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. Si differenza
personaggi: l'ereditarietà, l'ambiente sociale e l'epoca storica (determinismo).
VERISMO
In Italia, le tesi francesi si diffusero, negli anni 60 del 800, per
l’influenza di Zola. Si diffusero sia perché vi era l’esigenza nuove
forme di letteratura fondate sul vero come evidenzia Francesco de
Sanctis con le tesi di Zola, ma anche per altre due motivazioni: la
prima è la diffusione delle teorie positivistiche grazie alle opere di
Roberto Ardigò e Villari (saggio ‘La filosofia positiva e il metodo
storico’),la cui auspica che il metodo positivistico venga applicato
a tutti i campi del sapere, col fine di concretizzare le condizioni
sociali ed economiche del paese. L’altro fattore è la presa di
coscienza dei problemi Italiani posteriori all’Unità,in modo
particolare per lo squilibrio tra Nord e Sud, la cosiddetta
‘questione meridionale’ sensibilizzata tramite indagini/denunce
degli scrittori per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle
condizioni socioeconomiche del sud.
Il verismo viene definito negli anni 70 dell’800 per distinguerlo
dal Naturalismo francese, dato che ne riprende molte
caratteristiche come: l’obiettività e impersonalità del racconto che
deve astenersi al vero. I maggiori esponenti,tutti siciliani, sono:
Luigi Capuana (considerato come capostipite e principale teorico
della corrente, dato che è lui a enunciarne i caratteri), Giovanni
Verga e Federico De Roberto.
Nonostante le analogie, sorgono delle differenze: 1) tecnica
narrativa, nel Verismo viene meno la componente scientifica,
infatti l’opera d’arte non è vista come una scienza dei sentimenti,
ma deve essere originale sul piano espressivo, rimane solo la
tecnica dell’impersonalità, 2)l’ambientazione non è urbana come
quella dei veristi, bensì è rurale, i protagonisti sono persone umili
marginati dalla modernità (contadini,pastori e pescatori es
Malavoglia), 3) i Veristi non assumono alcun impegno politico,
infatti ritraggono la realtà nella sua immobilità, perché il compito
dell’autore non è cambiare lo stato delle cose attraverso denunce,
bensì fotografarle con verosimiglianza, tramite delle tecniche
espressive (la voce narrante attribuisce il punto di vista corale dei
personaggi, non utilizzano il dialettico per rivolgersi a tutto il
pubblico bensì usano un italiano accessibile a tutti con degli
inserimenti del parlato locale: proverbi,modi di dire,metafore.)
Nonostante ciò il Verismo, fu poco apprezzato dal pubblico del
1870/80, riprese fama nel 900. La motivazione è l’assenza di un
programma definito,una scuola, che ne provocò diverse
ramificazioni (da autori positivisti Capuana e Verga, a quelli con
gusto provocatorio di denuncia Arrighi e Fontana, e quelli di
tendenza paesana campagnola con Pratesi,Fucini ed D’Annunzio).
ÈMILE ZOLA
Nasce a Parigi nel 1840, dopo gli studi compiuti durante
l’adolescenza, si impiega presso la casa editrice Hachette,e si
occupa anche dell’attività giornalistica, dove spicca la sua essenza
di intellettuale democratico,coinvolto personalmente alle questioni
sociali, come nel caso del ‘affaire Dreyfus’ dove difende un ebreo
dell’esercito francese accusato di spionaggio, di questo Zola viene
arrestato per un anno, si rifiugia in Inghilterra, muore a Parigi nel
1902.
Le opere
Il primo romanzo,celebre, scritto da Zola è ‘Thérèse Raquin’ tratta
la cruda autopsia di un adulterio che termina in delitto e suicidio.
In seguito lavora per un ventennio ad un monumentale ciclo
narrativo costituito da 20 romanzi ‘I Rougon-Marcquart’ sarebbe
<storia naturale e sociale di una famiglia sotto il Secondo impero
(quello di Napoleone 3), attraverso le vicende della famiglia,
sviluppa un affresco della società del proprio tempo con scrupolo
scientifico da un’impotente documentazione(storico sociale e
politico). Definisce questo ciclo ‘naturale’ perché i caratteri fisici
e morali dei personaggi descritti, sono tali per le leggi
dell’ereditarietà , e ‘sociale’ per l’effetto degenerativo della
corruzione di Napoleone 3. Egli sceglie temi di attualità come:
l’alienazione,prostituzione nel mondo teatrale,l’alcolismo,la
malattia e la guerra.
