata da questa insoddisfazione?


Perché ci dà una parvenza di indefinito che è imparentato con l’infinito (VAGO E
INDEFINITO)

- Il solo piacere possibile è l’aspettativa, l’illusione, il ricordo


(rimembranza).
Piacere=vanità
Il piacere può essere provato da un desiderio astratto, dal pensiero.
Nel momento del piacere materiale, il desiderio diventa insoddisfazione e
vuoto dell’anima; vi è quindi una discrepanza tra desiderio e appagamento.
Il piacere è accompagnato dal dispiacere.
L’impressione illusoria della non fine reca desiderio, che appunto, è infinito.

- «Piacer figlio di affanno» (“La quiete dopo la tempesta”): Il piacere nasce nel
momento in cui cessa un dolore o una preoccupazione, quindi non esiste un
piacere in sé, un piacere autentico ma solo una momentanea cessazione
del dolore Il piacere non è mai sufficiente: il piacere è limitato nel tempo e
nello spazio, esso finisce con la vita dell’uomo
Per quanto l’uomo desideri piaceri infiniti, ha a sua disposizione pensieri finiti
e limitati: insoddisfazione infinita dell’uomo.

o Sensismo e materialismo: La posizione di partenza di Leopardi è quella


materialistica → mostra il destino di insoddisfazione a cui è condannato
l’essere umano

o Poetica del vago e dell'indefinito e poetica della rimembranza


o Concezione della Natura benigna: teoria delle illusioni e dell'immaginazione;
antitesi tra antichi e moderni, tra vicinanza alla natura e predominio della
ragione, tra poesia d'immaginazione e poesia sentimentale (vd. anche M.me
de Stael e Schiller).

o Titanismo.

o Dualismo: Fato maligno vs. Natura benigna (Ultimo canto di Saffo).

o Natura maligna: meccanismo cieco, indifferente alla sorte delle sue


creature (materialismo e meccanicismo).

o Abbandono del titanismo e della poesia civile (1824).

26
o Atteggiamento contemplativo, ironico, distacco imperturbabile (Operette
morali).

o Protesta e titanismo; sfida alla natura e al fato (La ginestra)

TEMI
Il senso dell’esistenza: (non è pessimista).

 TEORIA DEL PIACERE

 Vago e Indefinito:
- La poesia è diletto
- Il diletto è illusorio
- Il poetico scaturisce dalla vaghezza
- L’indefinito libera l’immaginazione
- Tempo dell’infanzia (FANCIULLEZZA) come picco massimo del vago e
dell’indefinito: i sogni non si sono ancora scontrati con il vero

 FANCIULLEZZA E RIMEMBRANZA:
- Il mondo è una scoperta senza confini, il piacere raggiunge il suo picco
nell’essere vago e indefinito (fanciullezza)
- Da adulti, il piacere non è paragonabile al piacere che si prova durante la
fanciullezza: la razionalità annulla l’immaginazione

 RIMEMBRANZA (pensiero 1429), cfr madelaine di Proust:


- La rimembranza attiva il ricordo del piacere o del dispiacere, è il richiamo
del piacere in senso di sensazione già provata e vissuta in termini
astratti (anche i sogni non corrispondono alla percezione e sensazione
provate da fanciulli).
- Capacità di circoscrivere e definire una sensazione vissuta da fanciulli
- Va oltre il concetto di “ricordo”
- Il piacere che proviamo e che abbiamo in senso limitato è una
rimembranza del fanciullo

 Rapporto uomo-Natura:
- La natura è benigna
- Il perduto stato naturale era felice
- La modernità ha comportato l’infelicità
- È la razionalità il motivo del dolore umano
- La natura è matrigna

27
 Teoria delle illusioni:
- Gli antichi sono superiori ai moderni perché sono ingenui
- L’ingenuità permette le illusioni
- Le illusioni dei moderni sono effimere, frustranti
- Bisogna tendere all’«arido vero»

 Il tempo e la storia:
- L’uomo è destinato alla morte
- Il tempo «passa e quasi orma non lascia»: Ciò è la prova della spietatezza
della natura
- Negazione delle «magnifiche sorti e progressive»

CANZONI (1818-1823)
 impianto classicistico, linguaggio aulico e sublime , influenzato da
Foscolo e Alfieri.
 Tematiche civili, polemica contro il presente (Ultimo canto di Saffo, 1822)
 titanismo.

IDILLI (1819-1821)
 traduzione degli idilli pastorali di Mosco,
 carattere originale: «sentimenti, affezioni, avventure storiche del suo
animo».

Dal greco eidýllion , “bozzetto”.

 Componimenti in endecasillabi sciolti che, partendo da uno spunto


concreto (un evento, un paesaggio, una situazione…), sviluppano riflessioni
incentrate sull’io
 Rappresentazione della realtà esterna in funzione soggettiva.
 Linguaggio vago e indefinito, musicalità, endecasillabi sciolti.

o quadretto georgico o pastorale


o episodio amoroso sognante
o ideale (spesso perduto) di vita serena

Tutti e tre questi significati sono in qualche modo inglobati nell’accezione


leopardiana attraverso le categorie poetiche di vago e indefinito.

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OPERETTE MORALI (1824): IL LIBRO «PIÙ CARO DEI MIEI OCCHI»
 È quasi un ossimoro: «operette» indica la piccola dimensione dei testi,
ma soprattutto il loro spirito giocoso;
«morali» indica invece il contenuto “alto”, di carattere filosofico
esistenziale.

 Stagione del silenzio poetico e dell'«arido vero».

 Prose di argomento filosofico: dialoghi (personaggi favolosi o storici),


testi narrativi, apologhi, prose liriche, raccolte di aforismi.

 TEMI: infelicità e afflizioni dell'uomo, il piacere, le illusioni, rapporto uomo-


natura, confronto antichi-moderni, noia.

 Prosa lucida e lieve, distacco ironico, ma anche passione (Dialogo della


Natura e di un Islandese).

 Modelli: satira menippea: Dialoghi dei morti di Luciano di Samosata (II sec.
d.C.)

 Specifiche:
- dialoghi o testi narrativi a carattere satirico
- personaggi fantastici o storici o (raramente) tratti dal quotidiano
- metodo argomentativo- deduttivo spesso basato sul paradosso

STILE:

- Linguaggio medio con punte di maggiore densità teorico sintattica


- Frequente ricorso all’ironia

EDIZIONI
 1827: Esce la prima edizione delle Operette morali

 1834: La seconda edizione aggiunge solo due testi conclusivi, polemici nei
confronti delle critiche suscitate dalla prima edizione:
- Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere
- Dialogo di Tristano e di un amico

 1845: Esce postuma l’edizione “definitiva” approntata da Ranieri: esclude un


testo e ne aggiunge altri quattro, tra cui il Dialogo di Plotino e di Porfirio

29
CANTI PISANO-RECANATESI (1828-30)
 Risorgimento della poesia, ripresa di temi, atteggiamenti, linguaggio
degli idilli del '19 -'21 (definiti anche «grandi idilli»:)

 illusioni e speranze, rimembranze, immagini e suoni vaghi e indefiniti,


linguaggio limpido e musicale.

 Ma consapevolezza della fine delle illusioni giovanili, del vero.

 Equilibrio tra «vero» e «caro immaginar», linguaggio misurato,


evocazione della giovinezza e disillusione.

 Nuova forma metrica: strofe libere di endecasillabi e settenari (canzone


leopardiana).

ULTIMO LEOPARDI
o Contatto con il proprio tempo e maggiore consapevolezza.
o Amicizia con Antonio Ranieri e passione amorosa verso Fanny Targioni
Tozzetti.
o Ciclo di Aspasia: conclusione dell’amore per la Tozzetti («inganno
estremo»); 1833
o 1835: Poetica anti-idillica, nuda, severa, ragionata; linguaggio aspro,
sintassi spezzata, non più vaga e indefinita.
o Impegno polemico contro l’ottimismo progressista di diversa matrice ,
illuminista, spiritualista, liberale; Palinodia al marchese Gino Capponi, Ad
Arimane, I nuovi credenti, Paralipomeni della Batracomiomachia.
o La Ginestra: invito agli uomini a unirsi in «social catena»; simbologia
del fiore del deserto.

LE FORME
La rivoluzione poetica di Leopardi non è solo filosofica, ma anche stilistica

 Canzone libera: Poesia di endecasillabi e settenari sciolti o variamente


rimati.
Nel tempo la frantumazione ritmica aumenta fino alle estreme conseguenze di “A
se stesso”.
Con “A Silvia” (1828) la canzone libera leopardiana raggiunge il suo pieno
sviluppo, rinunciando anche all’alternanza di settenari ed endecasillabi.

 Poesia dell’interiorità:
- Scavo nell’interiorità
- Soggettività del punto di vista
- Universalità del messaggio

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- Lo spunto della riflessione parte da un’esperienza che può essere condivisa
da tutti

 Nasce da qui la poesia moderna: il poeta parla di sé, ma coglie verità


universali, che il lettore riconosce come intimamente proprie

 Verso una lingua moderna:


- Graduale distacco dai moduli classicistici
- Semplificazione della sintassi
- Predilezione per un lessico vago, non tecnicistico
- Riduzione delle voci dotte e auliche
- Sviluppo del discorso attraverso immagini esemplificative

DIALOGO DI UN ISLANDESE E LA NATURA (OPERETTE


MORALE)
Tema della natura e della sua concezione in Leopardi → ha un sistema di
pensiero coerente (Antonio Prete) in movimento.
La critica più recente e più attenta ai testi ha voluto evidenziare che in Leopardi il
momento riflessivo e poetico sono fusi insieme.
Possiamo definire Leopardi un filosofo dell’800, e non solo perché anche oggi la
sua riflessione è ancora più comprensibile che nella sua epoca

Antonio Prete parla di pensiero costante, cioè di un pensiero che non si forma
attraverso la struttura razionale del trattato, ma principalmente si condensa
nella poesia e nelle immagini poetiche → lo stesso si può dire delle operette
morali

islandese → un uomo che cerca un luogo fatto per l’uomo, dove possa trovare
un equilibrio → l’equilibrio tra l’uomo e la natura viene cercato nello spazio.
Ma non trova uno spazio fatto per l’uomo→ discrasia (mancato coordinamento)
tra l’uomo e la realtà che lo pone sempre straniero, estraneo al mondo che gli
avevano detto essere fatto per lui → concezione del moderno che ritroviamo in
tutte le operette morali e in tutta l’opera di Leopardi.

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Dopo tanto girovagare si trova al cospetto di una figura femminile terribile che è la
Natura → tema romantico dove la natura desta terrore.

La natura è costituita dall’infinito procedere di costruzione e distruzione → la


vita è formata da questo processo che va dalla vita alla morte e viceversa. Ciò
che è importante è il sistema della vita

L’islandese presenta alla Natura tutte le sue lamentele, tratta la natura come una
madre che però non cura la sua famiglia

L’islandese cerca una relazione con lei (le dà del tu) e la natura risponde → la
risposta che dà la natura è molto più terribile delle lamentele → l’uomo crede che ci
sia un né che possa dargli ragione del male che l’uomo so re.
La natura gli risponde che quello che capita non ha una ragione, non c’è una
volontà da parte sua di fargli del bene o del male.
Anche l’estinzione della specie potrebbe accadere senza che se ne renda
conto → presuppone che non esista una ragione per il male del mondo→ questo è
umanamente insopportabile → “pensi con la tua ragione di comprendere tutte le
ragioni che stanno nell’universo?”

L’islandese non si arrende → l’uomo non ce la fa a non ragionare in maniera


antropocentrica:

- continua a porsi al centro → anche se non hai creato l’universo per me però
mi hai invitato, quindi questa casa, non la sento come casa mia →
esperienza che poi con Freud prenderà il nome di “fuoricasa” → l’esperienza
che fa l’islandese è di ciò che non è familiare anche non essendolo.
La casa, quindi l’ambiente che dovrebbe sembrarci familiare e ospitale, in cui
riconoscere la consuetudine, invece è qualcosa di estraneo, si rivela una
prigione.

A questa considerazione, la Natura risponde che l’universo si regge su questo


circuito di costruzione e distruzione → niente può esserci per l’infinito.
Il patimento, inteso come attesa e paura della distruzione, è il principio su cui si
regge l’universo.

a chi giova questo male? → il dialogo si chiude con una domanda.


L’apologo finale non dà una risposta, ma sollecita interpretazioni diverse. Ci sono
due interpretazioni:

 arrivano due leoni affamati che mangiano l’islandese e possono continuare a


sopravvivere per un altro paio di giorni

 una tempesta di sabbia suggella l’islandese come una mummia che poi viene
ritrovata e collocata in un museo d’Europa

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1. l’uomo e i leoni fatto parte dello stesso circolo di costruzione e
distruzione → la vita si può mantenere se ogni anello della catena conserva
il suo posto

2. provvisoriamente l’uomo viene sottratto a questo processo incessante di


vita e morte, viene mummificato.
È un modo per riporlo al centro e fare di lui uno spettacolo, farsi vedere
dagli altri e diventare anche forse un divertimento per gli altri → il processo
di mummificazione può essere rappresentativo, ma conferma anche la
natura antropocentrica dell’uomo

La sofferenza non è qualcosa esclusiva dell’uomo, ma che è comune a tutti i


viventi → è anch’essa un portato biblico ed evangelico

Questa idea della sofferenza universale è la maggiore risposta all’idea di una natura
matrigna, cioè da una parte abbiamo questa ipostasi della natura (creazione
dell’uomo) e dall’altra abbiamo la consapevolezza di una sofferenza universale di
tutti gli esseri viventi accomunati dalla fragilità

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L’INFINITO
 Non si tratta di un sonetto → fa parte degli Idilli
 È composto da una sola strofa di 15 versi endecasillabi.

 Abbiamo 2 grandi blocchi:


- il primo parte dal primo verso no alla metà dell’ottavo;
- il secondo parte dalla seconda metà dell’ottavo verso fino alla fine.

Leopardi sale sul monte Tabor e guarda il paesaggio → Eremo → luogo solitario in
cui si rifugiavano i monaci

 uso dei deittici (questo (lontananza), quello (vicinanza) → pronomi e


aggettivi che indicano la posizione di un oggetto rispetto al parlante);
 gerundi → indicano uno stato;
 aggettivi che allungano le parole, quasi in maniera icastica, allontanano
→ il movimento di allontanamento è avvenuto attraverso
l’immaginazione → il limite della siepe ha attivato l’infinito
dell’immaginazione

interminati, sovrumani → andare oltre il tempo e lo spazio → le percezioni visive


e uditive vengono coinvolte→ prima la vista e poi si passa ai suoni

 fingo → indica una costruzione (verbo del vasaio, ceramista, chi costruisce
attraverso la terracotta un oggetto). Significa che nel pensiero si
costruisce, si immagina pensier, cor → riflessione e emozione → poesia
sentimentale → non più quella poesia ingenua nativa degli antichi, perché
manca l’immersione nella natura

queste piante → è tornato in quella realtà rassicurante e alla sensazione della vista.
Adesso hanno il sopravvento le sensazioni uditive → le sensazioni uditive hanno
una maggiore capacità di attivare l’infinito, perché con più difficoltà riusciamo
a individuare l'origine di ciò che pensiamo; invece, attraverso la vista
riusciamo a individuare più facilmente un oggetto.

Ciò che è l’indefinito dello spazio è l'indefinito del tempo → adesso il pensiero
può a ondare nell’immensità → non si può misurare

La conoscenza si può ridurre a quello che vediamo, udiamo, sentiamo e tocchiamo?


→ Leopardi non è soddisfatto dal materialismo → noi abbiamo il desiderio di
qualcosa che va oltre

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ALLA LUNA
È un idillio di 16 endecasillabi senza rima.

È strettamente legato all’Infinito → per la struttura; presenza del colle (v.2); entrambi
i componimenti prendono spunto dal ripetersi di una consuetudine → Alla luna
potrebbe essere un testo di anniversario, forse un compleanno del poeta.

All’interno della poesia si individuano due tempi (passato: ricordo, e presente)


→ il primo è delimitato dal parallelo fra O graziosa luna (v.1) e O mia diletta luna
(v.10) → il paesaggio è il notturno lunare, nel quale Leopardi proietta la propria
angoscia → è tornato sul colle e guarda la luna come la guardava un anno prima. Il
tempo è passato, ma il suo stato d'animo non è cambiato: allora come ora è «pien
d'angoscia». La luna è descritta attraverso i suoi occhi,
sfocata e deformata a causa del pianto → il ritorno segna infatti il rinnovarsi di un
dolore di cui sappiamo solo che è sempre lo stesso. La luna è stata ed è la
testimone di questa sostanziale immutabilità. Il poeta la umanizza chiamandola
graziosa e diletta quasi fosse una fanciulla, e sembra trovare conforto nella sua muta
presenza.

il rimembrar delle passate cose / ancor che triste, e che l'affanno duri → Il testo non
dice perché il ricordo di un passato che è stato triste e continua a esserlo possa
essere consolatorio. Aiuta a capirlo un passo dello Zibaldone, nel quale Leopardi, ri
ettendo proprio sugli anniversari e sulle "illusioni" che essi sollecitano, scrive: «ci par
veramente che [negli anniversari] quelle tali cose che son morte per sempre né
possono più tornare, tuttavia rivivano e sieno presenti come in ombra». Il ricordo
insomma ha il potere di ridare vita a ciò che è nito per sempre, è un antidoto contro
«l'idea della distruzione e annullamento che tanto ci ripugna».

La seconda parte dell’idillio è posta al presente e presenta un momento ri essivo, in


cui compare l’interiorità del poeta → il fulcro della poetica della rimembranza → il
ricordo di un passato triste che si tramuta in un presente triste sembra consolare il
poeta, anche se nel testo non viene spiegato il motivo per cui è così.

Tutta la poesia è strutturata strutturata sull’opposizione tra passato e presente,


sebbene i sentimenti permangano uguali il poeta trova un po’ di consolazione nel
ricordo. Proprio il ricordo permette di avere il tono dolce e pacato di questo testo.

A SILVIA
Rappresenta l’inizio di una nuova stagione poetica → il poeta, dopo la stesura delle
Operette Morali, è tornato a comporre versi che appaiono più temperati ed equilibrati
e non più puramente idillici Il tema della lirica è la caduta dei sogni e delle illusioni. Il
canto è dedicato probabilmente a Teresa Fattorini, glia del cocchiere di casa
Leopardi, morta di tisi nel 1818. Fanciulla di cui Leopardi si era innamorato, senza
però essere ricambiato. Altri critici però ritengono che Silvia sia una costruzione

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psicologica del poeta → i richiami alla sicità della ragazza, sono quasi inesistenti →
alcuni critici sostengono che Leopardi ha ripreso lo stile dantesco e che Silvia, come
la Beatrice di Dante è evocata nella sua spiritualità, sia descritta per le sue
caratteristiche spirituali più che nell’aspetto sico Si tratta di una confessione del
poeta → la morte prematura di Silvia diventa il simbolo delle speranze stesse del
poeta, diminuite all’apparire della terribile verità della condizione umana → solo la
giovinezza permette di avere delle illusioni, mentre l'età matura porta con sé solo un
carico di delusioni e dolori. Tutto il canto è costruito sulle esperienze parallele della
giovinezza di Silvia e delle illusioni del poeta → se Silvia, morta precocemente, non
è potuta arrivare al limitare della gioventù, anche Giacomo, che ha invece potuto
varcarlo, non ha avuto sorte migliore poiché la vita è una delusione senza senso e
non esiste altra felicità nale se non la fredda morte e una tomba ignuda. Di fronte
alla tristezza del presente e all'amarezza del futuro il ricordo dell'età giovanile si
pone come l'unico momento in cui l'esistenza si rivela a ascinante e densa di
aspettative A Silvia si divide in 5 parti:

● rievocazione di Silvia

● rievocazione del poeta

● la natura vista come sventura e inganno → tema delle speranze deluse e dal
lamento del poeta nei confronti di una natura che non consente la loro realizzazione.

● la morte come ne

● l’apparizione del vero

Sintatticamente la lirica presenta periodi brevi e concisi: poche subordinate, per lo


più temporali che si ricollegano alle tematiche del ricordo → tempo trascorso. Il tema
principale è il senso del vago e dell’indeterminato. La lirica è composta da sei strofe
a lunghezza varia. Settenari ed endecasillabi si succedono e la rima non ha schema
prestabilito. L’unico elemento di regolarità è dato dal ripetersi del settenario alla ne
d’ogni strofa.

ULTIMO CANTO DI SAFFO


Composta nel 1822, è una canzone di quattro strofe di 18 versi ciascuna. È costruita
in forma di monologo → lamento pronunciato da Sa o prima del suicidio

Leopardi ricava dalle Heroides di Ovidio la leggenda di Sa o → poetessa greca


dotata nel canto ma non bella nell’aspetto, e perdutamente innamorata di Faone.
Non corrisposta, sa o scelse di morire gettandosi in mare da una rupe dell’isola di
Leucade (mar Ionio) → da un punto di vista biogra co Leopardi ha vissuto in prima
persona il dramma di uno spirito bello in un brutto involucro La canzone è costruita in
forma di monologo → un lamento polemico che sa o pronuncia prima di suicidarsi
spiegando i motivi che l’hanno indotta a quel gesto

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Nelle prime due strofe Sa o si rappresenta come la dispregiata amante di una natura
che lei ama e della quale descrive dettagliatamente le bellezze → Bello il tuo manto,
o divo cielo. Il suo ruolo nel mondo è quello dell'ospite non desiderata → per no il
torrente muta il suo corso per non toccarle il piede.

Nella terza strofa, dopo essersi interrogata senza risposta sulle cause della sua
esclusione, Sa o conclude che in questo mondo virtù non luce in disadorno ammanto
→ la bruttezza del corpo impedisce che vengano riconosciute le virtù dell'individuo,
sia che si manifestino in virili imprese sia che si esprimano per dotta lira o canto →
attraverso la poesia.

Solo nell’ultima strofa, proclamata l’intenzione suicida → Morremo, Sa o si rivolge


all’ingrato amante → E tu cui lungo amore indarno […] mi strinse, augurandogli
ironicamente una vita felice → se felice in terra / visse nato mortal. A lei,
abbandonate le illusioni della fanciullezza → sperate palme e dilettosi errori, non
resta che il Tartaro, l’atra notte, e la silente riva dei morti.

natura → Sa o si confronta con la natura → una natura che è stata malevola nei suoi
riguardi concedendole una grande sensibilità alla bellezza, ma non di essere bella →
il rapporto di Sa o con la natura è un rapporto di amore e odio, perché la natura
l’attrae e nello stesso tempo la ri uta. Ma in realtà è sa o a sentirsi ri utata
dall’oggetto del suo amore

Anche il paesaggio ri ette questa duplicità → lo scenario è sospeso fra notte e alba
(l'alba è tradizionalmente l'ora dei suicidi) e fra la rappresentazione di una natura
splendida e armoniosa e quella di una natura buia e ostile che Sa o sente più in
armonia con il proprio stato d'animo → la sua condizione di esclusa la rende
paradossalmente meno infelice quando il cielo si scatena nel temporale → il cielo
tempestoso ri ette anche l'ira che muove la sua protesta.

Sa o parla di se stessa e sembra ricondurre la propria infelicità a un caso


eccezionale; a tratti, però, le sue considerazioni sul proprio destino sembrano
estendersi all'umanità in generale → Arcano è tutto, / fuor che il nostro dolor.
Negletta prole / nascemmo al pianto, e la ragione in grembo / de' celesti si posa. Le
osservazioni sui mali della vita (la ne delle illusioni con il nire della giovinezza, la
malattia, la vecchiaia, la morte) e il dubbio che possa davvero esistere una felicità
per l’uomo fanno pensare che Sa o non stia parlando solo di se stessa

stile → stile ardito e peregrino → nomi e immagini che rimandano al mondo classico;
espressioni ricercate e metafore tradizionali rendono il testo di cile e solenne

LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA


Nella lirica viene a rontato la teoria del piacere → l’unica gioia concessa all’essere
umano è l’assenza del dolore

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La poesia si apre con la rappresentazione idilliaca della vita del borgo di Recanati
dopo la tempesta → gli animali della campagna tornano alle loro occupazioni così
come gli abitanti riprendono i loro doveri quotidiani. Il cielo si schiarisce e il sole
torna a risplendere permettendo ad ogni uomo di a rontare un nuovo giorno con
rinnovata felicità.

Alla parte descrittiva segue quella ri essiva e loso ca delle strofe seguenti →
Leopardi espone il suo pessimismo sotto forma di ironia → secondo il poeta la vita è
bella proprio dopo che è passata la tempesta ed ogni uomo si rallegra perché, come
la natura vuole, al dolore segue il piacere che è tanto raro ed e mero che si
riduce a niente → Piacer figlio d’affanno … frutto/del passato timore → La quiete,
ossia il piacere, dopo un lungo momento di so erenza e di terrore della morte scuote
anche la gente che detestava o svalutava la vita.

La strofa nale è un’apostrofe alla natura matrigna → pessimismo cosmico. L’ironia


dei versi 42-54 si trasforma in sarcasmo, poiché la natura ironicamente de nita
cortese ed in grado di concedere a larga mano i doni che ha da o rire agli uomini →
in realtà non sono altro che a anni e so erenze, e quel tanto di piacere che ne
scaturisce invece è così poco da sembrare un guadagno. Il nale pessimistico
dell’opera è un augurio di felicità assoluta, recuperabile solo con la morte.

L' umana prole si dimostra felice se le è concesso un solo attimo di riposo dai mali
incessanti della vita, e beata se libera da ogni a anno con il sopraggiungere della
morte → il poeta si rassegna a considerare il destino dell’uomo inevitabile ed eguale
per tutti, il cui rimedio non è altro che la morte.

Questo idillio insieme a Il sabato del villaggio rappresenta un dittico → opera


letteraria in due parti, anche autonomi, ma fra loro complementari

CANTO NOTTURNO DI UN PASTORE ERRANTE DELL'ASIA


Il Canto notturno viene composto nella natìa Recanati, tra l’ottobre 1829 e i primi
giorni di aprile del 1830. Secondo una nota dello Zibaldone l’ispirazione giunge a
Leopardi dalla lettura di un articolo del barone di Meyendorff (Voyage
d’Orenbourg à Boukhara fait en 1820), pubblicato dal «Journal des Savants» nel
settembre del 1826, dove si descrive l’abitudine dei pastori nomadi kirghisi di
intonare malinconici canti mentre contemplano la luna.
Compare poi nell’edizione fiorentina dei Canti (1831).

Metro: Canzone di strofe libere, in endecasillabi e settenari. Oltre ad alcune


rime al mezzo, si può notare la ricorrenza della rima in -ale in chiusura di ogni
strofe.

La canzone libera appare come la struttura migliore per una poesia più filosofica
e speculativa.

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In questa poesia Leopardi sembra ormai essersi aperto al Romanticismo: esotismo,
lontananza, la situazione notturna sono alcuni dei tipici aspetti della poesia
romantica. Ma la lingua e l'immaginario rimangono sempre gli stessi, come
l'invocazione alla luna, come nell'idillio Alla luna.

Il Canto notturno è diviso in sei stanze, molto diverse l'una dall'altra. Nella prima
stanza il pastore si rivolge alla luna silenziosa, confrontando la sua condizione con
quella dell'astro. Il pastore si definisce "vecchierel bianco", un chiaro riferimento a un
sonetto di Petrarca (Movesi il vecchierel). Il confronto sproporzionato tra essere
umano e astro celeste si ritrova anche in altri Canti pisano-recanatesi, come nelle
Ricordanze. Il pastore si interroga poi sulla sua esistenza, confrontando la sua
situazione con quella del suo gregge, domandandosi come mai gli animali non
sentano il tedio della vita. Per lui l'esistenza è male.

Nella seconda stanza del Canto notturno Leopardi rielabora un sonetto di Petrarca
dal titolo Movesi il vecchierel, e quanta distanza da quell'immaginario legato al
motivo topico del pellegrinaggio, della ricerca, anche dell'amata, della desiata forma
vera, quella voce amorosa che si identificava nella vita del vecchiarello bianco e
canuto. Qui invece l'immagine della vita umana, della vita mortale, della vita breve,
quando anche emblematizzata da una persona anziana, viene comparata a un
principio metafisico, alla vita di un astro, come la luna. E questa sproporzione tra vita
microcosmica, la vita dell'uomo mortale e la vita degli astri, di quelle immagini
silenziose che Leopardi vedeva proiettate sullo schermo del firmamento, la
ritroviamo anche in altri canti pisano-recanatesi, questi canti del '29 che sono la vetta
del linguaggio lirico leopardiano, come per esempio le Ricordanze che iniziano con
l'evocazione delle "vaghe stelle dell'orsa". Inoltre, una poesia filosofica che si rivolge
alle entità naturali come la luna, ma che si rivolge poi agli animali: si rivolge loro
chiedendo come mai non abbiano quel senso di tedio dell'esistenza che pure invece
per ogni uomo è così conosciuto. "A me la vita è male", dice il pastore, confrontando
la sua situazione con quella del proprio gregge.

i sempiterni calli: la scelta dell’aggettivazione insiste (dopo l’invocazione iniziale alla


luna) sulla ricorrenza, pressoché eterna, del moto lunare, che in tal senso è ancor
più estraneo alle sofferenze del pastore che prende la parola all’apertura del canto.

prendi a schivo: espressione letteraria per mettere subito al centro della riflessione la
“noia” dell’esistenza, vera e propria malattia di cui soffre il poeta (e con lui, il pastore
nomade).

altro mai non ispera: ragionando sull’etimologia latina da spes, -ei, un passo dello
Zibaldone del 1 ottobre 1823 spiega il punto di vista leopardiano: “Il primitivo e
proprio significato di spes non fu già lo sperare ma l’aspettare indeterminatamente al
bene o al male... l’aspettare e l’aspettativa è un’idea che dovette esser tra le prime

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dinominate, e innanzi allo sperare ec. ch’è una specie dell’aspettare, e un’idea
troppo sottile e metafisica ec. ec.”.

Nell’espressione, è sottointesa la domanda: “a che vale” (v. 16). Si noti poi la


disposizione a chiasmo dei termini “al pastor la sua vita | la vostra vita a voi?”.

è rischio di morte il nascimento: Leopardi qui allude sia alle complicanze del parto
che soprattutto alla condanna all’infelicità implicita per lui in ogni venuta al mondo.

smisurata e superba: i due termini, in endiadi, stanno ad indicare sia il rapporto


spaziale (il creato è immenso rispetto alla finitezza di un singolo essere umano) che
quello gerarchico (il mondo è superbo e quasi sprezzante nei confronti della nostra
sorte) tra l’uomo e tutto ciò che lo circonda e lo annichilisce.

senza noia: il tema della fortuna degli animali, che sarebbero immuni alla “noia”
umana, torna in più passi dello Zibaldone, come in una nota del 7 ottobre 1823.

LE RICORDANZE
Le ricordanze svilluppano un tema caro a Leopardi, quello del confronto tra passato
e presente, paragonando malinconicamente le illusioni della giovinezza (assai simili
a quelle de La sera del dì di festa o di A Silvia) e l'amara disillusione attuale.

Metro: Canzone di sette strofe libere in endecasillabi sciolti.

nello Zibaldone, a Firenze, Leopardi aveva scritto: “Quasi tutti i piaceri


dell’immaginazione e del sentimento consistono in rimembranza. Che è come dire
che stanno nel passato anzi che nel presente."
In realtà, la dialettica è tra passato e presente. Il passato, l'oggetto della ricordanza,
viene proiettato come su uno schermo magico da quello che è il sentimento del
presente, da quella che è l'energia poetica e letteraria del presente.

Senza questa forza del presente il passato resterebbe lettera morta ed infatti delle
immagini del passato, le immagini della gloria poetica, della gloria politica, che sono
oggetto dell'eterna illusione dei mortali, vengono irrise: "Fantasmi, intendo, son la
gloria e l'onor; diletti e beni mero desio; non ha la vita un frutto, inutile miseria. E
sebben vóti".

questa sorta di nichilismo sonoro e musicale, però viene trasceso appunto nelle
immagini del passato, nel perdersi, nello sprofondare come in una specie di

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batiscafo nelle immensità oceaniche, in quella che è la memoria individuale che
finisce per attingere quasi la memoria dell'intera umanità.
E non a caso appunto la scena, il proscenio, lo schermo su cui si proietta questa
energia poetica, è quella del firmamento, del cielo stellato.

Una cosa che colpisce nelle Ricordanze, così come in altre poesie legate alla
memoria, alla rammemorazione, in Leopardi, è l'aspetto acustico. Avevamo visto
nell'Infinito il "suono delle stagioni": anche ora, sono i suoni del tempo che si fissano
con maggiore forza di penetrazione nella memoria e appunto i suoni saranno
protagonisti lungo il tessuto delle Ricordanze e avranno questi suoni, questi echi,
queste immagini di suono, una fortuna straordinaria nella poesia delle generazioni
successive. "Viene il vento recando il suon dell'ora dalla torre del borgo." Saranno
infinite le riscritture delle Ricordanze, la scena stessa delle Ricordanze, questa sorta
di sguardo che si sprofonda appunto nel paesaggio a partire da una posizione
altolocata, quella del balcone della casa avita, avrà anch'essa una straordinaria
fortuna nella poesia del '900, nella poesia della modernità. Ed appare poi nell'ultima
stanza, un nuovo personaggio, una nuova incarnazione di quell'eterno femminino,
muliebre, destinato appunto ad un destino crudele, a un destino di morte, un destino
di sottrazione all'esistenza, che ancora una volta è il doppio dell'io lirico. Ancora una
volta lo stesso personaggio, con ogni probabilità sempre Teresa Fattorini, già
chiamata Silvia, che ora sempre con nome tassiano, sempre con nome preso
dall'Aminta di Torquato Tasso, si chiama invece Nerina. Ed è proprio con questo
principio, con questo personaggio, con questa ennesima controfigura, che le
Ricordanze si chiudono con un dialogo al limitare.

là nella selva: il rimando autobiografico è al Monte Tabor di Recanati, sul cui “ermo
colle” è “ambientato” anche L’infinito; ne Il passero solitario, invece, è il campanile
della chiesa di Sant’Agostino a costituire il punto da cui il poeta sviluppa la propria
amara riflessione sull’esistenza.

3 quel lontano mar, quei monti azzurri (deittici sulla lontananza): i riferimenti
geografici sono rispettivamente all’Adriatico e ai monti Appennini, cui Leopardi
aggiunge la nota nostalgica del ricordo di un mondo idillico e protetto che ormai è
svanito e sopravvive solo nella mente del poeta.

4 arcana felicità fingendo: è il tema, carissimo a Leopardi, delle illusioni, con cui si
nutrono, soprattutto nella nostra “età verde” (v. 28) speranze ed aspettative per il
futuro, e con cui si crea e si inventa la vita che si vorrebbe vivere. Si ricordi poi l’uso
del verbo “fingere” ne L’infinito, con il significato di “immaginare con le risorse della
fantasia” (L’infinito, v. 7: “io nel pensier mi fingo”).

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5 natio borgo selvaggio: espressione divenuta celebre in cui Leopardi condensa
l’astio per il paese natale; in una lettera all’amico Francesco Puccinotti del 19
maggio 1829 scriveva: “Non so se mi riconoscerai più: non mi riconosco io stesso,
non son più io; la mala salute e la tristezza di questo soggiorno orrendo, mi hanno
finito”.

Io fui: la constatazione, icastica e secca, sta a significare che il poeta si accorge che
tutte le speranze e le illusioni giovanili, per quanto forti ed appassionate, si sono
inaridite dopo la giovinezza a causa di tutte le amare sofferenze cui egli è andato
incontro; in tal senso, la loro “ricordanza” non può che essere fonte di nuovo
tormento interiore.

8 dipinte mura: Leopardi, circondato dai ricordi del passato, allude qui ai quadri e alle
pitture a tempera che ornavano le stanze del “patrio tetto” (v. 17), e cioè del palazzo
di Recanati: questi diventano un simbolo esplicito delle proiezioni illusorie della sua
gioventù.

9 il mio possente errore: ovvero, quello di credere che le proprie illusioni giovanili di
felicità fossero vere e realizzabili.

10 indelibata: l’aggettivo, di sapore alquanto letterario, indica la vita “non ancora


gustata” e si inserisce dunque pienamente nella visione del mondo leopardiana, per
cui il “garzoncel” (v. 74), ancora inesperto della vita, si trova ancora nella
ingannevole (ma piacevolissima) età delle illusioni. Al “garzoncel” che, ignaro della
vita le si accosta speranzoso e cedendo spesso alla propria “immaginazione”, sono
dedicate anche alcune pagine dello Zibaldone (29 giugno 1822).

che di cotanta speme oggi m’avanza: esplicito il rimando metaletterario alla canzone
petrarchesca Che debb'io far? Che mi consigli, Amor? (Canzoniere, CCLXVIII, 32:
“Questo m’avanza di cotanta speme”), già noto a Foscolo nel celebre sonetto In
morte del fratello Giovanni, v. 11 (“Questo di tanta speme oggi mi resta”).

13 Leopardi intende che il ricordo delle illusioni giovanili, inaridite dal tempo
trascorso senza uno scopo e dalla sofferenze dell’età matura, gli renderanno in parte
amaro anche la dolcezza del “dì fatal” della morte, intesa come cessazione del
proprio dolore.

Costruzione vv. 119-124: “O primo entrar di giovinezza, o giorni vezzosi, inenarrabili,


allor quando le donzelle primieramente sorridono al rapito mortal, chi rimembrar vi
può senza sospiri?”. L’apertura della strofe si regge così su questa articolata
interrogativa retorica, che prosegue anche nei versi successivi, e che riprende il

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tema della perdita irrecuperabile delle illusioni giovanili, e dell’acerbità del loro
ricordo.

18 mostra che per signor l’accolga e chiami: nel “primo entrar di giovinezza” (v. 120),
il mondo non solo sembra offrire un sostegno attivo all’uomo, ma, in un’atmosfera di
gioia e felicità, addirittura lo riconosce come proprio signore (“per signor”, v. 130).

19 Nerina: nome poetico dietro cui probabilmente si cela Maria Belardinelli, giovane
recanatese morta a ventisette anni nel 1827. Qui, come la Silvia del componimento
omonimo, la figura femminile è una trasparente incarnazione della gioventù e della
speranza.

20 sei gita: arcaismo per “sei andata”.

LA GINESTRA (O IL FIORE DEL DESERTO) (1836)


→ le caratteristiche tematiche e formali ne fanno una sorta di testamento lirico-
filosofico.

La ginestra è il testo più lungo dei Canti: le sue sette strofe hanno dimensioni
eccezionali e i suoi lunghi periodi si snodano a volte a cavallo di decine di versi. Si
tratta, quindi, di un vero e proprio poemetto lirico- loso co, che per dimensioni e per
genere può ricordare i Sepolcri di Ugo Foscolo: dai Sepolcri lo distingue, però, un
superiore grado di innovazione, di audacia formale e di radicalità intellettuale.

tenebre → Giovanni allude alla venuta di Cristo

Il tema del ore che nella poesia romantica rappresenta un vero e proprio topos.
Leopardi recupera il ore della Ginestra

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Leopardi intende ancorare la propria esperienza poetica a una esperienza
esistenziale qui ed ora da cui inizia la sua osservazione / ri essione poetica
formidabile → suscita paura e terrore. Vesuvio sterminatore sul quale non cresce
nessun’altra pianta, a parte la ginestra → ore che si trova a proprio agio nel deserto
scena di desolazione → solitudine (deserto = privo di vita) odorata ginestra →
presuppone che ci sia un qualcuno, un destinatario del suo odore → subito dopo
interviene il soggetto

l’esperienza del poeta che torna con la memoria ad altre visione della ginestra erme
→ aggettivo caro a Leopardi donna /domina dei mortali → Roma

da un’esperienza sensoriale di come il tempo sia un padrone inesorabile, che


distrutte (come la Natura) e che lascia poca traccia delle glorie passate → la ginestra
gli ricorda altri ori che lui ha visto intorno a Roma, la quale fu la padrona di un tempo,
di un vasto impero → UBI SUNT (dove sono andati a nire le glorie del passato?
Dov’è Roma ? Che ne ha fatto il suo impero?) di Roma non rimane più niente e
rimane solo il nome tutta la strofa è costruita con il contrato tra il deserto, la natura è
vuota come è vuoto il passo

° epifrasi → è quando in un insieme di aggettivi, l’ultimo elemento viene spostato e


introdotto dalla congiunzione E. È un elemento in più che continua dà quella idea di
in nito

vv. 27 - 32 → C’è un’opposizione tra il passato e il presente (fur / or) → notiamo la


gura di suono → vocali chiuse e R nale

rima in mezzo (in mezzo al verso)→ cura / natura → rima ironica : la natura che non
si preoccupa di nulla, fa rima con cura. Quella natura che può distrugge tutto con un
lieve movimento e con movimenti un po’ più forti può annichilAre (la A allunga) tutto
il genere

v.51 riprende il verso e lo rovescia

v. 52 riprende il qui iniziale del v. 1

v. 53 → il secolo superbo e sciocco → si riferisce al proprio secolo segnato dallo


spiritualismo e dal romanticismo che mette al centro l’uomo. Quel secolo che è
tornato indietro e l’ha chiamato progresso

la parte centrale della strofa è tutta costruita intorno al Io → c’è una sorta di messa al
centro del poeta → poeta che non si adegua allo spirito del tempo, ma si
contrappone a ciò che la massa dice, però mettendosi al centro della scena

io che rima con oblio, però Petto mio → insistenza sull’io → viene ripresa nei
pronomi personali

v. 73 → c’è un reclamo al pensiero → il pensiero non smette di essere razionalista,


anche se dentro la poesia → pensiero poetante

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ASPASIA
Il poeta ha lasciato Firenze da circa due anni ma il ricordo di Fanny, sebbene
attenuato dal tempo, è tutt’altro che scomparso → di tanto in tanto il volto bellissimo
della donna gli torna alla memoria e con esso gli atteggiamenti materni, l’eleganza
dei modi e la ra natezza intellettuale che lo avevano fatto perdutamente
innamorare di lei.

Aspasia → moglie di Pericle. Dietro questo nome si cela la gura di Fanny Targioni
Tozzetti. Aspasia era apparsa al poeta come una gura divina, ma soltanto perché
vista con gli occhi ingenui e sognanti dell’amore, che inevitabilmente inducono la
mente a creare un ideale di donna che, in realtà, non esiste. Adesso che l’incanto si
è spezzato, Leopardi è nalmente libero di togliere quel velo divino del quale aveva
voluto ammantare Aspasia e guardarla per come davvero è, priva di quelle
connotazioni ideali che l’avevano resa unica e meritevole dei suoi sospiri → Leopardi
si sente di nuovo libero, non più schiavo di quel giogo amoroso. ì

Aspasia non esprime tanto la passione e la so erenza che da essa scaturisce,


quanto piuttosto il momento in cui essa, ormai scemata, lascia il posto a quella sorta
di distacco che rasserena l’animo, non più tormentato dall’amore → la disillusione
porta con sé la libertà polemica con il sesso femminile → secondo l’autore, dal punto
di vista sentimentale, esso sarebbe inferiore a quello maschile, poiché incapace di
coglierne il grande fervore emotivo e lo slancio ideale.

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GIOVANNI VERGA: CONTESTO STORICO
VERISMO → Fine Ottocento → dopo l’unità d’Italia: trionfo del liberoscambismo e
dal protezionismo → impatto sul sud, soprattutto sulla Sicilia

Abbiamo due sistemi politici che si vengono a fondere, ma anche due impostazioni
economiche diversi →

questione meridionale: da una parte c’è un nord Italia ampiamente avviato verso
l'industrializzazione e una produzione agricola di tipo intensivo; dall’altro lato
abbiamo un sud prevalentemente agricolo, dove vige il sistema del latifondo →
sistema che non spinge verso la modernizzazione, ma è profondamente ancorato
alla ripetizione di modelli e tecniche del passato

Di fatto, l’Italia che ci viene consegnata è un’Italia unita dal punto di vista
politico e amministrativo, ma ancora profondamente separata al suo interno
dal punto di vista sociale, economico, culturale e linguistico.

Quell’obiettivo di Manzoni di creare un romanzo per tutti gli italiani rimane un


obiettivo che rimane per altri scrittori, come Verga, a cui rispondono in
maniera diversa

Altri fattori:

 crisi dei ceti medi tradizionali che si ritrovano a subire questo processo di
unificazione e si trovano privi di una serie di protezioni che l’impostazione
tradizionale gli aveva fornito

 Un'Italia unita ha bisogno di un’ampia burocrazia per poter funzionare.


La classe media pubblica diventa la protagonista delle narrazioni

POSITIVISMO → Fiducia ottimistica nella scienza, come unico metodo valido da


estendere anche alle realtà spirituali. → La scienza si basa sulla misurazione, sui
dati positivi → quei dati che possono essere accertati.
Dottrina scientifica/ filosofica che estende i principi della scienza a tutti gli ambiti
umani: in questa maniera si possono migliorare le condizioni di vita dei ceti più
svantaggiati.

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SCAPIGLIATURA
 Non è un movimento organizzato, ma accomuna scrittori insofferenti per le
convenzioni della letteratura contemporanea e per i principi e i modelli
della società borghese.
 Origine del termine: dal romanzo di Cletto Arrighi (La Scapigliatura e il 6
febbraio, 1862), traduzione del francese bohème.

 Conflitto artista-società, proprio del romanticismo europeo , si afferma


nell'Italia post-unitaria a causa della marginalizzazione e del declassamento
dell'intellettuale umanista
 Atteggiamento ambivalente verso la modernità: repulsione e attrazione,
rifiuto e rassegnazione cantori del “vero”, nostalgici verso la bellezza del
passato distrutta dal progresso.
 Recupero dei temi romantici stranieri: l'irrazionale e il fantastico, il
“nero”.
 Modelli: Hoffmann, Jean Paul, Heine, Baudelaire.
 Introduzione al Naturalismo e al Decadentismo. Provocazione, ma manca
la rottura tra significante e significato del Simbolismo o l'apertura di
nuovi orizzonti conoscitivi del Decadentismo: avanguardia mancata

NATURALISMO
Dai fondamenti filosofici del positivismo nasce il naturalismo → Nasce in Francia
(Balzac, Flaubert e Zola)

Zola e il romanzo sperimentale: applicazione del metodo sperimentale anche al


romanzo e alla letteratura.