‘Germinale’ è il tredicesimo romanzo del ciclo, descrive la vita dei
minatori negli anni 60 dell’800 nel borgo minerario di Montsou,
costretti a turni disumani per una paga misera, questo ne scaturisce
uno sciopero (alla conquista del pane), stroncato dall’esercito, che
non ferma la loro lotta, infatti dopo varie uccisione ne rimane
salvo l’operario Lantier, che torna a Parigi per continuare le sue
lotte contro le ingiustizie.
ALLA CONQUISTA DEL PANE
Il testo fa parte del 13esimo romanzo ‘Germinale’, del ciclo dei
Rougon-Macquart di Emile Zola.
Tratta il momento in cui i minatori di Montsou (protagonisti)
scioperano a causa della riduzione delle paghe, piegati dalla fame,
la propria esasperazione sfocia in una sommossa verso la casa di
Hennebeau (direttore della miniera), dove stavano tornando da
una gita la moglie del direttore e alcuni amici di famiglia.
Il protagonista è la folla inferocita, esasperata, descritta dall’autore
con deformità dei gesti e dei volti, il punto di vista è quello dei
borghesi e non più dall’alto del narratore onnisciente, borghesi
descritti senza pietà o comprensione come descritti dai loro
sguardi. La narrazione è senza sentimenti, anche se di fondo si
sviluppa una polemica nei confronti dei borghesi da parte
dell’autore con repulsione e cinismo, la marcia dei lavoratori è
descritta con un preannuncio sinistro di sangue e morte (rossa sera
r.37)
LUIGI CAPUANA
Nacque a Mineo (provincia di Catania, verso Caltagirone) nel
1839, da una famiglia di proprietari terrieri. Durante la sua
giovinezza, dopo aver abbandonato gli studi di giurisprudenza, si
dedicò alla letteratura. Non fu da meno l’impegno politico, difatti
fu sindaco due volte nel suo paese natale, e viaggiò diverse volte
tra Milano,Firenze e Roma svolgendo un’intensa attività
giornalistica. Fu amico di Verga, anche se non raggiunse la sua
fama, con lui dà vita al Verismo. Torna a Catania dove svolge la
professione di professore,ed qui che muore nel 1915.
OPERE
Come ho detto precedentemente, con Verga dà vita al verismo, e
per questo Capuana lo si può considerare l’iniziatore e il teorico,
fu traduttore di Zola, e celebre fu la sua recensione sul ‘Corriere
Della Sera’ (1877) dove recensisce il romanzo ‘Ammazzatoio’,
dove ne evidenzia ed esalta la minuziosa osservazione,la
ricostruzione del contesto, la tecnica dell’impersonalità e lo scopo
documentario della narrazione. Segue questi principi nella sua
narrativa, dove spiccano due romanzi ‘Giacinta’ e ‘Il Marchese di
Roccaverdina’. Narra le storie di personaggi segnate da tragici
destini, da ‘persone vinte’. ‘Gacinta’ dedicato a Zola, tratta del
personaggio vinto di una donna, che subì uno stupro in tenera età,
mentre Il marche di Roccaverdina, tratta di un nobile che per
gelosia arriva a commettere un omicidio, infatti egli strinse un
rapporto con una contadina, ma a causa delle convezioni sociali, la
loro relazione non era accettata, quindi per questa nascosta, però
quando la contadina rimase incinta del marchese, quest’ultimo per
non evitare sospetti, fece sposare la contadina con un suo fidato
pastore, Rocco Criscione, pagandolo a patto che egli non si
avvicini alla donna (rapporto di proprietà). Di fronte ad
un’avvicinamento di entrambi, il marchese in preda alla gelosia
uccide l’uomo. Per discolparsi lascia che un’innocente venga
arrestato, ma i sensi di colpa erano così intensi, che decise di
confessare il misfatto, venendo così abbandonato dalla moglie, e
morendo in miseria e follia.