 Leggi che determinano l'uomo: ereditarietà e ambiente .

 Finalità: impegno della letteratura per migliorare la società.

 Positivismo e progressismo, tendenze romantico-decadenti.

 L’obiettivo del positivismo è migliorare la società → visione


progressista e progressiva della realtà stessa

La letteratura si fa per un pubblico più largo e i temi e il linguaggio sono più


raffinati

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VERISMO
Verismo: diffusione nella sinistra milanese di Zola e del Naturalismo positivista ad
opera di Felice Cameroni.

Capuana teorico del Verismo (recensore di Verga):

- no alla subordinazione della letteratura alla scienza e all'impegno politico


e sociale.
- Scientificità della forma: illusione della perfetta impersonalità dell'opera
d'arte (eclisse dell'autore, “opera dovrà sembrare essersi fatta da sé”).

 Tecnica narrativa di Verga : scomparsa del narratore onnisciente e


regressione del punto di vista (interno all'ambiente rappresentato) e del
linguaggio (spoglio, sintassi elementare, struttura dialettale).

 Ideologia verghiana: pessimismo (uomini sono mossi da interessi


economici, “lotta per la vita” è una legge di natura), e la realtà non è
modificabile → impersonalità e illegittimità del giudizio; conservatorismo,
critica verso la modernità, assenza di pietismo sentimentale verso il
popolo, assenza di mitizzazione del mondo rurale.

Meriti della letteratura verista: letteratura per un pubblico più largo,


rinnovamento dei temi e del linguaggio.

Limiti: paternalismo, → accusa verso tutti gli scrittori tono di superiorità – ma non
da parte di Verga.

DIFFERENZE TRA NATURALISMO E VERISMO


VOCE NARRANTE:

 Nel caso del romanzo sperimentale→ c’è una voce narrante che viene
dall’alto e dall’esterno → è come lo scienziato che osserva al microscopio la
realtà che sta osservando.

 Verga utilizza un punto di vista interno → dal momento che la realtà sociale
che affronta è più bassa rispetto al suo status, il punto di vista è dal basso e
interno.
Il giudizio appartiene al popolo: la voce narrante non è Verga, ma il
punto di vista è interno alla comunità.
Anche Manzoni utilizzava un narratore esterno che però interveniva. In questo
caso abbiamo un narratore che non interviene apertamente con commenti
propri, ma diventa quasi invisibile e si abbassa dal punto di vista della

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comunità.
Quello che viene realizzato da Verga è un effetto → quando Verga scrive
bisogna dar l’effetto che il racconto si sia scritto da sé.
Verga non utilizza delle digressioni per descrivere dei luoghi o delle tradizioni
come Manzoni → Verga non vuole seguire Manzoni su questa strada →
anche questo è un effetto → Verga lavora sul meno, sulla sottrazione

LINGUAGGIO DEL NARRATORE

 nel Naturalismo francese → linguaggio colto e raffinato

 nel Verismo abbiamo un linguaggio spoglio, elementare e apparente


semplice, regredito anche sul punto di vista linguistico perché, se la
lingua è l’espressione di un’ideologia, allora il pensiero dei personaggi non
può essere espresso in una lingua aulica.
Una lingua più retrograda è più difficile da capire da una lingua più colta
→ deve reimparare a vedere la realtà come la vedrebbe un pescatore o un
muratore per poterla rappresentare.

IMPERSONALITÀ

 Nel romanzo naturalista abbiamo il distacco dello scienziato,

 Verga abbiamo il narratore che si scioglie, fino a quasi scomparire,


all’interno dell’oggetto narrato (straniamento)

IDEOLOGIA

 naturalismo francese→ positivismo e progresso

 Verga → idea conservatrice e pessimistica (sfiducia nella “fiumana del


progresso)

CONTESTO

 Francia→ contesto che è prevalentemente cittadino, la società industriale è


affermata,

 Sicilia→ nel contesto affrontato da Verga abbiamo prevalentemente un


mondo agrario, più arretrato; latifondismo

FINALITÀ E RISULTATI

 Naturalismo→ “impegno” dello scrittore, cioè scrivere deve essere


un’attività sociale e politica (Zola accusa il sistema politico e sociale di aver
messo al bando un innocente come Dreifus → J’accuse).

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 Verismo→ si privilegia la letteratura, rinuncia al giudizio, secchezza ed
essenzialità → la rappresentazione che Verga ci dà della realtà sociale in
letteratura è molto più efficace di quella consegnataci da altri scrittori
progressisti.

GIOVANNI VERGA

 1840 → Nasce a Catania da una famiglia nobile liberale e antiborbonica.


 1858 → Si iscrive alla Facoltà di Legge a Catania, ma presto la abbandona
per dedicarsi alla letteratura.
 1860 → Allo sbarco dei garibaldini si arruola nella Guardia Nazionale in
favore dell’Unità d’Italia.
 1869 → Si trasferisce a Firenze, allora capitale d’Italia, dove frequenta i
salotti intellettuali e la vita mondana.
 1872 → Si trasferisce a Milano, dove resterà per 20 anni. Qui ha contatti con
gli scrittori della Scapigliatura e conosce la narrativa europea. Negli stessi
anni c’è a Milano anche l’amico scrittore Capuana, che gli fa conoscere il
Naturalismo francese.
 1874 → Con la pubblicazione della novella Nedda inizia il processo di
conversione al Verismo.
 1881 → Pubblica I Malavoglia.
 1884 → Durante un viaggio a Parigi incontra gli scrittori Emile Zola ed
Edmond de Goncourt, esponenti del Naturalismo francese.
 1890 → Torna definitivamente a Catania, dove vive nei suoi
possedimenti e si allontana sempre di più dalla scrittura.
 1920 → Viene nominato senatore a vita.
 1922 → Muore a Catania.

LA PRODUZIONE DI VERGA: LE STAGIONI NARRATIVE


Nella produzione di Verga è possibile isolare diverse stagioni narrative, condizionate
dalle sue vicende personali, dal contesto culturale in cui si muove e dal pubblico a
cui si rivolge.

FASE STORICO-PATRIOTTICA :

- produzione di Catania, fondata sugli ideali patriottici e sul modello dei


romanzi storici

COMPOSIZIONI PRINCIPALI

 I Carbonari della montagna (1861-1862) gusto romantico-risorgimentale,


narra un episodio storico di insurrezione in Calabria
 Sulle lagune (1863) gusto romantico-risorgimentale, narra un episodio
storico di insurrezione a Venezia

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FASE DEI ROMANZI DI INTRATTENIMENTO:

- produzione di Firenze,
- romanzo di intrattenimento con intreccio erotico

COMPOSIZIONI PRINCIPALI

- Una peccatrice (1866) passione travolgente tra la contessa Narcisa Valderi e il


letterato Pietro Brusio

 Storia di una capinera (1871)


- storia di Maria, orfana di madre, costretta alla vita monastica e impazzita per
amore
- influenza della Monaca di Diderot, della monaca di Monza dei Promessi Sposi,
del romanticismo sociale e filantropico di Dall’Ongaro e Percoto

FASE DELLA NARRAZIONE OGGETTIVA:

- produzione di Milano
- ideali amorosi al centro delle opere, ma sconfitti dalla realtà misera e
corrotta
- polemica con gli ideali romantici e con la società moderna (corruzione
morale, dominio del denaro)

COMPOSIZIONI PRINCIPALI

 Eva (1873):
- immagine negativa della società cittadina, a cui si contrappone quella della
società rurale preindustriale
- alternanza di punti di vista (narratore-testimone + protagonista= no narrazione
soggettiva)

 Tigre reale/ Eros (1875)


- debolezza morale dei protagonisti, attratti da donne nocive
- ambiente aristocratico-borghese descritto con lucidità e senso critico
- presenza di un narratore-testimone

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FASE VERISTA (CONVERSIONE AL VERO)
- adesione al programma del Naturalismo (con Capuana, Cameroni e Sacchetti)
- esplosione della ‘‘questione meridionale’’ con le denunce di Franchetti
(Inchiesta in Sicilia) e Sonnino (Lettere meridionali)
- abbandono degli ideali romantico-risorgimentali

POSITIVISMO SCETTICO (VERGA VERISTA)

La poetica verista di Verga si basa su tre presupposti:

1. il Determinismo storico, sociale e psicologico: la società è regolata dalle


stesse leggi della natura (i deboli soccombono), le scelte dell’uomo sono
determinate da impulsi naturali, dipendenti da fattori storici, dall’ambiente e
dal condizionamento ereditario

2. l’impersonalità: occorre osservare più che sperimentare, l’autore ha un ruolo di


testimone che denuncia e non fornisce giudizi

3. il realismo linguistico e stilistico.

COMPOSIZIONI PRINCIPALI

 Nedda (1874)
- modello della narrativa filantropico-sociale
- racconta la vicenda di Nedda, raccoglitrice di olive, che rimane incinta di Janu,
un contadino che poco dopo muore in un incidente sul lavoro; rimasta sola,
isolata per la sua condizione di ragazza-madre, Nedda vede morire la
figlioletta di stenti
- NON è VERISTA

 Vita dei campi (1880): Fantasticheria, Jeli il pastore, Rosso Malpelo, Cavalleria
rusticana, La Lupa, L’amante di Gramigna, Guerra di santi, Pentolaccia.
- ambientazione siciliana
- strutture antropologiche, codici di comportamento, convenzioni sociali siciliane
- letteratura come ‘‘documento umano’’
- Verga intreccia storie di passioni primitive, miseria, soprusi e
sfruttamento, sullo sfondo di una Sicilia arretrata e sofferente.
- Oggetto dei racconti sono i destini dei singoli personaggi, vittime che non
possono ambire ad alcun riscatto individuale o emancipazione sociale.

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LA LETTERATURA COME DOCUMENTO (NOVELLE DE VITA DEI
CAMPI)
 L’amante di Gramigna, prefazione: contiene la lettera a Salvatore Farina, in
cui l’autore esplicita la sua adesione al verismo: egli è attratto dal
‘‘semplice fatto umano’’, non esprime giudizi

Fantasticheria

- (contenuto): resoconto di un viaggio che l’autore fa in compagnia di Paolina


Greppi. L’amica osserva ‘‘con il cannocchiale’’ il mondo agreste e
arretrato della Sicilia; l’autore vi contrappone una diversa lente, per
comprendere più da vicino quella realtà.

 proposta dell’ ‘‘ideale dell’ostrica’’: principio che determina l’attaccamento


tenace dei più sfortunati allo ‘‘scoglio su cui la fortuna li ha lasciati cadere’’ per
non essere divorati (tema dell’indagine sulla rassegnazione dei
personaggi).

Rosso Malpelo (1878)

 letteratura come documento: per la stesura di Rosso Malpelo (e, in


particolare, per la descrizione delle condizioni disumane del lavoro dei ragazzi
nelle zolfatare siciliane), l’autore attinge all’Inchiesta in Sicilia di
Franchetti e Sonnino

 peculiarità: l’autore cerca di trasferire al lettore anche gli aspetti emotivi e


psicologici dei personaggi oggetto dell’Inchiesta

VITA DEI CAMPI: DIVERSI TIPI DI NARRAZIONE

 il narratore colto, ossia l’autore (Fantasticheria)


 la narrazione polifonica (Jeli il pastore, La Lupa)
 la voce popolare (Rosso Malpelo).

L’impersonalità narrativa non esclude ancora momenti dalle tinte romantiche,


soprattutto nella descrizione dei personaggi

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NOVELLE RUSTICANE (1883)

- ambientazione siciliana
- strutture antropologiche, codici di comportamento, convenzioni sociali
siciliane
- letteratura come ‘‘documento umano’’
- I personaggi sono di diverse classi sociali e appartengono sia alla realtà di
campagna che a quella delle cittadine della provincia siciliana.
Sono accomunati dall’essere figli di una società segnata da violenza e
sopraffazione.

SOLUZIONI NARRATIVE DI VERGA VERISTA


 I testi si devono raccontare da sé: il punto di vista dell’autore viene
azzerato (‘‘artificio della regressione’’).
La tecnica narrativa è quindi quella dell’impersonalità: a parlare è la
materia, nella sua oggettività.
 L’inconciliabilità tra il punto di vista del narratore e quello dell’autore
provoca nel lettore un effetto di straniamento: il lettore non riesce ad
indentificarsi con la mentalità e il sistema di valori proposti dal
narratore.
 La prospettiva linguistica e culturale dei personaggi rispecchia quella
dell’ambiente rappresentato.
Pertanto, la forma del parlato proposta da Verga cambia nelle sue diverse
opere.

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 L’utilizzo del discorso indiretto libero (= introduzione nel discorso indiretto di
inserti di discorso diretto, ma senza virgolette e senza l’uso del verbo ‘‘dire’’)
permette di dare voce ai personaggi.

TEMI E PROTAGONISTI DELLE OPERE VERISTE


 Novelle rusticane (temi)= realtà storica causa del male (potenti schiacciati
dall’avidità e dalla degradazione morale)

 Per le vie (temi) = vita degli emarginati del sottoproletariato urbano milanese
(sbandati, malavitosi, prostitute

 Ciclo dei Vinti (temi)= vita di tutti i ‘‘vinti’’ nella lotta per la vita
 Prefazione ai Malavoglia: si presenta la lotta darwiniana per la vita da parte
di tutte le classi sociali
 affinità con Edmond de Goncourt: romanzo realista che ritrae tutti gli strati
sociali.

1. lotta per i bisogni materiali di pescatori e contadini (I Malavoglia)


2. lotta per la ricchezza dei borghesi (Mastro-don Gesualdo)
3. lotta per la vanità degli aristocratici (Duchessa di Leyra)
4. lotta per l’ambizione (Onorevole Scipioni)
5. lotta dell’artista per tutte le vanità insieme (L’uomo di lusso)

PROTAGONISTI

- emarginati o disadattati per problemi sociali, economici, morali


- hanno uno sguardo più profondo sulle cose e un grande slancio vitale

Atteggiamento di Verga verso i protagonisti= positivo, ne comprende le sorti:

- la famiglia di Verga (piccola nobiltà agraria) è esclusa dalla società industriale


- il ruolo dell’artista è quello di un emarginato dalla società moderna

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I MALAVOGLIA

LA TRAMA IN SINTESI
 LA STORIA DELLA FAMIGLIA- La famiglia è composta da padron ’Ntoni, dal
figlio Bastianazzo, dalla nuora Maruzza, dai nipoti ’Ntoni, Luca, Mena, Alessi
e Lia. I Malavoglia sono grandi lavoratori, pescatori da più generazioni,
proprietari di una casa e di una barca: “La Provvidenza”.
Per preparare la dote a Mena e sopperire all’assenza di ’Ntoni, partito per il
servizio militare, padron ’Ntoni acquista un carico di lupini, indebitandosi.
I lupini però sono avariati e si perdono in mare durante una tempesta, in cui
trova la morte Bastianazzo.

 LA ROVINA DELLA FAMIGLIA- Al ritorno, ’Ntoni deve andare a lavorare ‘‘a


giornata’’ con il nonno per ripagare il debito e riparare la barca. Intanto Luca
muore nella battaglia di Lissa. La barca, appena riparata, viene sfasciata da
una tempesta (secondo naufragio).
La famiglia è costretta a lasciare la casa.

 IL DESTINO DI ’NTONI- Dopo aver conosciuto la grande città ed essere


rimasto affascinato dal progresso, ’Ntoni parte per Trieste.
Al ritorno non riesce più a riconoscersi nei valori in cui è cresciuto, si
rifiuta di lavorare e si fa mantenere da Santuzza, la proprietaria
dell’osteria. Quando questa lo caccia, si dà al contrabbando.
Viene processato per aver accoltellato il brigadiere Michele; durante il
processo viene alla luce la relazione extraconiugale tra Lia e lo stesso
brigadiere.
Lia, per la vergogna, fugge a Catania e lì si perde. Il vecchio padron ’Ntoni
muore in un grande ospedale.

 Alessi, il fratello più giovane, riesce a ricomprare la casa e vi si trasferisce con


la moglie Nunziata e Mena.
Torna anche ’Ntoni, dopo anni di galera, ma si sente ormai un estraneo e
decide di andarsene.

TEMI CHIAVE (E LE FONTI)


 LE PROBLEMATICHE STORICHE E SOCIALI: La narrazione si snoda
attorno a due fatti principali: il debito contratto da padron ’Ntoni e la
condotta del nipote ’Ntoni: entrambi sono legati alle problematiche sociali e
storiche correlate con la ‘‘questione meridionale’’.

FOCUS SULLE TRADIZIONI: L’autore inserisce nell’opera dati e informazioni


precise, di carattere sociologico, etnologico e antropologico.

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Nel romanzo si trovano infatti proverbi, tradizioni popolari, usi religiosi,
cerimonie, pratiche caratteristiche.

 FOCUS SULLE STRUTTURE ECONOMICO-SOCIALI: L’autore inserisce


inoltre una serie di notizie riguardanti il tessuto economico e sociale dell’isola:
ne fanno parte la questione delle tasse, la corruzione delle
amministrazioni, il parassitismo diffuso, l’usura, il contrabbando.

UNA RICOSTRUZIONE A RITROSO: Per la sua opera, Verga fa riferimento a


documenti e ricordi della sua terra, avviando un lavoro di ‘‘ricostruzione
intellettuale’’.
Elabora le informazioni quando è lontano dalla sua terra, ma riesce comunque
a non lasciarsi condizionare dal richiamo nostalgico e a restituire al lettore un
documento sociale.

 Irruzione violenta della storia all'interno di un mondo arcaico e modellato sul


ritorno ciclico;

 LE TRASFORMAZIONI DELLA MODERNITÀ. 'Ntoni – padron 'Ntoni:


modernità vs. tradizione. Famiglia si disgrega, e alla fine la ricomposizione è
parziale: 'Ntoni, elemento di inquietudine e rottura, si allontana verso la
modernità e il progresso.

 Superamento dell'idealizzazione romantica: lotta per la vita è la legge anche


del mondo arcaico rurale.

Polarizzazione e gioco dei punti di vista: i Malavoglia vs. il coro

- Straniamento.
- Giudizio critico affidato all'idealità dei Malavoglia .

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I MALAVOGLIA: NARRATIVA E LINGUA
L’AUTORE INVISIBILE: La voce narrante proviene dalla scena popolare, è la voce
corale dell’intera comunità (‘‘plurivocità narrativa’’).
I personaggi che raccontano sono diversi, ma condividono la medesima realtà
linguistica, sociale e ideologica.

 IL PRIMATO DELLO SFONDO (LUPERINI): La narrazione dei fatti essenziali


viene oscurata dal chiacchiericcio e dai pettegolezzi.
La drammaticità delle vicende risulta dissimulata dietro eventi secondari
=>Il mondo popolare è in primo piano.

 I PERSONAGGI PARLANO CON LE AZIONI: I personaggi non vengono


descritti, ma ne vengono raccontate le azioni.
L’autore fotografa, il lettore osserva e comprende le caratteristiche dei
personaggi.

IL LINGUAGGIO DEL POPOLO= Il popolo racconta, coralmente: il linguaggio deve


essere il suo.
Verga parte dalla lingua italiana e la arricchisce di elementi tratti dalla cultura
orale regionale della Sicilia => Italiano etnificato: fraseologie e cadenze del
siciliano all’interno del toscano.

“(….) Essi non conoscono lingua diversa dal siciliano per esprimere ribellioni, dolori,
speranze.La lingua italiana non è in Sicilia la terra dei poveri” Luchino Visconti, film
“La Terra Trema” (1948), in riferimento agli “attori” scelti per dare vita ai Malavoglia
del romanzo.

IL PROGRESSO VISTO DAGLI SCONFITTI: IL PESSIMISMO DI


VERGA
 Nei Malavoglia Verga rappresenta la società del progresso adottando
l’ottica dei vinti=> coloro che, nella lotta per il benessere, restano
‘‘indietro’’ e subiscono gli eventi senza poterli controllare.

Le ragioni della rovina dei protagonisti derivano da:

 spinte sociali=> desiderio di ascesa (miglioramento della qualità della vita


ed economico) con la decisione di commercializzare i lupini),

 accadimenti naturali=>la tempesta che distrugge la barca,

 contingenze storiche => l’impegno militare che allontana ’Ntoni e uccide


Luca

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MASTRO-DON GESUALDO (1888-1889)
L’opera compare per la prima volta sulla rivista ‘‘Nuova Antologia’’, nel luglio del
1888.
Nel 1889 esce l’edizione in volume, con un testo in larga parte riscritto.

L’ultima versione in volume si compone di ventuno capitoli riuniti in quattro


parti, che ripercorrono gli eventi salienti della vita del muratore Gesualdo
Motta

LA TRAMA IN SINTESI
 Nella Sicilia del 1820 si confrontano due mondi: quello dell’aristocrazia
tardo-feudale in declino e quello della borghesia terriera e
imprenditoriale, che punta ad acquistare le terre delle famiglie in rovina.

 Gesualdo Motta è un muratore con un grande fiuto per gli affari: da


‘‘capomastro’’ diventa proprietario terriero, riuscendo ad accumulare
enormi ricchezze.

 Per riscattarsi anche da un punto di vista sociale Gesualdo lascia la sua


domestica, da cui ha avuto due figli, e sposa Bianca Trao, appartenente a
una nobile famiglia decaduta e costretta al matrimonio per celare la
relazione con il cugino.

 Dal matrimonio con Bianca nasce Isabella, che viene educata con grande
attenzione, ma che ripaga il padre fuggendo con il cugino Corrado.
Anche lei viene costretta a un matrimonio di convenienza con il duca di
Leyra, uno squattrinato che la sposa per la dote.

 Consumato dalle delusioni, Gesualdo si trasferisce a casa del genero;


Isabella però si vergogna di lui, lo trascura e lo abbandona alle cure
della servitù.
Il genero sostiene spese esorbitanti, che portano alla confisca dei beni
familiari. Gesualdo, sconfortato, si pente di aver dato così tanta
importanza al denaro, trascurando gli affetti: muore solo, tra l’indifferenza
dei servitori.

59
LA NARRAZIONE POLIFONICA DI MASTRO-DON GESUALDO
 L’AUTORE INVISIBILE=> La voce narrante ancora una volta si mimetizza e
assume la prospettiva corale dei suoi personaggi.
L’ambiente sociale non è omogeneo come quello dei Malavoglia: le classi
sociali sono molteplici, ogni personaggio parla con la sua voce.

 L’ALTERNANZA DI LINGUAGGI=> Proprio perché i personaggi hanno


estrazioni diverse, l’italiano parlato, segnato dal dialetto, si alterna a
quello colto e mondano, in una narrazione polifonica che si fonda sulla
molteplicità dei linguaggi.

 IL RACCONTO ANCORA PIÙ IMPERSONALE=> Le letture della storia, in


cui intervengono molteplici voci, si fanno variegate, talvolta anche discordanti.
Cresce l’effetto di straniamento del lettore e si realizza pienamente il
principio dell’impersonalità.

60
ULTIMO VERGA: PRODUZIONE TEATRALE
 Impossibilità di completare il ciclo: Duchessa di Leyra si ferma al primo
capitolo, nel mondo aristocratico e cittadino domina la finzione, non si
può raffigurare in maniera oggettiva e “impersonale”.

 Nelle ultime raccolte di novelle - I ricordi del capitano d’Arce (1891) e Don
Candeloro e C.i. (1894) - Verga affronta rispettivamente il tema dell’amore
nel mondo vano aristocratico e quello della vita a teatro.

 Dopo il trasferimento a Catania l’autore si occupa però soprattutto di scrittura


teatrale.
Adatta alla scena alcune delle sue novelle più celebri (Cavalleria
Rusticana, musicata da Pietro Mascagni), scrive le sceneggiature La
caccia al lupo (1897) e La caccia alla volpe (1901) e il dramma in tre atti Dal
tuo al mio, in scena nel 1903: conflitti sociali nell'ambiente delle solfare,
tradimento dei compagni di lotta.

61
MODULO B: ALLE SOGLIE DELLA POESIA NOVECENTESCA

DECADENTISMO

I due grandi autori che introducono la poesia del 900 sono

-Gabriele D’Annunzio -Giovanni Pascoli

CONTESTO STORICO

Seconda metà dell’800 → identico sfondo socio-economico del Romanticismo ma si


accentua ancora di più

Il processo produttivo si fa sempre più razionale e organizzato → si allarga su


scala mondiale. Su scala mondiale significa anche che coinvolge differenti classi
sociali → i nobili andavano a utilizzare merci che provenivano da altri luoghi già da
secoli. L’organizzazione del lavoro a scala globale si associa con i consumi di
massa. Questo comporta anche alle concentrazioni monopolistiche.

Con la nascita della società di massa nasce anche la crisi dell'individuo →


l’artista subisce questa crisi, con anche l’ironia di chi sa che il proprio ruolo non solo
è stata messa in discussione, ma è anche marginale → il poeta vate è qualcosa
del passato; nella società moderna non c’è più spazio per questo ruolo → si assiste
anche a una declassazione non solo economica ma anche sociale

→ Una volta che il poeta ha perso il suo prestigio, cosa gli resta da fare? Il poeta
può accentuare alcuni caratteri per farsi notare e ritornare sulla ribalta:

- poeta esteta che fa diventare la sua poesia un’opera → fa diventare la sua


stessa esistenza un’opera d’arte (D’annunzio)
- poeta giocoliere che gioca con le parole e rinuncia apertamente al suo
ruolo di poeta (Pascoli)
- incarna il ruolo della vittima della società → poeta che piange, il poeta
malato

→ mercificazione dell'opera d’arte (si crea un mercato attorno all’opera


letteraria, autore-casa editrice (così come il pittore con il mercante d’arte)→
Questa mercificazione ha come conseguenza la riduzione del pubblico → da
una parte abbiamo la massa, dall’altra abbiamo un pubblico elitario e ristretto

→ D’Annunzio è capace di capire le dinamiche del mercato culturale che stanno


cambiando (è un anticipatore).
D’Annunzio scrive romanzi in cui ci sono lunghe descrizioni di ambienti → l’uomo
prepara l’incontro amoroso con la donna (attenzione ai dettagli) → tutto è preparato
affinché fare della propria vita un’opera d’arte → il lettore e la lettrice è
qualcuno che davanti a quelle descrizioni sogna e immagina una realtà che
non è la propria, ma a cui vorrebbe tendere.

62
L'arte di d’Annunzio è stata perfezionata al fuoco nelle cronache bizantine →
d’Annunzio inizia a raccontare per i giornali che si occupano dei pettegolezzi
dell’epoca, soprattutto si concentrano su Roma, queste storie di tradimenti e di come
erano vestiti (Il Piacere).

Il conflitto tra borghesia e proletariato → l'intellettuale proviene dalla


borghesia ma guarda al proletariato, alcune volte con una certa attenzione a un
mondo a cui non appartiene ma che vorrebbe interpretare, alcune volte anche
con fastidio (d’Annunzio), disprezzando la massa ma allo stesso tempo
rivolgendosi alla massa

SIMBOLISMO→ reazione al materialismo del Positivismo, voce al sentimento del


mistero sotteso alla realtà → non tutto può essere spiegato con la ragione, anzi
la profondità dell'essere non può essere spiegata → è il mistero su cui si fonda
la realtà.
Il ruolo del poeta è andare in fondo a questo mistero; quindi, diventa il poeta in
virtù di una propria veggenza deve trovare un accordo nascosto tra le parole e le
cose che a volte si può individuare non attraverso un ragionamento ma una
rivelazione.

Se la parola si trova di fronte a una certa insignificanza, c’è una resistenza possibile
che è la parola oscura, la quale attraverso le illuminazioni improvvise può
rivelare un significato nascosto.

 Il significante stesso diventa significato → il suono della parola prima


ancora di quello che significa
 poesia come musica → Wagner: opera totale → è possibile fondere
poesia, musica e attività performativa
 → teatro, l’opera lirica come arte totale

63
DECADENTISMO
Nasce tra la fine del 800 e l'inizio del 900.

 Origine del termine: da “Languer”, sonetto di Verlaine (1884).


 Sentimento della fine della civiltà

TEMI che caratterizzano il Decadentismo:

 attenzione verso la malattia: in riferimento alla società malata → ma la


malattia è considerata come uno stato privilegiato di conoscenza
→ si amplifica questa percezione anche attraverso le droghe e l’alcool: si ha
questa idea di superare il limiti dell’uomo e della società borghese
→ morte

 vitalismo → volontà di bruciare la vita, di vivere al massimo tutte le


esperienze

 superomismo → Nietzsche e il superuomo → superamento dei limiti a cui


l’uomo è costretto dalla schiavitù morale borghese e cristiana → questa
schiavitù lo rende debole perché lo porta a prendersi cura alle persone più
fragili.
Ma così non c’è il superamento → raggiungimento di una nuova società non
più schiava di una moralità. È anche il rifugiato aristocratico della normalità.

 eroe decadente → è il maledetto, l’esteta, l’inetto (colui che è incapace di


portare avanti un progetto di vita), la donna fatale, il fanciullino, il
superuomo (velleitarismo dannunziano)

 scoperta dell’inconscio → forma di codificazione dell'inconscio con Freud →


egli parte da istanze positivistiche, però ci fa arrivare all’idea che l’io non è
più padrone a casa sua → è controllato dall’inconscio.
Il soggetto è scomposto, tutto questo mette in discussione i discorsi
consolidati dalla tradizione.
- Romanzo psicologico → rivolto più che a rappresentare le azioni dei
personaggi, le motivazioni interiori dei personaggi stessi (i pensieri, i
sentimenti)
→ non sempre questi pensieri si traducono in azioni, e a volte le azioni
tradiscono i sentimenti.

 spiritualismo → tensione verso il mistero e il misticismo


→ panismo: teoria del tutto → tutto può essere compreso non attraverso
delle leggi razionali, ma attraverso l’intuizione o il frammento: nel frammento
può essere compreso il tutto.
-Epifania → apparizione: è benefica, salvifica, qualcosa che porta alla
soluzione, che mostra o indica la soluzione.

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 estetismo → culto quasi religioso dell'arte, che non ha altri scopi → arte
per l’arte
→ arte pura: un’arte che a differenza della concezione artistica di Manzoni
non ha un nesso inscindibile tra bello, utile e vero.
L‘arte trova in sé stessa il proprio significato e il proprio fine, che va
oltre la morale.

 rivoluzione del linguaggio poetico → riscopre il valore magico delle parole


→ serve a evocare ed entrare in contatto con mondi lontani (esotismo),
attenzione verso la musicalità.
Le figure privilegiate sono la metafora → collegamento tra sensi lontani che
sono legati da un ponte;
la sinestesia → figura retorica che coinvolge sfere sensoriali diverse →
allargamento della percezione

DECADENTISMO E ROMANTICISMO A CONFRONTO


Irrazionalismo → (aspetto comune) idea di rifiuto della realtà → si fugge dalla
realtà verso un altrove nel tempo e nello spazio, un altrove fantastico.
Nel Romanticismo si traduce in entusiasmo, anelito verso l’infinito, titanismo e
ribellione.
Invece nel Decadentismo parliamo di stanchezza, smarrimento, presentimento
della fine.

Nel Romanticismo si prediligono le grandi sintesi (idealismo), atteggiamento


costruttivo che guarda alla totalità. Questa idea costruttiva di tensione verso
qualcosa che ancora non c’è ma che si può creare, porta verso l’impegno.
Invece nel Decadentismo abbiamo la predilezione verso il frammento, per le
opere brevi e intense.
Inoltre l'impegno viene rifiutato → i poeti non si impegnano nel migliorare la
società.

Nel Romanticismo abbiamo l'esaltazione del genio, della natura, della


spontaneità e dell’immediatezza→ si tende alla poesia che rappresenta la natura il
più vero possibile.
Nel Decadentismo abbiamo l'estetismo, principio dell’arte pura, e l’esaltazione
dell’artificio→ tutta l'attenzione è rivolta verso l'artificio e l’artificiale.

L’anelito religioso del Romanticismo →diventa misticismo nel Decadentismo.

Se nel Romanticismo abbiamo la contrapposizione tra l’io e il mondo, invece il


Decadentismo per l’idea del panismo, c’è una identificazione tra l’io e il mondo
→ l’uomo si identifica con il mondo e il mondo si identifica con l’uomo.

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Se nel Romanticismo abbiamo un conflitto tra l’uomo e la società, nel
Decadentismo → frattura tra intellettuale e società.
Il fascino del male e dell’oscurità del romanticismo diventa gusti per la perversione e
la crudeltà, per la corruzione.

Entrambe le correnti letterarie condividono uno sguardo rivolto al passato:

- L'età privilegiata per il Romanticismo è il Medioevo


- età sorgiva; il Decadentismo guarda soprattutto verso le epoche della
decadenza (grecità alessandrina, tarda latinità, periodo bizantino)

GABRIELE D’ANNUNZIO

 1863: Nasce a Pescara.


 Primo vere (1879), liceo Cicognini di Prato, vita mondana a Roma (salotti e
redazioni di giornali). Vita scandalosa→ maschera dell'esteta («vivere
inimitabile»).
 Anni '90: mito del superuomo.
 Disprezzo per la borghesia, per il denaro →← obbedienza alle leggi del
mercato editoriale.
 1897: avventura politica, da estrema destra a sinistra; 1898: il teatro;
 1910: fuga in Francia per debiti.
 1915: volontario nella Prima guerra mondiale (beffa di Buccari, volo su
Vienna). 1920: impresa fiumana.
 Rapporti ambigui con il fascismo: esaltato come padre della patria,
confinato nel «Vittoriale degli Italiani».
 Muore nel 1938.
 Fenomeno del dannunzianesimo e rapporto con la cultura di massa.

FASI DELLA POETICA

 ESORDIO: modelli Carducci e Verga


- 1882 Canto novo: modello Carducci, sentimento pagano della natura,
vitalismo, morte.
- Terra vergine: novelle, modello Verga per la tematica regionale, manca
impersonalità e analisi della lotta per la vita; matrice decadente: primitivo,
eros, violenza; così anche Novelle della Pescara.

 FASE DELL'ESTETISMO
- Anni Ottanta: influenza dei poeti decadenti inglesi e francesi: Intermezzo
di rime (1883), Isaotta Guttadauro (1886), Chimera (1890): estetismo («il
Verso è tutto»), ispirazione letteraria.

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Estetismo= risarcimento immaginario alla declassazione e alla crisi
dell'intellettuale.

 1889: Il piacere: crisi dell’estetismo: isolamento sdegnoso → sterilità


e impotenza;
- repulsione-attrazione dell'autore verso il protagonista, Andrea Sperelli,
suo doppio;
- estetismo forza distruttiva;
- romanzo psicologico e presenza di allusioni simboliche ;
- dialettica donna-angelo e femme fatale

 ANNI NOVANTA: FASE DELLA BONTÀ


- Modello romanzo russo (Dostojevskij): Giovanni Episcopo (1891),
L'innocente (1892), Il poema paradisiaco (1893).

 I ROMANZI DEL SUPERUOMO

1892: scoperta di Nietzsche: rifiuto del conformismo borghese e dell'etica della


pietà.

D'Annunzio accoglie da Nietzsche

- Esaltazione della volontà di potenza.


- Culto per la civiltà greco-classica e contrasto dionisiaco/apollineo.
- Aristocraticismo.

D'Annunzio non accoglie da Nietzsche

- Critica alle ideologie e alle convenzioni.


- Prospettiva di un'umanità liberata dai dogmi e da ogni valore tradizionale.
- Critica al progresso e al mito del progresso

- Esaltazione dello spirito “dionisiaco” e della “volontà di potenza”.


- Affermazione di una nuova aristocrazia → atteggiamento antiborghese e
antidemocratico.
- Superuomo-esteta.
- Tensione politica dell'intellettuale: accordo con imperialismo, militarismo,
colonialismo.

67
LE OPERE
 1894: Trionfo della morte
- Giorgio Aurispa (protagonista)
- Malattia interiore e ricerca senso della vita.
Fallimento del ritorno al primitivo, del misticismo religioso, della soluzione
nietzschiana del “dionisiaco.
- Romanzo psicologico, visione soggettiva del protagonista “inetto”. Impianto
simbolico

 1895: Le vergini delle rocce


- Claudio Cantelmo (protagonista)
- Manifesto politico del superuomo: sdegno antiborghese e disegni imperiali
(generare il futuro re di Roma). La letteratura sostitutivo dell'azione, attrazione
per la “putredine” come stimolo alla vita. Eros perverso e fatale. Incompletezza
del ciclo del giglio.
- Parti oratorie e simbolismo rarefatto. Clima mitico e favoloso, distanza dal
realismo.

 1900: Il fuoco
- Stelio Effrena (protagonista)
- Manifesto artistico del superuomo.
Progetto di un teatro nazionale (Wagner) che non viene realizzato.
Incompletezza del ciclo del melograno
- Lunghe discussioni e meditazioni, analisi psicologiche, episodi simbolici.

 1910: Forse che sì, forse che no


- Paolo Tarsis (protagonista)
- Celebrazione della macchina (esaltazione del volo), pulsione di morte
(influsso di Isabella Inghirami) vinto dal desiderio della vita.
- Intreccio più drammatico (esperienza teatrale), dimensione simbolica.

TEATRO
 1898: Città morta
- teatro del superuomo; progetto di arte totale (Wagner).
- Rifiuto del teatro borghese per un teatro “di poesia” (personaggi d’eccezione e
trama simbolica).

 1904: La figlia di Iorio : «tragedia pastorale»;


- Abruzzo magico e superstizioso, mitico (gusto decadente per il primitivo).
- Formule del linguaggio popolare.

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LE LAUDI
Progetto di 7 libri (come le Pleiadi). Completi Maia, Elettra, Alcyone (1903), Merope
(1912), Asterope (postumo).

 MAIA: poema unitario di 8400 versi; verso libero.


- Temi: vitalismo gioioso;
comunione con la natura;
Ulisse incarnazione del superuomo;
Ellade=recupero del passato mitico.
Inno alla modernità capitalistica e industriale che dissimula la paura
dell’intellettuale

- Stile: strofa lunga di versi liberi.


Chiarezza, enfasi retorica, semplicità del messaggio.
Propaganda reazionaria e miti oscurantisti.

 ELETTRA: oratoria e propaganda politica.


Temi: passato e futuro vs. presente (polo negativo).
Città del silenzio, esaltazione del Medioevo e Rinascimento.
 ALCYONE : lirismo, evasione e contemplazione durante le vacanze
estive.
- Temi: fusione panica con la natura (ulteriore metamorfosi dell'ideologia
superomistica).
- Stile: ricerca di musicalità, linguaggio analogico.

LA SERA FIESOLANA
La poesia è la trascrizione degli stati d’animo suscitati dall’apparire della sera
nella campagna di Fiesole (Firenze), in compagnia di un’amica (Duse) presente
solo per discretissimi cenni.
Le protagoniste sono la sera e la natura che hanno un ruolo antropomor co,
ogni aspetto naturale è umanizzato.

La raccolta rimanda all’origine della letteratura italiana che viene recuperata


anche attraverso gli elementi della natura.

Una strofa di 14 versi è seguita da un terzetto a mo’ di antifona → tale schema è


ripetuto 3 volte.
Ogni strofa si apre con due endecasillabi e si chiude con un quinario.
L’ottavo verso di ogni strofa è un endecasillabo e il quinario nale rima con
il primo verso del terzetto. Nei terzetti i versi mediani fanno assonanza fra
loro. I terzetti hanno sempre lo stesso schema: il v. 1 è un endecasillabo,
con attacco sempre uguale Laudata sii; il v. 2 è un ternario sempre uguale
O Sera + verso di 12 sillabe; il v. 3 è un quinario.

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Francescanesimo e antropomorfismo del paesaggio sono i due assi della
lettura della poesia.

 Francescanesimo → nella lode alla sera riecheggia il Cantico delle


creature → “fratellanza” delle creature naturali e mistica “santità” del
paesaggio
 Antropomorfismo → introduce l’atteggiamento “mitico” di Alcyone,
che non si ferma al puro dato fisico, ma lo interpreta e lo trasfigura in
una sua particolare visuale → il paesaggio

“sente”, “patisce”, “parla” come se fosse una creature vivente

La prima strofa presenta la comparsa personificata della Luna (v. 8) e


l’immagine finale (vv. 11-14) della campagna che “beve” la pace notturna.
La triplice antifona introduce sempre un vocativo alla Sera, personificata in una
creatura umana dal viso di perla e dai grandi umidi occhi (vv. 15-16) e che in ne
viene meno, cedendo alla notte in una morte indolore (vv. 49-51).

La seconda strofa accentua l’umanizzazione della natura → la pioggia è detta


commiato lacrimoso della primavera (v. 21); i germogli dei pini sono
chiamati novelli rosei diti e di essi si dice che giocano con il vento (vv. 23-
24); il fieno patì la falce, ossia fu tagliato, ma con pietosa umanizzazione; i fratelli
olivi (di eco francescana) che sorridono (v. 31) ai colli.

La terza strofa prosegue allo stesso modo con il fiume che chiama il poeta e la
compagna, e le cui sorgenti parlano misteriosamente (vv. 35-38); fino alla
fantasia delle colline paragonate a labbra umane che custodiscono un
segreto e che hanno un’apparenza consolatrice

Ognuna delle 3 strofe è composta di un solo periodo sintattico e ritmico, con


frequenti enjambement che ne garantiscono la fluidità.

 Uso di alcuni dantismi: parole che provengono dalla commedia o si


riferiscono a quel caratteristico conio dei verbi (verbi che hanno in come
preverbo) → questa grande letterarietà di d’annunzio viene messa al
servizio della descrizione della natura.

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LA PIOGGIA DEL PINETO
C’è una scansione strofica, ma non riusciamo a identificare i versi → “strofa
lunga” di 32 versi, ripetuta 4 volte → sono di durata diversa e si adattano
all’oggetto descritto: il poeta si pone in ascolto delle parole della natura, che
solo lui riesce ad interpretare

La prima parola è Taci → c’è un altro personaggio che è presente nella


poesia ed è la donna che lo accompagna, Ermione. Viene costantemente
richiamata in causa.

La musicalità cambia → ritmo diverso in base ai diversi momenti.


Questa orchestrazione (Wagner) avviene tramite il significante della parola,
cioè il suono, e attraverso gli elementi del discorso che sono gli alberi, le
foglie, gli animali presenti nella poesia.
Questi elementi della natura vengono definiti con parole proprie (es. gli alberi
vengono descritti in base alla specie)
→ adamitico: il poeta è come un nuovo Adamo che richiama gli elementi
della natura, e chiamandoli li riporta in vita.

Al livello del significante → assonanze e allitterazioni:

- assonanza della O all’inizio,


- assonanza della A, S e E(salmastre, arse),
- assonanza della I, R e T (scagliosi, irti, mirti) → irti e mirti è una rima.

La sinfonia della pioggia è resa da degli effetti fonici → dipende come cade
la pioggia fa un rumore diverso

Agli elementi botanici si aggiunto gli elementi del mondo animale nella seconda
strofa e ancora altre piante → elementi che hanno una maggiore risonanza se li
collochiamo nella tradizione letteraria

La donna entra insieme all’uomo alla fine della strofa d’arborea vita viventi:

- figura etimologica → collegare due parole che hanno la stessa radice


etimologica
- allitterazione della T (poi ripresa da volto) la metamorfosi dell’uomo
avviene prima con la similitudine

la pioggia cambia di suono → diventa meno vibrante anche se continuo e al


suono della pioggia si unisce il canto della rana → foglia del limo

troviamo numerose ripetizioni (ascolta-ascolta, a poco a poco; si spegne - si


spegne → simmetria: due verbi che vengono accostati)

con penetrazione nella natura raggiunge la sua arme→ il pianto della


pioggia diventa il pianto della donna. In questa trasformazione della donna

71
in albero → viene rimesso in versi l’episodio par da scorza tu esca tutti gli
elementi di paragone appartengono al mondo delle piante

GIOVANNI PASCOLI

 1855: Nasce a S. Mauro di Romagna


 10 Agosto 1867: Uccisione del padre e catena di lutti : tragedia fondativa
 Studi classici, carriera di insegnante
 Tragedia familiare → dissoluzione dell’unità → tentativo di ricomposizione
del “ nido ”: culto dei morti ,
 rinuncia a relazioni amorose , rapporto morboso con le sorelle
 1895: matrimonio di Ida, tentativo di ricostruire l’Eden perduto a Castelvecchio
di Barga ; inizia la carriera universitaria (Bologna, Messina, Pisa,
 1891: prima edizione di Myricae ;
1897:Poemetti ;
1903: Canti di Castelvecchio ;
1904: Poemi conviviali
 1912: muore a Bologna.

POETICA

La matrice della sua poetica è positivistica → questa eredità la troviamo in alcune


caratteristiche:

 precisione nella nomenclatura ornitologica e botanica → dire con


precisione le cose.
Anche se poi la scienza viene criticata e rifiutata, con l’idea della
valorizzazione del mistero dietro le cose.
Pascoli riconosce un difetto della letteratura italiana, quella che viene
soprattutto da Petrarca: una linea che seleziona il lessico in cui hanno
cittadinanza poche parole (rose e viole hanno appartengono a questo
lessico), invece bisogna fare poesia anche con tutti gli elementi della
natura, perché essi hanno la possibilità e la forza di entrare a far parte
della poesia.