LE INQUETUDINI DI UN ASSASSINO.
Questo testo fa parte del romanzo ‘Il marchese di Roccaverdina’,
in un momento nevralgico del romanzo. L’omicidio del fattore era
già stato consumato, ma ancora l’omicida non smascherato,
dunque Capuana dirige il lettore a comprendere chi sia, si
scoprirà/intuitirà inseguito che è proprio il marchese, perché come
descritto dal testo si rivelano certe inquietudini nei suoi confronti
(r 2-3). Infatti egli ispezionando le sue proprietà, presentava
atteggiamenti diversi dal solito, perché la controlla in modo
distratto, perché assorto nei pensieri. È decisivo il momento in cui
incontra Don Aquilante, che con carattere decisivo, era sicuro di
poter smascherare l’omicida (r 69-70, 76-79), le parole del Don,
portarono il marchese ad avere un calvario
interiore,angoscia,ansia,terrore e sensi di colpa, sentimenti che
respinge cercando di appigliarsi alla sua fede in Dio, ma questo
non fu abbastanza, infatti alla fine questo tormento interiore lo
portò alla pazzia.
GIOVANNI VERGA
Il celebre Giovanni Verga, nacque a Catania nel 1840 (anche se
alcuni sostengono fosse nato a Vizzini) da una famiglia
tradizionale. Il suo educatore (don Antonino Abate) di stampo
tradizionale,dal gusto romantico, influenzò i suoi primi romanzi.
Dopo la spedizione garibaldina, abbandonò gli studi di
giurisprudenza, presta servizio alla Guardia nazionale. Inseguito a
questi impegni militare,si trasferisce a Nord Italia, come a Firenze,
dove entra a contatto con importanti intellettuali, nei caffè e salotti
più raffinati. Di grande rilevanza l’incontro con i pittori
macchiaioli e Luigi Capuana. Sempre durante i mesi a Firenze,
Verga pubblica il romanzo ‘Storia di una capinera’.
Dopo Firenze, la sua tappa fu Milano,dove risedette per un
ventennio, dove entra a contatto con gli ambienti della
Scapigliatura,e legge i romanzi naturalisti francesi. Inseguito al
successo dei romanzi ‘Eva Eros e Tigre reale’, aderisce al verismo
(influenzato dall’amicizia con Capuana e la conoscenza di Zola).
Da questa adesione nascono i suoi grandi capolavori, Rosso
Malpelo, novelle Vita dei campi,I Malavoglia,Novelle rusticane e
Mastro-don Gesualdo, anche se non riscuotono il successo sperato
(leggi libro).
Nel 1893 fa ritorno a Catania, dove si ritira a vita privata, deluso
dal fiasco ottenuto, si allontana dagli ambienti culturali. Si occupa
delle condizioni economiche , e non completa neanche il ‘Ciclo
dei Vinti’. Il suo interesse è invece attirato dalla politica, dove
prende posizioni sempre più conservatrici, aderì al Partito
Nazionalista e appoggiò l’intervento Italiano nella grande guerra.
Dopo anni, inizia a ricevere dei tardivi riconoscimenti critici
nell’ambito letterario, come testimoniano i grandi festeggiamenti
per i suoi 80 anni a Roma, ai quali non partecipa, perché non
interessato ad uscire dal proprio isolamento, neanche per la
nomina a senatore del Regno di Giolitti, lo distacca da questo stile
di vita. Muore nel 1922 a Catania.
LE OPERE
Opere Verga prima verismo
Storia di una capinera: è un romanzo epistolare di trama
sentimentale che uscì nel 1871, tratta la vicenda del personaggio
vinto di Maria che dopo la morte della madre di costretta dalla
matrigna a diventare monaca, però lei si innamora di un giovane
che però sposa la sua sorellastra, alla fine lei muore. Il romanzo
presenta un’indagine scrupolosa sulla vita dei conventi e il
personaggio vinto di Maria che sono aspetti veristi, anche se non è
ancora un romanzo verista.