 La realtà è disgregata e frammentata → non è possibile ricomporre, ma


questo specchio infranto può essere richiamato attraverso il simbolo

72
→ il “symbolon” è un oggetto che veniva spezzato in due parti:
-una parte rimaneva a un soggetto
-l’altra a un altro soggetto e stava ad indicare un patto fra i due
→ la parte rimanda al tutto; quindi, è simbolo all’oggetto intero e al
patto.
Le singole parti di cui è composta la realtà che conosciamo rimandano a un
tutto, anche se non riusciamo a comprendere il disegno, però quel singolo
frammento rimanda sempre, tramite le allusioni e corrispondenze, al
tutto, prefigurando una sorta di identità tra l’io e il mondo sotto forma
simbolica (alogica).
 FANCIULLINO (manifesto della poetica di Pascoli)
→ Il fanciullino designa per Pascoli designa la sfera irrazionale (dominata
dalle fantasie e delle emozioni: è la voce prerazionale (alogica, astorica)).
Il fanciullino si trova nel cuore di ognuno di noi, ma colui che lo ascolta più
volentieri è il poeta.
Il fanciullino è la poesia stessa, l’anima poetica che induce il poeta a
comporre versi, suggerendogli le parole.
Il poeta deve mettersi in ascolto della voce del fanciullino → gli mostrerà la
realtà come è apparsa ai suoi occhi nuovi, innocenti.
Il bambino chiede un nome per la realtà, ecco che il fanciullino è un Adamo
che dà il nome alle cose (ma è diverso da quello di D’annunzio) → nel caso
di Pascoli questa volontà nomenclatoria è di tipo non razionale.

 ideologia politica → Pascoli aderisce al socialismo di matrice anarchica,


in cui rifiuta la lotta di classe in nome di un’idea di concordia tra le classi
→ alla dialettica marxiana sovrappone la sua conoscenza del mondo classico
(sostituisce Virgilio e Cicerone a Marx)
→ questi ideali di concordia trovano posto nelle opere classiche di Cicerone e
di Virgilio (Bucoliche→ viene esaltato le piccole proprietà terriera, in cui il
contadino è proprietario della terra, che però è in via di estinzione: le guerre
civili hanno creato un ceto di soldati professionisti, che alla fine della guerra
trovano come premio un appezzamento di terreno che poi passa ai
latifondisti; ed Eneide).
 Pascoli guarda nel mito del piccolo proprietario terriero una possibilità
per l’Italia in cui c’è il contadino che grazie ai propri sforzi riesce a
sostenere la famiglia → anche ai tempi di Pascoli non esiste questo mito (il
padre stesso di Pascoli era un latifondista → motivo per cui è stato ucciso).
Lo collega con l’ideologia del nido → la piccola proprietà terriera è il
nido.
Di fronte all’avventura coloniale dice che è giusto che l’Italia (Nazione
proletaria) cerchi altre terre, in modo da allargare il confine del nido per
dare a più persone un pezzo di terra → nazionalismo

73
RACCOLTE POETICHE

Epigrafi dai primi versi della IV Bucolica di Virgilio: «Paulo maiora canamus /
non omnes arbusta iuvant humilesque myricae »

o Myricae(1891-1911): arbusta iuvant humilesque myricae → piacciano gli


arbusti e le piccole tamerici: viene eliminata la negazione.
Pascoli vuole cantare cose piccole e dimesse proprie di un paesaggio
familiare e le poesie corrispondono a questo intento tematico anche dal
punto di vista stilistico: non si tratta di canzoni o di sonetti, ma di forme più
umili

○Disposizione secondo criterio di varietà, circolarità e ricorsività dei temi

○tema dell’orfano → viene definito il romanzo dell’orfano. L’io lirico che proclama
l’assenza del padre e il suo abbandono ed è collegato con il tema del nido

○ nido → natura come argine alla violenza della storia, natura come rifugio

○ varietà di forma e di metrica

○ grande capacità di utilizzare stili del passato in maniera nuova → innovazione


nella tradizione (uso del novenario → metro del passato)

○ frammentismo → brevità ;

- il verso viene scisto al proprio interno in parti più piccole collegate per
paratassi;
- aperture ex abrupto (un precedente non verbalizzato): il poeta fa un
discorso interiore in cui emerge la poesia

 POEMETTI (1897): Primi poemetti (1904) e Nuovi poemetti (1909)


 una poesia di tipo più disteso e narrativo → Paulo maiora: un po’ più
grandi

74
○Taglio narrativo (terzine dantesche):la commedia di Dante è una delle opere
maggiori che Pascoli conosceva. La terzina ha la capacità di raccontare in maniera
più distesa i versi

○«romanzo georgico»

○Celebrazione della piccola proprietà utopia regressiva (culto di un mondo in via


di sparizione)

○ trasfigurazione della realtà umile (sublime delle piccole cose) → le piccole cose
vengono rievocate attraverso l’epos

○Mescolanza di semplicità e raffinatezza

○Temi eccentrici l’inquietudine del sesso (Digitale purpurea), il dramma


dell’emigrazione Italy

o CANTI DI CASTELVECCHIO (1903) → arbusta iuvant humilesque myricae →


si collegano alla raccolta myricae

○Ciclo naturale come rifugio rassicurante e consolante

○Castelvecchio nuovo nido:

○Morte come rifugio: Il tema della morte è presente con maggiore insistenza →
è come se la poesia invece di funzionare come elaborazione del lutto (qualcosa
che si interiorizza) è una ferita che viene costantemente riaperta
→ il tema del nido e della morte si rafforza e cresce.
È come se il poeta ha sacrificato tutta la sua esistenza a questo mito → trova in
questo tema una forma di ricompensa, per questo viene continuamente rievocato

○Temi morbosi

o POEMI CONVIVIALI (1904) Pubblicati sul Convito


- Clima estetizzante (derivante dalla poesia parnassiana)
- Ricostruzione del mondo antico (preziosa erudizione), ma con sensibilità
moderna

o CARMINA LATINI (raccolti e pubblicati postumi), 1915


- Personaggi umili, umanitarismo cristiano
- Lingua: latino rivissuto, ritmo spezzato come nelle poesie italiane

o ODI ED INNI (1906) → canamus: Poemi italici (1911-1914),


Canzoni di re Enzio (1908-1909), Poemi del Risorgimento (1913)
- Poeta vate, celebratore delle glorie nazionali

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o SAGGI SULLA PROPRIA POETICA: (Il fanciullino su Leopardi, Manzoni, Dante
Antologie scolastiche
- Fanciullino come veggente, «nuovo Adamo», poesia come scoperta e
conoscenza
- Prosa colloquiale, dimessa
- Tono sostenuto ed enfatico nei discorsi ufficiali

TEMI

 Ingegno versatile, impronta unitaria

 Assassinio del padre come mito originario e originante poesia della


( elaborazione del lutto (e sua perpetuazione)

 Il simbolo del nido, evento traumatico e mito regressivo


- regressione anagrafica idealizzazione della fanciullezza
- regressione sociale mondo arcaico della campagna
- regressione storico culturale verso i primordi della civiltà occidentale
(classicismo)

 Immagine del celebratore della realtà piccolo borghese intenti pedagogici,


predicazione umanitaria e sentimentalismo

 Cantore delle piccole cose, è il Pascoli che ha avuto una grande


fortuna scolastica e che predica la necessità del perdono e della
concordia

 Sensibilità decadente, inquieta, tormentata, morbosa: indagatore del


mistero che è al di là delle cose più usuali.
Rappresentazione dell’irrazionale, del sogno e della visione.
Nido come baluardo contro le angosce della realtà contemporanea, ma
nello stesso tempo deposito delle pulsioni più oscure e inquietanti.

SOLUZIONI FORMALI

 Ponte verso il Novecento

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 Sintassi → prevalenza della coordinazione sulla subordinazione, frasi
ellittiche, costrutti nominali → visione alogica dell’esperienza, atmosfera
visionaria e straniata.
 Lessico → mescolanza di codici diversi, superamento del monolinguismo
petrarchesco;
- Contini: linguaggio pregrammaticale (lingua che precede la costruzione dei
significati ed esalta i suoni → fonosimbolismo, onomatopee) e post-
grammaticale (in cui convivono lessici di diverse lingue o di registri diversi:
termini tecnici, nomenclatoria scienti ca, lingue speciali, varianti nello spazio o
nel tempo, latino) → rapporto tra io e mondo non più tradizionale, ma
critico.
Estensione del diritto di cittadinanza poetica a tutti gli elementi della realtà
(compimento del Romanticismo).

 Metrica → apparentemente tradizionale, ma rimodulata con cadenze


ritmiche inedite; frantumazione di verso e sintagma;
Contini: «accordo eretico» con la tradizione.
 Figure retoriche → linguaggio analogico, allusivo ed ellittico;
- sinestesia; astratto al posto di aggettivo («nero di nubi»).

ANALISI TESTI

-LAVANDARE

Durante una passeggiata nella campagna, Pascoli ascolta il canto di un gruppo di


lavandaie al lavoro → è un canto triste, che accenna a una situazione di
abbandono e solitudine la quale corrisponde allo spoglio paesaggio autunnale
e soprattutto nell’aratro dimenticato in mezzo alla campagna

 Lavandare → può essere sia verbo che sostantivo: infatti il titolo è


ambiguo.
Le lavandare sono le donne che andavano al fiume o alla fontana a
lavare i panni, accompagnando i gesti con questi canti e con i suoni che
vengono emessi da questa sorta di rito.

Si nota una netta tripartizione tematica coincidente con le 3 strofe:

- nella prima terzina domina l’elemento visivo (il campo mezzo grigio e
mezzo nero, l’aratro e la nebbia leggera),
- nella seconda domina l’elemento uditivo (lo sciabordare, il canto),
- la quartina finale viene riportata la canzone cantata dalle lavandare che
parla di una giovane donna abbandonata dall’innamorato e che è
rimasta sola come l’aratro in mezzo al campo
→ c’è un TU: uomo lontano che è partito e che non fa ritorno → il soggetto
lirico si definisce: è una donna.

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La lirica è quindi circolare: si apre e si chiude con l’immagine- simbolo
dell’aratro abbandonato

che rappresenta la solitudine → l’immagine ha anche un riferimento sessuale →


donna che rimane ferma e abbandonata

In questa poesia viene inserito un verso di un canto romagnolo (il vento che soffia
e nevica la frasca) → inserimento di elementi preesistenti che appartengono alla
tradizione popolare, che vengono ripresi e riutilizzati.

A livello metrico, la rima imperfetta frasca - rimasta (vv. 7-9) allude alla metrica del
canto popolare, così come le rime interne dimenticato - cadenzato (vv. 3-4) e
sciabordare- lavandare (vv. 4-5).
Il ritmo ricorda una cadenza lenta e ripetitiva, ulteriormente rallentata dal
enjambement del v. 3 (dimenticato) → riproduce il carattere faticoso del lavoro
delle lavandaie.

X AGOSTO (canto malinconico)

tutta la poesia è costruita per simmetrie a due a due → si riconosce una


macrostruttura e una microstruttura

abbiamo un’alternanza tra decasillabo e novenario all’interno della stessa


strofa.
La rima è di tipo alternato → è un e etto voluto perché c’è un richiamo alla ninna-
nanna: cerca di farsi coraggio per la tragedia che viene raccontata

→ la tragedia viene raccontata anche attraverso riferimenti al mondo animale


→ rondine che non torna al nido (tema del nido pascoliano)

le 4 strofe più narrative sono incorniciate dall’evento atmosferico → notte di san


Lorenzo (presente nella prima strofa e nell’ultima).

 invoca anche il Dio padre → Cielo → riferimento alla trascendenza.


Un Dio che non si cura degli uomini (cfr. divina Indifferenza: “Spesso il
male di vivere ho incontrato, Montale), che abita nell’alto dei cieli → dio
lucreziano: che non si preoccupa degli infiniti mondi

- sinestesia → occhi aperti un grido

- pianto di stelle → c’è qualcosa che ti commuove, sei portato a nutrire una
forma di compassione verso questo atomo opaco del Male (mondo) → la
terra è intrisa dal male: è un male che non si può estirpare; oppure è un
atomo reso opaco da male → il male è qualcosa che appartiene alla terra,
quindi all’uomo, oppure è qualcosa che è venuto dopo, quindi si può eliminare?

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-IL LAMPO/ IL TUONO

Le due poesie si riferiscono a degli eventi atmosferici collegati tra loro:

LAMPO → impressione immediata che dura un attimo → la luce del lampo può
rappresentare un’improvvisa presa di coscienza del dolore e dell’insensatezza della
vita.

Antitesi tra il mondo sconvolto e la casa bianca che appare improvvisa, come
unico porto sicuro → è il nido.

L’obiettivo iniziale di Pascoli era quello di descrivere gli ultimi istanti di vita del
padre → analogia: il lampo è la fucilata che colpisce il padre, il cui occhio si
apre spalancato agli ultimi istanti di vita per poi chiudersi nel nero della morte.
Inoltre cielo e terra vorrebbero il verbo al plurale, ma Pascoli utilizza il singolare era
per rendere la natura un unico elemento, quasi un essere vivente che si lascia
attraversare dal dolore.

Il ritmo è concitato e spezzato dando rapidità alla successione degli eventi e delle
sensazioni che avvengono quasi simultaneamente.

Figure retoriche

- Climax ascendente: ansante, livida in sussulto; ingombro, tragico, disfatto;


largo, esterrefatto;
- Anafora: bianca bianca nel tacito tumulto (v.3: elemento coloristico), una casa
apparì…; notte nera → elemento coloristico
- Enjambement (v 4-5);
- Similitudine: come un occhio s’aprì si chiuse;
simbolismo: un elemento che viene associato ad un altro attraverso
un’associazione di idee
- Ossimoro: tacito tumulto;
- Metafora: terra ansante, cielo tragico;
- Antitesi: “apparì sparì”, nella quale i due verbi sono accostati senza
nessun segno di punteggiatura

il TUONO è diverso dal lampo. Qui è più evidente il tema del fanciullino e del nido.
Se nel lampo a dominare sono gli elementi coloristici, qui predominano gli effetti
fonici con questo inseguire il tuono nel ripercorre anche il suono e il suo movimento
fonico.
Il poeta racconta il fragore improvviso suscitato dal tuono, che lascia spazio al
silenzio, interrotto da un suono rassicurante: la ninna nanna cantata da una
madre a un bambino in culla.

Pascoli aveva un nominativo che era Svani → v. 6 : vanì

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Alla fine della poesia ritorna il tema del nido, in cui il male non era ancora
arrivato nella sua vita → il terrore del tuono è reso sereno dal canto di una
madre e dal moto di una culla →

Se la casa (v. 5) de Il lampo rappresentava il “nido”, il rifugio protettivo, che però


appariva e spariva subito dopo, qui l’immagine della madre e del bambino
suggerisce una quiete più duratura.

Il legame tra i due testi è esplicitato anche dalla ripresa, a incipit de Il tuono,
del sintagma nella notte nera presente nel verso di chiusura de Il lampo.

Figure retoriche
- nesso dentale + liquida → v. 2
- v. 2 → assonanza e onomatopee
- v. 3 → allitterazione della O
- v. 4 → la tempesta si allontana quindi il suono si acquieta
- Similitudine: notte nera come il nulla;
- Similitudine: col fragor d’arduo dirupo;
- Enjambement: tra i versi 6 e 7;
- Onomatopee: rimbombò, ribalzò.

Analisi: schema metrico: la stessa struttura libera di rime (ABCBCCA), sette versi
endecasillabi.

 uso molto evidente della punteggiatura, con un grande uso di virgole, due
punti e punti e virgola, per dare un’immagine a frammenti come lampi e tuoni.

 In entrambe le liriche grande presenza di aggettivi, soprattutto nella prima,


dove accentuano la contrapposizione tra il bianco della casa illuminata dal
lampo ed il nero della terra immersa nel buio.
Le due poesie iniziano entrambe con la congiunzione copulativa “e”, per
procurare a chi legge sensazioni di angoscia e paura contrapposte ad
una falsa idea di semplicità.

 Nella prima lirica le parole chiave sono tutte quelle riferite al campo
visivo, ovvero bianco, luce, nero, cielo e terra, mentre nella seconda tutto
ciò che è collegato al senso dell’udito, cioè tutte le caratteristiche del
rumore del tuono, accentuate da climax e allitterazioni (rimbombò, rimbalzò,
rotolò, rimaneggiò rinfranto) come quella della consonante “r”.

- IL GELSOMINO NOTTURNO (CANTI DI CASTELVECCHIO)

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Il gelsomino notturno è considerato un testo-chiave del Simbolismo pascoliano
per la sua raffinata capacità di evocare ed alludere la realtà amoroso-erotica in
maniera indiretta e sfumata, con un ampio ricorso ad alcune figure retoriche
tipiche dell’autore.
In questo senso, il Gelsomino notturno si avvicina assai ad una poesia come Digitale
purpurea.

Il testo, composto da sei quartine di novenari, a rima alternata, viene dedicata


dal poeta all’amico Gabriele Birganti, in occasione delle sue nozze.
A partire dal titolo stesso Il gelsomino notturno si presenta come una sfumata
metafora erotica; la dedica all’amico che si appresta a consumare la prima notte di
nozze introduce la tematica sessuale, da cui il poeta si sente drammaticamente
escluso.

Pascoli si serve così di una serie di immagini e referenti dal mondo naturale per
sviluppare questo tema.
Innanzitutto i “fiori notturni” (v. 1), ovvero quei gelsomini che hanno appunto la
caratteristica di aprirsi con il calare delle tenebre per richiudersi poi con
l'avvento del mattino, e in seguito le “farfalle crepuscolari” (v. 4), che anticipano
il momento della giornata - la sera - in cui è ambientata la poesia.

Il gelsomino notturno è attraversato anche dalla consapevolezza della morte e dal


tema pascoliano della violazione del “nido”: al v. 2 è esplicito il richiamo
funereo alla morte dei propri “cari”, secondo un atteggiamento che ritorna anche
in X Agosto.
Notte come il momento di pensiero alla morte
nidi e occhi vengono associati di nuovo (strofa 2) (riferimento a X agosto)

terza strofa → riferimenti descrittivi che richiamano l’atto sessuale (la donna è
vergine) → si chiudono i petali un poco gualciti → riferimento che appartiene al
simbolismo: simbologia del fiore

“L’odore di fragole rosse” (v. 10) è la sinestesia che Pascoli usa per alludere
l’esperienza sessuale che gli sembra preclusa.
Pascoli si trasfigura nella “ape tardiva” (v. 13) che trova tutto il suo alveare
occupato da chi è arrivata prima di lei; anche lo sguardo del poeta, che sembra
osservare la scena dall’esterno della casa, è un indizio della sua sofferenza
silenziosa.

- attenzione ai verbi e agli aggettivi → collegamento tra l’amore e la morte:


esala → richiama l’ultimo respiro
erba sopra le fosse → allude sia al sesso femminile che alla morte (fosse)

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L’ultimo verso può alludere a una nuova vita, però il poeta non conosce
questa felicità, non gli appartiene → non so

L’urna molle e segreta → riferimento all’utero che al sepolcro → riferimento


classico del ritorno al grembo femminile e alla morte

ANALISI

 figure retoriche: come sinestesie (v. 10: “l’odore di fragole rosse”) e


metonimie (v. 7: “Sotto l’ali dormono i nidi”), in un generale clima dominato
dall’analogia, che istituisce legami misteriosi ed oscuri - noti solo al
poeta-fanciullino - tra le cose.

 deittici → là indica qualcosa di lontano al poeta → qualcosa che non


appartiene alla biografia di Pascoli

 l’aspetto fonosimbolico e percettivo del testo: alternanza tra vocali aperte e


chiuse, e tra verbi e sostantivi che rimandano all’ambito uditivo e visivo e
alla dimensione coloristica (il “rosso” simbolico delle fragole, l’azzurro del
cielo notturno, il brillare del “lume per la scala”).

 Il ritmo dei novenari è scandito dalla rima alternata e dagli accenti sulla
seconda sillaba dei primi due versi di ogni strofe e sulla terza sillaba nel
terzo e quarto verso: ciò crea un effetto ritmico cadenzato e
cantilenante.

DIGITALE PURPUREA

Due amiche si incontrano dopo tanto tempo e rievocano la comune giovinezza in


convento. Riaffiora un particolare per entrambe importante: la digitale purpurea, un
ore dall’odore dolciastro e stregato che, secondo le suore, avrebbe ammaliato e
ucciso chiunque lo avesse annusato.
Pascoli sceglie di ricreare una piccola scenetta narrativa, costruita sul dialogo tra
due personaggi femminili (Maria e Rachele) e sull’ampio flashback che occupa
quasi interamente la seconda e la terza sezione.

Le donne che Pascoli presenta sono antitetiche:

- Maria è bionda, modesta e “semplice di vesti e di sguardi”


Riprende i tratti della sorella che conduce l’intera vita col poeta.

- Rachele è esile, ma ha lo sguardo ardente ed è bruna.


Potrebbe essere una donna inventata oppure potrebbe riprendere le
caratteristiche dell’altra sorella del poeta (Ida) che, attraverso il matrimonio,

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ha odorato la digitale purpurea, ovvero ha provato la trasgressione
consumando un atto sessuale. Rachele ha dunque un segreto: ha odorato
il fiore che le ha fatto provare l’abbandono dei sensi.

Prima parte → È presente il linguaggio post-grammaticale e il fonosimbolismo


(ginepri zirlano tordi) e l’argomento è caratterizzato dal contrasto tra l’ingenuità di
Maria e la spregiudicatezza di Rachele che, nel momento in cui Maria non ricorda il
nome del fiore, è pronta a dire che quello è il fiore della morte.
Ecco allora che il fior di morte assume valore simbolico e si carica di mistero.

Seconda parte → presenta il ricordo e la mescolanza di sensazioni visive,


uditive e olfattive (rimembranza leopardiana).
Le due amiche, tenendosi l’una con la mano sulla spalla dell’altra, rievocano le
vicende del passato che si materializzano profondamente nel presente.
Esse rievocano il monastero → è introdotto un trapasso tra suoni e profumi (litanie-
profumo) e tra odori e suoni (melodie-odore delle rose).

Vengono rievocati i momenti della visita dei parenti nel convento e i pianti di alcune
educande che ricevono la visita di un loro spasimante e si rendono conto di essere
isolate dal resto del mondo. Le giovani hanno abiti bianchi e lunghi e si muovono in
un ambiente così sereno che presenta però in un angolo un raggruppamento di “dita
umane spruzzolate di sangue” che emanano il loro profumo. Si tratta dei ori
della digitale purpurea che vengono umanizzati. È presente l’opposizione
tematica tra il candore delle fanciulle, sottolineato dalla presenza delle rose e
delle viole e dalle loro vesti bianche, e il senso del mistero, sottolineato dal
profumo della digitale.

terza parte → ritorno al presente.


Rachele piange e confessa il suo peccato a Maria, senza alzare i suoi occhi scuri
per la vergogna e il senso di colpevolezza.
Rachele afferma di aver sentito il profumo della digitale e con un flashback
ricorda la sera in cui aveva od orato il ore, presa da una voce ipnotica.
Il poeta non chiarisce quale sia la sua trasgressione. Potrebbe, perciò, trattarsi di: un
sogno in cui Rachele prova la sensazione della sensualità amorosa; la visita di uno
spasimante a cui lei ha ceduto; l’assunzione della droga.
Molti critici pensano che la digitale sia strettamente collegata all’eros. Pascoli
era traumatizzato e ossessionato dall'amore erotico tanto che lo delega
sempre ad altri.

Digitale purpurea → simbolo della trasgressione del “nido pascoliano”: strette


connessioni con la questione centrale in Pascoli della violazione del “nido”, qui si
sovrappongono altre possibili linee di lettura.
Innanzitutto si può notare come la sintonia e l’armonia tra Maria e Rachele sia
tale solo fino ad un certo punto: all’inizio della terza sezione Rachele,
decidendo di ammettere di fronte all’amica l’avvenuta trasgressione della
regola, non alza gli occhi in sua direzione, come se fosse consapevole della
distanza che la separa da lei.

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Per Pascoli la sessualità (intesa anche come accesso alla vita adulta e alla
costituzione di una propria famiglia) non può che suonare come una promessa di
morte.

ANALISI FORMA:

 opposizione tra innocenza e sensualità rappresentato dalle due figure


femminili: Maria rappresenta l’innocenza mentre Rachele rappresenta la
sensualità

 ambiguità della natura → il fiore della digitale purpurea è bello e dolce però ha
una struttura a forma di dita insanguinate ed è un fiore che strega e ammalia.
Quel “vieni!Vieni!” sembra detto dal fiore → la natura è umanizzata, però in
senso negativo, poiché porta alla perversione.

 nel testo si ha la presenza di quattro dei cinque sensi: sensazioni visive (il
ricordo del monastero), sensazioni uditive (le litanie, le preghiere, i canti),
sensazioni olfattive (il profumo ammaliante della digitale purpurea) e sensazioni
tattili ( le due donne si tengono per mano; una posa la mano sulla spalla
dell’altra)

ITALY (Primi poemetti: il poemetto è quel genere più lungo, di tipo narrativo)

In “Italy” abbiamo una famiglia di immigranti che torna temporaneamente nel paese
natale per curare la glia malata: la ragazza non capisce l’italiano → c’è una
mescolanza tra dialetto e inglese parlato dagli immigranti

- perizia tecnica nel far rimanere l’italiano e l’inglese → confusione tra le lingue
(neve-never[mai] → la bambina crede che non tornerà mai in America che è
la sua casa)

uno dei tratti tipici di Pascoli sono i tre puntini → indica la sospensione del
discorso, ma allo stesso tempo indica un discorso diretto →

dialogicità interna, in cui troviamo la presenza di un sistema io-tu (il tu è


presente, si trova accanto al poeta)

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AVANGUARDIE

Avanguardie → deriva dal francese avant-garde → ambito semantico del lessico


militare: truppe speciali che hanno il compito di avanzare nel territorio nemico,
quindi rappresentano la punta avanzata dell’esercito.
Nella letteratura si intendono degli anticipatori e innovatori, degli elementi di
rottura che possono costituire un possesso stabile.

CREPUSCOLARI → nel 1910 indica il lento spegnersi della poesia dopo la stagione
d’oro di Carducci e D’Annunzio → ha una connotazione negativa rispetto
all’apice degli autori esteti.
Questa definizione non dispiacque ai protagonisti, infatti rimanda al tratto del
crepuscolo → si intende la parte del giorno che anticipa la sera, quindi l’ultima
luce del sole prima delle tenebre (il crepuscolo può essere anche quello del
mattino).

Anche i crepuscolari sono orientati verso i modelli europei, soprattutto francesi e


belgi e guardano a Pascoli come un maestro, soprattutto per la sua poetica delle
piccole cose.
Due grandi scuole fanno base su Torino e Roma

TEMI

 crepuscolo → atmosfera vaga, chiaroscuri, dichiarazioni di stanchezza:


poeti stanchi dopo una lunghissima tradizione letteraria,

 svuotamento dell’interno dei significati e delle forme della letteratura


tradizionale (mentre D’Annunzio aveva rotto con le forme tradizionali dalla
forma interna, i crepuscolari preferiscono utilizzare forme tradizionali che
però vengono svuotate dall’interno)

 attraversamento di d’Annunzio per approdare un proprio territorio → per


la mole della sua produzione e per la sua varietà e per la sua importanza

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culturale dell’epoca era un riferimento ineludibile: non c’era campo della
letteratura in cui d’Annunzio non si fosse cimentato.
Avere un modello così vasto ha bisogno di un attraversamento, cioè
attraversare vuol dire confrontarsi con le scene linguistiche: Gozzano lo
attraversa grazie all'ironia

 rafforzarsi del pubblico borghese, che concepisce l’arte e la letteratura


come oggetti di consumo → questa concezione viene tematizzata e entra a
far parte della poesia.
Nel mondo borghese i valori poetici entrano in crisi, la poesia è venduta
e scambiata → i crepuscolari rispondono in maniera negativa (Io non sono
un poeta) oppure in una forma di resa (Lasciatemi divertire - Palazzeschi) e di
rinunce.
Se il poeta non è più poeta, che cos’è? Certo non è il borghese pratico o il
mercante abituato a maneggiare la ricchezza: non è né l’uno e né l’altro.
Si vergognano davanti al vizio della letteratura, si nascondono dietro i temi e
gli stili.

 malattia, debolezza dello spirito → non una malattia vissuta in maniera


eroica o romantica, ma intesa come il lento spegnersi; minaccia costante
anche se apparentemente l’individuo è sano

AUTORI

 Sergio Corazzini → costantemente piange la propria malattia


Corazzini enfatizza fino all’esagerazione sentimenti di sconfitta e tristezza ,
religiosità dimessa ed esasperata da estrema unzione, poeta sentimentale si
pone in una posizione di vittima e vuole essere riconosciuto come tale, poeta
come bimbo indifeso, poeta che rinuncia alla vita e utilizza immagini sacre.

 Marino Moretti → canta la quotidianità


Moretti impiega temi colloquiali, semplici, narrazione in versi alternati, terzine
piegate verso il racconto di una situazione quotidiana, nessun elemento di
eccezionalità.
Ne “A Cesena” incipit dannunziano, relazione io-tu non tra amanti ma tra
fratello e sorella> aspetto Pascoliano, tono dimesso, frasi secche e brevi.

 Guido Gozzano → usa i toni dell'ironia e la poetica dello shock, ma anche lui
si sente invecchiato presto. Anche per lui possiamo parlare del tema
dell'inettitudine.

CARATTERISTICHE FORMALI

 Spesso ci troviamo di fronte a una catalogazione degli oggetti →


 Catalogazione di oggetti (realismo astratto)/ antropomorfismo
ininterrotto: se non c’è un vero e proprio centro, l'elemento ci dà l’immagine

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del mondo in via di disfacimento, oppure in cui convivono oggetti di epoche
diverse e di gusti diversi→ antropomorfismo ininterrotto.
 Frantumazione paratattica, forme di dialogo, lingua colloquiale,
discorsiva: L’elenco privilegia la paratassi, accostare frasi anche senza un
senso logico → dialogismo (rivolgersi a un tu → nella poesia entra il
dialogo).
 Lessico familiare ma in prospettiva ironica e caricaturale cozzo dell’aulico con
il prosaico
 Dissoluzione dei significati delle parole in puro valore fonico (uso di
filastrocche, ritornelli, reduplicazione di lessemi) Palazzeschi
 Plurilinguismo

GUIDO GOZZANO (TORINO, 1883 1916)

 Studi irregolari, relazione con la poetessa Amalia Guglielminetti


 1907: La via del rifugio→ per Gozzano la via del rifugio è la poesia che lo
porta lontano dagli altri e dalle distrazioni della vita cittadina, perciò si
ritira in campagna, dove torna indietro nel tempo attraverso i ricordi del
proprio passato (cfr. La luna e i falò, Pavese).
In essi ritrova anche lo slancio vitale e l’incanto perduto della fanciullezza.

 1911: I colloqui→ 24 liriche.


Il titolo dà maggiore importanza alla poetica perché si concentra sul
registro intimo e dimesso dei versi, simile a quello di una conversazione
tra amici. I testi sono raggruppati in 3 sezioni: Il giovenile errore, Alle soglie e
Il reduce.
Si tratta di una lingua colloquiale, apparentemente comune, ma è intarsiata
da un lessico letterario spesso ricavato dal vocabolario dannunziano.
Anche il lessico è usato in maniera ironica (viene rovesciato) e caricaturale
(il linguaggio viene accentuato con i caratteri).

 1917: Verso la cuna del mondo. Lettere dall’India→ diario che racconta il
viaggio verso l’oriente, terra di origine e luogo in cui tornare

STILE

 legato alla tradizione lessico preciso e incisivo, verso regolare, elaborazione


elegante
 Ambiguità del personaggio “guidogozzano” vita romanzata fino a
diventare letteratura, in direzione però antieroica e modesta: Il
protagonista delle poesie è il poeta guidogozzano → non è l’autore: crea una
maschera letteraria che per molti tratti corrisponde a sé, ma questa è una
maschera, quindi può permettersi di prendersi in giro.

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È un altro modo di interpretare la vita come letteratura di D’Annunzio, ma
in versione antieroica e abbassata, modesta.
 Scelta del rifiuto come reazione all’eccessivo intellettualismo
 Snob contro lo snobismo? Consapevolezza della miseria del proprio stato
 Poeta dell’obsolescenza programmata (Sanguineti): Sembra presentarci cose
destinate a invecchiare precocemente, come se stesso, per questo non può
portare a termine nessun progetto

LA SIGNORINA FELICITA, OVVERO LA FELICITÀ


Parla di questo poeta che si sposta dalla città verso la campagna.

In questa casa di campagna c’è la signorina Felicita → c’è qualcosa di buono


(faccia buona e casalinga) topos della bellezza femminile → i bei capelli di
color di sole

La donna viene paragonata a un quadro di autori fiamminghi → riferimento


iconografico che attesta la grande conoscenza del poeta che paragona la
donna a un’iconografia nota

- la bocca vermiglia → termine colto che però viene accompagnato dal volgare
così larga nel ridere e nel bere
- cambia sempre di tono → passa dal colto al volgare

Al poeta piace che la donna cerca di conquistarlo, come se ci fosse una sorta di
saggezza originaria, naturale → gli piaceva essere al centro dell’attenzione.
Anche una donna così semplice mette in atto strategie di seduzione per conquistarlo
→ conquista cittadina

Dopo comincia la parte narrativa elenco → disposizione di tipo paratattico → le


cose del passato che però continuano a vivere in ambiente marginale, in cui
resistono anche se sono condannate alla sparizione.
Questo rito fatto di piccole consuetudini: ironia → usare parole e espressioni auliche
per definire una semplice partita a carte.
Si trova in cucina mentre stanno governando la cucina (lavano i piatti, li sistemano)
→ il silenzio è spezzato solo dal rumore dei gesti abitudinari
→ dichiarazione di poetica: versi regolari rimati; accordavo le sillabe dei versi /
sul ritmo eguale dell’acciottolio → una poesia che nasce in cucina famigliare.

Il poeta sognatore, che nell’ambiente del focolare domestico, pensa a Pinocchio


(riferimento letterario), chiude gli occhi e gli sovvengono presagi negativi.
Il sorriso di Felicita diventa un motivo di speranza, una possibilità di un’altra
vita.

La narrazione si sposta al solario, dove tra gli oggetti appare un quadro di una
vecchia signora → l’ex proprietaria che lasciò la casa al nonno del nonno → clima
quasi spiritico.
Dichiarazione di poetica: abbiamo da una parte il quadro che rappresenta lo

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stile neoclassico (descrizione del quadro): intorno a lei c’è un ammasso di
oggetti → ciarpame reietto, così caro alla mia Musa!

Confonde l’alloro poetico con le ciliegie → qualcosa di più conosciuto, ma


anche qualcosa che è più utile economicamente, rispetto alla poesia

Il poeta ride dell’ignoranza della donna, ma anche della gloria poetica → anche
la gloria rappresentata dal quadro è un oggetto tra gli oggetti, destinato a
essere scaricato nella soffitta.

Abbandonare la vita letteraria per unirsi alla vita costituita dalle piccole cose con
questa piccola moglie

Vergogna della poesia → si contrappone la vita borghese, la quale è utile.


Quella del poeta è una vita sterile, che non porta a nulla

Non vuole essere più l’esteta gelido (d’annunzio) o il sofista →l’ideale è una
vita all’indietro, passatista. Il poeta decide di abbandonare e lasciare tutto e dire
addio

Fino alla fine non sappiamo chi è, neppure lui lo sa. Anche la scena nale è
apertamente costruita secondo la tradizione romantica popolare (quella di
Prati). Lui fa la parte dell’amato che lascia, ma non ci crede affatto.

ANARCHICI → rappresentano una linea più trasgressiva, che assume un


atteggiamento provocatorio rispetto ai crepuscolari.
Hanno una sorta di libertà assoluta, di fatto scompare il concetto poetico:
qualsiasi aspetto della realtà può essere rappresentato dalla poesia.
Gli autori si muovono nel territorio tra crepuscolari e futuristi e in un certo senso
prendono sia dall’una che dall’altra esperienza caratteri formali e ispirazioni.

AUTORI

 Aldo Palazzeschi → ricerca di un'estetica del brutto e del deforme, qualsiasi


cosa che non è regolare e che non obbedisce ai criteri della bruttezza
romantica. brutto inteso come elemento risonante della quotidianità. cacofonia
→ dissonanza estetica che si traduce in una dissonanza di tipo fonico
 Corrado Govoni → propone un linguaggio diretto, quasi una registrazione
mimetica della realtà senza allusione. Una poesia che sembra non alludere
 Gian Pietro Lucini → usa parole impure, lunghe

CARATTERISTICHE COMUNI

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 estetica del brutto, del deforme e del cacofonico (Palazzeschi) →
l’impoetico (ciò che la morale riconosce cattivo e che l’estetica proclama
brutto) non esiste
 esibizione di un linguaggio diretto, privo di allusioni (Govoni)
 uso di parole “impure” e lunghe (Lucini)
 rifiuto di ogni regola, sia tradizionale sia antitradizionale
 ricerca e programmatica rivendicazione del verso libero → verso
anarchico: non rispetta nessuna delle regole imposte dalla tradizione.
 Un andamento fondamentalmente prosastico → fa della prosa colloquiale una
scelta rivendicata

E LASCIATEMI DIVERTIRE! (PALAZZESCHI)


È poesia, soprattutto nella misura in cui chi la scrive la considera tale.
Non soltanto è scritta in versi, seppur in versi di lunghezza irregolare, ma
anche il tema della poesia è all’interno di essa → il mestiere del poeta, quello
che resta da fare al poeta.

“Gli uomini non dimandano più nulla ai poeti, e lasciatemi divertire” (cfr. “Non
chiederci la parola, Montale)→ crisi della parola poetica, ma nella negazione che
possa ancora esistere la poesia, c’è l’affermazione che il poeta, divertendosi
con il fare poesia, fa della poesia vera e propria.

Gioca con l'armamentario delle licenze poetiche e con le figure onomatopeiche


(Pascoli). Inoltre sempre riferendosi a Pascoli, il poeta si riscopre nel bambino
che gioca con la lingua e le parole, ma nel fare questo sta cercando una
rinnovazione della lingua stessa.
Sono presenti le rime (baciate, alternate, tronche); sono presenti anche delle rime un
po’ meno usuali

foco → termine colto, quindi si ricollega alla tradizione letteraria → viene


recuperata per essere presa in giro.
Anche la poesia italiana (e non solo), accanto alla tradizione alta ed elitaria di
matrice petrarchesca, ha un altro filone di tipo scherzoso, giocoso e realista → lo
stesso Dante Alighieri ha scritto dei sonetti scherzosi.

LA PASSEGGIATA (PALAZZESCHI)
Impresa diretta tutto ciò che vede durante la passeggiata → insegne, titoli di
giornale, pubblicità, numeri civici, flusso di informazioni che giungono agli occhi e
alle orecchie di due persone che stanno facendo una passeggiata → dialogo
all’inizio e alla fine possiamo considerare tutta la poesia frutto del procedimento
dell’accumulazione → in questo caso si tratta di accumulazione caotica.

90
“Questi due stanno passeggiando” → in francese flanerì → nuova mentalità che si
adegua alla nuova società e alle grandi città appena nate.
Nasce la figura del flaneur → colui che passeggia senza uno scopo apparente.
La città con le vetrine e i negozi ha modificato profondamento la nostra idea di
cammino. Prima si camminava guardando il cielo, sia di giorno che di notte, invece
oggi nella società moderna la luce dei negozi e il luccichio delle vetrine porta il
nostro sguardo ad abbassarsi e il guardare la merce ha preso il posto a
quell'elaborazione dello spazio intorno a noi.
Oggi le luci non ci permettono di vedere il cielo, ma soprattutto reclamano la nostra
attenzione. Quindi vediamo che sono numerosi i luoghi che mettono a confronto la
notte del passato dalla notte dominata dalla luce artificiale.

Apparente caoticità dell’accumulazione → alla fine possiamo capire una storia


al suo interno.

Titoli dei giornali, pubblicità → Uso della parola che possiamo de finire quasi
di montaggio → sembra che i singoli pezzi siano stati incollati in una sorta di
collage che è il flusso della poesia

FUTURISMO → 1909 → Filippo Tommaso Marinetti pubblica il Manifesto del


Futurismo → è una scuola vera e propria con il proprio manifesto e programma →
se ne fa una delle esperienze più importanti dell’Italia che ha successo anche
all’estero.

 Mira a distruggere, disgregare, far esplodere dall’esterno la poesia e non


solo in nome dell'esaltazione della velocità, della rapidità e della
macchina → temi moderni. La macchina intesa anche come veicoli, tutto ciò
che attraverso la tecnica rende l’uomo più potente.
 Violenza → questa distruzione non può avvenire attraverso la
moderazione, ma attraverso la rivoluzione, cioè un cambiamento
repentino
 individualismo → Nietzsche
 nazionalismo → nazione come individuo che si a erma e si contrappone
alle altre nazioni anche in maniera violenta, soprattutto attraverso la
guerra → esaltazione della guerra → viene considerata la sola igiene del
mondo, possibilità unica di cambiare velocemente e con successo le cose

AUTORI → Marinetti, Soffici e Boccioni

Rivista Lacerba (1913) → fondata da Papini e Soffici

CARATTERISTICHE FORMALI

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 analogia immediata attraverso il sostantivo-doppio → bisogna togliere tutti
gli elementi che portano a rallentare (similitudini, metafore lunghe).
Attraverso un trattino, quindi la sintassi viene distrutta → viene eliminato
qualsiasi punteggiatura perché rallenta
 verbo all’infinito
 parole in libertà
 esaltazione della sostanza grafica, visiva, acustica
 fusione di linguaggi e di arti: pittura, teatro, spettacolo → le recitazioni in
pubblico delle poesie, in cui i poeti cercano in tutti i modi di provocare il
pubblico (in certi casi si passava alla violenza sica nei confronti del poeta o
del pubblico)
 Grande di fusione all’estero → in Russia con Majakovskij e in America con
Ezra Pound
 Ispirazione per il Dadaismo e il Surrealismo → queste esperienze trovano
la loro origine nel Futurismo
 prioritaria attenzione al linguaggio
 Morte al naturalismo → tutto ciò che ha ispirato i poeti per secoli è ora che
smetta di esistere
 discontinuità → il tono rivoluzionario è evidente
 i miti moderni vengono assunti senza nessuna critica → esaltazione della
velocità e del cambiamento repentino: non ci può essere nessun tipo di
moderazione
 l’uomo moltiplicato → la velocità lo porta a non essere messo a fuoco
 simultaneità → più arti contemporaneamente

BOMBARDAMENTO, DA ZANG TUMB TUMB (FILIPPO


TOMMASO MARINETTI) :
Si parla del bombardamento → morte e distruzione che viene ripresa in maniera
quasi diretta.
Dal punto di vista fonico prova ad imitare il suono delle bombe che cadono
(allungamento delle parole).

Manca la punteggiatura; verbo all’infinito; manca l’io lirico → il soggetto


protagonista di secoli di letteratura e soprattutto della poesia viene dissolto a questa
adesione alla realtà fenomenica, a ciò che appare. Viene eliminato qualsiasi giudizio,
anche quelli di tipo morale proprio perché manca l’io.

Elaborazione di programmi e saggi che riuscissero a rendere conto di questa


adesione. analogia → “non è altro che qualcosa di profondo ……..” → come
strumento per abbracciare cose diverse, opposte e distanti tempo policromo,
polifonico e polimorfo

92
Vuole fondare l'immaginazione senza li → arte amorta più essenziale. Se si punta
tutto sullo stile della parola, il rischio che consapevolmente si corre è
l'insignificazione, cioè non trasmettere più un significato, ma solo il senso.

VOCIANI → Richiamano il loro nome dalla rivista La Voce → rivista letteraria


fondata da Giuseppe Prezzolini nel 1908. Ospitò interventi e collaborazioni dei più
importanti intellettuali dell’epoca, si occupò, oltre che di letteratura, anche di vita
quotidiana e di ricerca intellettuale.

Di stampo non progressista né reazionario, mirava ad abbattere le barriere tra


cultura e politica.
Poi maturò un impegno civile e cultura militante → impegno del poeta su temi di
stretta attualità → la rivista rappresenta un importante attore dell’evoluzione della
cultura intellettuale → le riviste sono il luogo in cui gli intellettuali prendono
posizione, si occupano di questioni contemporanee, entrano in polemica tra di
loro.

Tra il 1914 e il 1916 la direzione della rivista passa a Giuseppe De Robertis e si


trasforma in rivista letteraria dove troviamo:

 rinnovamento del linguaggio letterario: lirica e autobiografia


 predilezione per i testi brevi → domina il gusto per il frammento, per il testo
stilisticamente elaborato, per l’illuminazione.
 scelta del saggio, della pagina di diario, del frammento descrittivo o
introspettivo, del poema in prosa (anche D’annunzio attraversa questa fase (Il
notturno) → predilezione verso il frammento

CARATTERISTICHE

 attenzione verso l’esame di coscienza, in cui fare i conti con la propria storia
→ in questi conti rientra anche il bilancio di quanto è stato ricevuto e di quanto
si vuole dare alla letteratura
 scrittura autobiografica in giovane età → tono autobiografico .
Chi li scrive non è una persona anziana che ha già vissuto la sua vita, ma si
tratta spesso di scrittori che fanno di queste ricapitolazioni della loro vita in
giovane età → da una parte presentendo una fine precoce (c’è chi parte in
guerra e muore), dall’altra parte è il clima di questo periodo e di questa scuola
 scritture provvisorie e programmi d’azione intellettuali
 antiletterarietà → viene rifiutata l’immagine del poeta vate, che proclama
e che vuole muovere le masse attraverso la sua parola poetica → ricerca
di autenticità
 influenza di Croce e l'estetica Crociana → arte è in primo luogo
intuizione, sentimento; abolizione dei generi e delle classificazioni →

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separazione artificiosa tra i domini dello spirito → ricerca della lirica pura, che
spesso si traduce in zone di con ne
 frammentismo → rinuncia ad opere dall’architettura complessa

 queste caratteristiche vengono riprese da una parte del primo Ungaretti


→ attenzione alla parola nuda, scarnificata, isolata; da una parte dai
Vociani e dall’altra anche dai Futuristi (mancanza di punteggiatura →
nella prima raccolta non ci sono virgole) anche la poesia onesta di Saba
→ poesia che va al cuore dell'io e cerca una nuova aderenza tra le
parole che si dicono e i sentimenti che si provano,

DINO CAMPANA (1885-1932)

In seguito all’entrata in guerra dell’Italia, nel 1915, chiese invano di partire volontario
per il fronte ma venne riformato per manifesti segni di squilibrio mentale.
Fu anche più volte ricoverato presso ospedali psichiatrici.

 Scontro tragico e frontale con la società= aurore maledetto : Viaggi,


vagabondaggi, internamento in manicomio. I Canti orfici (1914) e la singolare
vicenda
 Prosimetro : poema in prosa e poesia come parola
 Aspirazione a una poesia totale ed assoluta (orfismo).
 Atmosfera onirica.
 Tecnica della ripetizione, andamento ritmico ed ossessivo, sintassi
cantilenante.
 Estremo vitalismo, riferimento diretto a Nietzsche.
 Viaggio simbolico

CANTI ORIFICI
Nel 1913 Campana aveva consegnato il manoscritto del suo libro, il cui titolo
originario era Il più lungo giorno a Papini e Soffici, sperando che accettassero di
pubblicarlo ne Lacerba. Però Soffici lo perse, quindi Campana fu costretto a
riscrivere l’opera.
Da questo lavoro uscirono i Canti orfici e secondo una leggenda, Campana li
riscrisse a memoria → in realtà Campana aveva l’abitudine di conservare gli
abbozzi e le stesure provvisorie dei suoi testi.
L’opera fu pubblicata nel 1914 e molti anni più tardi fu ritrovato il manoscritto
originario che fu pubblicato nel 1973 → il passaggio dal Più lungo giorno ai canti or
ci registra non solo una rielaborazione migliorata dei testi già presenti, ma anche
parecchie aggiunte signi cative

Il titolo si rifà al mitico poeta Orfeo, che per primo aveva varcato le porte
dell’Ade, per sottrarre al regno dei morti Euridice → Come Orfeo con la sua

94
poesia scende nel fondo nell'ade per riportare in vita la donna amata, così
anche la poesia di Campana aspira a una poesia totale e assoluta →
ORIFISMO. Si tratta di un prosimetro → fonde prosa e verso e la poesia diventa
parola rivelatrice

L’atmosfera onirica viene resa con la frequente ripetizione di suoni e immagini,


come nei sogni → andamento ritmico ossessivo e sintassi quasi cantilenante

Quello di campana non è il mondo reale, ma è il mondo visionario, degli emblemi e


degli enigmi, dove ogni oggetto o episodio perde il suo ordinario valore per entrare
nell’ordine degli eventi mitici → è l’occasione per il poeta orfico di accedere alle
verità ultime, nascoste ai comuni mortali → MEMORIA ORFICA → contiene gli
archetipi ancestrali del genere umano

L’INVETRIATA (CANTI ORIFICI)


Questo testo rappresenta un esempio importante dell’attrito di Campana con la
tradizione simbolistica e dei caratteri espressionistici della sua poesia.

I versi esprimono il disagio esistenziale del poeta (vita nomade e malattia


mentale) attraverso l’immagine della sera, simbolo di disfacimento e corruzione,
nonostante l’apparente bellezza.

c’è-c’è; chi è -chi è → ripetizione

che ha acceso la lampada? Il semplice avvenimento sembra inspiegabile e si carica


perciò di mistero.
Il turbamento (la putredine, la forza corrosiva delle domande senza risposta) si
espande, contagiando la stanza in cui si trova il poeta che sembra caricarsi degli
estremi bagliori del tramonto (una piaga rossa languente).

È il momento della notte; le stelle brillano quali bottoni di madreperla, nel cielo buio,
che pare dolce e morbido come una scura stoffa di velluto.
Campana sottolinea però la natura fatua e tremola di questa bellezza: essa è
destinata a svanire con il ritorno del giorno. Non svanirà però sempre una piaga
rossa languente (v. 11), ovvero la nota di malinconia e tristezza che si è destata
nell'animo del poeta nell'ora iniziale del tramonto → ora, pervade sia il suo cuore sia
il cuore della sera.

CLEMENTE REBORA (1885-1957)

Educazione laica, il trauma della guerra; la conversione al cattolicesimo e


l’ordinazione sacerdotale.

 Entrato in contatto con la Voce, ne divenne presto uno dei poeti più
rappresentativi, pubblicando nel 1913 Frammenti lirici.

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 Nel corso degli anni ‘20 si converte al cattolicesimo e nel 1936 fu ordinato
sacerdote.
 Nella poesia della prima fase troviamo sempre questioni religiose
→ poesia filosofica, in cui viene registrato il dolore del mondo con l’uso
espressionistico della parola
→ linguaggio sovraccaricato, aprendo a una dimensione allegorica e
deformando l’oggetto
→ via di fuga, ricerca di un altro che possa consentire al soggetto di fuggire
alla realtà.

VIATICO (Poesie Sparse)

 Tratta i traumi della guerra


 Potrebbe appartenere a un canzoniere (non l’ha completato)

L'episodio che viene annunciato è uno delle esperienze più tragiche della guerra →
all’improvviso un soldato italiano viene colpito ripetutamente alle gambe.
Rimane immobile al suolo, fuori dalla trincea, “come un albero abbattuto” (v.6).
Poco dopo i compagni accorrono, allertati dai lamenti.
Sanno che andare incontro al ferito e provare a trascinarlo al riparo è pericoloso e
con tutta probabilità vano, eppure lo fanno lo stesso, assistendo allo strazio di una
vita che cede con paura il passo alla morte → un cecchino che lascia un soldato
moribondo in maniera tale da far arrivare i suoi compagni per metterlo in salvo,
morendo anche loro

Infatti tre soldati restano, uno ad uno, vittime dei proiettili, e l’uomo resta solo, a
piangere e chiedere disperatamente aiuto, mentre i suoi compagni dietro la trincea lo
implorano di arrendersi alla morte per pietà di loro.

Il momento più significativo è forse quello in cui i compagni chiedono al ferito


di “affrettare l’agonia”.
L’uomo è ormai in una “demenza che non sa impazzire” (v.13), ossimoro che rende
tragicamente l’idea di una vita che sta per finire in una grande sofferenza e in una
follia che non arriva ad essere incoscienza → l’uomo moribondo è ridotto quasi ad
elemento topografico di questo paesaggio di morte → tronco senza gambe

Ai commilitoni non resta che implorarlo perché si lasci morire, con un “grazie,
fratello” (v.17) che racchiude molteplici significati:

- grazie, perché hai combattuto con coraggio;


- grazie, perché hai condiviso con noi l’orrore della trincea;
- grazie, perché ci hai dimostrato che qui siamo tutti fratelli,

Nonostante l’inevitabilità della guerra → questo verso è isolato viatico → indica,


nella religione cattolica, il sacramento dell’Eucarestia amministrato come
alimento per l’anima utile ad affrontare l’estremo viaggio ai fedeli infermi o in

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procinto di morire.
tu puoi finire → il poeta si rivolge al compagno

Le frasi brevi e spezzate servono ad aggiungere ulteriore drammaticità alla


situazione già critica per il linguaggio espresso.

CAMILLO SBARBARO (1888-1967)

o Esistenza ritirata. Paesaggio ligure: scarno, aspro, inospitale (di questo


sguardo sarà erede Montale).
o Estraniamento dalla realtà. Pietrificazione.
o Non gli appartiene l’espressionismo vociano (caricare la poesia di effetti): stile
confidenziale, schietto e antiletterario.
o Poeta come viandante (Baudelaire): nella modernità il contatto incantato
con la natura è perduto per sempre.
→ Non è tanto la città ad essere presente come dimensione attraversata, ma
è la natura → viene sentita estranea, cioè nella modernità il contatto con la
natura è perduto per sempre.
Questo straniamento lo troviamo anche nello sguardo del poeta, che ad un
certo punto si vede camminare (vede sé stesso dall’esterno) → l’io parla di
sé mimando un irraggiungibile sguardo esterno, straniato dal proprio
corpo, che lo porta a rivelare un’interiorità sempre alienata
o L’io parla di sé mimando un irraggiungibile sguardo esterno, straniato dal
proprio corpo, che lo porta a rivelare un’interiorità sempre alienata.

1914: Pianissimo→ una delle opere liriche più importanti del primo Novecento
italiano.
Il titolo suggerisce il tono sommesso di un monologo sgorgato dal suo animo
come una “sconsolata confessione fatta a fior di labbro a sé stesso” → la
raccolta disegna un percorso interiore.
Sbarbaro è mosso da un rifiuto viscerale per la vita sociale, in cui si sente
totalmente estraneo; quindi, si chiude in un mondo tutto suo evitando ogni
contatto con l’esterno.
Guardandosi dentro, però, Sbarbaro comprende che questa situazione dipende
anche da sé stesso, che non riesce ad aderire alle cose.
Quindi cerca di scuotersi da questa sensazione muovendosi in 3 direzioni:
innanzitutto fa leva sugli a etti familiari; poi cerca il contatto violento con i miserabili,

97
seguendo le orme dei poeti maledetti (Baudelaire e Rimbaud), per provare un po’
di solidarietà umana; e in fine si cerca il contatto con la natura.
Ma ogni sforzo è vano perché si tratta di un sollievo momentaneo e non della
liberazione desiderata, quindi l’aridità riprende il sopravvento.

TACI, ANIMA STANCA DI GODERE


La poesia, rivolta all’anima del poeta, riprende un modulo della tradizione lirica
→ “A sé stesso” di Leopardi.

L’incipit ci fa pensare ad D’annunzio → taci, ascolta, odo però il tono è tutt’altro:


non c’è l'esaltazione panica, ma c’è un abbassamento.
Il taci può essere anche un indicativo presente. c’è il silenzio e lo svuotamento
→ una sorta di grado 0 dei sentimenti (non c’è il pianto del poeta, non c’è la noia,
la speranza, la rabbia) in cui l’anima condivide con il corpo una sorta di
rassegnazione disperata.

Sentirsi estraneo a sé stesso e al proprio corpo → il camminare è quasi


autonomo, senza anima → c’è una sorta di sdoppiamento (io e te anima) che
porta a una dissociazione tra l’io e il mondo e internamente l’io e il proprio
interno, cioè l’anima questo grado 0 della percezione si riversa in una sorta di
assoluta tautologia (predicare una cosa il nome stesso → e gli alberi son alberi) →
non significano nient’altro oltre la loro esistenza.
Non abbiamo nessuna presa e conoscenza del mondo se non le gure che ci
passano davanti agli occhi e di cui non possiamo dire niente che il nome. il mondo è
un grande deserto vuoto e abbandonato → il soggetto guarda dall’alto sé stesso.

elementi udivi della prima strofa e elementi visivi nella terza e quarta strofa e anche
nell’ultima

La poesia è rappresentativa dello stile di Sbarbaro → assenza di espressionismo e


presenza di una fisionomia prosastica, “bassa”, con l’assenza o la forte riduzione di
energia lessicale e di fantasia metaforica → la poesia si costruisce in maniera
lineare.

Il tema generale è quello dello smarrimento dell’identità, annullamento del


soggetto e della sensazione di vivere una vita diversa e straniata.

Al nucleo della "negatività" esistenziale si riferisce una fitta serie di negazioni


esplicite e di termini associati al campo semantico dell’assenza di vitalità.

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A MIO PADRE, DA PIANISSIMO.
Ci offre un versante positivo. In questa modalità di estraniamento ci offre la
possibilità di una relazione, di un sentimento autentico.

Procedimento di estraneazione: il padre che vede sé stesso che insegue la figlia.


Il vedersi e come se non fosse più lui, quindi, cambia atteggiamento e dal
rimprovero passa all’abbraccio. Siamo negli anni 10 e la scoperta di una paternità
non espressa in una durezza del padre freudiano o di Kafka si inizia ad affacciarsi
anche una paternità di tenerezza fatta di gesti affettuosi di un padre dal cuore
fanciullo. Quindi è anche una poesia nuova da questo punto di vista.

GIUSEPPE UNGARETTI

 1888: Alessandria d'Egitto (periodo africano: scoperta della letteratura,


memoria di paesaggi fantastici e irreali); morte del padre impegnato nello
scavo del canale di Suez, ottima educazione grazie al forno aperto dalla
madre; ingresso in un circolo anarchico fondato da Enrico Pea.
Frequentazione di Konstantinos Kavafis.
 1912,Parigi: Bergson, poesia decadente e simbolista (Mallarmé): poetica
della memoria e del “sentimento del tempo”.
Esperienza delle avanguardie con Guillaume Apollinaire; collaborazione con
Lacerba.
 1914-1918: Esperienza della guerra, come volontario. Ritorno a Parigi
(1918 1920)
 1921-1935 Roma: difficoltà dei primi anni, impiego presso l’ufficio stampa del
ministero degli Esteri, collaborazioni giornalistiche e inviato all'estero per la
“Gazzetta del popolo”. Riscoperta della fede (1928).
Importante intellettuale italiano, punto di riferimento per la poesia ermetica.
 1937-1942 insegnante di letteratura italiana presso l'Università di San Paolo;
lutti (1937 morte del fratello, 1939 perdita del figlio Antonietto).
 1942: Ritorno a Roma e insegnamento alla Sapienza Letteratura italiana
moderna e contemporanea (fino al 1958)
 Cura l'edizione definitiva dei suoi versi: Vita d'un uomo (1969). Muore nel
1970.

Vita errabonda: nomade in cerca di una “terra promessa”. I fiumi: Nilo, Senna,
Isonzo, Tevere…

Esperienze eccentriche, “lateralità” geografica, formazione bilingue,


maturazione in contesto europeo.

PRIMA STAGIONE: ESPERIENZA DELLA GUERRA: Il porto sepolto (1916) +


Allegria di naufragi (1919) → L'allegria (1931)

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 Indagine sulla condizione umana: responsabilità etica di chi scrive .
 Componente autobiografica: ricordi e paesaggi dell'infanzia ed esperienza al
fronte; solitudine, sofferenza, amore, morte, caducità.
 Temi e motivi: il mare, il porto, il viaggio; la guerra e il desiderio di
fratellanza.
 Forma diario (di guerra): hic et nunc, precarietà dell’esistenza .
 Lezione della poesia simbolista francese (uso dell'analogia) e del futurismo
(assenza della punteggiatura).
 Poesia come scavo e riscoperta.
 Ricerca della purezza originaria e dell'essenzialità: poesia procede per
sottrazione.
 Distruzione del verso tradizionale: microversi ; isolamento della parola
come illuminazione nel silenzio; frantumazione della sintassi;
punteggiatura assente; semantizzazione dello spazio bianco.

 Poetica dell'attimo.
 Poesia testimonianza di Dio: significato metafisico e religioso, dal contingente
all'assoluto.

I FIUMI (IL PORTO SEPOLTO)


Il poeta compie un percorso mentale della sua esistenza attraverso i quattro fiumi
che hanno segnato le quattro tappe più importanti della sua esistenza:

 il Serchio → ricorda ad Ungaretti la sua famiglia, originaria di Lucca;


 il Nilo → gli ricorda l’Egitto, dove è nato e dove ha trascorso la sua
infanzia;
 la Senna → gli ricorda l’ambiente francese, nel quale ha completato la sua
formazione culturale e letteraria;
 l’Isonzo → fiume legato al momento attuale, quello della guerra nel
Carso, la morte, la distruzione

Tutti questi fiumi confluiscono simbolicamente nel fiume in cui sta vivendo
le sue ore più difficili, cioè l’Isonzo.
Significa che tutte le esperienze del poeta sfociano in una amara
considerazione sulla vita e sul dolore → nelle memorie del passato egli
ritrova la serenità e la pace che la notte ora protegge e avvolge nel silenzio
delle sue tenebre.

Lo scenario è quello della guerra in cui uomini e piante partecipano allo stesso
destino di morte

La struttura della lirica si articola in tre tempi:

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 I tempo → vv. 1-26: il poeta si trova nel Carso durante la Prima guerra
mondiale; riflette con sé stesso e dice di essersi steso dentro ad una cavità
piena d’acqua, vicino all’Isonzo, per trarne beneficio fisicamente (e
spiritualmente).
Lì ha iniziato a contemplare il paesaggio, poi ha raccolto i suoi vestiti sudici di
guerra e si è messo a prendere il sole.

La natura offre una sorta di quiete → offe anche la possibilità di un lavaggio di


purificazione → rito sacro quello che compie il poeta: si distende e l’acqua da
una parte il liquido amniotico (origine: Serchio → Lucca, Nilo) ma è anche un rito
battesimale, secondo un mitologema (nucleo mitico molto forte), cioè l’acqua
che insieme è ricordo del vita embrionale e dall’altra parte prefigurazione della
morte (urna)

Il poeta si immerge nell’acqua del fiume e lascia che l’acqua compia il suo lavoro di
purificazione. Dopo di che riemerge e si china a ricevere il bacio del sole → memoria
della propria infanzia (come un beduino)

- L’immagine del nomade (beduino, acrobata) rimanda alla dimensione del


viandante → Ungaretti ha viaggiato molto nella sua vita.

 II tempo → vv. 27-41: Rinfrescato dall'acqua del fiume, inchinato al sole, si


riconosce una piccola parte, una docile fibra dell'universo, è un
momento magico perché sente ridestarsi in cuore il contatto con la
natura che la brutalità della guerra aveva interrotto; è felice perché ora
vive in armonia con le cose che lo circondano mentre le memorie del
passato rifluiscono nella mente ritornata serena.

 III tempo → vv. 42-69: È un flashback della sua esistenza suscitato dal
fiume Isonzo → la sua vita gli scorre davanti scandita dal ritorno di altri tre
fiumi:
- il Serchio, dove ebbe origine il ceppo della sua famiglia;
- il Nilo, sulle cui sponde nacque, crebbe e si sentì ardere dal desiderio di
nuove esperienze;
- la Senna, con le sue acque torbide come le passioni giovanili e il rimescolio di
idee e di polemiche con gli amici della nuova avanguardia europea.
Lì, a Parigi aveva capito qual era la sua vita e la sua vocazione poetica →
scoperta della parte oscura: “in quel suo torbido nel quale mi sono
rimescolato e mi sono riconosciuto”

Ungaretti non si riconosce solo in un fiume → nostalgia → identità fatta di strappi


e di ferite

“una corolla di tenebre”: la poesia si chiude su quest’immagine che allude alle


tenebre della guerra che, come in un fiore, si stringono attorno al poeta,
chiudendogli ogni prospettiva di futuro.
A ciò corrisponde una sensazione di ricordo misto ad angoscia.

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Metro: versi liberi.
È composta da quindici strofe di versi liberi. Le strofe non hanno una misura
regolare e definita e vanno da un minimo di due ad un massimo di otto versi.

 deittici (quest’albero mutilato, questo è l’Isonzo)

MATTINA (L’ALLEGRIA-SEZ. NAUFRAGI)


Testo considerato come esemplare dell’Ermetismo.

Mattina, infatti, è composta da quattro sole parole, impiegate per


rappresentare una condizione individuale che si eleva, grazie alla forza
dello stile e all’incisività dei vocaboli scelti, a condizione universale.

Il componimento di riduce a un’unica, ma potentissima figura retorica, la


sinestesia, che accosta lo stimolo visivo e in certo senso anche corporeo
della luce con l’immagine astratta ed esclusivamente concettuale
dell’infinità.

Interpretazione 1: l’indicazione finale di luogo e data del componimento e il


titolo - che segnala il momento del giorno in cui si è prodotta questa epifania -
servono, come sempre in Ungaretti, ad ancorare alla realtà concreta della storia,
individuale e collettiva, l’apertura all’universale e al metafisico.

EPIFANIA: Si tratta di un termine che viene usato in relazione alle poetiche del
Modernismo (con autori quali James Joyce, Virginia Woolf, Marcel Proust); qui è
sufficiente tradurlo nel senso di una “rivelazione improvvisa e folgorante del
senso profondo della vita e delle cose”

Interpretazione 2: ricostruendo il contesto Ungaretti tornava da una licenza, aveva


ancora gli occhi, la mente, verso i luoghi invernali= Leopardi che comunica
l’immensità di ciò che non si può misurare (rimembranza, vago e indefinito)

L’obiettivo di Ungaretti è di comunicare l’incomunicabile → la luce violenta


che proviene dalla totalità dello spazio perché il sole con i suoi raggi può
coprire qualsiasi distanza.
Si tratta di una pienezza sublime che ricorda la luce del Paradiso dantesco,
capace di riportare il poeta in uno stato di grazia.

102
Inizialmente, Ungaretti aveva pensato come titolo a Cielo e Mare → definisce
solo il paesaggio, mentre il secondo indica un momento preciso che diventa
fortemente simbolico: la mattina è il momento della rinascita e della
riapertura al fluire della vita

METRO=> due versi “m’illumino d’immenso”, accento cade su mi illumino.


Versi metricamente uguali ma se ricomposti appare il verso settenario con cesura
regolare, per richiamarci alle sonorità tradizionali ricorre alla scomposizione poiché
graficamente isolare due parole colme di significato apporta un significato più
evidente.

SOLDATI (L’ALLEGRIA, SEZ. GIROVAGO)


Il titolo ci guida nell’interpretazione

Si tratta della variazione epigrammatica di una similitudine → abbiamo da una


parte l'elemento naturale → le foglie che cadono (caducità fragilità) collegata ai
soldati e all’esperienza della guerra → analogia
Similitudine che simboleggia la precarietà dell’esistenza umana durante la
guerra..

Soldati può essere letta anche come una riflessione, breve ma assai incisiva,
sull'assurdità dell'intera condizione umana e sulla sua intrinseca finitudine, che non
può in alcun modo sfuggire al dolore e alla morte.

I soldati, paragonati a rade foglie autunnali appese a fatica agli alberi, cadranno
inevitabilmente, vittime di una legge universale spietata ed implacabile.

La fragilità insita sempre nella condizione umana è accentuata dalla guerra, che
rende ancor più precaria l’esistenza umana.

Il riferimento all’autunno, la stagione della morte per eccellenza, e il


paragone con le foglie fanno riferimento a una solida tradizione letteraria →
il primo ad usare questa metafora è stato Virgilio nel VI libro dell’Eneide e
nella Commedia Alighieri paragona alle foglie che cadono in autunno la
massa delle anime dannate che si accalcano sulla barca di Caronte.

4 versi → 4, 3,4,3 = settenario → il ritmo è quello del settenario con la


cesura centrale.
A Ungaretti viene tolto l’esperienza della metrica libera → scelta di innovazione
(distruzione della tradizione) ma allo stesso tempo di rispetto della tradizione

SECONDA STAGIONE: SENTIMENTO TRAGICO DELLA FUGA DEL TEMPO:


Sentimento del tempo (1933) e traduzioni poetiche

 Contenuti più concettuali: il tempo come continuità e durata.


 Recupero e meditazione della lezione di Petrarca e Leopardi.
 Barocco e tormentata religiosità

103
 Temi e motivi: Roma, il tempo, la memoria, la morte, le metamorfosi della
natura, disfacimento e caducità di ogni cosa, il mito.

 Recupero delle forme tradizionali (sintattiche e metriche: difesa


dell'endecasillabo, ripresa della rima):
- ritorno all’ordine;
- sintassi più complessa ed elaborata, costruzione sempre più ardite,fino al
limite di un suo personale “Barocco”.

TERZA STAGIONE: DOLORE PERSONALE E COLLETTIVO:


Il dolore (1947); La terra promessa (1950): progetto incompiuto di un
melodramma su Enea; Un grido e paesaggi (1952); Taccuino del vecchio
(1960)


Urgenza drammatica di vicende private (morte del fratello e del figlio) e
collettive (la guerra).
 Confessione autobiografica, cronistoria del dolore.
 Guerra come sconvolgimento apocalittico, toni biblici.
 Sentimento «autunnale».
 Saggezza, distacco, malinconia.
 Linguaggio ricercato, di influenza letteraria;
- sintassi lineare, secondo strumenti già sperimentati dal poeta e dalla tradizione
lirica;
- presenza della punteggiatura e della rima, utilizzo di forme metriche della
tradizione.

GIORNO PER GIORNO (DA IL DOLORE, SEZIONE GIORNO PER


GIORNO)
toni dimessi, ricorda il figlio che piangeva,

- “la terra l’ha disfatta”: citazione dantesca (Inferno, V canto).

Tono di immediatezza d’espressione poetica, sentimento del tempo ultima strofa,


stride rappresentano le tappe che compie il poeta.

- Inverno come stagione più crudele che ricorda lo spegnimento della vita.
- Poeta che soffre per la perdita del figlio.

La sofferenza per la morte del glio viene messa in versi in maniera cronistorica del
dolore il figlio che soffre e che muore → abbandona il padre, il quale vede svanire la
compagnia che immaginava allietato i suoi anni anziani

104
 Primo frammento → parla di suo figlio Antonietto che è molto sofferente per il
suo malessere.
Il primo verso, è una frase che egli rivolge alla mamma e che è rimasta
impressa al poeta. Il volto del figlio è spento ma i suoi occhi sono ancora
vivi. Entrambi si trovavano al davanzale della finestra a dare le briciole ai
passeri festosi e così facendo riusciva a distrarre il bambino dai pensieri più
bui.
 Secondo frammento → il bimbo muore e il poeta si rende conto che tutte le
cose più tenere che gli riservava, come baciargli le mani in segno di fiducia,
da ora in poi potrà farlo solo in sogno. Ma la vita va avanti, anche dopo un
lutto, e il poeta si chiede come sia possibile essere in grado di
sopportare un dolore così grande.
 Terzo frammento → Il poeta è pessimista sul suo futuro e sospetta che ci
saranno altre sofferenze per lui.
Inoltre dice che qualunque orrore gli sarebbe capitato, gli sarebbe stato
sufficiente avere il figlio accanto per sentirsi consolato.
 Quarto frammento → ci sono momenti in cui il poeta si sente triste e senza
speranza ed è proprio in questi casi che immagina di rivedere il proprio
figlioletto, sotto forma di ombra, venuto per confortarlo (come un angelo
custode).
 Quinto frammento → Il poeta ripensa a quando il suo bimbo stava bene e
correva per la casa e la sua voce risuonava dolcemente in ogni stanza.
E mentre adesso la terra si nutre del suo corpo (lo deteriora), c'è una parte di
lui che nessuno potrà mai toccare ed è custodita nel ricordo del poeta. Ne
parla come se si trattasse di una favola del passato.
 Sesto frammento → il poeta dice che quando ripensa al glio e riesce a
immaginare la sua voce, perde interesse verso chiunque altra persona parli
vicino a lui o gli rivolga parola.
 Settimo frammento → il poeta dice che ogni volta che guarda il cielo cerca di
rivedere il suo volto → nella forma delle nuvole
 Ottavo frammento → dice che lo ama, ma è una disperazione continua.
 Nono frammento → qui spiega la distanza che lo separa dal figlio defunto
ma che il ricordo lo fa sembrare vicino a sé.
 Decimo frammento → il poeta dice di essere ritornato a Roma, città che sente
sua perché la conosce molto bene. Tuttavia questo non basta per fargli
tornare il buon umore perché queste sensazioni le avrebbe potuto provare
insieme al figlio
 Undicesimo frammento → qui il poeta dice che il tempo passa, e anche lui
passerà... a miglior vita (concetto del tempo).
 Tredicesimo frammento → Il poeta dice che le stagioni non gli trasmettono più
nulla, né la vivacità dell'estate, né i colori della primavera, solo l'inverno è
simile al suo stato d'animo.
 Quattordicesimo frammento → dice di sentirsi appassito, paragonandosi
alla natura rinsecchita nella stagione autunnale (cfr. soldati).

105
 Quindicesimo, sedicesimo e diciassettesimo frammento → riprende a parlare
per metafore alternando sentimenti dolci a uno stato d'animo distrutto → solo
in forma poetica è possibile descrivere questo mix di dolore e ingiustizia.

UMBERTO SABA

 1883: Nasce a Trieste. La madre è ebrea, il padre abbraccia l’ebraismo per


potersi sposare. Il suo vero nome è Umberto Poli.
Il padre abbandonò ebraismo e moglie non appena nasce Umberto; fino a tre
anni il piccolo fu affidato a Peppa, balia slovena, cattolica. Nella sua
casa riconobbe una sorta di “paradiso”.
Scissura psicologica: duplice conflitto padre-madre e madre-nutrice
(complicato da questioni razziali e culturali).

 Formazione da autodidatta; apprendistato letterario a Firenze (1905).


 Dal 1907 al 1908: è militare volontario a Salerno ( →Versi militari).
 1909: sposa Carolina Wölfler (Lina).
 1910: pubblica a Firenze Poesie, primo libro di versi firmato con lo
pseudonimo di Umberto Saba (dal vezzeggiativo datogli dalla balia).
 Nel 1912 acquista una libreria antiquaria: quello del libraio sarà il mestiere di
Saba per tutta la vita.
 1921: prima edizione del Canzoniere.
 Dal 1929 al ’31: si sottopone a terapia psicoanalitica con Edoardo Weiss,
allievo di Freud (→ Il piccolo Berto).
 Nel 1938 fugge da Trieste, a causa delle persecuzioni razziali. Tornerà
nella sua città solo alla fine della guerra. Si rifugia a Firenze (incontro con
Montale), poi a Roma e a Milano.
 1945: seconda edizione del Canzoniere.
 1946: Scorciatoie e raccontini.
 1947-1948: terza edizione del Canzoniere. Pubblica Storia e cronistoria del
Canzoniere con lo pseudonimo di Giuseppe Carimandrei. 1951 quarta
edizione del Canzoniere (1961 edizione definitiva per Einaudi).
 1957: muore in una clinica di Gorizia. 1975 viene pubblicato Ernesto.

TEMI E POETICA
 Poesia «onesta»: ricerca di autenticità, lontano dalle avanguardie, modelli
autori della grande tradizione.
Poesia semplice, apparentemente banale, lessico di pubblico dominio,
impasto di poetico e impoetico, intreccio con il lessico aulico del
melodramma ottocentesco.

106
 Metrica. Forme della tradizione: sonetti, canzoni e canzonette, terzine e
distici a rima baciata. Predilezione per la rima.

 Modernità: psicanalisi e componente autobiografica. Potere conoscitivo


della poesia come manifestazione dell’inconscio e surrogato della
terapia psicoanalitica (poesia come anamnesi).

 Trieste protagonista.

 Eterogeneità formale: sperimentazione di differenti generi letterari


(favola, ritratto, lettera, autobiografia, dialogo e fuga musicale, sogno e mito,
novella e epos, idillio e aforisma).

CANZONIERE
Forma «canzoniere»: idea unitaria, progetto in continua evoluzione, lavoro di lima,
selezione e sistemazione. Sostanzialmente rispettato l’ordine di stesura.

Cronaca non sempre fedele degli avvenimenti autobiografici: storia di


un’anima.

 Volume primo (1900-1920): 125 liriche, 9 sezioni; corrisponde alla prima


edizione (1921), si chiude con Cose leggere e vaganti e L’amorosa spina.
Il tempo dell’esperienza: esperienza militare e vita amorosa (Lina, le
commesse Paolina e Chiaretta).

 Volume secondo (1921-1932): 105 liriche, 8 sezioni; si conclude con le


poesie d’ispirazione psicanalitica del Piccolo Berto.
Il tempo della conoscenza: esame retrospettivo, romanzo familiare
(traumi infantili, complesso dell’orfano)

 Volume terzo (1933-1954): 165 liriche, 9 sezioni; si chiude con le Sei


poesie della vecchiaia.
Il tempo della sapienza: all’autobiografia si sovrappone il mito e la
letteratura (Mediterranee) e alla vena narrativa si sostituisce quella
epigrammatica (Parole, Ultime cose, Quasi un racconto)

TRIESTE (IL CANZONIERE)

107
Trieste” Sonorità ottocentesche, sovrapposizione tra dolcezza della città e tono
sprezzante e amaro verso un luogo colmo di contrasti.

Da una parte si riallaccia alla grande tradizione petrarchesca, ma dall'altra


parte si rifà alla letteratura europea soprattutto tedesca →

Saba è profondamente collegato a Trieste, che ha una posizione particolare (cfr.


Svevo): Trieste si trova in un crocevia (è il porto dell'impero austroungarico →
commercio di merce e uomini; è anche la città della civiltà tedesca; Trieste ha anche
una tradizione di lingua italiana e solvenza → confina con la Slovenia. Inoltre la balia
di Saba è slovena).
Questo crocevia di cultura è anche il momento di incrocio di religioni diverse. Da
questo miscuglio nasce la poesia di Saba → una poesia che però, per essere così
proiettata verso il tedesco, si differenzia da altri poeti che hanno più vicino il francese

 Prima strofa → il poeta descrive la strada in salita che conduce alla collina
affollata, vivace, rumorosa all'inizio e sempre più solitaria alla ne. Percorrendo
la strada giunge in un piccolo spazio chiuso da un muricciolo, "un cantuccio"
che segna il confine della città e lì il poeta siede solo ma non diviso dal
mondo che ama.

 Seconda strofa → Qui paragona Trieste a un ragazzaccio aspro e vorace,


facendola diventare un personaggio vivo e autonomo. Il ragazzo possiede
una grazia innata, una bellezza spontanea e naturale; i suoi occhi azzurri →
riflettono il colore del mare di Trieste, evocano tenerezza, un’altra
interpretazione vede gli occhi azzurri per indicare il padre (cosa che Saba
scoprirà più tardi).
Le sue mani sono grandi per compiere atti gentili (come regalare un fiore) ma
dietro questa apparenza si nasconde una grande dolcezza. Questo contrasto
viene identificato dal poeta come un amore tormentato dalla gelosia.
Dall'alto della salita che gli consente di avere una visione panoramica di tutta
la sua città e i suoi luoghi, gli appartengano e che sono avvolti nell' “aria
natia” che è anche un'aria strana e tormentosa.

 Terza strofa → Dalla sua postazione, il poeta fa le sue riflessioni, osserva


la vita intorno senza farne parte, ma senza neppure sentirsi estraniato.
Sa di poter trovare nella città uno spazio adatto alla sua vita "pensosa e
schiva".
pensosa e schiva=> aggettivi che ricordano Leopardi, caratteristiche del
rifarsi a vecchi modelli.

MIO PADRE È STATO PER ME L’ASSASSINO


È un sonetto → Saba recupera il sonetto in un momento di rottura con il passato.
Però lo adatta a quello che vuole dire, al suo spirito.

108
Il sonetto ha una struttura di tipo contrastivo: due blocchi (due quartine e due
terzine).
Rima alternata nelle quartine, rima ripetuta o duplicata nelle terzine.

Il tema è incentrato anche sulla duplicità → duplicità tra madre e padre, presente
sin dal titolo: assassino è messo tra virgolette uncinate → riprende le parole della
madre. È lei che lo definisce l'assassino. Già nel titolo abbiamo la presenza del
padre e il punto di vista della madre.

Bambino fa rima con assassino → crudeltà che ha avuto nei confronti della
moglie e del figlio in realtà è la crudeltà di un bambino che non si accorge del
male che fa.

Saba ha ottenuto in dono dal padre un segno fisico: lo sguardo azzurrino → in


questo scambio di aggettivi è il padre c'è ha lo sguardo del figlio → inversione nel
rapporto genitoriale: il padre è il bambino

Assassino, bambino, azzurrino, pellegrino → pellegrino è sempre il padre che gira


il mondo senza avere una cosa, cioè un luogo dove stabilirsi e avere il proprio
centro. Il sorriso da una parte è dolce ma dall'altra è astuto → come se volesse
ingannare.
Ha ricevuto l'amore e l'affetto, ma soprattutto è stato nutrito da diverse donne
→ tutto ciò può essere un paragone con Ulisse.

Nelle terzine la contrapposizione tra il padre e la madre si fa più diretta.


Mette agli estremi Egli e mia madre → enjambement che amplifica l'inversione
irregolare → il padre è caratterizzato dallo sguardo azzurrino che richiama il
cielo e il mare ed è gaio e leggero, invece la madre sente tutti i pesi della vita.

La madre avverte il figlio di non assomigliare al padre

“Eran due razze in antica tenzone” (riferimento all’Orlando Furioso) → c'era


una contrapposizione tra di loro che va oltre al fatto che la donna è avversaria
dell'uomo, ma riguarda anche le religioni → Contrasto così antico e perpetuo che
è come se in questa dialettica i due fossero segni di una contrapposizione profonda
e netta.

Più tardi in me stesso lo intesi → il contrasto che era esterno (tra la madre e il
padre) è il contrasto che lui vive al proprio interno tra l'aspetto leggero e vagante
e l'angoscia del vivere, la pesantezza delle responsabilità → Saba racchiude in sé
questa tensione e la fa diventa poesia → nasce dalla compresenza e una sorta di
corrente elettrica che viene da questi due poli.

Ecco perché il sonetto non è un tributo al passato, ma è una forma, per la sua
dimensione dialettica bipolare che si sviluppa tra due contrasti, che realizza
meglio questa idea→ possiamo parlare di innovazione all'interno della
tradizione

109
L'uso di un lessico ancorato al passato → recupero di forme consolidate della
tradizione uscite fuori dall'uso e che appartengono al lessico lirico del melodramma
(ei, tenzone, )

CITTÀ VECCHIA
Poesia “Città vecchia”=> discesa nella parte vecchia di Trieste è una discesa nel
profondo (parallelismo Baudelaire nell’immergersi nella vita).

Questa è una delle poesie più intense e rivelatrici di Saba → rende tutto un lato della
sua anima e della sua poesia → perduto nei vicoli e vicoletti di città vecchia, il
poeta trova l’infinito - nell’umiltà

Trieste è la protagonista di questa poesia → qui è paragonata a una donna. È


la città vecchia in cui si incontrano persone provenienti dal porto, cui si specchia
giallo il fanale, la gente che arriva e che va →

Città vecchia è il nucleo più antico di Trieste, che comprendeva il ghetto


ebraico il motivo centrale della poesia è enunciato ai vv. 9-10 → riprendono il
concetto nietzschiano della coincidenza tra quotidianità e infinito → a una
tematica “bassa” corrisponde uno stile di apparente semplicità, ma sapientemente
calcolato nelle scelte lessicali, sintattiche e metriche → la poesia ha un taglio
narrativo e realistico (nella descrizione delle persone) e predilige un lessico
quotidiano → l’effetto di colloquialità è però bilanciato sul piano sintattico dalle
numerose inversioni e dagli iperbati; mentre a livello metrico dai frequenti
enjambement

- Il lupanare → bordello. Tutte quelle figure che non fanno parte dei luoghi
borghesi.
- Continua commistione tra elementi colloquiali e elementi colti
- Dragone → soldato

Attenzione alle rime → nella prima strofa abbiamo una rima incrociata (casa-strada è
un’assonanza) → caratteristica della poesia di Saba dove le rime sono imperfette:
Detrito-infinito

Friggitore-amore- dolore → un elemento che fa rima con due parole chiave. Fa


rima anche con Signore → elementi cristico nel fatto che, nell'ultima strofa, in
questo scendere e abbassarsi nella parte più misera della città, tra gli umili, il
pensiero si fa più puro.

Infinito → riferimento a Leopardi , ma si rifà di più a Pascal → l'uomo nel suo


essere umile è capace di concepire l'infinito.

110
A MIA MOGLIE
Il poeta celebra la moglie paragonandola molto domesticamente ad alcuni animali,
dei quali mette in rilievo le qualità che essi condividono con la donna → la moglie
non apprezzerà questa poesia

Contrasto con la tradizione lirica italiana → la donna non è paragonata ad


animali nobili, domestici e umili → gli animali non diventano simboli,
conservano la loro natura

Dopo una crisi famigliare i due si rifugiano in compagnia, dove ritrovano una certa
armonia → questa dimensione agreste è per Saba un momento di serenità.

È una sorta di similitudine continuata che ha un andamento da litania (tu sei,


tu sei, tu sei) → tipica delle preghiere mariane.
Richiamo biblico anche al Cantico dei cantici

Il poeta, come il fanciullo, ama gli animali, che, per la semplicità della loro vita, si
“avvicinano a Dio”, cioè alle verità e in nessun'altra donna → non la paragona a
nessun'altra donna.
Dio non può essere paragonata a nessun altro uomo, non può essere
antropizzata. Ecco perché per parlare di Dio si ricorre sempre agli animali, e
non a una qualità dell'uomo. C'è una tradizione nell'esprimere le qualità superiori
della donna attraverso i riferimenti animali → ma non appartengono alla tradizione
della lirica colta.
Il fatto che sono animali lontano dall'idea tradizionale della donna rende
l'esempio e il paragone ancora più forte: moglie= Dio (dolce stil novo).
Dall'altro lato c'è questa idea di un modo animale fatto di quotidianità e di convivenza
pacifica.

Saba era ateo e per lui Dio coincideva con la natura → il paragone fra la moglie
e gli animali deriva dal fatto che, secondo Nietzsche, alla donna viene
attribuita una posizione più vicina alla natura, quindi più elevata di quella
dell’uomo

C'è una contrapposizione → da una parte ci sono gli animali che sono più vicini a
Dio ma dall'altra c'è una sorta di inquietudine:

 Cagna → dolcezza innata → riferimento a Dio. Ma scopre i denti →


minacciare.
 Coniglia → si strappa il pelo di dosso → soffre per procurare il nido per il
parto
 Rondine → torna in primavera e riparte, ma la donna rimane. Come la donna
porta la primavera, così come la donna porta la primavera all'uomo → facoltà
di generare la vita
 Formica → capacità di organizzare e amministrare il ménage familiare
Allusione alla favola della cicala e la formica (ricordo differenza tra madre e
padre).

111
 Pecchia (ape) → operosità

Vengono richiamati gli elementi della vita famigliare (giovinezza della donna, la
gravidanza, la gelosia, il parto e i figli, e l'abbandono)

TEATRO DEGLI ARTIGIANELLI


Siamo ancora nella guerra dopo l'8 settembre l'Italia viene divisa in due→ nuova
solidarietà tra gli uomini nata dalle speranze Rappresentazione teatrale

Il testo può essere suddiviso in tre parti:

 1° strofa → la descrizione della sala con l'aggiunta dei simboli del


comunismo, ritornati dopo un periodo d'assenza (durante il ventennio fascista
i partiti politici erano stati dichiarati illegali).

 2° strofa → in questi versi viene descritta l'atmosfera della sala del teatro è
felice, ma è una contentezza triste. Il presentatore nonostante sia nella
triste condizione di mutilato che si regge con le stampelle, non perde
occasione per far ridere o almeno sorridere le donne e i bambini ma sempre
mettendo in primo piano gli ideali di giustizia e fratellanza del
socialismo si rivolge anche agli uomini che bevono per dimenticare le
sofferenze patite.

 3° strofa → nei versi finali il poeta descrive le cose come stanno,


specificando il luogo e la data, come a darne una rilevanza dal punto di
vista storico.

C'è il tentativo di scoprire una venatura civile della propria poesia → non è solo
rivolta a sé stesso ma è anche rivolta alla comunità, ha una dimensione corale.
Dimensione intima fatta di una comunità di intenta nelle piccole cose che dimentica
la sofferenza

Tema delle rovine → tema costante della seconda guerra mondiale. Il fatto che i
bombardamenti sono realizzati sulle città è un elemento di novità → fino all'ottocento
la guerra si combatteva nelle campagne. Nella seconda guerra mondiale la
separazione tra fronte e retroguardia si annulla → la guerra viene portata
dentro la città, in mezzo ai civili, che muoiono insieme ai soldati → esperienza
comune

Le rovine diventano anche un simbolo della ricostruzione della lingua → una


lingua che è stata corrotta dalle parole del fascismo e della guerra deve essere
di nuovo messa in piedi e dando senso nuovo a parole come patria, Italia → si
possono usare come le rovine per costruire qualcosa

112
Altra contraddizione-dualismo della poesia di Saba: ostinata e scontrosa solitudine
vs ancestrale voglia di ricongiungersi e creare un clima giocoso e solidale.
L’uso di parole logore e di rime antiche è apertamente tematizzato nella poesia

AMAI
Dichiarazione di poetica e polemica rivolta ai poeti ermetici → Saba non
apprezza il loro atteggiamento di superiorità, la mancanza di comunicatività con il
pubblico, l'idea di arte come cosa aristocratica, come dono per pochi e non per tutti.

Il discorso riguarda il cuore ed esprime un impegno soprattutto morale, in quanto


il dolore rende amica anche la verità più dura → per Saba non c'è amore senza
dolore, tanto che il "doloroso amore" costituisce l’essenza della vita, la quale è
anche una fonte insostituibile di gioia e di consolazione, come risulta dai due versi
conclusivi, che si riferiscono direttamente al lettore ("Amo te che mi ascolti"),
per renderlo partecipe a questa esperienza.

 Nella prima strofa egli parla delle sue scelte per quanto riguarda lo stile.

 Nella seconda, ci parla dei contenuti, cioè egli ricorda che con l’aiuto della
poesia ha sempre cercato di esaminare la profondità dell’animo umano.
La verità viene spesso dimenticata come se si trattasse di sogno. Il cuore le si
avvicina con un certo timore perché la verità, una volta scoperta, non lo
lascerà più. Quindi, per Saba, la poesia ha quasi una funzione terapeutica,
perché è utile per guarire il dolore: è meglio scoprire ciò che a volte si
cerca di non vedere perché troppo doloroso, piuttosto che vivere nella
dimenticanza.

 Nella terza strofa, il poeta si rivolge direttamente al lettore con un tono di


affetto e di simpatia.
Rima fiore amore è la più diffide e antica del mondo → la rima è quella
più usata essendo la più facile, quindi è difficile dire qualcosa di nuovo
e vero. Però è necessario perché la poesia onesta nasce dalla verità →
richiama Ungaretti

C'è un tu → del lettore, della donna

Al fine del mio gioco → affinché possa continuare oppure alla fine

RACCONTO: “LA GALLINA”


=> c’è un omone (alter ego Saba) che con i primi guadagni del suo lavoro compra
una gallina come animale da compagnia, ci gioca, la abbraccia e ricorda un’altra
gallina che aveva quando era bambino è che sparì. Un giorno torna a casa e la

113
madre gliela fa trovare uccisa e appesa e a quel punto lui capisce che
l’adolescenza , la giovinezza è finita.

La presenza di quest’animale nella poesia è ridondante nella letteratura.


Nell’ottica del testo freudiano “Totem e tabù” la gallina è un animale simbolico
poiché anticamente veniva utilizzata nei sacrifici=> uccidere la gallina= rito, ma

Con l’uccisione della gallina ha fine la sua vita da adolescente, dunque si


separa anche dal legame simbiotico con la madre=> gallina come simbolo di tale
legame che poi viene appunto ucciso, distrutto.

Il cadavere della gallina simboleggia la fine del sortilegio, la madre ha in realtà


infranto un divieto poiché lei gli aveva promesso che l’avrebbe conservata e non
doveva uccidere animali lei.
Uccide anche se’ stessa e annienta il padre che incarna in realtà egli stesso la
trasgressione e la negligenza alle regole.

Gallina = genitori come figure guida di quel periodo che va dall’infanzia alla
pubertà:

EUGENIO MONTALE

114
 1896: Nasce a Genova.
Famiglia medio-borghese, studi tecnici e passione per la musica. Problemi di
salute, formazione da autodidatta. Soggiorni estivi a Monterosso.
 1917: Corso ufficiali a Parma, partecipa alla Prima guerra mondiale. Amicizia
con Sergio Solmi, Camillo Sbarbaro, Bobi Bazlen. Collaborazione con Gobetti
(1924).
 1925: Teorizza l’esigenza di semplicità, chiarezza e senso del limite;
rinnovare dall’interno la tradizione culturale (Stile e tradizione).
- Scoperta di Svevo.
- Ossi di seppia (poi nel 1928 edizione riveduta e ampliata). Adesione al
manifesto degli intellettuali antifascisti.
 1927: Si trasferisce a Firenze, rivista “Solaria” (apertura alle nuove esperienze
europee), direttore del Gabinetto Vieusseux (1929-1938), opposizione al
regime.
 1939: Le occasioni. Collaborazione con “Letteratura” e “Campo di Marte”
(organo dell'ermetismo)
 1943: Finisterre → La bufera e altro (1956)
 1948: Milano. Attività di giornalista per il Corriere della Sera (Il secondo
mestiere), di traduttore (Quaderno di traduzioni)
 1971: Satura, Diario del ’71 e del ’72 (1973), Quaderno di quattro anni (1977)
 1975: Premio Nobel per la letteratura.
 1981: muore a Milano

LE DONNE DI MONTALE
Le donne → Sono varie figure femminili in cui dobbiamo attenzionare il fatto che
entrano nella sua vita come figure di poesia.

IRMA BRANDEIS → detta Clizia delle Occasioni.


Nel 1933 incontra Montale a Firenze durante un viaggio estivo e nasce una storia
d'amore destinata a concludersi definitivamente nel 1938
→ la loro storia d'amore di conclude per due motivi: lei fu perseguitata, quindi deve
tornare in America, non può restare in Europa.
Montale è tentato a seguirla, però nello stesso tempo ha intrapreso una relazione
con Drusilla Tanzi (con cui il poeta si sarebbe sposato agli inizi degli anni Sessanta),
e Drusilla avrebbe cercato di interrompere il rapporto tra Eugenio e la Brandeis. Nel
1939 cessa anche il loro intenso scambio epistolare, una volta svanita l'ultima
possibilità per il poeta di imbarcarsi per raggiungerla negli Stati Uniti.

DRUSILLA TANZI → detta Mosca delle poesie di Satura. Era sposata con il critico
d’arte Matteo Marangoni quando a Firenze conobbe Montale, con cui andò a vivere
nel 1939.

115
Secondo una lettera inviata ad Irma Brandeis, Montale impedisce due volte il suicidio
di Drusilla, che teme la partenza di Eugenio per raggiungere Irma negli Stati Uniti. La
Tanzi sposerà invece Montale nel 1962 e morirà l'anno dopo.

MARIA LUISA SPAZIANI→ detta la Volpe. Conosciuta in occasione di una


conferenza tenuta a Torino nel 1949, tra i due nacque, dopo un periodo di assidua
frequentazione a Milano, un sodalizio intellettuale caratterizzato anche da
un'affettuosa amicizia.

Se Clizia, che il nome deriva dalla divinità amata da Apollo che poi si incarnerà
nel girasole (immagine aerea che nella poesia di Montale si trasfigura
nell'immagine della donna angelo), la Volpe è un'immagine più terrena e
sensuale con connotati erotici.

TEMI E POETICA
Montale è quello che con maggiore consapevolezza compie l'attraversamento di
D’Annunzio e del Simbolismo.
Solarità panica → da una parte Alcyone che viene riletto da Montale in una
dimensione diversa. Sempre in questa logica di attraversamento l'obiettivo di
Montale è quello di interpretare il simbolismo in una dimensione storica,
facendo i conti con il proprio presente → forte compresenza e importante
dimensione storica quasi necessaria.

Questo vivere la storia ha una risonanza di sicuro disagio → disagio esistenziale e


storico → polemica contro i poeti laureati e rifiuto del poeta vate
→ Poesia di conoscenza in negativo, ma anche una poesia come testimonianza.
Non è più tempo di poeti vate, cioè quelli che possano dare indicazioni al
popolo.

La poesia di Montale richiama un alto tasso di narratività → in poesia bisogna


alludere più che dire → bisogna tacere il retroterra dell'origine e mostrare gli effetti
e gli oggetti.
La potenza di questa poesia consiste che già nel mostrare questi oggetti e immagini
sono sufficienti per imitare un'esperienza di vita.

Straordinaria complessità interna e architettura calibrata → una complessità che ha


fatto dire al critico Testa che la poesia di Montale è un'opera statua, come qualcosa
di compatto che però a uno sguardo più attento rivela movimento e una
costruzione più accurata

Fedeltà alla parola poetica unita a una costante riflessione critica sulla funzione della
poesia e una convinta difesa del senso della letteratura → Rifiuto degli
sperimentalismi → Rispetto ad Ungaretti che aveva esibito la propria rottura con la
lingua e la sintassi e la punteggiatura, e quindi è il più diretto continuatore della
rivoluzione con il passato e poi quella che sarà la poetica dell'eccezione degli

116
ermetici, Montale manifesta un classicismo modernista → da una parte
rivendica la tradizione classica, rivendica la propria appartenenza a una storia
lunga che vede punti di riferimento in Petrarca e Leopardi, ma dall'altra fa i conti
con la rottura del modernismo. Quindi l'operazione che fa è un'operazione di un
equilibrismo dinamico.
È un equilibrio tra tentazione anarchica all'innovazione assoluta dei futuristi e
dall'altra una tentazione a una chiusura verso un classicismo manierista.

Attenzione alla precisione nominativa e semantica → il modello di riferimento è


Pascoli. Montale si pone sulla strada del vocabolario lungo, non selezionato e
ristretto, ma nel quale convivono parole di origine diversa e di ambiti diversi

 Predilezione per paesaggi e oggetti dimessi → paesaggi che non vengono


ripresi in una prospettiva esaltata, ma anzi vengono privilegiati aspetti
quotidiani e dimessi.
 Recupero degli elementi della tradizione → ma non per rifarli, ma per
innovarli dall'interno: musicalità (iterazioni foniche), forme metriche
(quartina, canzone libera, strofe lunga dannunziana), rima (anche ironica e
dissimulata). Sintassi ampia e complessa.

 CORRELATIVO OGGETTIVO: viene definito da Eliot come una serie di


oggetti, una situazione, una catena di eventi che costituiranno la
formula di quella particolare emozione.
Per Montale, la poesia nasce dall’”occasione”, dall’evento epifanico.
Il correlativo oggettivo per Montale non è un espediente artificiale, ma la fonte
stessa della risonanza interiore che dà l’innesco alla scoperta, alla
rivelazione di una verità.

OSSI DI SEPPIA (1925)


La parola deve confrontarsi con la realtà (poetica delle cose, sulla linea Pascoli-
Gozzano). «Realismo esistenziale» (Contini)

Le cose non sono simboli (analogie di Ungaretti), ma “correlativi oggettivi” di


sentimenti e concetti (il male di vivere): eredità leopardiana:

- Natura estranea ed arida, «divina Indifferenza».


- Paesaggio spaesante.

Il titolo, confermando l’idea di una poesia residuale, evoca allo stesso tempo lo
scenario marino che fa da sfondo alla raccolta e suggerisce anche una visione
abbastanza tragica della vita. L’immagine degli ossi di seppia sparsi sulla riva
proviene da d’Annunzio, che l’aveva già citata in Alcyone.
Però il paesaggio di Montale è diverso da quello di d'Annunzio. Infatti non richiama
l’incontenibile esuberanza delle energie vitali che si sprigionano in un tripudio
di forme e colori, ma al contrario è un paesaggio aspro, arido, petroso e
desolato, roso dalla salsedine, schiaffeggiato dai venti e dai mari → diventa

117
l’espressione del male di vivere → una condanna senza remissione ai lavori
forzati, alle privazioni dolorose, agli ostacoli insormontabili e all’ostilità dell’ambiente.
Però allo stesso tempo questa raccolta nutre anche un’attesa del miracolo come
si vede nella poesia I limoni

Inoltre, richiama sia l'elemento dell'acqua sia un elemento di terra, perché le


ossa arrivano alla spiaggia.

NON CHIEDERCI LA PAROLA


L’incipit della poesia è una imperativa negativa Non chiederci la parola (v.1), che
con la declinazione al plurale sembra suggerire la volontà di questo scritto di
prendere parola a nome di tutti i poeti → la crisi è universale e coinvolge
l’essenza stessa della poesia, l’impossibilità di dare risposte, di rappresentare
in tono positivo o assertivo gli aspetti dell’animo umano.

Troviamo quel tu montaliano, che in questo caso si rivolge a un soggetto non de


nito. È una dichiarazione di poetica.
Tu montaliano → rivolto alla donna in particolare, ma anche al lettore. Anche il
Dialogismo, una costante nella poesia del 900, diventa una caratteristica
propria del suo modo di fare poesia

Non chiederci la parola che possa squadrare (parola dantesca) il nostro animo →
cioè che lo esprima. Non chiederci la parola del poeta vate, colui che è capace
di indicare direzioni precise → consapevolezza dell’incapacità della poesia
contemporanea di stabilire qualcosa di solido

Immagine del paesaggio →il fuoco è l'unica nota di colore. L'aspetto del paesaggio è
collegato al discorso.

Anti-modello dell'uomo che se ne va sicuro e stampa la sua ombra sopra uno


scalcinato

Le prima e la terza strofa fanno da cerniera negativa, mentre la seconda è più


positiva

La terza strofa richiama la prima. Abbiamo un altro riferimento al canto dei


suicidi di Dante → qualche storta sillaba e secca come un ramo (allitterazione
dea S).
Gioca con questa dichiarazione di poetica dicendo alla ne ciò che non siamo
ciò che non vogliamo → spazio di resistenza e sopravvivenza della poesia.
Non è un silenzio assoluto

Struttura compatta: 3 quartine con un sistema di rime incrociato nella prima; nella
seconda abbiamo una rima ipermetra; nella terza abbiamo una rima alternata.

118
MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO
La poesia è formata da tre quartine e da un’ultima strofa di cinque versi →
questi sono novenari, decasillabi o endecasillabi → i versi sono regolari →
gioca sul variare su aggiungere una sillaba ed eliminarne un'altra (sta intorno a
una dimensione simile) → innovazione nella tradizione.

L’incipit della prima strofa è costituito da un verbo e due aggettivi, pallido e assorto
→ il pallore è quello dato dal forte chiarore della luce del sole nel pomeriggio
estivo, mentre quell’assorto può essere considerato quasi come una
metonimia, in quanto capace di rendere l’idea della lentezza e della fiacchezza

immagine del rovente muro (v.2) → rende ancora più esplicita la calura estiva

Vi troviamo molti topoi montaliani → il paesaggio scabro, aspro e assolato della


Liguria; la concezione dolorosa della vita
È una situazione in cui non ci viene detto chi è che cosa e neppure il dove, ma
l'esperienza viene mostrata.

rima baciata nella prima strofa

La seconda quartina è dominata dalla descrizione di un ambiente carico di


elementi naturalistici con le formiche rosse (v. 6) che marciano sulle crepe del
suolo (v. 5) in le che si rompono e s’intrecciano (v. 7), e prosegue identico nella terza
dove però lo sguardo del poeta narratore si allarga rispetto all’orto del v. 2 per
abbracciare un orizzonte più largo ma, comunque, frammentato e angusto, dove la
vista del mare si riduce alle sue scaglie (v. 10), cioè ai pochi frammenti visibili
attraverso le fronde degli alberi (collegamento immagine “La persistenza della
memoria”/ opere di De Chirico)

Rima ipermetra → v. 5-7 → in realtà il no si legge con il verso successivo che inizia
per vocale (enjambement)
Nella musicalità la rima torna nella lettura Rima alternata nella seconda strofa

L’ultima strofa rompe il flusso della narrazione poetica delle prime tre quartine,
ma mantiene l’uso dell’infinito sostantivato nei verbi sentire (v. 14) e seguitare
(v. 16), fa eccezione l’uso del gerundio andando (v. 13) in apertura di strofa,
che tuttavia non rompe il tono impersonale del testo, ma lo arricchisce di un
significato ulteriore.
Risulta evidente anche il collegamento ritmico che unisce tutti versi in una continua
consonanza che dà, dal punto di vista musicale, l’effetto di una triste cantilena →
idea pessimistica dell’esistenza → ripetersi continuo e stanco di sofferenza
emerge con l’uso del gerundio in andando (v. 13) e con maggiore evidenza
attraverso il verbo seguitare (v. 16).

L’essere umano procede incapace di vedere, accecato dal sole che abbaglia (v.13) e
perciò impossibilitato ad arrivare a una vera conoscenza, può solo sentire
(v.14), cioè intuire, una qualche verità sull’esistenza, di come questa sia un

119
continuo travaglio (v.15) da cui non si può fuggire, come una muraglia (v.16) che ha
sulla sommità dei cocci aguzzi (v.17) per impedire che qualcuno scavalchi per
vedere cosa c’è dall’altra parte.

Nell'ultima strofa c'è un suono che rimane sempre uguale (gli) ma cambia la vocale
finale. Non c'è il soggetto → utilizza solo modi indefiniti (infinito e gerundio).
In D'Annunzio il soggetto era messo al centro e si estendeva fino a inglobare dentro
di sé la natura. Qui invece l'io non esiste più, diventa qualcosa di vago e
indefinito.

Meriggiare pallido e assorto → Identifica una situazione, un'esperienza. In questa


visione dell'ora del mezzogiorno presso un paesaggio che possiamo riconoscere con
quello ligure

Sterpi - serpi → rima già usata da Dante nell'inferno (canto dei suicidi →
siccome rinunciato alla propria vita, non sono degni di avere la forma di esseri
umani, vengono imprigionati dentro delle sterpi e che vengono rotti dal
passaggio degli animali. Anche Virgilio e Dante spezzano questo ramo ed esce
una voce).
È voluta da Montale per ricreare un'atmosfera infernale richiamando uno dei canti
più cupi e oscuri dell'opera di Dante.
Da una parte il sole, ma dall'altra l'oscurità dei suoni u/i/gli/ste e tutte le vocali
chiuse.
Formiche che intrecciano e si dividono in minuscole biche → lo sguardo del poeta in
questa e nella strofa successiva rivolge in basso, verso la terra e il vicino e poi verso
l'oltre, verso l'istante e il palpitare lontano.
Inizia con un senso uditivo e finisce con l'udito → circolarità Infinito di
Leopardi nell'alternarsi tra il vicino e il lontano.

“Il palpitare lontano di scaglie di mare”→ Notiamo un'immagine composita in cui


il mare assume dei connotati animaleschi, quindi partecipa nell'aspetto fisico
animale → le scaglie richiamano il pesce o il serpente (serpi del v. 4)

Cocci aguzzi di bottiglia → Il travaglio, la fatica , la sofferenza, il disagio e il dolore


ma anche il limite, il muro , qualcosa che separa che oltre il quale non si può andare,
una fine → siepe di Leopardi: è un elemento naturale che fa scaturire la poesia.
Dal dolce naufragar alla sofferenza (riferimento “e il naufragar m’è dolce in questo
mare (Infinito, Leopardi) → il travaglio della vita introduce la sofferenza, al contrario
della serie che introduce il dolce naufragar.
Le cose non sono viste come simboli, ma nella loro realtà esistenziale → tema
della resistenza → una resistenza di fronte alle tempeste della vita → realismo
delle piccole cose: senza l'ironia di Gozzano e senza quella sorta di
regressione verso l'infanzia di Pascoli.
Il fatto che il soggetto sia così indefinito mentre la realtà fenomenica ha una
presenza così definita (le cose vengono chiamate con il loro nome) è un altro

120
elemento di distanziamento da Gozzano e Pascoli.
In entrambi i casi l'io viene messo davanti alle cose, da una parte con l'ironia e
dall'altra il poeta fanciullino che richiama la perdita del padre e la rottura familiare, le
cose vengono chiamate a fare da argine. Il nido di Pascoli è un ampliamento
dell'io.

Quando parliamo di realtà fenomenica è il fenomeno che si mostra e si può


percepire con i sensi.

SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO


male di vivere → deriva direttamente dal Canto notturno di un pastore errante
dell’Asia di Leopardi

La struttura della poesia è bipartita → nella prima quartina, al male di vivere


seguono tre oggetti-simbolo a esso relativi → il rivo strozzato, la foglia riarsa che si
accartoccia, il cavallo stramazzato.
Nella seconda quartina, all’affermazione positiva del valore dell’indifferenza (vv. 5-6)
seguono altri tre oggetti-simbolo → la statua nel sonnolento meriggio, la
nuvola, il falco → climax.

 Il contrasto tra il male di vivere e il bene si rispecchia nel contrasto fra la


prospettiva “verticale” che accomuna la statua, la nuvola e il falco e la
prospettiva opposta in cui si collocano il rivo, la foglia e il cavallo stramazzato
→ probabilmente ha lo stesso significato lo stacco netto fra i suoni chiari e
distesi della seconda quartina (in particolare l’ultimo verso) e i suoni invece
aspri della prima quartina (incartocciarsi, riarsa, strozzato, stramazzato) → i
suoi aspri derivano da Dante → il rivo strozzato che gorgoglia →
quest’inno si gorgoglian nella strozza (Inf. VII, 125)

In questa lirica è particolarmente evidente la compresenza della componente


assertiva e di quella descrittiva → all’oggetto simbolico si accompagna la
"spiegazione" dello stesso.
Tutta la poesia è in una successione di immagini: le immagini dovrebbero
rappresentare i contenuti del primo verso, cioè il male di vivere, che però non viene
espresso per definizione, ma attraverso queste immagini → immagini di sofferenza e
di morte che mettono insieme elementi fascino a quelli animali (cavallo stramazzato)
→ come se la natura fosse un essere vivente che non è costituito da vari livelli di
coscienza, ma che ha un tutt'uno.

Elementi fonici: a fare da cerniera tra la prima e seconda strofa è il v. 5 bene non
seppi, fuori del prodigio → non ha conosciuto il bene, però lascia una certa
ambiguità a causa della parola bene messa all'inizio (potrebbe essere il Bene
oppure un avverbio). Il che al v. 6 è soggetto o complemento oggetto? Oppure
entrambi? Non c'è un'interpretazione univoca, tutte e due possono essere possibili.

121
 Il ruolo dato a questa divina Indifferenza → è indifferenza da parte di
un'entità superiore, che non gli importa del male presente nella storia,
negli uomini e nelle donne, ma anche negli elementi della natura. Dio non
si cura del male. Però esiste un Bene → formula ambigua che però afferma:
non ho conosciuto altro bene (formula litotica: nega per affermare).
Il prodigio da una parte rivela la divina Indifferenza ma dall'altra è rivelato
dalla divina Indifferenza.

Progressione → mentre gli oggetti e le situazioni della prima strofa


appartenevano alla dimensione terrena, invece nella seconda strofa lo sguardo
si rivolge verso l'alto. → collegato al prodigio al centro della poesia

Prima strofa abbiamo una rima incrociata; nella seconda strofa abbiamo una rima
interna / in mezzo (prodigio - meriggio).

Incontrato - stramazzato - levato → composizione ad anello.

I LIMONI
- Tu «istituzionale»
- Polemica contro i poeti laureati
- Valore simbolico dei limoni, illuminazione epifanica e annuncio di liberazione
- Possibili vie di fuga dalle leggi dell’esistenza
- Robusta e unitaria trama musicale, fatta di rime e assonanze

La poesia costituisce una dichiarazione di poetica → poetica anti-eloquente, che


contrappone al sublime, all'artificiale e al retorico l’adesione alla realtà
quotidiana, elementare, di cui si fa simbolo l’odore dei limoni

Il nucleo fondamentale della poesia è la contrapposizione alla poetica solenne


dei poeti laureati (D’Annunzio) della propria poetica aderente a una realtà più
umile e quotidiana → più “vera”

Polemica contro i poeti laureati → i poeti laureati si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati → attraversamento di d’Annunzio →
L'incipit ricorda la pioggia nel pineto di D'Annunzio.
Tutta la prima strofa è una sorta di ripresa polemica e antifrastica del lessico
dannunziano (cfr. “Piove” (da Satura)).
In un certo senso viene richiamato anche Pascoli, la sua prima raccolta Myricae,
la cui epigrafe diceva A tutti piacciono gli arbusti e le piccole tamerici.
Montale si mette dalla parte di Pascoli: piante comuni, però con una variazione
importante → la pianta di riferimento di Montale sono i limoni. Una pianta
comune e utile perché dà frutto.

Un altro tema è la concezione dolorosa dell’esistenza come catena, un


susseguirsi inevitabile di fatti dei quali non si comprende il senso, illuminato
solo dalla presenza di poter a errare il verso significato della vita → frustrazione
dell’intellettuale del Novecento

122
Gli alberi dei limoni richiamano il paesaggio ligure → importanza della linea ligure in
Montale.

LE OCCASIONI (1939)
 «Occasioni»: episodi casuali che mettono in moto la memoria
involontaria e promettono una rivelazione (epifania), «istanti fatali
dell’esistenza, quando in un baleno è possibile intravedere una realtà
diversa o una diversa disposizione della realtà, di afferrare un senso, un
rapporto imprevisto e imprevedibile», kairòs.

 Ampliarsi del procedimento allegorico (Dante, Ezra Pound, T. S. Eliot),


tensione verso la verità, assenza di valori condivisi dalla comunità.

 Complicarsi della sintassi e della simbologia: gli oggetti diventano talismani,


amuleti che mediano tra mondo sensibile e l’inconoscibile.

 Donna-angelo, concetto recuperato dallo stilnovismo: visiting angel, (angelo


dell'Annunciazione).

 Tono colloquiale e presenza di un interlocutore (Tu).


 Poesia proemiale (Il balcone) e quattro sezioni.

 Mottetti: microcanzoniere dedicato a Clizia.


Assenza della donna, emblema del desiderio umano.
Altre donne: Annetta o Arletta (Anna degli Uberti, frequentata nel 1920-1924)
e Maria Rosa Solari (1930-1933). Speranza di un miracolo affidato alla
presenza femminile.

 Tempi di Bellosguardo: stimolo alla contemplazione, prevalenza di


turbamento e affanno.
 Ultima sezione: percezione dell’imminente tragedia.

 Canzoniere d’amore con un unico fantasma femminile per più figure


(Clizia, Annetta/Arletta, Maria Rosa Solari, Gertrude Frankl, Dora Markus.
Donna simbolo di bellezza e purezza ideali, difesa contro la follia che
domina il mondo, portatrice di salvezza, mediatrice tra il piano umano e
quello divino.

 Dimensione politico-sociale: avvento dei regimi totalitari, resistenza e


difesa dei valori di civiltà connessi alla cultura.
 Vocabolario ampio e vario, con uso di forme rare, soluzioni foneticamente
ricche, termini preziosi e raffinati.

123
NON RECIDERE FORBICE QUEL VOLTO
Si tratta di due strofe di 4 versi ciascuna (3 endecasillabi e un settenario).
I versi pari della prima strofa rimano con i versi pari della seconda → sfolla - scrolla;
sempre - novembre (rima imperfetta).
Invece i versi 1 e 3 rimano tra loro → volto - ascolto.
Mentre troviamo delle rime al mezzo → cala - cicala (vv. 5, 7); svetta belletta (vv. 5,
8).
Assonanze → acacia - cicala (vv 6, 7); ferita - prima (vv. 6, 8); recidere - forbice (v.
1).

Il tema è “il volto che le forbici del giardiniere autunnale recidono con i rami
dell’acacia” → Montale si augura che un volto caro, ancora vivo nella memoria,
non venga tagliato dalle forbici del tempo, che attenua e confonde i ricordi →
come d’autunno le forbici del giardiniere tagliano i rami alti dell’acacia e fanno
cadere nel fango un guscio di cicala (labile ricordo dell’estate) che era rimasto
attaccato a un ramo.

tema della memoria → la bipartizione strutturale della poesia rispetta ed esalta


quella tematica: nella prima strofa è presente il vero nucleo lirico, cioè l’azione
distruttrice del tempo sulla memoria, nella quale si affievolisce anche il ricordo
dei fatti e dei volti più cari, in particolare quello della donna amata, Clizia
forbice → anticipa l’immagine metaforica della seconda strofa

Il tu è rivolto a un oggetto, cioè la forbice → apostrofe → la forbice che recide il


filo dei ricordi → rimanda alle 3 parche della mitologia greca.
Il ricordo perde di consistenza e quello della donna rimane l'unico volto. La poesia
così perde il suo valore

Volto - ascolto → sinestesia formidabile: il volto è ciò che è rivolto verso


l'interlocutore e che nel contatto visivo si pone in ascolto. C'è una dimensione
fortissima di profonda relazione, fatta di contatti, ma questa relazione è una
relazione ricostruita perché la donna non c'è.
È raffigurata da questa immagine che sostituisce l'elemento reale, ma che lo
sostituisce in maniera mancante.

La seconda quartina riguarda la situazione dell'io lirico, che è solo.

Guscio di cicala → allude al canto della cicala: in una certa simbologia della favola
della cicala e della formica rappresenta la poesia, quella poesia che però qui è un
guscio vuoto, semplicemente la corazza esterna

Belletta → fango. È un termine dantesco utilizzato nella Commedia.

LA BUFERA E ALTRO (1956)


 Guerra, emblema di tutte le forme di dolore; sfiducia nella storia, poesia come
testimonianza.

124
 Donna-angelo. Clizia segno eccezionale di speranza e fede, emblema del
coraggio capace di opporsi al male. Cristofora, mediatrice tra l’uomo e Dio.
 Finisterre (1943, poi prima sezione) esperienza petrarchesca.
 Rielaborazione del modello dantesco: tema dell’attesa e del desiderio.
 Opera composita, antitesi tra Clizia, creatura angelica, e Volpe, emblema di
sensualità carnale e corporea.
 Silvae: dimensione dell’immanenza, della persistenza del biologico, della
resistenza del poetico (L’anguilla)
 Alternanza dei registri, dissonanza, correlativo melodico della realtà lacerata e
tragica
 Pluristilismo e plurilinguismo. Modello dantesco: stile alto e basso, tensione
fantastica, polifonia, costruzione fortemente visionaria e metaforica.
 Varietà metrica (forme nobili e forme più brevi).

SATURA (1971) + ALTRE RACCOLTE


 Da satura lanx: carattere soggettivo, composito e miscellaneo.
 «Rovescio» di un unico libro; venir meno della tensione metafisica, presenza
della storia: polemica nei confronti della società dei mass media del
dopoguerra, dominata dal mito del guadagno, dall’omologazione dei costumi
e dei valori, dal consumismo. Denuncia sommessa dei mali del presente.
 Ironia e sarcasmo, anche nei confronti delle proprie formulazioni giovanili.
 Spunti narrativi e autobiografici.
 Dichiarazione di estraneità rispetto al mondo caotico, volgare e disordinato
 Linguaggio semplice e quotidiano

HO SCESO DANDOTI IL BRACCIO… (ALLA MOSCA, II)


Ci troviamo in presenza di versi liberi che contano anche degli endecasillabi
sciolti. Ci sono poche rime (crede/vede) ma la musicalità viene resa dall’
assonanza (viaggio/braccio) e dalla scelta di un linguaggio semplice e colloquiale.

“Ho sceso almeno un milione di scale” → iperbole (esagerazione): il poeta vuole


semplicemente far capire che il cammino accanto alla donna amata è stato
lunghissimo

125
“è stato breve il nostro lungo viaggio” → ossimoro: Montale contrapponendo
questi due termini vuole far capire che la vita insieme alla moglie, anche se e
ettivamente durata tanti anni, adesso sembra brevissimo

 Non mi occorrono le coincidenze, le occasioni → autoironia : tutte quelle


situazioni che aveva utilizzato per indicare la possibilità di un'epifania.

In questa poesia si rivela un grande dolore per la perdita della moglie.


Gioco di parti che si invertono: sua moglie aveva una malattia agli occhi e quindi non
vedeva quasi per niente.
La guida “reale” era quindi Montale che, appunto per aiutarla a camminare, la teneva
sottobraccio e l’accompagnava camminando, ma se lui era stato per lei una guida
fisica, la donna risulta essere al contrario una guida “spirituale” per il poeta
che infatti, senza lei, adesso sente solo un grande vuoto

→ nella seconda strofa c'è un rovesciamento satirico perché era ancora una volta la
donna che rivela all'uomo la verità delle cose.

PIOVE (il contemporaneo contro la contemporaneità)

Tutta la poesia è una dichiarata parodia della Pioggia del pineto di d'Annunzio.
Ma qui la pioggia è sulla città e sulla metropoli massificata.

I versi liberi sono raggruppati in brevi strofe di varia misura

 La pioggia colpisce ogni cosa con durezza, abbattendosi persino sul nulla
che si fa nelle ore di sciopero generale, sulla tomba ad Ema in cui è stata
sepolta la moglie del poeta, sulla mangiatoia statale alla quale si
arricchiscono in maniera disonesta i politici corrotti e il loro entourage, sulla
Gazzetta Ufficiale, sul Parlamento, sulla via in cui si trova la sede del
Corriere della Sera , sugli studi d’antropologia culturale, sull’uomo che si
sente un dio e sul cielo che si è abbassato a misura umana, sugli uomini
delle due “chiese” dominanti in quel periodo in Italia (quella comunista e
quella cattolica), sul progresso della contestazione studentesca
(borghesia) e della protesta operaia (proletariato), sulle opere in
regresso, sui cipressi malati del cimitero e persino sull’opinione pubblica.

Il bersaglio polemico è la contemporaneità → la parodia della famosa poesia


dannunziana si traduce in una parodia della realtà politica, sociale e culturale in
cui il poeta si trova a vivere, ma alla quale sente di essere del tutto estraneo.

Piove → anafora → messa in evidenza della banalità e superficialità dominanti nella


società contemporanea, abituata a mettere sullo stesso piano, ad esempio, la
cartella esattoriale e la filosofia

Via Solferino → sede del Corriere della Sera

Pure la poesia stessa viene presa in giro → ossi di seppia

126
C'è un ulteriore polemica sulle prese della scienza di rappresentare la nuova
teologica, cioè un nuovo sistema che possa unificare tutto.

Arcetri → osservatorio di Firenze → richiama Galileo Galilei quindi la scienza

Uomo indiato → uomo che si fa Dio → cielo ominizzato → il cielo diventa a


misura di uomo

 Work in regress → work in progress → si torna indietro

IL MODERNISMO

Periodizzazione incerta: 1904-1929, oppure da 1857 (Les Fleurs du mal, Madame


Bovary) no agli anni Sessanta

È la reazione a una crisi di modelli di spiegazioni del mondo che no al 800


avanzato erano ancora saldi: il determinismo, il positivismo, anche il
darwinismo (ereditarietà). La crisi investe anche i paradigmi scienti ci della sica,
quella che è la costruzione classica: legge di causa-e etto, tempo e spazio come
categorie assolute.

127
 Il romanzo ottocentesco perde uno dei suoi capisaldi, viene eroso dall'interno.
 Percezione di una realtà esterna, positiva e verificabile → assume
rilevanza il romanzo psicologico, dove il baricentro si sposta dall’esterno
all’interno
 Scoperta di una nuova materia psicologica → inversione del rapporto
gerarchico tra «satelliti» e «nuclei» narrativi;
 Possibilità di rendere visibile il mondo fenomenico

PRINCIPALI INNOVAZIONI FORMALI DEL ROMANZO MODERNISTA:

Capovolgimento tra realtà e rappresentazione → frequenti inserti metanarrativi e


riflessivi. Nel momento stesso delle osservazioni noi interpretiamo la realtà che
stiamo osservando, quindi l'osservazione neutra non esiste. Nel romanzo modernista
viene reintrodotto il narratore intradiegetico. C'è un peso importante agli inserti
metanarrativi e riflessivi sulla narrazione stessa→ mentre il narratore sta
raccontando pensa (il fu Mattia Pascal → nelle due premesse filosofiche c'è una
riflessione sulla narrazione)

 Narratore inattendibile; differenza tra vero e falso, critica della


verosimiglianza e del paradigma mimetico

 Destrutturazione della trama, tempo "misto" → al tempo fisico si


intreccia il tempo psicologico

 Metamorfosi del personaggio uomo → la figura dell'uomo viene distrutta


già prima da Freud
→ c'è un conflitto dentro di noi: inetto, anonimo, dissoluzione dell'unità,
sgretolamento dell'uomo borghese.

NOVELLA MODERNISTA
Primo trentennio del XX secolo

 Funzione Freud e centralità della vita psichica → Centralità data alla vita
quotidiana, la quale diventa il centro della narrazione.
Al centro dei romanzi vengono messi non eventi capitali ma le cose
quotidiane: anche quelli che sono episodi rilevanti passano senza che queste
cose de costituiscono una differenza nel fluire delle cose → la vita
quotidiana diventa un dispositivo di conoscenza.

128
 Scissione dell'io → in cui la parte esteriore non conosce quella più
profonda → problema dell'uomo freudiano.
L’io è in costante lotta per riconquistare sé stesso.

 Narratore non portatore di verità

 Frantumazione della trama → procedimento analitico (Pirandello); scorciato


(Tozzi), assurdo o paradossale (Pirandello, Palazzeschi)

 Strategia delle raccolte all’insegna della frammentarietà


→ dispersione (Pirandello),
→negazione o parcellizzazione (Tozzi),
→progressione di tipo riflessivo-speculativo (Svevo)

GENERI E FORME DELLA NARRATIVA BREVE ITALIANA


 Componimento narrativo generalmente in prosa, il cui intreccio è
essenziale e concentrato sulla singolarità di una certa esperienza.

 Dinamica storica e possibili attese del lettore (Jauss).

 Opposizione novella/romanzo → non è possibile riferirsi solo al numero di


pagine (Pirandello).

 Pluralità delle forme brevi: motto, facezia, bozzetto, figurina (minori);


novella, fiaba, favola, racconto (maggiori); lettera fittizia, istoria inventata,
romanzo epistolare (ibride).

 Effetti della brevità: molteplicità, accumulo, serialità quindi necessità di


una macrostruttura, per aggregazioni e ibridazioni.
Calvino: predilezione personale e vocazione delle letteratura italiana per le
forme brevi (Lezioni americane).
Effetti della brevitas → inizio di scorcio; massima concisione (Quintiliano,
«non nel dire di meno, ma nel non dire di più di quanto occorra»);
Jolles → distinzione tra forme artistiche (“caso”, ovvero racconto
novellistico) e le forme semplici (proverbio), ma osmosi tra forme;

 origine sapienziale del narrare (brevità-saggezza).


 Fabula da confabulatio (Boccaccio), ovvero affabulazione che unisce
veritas e fictio.
Boccaccio (Genealogia deorum gentilium) distingue 4 tipologie di fabula:
→ fabula di Esopo (→ favola);
→fabula mitologica;

129
→fabula dei poeti («verosimile» o argumentum);
→fabula priva di verità, ossia abe di magia popolare.
Importanza dell’interpres nel capire (intelligere) e nello sciogliere
(enodare) le ambiguità della fabula (Boccaccio, Eco).

 Modalità narrativa del «racconto raccontato» (Sharazade, Odisseo).

 Storytelling e narrazione. → Le grandi narrazioni raccontavano miti


universali e trasmettevano le lezioni delle generazioni passate, lezioni di
saggezza, frutto dell’esperienza accumulata.
Lo storytelling percorre il cammino in senso inverso: incolla sulla realtà
racconti artificiali, blocca gli scambi, satura lo spazio simbolico di sceneggiati
e stories.
Non racconta l’esperienza del passato, ma disegna i comportamenti,
orienta i ussi di emozioni, sincronizza la loro circolazione.

LUIGI PIRANDELLO

 1867: Nasce a Girgenti (Caos), famiglia borghese di tradizioni risorgimentali e


garibaldine
 1886-1891 Studi: Palermo, Roma, Bonn.
 1892: Roma; romanzi (L’esclusa), racconti Amori senza amore ), matrimonio
con Maria Antonietta Portulano
 1897: inizia la carriera accademica al Magistero.
 1903: Dissesto economico, crisi nervosa della moglie. Esperienza della
declassazione. Intensifica la produzione di novelle e romanzi.

130
 1915: Intensifica la produzione teatrale. Esperienza della guerra (figlio
Stefano prigioniero).
 1921: Successo teatrale in particolare con i “Sei personaggi in cerca
d’autore”
 1925: Direzione del Teatro d’Arte. Discussi rapporti con il fascismo.
 1934: Premio Nobel per la letteratura.
 1936: Muore di polmonite. Incompiuto “I giganti della montagna”

TEMI E POETICA
 Narratore copernicano: Copernico che ha cambiato il sistema di riferimento
dell'umanità, facendole perdere la sua centralità, e questo cambiamento di
riferimenti ha avuto un approdo nella narrazione? L'uomo è in una posizione
decentrata. Nel novecento il solito personaggio ottocentesco, che ha uno
sviluppo e una carriera, viene decostruito e diventa un personaggio
frammentato o irrisolto o impiegato costantemente in una propria
costruzione (Il fu Mattia Pascal) . Il fu Mattia Pascal diventando Adriano Meis
si reinventa ma fallisce. Anche il narratore viene decentrato. La letteratura
del passato non viene rifiutata, come nel caso del futurismo, ma viene
riusata in maniera ironica (es. biblioteca di Miragno)

 Vitalismo: contrasto tra vita e forma.


Fonti Simmel, Bergson, Binet, lettura critica di Tilgher

 Disgregazione dell’identità: → maschere imposte dal meccanismo


sociale, sfuggente idea di identità.
Indebolimento dell’io, nascita della società di massa: l’industria, la
burocrazia sono macchine spersonalizzanti.
- Vita sociale come «trappola» o «stanza della tortura»: la famiglia, la società
- Fuga possibile nell’irrazionale.
- Eroe estraniato, filosofia del lontano.

 Costante tensione alla riflessione carattere saggistico della scrittura


Relativismo conoscitivo? Dal relativismo alla relazione
-Oltre il Decadentismo non è più possibile l’epifania dell’Essere?
- Mancanza di una totalità organica
- Interrogazione costante dell’oltre in tutta la produzione (non solo alla fine)
c’è un oltre in tutto (Serafino Gubbio)
- Degradazione dell’artista nella società di massa ( L’opera d’arte nell’epoca
della sua riproducibilità tecnica

131
 Umorismo: dialettica tra «avvertimento del contrario» ( e «sentimento
del contrario»
- Rapporto con la polifonia e il carnevalesco di Bachtin
- Disinganno e furore conoscitivo
- Gusto del paradosso

 Costante tensione alla riflessione, carattere saggistico della scrittura.


Relativismo conoscitivo?. Dal relativismo alla relazione.
 Oltre il Decadentismo: non è più possibile l’epifania dell’Essere?
(Luperini). Mancanza di una totalità organica.
 Interrogazione costante dell’oltre in tutta la produzione (non solo alla fine): c’è
un oltre in tutto (Serafino Gubbio).
 Degradazione dell’artista nella società di massa (Benjamin, L’opera d’arte
nell’epoca della sua riproducibilità tecnica)

“L’UMORISMO” (SAGGIO)
L’umorismo ha un suo preciso campo di applicazione, costituito dall’uomo.
L’umorismo può entrare in gioco solo in presenza di una volontà in atto, di un
mondo psicologico che si traduce in comportamento: tutti i casi riportati da
Pirandello riguardano esseri umani.

Che cosa decide se un personaggio è umoristico (Don Chisciotte/Don


Abbondio) o meno (Sancho Panza/ Cardinal Borromeo)? →la rappresentazione
umoristica di un personaggio suscita nel lettore una reazione complessa:
indecisione tra il riso e il pianto.

→esempio della vecchia “imbellettata”: vedendo una vecchietta esageratamente


truccata e con abiti giovanili per il desiderio di apparire più giovane, essa diventa una
caricatura di sé stessa e quindi genera ilarità (risate). Questo riso è definito da
Pirandello come “avvertimento del contrario”, poiché ci si ferma all’impressione
superficiale e immediata= > Il comico non si ferma a chiedersi il perché delle
cose, si limita a osservare la meschinità altrui e riderne.

Ma, nel momento in cui si arriva a capire che l’anziana signora per piacere al marito
più giovane di lei e che teme di perdere, così si comprende il dramma che vive
l’anziana e il riso diventa pietà.
Mediante la riflessione si arriva al “sentimento del contrario”: il riso resta ma si
tinge d’amarezza→ riso amaro (reazione mista tra l’avvertimento e il
sentimento del contrario.

Pirandello assegna alla riflessione una parte essenziale della sua composizione
umoristica: è la riflessione che genera il sentimento del contrario.

132
L’intervento incisivo della riflessione fa sì che ogni umorista sia poeta e critico:
l’umorismo comporta quindi uno sdoppiamento nell’atto creativo da parte
dell’autore, che affianca al sentimento la riflessione.

NOVELLE PER UN ANNO


 Progetto ambizioso: 365 novelle, 24 volumi. Completati 15 volumi, 225
novelle. Ristrutturazione dei materiali esistenti.
 Scomposizione della realtà, sovversione di ogni classificazione: Pirandello
deliberatamente scompone la realtà, mostrandola nel suo disordine
multiforme → infatti se si leggono le novelle di seguito non si trova un lo
logico che le colleghi;
 suggestioni letterarie (Canzoniere, Iliade e Odissea)
 Dalle novelle al teatro, recupero e traduzione del materiale.
 Ambientazione:
Sicilia → colta prevalentemente in una dimensione arcaica e folcloristica,
quasi terra del mito e della superstizione,
Roma→ teatro grigio e as ssiante di esistenze anonime e meschine.
 In questa opera
 Temi: famiglia come trappola, alienazione del lavoro, scissione
dell’identità. Epifania e crisi.
 Stile: deformazione grottesca dei personaggi; registro linguistico piano con
frequenti inserti di linguaggi settoriali.

I personaggi subiscono la propria situazione senza possibilità di


modificarla. Pertanto, resta loro che piegarvisi, o cercare qualche segreta
valvola di sfogo, o crearsi un mondo tutto loro oppure abbandonarsi
all’immersione rigenerante nella natura o nell’evasione nella fantasia.
Quando nessuno di questi ripieghi riesce, si apre l’abisso della pazzia → la sua
causa scatenante non è quasi mai un fatto grave o traumatico; infatti, basta
un nulla per far esplodere la tensione accumulata.
Però questa causa scatenante ha valore di epifania, cioè apre gli occhi al
personaggio, svelandogli l’alienazione del suo stato e la sua esposizione a
forze incontrollate.

ROMANZI
 Marta Ajala (1893) → L’esclusa (1903): legami con il Naturalismo nella
materia (donna accusata di tradimento) e nell’impianto narrativo (narrazione
in terza persona); realtà solo soggettiva, polemica con il determinismo
naturalista.

 Il fu Mattia Pascal (1904): «trappola» delle istituzioni sociali che imprigionano


il flusso vitale; critica dell’identità individuale;

133
impianto narrativo: narrazione autodiegetica , focalizzazione sull’io narrato;
punto di vista soggettivo e inattendibile; riflessione metanarrativa.

 I vecchi e i giovani (1913): romanzo storico (Fasci siciliani, Banca Romana);


scontro generazionale; la storia non conclude, umorismo.
 Suo marito (1911): incomunicabilità e focalizzazione

 Si gira (1915) → Quaderni di Serafino Gubbio operatore (1925) : eroe


estraniato alla vita, trionfo della macchina, critica della meccanizzazione
e della mercificazione dell’arte;
conclusione: «silenzio di cosa» di Serafino e reificazione dell’artista;
impianto narrativo: narrazione autodiegetica , straniamento della materia,
«romanzo da fare».

 Uno, nessuno e centomila (1925-26): crisi dell’identità individuale;


conclusione: abbandono al fluire della vita (irrazionalismo);
impianto narrativo: monologo del protagonista a un interlocutore immaginario,
salta la concatenazione di cause ed effetti.

IL FU MATTIA PASCAL (1904)

Progettato nel 1903 e pubblicato l’anno successivo sulla “Nuova Antologia”, Il fu


Mattia Pascal parte da un episodio umoristico (“un caso [...] strano e diverso”)
che ben illustra la poetica pirandelliana.
Lo sgretolamento dell’identità individuale, centrale nella riflessione pirandelliana
sia nei romanzi che nelle opere teatrali, è dunque il tema che attraverso tutta la
narrazione, e che viene calato nel genere del “romanzo di formazione”, quasi per
rovesciarlo dall’interno.
Lo stesso Mattia, che ci racconta in prima persona la sua paradossale vicenda, si
proclama da subito un narratore alquanto inattendibile, dato che dice che ci
racconterà solo ciò che egli reputa “necessario”.

134
La vicenda di Mattia, infatti, mette in discussione ogni possibile certezza (e molti
dei modelli ereditati dalla tradizione letteraria): le due Premesse al romanzo, di
stampo filosofico, sostengono (in forme ironiche, sino all’esclamazione del
protagonista: “Maledetto sia Copernico!”) che il relativismo dell’epoca moderna ha
lasciato l’uomo contemporaneo ormai privo di ogni caposaldo, e certo della
sua nullità all’interno del cosmo.
Anche alcuni luoghi del romanzo (come quella nella biblioteca Boccamazza, dove
Mattia stende le proprie memorie e che può riportarci alla memoria quella di don
Ferrante de I Promessi Sposi o de Il nome della Rosa di Umberto Eco) “smontano”,
con le risorse dell’umorismo pirandelliano qui incarnate da Anselmo Paleari, le
poche sicurezze rimaste al protagonista (e al lettore del Mattia Pascal): il caos regna
sovrano anche nel luogo del sapere e della conoscenza.

TRAMA IN SINTESI
 I primi due capitoli costituiscono la premessa di tutta la storia, una
premessa duplicata.
Il protagonista afferma che la sua è una vicenda particolarmente strana e
difficile da raccontare e che riguarda le sue prime due morti.
L’amico che gli ha suggerito di scrivere la sua strana storia è il reverendo Don
Eligio Pellegrinotto, col quale collabora nella piccola biblioteca del paesino di
Miragno e al quale egli affida il suo manoscritto che potrà essere letto solo 50
anni dopo quella che lui definisce la sua terza, e definitiva, morte.
Dopo un’invettiva contro Copernico, a suo parere colpevole con la sua
scoperta della terra che gira attorno al sole di aver sconvolto il modo di
pensare fino ad allora in auge basato sull’antropocentrismo e quindi di aver
scardinato la convinzione che l’uomo fosse il centro del mondo e con
essa le sue pretese di conoscenza certa e di verità rendendole assurde e
relative, ha inizio con il terzo capitolo il racconto vero e proprio.

 I capitoli dal III al VI riguardano il racconto della vita di Mattia Pascal ed


ha inizio quando all’età di quattro anni Mattia Pascal perde il padre.
La gestione economica familiare passa nelle mani di un amministratore-ladro,
Batta Malagna detto “la talpa”, la cui amministrazione impoverisce anno dopo
anno la famiglia di Pascal per arricchire la propria.
Per fargli un dispetto Mattia Pascal seduce Romilda, la donna da cui Malagna
vorrebbe avere un figlio, e la mette incinta. La situazione si complica perché
Mattia Pascal ingravida anche Oliva, la seconda moglie dell’amministratore.
Mentre Malagna riconosce come proprio il figlio di Oliva, Mattia Pascal
deve accettare le nozze riparatrici con Romilda. La vita coniugale si
rivela un inferno anche perché nel frattempo Pascal è economicamente
caduto in disgrazia.
Mattia Pascal è dunque un personaggio imprigionato nella trappola di
un matrimonio infelice e di una sventurata condizione economica e
sociale.

135
A seguito di nuove disgrazie familiari, la morte delle sue due bambine (le
gemelle) e della madre, egli fugge da casa e si reca al Casinò di Montecarlo,
dove inaspettatamente realizza una cospicua vincita alla roulette.

 Il Capitolo VII segna un cambiamento radicale per Mattia Pascal.


Durante il viaggio di rientro a casa Mattia Pascal legge su un giornale del
ritrovamento, presso il paese dove abita, del corpo di un suicida
annegato che la moglie e la suocera hanno identificato in lui.
Il caso ha fatto sì che egli si trovi improvvisamente nella condizione di poter
essere un uomo libero e padrone di sé, economicamente autosufficiente.
Decide allora di utilizzare questa morte per liberarsi della sua vita passata.

 Nei capitoli dal VIII al XVI Mattia Pascal si costruisce un’identità nuova,
sotto il falso nome di Adriano Meis, nome scelto ascoltando sul treno dei
frammenti di una conversazione tra passeggeri.
Pascal cerca di trasformare il suo aspetto: si taglia la barba, indossa un
paio di occhiali scuri per coprire lo strabismo, una giacca lunga a doppio petto
e un cappello a larghe tese.
Inizia a viaggiare per l’Italia e per l’Europa, senza una meta prestabilita, senza
uno scopo preciso se non quello di godere appieno dell’inaspettata libertà.
Ad un certo punto però comincia ad avvertire il peso della solitudine e sente
la necessità di riallacciare quella rete di rapporti sociali che in passato lo
soffocava e condizionava.
Dopo un soggiorno a Milano, va a vivere a Roma nella pensione di Anselmo
Paleari, che ospita strani personaggi appassionati di scienze occulte e di
spiritismo. Si innamora della figlia del padrone di casa, la dolce Adriana, con
la quale potrebbe iniziare una vita diversa e autentica.
Si rende conto che in realtà il nuovo nome e il personaggio che
impersona non esistono per la società e lo stato civile e che non può
realizzare nessun progetto di vita futura. Vive con il timore che venga
scoperta la sua vera identità, per non farsi riconoscere si fa operare all’occhio
strabico e tuttavia quando viene derubato, durante una seduta spiritica, si
rende conto che non può neppure denunciare il furto perché è una
persona inesistente per lo Stato.
Si sente così ridotto ad un’ombra.
Sfidato a duello da un pittore spagnolo per questioni di gelosia, Adriano Meis,
alias Mattia Pascal, in quanto privo di identità non è neanche in grado di
procurarsi i padrini necessari per battersi, decide quindi di abbandonare
Roma e Adriana e di far perdere le sue tracce facendo credere ad un
suicidio per annegamento.

 Nei capitoli conclusivi, XVII e XVIII, il protagonista cerca quindi di rientrare


nella sua vecchia identità, “risorgendo” come Mattia Pascal.
Torna al suo paese natale, Miragno, ma scopre che la moglie si è formata una
nuova famiglia, si è risposata ed ha avuto una figlia con il suo amico Pomino,

136
da sempre innamorato di Romilda ed a cui Pascal l’aveva portata via.
Rinuncia a vendicarsi della moglie e ad avvalersi della legge in base alla
quale è ancora lui il marito legittimo, ma in tal modo non gli resta altro che
adeguarsi a vivere una condizione sospesa di “forestiere della vita”,
“come fuori della vita”, che osserva gli altri dall’esterno, cosciente di
non essere più “nessuno”, o meglio, di essere “fu Mattia Pascal”.
Aspettando la terza definitiva morte, si accontenta di vivere nella biblioteca
in cui aveva svogliatamente lavorato da giovane, scrivendo la propria storia.

TEMATICHE
Il Fu Mattia Pascal è il romanzo allegorico della crisi dell’uomo moderno e ciò
emerge dalle varie tematiche che affronta:

 La famiglia, viene vista sia come un nido, riferita alla famiglia originaria,
soprattutto nel rapporto di tenerezza con la madre, sia come una prigione da
cui evadere, relativamente al rapporto coniugale e con la suocera;

 Il relativismo espresso attraverso il gioco d’azzardo che mette in rilievo


la casualità degli eventi e il potere della sorte, e sottolineando i limiti della
volontà e della ragione confermano la teoria della relatività della condizione
umana affermata da Pirandello; e lo spiritismo (seduta spiritica del Cap.XIV,
evento presente anche nella Coscienza di Zeno di Svevo), serve per
sottolineare la crisi del razionalismo positivista e affermare che il potere
della ragione umana è limitato.
 L’inettitudine. Come i personaggi di Svevo anche Mattia Pascal è un inetto
incapace di adattarsi alla vita e dalla quale sogna un’evasione
impossibile, è uno sconfitto dalla vita ed un anti-eroe.
Non è in grado di sostenere fino in fondo la condizione di libertà
assoluta, a cui idealmente aspirava, dal peso delle convenzioni e dalla
trappola della forma.
Mattia Pascal si rivela non all’altezza delle proprie ambizioni, è destinato al
fallimento. Infatti la conclusione è negativa: Mattia Pascal si riduce a vivere
una non-vita, rassegnandosi ad una condizione di paralisi e stasi.
Pur non essendo morto fisicamente, vive in una condizione di estraneità
alla vita, con l’atteggiamento distaccato di chi ha capito come funziona il
gioco ed assiste dall’esterno al meccanismo della finzione ed alla
messinscena della vita.

 La crisi dell’identità. Mattia Pascal non riesce a rapportarsi non solo con
la propria anima ma anche con il proprio corpo, ne è un sintomo il suo
occhio strabico che guarda sempre altrove.
La perdita dell’identità viene evidenziata anche attraverso il tema del doppio:
ombra del protagonista viene posta in primo piano come doppio di Adriano
Meis, rappresenta infatti la memoria e l’anima di Mattia Pascal, da cui il
protagonista non riesce a staccarsi e di cui anzi è prigioniero.

137
Tutto il romanzo è improntato sulla duplicità, sul raddoppiamento delle
situazioni: Mattia Pascal seduce sia Romilda che Oliva; finge due volte il
suicidio; si dà due diverse identità, Adriano Meis e poi Fu Mattia Pascal, ecc.

 La maschera e la negazione dell’identità sociale. L’identità è una necessità


sociale, ognuno di noi indossa una maschera per rapportarsi agli altri,
non mostra la sua vera persona e quando Mattia Pascal prende coscienza di
ciò capisce di essere passato da una situazione di maschera a quella di
maschera nuda, consapevole dell’impossibilità di qualsiasi identità, si limita a
guardarsi e guardare gli altri vivere.

STILE
Il Fu Mattia Pascal rivela una grande originalità strutturale, riassumibile in 3 aspetti:

 È una narrazione retrospettiva in prima persona. L’impianto narrativo si


basa infatti sul racconto del protagonista stesso ed ha una struttura
circolare e simmetrica, inizia a vicenda terminata e si conclude tornando
all’inizio

 La verità della narrazione viene posta in discussione e il lettore viene


sollecitato a interpretare quanto raccontato con spirito critico e con
diffidenza (anche Svevo nel suo romanzo La coscienza di Zeno ha dato
un’impostazione analoga).
 È un romanzo soliloquio che utilizza spesso interiezioni, esclamazioni,
interrogazioni, domande retoriche ecc.

 In questi aspetti si evidenzia il superamento in Pirandello dei meccanismi


narrativi propri del romanzo naturalista e verista.
L’inattendibilità della voce narrante che è nello stesso tempo il
protagonista delle vicende raccontate, si contrappone all’oggettività
della narrazione in terza persona del romanzo naturalistico e verista che
basandosi sul racconto di un narratore esterno e superiore al piano del
narrato è perfettamente attendibile.

 Al punto di vista oggettivo e verosimigliante della narrazione naturalistica,


Pirandello sostituisce il punto di vista soggettivo di un personaggio la cui
unità è frantumata in tre diverse incarnazioni: Mattia Pascal, Adriano Meis,
il fu Mattia Pascal, ciascuna delle quali interviene sul racconto presentando
un punto di vista diverso.

 Il fu Mattia Pascal unisce racconto e riflessione teorica e per questo


assume i connotati del romanzo-saggio, un genere narrativo, tipico del
Novecento, in cui i momenti di riflessione teorica e filosofica si intrecciano alla
narrazione delle vicende.

138
TEATRO (ULTIMO PIRANDELLO)
 Inizio: testi dialettali=>. Lumìe di Sicilia, Pensaci Giacuminu !, Liolà, ‘A giarra ,
‘A biritta cu ‘i ciancianeddi.
 Teatro dell’assurdo, alcuni tradotti in italiano.

 Ripresa apparente del dramma borghese di impianto naturalistico, ma


disvelamento dall’interno della logica assurda delle convenzioni
borghesi=> Pensaci, Giacomino! Così è (se vi pare), Il piacere dell’onestà, Il
giuoco delle parti.

 Prospettiva straniata che impedisce l’identificazione emotiva degli spettatori:


- ottica deformante e stravolta, parodia e assurdo;
- personaggi scissi e contraddittori, quasi burattini;
- linguaggio concitato, convulso;
- grottesco come forma umoristica del teatro.

 TEATRO NEL TEATRO=>Sei personaggi in cerca d’autore (1921), Ciascuno


a suo modo (1924), Questa sera si recita a soggetto (1929), Enrico IV (1922)
- cade la convenzionale separazione della quarta parete;
- messa in scena dell’impossibilità di scrivere e rappresentare il dramma ;
- eroe estraniato e doppio (Enrico IV ), fondamentalmente immaturo e
incapace di aprirsi alla vita.

Il rischio del «pirandellismo».

- Il teatro dei miti: Nuova colonia (1928), Lazzaro (1929), I giganti della
montagna (
- irrazionalismo e misticismo, contatto con l’Essere attraverso il simbolo;
- linguaggio lirico ed ispirato;
- avvicinamento alle tematiche del Decadentismo, clima di «ritorno
all’ordine»;
- arte nella società industriale: rapporto con il mercato, con il potere
(fascismo).

ITALO SVEVO

 1861: Aronne Ettore Schmitz nasce a Trieste, porto dell’Impero asburgico,


fiorente centro commerciale e città cosmopolita; periferica rispetto alla
cultura italiana, vicina ai centri della cultura europea.

 Carattere di duplicità denunciato dallo pseudonimo: duplice matrice


culturale, italiana e tedesca, lasciando in ombra la terza, quella ebraica.

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Svevo non fu un ebreo praticante: in occasione del matrimonio con una
ragazza cattolica non esitò a farsi battezzare, eppure il suo esordio letterario,
nel 1880, fu un articolo in difesa di Shylock, l’ebreo protagonista del Mercante
di Venezia di Shakespeare.

 Duplicità di interesse: predilezione per gli studi umanistic i (romanzi


senza successo), avviamento agli studi economici e commerciali.
Studiò per quattro anni in un collegio in Germania; coinvolto nel 1880 nel
fallimento dell’impresa paterna, dovette guadagnarsi da vivere abbandonando
momentaneamente le ambizioni letterarie. Per vent’anni, fino al 1899, lavorò
in banca, dedicandosi contemporaneamente a collaborazioni editoriali e
all’insegnamento.

 1896: A seguito del matrimonio con Livia Veneziani, Svevo nel 1899 entrò
nella ditta del suocero, che aveva fatto fortuna brevettando una speciale
vernice sottomarina. Seguirono anni di intenso lavoro e viaggi frequenti
all’estero, in particolare in Inghilterra. La necessità di imparare l’inglese gli
diede l’occasione di conoscere James Joyce, che risiedeva allora a Trieste e
di cui divenne amico.

OPERE
Passione segreta per la letteratura, esordio come commediografo, quasi tutti i
lavori destinati a rimanere nel cassetto.
Le prime opere pubblicate furono due novelle uscite sull’“Indipendente”: Una lotta
(1888) e L’assassino di via Belpoggio (1890).

A sue spese fece stampare i romanzi Una vita (1892) e Senilità (1898), accolte
dalla più totale indifferenza di pubblico e critica.
L’umiliazione per l’insuccesso lo costrinse al silenzio: solo dopo la Grande guerra
pubblicò (nel 1923) con l’editore Cappelli di Bologna il romanzo La coscienza di
Zeno. Inizialmente fu un nuovo fiasco, finché, su interessamento di Joyce, la
critica francese lanciò l’opera nel 1926; seguì un rapido successo internazionale,
con traduzioni in francese, tedesco e inglese.

Il “caso Svevo” esplose anche in Italia, grazie a Eugenio Montale. Quindi


pubblicò alcuni importanti racconti e abbozzò un quarto romanzo, Il vegliardo,
rimasto incompiuto a seguito della morte improvvisa causata da un incidente
stradale, nel 1928.

ROMANZI
 1892 :Una vita=> Protagonista personaggio “troppo” moderno, antieroe,
individuo marginale e disadattato, inettitudine.
- Romanzo dell’esistenza: attenzione al vissuto interiore del protagonista.
Coscienza come strumento di autoinganno.

140
- Funzione compensatoria del sogno.
- insaziabilità della volontà di vivere.
- Suicidio come fallimento.

 1898: Senilità=> Riduzione dei personaggi a un quartetto e rinuncia alla


descrizione del milieu.
- Prevalenza della focalizzazione interna, tempo dell’intimità.
- Personaggi senili e inetti. Cornice del carnevale: rovesciamento del consueto e
ritorno a una normalità più “greve”.

 1923=> La Coscienza di Zeno


- Romanzo retrospettivo in prima persona: interpretazione del passato in
chiave psicanalitica.
- Tempo fluttuante, andamento non lineare, scorrimenti temporali=>Tempo
malato del nevrotico, coazione a ripetere (espressa anche tramite la
ricorrenza lessicale).
- Malattia di Zeno e malattie dei personaggi. Tic e atti mancati .
- “Romanzo di una psicanalisi”. Condanna totale della psicanalisi attraverso
l’ironia e il depistaggio.
- Narratore inattendibile. Prefazione e Preambolo: falsificazione della verità
sta proprio nell’adozione della psicanalisi come filtro narrativo.
- Metamorfosi del personaggio «uomo» (Debenedetti): inetto, individuo
negato alla lotta, marginale e disadattato, quindi capace di adattarsi al
cambiamento delle condizioni di vita.
- Doppia struttura narrativa: autobiografia (capp. 3-7) e diario (cap. 8).
- Destrutturazione della trama per blocchi analogico-tematici: tempo misto
della coscienza

- Cap. 3: Il fumo. Godimento collegato all’infrazione del divieto; dialettica


del desiderio e introiezione del divieto.
Dramma di Zeno non è nella soggezione a un padre troppo autoritario, ma alla
debolezza della figura paterna (Saccone).
Nevrosi di Zeno: paura di essere privato del suo desiderio.

- Cap. 4: La morte di mio padre. Ritratto a specchio, contrapposizione


“apertamente” edipica, con rovesciamento a favore del figlio: attività vs.
immobilismo, angoscia vs. imperturbabile serenità.

- Cap. 5 :La storia del mio matrimonio (esemplificazione del complesso di


Edipo).

- Cap. 8: Psico-analisi.
- Psicanalisi come sciocca illusione;

141
- Zeno attua meccanismi di simulazione (inventa un sogno) per depistare il
dottor S., indossando la maschera di Edipo.
- Apoteosi finale di Zeno (successo commerciale) e la guarigione .
- Lo sviluppo tecnologico e la sottrazione del genere umano alle leggi
dell’adattamento ambientale e della selezione.
- Delirio di onnipotenza e profezia della catastrofe finale.

RACCONTI
 La novella del buon vecchio e della bella fanciulla (1926) è un invito alla
castità senile: chi ha raggiunto una certa età deve rassegnarsi alla
quiescenza e vincere gli improbabili richiami dei sensi.

 In Una burla riuscita (1926) si racconta di un oscuro scrittore, invecchiato


senza mai raggiungere il successo sperato (evidente proiezione
dell’autore), ai cui danni viene ordita una burla, solleticandone le velleità di
riconoscimento e di fama. Svevo fa i conti con il successo letterario, atteso
per tanti anni e giunto insperato, tentando di esorcizzare la propria
megalomania.

 Corto viaggio sentimentale (1922) è un esperimento di narrazione


modellata sull’Ulisse di Joyce; Svevo esplora la vita interiore del
protagonista durante un viaggio in treno dal tramonto all’alba, operando una
dilatazione del tempo interno che aderisce ai vissuti del personaggio,
riprodotti nel loro fluire senza ordine.

 Vino generoso (pubblicato nel 1926)=> Fatto banale (invito a un matrimonio,


concessione del medico di sottrarsi alla dieta ferrea) diventa l’occasione per
un confuso e caotico, ma radicale e severo, scandaglio interiore (Tortora).
-Scoperta della contraddizione del personaggio (socialismo).
-Rivelazione del sogno: individuo spregevole, privo di scrupoli, capace di
sacrificare la figlia per la propria sopravvivenza.
- Abbandono di ogni inutile velleitarismo.
-Trauma come esperienza del tempo quotidiano.

MODULO C: CONTEMPORANEI

CESARE PAVESE

 1908 → Nasce a Santo Stefano Belbo nelle Langhe, da una famiglia piccola
borghese. Presto si trasferisce a Torino, dove compie gli studi.

142
 1932 → Si laurea in Lettere con una tesi sul poeta statunitense Walt
Whitman. In questo periodo inizia a tradurre autori inglesi e statunitensi.
 1934 → Prende il posto di Leone Ginzburg (arrestato dalla polizia
fascista) alla direzione della rivista «La Cultura» e inizia a collaborare
con la casa editrice Einaudi.

 1935 → Viene arrestato per i suoi rapporti con il gruppo antifascista


“Giustizia e Libertà” e viene inviato al confino per un anno a
Brancaleone Calabro.
 1936 → Pubblica la raccolta di poesie Lavorare stanca.
 1941 → Esce Paesi tuoi, con cui Pavese ottiene il primo grande successo
come scrittore.
 Negli anni 40 Pavese s'interessò anche a temi legati al folklore e al mito
→ in essi l’autore vede le motivazioni originarie dei comportamenti umani.

 1943 → Durante l’occupazione tedesca si rifugia nel Monferrato, dove


guarda alla Resistenza con distacco.

 1945 → S'iscrive al Partito Comunista e collabora al giornale «L’Unità».


In questi anni approfondisce la riflessione sul mito e sul folklore.
 1950 → A giugno vince il Premio Strega per La Bella estate. In agosto viene
ritrovato morto suicida.

POETICA
La personalità, le opere e le poesie di Cesare Pavese ci restituiscono l’immagine di
un uomo in continua analisi di se stesso e dei rapporti con gli altri e con il
mondo. Questo determina una serie di contraddizioni, in particolare tra letteratura e
impegno politico; esistenza individuale e storia collettiva e il passato mitico e
trasformazioni della modernità Nella sua vita, Pavese si sentì sempre estraneo al
mondo e agli altri uomini, si sentiva altrove → questa percezione deriva da un
ossessivo scavo interiore, che lo porterà al suicidio → si può leggere di questa
battaglia interiore nel diario intitolato Mestiere di vivere → nelle frasi finali del
diario inizia a prendere forma l’idea del suicidio

Questo continuo scavo interiore porta Pavese a riflettere nelle sue opere su alcuni
temi ricorrenti:

 la sua infanzia nelle Langhe e il mondo contadino → nei quali Pavese


vede un passato originario irrecuperabile, che cerca però di recuperare
attraverso la scrittura.

 la natura e i suoi ritmi inesorabili che vanno dalla nascita alla morte, a
cui si contrappone il tempo eterno e immortale del mito

143
 la città e la modernità che trasformano la natura → se la campagna è una
forza originaria, la città è il luogo della finzione e dell’artificio → opposizione
tra città e campagna

 lo sguardo degli altri, che ci impone delle maschere → visione più tragica
rispetto a Pirandello

 la falsità del mondo → oltre ad essere false le immagini che gli altri
costruiscono di noi, Pavese capisce che anche l’immagine che noi
costruiamo di noi è quella di un io che non esiste.

 il bisogno d’amore → conflitto tra uomo e donna

 la solitudine e l’esclusione sociale

 la Resistenza e l’impegno politico

 il fascino della morte

POESIA :
1936 → Lavorare stanca: prima opera pubblicata.
È un tipo di poesia sia realista che simbolista → descrive una realtà ma allo
stesso tempo rimanda a qualcos’altro di esterno, a un significato nascosto.
Le poesie inserite in questa raccolta si pongono a una via di mezzo tra prosa e
poesia, usando un verso molto narrativo.
Il ritmo si costituisce in lunghi versi che si ripetono per creare l’effetto di una realtà
condannata alla continua ripetizione.
Negli anni ‘30 Cesare Pavese si dedica soprattutto a racconti. Influenzato dalla
narrativa realista statunitense e dalle novelle di Giovanni Verga (realismo) →
anche dal punto di vista linguistico, Pavese si attiene alla realtà attraverso
l’uso del dialetto e di molti dialoghi

NARRATIVA:
 1941 → Paesi tuoi 1942 → La spiaggia 1947 → Il compagno 1947 → Dialoghi
con Leucò

 1949 → Prima che il gallo canti, che comprende i due romanzi brevi Il carcere
e La casa in collina → La casa in collina (1948).
È il racconto in prima persona del protagonista Corrado, un professore di

144
Torino che durante la guerra si rifugia nella sua casa in collina alla
ricerca di solitudine. Qui incontra però Cate, una donna che ha amato in
passato, e segue le sue vicende e quelle dei suoi amici partigiani, fino al loro
arresto da parte dei tedeschi. Il romanzo vuole mettere in luce la
contraddizione dell’intellettuale di fronte alle cose del mondo, il suo
isolamento e il nascondersi dalle responsabilità collettive → problema di
Pavese si trovava combattuto tra la volontà di isolamento e la necessità
di intervenire nella realtà con un’azione politica.

 1949 → La bella estate, trilogia che comprende → Feria d’agosto, Il diavolo


sulle colline, Tra donne sole

 1950 → La luna e i falò


Anche qui abbiamo il tema della guerra partigiana.
È la narrazione in prima persona di Anguilla, tornato nel paese dove è
cresciuto dopo aver vissuto e fatto fortuna in America.
Anguilla è alla ricerca della sua infanzia, rappresentata dall’immagine
festosa dei falò accesi in collina ad agosto. Cerca le tracce delle persone
che ha conosciuto da bambino, ma viene a sapere dei nuovi falò, quelli di
morte, e delle distruzioni e delle violenze che hanno interessato le
colline durante la guerra partigiana.
Pavese si pone in equilibrio tra problematica esistenziale, fascinazione
del mito e richiamo alla concreta realtà storica del tempo.
Si tratta di romanzi di iniziazione in cui uno o più personaggi legati da
amicizia affrontano dolorose prese di coscienza della maledizione che grava
sugli uomini e sul mondo. Questi romanzi descrivono una realtà concreta,
ma non coincidono con la narrativa neorealista per il predominare di
situazioni liriche, di una rete di simboli e della presenza del destino
tracciato nel mito.

ALTRE OPERE PUBBLICATE POSTUME 1951


→ Letteratura americana e altri saggi 1952 → Il mestiere di vivere (diario)
→ 1953 → Notte di festa (racconti)
→ 1959 → Fuoco grande → romanzo scritto a capitoli alterni con Bianca Garufi

LA LUNA E I FALÒ

scritto nel 1949 e pubblicato nel 1950, pochi mesi prima del suicidio dello scrittore. Il
libro è considerato l’approdo definitivo della poetica di Pavese, lungo una linea che
unisce le sue opere precedenti (come Paesi tuoi, Il carcere, La bella estate, i
Dialoghi con Leucò e La casa in collina) e ne traspone i temi in una prospettiva
simbolica che unisce i ricordi d’infanzia a Santo Stefano Belbo, le ragioni
dell’antifascismo, la poetica del mito elaborata nel corso di quegli anni. La vicenda è
raccontata in prima persona dal protagonista, detto Anguilla.

145
RIASSUNTO
La vicenda è ambientata subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale; il
quarantenne Anguilla - il protagonista di cui conosciamo solo questo soprannome,
rimastogli dai tempi dell’adolescenza - torna nelle Langhe, sua terra d’origine, dopo
essere emigrato in America da molti anni. Anguilla è un orfano: adottato da una
famiglia di contadini che abita alla cascina della Gaminella, presso Santo Stefano
Belbo, a tredici anni, morto il padre adottivo, Anguilla si trasferisce per lavorare alla
cascina della Mora, dove stringe amicizia con Silvia, Irene e la bella Santina, figlie
del padrone. Il protagonista entra poi in contatto con ambienti antifascisti a
Genova, in occasione del servizio militare e, anche per sfuggire al regime,
emigra negli Stati Uniti, dove accumula una piccola fortuna.
La nostalgia della terra dell’infanzia e il ricordo del mondo delle campagne lo
spingono però a tornare a Santo Stefano Belbo.

Il ritorno è però amaro: Anguilla scopre che il mondo della sua memoria non
esiste più. Alla Gaminella, il podere dove è cresciuto, ora vive la famiglia di Valino,
un mezzadro violento che sfoga sulla famiglia le sofferenze per una vita di povertà e
sofferenze. Qui Anguilla stringe amicizia con Cinto, il figlio zoppo di Valino, con cui il
protagonista, desiderando essere una sorta di padre per lui, trascorre molto
tempo nelle campagne delle Langhe, rievocando e rivivendo gli anni della
propria infanzia ed adolescenza. Il processo del ricordo è attivato anche da
Nuto, un falegname che al tempo è stato la figura paterna di riferimento per Anguilla;
Nuto, ex partigiano, racconta ad Anguilla tutti gli orrori della guerra civile
contro i nazifascisti, un evento che ha cambiato radicalmente l’esistenza di
tutti.

La tragedia incombe: quando la situazione economica del podere precipita, Valino


impazzisce e in un raptus di follia massacra tutta la famiglia, incendia la Gaminella e
si impicca. Si salva solo Cinto, che riesce a fuggire e a ripararsi da Anguilla.
Anguilla scopre anche un’altra atroce verità sulle tre sorelle della Mora: Irene
ha sposato un uomo violento e Silvia è morta di parto dopo una relazione
adulterina.
Santina, la ragazza di cui Anguilla è stato segretamente innamorato in
gioventù ma che non ha mai potuto avvicinare a causa della sua inferiorità
sociale, è morta anch’essa: dopo essere stata amante di molti fascisti, si è infiltrata
tra le fila dei partigiani come spia. Scoperta, Santina è stata giustiziata e il suo corpo
dato alle fiamme.

Prima di abbandonare definitivamente Santo Stefano Belbo, Anguilla affida


Cinto a Nuto.

ANALISI

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La luna e i falò è suddiviso in trentadue brevi capitoletti che descrivono un
episodio, sviluppano un ricordo malinconico di Anguilla o sviluppano una
breve scena narrativa; questa struttura sottolinea da un lato l’importanza del ruolo
della memoria (Anguilla, orfano e “sradicato”, torna nelle Langhe per ritrovarvi
un’identità non trovata oltreoceano) e dall’altro la trasfigurazione del ricordo
stesso in un simbolo, che, nella poetica di Pavese, sono inattivi e inerti finché noi
non li riconosciamo.
Quando questo accade, i simboli si attivano e, a partire dal nostro ricordo, diventano
un potente strumento di lettura e interpretazione della realtà.

Lungo questa linea espressiva, è evidente la continuità tra La luna e i falò e tutta
la produzione pavesiana, comprese le poesie di Lavorare stanca, la raccolta di
versi pubblicata nel 1936. Se si pensa ad esempio a Mari del sud si nota che anche
lì è presente la figura di un esule che, dopo anni, torna nelle terre d’origine.
Nella poesia si tratta del cugino del protagonista, mentre ne La luna e i falò è
Anguilla stesso a raccontare il proprio ritorno a casa sulla scia dell’evocazione dei
simboli dell’infanzia.
Il romanzo del 1950 diventa così per Pavese la chiusura di un ciclo personale e
collettivo, una sorta di epopea che unisce il proprio mondo simbolico soggettivo
con gli eventi storici drammatici dell’ultimo decennio.

Il titolo stesso dell’opera, allusivo ed evocativo, sarebbe poi stato suggerito dai versi
di una sua poesia, il Dio-caprone, che compare appunto in Lavorare stanca.
In tal senso, La luna e i falò è davvero un’opera riassuntiva, che ricompone
l’esperienza umana ed esistenziale di Pavese dagli anni del confino a
Brancaleone Calabro agli anni della guerra e del “disimpegno” dalla
Resistenza che tormenterà il poeta per molto tempo.
La scissione tra intellettuale e realtà, avvertita sin da Il carcere e poi espressa ne La
casa in collina, e l’attrazione per il mondo mitico ed ancestrale delle campagne
(si pensi a Paesi tuoi) si fondono in un “poema-canzoniere in prosa” che diventa
un pellegrinaggio nei luoghi dell’infanzia a forte caratterizzazione autobiografica.
Ma il ritorno diventa un confronto inevitabile con i cambiamenti subiti dalla
realtà.
Anguilla si interroga così sulla sua condizione di orfano e sulle sue origini: ciò che la
sua riflessione evidenzia è l’assenza di un luogo natale a cui sentirsi affettivamente
legato

Pavese-Anguilla scopre però che i simboli e i ricordi personali sono stati


cancellati dalla Storia e dalla guerra: ne è prova evidente il falò, che da rito
ancestrale e propiziatorio per la fertilità dei campi diventa strumento di morte e
distruzione, sia nel caso della follia di Valino sia in quello dell’esecuzione di
Santina.

Come spiega il critico Stefano Giovanardi: Ma la ricerca delle radici è pur sempre
quella di un “bastardo” del tutto ignaro di chi siano i suoi genitori e del suo reale

147
luogo di nascita: una ricerca dunque per definizione delusiva, che non riesce mai a
eliminare completamente un genetico spaesamento.
La memoria stessa, solerte nel recuperare simbolicamente i “miti” infantili, non
sa comunque restituire la pienezza esistenziale di cui quei miti si
alimentavano: il presente è troppo oppressivo, troppo fresca e ancora urgente
la minaccia della storia, perché ci si possa trovare intatti.

In questo senso, acquista ancor più senso la citazione che Pavese sceglie per il
proprio ultimo libro: alla dedica all’attrice americana Constance Dowling, ultimo
amore dello scrittore, segue un passo del Re Lear (atto 5, scena 2) di
Shakespeare: “Ripeness is all”, ovvero: “Maturare è tutto”.

LINGUA E STILE NE LA LUNA E I FALÒ


 La scrittura non è pienamente neorealista perché gli eventi sono raccontati
dal punto di vista soggettivo di Anguilla

 la scrittura di Pavese non può essere ricondotta del tutto al Neorealismo. Il


racconto non tende all’oggettività, perché è presentato attraverso una voce
unica, quella del protagonista Anguilla.

 Lo stile segue il linguaggio parlato nel mondo contadino della collina


piemontese, dove La luna e i falò è ambientato, con lo scopo di restituire la
freschezza e la vitalità di quel mondo originario, che il protagonista
cerca di ricostruire attraverso il suo viaggio.

 Il linguaggio è paratattico e predilige l’uso delle elencazioni e dei


dialoghi tra i personaggi, anche nelle parti che si svolgono attraverso la
memoria del protagonista. Questo crea uno stile narrativo coinvolgente, fatto
di fatti e parole, in cui i ragionamenti e i significati si palesano attraverso
l’episodio, senza scendere in discorsi lunghi e articolati. In questo sta
probabilmente la grandezza di Pavese: nell’aver saputo trasmettere
attraverso semplici vicende i propri tormenti, le contraddizioni e la
propria visione del mondo.

RIVISTE ITALIANE
RIVISTE CHE NON SONO CONTRARIE AL REGIME

 La Ronda (1919-1923) → nasce a Roma per iniziativa di Riccardo Bacchelli,


Antonio Baldini, Vincenzo Cardarelli, Emilio Cecchi.
- Sostiene l’autonomia della letteratura e l’assoluta preminenza dello stile
sui contenuti (“prosa d’arte”) → lo stile di Svevo e Pirandello erano mal
visti.

148
- Rifiuta il coinvolgimento dello scrittore sul piano politico-sociale e lo
sperimentalismo delle avanguardie.
- Propone un ritorno all’ordine attraverso il recupero dei valori della
tradizione.
- Esplorazione distaccata e straniata del mondo e classicismo anche in
funzione comico parodistica, stile basso e antiletterario

 Il selvaggio (1924-1943) → Fondata da Mino Maccari


- esalta i valori della provincia e del mondo contadino , considerati i veri
capisaldi dell’“italianità”.
- Aderisce con entusiasmo al regime, pur criticando alcune scelte del
governo.

L'italiano (1926-1942) → Si può considerare la prosecuzione del Selvaggio.


Fondata dallo scrittore e pittore Leo Longanesi, già collaboratore della rivista “Il
Selvaggio”.

- Sostiene con convinzione il regime di Mussolini

 900 (1926-1929) → viene fondata a Roma da Massimo Bontempelli.


- Propone per la società italiana una concezione di tipo modernista-
industriale.
- si batte per una cultura modernamente europea.
- Entra in polemica con la posizione rustico-tradizionalista della rivista “Il
Selvaggio”
- Promuove una letteratura fondata sul “realismo magico”: magia insita nel
quotidiano in termini onirici e con funzione conoscitiva → una sorta di
sperimentazione degli elementi magici ma inseriti nel quotidiano

 Primato (1940-1943) → nasce a Rokma per iniziativa di Giuseppe Bottai e


Giorgio Vecchietti.
- si rivolge soprattutto ai giovani ed è molto diffusa nelle scuole.
- Si avvale della collaborazione dei maggiori scrittori e intellettuali italiani
(come Buzzati, Gadda, Pavese, Quasimodo, Montale).
- Riflette la crisi della cultura fascista, assumendo posizioni fortemente
critiche e promuovendo un vivace confronto di opinioni → sorta di
palestra e di esercitazione delle voci del secondo dopoguerra

RIVISTE CHE SI OPPONGONO AL REGIME


 Il Baretti (1924-1928) → nasce a Torino per iniziativa di Pietro Gobetti.
- trasferisce il discorso politico sul piano letterario e conduce un’azione estrema
di resistenza nei confronti del regime.
- Si richiama allo spirito critico, riformista e cosmopolita dell’Illuminismo.

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- Reagisce al dannunzianesimo, al futurismo, al dilettantismo con la forza
delle argomentazioni liberali e la serietà dell’impegno morale, seguendo
l’esempio crociano

 Solaria (1926-1936) → nasce a Firenze per iniziativa di Alberto Carocci.


- Si propone come “repubblica delle lettere” in virtuale alternativa alla
dittatura.
- Unisce all’interesse per lo stile una forte esigenza di moralità.
- Affronta il problema della responsabilità storica dello scrittore.
- Valorizza scrittori italiani ignorati dalla critica ufficiale (Saba, Svevo,
Tozzi).
- Diffonde la conoscenza degli autori stranieri (Rilke, Eliot, Joyce, Proust e
Kafka)

 Letteratura (1937-1947) → viene fondata a Firenze da Alessandro Bonsanti.


- raccoglie l’eredità di “Solaria”, come dimostra l’attenzione riservata agli
autori europei.

 La cultura (1933-1935) → viene fondata a Torino da Giulio Einaudi.


- raccoglie l’eredità del “Baretti”.
- Si oppone al provincialismo e al nazionalismo fascista attraverso
l’apertura alle culture europee

 Il frontespizio (1929-1940) → nasce a Firenze in ambiente cattolico.


- cerca di recuperare la spiritualità e i valori religiosi nell’arte e nella
letteratura.
- Si orienta verso l’Ermetismo

FEDERICO TOZZI (MODERNISMO)

 1883: Nasce a Siena.


Formazione letteraria da autodidatta, studi irregolari, adolescenza inquieta
caratterizzata da violenti contrasti col padre, gestore di una nota trattoria
senese (cfr. la raccolta postuma delle lettere alla fidanzata, Novale, 1925)

150
 Nel 1908 fu impiegato delle ferrovie a Pontedera e poi a Firenze, ma alla
morte del padre tornò a Siena per vivere sulle poche terre ereditate.
Aveva frattanto cominciato a scrivere poesie (La zampogna verde, 1911, e La
città della Vergine, 1913) e racconti (Ricordi di un impiegato) e a collaborare
a riviste di provincia.
 Nel 1913 fondò a Siena, con l'amico Domenico Giuliotti, la rivista La
Torre, ispirata a posizioni spiritualiste e di cattolicesimo reazionario.
 Nel 1914, costretto a vendere l'ultimo podere, si trasferì a Roma, dove visse
anni assai duri ma di intensa creatività: la pubblicazione di Bestie, del
romanzo.
Con gli occhi chiusi (1919, scritto nel 1912-13) e di alcune novelle gli
procurò finalmente consensi e autorevoli appoggi, fra cui quello di G. A.
Borgese.
Un altro romanzo, Tre croci (1920), uscì subito dopo la sua morte, dovuta a
un'improvvisa polmonite nel 1920.

OPERE E POETICA
 Formazione vociana e letture disordinate (anche Verga, Dostoevskij e
soprattutto D'Annunzio).
 Impegno di Borgese per una valutazione positiva (Tempo di edificare).
Rivista Solaria (1926-1936) lo considererà tra i suoi autori di riferimento.
 Necessità di uscire dal dilettantismo delle sensazioni per scavare nella propria
coscienza e interrogarsi sul senso delle cose.
 Tendenza all’impressionismo lirico a fondo paesistico (Bestie) e ricerca
di oggettività (errata attribuzione al novero dei veristi).
 Rancoroso autobiografismo: conflitto tra la durezza degli antichi valori
contadini e gli interessi meschini della piccola borghesia cittadina.
 Disagio, fallimento esistenziale, incapacità di maturazione dei
personaggi: condizione di passività e inerzia.

Bestie (1917):

- situazioni che hanno in comune la presenza di una bestia .


Questo animale appare in maniera epifanica, una presenza muta che di
fatto non o re delle situazioni all'intreccio in modo tale da modificare.
Però produce delle situazioni di rispecchiamento, di angoscia, di
vergogna nei confronti del soggetto umano.

 Con gli occhi chiusi→ sorta neotenia (gli animali nascono con gli occhi
chiusi). L'uomo nasce con gli occhi aperti ma riesce a vedere più tardi. Però
molti animali riescono a camminare sin da subito, invece l'uomo ci mette anche
un anno. L'animale uomo nasce immaturo a differenza delle altre specie
animali, che nascono con delle capacità mature.

151
Il processo di maturazione dell'uomo è più lungo, perché assume un peso
più importante l'educazione, rispetto agli animali.
Il protagonista vive con gli occhi chiusi, cioè in una situazione di prolungata
immaturità, è come se avesse un velo sugli occhi. Non si accorge che la
donna verso la quale ha dei sentimenti confusi, in realtà sta con un altro
uomo, non ricambia i suoi sentimenti.

- Romanzo di formazione ‘mancata’: Il protagonista non ha la capacità di


affrontare le sue emozioni, fino ad arrivare ad atti violenti
- Doppia focalizzazione: padre e figlio→ Il padre vorrebbe subito che il figlio
sia forte, capace di andare nel mondo con le proprie gambe.
Quindi attua della violenza nei suoi confronti. Da una parte il figlio reagisce
alla violenza ma dall'altra non la capisce;
- Complesso edipico anomalo (fantasia di castrazione), emulazione e
introiezione del modello violento del padre da parte del figlio.
Lotta contro l’autorità paterna, lotta politica come transfert.
- Inettitudine e candore del protagonista; mondo degradato e grottesco,
comportamenti animaleschi degli altri personaggi.

Tre croci:

- Abulia (inerzia,mancanza di voltontà) e inettitudine morale


- Forma di rovesciamento di tanti riferimenti dell'iconografia cristiana : i tre
fratelli Gambi sono degli inetti, sono incapaci di mandare avanti l'impresa
familiare, una libreria, perché sono preda di peccati capitali.
- un romanzo psicologico che racconta del disastro di una famiglia

ROMANZO DI FORMAZIONE
Elisabetta Mondello, L'adolescente nel Novecento

 Nel novecento l'adolescente diventa protagonista del romanzo ma in


maniera diversa dal romanzo di formazione dei secoli precedenti.

152
Consisteva in un processo di esperienze (Grande Tour) che si concludeva
all'adesione del modello borghese → matrimonio e ingresso nel mondo del
lavoro.

 Nel novecento il processo di maturazione non è più lineare. Da una parte si


oppone la psicoanalisi e dall'altra la società.

 Nel novecento abbiamo parecchie rotture di continuità → la generazione che fa


la resistenza si contrappone alla generazione precedente che ha aderito al
fascismo.

ALBERTO MORAVIA

 1907: nasce a Roma Alberto Pincherle, da famiglia dell’agiata e colta


borghesia. Malato di tubercolosi ossea, costretto a letto in sanatorio,
formazione da autodidatta.
 1929 Esordisce con Gli indifferenti (1929). Tra i suoi romanzi più noti:
Agostino (1944), La ciociara (1957), La noia (1960), L'uomo che guarda
(1985).
Per i loro contenuti osceni, i libri di Moravia furono messi all’Indice dal
Sant’Uffizio.
 Nel 1941 sposa la scrittrice Elsa Morante

 Figura di intellettuale «impegnato»


- Collaboratore del “Corriere della sera” e di vari periodici (tra cui “L'Espresso”),
- è stato tra i fondatori della rivista “Nuovi argomenti”, che ha diretto con altri fino
alla morte.
- È stato deputato al Parlamento europeo (1984-89).
- Ha scritto per il teatro; viaggiatore instancabile: Un mese in URSS (1958);
Un'idea dell'India (1962); La rivoluzione culturale in Cina (1968); A quale tribù
appartieni? (1972); Lettere dal Sahara (1981).

 Muore a Roma il 26 settembre 1990.

TEMI E POETICA
Moravia è stato uno scrittore della comunità.
È stato uno scrittore della comunità politica, civile e letteraria, nella quale ha vissuto
e con la quale ha tessuto molteplici rapporti».

153
Struttura teatrale degli Indifferenti, stile sobrio e asciutto; immobilità interiore
e accettazione passiva dell’esistenza.
Conflitto generazionale, riti di iniziazione, perdita della purezza originaria:
rovesciamento del romanzo di formazione

«Moravia è stato uno scrittore, un narratore, dalla mentalità saggistica.


Nel senso che ha messo continuamente in discussione le proprie.
È riuscito a tradurre le idee, di volta in volta più importanti delle epoche che ha
attraversato, in fatti narrativi»

TEMI:

 dimensione tragica dell’esistenza,


 l’indagine della realtà,
 la sessualità e i rapporti di classe.
I romanzi di Moravia hanno delle costanti:
- sesso → tema allegorico;
- Borghesia → ruolo sociale
(Rischio di ripetizione)

 Impegno dell’intellettuale: per la libertà d’espressione e di stampa, per le nuove


democrazie; il problema delle armi nucleari; il femminismo e la fame nel mondo.
→ intellettuale che prende parte attiva alla vita politica e sociale in virtù del
proprio essere di intellettuale. Questo concetto nasce in Francia con Zola con
l'Affaire Dreifus: Zola incarna la figura di intellettuale che attraverso i propri scritti
riesce a rivelare i problemi del governo.
L'intellettuale umanista riesce a svelare anche gli inganni del potere.
 Qual è l'autonomia dell'intellettuale all'interno di una società di comunicazione di
massa? Moravia interpreta profondamente il concetto di intellettuale
impegnato. Scrive per tante riviste e giornali che arriva sempre a più
persone. Sempre più persone intraprendono gli studi no all'università.

Mandato sociale dell'intellettuale → in nome di chi parla l'intellettuale? E a chi parla?


Ha un mandato che riguarda una parte politica
→ qual è il rapporto tra l'intellettuale e la politica? = Per Vittorini l'intellettuale Non
deve obbedire e di fondere in altri termini le indicazioni date dal partito.
Però dall'altro lato c'è l'aspetto economico → chi finanzia la rivista? =partito/
governo/ Stato

GLI INDIFFERENTI (1929)


È interamente ambientato in spazi chiusi → questa condizione di oppressione e
di prigionia senza scampo che affligge anche gli spazi del romanzo è simbolo della
vacuità e dell’inutilità della realtà e dell’incapacità dei protagonisti di appropriarsene
e di modificarla.

154
Moravia denuncia, l’incapacità di volere e di vivere autenticamente la realtà
(l'indifferenza, appunto) propria della borghesia degli anni Trenta del
Novecento, schiava dei valori del denaro e del sesso.

Il romanzo si conclude con la scena emblematica di Mariagrazia e della figlia Carla


che partecipano ad un ballo mascherato→ La maschera, immobile e statica,
esprime tutta l’indifferenza e l’apatia dei personaggi che la indossano; i
personaggi del romanzo sono del tutto in balia degli eventi, incapaci di comprendere
e di vivere la realtà, o di farsi arte ci in qualche modo del proprio destino.

Le vicende narrate simboleggiano un rito d’iniziazione che ci mostra il


passaggio dall’immaturità adolescenziale all’età adulta, e che si cristallizza
nell’amara accettazione della realtà per quello che è, abbandonando la volontà
(e la speranza) di un cambiamento.

CARLO EMILIO GADDA

 1893: Nasce a Milano; il padre è un commerciante di seta, la madre Adele


una insegnante di francese
 1915: partecipa da volontario alla Prima Guerra Mondiale, perché in essa
vede il compimento del Risorgimento → la guerra, in realtà, rivela tutti i

155
mali dell’Italia → trauma per la guerra mal gestita dall’Italia e il dolore per la
perdita del fratello.
 Si laurea in ingegneria e negli anni Venti si iscrive in Filosofia (ma non si
laurea)
 Aderisce con convinzione al fascismo (scelta che rinnegherà solo dal
1944, enunciata in “Eros e Priapo”), perché in questo vede un regime che
tendeva a mettere ordine, come simbolo delle due tendenze che stimolano
la scrittura di Gadda: La realtà è caos, ma allo stesso tempo tiene insieme
tutto.
 Raggiunge la notorietà come scrittore solo dopo la pubblicazione in
volume del romanzo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana
(Garzanti, 1957)
 Muore a Roma nel 1973

“CASO GADDA”
Il caso Gadda scoppia nel secondo dopoguerra: comincia a scrivere nel primo
Novecento, ma il suo ruolo viene maggiormente giocato nella Seconda metà
del Novecento, soprattutto nella cosiddetta “neoavanguardia”.
- L’altro grande problema di Gadda è che molte delle sue opere sono incompiute:
il suo laboratorio è molto complesso.
- Ci sono degli stadi intermedi come la pubblicazione su rivista.

TEMI E POETICA
Per Gadda capire la poetica vuol dire guardare allo stile dell’autore.
Egli riesce ad essere sempre innovativo nello stile: mescola dialetto, linguaggio
quotidiano, lessico scienti co, latinismi, parole straniere → mescolare le lingue così
come la realtà è mescolata.
Gadda fa non solo parlare i suoi personaggi con il loro dialetto, ma li fa anche
pensare con la stessa lingua. Oltre all’insieme delle lingue vi è anche un insieme
di varietà di queste ultime → uso del dialetto in direzione sociale diversa in base
ai personaggi.

Uno dei suoi autori di riferimento, paradossalmente, è Manzoni → Gadda vede


in Manzoni un modello da seguire per quanto riguarda l’analisi psicologica dei
personaggi, fino all’introspezione della coscienza.

LINGUA E STILE
 stratificazione linguistica diacronica e sincronica (nel tempo e nello spazio)
 antifascismo attraverso scelta linguistica

 accumulazione caotica di termini afferenti a dimensioni disparate e immagini

156
bizzarre→ corrispettivo di una visione enciclopedica. Inserire tutto dentro il
romanzo (enciclopedismo imperfetto, non può entrare tutto in un romanzo).

 calderone linguistico, immagine del mondo labirintico e privo di simmetria

POETICA
 Caos e ordine: vita come caso informe, pasticcio e garbuglio → Riprende
la teoria delle catastrofi: un granello di sabbia non è la causa del crollo di una
montagna di sabbia, ma la realtà raggiunge un livello di soglia tale per cui
implode.
Il gomitolo diventa sempre più grande e diventa sempre più difficile per
noi scioglierlo. Di tutto questo Gadda era assolutamente consapevole e
cerca di trasportarlo nelle sue opere, come il pasticciaccio che è un giallo.
Se nel giallo, ci sono un insieme di concause, allora non c’è un solo
assassino e il giallo rimane irrisolto.
Allora perché il giallo? Perché ci serve a dare ordine, anche producendo
mimeticamente la realtà.

 immersione maniacale e morbosa nel non-senso del particolare

 vortice delle infinite concause (non esiste una sola causa ma molteplici:
tentativo di mettere in ordine)→ generano un vortice che simboleggia l’idea
della modernità novecentesca, della fisica quantistica in cui se di una
particella stabiliamo la massa non possiamo stabilire la velocità e viceversa

 impulso di rifare il verso al barocco della vita, mimesi della stupidità


umana →Rappresentazione barocca attraverso lo struggimento
psicosolidale delle frasi, allungate attraverso la presenza dei due punti.
A governare non è la linea retta, la simmetria delle parti, ma la linea curva e
aperta.

 aspirazione ingegneristica all’ordine per armonizzare realtà storica e sociale


 ammirazione per romanzo ottocentesco (manzoniano) per la visione
organica mondo, ma impossibilità a realizzare tale ordine (lunghe
digressioni centrifughe): andamento divagante e frammentario,
incompiutezza.

LA COGNIZIONE DEL DOLORE


Il romanzo fu pubblicato tra il 1938 e il 1941 a puntate sulla rivista Letteratura e in ne
nel 1963. Gadda iniziò la stesura dopo la morte della madre nel 1937, lo editò più
volte ma rimase incompiuto.

157
sfondo autobiografico → ambientato nel Maradagal (Italia prefascista); trauma
famigliare → morte in guerra del fratello minore.

Trasfigurazione della realtà storica e ambientazione simbolica in Sud America


(conosciuta dall’autore).

La vicenda è ambientata a Lukones, villaggio nell’immaginario Paese sudamericano


del Maradagàl, oppresso dalla dittatura e appena uscito vincitore da una guerra col
vicino Stato del Parapagàl → le speci che caratteristiche con cui Gadda descrive il
Maradagàl ricorderebbero quelle della Brianza durante il periodo fascista. Il
protagonista è l’ingegnere Gonzalo Pirobutirro d’Eltino, in un certo senso alter ego
dell’autore: scrittore per passione, l’uomo nutre un forte odio per il defunto padre che
ha messo l’apparenza di fronte ad ogni cosa. Gonzalo convive ancora con l’anziana
madre, per la quale prova un profondo a etto.

Tuttavia, la convivenza forzata porta i due a covare una sorta di inso erenza
reciproca: da una parte Gonzalo so re di scatti d’ira nei confronti della madre,
dall’altra l’anziana donna si ritrova ad aver paura del glio → situazione insostenibile,
che culminerà con l’omicidio della madre di Gonzalo per mano ignota → dopo aver ri
utato la protezione di un gruppo di reduci di guerra, al ritorno da un viaggio di lavoro
ritrova la madre morta, vittima di percosse. Tentando di ricostruire una linea guida
che lo porti a conoscere le origini del dolore presente nella sua vita, il protagonista
cerca di scoprire chi sia stato ad uccidere la madre. L’opera, però, restò volutamente
incompiuta, impedendo al lettore di conoscere l’identità dell’omicida.

● solitudine e fuga dall’oceano delle stupidità

● alternanza di tragico e comico e l’ombra del sospetto sul protagonista per la


morte della madre

● digressioni dei deliri

● critica feroce alla società borghese di Milano degli anni ‘30

● reinvenzione della lingua grazie all’uso di metafore, termini deformati, impasto


di parole del dialetto lombardo, spagnolo e latino

QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE VIA MERULANA


Gadda amava il genere giallo → il giallo esprime la tensione all’ordine,
tensione che nasce dalla voler risolvere il garbuglio dove verità e menzogna
sono legate → Gadda decide di scrivere un giallo ambientato a Roma, città dei
garbugli per eccellenza, città caotica e piena di maschere dove ognuno si
trova a recitare la parte e a nascondersi nel pasticcio per celare la verità
inconfessabile.

158
Lo scrittore milanese comincia a scrivere questo racconto giallo all’inizio del 1946
sfruttando un fatto vero, cioè l’omicidio di due vecchie signore romane per
mano di una ex domestica.

Le prime cinque puntate vedono la luce sulla rivista “Letteratura” e una sesta viene
annunciata, anche se mai pubblicata. Nel 1953, l’editore Garzanti propone a Gadda
di ultimare il Pasticciaccio e nel 1957 viene pubblicato.

Il romanzo è ambientato a Roma nel Febbraio del 1927. Sono anni molto particolari
perché il regime fascista è cominciato da due anni e tutto deve essere ammodernato
ed equilibrato. Ogni tipo di di ormità non può essere tollerata. Roma, tuttavia, è una
città multiforme e piena di squilibri, dove il disordine è parte integrante della città.

L'investigatore Francesco Ingravallo conduce quella vita solitaria, trasandata e un


po’ disperata; è una persona energica e di polso e non disdegna, quando serve, di
parlare in modo franco usando il suo dialetto (molisano) che anima e vivacizza le
pagine del romanzo.

È un uomo consapevole della complessità del reale e di quanto sia di cile


perseguire quella che si chiama “verità” → gomitolo-groviglio-pasticcio → signi ca
che l’uno non esiste, ma esistono relazioni, contaminazioni, nodi che rendono la
verità complessa e indecifrabile, negativa e non positiva

Tutto è confuso e i rapporti di causa-conseguenza sono alterati come in una


moltiplicazione all’in nito, che non conosce una vera e propria soluzione (come il
romanzo). L’idea di confrontarsi con il groviglio è il cuore del romanzo ed è anche la
soluzione stilistica di Gadda che ci o re una lingua tutta intrecciata e piena di
neologismi e bizzarrie di ogni sorta.

Trama

Roma, palazzo di Via Merulana, civico 219, detto palazzo degli ori

Viene riferito ad Ingravallo che al 219 c’è stata una sparatoria, Ingravallo resta
sbalordito e si reca subito al palazzo dove c’è un tumulto generale. Appura che un
giovane si era introdotto in casa della contessa Menegazzi e l’aveva rapinata. Al
commissario sembra subito evidente che il rapinatore debba avere un complice, ma
l’unico indizio che si riesce a reperire sulla scena del crimine è un biglietto del tram,
caduto dalla tasca del ladro (giacché la contessa esclude si possa trattare di una
delle sue domestiche).

Emerge un unico particolare dai vari interrogatori, una sciarpa di colore verde con
cui il ladro si era camu ato.

Mentre Ingravallo è intanto a scoprire qualcosa di più sul ladro ecco che nello stesso
palazzo, dopo appena tre giorni, nell’appartamento dei Balducci, viene trovata morta
con la gola tagliata Liliana Balducci, già nota al commissario. Le indagini procedono

159
in modo parallelo, ma sembrano quasi toccarsi, come se si trattasse di due fatti in
fondo concatenati se non altro per lo spazio e il tempo in cui sono avvenuti.

Il primo nella lista degli indagati è il cugino della vittima, il dottor Giuliano Valdarena,
che ha rinvenuto il cadavere e ha dato l’allarme. Giuliano non è del tutto innocente
perché sembra che ci sia un rapporto un po’ torbido tra i due cugini.
Dall’interrogatorio viene fuori che Liliana è profondamente ossessionata
dall’impossibilità di avere gli al punto che ritiene necessario circondarsi di gli
surrogati che tiene in casa per brevi periodi. Si capisce allora che Liliana vorrebbe
un glio da Giuliano. Tuttavia glielo impedisce la sua fede cristiana e la devozione per
il marito Remo. Vorrebbe almeno adottare il glio che nascerà dal matrimonio del
cugino Giuliano con la sua sposa. Nonostante le falle nella versione di Valdarena,
questi viene scagionato.

Compare Don Corpi, il padre spirituale e confessore della Balducci, che dà lettura
del testamento, tra l’altro era stato redatto poco prima che venisse uccisa → si
indaga sulle domestiche e nipoti adottive di Liliana.

Le indagini si spostano nel paese di Marino a sud di Roma → ci si concentra su


Zamira Pàcori, una maga-tintora, fattucchiera e sarta che ha ritinto la sciarpa

I gioielli della contessa Menegazzi vengono ritrovati in un casello ferroviario e grazie


ad altri interrogatori si identi ca il giovane dalla sciarpa verde che però resta da
rintracciare. Il romanzo si interrompe bruscamente con l’interrogatorio di Ingravallo
ad una delle cameriere della donna uccisa: Tina, questa glia adottiva, messa alle
strette dall'interrogatorio di Ingravallo grida la sua innocenza e il delitto resta un caso
aperto: un pasticciaccio brutto, senza soluzione.

principio di indeterminazione → nel 1927 il sico Werner Karl Heisenberg aveva


formulato il principio di indeterminazione in meccanica quantistica, stabilendo
l’impossibilità di determinare esattamente la posizione di un corpo in un determinato
sistema.

Questo signi ca che la perfetta linearità del romanzo giallo diventa una pura utopia
→ niente è del tutto prevedibile e non esiste la linearità dei rapporti di causa-
conseguenza → è come se Gadda avesse applicato il principio di indeterminazione
di Heisenberg al suo romanzo e, più in generale, a tutta la realtà che lui si sforza di
rappresentare. Ecco perché il giallo di Gadda non può avere una soluzione univoca,
perché tutti sono coinvolti nel groviglio e condividono se non la responsabilità
almeno la partecipazione.

INCIPIT DI QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE VIA MERULANA

Presentazione del personaggio i due punti ricorrenti allungano la frase aggiungendo


e integrando la presenza del dialetto in presa diretta, ma anche all’interno della
stessa descrizione del narratore.

160
Chi è il narratore? È un narratore esterno, ma con il tempo il punto di vista si
concentra sui personaggi, come sui colleghi del dottor Ingravallo → Gadda,
dunque, prende Manzoni, come nel caso della descrizione di Don Abbondio,
ma lo fa suo.

C’è una forte carica di ironia e parodia nelle parole. C’è una simpatia nei
confronti di questa Liliana Balducci → tanto è vero che il marito viene presentato
come il “caprone”. È lo stesso Ingravallo che pensa queste cose. La discussione di
quella giornata/serata in presa diretta. La famiglia Balducci ci viene delineata ancora
di più. Ci vengono presentate due nipoti diverse. Quella di stavolta non è quella
dell’altra volta: questa è appena uscita dall’infanzia. La descrizione della società
vede il cambiamento della lingua: il dialetto romanesco ci viene presentato anche in
una costruzione sintattica molto aderente. Attraverso la mimesi ci vengono
presentati la lingua e il punto di vista di chi guarda quel palazzo, della gente.

Elemento testuale sul rapporto tra Gadda e Manzoni

RIESUMAZIONE MANZONIANA – RACCONTO ITALIANO DI


IGNOTO NEL NOVECENTO (1924) →
Rilettura di Manzoni in cui l’elemento tragico viene messo in risalto → Gadda parla
della società del Novecento e della propria società uscita dalla Prima guerra
mondiale. Altro elemento tenuto molto in considerazione è l’ignavia politica e
pubblica. Come ne I promessi sposi, gli elementi descrittivi dell’incipit vengono
ripresi qui da Gadda: il male della storia, però, permea la natura, anche gli animali.
Vi è una ripresa alle grida manzoniane, leggi ridondanti, non rispettate e inutili →
una norma deve avere l’obiettivo di farsi capire, di essere chiara, comprensibile a
tutti. Manzoni sa che la lingua può essere usata non solo per comunicare, ma anche
per nascondere. Cos’è l’oggetto della comunicazione? La funzione della lingua può
essere quella di separare, di individuare all’interno della società dei gruppi elitari che
interpretino il messaggio e detengano il potere. Il “latinorum” è, in epoca
manzoniana, la lingua del potere, che nasconde, compresa da pochi. Levi dice che
questa tentazione della lingua del potere non è soltanto dei cattivi, ma è anche dei
buoni: “Omnia munda mundis”, tutto è puro per i puri: citazione paolina citata da Fra
Cristoforo perché il frate portinaio non conosceva il latino, lo aveva sentito a
messa… “io so quello che è giusto fare, non c’è bisogno che tu lo comprenda.”

Renzo: se c’è questo inganno della scrittura, allora tanto vale che i miei gli la
conoscano e la imparino.

Di fronte ad un caos del mondo come si fa a trovare un centro degli ambiti del
sapere? Una soluzione potrebbe essere trovare un metodo → metodo della ricerca e
del dialogo, della filologia e dell’ermeneutica → bisogna far dialogare (o meglio,
chiarire) i singoli saperi, provare a spiegarli e poi renderli comprensibili all’opinione
pubblica in modo che quest’ultima sia capace di decidere

161
NEOREALISMO
 Il Neorealismo nasce dai giornali clandestini dei partigiani, dalle cronache
e dai diari della guerra e del dopoguerra: ha un carattere spontaneo e
trasversale ai generi, incrociando narrativa, memorialistica e saggistica.
«Smania di raccontare» (Calvino, Prefazione alla ristampa 1964 del Sentiero
dei nidi di ragno→ è finita la resistenza, la guerra civile, l’invasione da parte
dei nazisti (necessità di raccontare i fatti vissuti).

 Narrare per testimoniare → la letteratura si incarica di testimoniare


quello che è stato.
La letteratura non deve consolare, non deve addolcire, non deve
lasciare le cose come stanno ma deve promuovere una liberazione.
Una liberazione dai bisogni materiali: progetto politico che viene incarnato
dalla letteratura neorealista.

 Neorealismo nasce nel cinema, nasce dai bisogni materiali: Visconti,


Rossellini, De Sica, Zavattini.
Set sulla strada, attori improvvisati, «piano sequenza», descrizione più che
narrazione.
Da questo fattore, nella letteratura trionfano i dialoghi, l’attenzione alle
condizioni sociali dell’Italia al secondo dopoguerra.

 La letteratura abbandona l’evasione astratta dominante nel periodo tra le


due guerre e si dedica a rappresentazioni realistiche della situazione sociale.

 Rispetto al Realismo contadino, il Neorealismo guarda più alla città e


alla fabbrica → l’idea della rivoluzione comunista e del socialismo reale
ha come soggetti gli operai e l’industria, solo che in Italia
l’industrializzazione non è di usa in maniera omogenea perché abbiamo,
soprattutto nel dopoguerra, un Nord Italia pullulante di importanti
fabbriche e finanziamenti e un Sud Italia in cui permane la questione
agraria del latifondo, con i contadini che non hanno la proprietà ma
vengono salariati.

 Dopo una prima fase spontanea, in cui il Neorealismo si con gura come
“corrente involontaria”, a partire dal 1948 – anno della Costituzione e del
primo governo della Democrazia Cristiana – con il polarizzarsi della
politica interna la letteratura neorealista, vicina alla sinistra, si interroga
sul proprio ruolo in relazione alla linea del partito.
La letteratura abbandona l’evasione astratta dominante nel periodo tra le due
guerre e si dedica a rappresentazioni realistiche della situazione sociale

162
Cosa si propongono di fare gli intellettuali? Di fondere la conoscenza delle
condizioni di vita dell’Italia del dopoguerra. Abbiamo una produzione molto
ampia.

1955 → pubblicazione del Metello di Pratolini cambia qualcosa → metellismo → le


critiche al romanzo si riferiscono al fatto che il popolo non è reale e viene
idealizzato. Il popolo è visto come portatore di valori positivi che ormai devono
essere abbandonati.
L’opera di Pratolini viene ritenuta necessaria a comunicare le condizioni di vita dei
ceti più umili.
Si innesca una polemica tra i sostenitori del “realismo socialista”, che
interpretano il romanzo come un suo esempio, e chi invece critica l’idealizzazione
del popolo affermando che la stagione del Neorealismo vada ormai chiusa

TEMI E STRUTTURE
 Impegno dell’intellettuale: testimonianza delle collaborazione «liberatrice»
tra intellettuali (di estrazione borghese) e popolo.
C’è una contraddizione interna nell’intellettuale: egli fa parte della
borghesia, ma si rivolge al popolo interpretandolo (ma non
rispecchiandosi).
Secondo le stampe marxiste la borghesia dovrebbe essere rovesciata dalla
classe operaia → missione dell’intellettuale.

 Solidarietà verso i ceti popolari.


 Analisi sociale.

 Cornice storica della guerra e Resistenza come mito fondativo: è


avvertita come sorta di nuovo Risorgimento (Vittorini: Uomini e no,
Viganò: L’Agnese va a morire)

 Quartieri popolari come sfondo e soggetto (Pratolini: Cronache di poveri


amanti)
 Cronache di poveri amanti
 Visione anti-idilliaca del mondo contadino .
 Questione meridionale (Carlo Levi: Cristo si è fermato a Eboli)

 Linguaggio mimetico del parlato; predominanza dei dialoghi e delle


locuzioni dialettali.

 Funzione testimoniale del narratore e non come studioso (a differenza di


Verga, che non va ad Acitrezza per scrivere i Malavoglia): Sperimentalismo di
Fenoglio.

163
ATTRAVERSAMENTO E SUPERAMENTO DEL NEOREALISMO

Numerosi autori si allontanano progressivamente dall’esperienza del Neorealismo


per soddisfare il bisogno di una più originale e matura ricerca letteraria, anche
attraverso l’elaborazione di uno stile inedito e personale → soluzioni narrative
personali

 Elio Vittorini → interpreta le condizioni dell’umanità sofferente e il tema della


Resistenza attraverso il lirismo simbolico della sua scrittura

 Cesare Pavese → avvia la sua ricerca di una “realtà simbolica”, fondata


sul mito e programmaticamente lontana da ogni naturalismo

 Alberto Moravia → nelle opere del dopoguerra affronta tematiche


neorealistiche legate a particolari situazioni locali o regionali

 Pier Paolo Pasolini → descrive l’ambiente del sottoproletariato nelle


borgate romane, celebrandone il vitalismo e l’autenticità, in polemica
opposizione alla degradazione della società dei consumi

 Leonardo Sciascia → analizza con competenza la condizione di


arretratezza del Meridione, denunciando soprattutto i fenomeni di tipo
mafioso

 Italo Calvino → negli anni Sessanta abbandona il filone fiabesco e


fantastico per affrontare alcune questioni politico-sociali

 Elsa Morante → in Menzogna e sortilegio descrive una complessa trama


di rapporti familiari avvolti in un’atmosfera surreale e onirica

 Carlo Emilio Gadda → rifiuta ogni rappresentazione naturalistica della


realtà e propone una scrittura plurilinguistica che utilizza i registri più
disparati ed eterogenei, dal dialetto ai tecnicismi e ai latinismi

164
ELIO VITTORINI

 Nasce nel 1908 a Siracusa.


 Nel 1929 collabora con la rivista Solaria.
Negli anni ‘30 collabora per la rivista Bargello che, pur essendo interna al
regime fascista, lo critica da posizioni di sinistra.
 Lo scoppio della guerra civile in Spagna porta Vittorini a una profonda
crisi morale e politica → scrive un articolo apertamente antifranchista →
questo processo interiore è raccontato in Conversazione in Sicilia e
prosegue con l’avvicinamento all’area antifascista e comunista.
 Nel 1939 si trasferisce a Milano, dove si concentra la sua attività e il suo
maggior impegno da promotore culturale.
 1941: “Conversazione in Sicilia” di Vittorini esce in rivista fra il 1937 e il
1939 e poi in volume nel 1941, dunque prima del periodo propriamente
neorealista; affronta tematiche storiche e di rilevanza sociale con un
tono mitico simbolico vicino alla poesia.
 1945: Uomini e no, si concentra invece sull’esperienza della Resistenza.
 Dal 1945 al 1947 esce Il Politecnico → rivista ideata e diretta da lui stesso
che doveva agire da foglio di agitazione culturale e politico → con questa
rivista fa conoscere la letteratura estera.
 Vittorini afferma che piuttosto che fare la rivoluzione, occorre promuovere
una cultura della liberazione piuttosto che quella della consolazione.
 Muore a Milano nel 1966

CONVERSAZIONE IN SICILIA
Vittorini scrive questo romanzo in un momento di grande crisi di coscienza e di
forte critica al fascismo.
L’ossatura fiabesca di questo romanzo è mescolata alle influenze della
letteratura statunitense e delle avanguardie europee, per costruire un racconto
che è la metafora del percorso di maturazione del protagonista/autore.

Si caratterizza per la molteplicità dei livelli di lettura.


Il romanzo comincia quando il protagonista Silvestro Ferrauto, da tempo preda di un
senso di irrequietezza cui non riesce dare sfogo, riceve una lettera del padre dalla
Sicilia che gli dice di aver lasciato la moglie per un'altra donna: decide così di partire
per l'isola per consolare la madre.
Dopo l’incontro con la madre, con cui il protagonista parla del passato, del padre e di
suo fratello morto in guerra, il viaggio evolve in una ricerca profonda nel cuore di
una Sicilia che l’autore immagina come fuori dal tempo.

Il romanzo termina con Silvestro che si ritrova in un cimitero a parlare con


l’anima di un soldato morto, che si scopre poi essere quella del fratello Liborio,
con cui discute sulla sofferenza che viene ripagata infine dalla gloria.

165
PRIMO LEVI

 1919: Nasce a Torino, da un’agiata famiglia ebrea non professante.


Sopravvive alla «spagnola».
 1941: laurea in chimica all’università di Torino. Frequentazione del gruppo di
giovani ebrei della sinagoga.

 Le leggi razziali (1938) gli fanno aprire gli occhi sulla natura del fascismo e lo
spingono verso l’azione politica → alla fine del ‘42 entra nel Partito
d’Azione clandestino e dopo l’armistizio dell’8 settembre del '43 si
unisce a un gruppo partigiano della Valle d’Aosta.
Ma catturato dalla milizia fascista, viene internato nel campo di
concentramento di Fossoli e nel '44 deportato ad Auschwitz.

 1943-1945: cattura e reclusione nel campo di concentramento di


Auschwitz: è questo l’evento centrale della vita di Levi, che fa scattare la
molla della scrittura, sentita come una necessità di confessione, di
analisi, oltre che un dovere morale e civile.

 1947: pubblica “Se questo è un uomo” (De Silva). Ha poco successo, esercita
il mestiere di chimico, continua a scrivere.
1958: Se questo è un uomo (Einaudi, per il sostegno di P. Boringhieri e L.
Foà).

 1963: LA TREGUA→ è la prosecuzione delle vicende narrate in “Se


questo è un uomo” e descrive il rientro a casa del protagonista dopo la
liberazione di Auschwitz.
L’atmosfera generale è quella della liberazione dall’incubo nazista e, al tempo
stesso, della sospensione del proprio destino (di “tregua”, appunto) in attesa
di ricominciare una vita “normale”.

 1966: Storie naturali→ racconti fantabiologici (Calvino) con lo pseudonimo di


Damiano Malabaila

 1971: Vizio di forma

 1975: Il sistema periodico

 1978: La chiave a stella

 1986: I SOMMERSI E I SALVATI→ nella prefazione Levi sostiene di non


aver l’intenzione di far opera di storico e di voler riportare nel libro più
considerazioni che fatti → il testo è fatto soprattutto di riflessioni sugli
aspetti più significativi della tragica esperienza nei Lager.
È dal ricordo, dai sentimenti, dai ragionamenti, dalle sensazioni provate al

166
momento della liberazione e negli anni successivi, che emergono i fatti
più drammatici.
 “La vergogna” → terzo capitolo → tratta il problema morale della “minoranza
anomala” che si è salvata dai campi di sterminio → Levi descrive il
tormento morale e il senso di colpa dei “salvati” che, poiché “mancava il
tempo, lo spazio, la pazienza, la forza”, non hanno saputo o potuto
aiutare tutti gli altri prigionieri.
La pena di questi “salvati” non sarà però minore nel resto della loro esistenza,
tanto che in molti sceglieranno la via del suicidio.

 Il ricordo ed il trauma mai superato della deportazione e dell'esperienza di


Auschwitz sono anche probabilmente alla base del suo suicidio, avvenuto nel
1987 a Torino.

SE QUESTO È UN UOMO (1947)


Nell'opera di Levi, scienziato e letterato si fondono e danno vita ad una
scrittura limpida, chiara, essenziale, dove ogni parola viene "pesata" e dai cui
emerge, nonostante il suo vissuto, una fiducia illuministica nella ragione.

→ È una testimonianza importante di un periodo centrale della storia del '900, ossia
la Seconda Guerra Mondiale

- è il racconto in prima persona dell’esperienza in un campo di


concentramento nazista.
- Il tema principale è la memoria → trascrizione dei ricordi dell’autore, ma si
pone anche come memoria collettiva, destinata a tramandarsi ai posteri →
bisogna ricordare ciò che è stato anché l’orrore non si ripeta

Nella prefazione Levi ci dice che ciò che l’ha spinto a scrivere il libro è la ricerca
di una liberazione interiore, il bisogno di raccontare la sua terribile esperienza.
La narrazione ha un carattere frammentario → i ricordi si compongono nella nostra
mente per frammenti.

Il racconto si svolge in prima persona, poiché l’autore parla di eventi che ha


realmente vissuto → il narratore si identifica quindi sia con il protagonista che
con l’autore.
Al racconto dei fatti si uniscono commenti, pensieri dell’autore, interpretazioni dei
fatti, divagazioni su vari temi e riflessioni sulla condizione umana → Levi descrive i
processi psicologici suoi e degli altri deportati, che risultano molto importanti
in una situazione così tremenda.

L’autore racconta piccoli particolari, ci parla di persone, dei loro nomi e delle loro
azioni: tutto questo ha lo scopo di dare una dimensione umana al racconto e di
descrivere la progressiva perdita di umanità all’interno del lager.
Spesso l’autore chiama in causa il lettore, ponendo domande su cosa
avremmo fatto noi in quella situazione.

167
ITALO CALVINO

 1923: Italo Calvino nasce a Cuba, dove i genitori risiedevano e svolgevano la


professione di agrotecnici.
Quando ha solo tre anni la famiglia torna in Italia, a Sanremo.
 1944: partecipa alla guerra partigiana, esperienza che lascerà traccia
nelle sue prime opere (fase neorealista).
Nel dopoguerra Calvino inizia a militare nel Partito Comunista Italiano e si
iscrive alla Facoltà di Lettere a Torino, città in cui si trasferisce.
Intanto pubblica qualche racconto in rivista e collabora con la casa editrice
Einaudi, con la quale pubblica nel 1947 il suo primo romanzo Il sentiero dei
nidi di ragno.
 1952: Italo Calvino pubblica Il visconte dimezzato, che insieme a Il Barone
rampante e Il Cavaliere inesistente forma la trilogia de “I nostri antenati”.

 1965: Calvino pubblica Le Cosmicomiche.


- Attrito comico tra teorie scientifiche (e relativo linguaggio) e situazioni
quotidiane.
- Il dato scientifico funge da carica propulsiva per uscire dalle abitudini
dell’immaginazione, e vivere «anche il quotidiano nei termini più lontani dalla
nostra esperienza».
- Voce narrante→ Qfwfq , personaggio palindromo, dal nome
impronunciabile come impalpabile è la sua consistenza.
Egli è infatti semplicemente "una voce, un punto di vista, un occhio (o un
ammicco) umano proiettato sulla realtà" (Premessa 1968, p. 1301).
- Attitudine pedagogica della narrazione in presa diretta dei grandi eventi della
storia astronomica e geologica, tradotti in una lunga saga familiare.
- Pacato pessimismo: le acquisizioni scientifiche ed epistemologiche e la
stessa riflessione personale su questi temi non offrono alcuna soluzione
immediata spendibile nel mondo concreto. Ma
resta irrinunciabile la ricerca di un "senso" alle faccende umane.
- Riferimento a Leopardi (Operette morali ) e a Lucrezio (De rerum natura)

 Alla fine degli anni Sessanta si trasferisce a Parigi, dove frequenta il gruppo di
scrittori dell’Oulipo.
- si proponeva di integrare matematica e letteratura , mostrando come la
seconda fosse soggetta a norme, vincoli e modelli di composizione che
potevano essere ricostruiti attraverso i metodi della prima.
- Letteratura come operazione combinatoria di elementi dati.
- Avventura conoscitiva, con vigile coscienza critica ed ironia (1962, La sfida al
labirinto).
- Contatti con la semiologia e lo strutturalismo

168
 Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Ottanta, Calvino pubblica le
sue opere più importanti: “Il castello dei destini incrociati”, “Le città invisibili”,
“Se una notte d’inverno un viaggiatore” e “Palomar”.
 Muore nel 1985

IL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO (1947) → è un romanzo neorealista

- affronta il tema della Resistenza italiana dal punto di vista di un bambino ,


Pin → orfano di entrambi i genitori e vive con la sorella (prostituta)
- Il romanzo è ambientato nell’epoca dell’occupazione tedesca in Italia.
- sentiero dove fanno i nidi i ragni → dove Pin nasconde la pistola rubata a un
soldato tedesco

LE CITTÀ INVISIBILI (1972) →

 Cornice: il dialogo di Marco Polo e Kublai Kan , con l’esploratore


incaricato di descrivere all’imperatore una per una le città dell’impero, per
sottrarle attraverso il racconto allo sfacelo prodotto dal tempo .
 Due aspetti della personalità dell’autore: avventura e fantasia (Marco Polo)
meditazione e malinconia (Kublai Kan)
 Manca la corrispondenza tra la verità delle cose e le parole usate per
rappresentarla. Crisi del linguaggio.
 Racconto di «superficie», comune a Sanguineti e a Manganelli (Celati).
 Inferno della civiltà tecnologica e industriale . "L'inferno dei viventi non è
qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che
abbiamo tutti i giorni, che formiano stando insieme.
Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce fatale a molti: accettare
l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è
rischioso ed esige attenzione ed apprendimento continui: cercare e saper
riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e
dargli spazio".
 temi → il caos che caratterizza la realtà; e il sogno, la fantasia, le
capacità dell’immaginario di figurarsi panorami inesistenti in cui
nascondersi o in cui trovare un posto.

1969-1973, IL CASTELLO DEI DESTINI INCROCIATI ;

 Modello della «rete dei possibili»


 Attraverso le combinazioni si tenta di dedurre lo schema che riesca a
ricollegare il senso delle parole alla materia delle cose
 Rapporto tra parola e immagine→ a parlare è la voce di un anonimo
viaggiatore, che narra le vicende di alcuni ospiti di un castello e di una taverna
che, non potendo proferire parola, raccontano la propria storia ricorrendo alle
immagini raffigurate sulle carte.
 Modello di ipertesto.

169
SE UNA NOTTE D’INVERNO UN VIAGGIATORE (1979)

 Procedimento metanarrativo→ Il tema del romanzo è la forma : romanzo


geometrico, romanzo specchio.
 Struttura aperta (dieci incipit di racconti interrotti) e vicenda chiusa e
tradizionale (happy ending: finale positivo).
 Narrazione in seconda persona: il «tu» del Lettore e della Lettrice.
 Riflessione ironica sulla lettura e sui diversi tipi di lettori (ingenui,
sofisticati, irrispettosi,…)
 Sfiducia nella capacità della letteratura di afferrare la realtà, di «rendere
la pienezza vitale».
 Ironia paradossale : impraticabilità attuale del romanzo tradizionale,
successo del romanzo
 Per Calvino, il lettore è il vero protagonista di questo romanzo .
L'autore dichiara il suo intento di cambiare stile in ogni opera, per il desiderio
di non lasciarsi definire e di non restare prigioniero di alcuna chiave di
scrittura→ poetica.
 Il titolo di quest'opera riporta al romanzo popolare.

PALOMAR (1983) → Crisi della coscienza

 Narratore esterno , protagonista autobiografico (Palomar, dal nome del


famoso osservatorio), o meglio «punto intermedio, equidistante dalla
prima e dalla terza persona» (Del Giudice).

 Struttura tripartita: 3 (parti) * 9 (racconti) = 27;


3 tipi di esperienze conoscitive: semplicemente visive, che coinvolgono la
cultura e il linguaggio, di tipo speculativo (sul tempo, l’infinito, la mente ecc.).
Descrizione , racconto , riflessione .
La struttura riprende la Divina commedia

 Tentativo (destinato all’insuccesso) di rintracciare un ordine che


permetta di «padroneggiare la complessità del mondo» senza far ricorso
a schemi precostituiti. Fallimento comico, piccola vertigine del pensiero che
conflagra.

 Apologo allegorico sulla crisi e sulla resistenza della ragione .


 Tensione all’impossibile pulizia cognitiva.

170
PIER PAOLO PASOLINI

 1922: Nasce a Bologna nel 1922. Si iscrive alla facoltà di lettere e inizia a
interessarsi alla scrittura.
 Nel 1942, per sfuggire alla guerra si rifugia a Casarsa nel Friuli (paese della
madre), dove apre una scuola e pubblica le prime poesie.
Nel 1950 si trasferisce a Roma, dove si inserisce nel mondo della
letteratura e del cinema.
 1955 → Ragazzi di vita → ottenne grande successo ma subì un processo
 1961 → esordio come regista con il film Accattone, che consacra il suo
successo e lo rende un personaggio pubblico
 1975 → muore assassinato a Ostia

POESIA
Poesia civile → poesia che si interessa della condizione dell’uomo, propone
soluzioni, affronta problemi di natura politica e morale
→ Pasolini “non fu un poeta ufficiale, celebrativo, retorico, come sono stati in Italia
nella seconda metà dell’Ottocento, Carducci e D’Annunzio, bensì poeta che vede il
Paese natale non come lo vedono né possono vederlo i potenti di questo paese”
(Moravia).

Quello che caratterizza Pasolini è il punto di vista dal basso → la sua poesia è
civile perché è una poesia che vuole dar voce e visibilità a chi mai è stato
ascoltato e visto.
Il punto di vista dal basso è evidente nella scelta di scrivere le sue prime raccolte di
poesie (Poesie a Casarsa e La meglio gioventù) in friulano, il dialetto parlato dai
contadini descritti in quelle poesie.
Ma per essere poeta civile Pasolini si deve rivolgere anche al resto d’Italia → poesie
in italiano, attraverso le quali Pasolini si riallaccia alla tradizione dei poeti civili →
questo lo porta a una lingua e a uno stile che, pur restando comprensibili e semplici,
hanno come modelli i poeti della tradizione.

La caratteristica fondamentale della poesia di Pasolini è quella di essere in


equilibrio tra mondi diversi → colto e popolare; nazionale e universale; città e
campagna; dialetto e italiano.
Quello che mantiene l’equilibrio è la carica morale → la poesia per Pasolini è un
diario intellettuale, attraverso cui esprimere il proprio pensiero e agire per
migliorare il mondo

 Le ceneri di Gramsci (1957): poesia civile tra passione e ideologia;

→ Pasolini riprende l’endecasillabo e la terzina dalla poesia di Pascoli.


La raccolta è nuova anche per i contenuti, che si allontanavano completamente sia
dall’ermetismo sia dal neorealismo, e sintetizzano la sua condizione personale

171
vissuta nelle borgate di Roma, ma rifondata e rinnovata, anche e soprattutto,
dalle nuove letture di Marx e di Gramsci → da un lato aderisce al marxismo e al
pensiero di Gramsci, ma dall’altro lato Pasolini non vede nel popolo delle borgate
romane il proletariato che ha la coscienza di classe, pronto a fare la
rivoluzione sociale.
Pasolini toglie ogni incanto politico al popolo delle borgate perché le valorizza
solo per la loro vitalità primitiva e originaria di gente che vive solo di lavoro
pratico, ma senza avere la coscienza di classe.

(*)Antonio Gramsci → fondatore del Partito Comunista Italiano (PCI).


Analizzò la struttura culturale e politica della società → elaborò il concetto di
egemonia→ le classi dominanti impongono i propri valori politici, intellettuali e
morali alla società, con l'obiettivo di saldare e gestire il potere intorno a un
senso comune condiviso da tutte le classi sociali.

POESIA IN FORMA DI ROSA (1964) → in questa raccolta Pasolini afferma in modo


ossessivo la delusione per gli sviluppi della vicenda politica e intellettuale
italiana e gli pare ormai inutile tutta la dialettica, piena di illusioni, degli anni
cinquanta.
Nasce con questa raccolta il mito della "Nuova Preistoria" → quando la Società
ritornerà natura → dovuto alla delusione stessa della storia e dalla presa di
coscienza che "la Rivoluzione non è più che un sentimento" e a fondarla
saranno i barbari, cioè le plebi meridionali e del Terzo Mondo.

 Trasumanar e organizzar (1971): titolo ironico, metà dantesco e metà


politico; scrittura discorsiva ed esplicita.

ROMANZI E INTERVENTI
I protagonisti dei romanzi di Pasolini sono ragazzi divisi tra la leggerezza
dell’infanzia e il senso del pericolo e della morte tipico degli adulti, poiché
l’ambiente in cui vivono li costringe ad affrontare prima del tempo.
Sono personaggi che hanno perso la loro innocenza, ma mantengono qualcosa di
quel mondo dell’infanzia che gli è stato negato.
Sono capaci di gesti di grande violenza e di grande tenerezza, completamente
assorbiti dall’ambiente degradato in cui vivono e senza appigli per poterne uscire.

La lingua del narratore è un italiano semplice e piano mentre, per i dialoghi tra i
personaggi, viene usato il romanesco delle borgate → ascoltato dai ragazzi che
ispirarono le sue storie.

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RAGAZZI DI VITA (1955) → non si tratta di una storia unica, ma di una serie di
episodi legati dalla figura del Riccetto, un ragazzo delle borgate di Roma
coinvolto in attività criminali insieme agli altri giovani del quartiere.
Nel romanzo ritroviamo però anche momenti di tranquillità e tenerezza.
Il romanzo subisce il processo per oscenità.

UNA VITA VIOLENTA(1959): vita delle borgate e tema politico. Redenzione del
personaggio e suo sacrificio

SCRITTI CORSARI (1975) → raccolta di articoli redatti da Pasolini, la maggior


parte dei quali pubblicati su "Il Corriere della Sera"

 corsaro → lo scrittore vuole comunicare la sua posizione controcorrente


→ sceglie di affrontare i temi più scottanti dell'epoca, tra cui la sessualità e
l’aborto, con spirito critico e originale.
I bersagli principali delle sue critiche sono la classe politica corrotta e
incapace; il capitalismo e il consumismo che hanno rovinato l’Italia; e
l’omologazione della vita sociale causata dalla tv e dai miti del progresso

DIBATTITO CULTURALE : fondazione, insieme a F. Leonetti e R. Roversi, di


Officina , la rivista della polemica antinovecentesca ; condirezione di Nuovi
argomenti , rivista fondata nel 1953 da A. Moravia e A. Carocci.

TEATRO E CINEMA

Edipo re (1967); Orgia (1968); Medea ; Affabulazione (1969); Appunti per un’
Orestiade africana (1970), Calderón (1973).

- Edipo uomo immaturo alla ricerca di sé e umanità che cerca nella


compiutezza del mito antico un’ipotesi di soluzione.
- Rapporto problematico padre figlio.
- Sadismo e masochismo.

- Teorema (1968): allegoria con cui Pasolini prende congedo dagli anni
Sessanta e prende atto della crisi irreversibile del mondo borghese.

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LEONARDO SCIASCIA

 Nasce a Racalmuto (Agrigento). Nel 1935 con la famiglia si trasferisce a


Caltanissetta → Sciascia frequenta l'istituto magistrale: tra i suoi insegnanti
c’è Vitaliano Brancati, che diventerà fondamentale nell'istruzione del
futuro scrittore. Legge autori francesi e forma la propria coscienza civile
sulle opere di Voltaire, Montesquieu, Cesare Beccaria, Pietro Verri.
 Nel 1957 va a Roma, dove lavora presso il Ministero della pubblica istruzione,
ma l'esperienza dura un anno. Torna a Caltanissetta con la famiglia, dove
diventa impiegato di un ufficio del Patronato scolastico.
 Nel 1967 si trasferisce a Palermo per seguire negli studi le figlie e per
scrivere. Due anni dopo inizia la sua collaborazione con il Corriere della
Sera.
 A metà degli anni Ottanta gli viene diagnosticato il mieloma multiplo. Va a
Milano per curarsi: qui continua la sua attività di scrittore. Muore nel 1989 a
Palermo.

IL GIORNO DELLA CIVETTA (1961, EINAUDI)


Lo spunto per il romanzo venne allo scrittore da un episodio reale di cronaca
→ l’omicidio del sindacalista Accursio Miraglia per mano della mafia (Sciacca
1947) → l’ispirazione a fatti reali e di cronaca è un elemento tipico della
scrittura di Sciascia.

Il giorno della civetta esce per la prima volta nel 1960 sulla rivista «Mondo Nuovo» e
l’anno successivo viene pubblicato dalla casa editrice Einaudi.

 civetta → è tratto da un passo dell’Enrico VI di Shakespeare → come la


civetta / quando di giorno compare → Sciascia spiega che il riferimento è
al fatto che la mafia una volta agiva in segreto, era un animale notturno
come la civetta, mentre oggi ha raggiunto ormai un potere talmente
grande da poter agire alla luce del giorno: da qui il titolo.

La storia si svolge in nove giorni e si apre con un omicidio → mentre sta per
salire su un autobus pieno di persone viene ucciso Salvatore Colasberna, piccolo
imprenditore locale che possiede un’impresa edile.
Di fronte al cadavere, le persone sull’autobus spariscono velocemente, mentre
l’autista e il bigliettaio si mostrano reticenti alle domande dei carabinieri.
Il capitano Bellodi ha l’incarico di svolgere l’indagine, ma si scontra con l’omertà.

Il commissario Bellodi capisce che l’omicidio è legato al fatto che Colasberna con la
sua impresa edile non si fosse adattato al sistema di potere della mafia.

Intanto a Roma, assistiamo alla conversazione tra due politici, uno dei quali si
lamenta dell’indagine che Bellodi sta portando avanti, rendendo chiaro che gli
omicidi su cui il capitano sta investigando sono di natura mafiosa e che la

174
politica non ha interesse nel trovare il colpevole e anzi preferirebbe che il caso
venisse insabbiato.

Nelle ultime pagine del libro il capitano Bellodi, nonostante la delusione,


esprime la volontà di tornare in Sicilia e continuare a combattere contro i mali
di quella terra.

STILE
Una particolarità del romanzo è l’alternarsi di capitolo narrativo e uno dialogico
→ entrambe le tipologie di capitoli hanno un proprio filone logico, costituiscono quasi
due segmenti distinti e si concludono con due capitoli narrativi.

 Le parti dialogiche hanno degli interlocutori anonimi, sta al lettore


sforzarsi per capire quale dei personaggi sta parlando

 l’espediente dell’anonimato (essendo un romanzo di denuncia) serve


all’autore per tutelarsi da possibili conseguenze penali.

All’apparenza Il giorno della civetta si presenta come un romanzo giallo, tuttavia è


soprattutto un romanzo di denuncia → Sciascia si schiera infatti contro: il clima
di violenza e intimidazione creato dalla mafia in Sicilia; l’omertà dei siciliani,
che attraverso il loro silenzio permettono e favoriscono il potere della mafia; i politici,
che spesso sono complici della mafia, coprendo i crimini dei ma osi per trarne
vantaggi personali. È il primo romanzo a denunciare la mafia.

All’inizio degli anni Sessanta per molti la mafia non esisteva, nemmeno il governo
ammetteva la sua esistenza e poche o nessuna azione veniva compiuta contro
questo fenomeno.
Con Il giorno della civetta per la prima volta un’opera letteraria affronta questo
tema, denunciando apertamente la ma a e svelando i meccanismi di questa
organizzazione criminale e le complicità che la rendono possibile → può anche
essere de nito come un romanzo impegnato.

ELSA MORANTE

 1912: Nasce a Roma


 1936: conosce Alberto Moravia che sposerà nel 1941.
Nello stesso anno viene pubblicato anche il suo primo libro, Il gioco segreto,

175
in cui è raccolta una piccola parte della vasta produzione narrativa destinata
ai giornali.
 1943: inizia a scrivere il suo primo romanzo Menzogna e sortilegio,
interrompendo tuttavia la stesura verso la fine della Seconda guerra
mondiale, per seguire il marito, indiziato di antifascismo, sulle montagne di
Fondi, in Ciociaria.
 1944: ritorna a Roma, ma intanto il suo complicato e difficile rapporto con
Moravia alterna momenti di comunicazione intensa ad altri di distacco e
malessere.
 Nei primi anni Cinquanta Morante collabora con la Rai, scrive il racconto Lo
scialle andaluso e lavora alla redazione del suo secondo romanzo L'isola di
Arturo (1957) → Premio Strega.
 Ammalatasi in seguito ad una frattura al femore, subisce un intervento
chirurgico, e trascorre gli ultimi anni di vita a letto, non potendo più
camminare.
 Muore nel 1985

OPERE
MENZOGNA E SORTILEGIO (1948) → il romanzo è caratterizzato dalla sottigliezza
dell’indagine psicologica e l’analisi della vita familiare della storia tormentata di
una donna, Elisa, che rivive in prima persona il dramma di una vita familiare vissuta
tra mille difficoltà ed incertezze.
È un romanzo tutto al femminile, perché, in ultima analisi, gli uomini si rivelano
dei vinti → lo è Francesco, lo è Edoardo, entrambi sconfitti da debolezze di
carattere e mali incurabili.

L’ISOLA DI ARTURO (1957) → racconta la storia di Arturo e della sua prima


adolescenza, dei suoi primi amori e delle delusioni familiari; si tratta di un
romanzo di formazione, quindi, e di un'opera che presenta caratteristiche che
l'allontanano totalmente dallo stile e dai temi del neorealismo, avvicinandolo
piuttosto a una fiaba in cui si incontrano atmosfere irreali e dal sapore quasi mitico.

- La prima parte del romanzo, quella che racconta gli anni dell'infanzia di
Arturo, descrive un'ambientazione staccata da qualunque ancoraggio
storico mentre, con l'evolversi della vicenda, sono proprio la quotidianità, il
conflitto, la realtà a fare irruzione nella vita di Arturo sconvolgendola,
costruendo una narrazione in cui ogni esperienza determina un momento di
crescita che assume un valore simbolico

ERMETISMO
Tre generazioni poetiche → la divisione per generazioni nasce da Magrì →
identifica questi tratti caratterizzanti

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 Prima generazione → poeti nati tra 1883-1890 → nascita della fine
dell'ottocento e che quindi raggiungono una maturità agli inizi del novecento →
caratterizzati da una dimensione orfica della realtà.
-Una poesia rivolta al passato, soprattutto quello mitico

 Seconda generazione → nati tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del novecento
→ è difficile, soprattutto per Quasimodo che ha una varietà formale e tematica
tra le poesie prima della guerra e quelle dopo, individuare un tratto
caratterizzante, però si può individuare una dimensione onirica e mitica.
-Poesia come punto d'incontro la dimensione sensibile e quella
spirituale.
-Una concezione del mondo sacrale → mondo come creazione divina.
Questa è la generazione più influenzata dall'ermetismo perché raggiunge la
maturità negli anni 30

 Terza generazione → nati tra il 1906 e il 1915 → si dividono in:


 Elegiaci → guardano alla terra con distacco, senso di sradicamento e si
rivolgono alla fanciullezza come periodo di incanto, che si può attingere
solamente con il ricordo
 Ermetici → continuano la lezione di Quasimodo, guardano alla poesia come
strumento di conoscenza meta sica e considerano la fanciullezza

POESIA ITALIANA DEGLI ANNI '30


Anni ‘30 → avvento del fascismo → ai poeti si incarica di guardare in versi alla
realtà. Si aprono due strade: o di opposizione al regime (non è possibile) o di
silenzio.
Una poesia che travalica la storia e il presente, anche l'impegno nei confronti
dell'attualità, per cercare un contatto con una dimensione atemporale, una
dimensione meta sica che va oltre le contingenze terrene.
Poesia rarefatta, estranea ad un tessuto logico o ragionativo, arte come
intuizione pura.

La poesia non ha un tema → poesia atematica → il rischio è di una poesia che si


riduce al puro suono, che suggerisce ed evoca piuttosto che definire.
Il linguaggio si fa indeterminato, astratto e volutamente prezioso.

Rispetto alle avanguardie, che avevano implicato una rottura del linguaggio poetico,
qui abbiamo un ritorno alla tradizione → viene ampliato il lessico di Petrarca

Giudizio di Francesco Flora → considerava ermetica, cioè chiusa, questa poesia


aristocratica.

L’ermetismo era sinonimo di “poesia oscura”, incomprensibile senza necessità.


Il centro della poesia è Firenze, in cui la poesia viene ampliata da suggestioni
neoplatoniche e dallo spiritualismo cattolico.

177
ESTREMISMO POSTSIMBOLISTA → riprende dei caratteri però li porta all'estremo

- Far corrispondere al particolare, l'universale


- Le parole devono tendere al massimo di assolutezza:
 Indeterminazione ed astrattezza
 Eliminazione degli articoli
 Omissione dei nessi grammaticali e sintattici
 Eliminazione dell'elemento razionale
 Uso assoluto del sostantivo
 Sintassi nominale
 Frequenti termini astratti

Recupero del significato etimologico delle parole → radice originaria delle


parole.
Risalita delle radici dell'essere in cui l'essere si identifica con il linguaggio.
Gli ermetici riescono a superare e andare oltre la storia, la quale non può più essere
affrontata, risalendo le radici ontologiche dell'essere

PRINCIPALI POETI ERMETICI:

Mario Luzi Piero bigongiari Salvatore Quasimodo

Erroneamente definiti ermetici:

- UNGARETTI (che pure ne anticipò alcuni temi e forme)


- MONTALE (che se ne dissociò pubblicamente)

NOVECENTISMO E ANTINOVECENTISMO
Novecentismo=> poetiche dell’interiorità, autonomia dell’arte, rivendicazione
della sua purezza.

Officina(1955)=> rivista redatta da Pasolini e altri poeti e critici come Roberto


Roversi.

- Aspirazione a una poesia diversa ( antinovecentismo ): testi poetici lunghi


che affrontano rabbiosamente momenti della storia e della cronaca,
sperimentalismo e «nuovo impegno», recupero dei «maestri in ombra»
(Rebora, Sbarbaro, Saba), attenzione alla poesia in dialetto.

Primo numero di Menabò, rivista diretta da Vittorini e Calvino (1961), ospita una
Visita in fabbrica di Sereni.

1959, Fortini, Saggi italiani: «poesia del transito », interpretata da Montale, Luzi,
Sereni nei termini di pellegrinaggio esistenziale: « poesia della contraddizione »,
espressa dall’urto con la realtà di Pavese,

Pasolini, Sanguineti, Pagliarani; «la figura dell’avvento » si pone come «tensione


verso un avvenire risolutivo e apocalittico, la si scorge in filigrana per entro le

178
due figure precedenti perché vive propriamente nella immobilità e nel
mutamento, è postulazione rivoluzionaria, coniugata al futuro, è diniego del
presente, sentito, in ogni momento, come passato e come nullità»

MARIO LUZI

 Nasce a Castello (Firenze) nel 1914.


 Nel 1932 si iscrive alla facoltà di Lettere all’università di Firenze, dove stringe
amicizia con Carlo Bo e altri giovani → costituiscono il nucleo originario
della rivista “Il Frontespizio”
 1935 → pubblica la sua prima raccolta poetica: La barca (fase ermetica)
 Dal 1943, interrompe momentaneamente la sua attività lavorativa.
 1940 → pubblica la raccolta Avvento notturno → poesie influenzate dal
simbolismo francese
 1957 → Onore del vero/ 1978 → Al fuoco della controversia=>
superamento della stagione ermetica, partecipazione alla realtà con un
taglio prosastico e dialogico
 1990 → Frasi incise di un canto salutare=> Ultima stagione poetica
testimonia il mistero gioioso della vita in un discorso fluente e
frammentato.

POETICA
Può essere suddivisa in tre fasi:

 la prima comprende la produzione degli anni ‘30-’40 → si tratta di poesia


ermetica influenzata dal simbolismo francese
 la seconda fase comprende le raccolte Primizie del deserto (1952), Onore del
vero (1957), e Dal fondo delle campagne (1965) e quella del 1971.
Su fondamenti invisibili; aumenta l’inquietudine e l'amarezza dei testi, in cui
vengono descritti paesaggi angosciosi e tetri, in cui il poeta sembra
aggirarsi nella ricerca vana del senso della vita
 la terza fase → Luzi adotta uno stile più prosastico nei suoi componimenti
e si concentra in particolare sul ricordo nostalgico della giovinezza

 Poesia come evocazione del mistero: umile ricerca metafisica della verità.
 Poesia simbolista e surrealista (Verlaine, Rimbaud); Ungaretti; Ermetismo:
lingua nuova e differente dal linguaggio comune, scavo personale, grande
perizia tecnica.
 Realismo: riconoscimento (e riconoscenza) della propria fragilità come dono.
Approdo religioso, poesia come preghiera.

“VOLA ALTA PAROLA”

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Si rivolge direttamente alla parola poetica → dialogo tra il poeta e la sua
poesia.
Alla parola non viene chiesto di astrarsi, come per la poesia ermetica.
È la tensione a tenere insieme l'alto e il basso, il cielo e la terra.

Ma questa parola per significare deve accompagnarsi con l'uomo → la poesia


non può essere astratta, ma deve essere nutrita dall'uomo.
Il poeta esorta la parola a volare alta, a toccare gli estremi opposti (nadir e
zenith), a espandersi in tutta la sua esuberanza.

Il componimento diviene così una dichiarazione di poetica → la parola poetica


viene invitata a manifestare tutte le sue possibilità, ad attingere gli infiniti significati
che le sono propri.
Nell'ultimo verso il poeta pone un dilemma (modulo delle due interrogative): La
più profonda natura della poesia è giungere all’anima, cioè all’essenza più profonda
delle cose? Oppure è esprimere la sofferenza delle cose e dell’uomo? La poesia si
chiude senza risposta.

Il poeta prega la parola di non dimenticarlo, di conservare il ricordo di lui → si


può interpretare questa preghiera come rivolta in Dio: nella tradizione ebraica e
cristiana, infatti, Dio è parola.

GIORGIO CAPRONI

 1912=> Nasce a Livorno.


Visse a La Spezia durante la Prima guerra mondiale.
Completa gli studi a Genova, dove si trasferisce a dieci anni con tutta la
famiglia → Genova sarà città del cuore per Caproni per via della sua
verticalità e della sua apparente irrazionalità; una città lirica, anzi
addirittura «omerica».

180
 L’infanzia di questo poeta fu condizionata da difficili condizioni economiche
 Seconda guerra mondiale → Caproni, richiamato alle armi nel 1939,
viene mandato di nuovo a Genova. Nel giugno 1940 viene inviato poi tra i
monti dell’estrema frontiera occidentale a combattere la fulminea campagna
di Francia.
Finita la Seconda guerra mondiale, torna all’insegnamento che sceglie come
professione di vita.
 Ritornato a Roma, conosce di persona il poeta Carlo Betocchi → forse
l’amico più prezioso di Caproni, lo aiuta a farlo entrare nel vivo della scena
poetica italiana. Anche Giacomo Debenedetti lo aiuta in diversi momenti,
introducendolo alla casa editrice Garzanti dove Caproni pubblica “Il seme del
piangere”, una delle sue raccolte più famose.
 Muore a Roma nel 1990

POETICA
 La musica e la voce è alla base della sua poetica. Caproni prende le
distanze dall’Ermetismo e trova presto la via di una sua originale poetica →
La funzione della poesia risiede innanzitutto nel servire la vita,
adattandosi ai suoi modi, esattamente il contrario della poesia ermetica.
 Poesia costantemente allegorica

Poeta artigiano capace di una grande perizia e tenacia, attento alla musicalità della
sua poesia.

- La rima non ha un valore esornativo, ma suggerisce una terza idea


taciuta.
- Le forme tradizionali vengono decostruire e riusate

Il passaggio di Enea (1956) → a Genova distrutta dai bombardamenti rimane in


piedi la statua di Enea che scappa da Troia, con il figlio tenuto per mano e che porta
in spalla il padre → immagine che rappresenta per Caproni un senso da una parte di
speranza ( figlio), ma dall'altra una missione del recupero del passato (padre)

D'ora in poi le raccolte sono introdotte da una citazione dantesca

Il seme del piangere (1959) → La morte della madre diventa l'occasione per un
evocazione della madre → Caproni non ha conosciuto la madre da giovane.
Il titolo è una ripresa dantesca dal XXXI canto del Purgatorio → Beatrice sta
spiegando a Dante il passaggio all'altra vita, il valore effimero dei beni terreni
(compreso il corpo), e come avrebbe dovuto seguirlo in alto per non perdere l’amore.
È dunque una raccolta che affronta la realtà della morte ma anche la volontà di
trascendenza e di immortalità di chi resta sulla terra

Il muro della terra (1975) → Caproni cerca di trovare un varco verso la


trascendenza e la spiritualità, se non proprio verso una religiosità vera e propria.
Il tema è quello della perdita e della vana ricerca della propria identità, cui

181
s’intreccia quello della morte di Dio
→ Senso che viene costantemente cercato e negato allo stesso tempo → La ricerca
del senso diventa la ricerca di Dio, il quale però viene cacciato.
Dio viene paradossalmente chiamato alla responsabilità del mondo. Viene
chiamato, ma negato e di conseguenza affrontato

Caccia al male → bestia;

Caccia al bene perduto

L'USCITA MATTUTINA
È dedicata alla madre

Uso delle rime→ ina → richiama il nome Annina. Le rime vengono ulteriormente
ampliate dalle assonanze.

La figura della madre è espressa da pochi caratteri ma significativi. Ma soprattutto il


suono dei tacchi.

- Dialogicità interna
- Uso delle parentesi → introducono un ulteriore dialogo interno.
Indicano il carattere verginale della madre → precedente all'avvento del
figlio
- Volto franco → esprime sicurezza

Nella tradizione la donna angelo è fissa → sono gli effetti che genera negli altri
che ci dicono dell'apparizione. Invece qui la gura femminile è dinamica → riuso dei
temi della tradizione letteraria

LO STRAVOLTO
- Gioco tra l'esistere e il non esistere. Nello stesso tempo questo dialogo
con un Dio assente.
- Il poeta che minaccia di spaccare la faccia a Dio
- Rima tra piaccia e faccia e Dio e io
- Il volto di Dio viene nascosto, ma qui viene declinato con un più prosaico
faccia → intesa come quella dimensione quotidiana, dal lessico comune

LINEA LOMBARDA
Ci riferiamo a quegli autori che appartengono geograficamente alla Lombardia ,
ma che si connettono con una tradizione che nel secondo ‘900 è stata sorvegliata e
messa in evidenza da Dionisotti (un critico) → autore di “Storia e geografia della
letteratura italiana’’, fa notare come, oltre al parlare di storia nella letteratura, cosa
che si fa fin dai tempi di De Sanctis, si può proporre un altro asse, di matrice

182
geografica, che può rappresentare una continuità nella storia. Sovrappone dunque
l’asse diacronico e quello geografico.

Da qui nasce dunque la domanda: è possibile individuare delle continuità, ossia


dei caratteri comuni, ad autori che si richiamano ad uno stesso luogo
geografico? Sì → tra gli autori lombardi notiamo infatti un’attenzione alla realtà delle
cose, un verismo, fin da Bottesini della Riva (1300), passando per la poesia
dialettale (Carlo Porta), Manzoni (padre nobile di questa linea) e, in poesia, Saba e
Montale (non nati in Lombardia ma maestri elettivi perché, per esempio, Montale si
trasferisce e lavora a Milano e scrive per il Corriere della Sera, importantissima
istituzione sociale lombarda).

L’altro aspetto della linea lombarda riguarda il rapporto con l’industria: possiamo
infatti notare numerosi autori che lavorano sia per l’industria che nell’editoria
(Sereni, che lavora per la Pirelli, industria chimica e di gomme, nonché della
trasformazione della plastica, ma anche per la Mondadori, oppure Fortini).

VITTORIO SERENI

 1913=> Nato a Luino (Lago Maggiore)


 1933=> Milano. Qui si accostò alla cerchia di intellettuali che facevano capo al
filosofo Antonio Ban e divenne amico della poetessa Antonia Pozzi. Si laureò
in lettere e cominciò a lavorare come insegnante di italiano e latino nei licei
milanesi. Frequentava intanto l’ambiente di letterati e artisti che facevano capo
alla rivista Corrente.
 Nel 1941 pubblicò con le edizioni di Corrente il suo primo libro di versi
Frontiera
 Richiamato alle armi, come ufficiale di fanteria, venne fatto prigioniero dagli
inglesi in Africa settentrionale e fu perciò recluso per due anni in campo di
prigionia, tra Algeria e Marocco. Tali vicende ispirarono le liriche del Diario
d’Algeria (1947). Finita la guerra,
 Sereni riprese l’insegnamento liceale, che lasciò per lavorare prima
all’ufficio stampa della Pirelli e poi come dirigente editoriale alla Arnoldo
Mondadori. Dopo alcuni anni di silenzio poetico, nel 1965 uscì il suo terzo
libro Gli strumenti umani
 1981 → Stella variabile. Sereni fu autore anche di prose saggistiche e di
memoria e di traduzioni poetiche.
 Morì a Milano nel 1983.

CARATTERISTICHE DELLA POESIA DI SERENI


 Messa in crisi dell’io lirico tradizionale, accompagnato dalla presenza di
altri interlocutori (si rivolge a sé stesso e ad altri).

 Attraversa numerose fasi:

183
 Ermetismo → campo necessario da attraversare per raggiungere la poesia
dell’impegno, del realismo del secondo dopoguerra;
 Esperienza della guerra e della prigionia in Algeria → segnerà uno scatto;
proverà infatti un costante rammarico per non aver potuto partecipare alla
Resistenza, per la mancata partecipazione alla storia. In pratica il blocco
della prigionia gli impedì di andare in campo e agire.
 Fase di Strumenti umani → tema della contraddizione del presente, che
deve fare i conti con l’industria;

Stella variabile → in cui l’uomo e il poeta perdono le coordinate di riferimento per


comprendere il mondo.

1 FASE → FRONTIERA (1941)


Il titolo ha un valore reale e un valore simbolico → da una parte si riferisce alla
frontiera tra Italia e Svizzera presso cui è situata Luino (paesaggio che domina le
liriche della raccolta) → l’Italia viene vista come chiusa, autarchica, fascista,
mentre l’Europa è caratterizzata da esperienze varie e offre speranze; dall'altra
parte, la frontiera porta in sé anche l’idea simbolica del confine, del limite, che
segna la realtà intera e la condizione umana → in questo contesto il lago di Luino
rappresenta la realtà nota e la giovinezza, mentre al di là della frontiera c’è lo spazio
dell’ignoto

ECCO LE VOCI CADONO E GLI AMICI… DA FRONTIERA


Il tema del distacco e della lontananza (rispondente all’”assenza” degli ermetici)
qui si esprime nella separazione dagli amici e dalla donna amata, perduta e
richiamata alla memoria dopo anni, e si traduce in un’evocazione lirica chiara e
sobria.

Caratterizzata dall’uso di sintassi nominale e paratattica, predilezione per verbi


impersonali e lirismo di fondo.

Qui l’ermetismo è richiamato nell’immagine che non è chiarita, sciolta → è il


lago che separa, che rappresenta la frontiera.
Troviamo il tema della mancata comunicazione, della parola che diventa suono
indistinto che cade; tuttavia rimane la memoria del sorriso, limpido ma funesto.
C’è anche la presenza del tu femminile, ma non specificato.

Sicuramente troviamo l’influenza di Montale delle Occasioni. Rapisce=sottrae


/allontana dallo sguardo.

2 FASE → DIARIO D’ALGERIA (1947)


È un diario a posteriori, in cui le poesie già scritte vengono ricostruite ,
rivisitate e ricollocate in un orizzonte diaristico.

184
Il libro è suddiviso in tre sezioni

- la prima è dedicata alle esperienze di guerra precedenti la cattura del


poeta, in particolare alla campagna di Grecia;
- la seconda parte è il vero e proprio diario della prigionia in Algeria, presso
Orano;
- la terza, intitolata Il mal d'Africa, raccoglie altri testi legati all'esperienza della
guerra e della prigionia.

Il sentimento dominante nell'opera è quello della lontananza da tutto → una


segregazione di cui il poeta (morto alla guerra e alla pace) soffriva profondamente;
tra l'altro egli patì moltissimo di non poter partecipare alla Resistenza.
Accanto al rimpianto per la giovinezza perduta e per la cocente sconfitta
esistenziale, si precisa il grande tema dell'identità minacciata, dell'insicurezza,
della crisi esistenziale originata dalle ferite della storia → la crisi vorrebbe
risolversi nella poesia, ma il tentativo di rimarginare la ferita non riesce: il poeta
proclama di essere incompleto per sempre.

NON SA PIÙ NULLA, È ALTO SULLE ALI


La poesia è datata “giugno 1944” e si riferisce allo sbarco in Normandia delle
truppe alleate anglo-americane, in cui il primo ferito venne trasportato in aereo in
soccorso. Questa notizia raggiungerà Sereni via radio mentre è coricato in cella.
Da qui verrà mitigata l’immagine attraverso l’angelo trasportato dalle ali (il ferito
trasportato in aereo) → il poeta immaginò che di notte, proprio durante lo
sbarco, nel dormiveglia, un'ombra gli si avvicina e gli sussurra di pregare per il
destino dell'Europa libera dalla presenza nazista.

Ma ormai il poeta è incredulo ad ogni speranza, indifferente a tutto


Notiamo il rammarico, la malinconia, la vergogna.
Nel momento in cui c’è la liberazione da parte degli alleati, il poeta è bloccato sulla
soglia, né vivo né morto , senza scelta, morto alla guerra e alla pace.
L’unica consolazione risulta essere la poesia, la musica, il fruscio delle tende
che sbattono sui pali.

NEOAVANGUARDIE

➔ Gli anni ’60 costituiscono un discrimine, perché nel ’63 ci sarà la


neoavanguardia, caratterizzata dal desiderio di introdurre nella poesia e nella

185
letteratura le innovazioni che la società neo-capitalista sta attraversando,
usando collage, presa diretta, plurilinguismo (Sanguinetti).

Secondo la neoavanguardia la realtà può essere registrata mimeticamente,


quasi senza essere analizzata: se la realtà è caos, la letteratura deve mostrare
e registrare il caos, e così via col plurilinguismo.

Alla base troviamo l’idea che la realtà sia cambiata così velocemente che se si
prova ad analizzarla cambierà durante l’analisi. In questo modo però si cancella
l’io lirico, che viene abbattuto, scisso, a differenza della visione uni cante
precedente.

Tra l’avanguardia storica e la neoavanguardia di fatto cambia proprio la posizione


del poeta, che nel futurismo, per esempio, era in prima linea.

La posizione neoavanguardista tuttavia non apparterrà né a Sereni né a Fortini, ma


preparerà il ’68, con l’apertura dell’universalità a tutti, che porterà al
referendum sul divorzio, sull’aborto.
Queste esperienze saranno vissute con consapevolezza dai poeti precedentemente
citati perché lavorano e sono parte dell’editoria. La fabbrica, inoltre, si con gura
come luogo delle contraddizioni, perché luogo di fatica e sfruttamento, ma anche
luogo di creazione del benessere.

GLI STRUMENTI UMANI (1965)


La raccolta segna una svolta nella produzione poetica dell’autore → rappresenta una
nuova esperienza letteraria in cui la materia tematica e lo stile del poeta si
aprono a una maggiore volontà comunicativa e si rendono sempre più
disponibili ad un contatto con il mondo esterno nella propria oggettività e, al
contempo, nella propria “impurità”.

strumenti umani → i mezzi attraverso i quali l’uomo entra in contatto con il


mondo ed alludono alla capacità progettuale dell’uomo e alla sua attitudine ad
incidere sul reale:

vengono scelti dunque perché indicano quegli espedienti con cui l’uomo affronta
l’esistenza e il destino, includendo anche la stessa poesia → lo “strumento” di lavoro
del poeta.

L’attenzione della poesia all’apertura verso il mondo comporta inoltre delle


implicazioni riguardanti la relazione dell’io con l’altro → l’io poetico è infatti
chiamato anche ad un’interazione con la presenza/assenza altrui. In particolare,
la poesia degli Strumenti umani è disposta ad accogliere al suo interno molte altre
“voci” che interagiscono fra loro e si sommano a quella dell’io lirico → le voci
rivestono la funzione di fornire al soggetto una nuova visione delle cose, uno
sguardo sulla realtà che permette di dare al mondo una connotazione simbolica
nuova → ruolo centrale della comunicazione e del dialogo.

186
Però gli strumenti umani hanno anche un’accezione limitativa → essi alludono
anche ad una loro insita manchevolezza, rappresentano un’incolmabile distanza
tra l’io e il mondo, un’inadeguatezza nell’essere completamente immersi nella
vita, nella società, nei rapporti umani.

La stessa poesia è testimonianza della mancata possibilità di una vera


interazione con il mondo e riflette una condizione umana incompleta, dubbiosa,
che assume consistenza solo dal contrasto con ciò che invece possiede una solida
realtà.

AMSTERDAM
La serie Dall'Olanda è composta da un diario di un viaggio olandese. Sullo
sfondo della città campeggia la memoria di Anna Frank → Sereni commenta però
che la sua memoria non deve annullare quella di tante altre vittime.

- Amsterdam è un’altra città di acque, che viene utilizzata come proiezione


della memoria della Shoah. La casa di Anna Frank viene scoperta quasi per
caso. I luoghi e i tempi, invece, sono precisi, caratteristica della linea
lombarda.
- Troviamo il dialogismo col tu, col compagno. Come sempre, il tema della
guerra viene vissuto con rabbia; qui però vengono messe in luce le tante voci
perdute, che non hanno trovato il tempo e il modo della scrittura, a differenza
di Anna Frank.
La città stessa può diventare una grande pagina, perché il poeta si
incaricare di ricordare coloro che non hanno potuto lasciare la propria
memoria.
- Il simbolo della memoria mancata diventano i canali, dove venivano
gettati i corpi.

NON SA PIÙ NULLA, È ALTO SULLE ALI


La poesia è dedicata al rapporto tra letteratura e industria. Viene rievocato il
ricordo di una visita fatta da Sereni a una fabbrica

Prende spunto da un particolare secondario, il fatto che le sirene, che danno una
scansione al tempo della fabbrica e che rendevano ovvio il fatto che ci fosse la
fabbrica alla città, improvvisamente non suonano più.

La poesia si apre con la memoria della sirena della scuola, dopodiché si passa
al presente, con le sirene della fabbrica che tacciono per ordine dei padroni
(linguaggio specifico della fabbrica), contro cui combattono gli operai.
Rendere mute le sirene significa infatti rendere muto il suono di pena che si sente
nei luoghi di fatica, come se significasse che non c’è più fatica e sofferenza.

C’è anche una forma di attenzione alla fatica produttiva della fabbrica, che
nasce dal lavoro delle mani e produce un oggetto per altre mani; c’è quasi una

187
sorta di orgoglio per la civiltà delle macchine.
Anche la fabbrica infatti ha un potere attrattivo per il poeta perché la sirena,
che apre e stimola la poesia, è sia il suono, ma anche la gura che attrae Ulisse
col canto.

Dell’organizzazione del lavoro nella fabbrica ciò che colpisce maggiormente il poeta
è la catena di montaggio, la quale inserisce ogni operazione, ogni singolo gesto da
parte degli addetti, in un ben definito ciclo di lavorazione (v. 37) → gli operai sono
visti come ridotti essi stessi ad automi → così spersonalizzati, ridotti all’atto
che compiono, i lavoratori cessano di essere soggetti liberi e singolari, e
regrediscono al rango di “strumenti umani”

GESUALDO BUFALINO

 1920: Nasce a Comiso (Ragusa).


Sin da bambino Bufalino dimostra di avere dimestichezza con il mondo della
parola e della scrittura, è affascinato dai dizionari e dalle antologie
poetiche presenti nella piccola biblioteca del padre.
 1939: Bufalino vince per la Sicilia un premio di prosa latina sull'orazione
Pro Archia di Cicerone, bandito dall'Istituto Nazionale di Studi Romani.
Sono questi gli anni della scoperta della letteratura europea, della lettura
dei grandi classici francesi e russi, della passione per Baudelaire →
Bufalino scrive versi influenzati dalle letture compiute e i suoi interessi
culturali sono completati dalla grande attenzione per il cinema.
 1950: inizia una lunga elaborazione del romanzo Diceria dell'untore, ma non
va oltre l'abbozzo.
 1971: completa la stesura di Diceria dell'untore e ha inizio una decennale
revisione dell'opera.
Solo nel 1981 Bufalino si decide a pubblicarlo, e riscuote un grande successo.
 Nel 1988 vince il Premio Strega col romanzo Le menzogne della notte .
 Muore nel 1996 a causa di un incidente d'auto.

DICERIA DELL’UNTORE
Si tratta di un vero e proprio capolavoro, scritto in un linguaggio difficile, che
richiama quello della Sicilia barocca dove, tra una chiesa maestosa e lucente e un

188
vicolo malfamato e oscuro, si incrociano continuamente vita e morte, dando
origine a manifestazioni collettive di inalterata attrattiva e complessità.

La storia, ambientata nell’estate del 1946, parla di un giovane reduce dalla


Seconda Guerra mondiale che si ammala di tubercolosi e viene confinato nella
Rocca, un sanatorio posto nella Conca d’Oro.
Molti sono i personaggi che animano il lazzaretto, ciascuno dei quali rappresenta un
diverso modo di concepire la vita e l’attesa della morte.

Il protagonista, che aspetta il suo turno con lucida consapevolezza e quando


guarirà avvertirà un disagio interiore, causato dalla sensazione di tradimento
del patto tra morenti stabilito con i compagni della Rocca.

TEMI
La malattia e la morte sono raffigurate come elementi caratteristici della
condizione umana
→ la malattia: testimonianza visibile di una differenza interiore; la morte, pur
concepita come scandalo che interrompe il cammino, offre all’uomo la possibilità
di un confronto che lo coinvolge in tutta la sua complessità → confronto che
non ammette riduzioni, totalitario e dispotico.

POST-MODERNISMO

CONTESTO

189
Zygmut Bauman parla di 2 modernità:

- MODERNITÀ SOLIDA=> sistemi sociali ordinari e solidi rappresentati dai


totalitarismi del Novecento=> adeguare la realtà ad un modello razionale ed
etico di perfezione, garante della sicurezza e felicità universale

- MODERNITÀ LIQUIDA (verso fine ‘900)=> crollano tutte le certezze e punti


di riferimento: crollano le ideologie, la verità non è più univoca=> ognuno
può fabbricarsi la propria morale, tutto diventa instabile, si cade in un crollo
psicologico ed esistenziale di confusione e incertezza.
Ci si aggrappa al consumismo (shopping) e al bisogno di apparire per
vincere l’angoscia.

INDUSTRIA CULTURALE

- La letteratura entra nel mondo del mercato

- L’editoria cambia volto=> cerca di intercettare i gusti e le curiosità dei


lettori=> punta più ai “libri vendibili” che ai “libri letterariamente
credibili”

- Tramonta la stagione degli intellettuali nell’editoria

CARATTERI DEL POST-MODERNISMO


 Nasce negli anni ‘70=> presa di coscienza di una nuova epoca
 Ripresa ludico-combinatoria (gioco combinatorio) della tradizione
- Citazioni
- Calchi
- Riscritture

 Esperienza dell’OULIPO (Ouvroir de littérature potentielle)


- Evidenzia la dimensione strutturale delle opere=> non si deve occultare il
telaio delle singole parti ma esibirlo.
- Letteratura come macchina dalle potenzialità inesauribili, in grado di produrre
testi a piacere fornendo tutte le combinazioni possibili dei materiali in partenza.

 Esempi di post-modernismo:
- “Se una notte d’inverno un viaggiatore” (Calvino), inaugura la letteratura post-
moderna in Italia
- “Il nome della rosa” (Eco)

UMBERTO ECO (1932-2016)

190
 1954: si laurea in filosofia con una tesi su San Tommaso d’Aquino.
Entra in RAI, fondamentale per osservare da vicino alcuni meccanismi
della nascente comunicazione di massa.
Collabora con diverse riviste letterarie, tra cui “Il Verri”, attorno alla quale si
raduna il nucleo originario del "Gruppo 63", cui poi Eco parteciperà
attivamente.
 1959: diventa condirettore editoriale dI Bompiani, con cui inaugura un lungo
sodalizio culturale ed intellettuale.
 1962: pubblica il saggio Opera aperta, in cui riflette sulla natura delle opere
d’arte contemporanee (sintomaticamente "aperte" e non concluse) e sui criteri
della loro interpretazione e fruizione.
 Pone le basi alla formazione del "Gruppo 63", movimento teorico e
letterario d'avanguardia, che si richiama a idee del marxismo e dello
strutturalismo francese.

 Interesse per la semiotica e la sociologia.


Presenta le sue ricerche in due importanti saggi:
- il Diario minimo (1963), una raccolta di saggi brevi sulla cultura di massa e,
- 1964, Apocalittici e integrati, in cui Eco entra nel dibattito sulla cultura di
massa tra coloro che accolgono acriticamente la nuova cultura dei
grandi media e quegli intellettuali che invece se ne distaccano sdegnati,
percependola come una minaccia ai valori veri ed "alta" della loro
formazione.

 professore di Semiotica presso l'Università di Bologna dal 1971


 1980: “Il nome della rosa”=> bestseller

- l'attenzione per forme d'arte quali il cinema o il fumetto .

- Si occupa di attualità scrivendo su diversi quotidiani e periodici, tra cui “la


Repubblica” e “L’Espresso”, e, nel corso degli anni, ha tradotto testi teorici e
narrativi (tra cui, nel 1983, gli Esercizi di stile di Raymond Queneau).

IL NOME DELLA ROSA (1980)


Eco era fino ad ora stato un saggista e semiotico; infatti, in una fascetta riprende una
citazione riprendendola e capovolgendola “ciò che non si può spiegare va
raccontato" nata dalla citazione "ciò che non si può spiegare va taciuto".

NARRATORE: Il romanzo si apre con: "Naturalmente, un manoscritto": troviamo


quindi il topos del manoscritto ritrovato (trouvanille) usato anche a Manzoni per
l'inizio del suo racconto.

Il “naturalmente” sottolinea che il pubblico ha letto libri, la cultura è un elemento


consolidato quindi secondo Eco con l'arrivo del post-moderno essendo la

191
conoscenza di tutti, non si scrive più con innocenza perché si utilizzano gli
stessi schemi e le stesse parole, non ci si inventa un'innocenza ma ci si
presenta per quello che si è, essendo già utilizzato, questo gioco di citazioni
rende implicito che il lettore già sa il riferimento (logica del manoscritto).

TRE LINEE TEMPORALI

 1978➔ “Ho incominciato a scrivere nel marzo '78” (rapimento Aldo Moro)
 1968➔ “Il 16 agosto 1968 mi fu messo tra le mani un libro dovuto alla penna
di tale abate Vallet, Le manuscript de Dom Adson de Melk”.
Eco mette in evidenza che trova il manoscritto nel 1968 con l'invasione di
Praga, gli italiani scoprono il carattere totalitario dell'URSS che seda il
tentativo di libertà di Praga.
 TRADUZIONE DI UNA TRADUZIONE: Eco traduce l'abate Vallet traduce
Mabillon che ha riprodotto il manoscritto di Adso di Melk;

1327➔ “Quanto all'epoca in cui si svolgono gli eventi descritti, siamo alla fine
del novembre 1327” (possibile riferimento alle discussioni politiche relative al
terrorismo degli anni di piombo in Italia).

Inizialmente Eco pensava di ambientare questa invenzione, che ruota attorno la


morte di un monaco per avvelenamento, nel contemporaneo; poi preferisce
ambientarla nel passato e il passato che conosce meglio è il Medioevo.

Il 1327 è un anno di snodo a proposito degli scontri tra il Papato e l’impero, questa
scelta gli consente di mettere in scena alcuni personaggi storici.

Tutti i segnali all’interno del nome della rosa ci dicono che siamo di fronte a un
romanzo storico (orizzonte d’attesa). Il romanzo storico mescola storia e
invenzione, elementi finzionali ed elementi che appartengono a una realtà extra-
testuale. Nel caso del nome della rosa, la scelta del 1327 è obbligata dalla
cosiddetta enciclopedia storica, una serie di fatti ed eventi.

INCASSAMENTO DEI PIANI NARRATIVI

Questo gli ha permesso di risolvere il problema di natura narratoria del romanzo


storico, di spiegare tutti gli eventi storici: si serve dell’interruzione attraverso delle

192
domande da parte del personaggio Adso,che fa le domande perché è giovane
e Guglielmo spiega.

Allo stesso tempo Adso anziano, riporta le vicende unendole nella narrazione.
Adso è la voce di un narratore intradiegetico con valore testimoniale e non di
coscienza critica

EFFETTI DELLA MOLTIPLICAZIONE DEI PIANI NARRATIVI: l'autore si


allontana dalla narrazione, può mettere in essere tutta una serie di procedimenti
ironici e nello stesso tempo può usare più maschere per celare la propria
presenza.

MOLTIPLICAZIONI DEGLI INCIPIT

 Il primo incipit è “naturalmente un manoscritto

 Il secondo è l’inizio della narrazione di Adso anziano: “In principio era il Verbo
e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio”;

 Il terzo incipit è quello che dà inizio alla narrazione delle prove: Era una bella
mattina di fine novembre”.

ESPEDIENTI NARRATIVI
 LA FUNZIONE ADSO= evitare il rischio del "salgarismo": essere didascalici
senza dare l'impressione (stile del cronista medievale);

 dialettica tra Adso giovane che vive la storia ed Adso anziano che la
racconta

 Adso Watson (narratore delle vicende) / Guglielmo Sherlock Holmes


(citazione all’investigazione forse più famosa del detective (Il mastino dei
Baskerville). Lo avvicina al personaggio per il metodo investigativo: metodo
deduttivo, basato sulla ragione e la scienza per arrivare ad accertare la
verità)

193
MOLTEPLICI LIVELLI DI LETTURA
• la storia è solo un giallo: delitti e indagini. (pensiero del lettore ingenuo, diverso
dal lettore complice dell’autore che sta al suo gioco: è capace di cogliere le
criptocitazioni, gli anacronismi, le allusioni, le parodie;

• dal giallo poliziesco (scoprire l'assassino dei monaci) al giallo teologico o


metafisico (esiste un ordine nel mondo? l'uomo è capace di riconoscerlo?);

• romanzo a chiave: dietro il travestimento medievale nasconde personaggi e


avvenimenti dei nostri tempi ––(le Brigate Rosse, lo Stato, il fanatismo e la
repressione);

• romanzo storico e l'allegoria del presente;

• romanzo d’idee logico filosofico, in cui vengono messe in scena le teorie


semiologiche dell’Eco saggista (abduzione di Peirce: indica un sillogismo in cui la
premessa maggiore è certa mentre quella minore è solamente probabile);

• il double coding e il post-moderno: ironia, gioco metalinguistico;

• la finta questione dell’opera aperta: Maria Corti parla di chiusura del romanzo,
nel quale vengono rispettate le aristoteliche unità di tempo, di luogo, di azione.

PARADIGMA INDIZIARIO

 Tutti i delitti sembrano collegati dall’Apocalisse.


 Meccanismo del giallo: depistare il lettore.

DUE CONCLUSIONI
- CONCLUSIONE DI ADSO GIOVANE

- L’affermazione che non esiste un ordine nell’universo porta Adso a chiedersi se


«l’assoluta onnipotenza di Dio e la sua assoluta disponibilità rispetto alle sue stesse
scelte, non equivale a dimostrare che Dio non esiste?»
Avverte la tentazione della fuga agnostica in quell’Uno indistinto e informe, senza
opera né immagine.

LA CONCLUSIONE DEL ROMANZO DI GUGLIELMO

• dialettica Guglielmo/Jorge costituisce uno degli assi portanti del romanzo, e si


declina in tutti i temi principali: innovazione vs. conservazione, integrati vs.
apocalittici, riso vs. paura, dubbio vs. fede.

• sconfitta finale di Guglielmo e lezione di apparente scetticismo


(=negazione/dubbio verso la conoscenza umana):
“Forse il compito di chi ama gli uomini è di far ridere della verità, fare ridere la verità,

194
perché l’unica verità è imparare a liberarci dalla passione insana per la verità”.
Guglielmo non invoca la liberazione dalla verità ma dalla sua insana passione,
che ne è come lo specchio deformante e grottesco.

- Conclusione di Guglielmo (risposta che conclude il romanzo di Guglielmo):


“C’è troppa confusione qui”, “Non in commotione , non in commotione
Dominus.” Citazione biblica, dal libro dei Re: Dio si manifesta al profeta Elia che
si trova in una caverna nel monte Oreb, non nel terremoto, non nel fuoco, ma in un
“mormorio di brezza leggera” o meglio, nella “voce di un silenzio sottile”.
Dio agisce nella storia degli uomini ma spesso i segni della sua presenza sono
segreti, nascosti, ed hanno bisogno di silenzio per essere percepiti.

Il Dio che si mostra nel silenzio di Guglielmo è diverso dalla fuga in una divinità
silenziosa e disabitata di Adso: nel caso di Guglielmo si tratta della
consapevolezza della scienza semiotica che riconosce i propri limiti e che poi
sono i limiti di significatività propri del linguaggio ma senza svilire il valore di
strumenti umani.
Dal riconoscimento del limite nasce la confessione accennata, avanzata come
possibilità di una ulteriorità che travalica i confini del dicibile, e che si muove di
nascosto nella storia degli uomini.

INTERPRETAZIONE DELLA CONCLUSIONE DI ADSO ANZIANO

Quando si è conclusa la vicenda, le ultime parole sono “Lascio questa scrittura, non
so chi, non so più intorno a che cosa: stat rosa pristina nomine, nomina nuda
tenemus”: deriva da un testo di Bernardo di Cluny (De contemptu mundi) ed è un
errore, il testo originario dice “Roma” anziché rosa.

«non abbiamo che i nudi nomi, cioè che le nude parole, le quali non dicono nulla
tranne se stesse, non significano nessuna verità.
Un nudo nome è dunque e soprattutto quello della rosa a cui spetta il primo dei
nomi, cioè Dio, che è dunque lo stesso nome del nulla.
La rosa del titolo è dunque Dio e il suo senso è il nulla»

Abbiamo a che fare con i nomi, sappiamo che Eco è un semiologo, e con la rosa, dal
significato così vasto che potrebbe significare tutto e nulla.

Un’altra caratteristica del romanzo Il nome della rosa è la cosiddetta


ipercausalità.

195

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