PRODUZIONE VERISTA
Vita dei campi, vita dei campi è una raccolta di novelle che
inaugurano la conversione verista, infatti oltre ai romanzi furono
celebri anche le novelle, questa raccolta è composta da 8 novelle
tra cui La Lupa e Rosso Malpelo, i temi principali sono l’amore
vissuto come un sentimento lacerante e l’interesse economico
ambientato nella campagna siciliana
Novelle rusticane sono sempre una raccolta di novelle,
nell’esattezza 12 (l’amante di Gramigna,La roba), la differenza è
tra la raccolta di novelle della vita dei campi è lo status dei
personaggi più elevato rispetto alle novelle precedenti, il tema
principale delle novelle è la difesa della roba (ricchezze e
proprietà) e dunque che gli interessi economici sono alla base dei
rapporti umani. (La Roba
mastro Don Gesualdo
VERISMO VERGHIANO
Negli anni 70 dell’800 Verga ebbe una conversione verista per
l’interesse che gli suscitano i romanzi naturalisti di Zola
(l’assomoir) con un’ottica anti-romantica e anti-individualista,
l’autore fa proprie le teorie del positivismo, l’autore doveva essere
scrupoloso come uno scienziato dunque oggettivo e distaccato dal
punto di vista emotivo.
Un’altra motivazione della conversione verista è la questione
meridionale,ossia la drammatica situazione socio-economica della
Sicilia e dei suoi contadini, rispetto al Nord. Come disponeva il
Verismo, Verga utilizza il narratore dell’’impersonalità infatti non
è più onnisciente ma scompare, lasciando che i luoghi e le persone
si introducano da soli, quindi il punto di vista narrante è quello dei
personaggi con la tecnica del discorso indiretto e la tecnica della
regressione utilizzando la lingua siciliana e parlando come ì
protagonisti della storia, quindi parlando come dei contadini così
che l’opera sembro fatta da sé.
Però nonostante ciò l’autore può scegliere di rilevare la propria
presenza con la tecnica dello straniamento ossia che la voce
narrante presenta come anormali o strane delle situazioni
normali,e come normali le situazioni non accettabili, così il lettore
è chiamato ad avere un pensiero critico.
I MALAVOGLIA
I malavoglia è il primo libro (romanzo) del ciclo dei vinti, si
svolge nell’arco di tempo di 12 anni trattando la caduta di una
famiglia, venne pubblicato nel 1881 (anche se introdotto dalla
rivista Fantasticheria), la redazione è lunga e complessa, Verga la
modificò varie volte con nuove stesure confrontandosi anche con
Capuana. Il romanzo composto da 15 capitoli nell’arco cronolico
di 12 anni (1863-1875), narra la storia della famiglia Toscano
(detti Malavoglia) che vivono ad Aci Trezza (Catania), anche se
denominati malavoglia in realtà era dei pescatori molto laboriosi, e
con iniziali condizioni economiche dignitose, possedendo la casa
del Nespolo e una barca ‘provvidenza’. La famiglia è composta
dal vecchio padron ‘Nton, suo figlio Bastianazzo sposato con
Maruzza detta longa e i cinque figli: ‘Ntoni,Luca,Mena,Alessi e
Lia. Nel momento in cui alcuni membri della famiglia si
allontanano,forzatamente o non, questa è colpita da numerose
sciagure per esempio la partenza di ‘Ntoni per la leva militare,
priva di una preziosa forza-lavoro, dunque i Malavoglia per
incrementare le proprie finanze acquistarono da zio Crocifisso un
carico di lupini da vendere, quindi Bastianazzo partì con la
provvidenza che però naufragò a causa di una tempesta causando
la morte di Bastianazzo e la perdita dei lupini. Poi Maruzza muore
di colera, ‘Ntoni torna dalla leva militare ma tormentato dal
desiderio di fortuna si allonatana nuovamente e si darà al
contrabbando dovendo scontare 5 anni di carcere per aver tentato
l’omicidio del doganiere Don Michele, mentre sua sorella, amante
del doganiere, scappa e si dà alla prostituzione , il risultato di
questi eventi à la vendita della casa del nespolo, morì anche Luca
come marinaio nella battaglia di Lissa (combattuta contro
l’Austria) che aumenta ulteriormente i loro problemi economici
tanto che Mena viene abbandonata dal promesso marito, perché
rimasta senza dote, disperato per la disgregazione della famiglia
anche il vecchio padron ‘Ntoni morì. Da questo momento in poi,
lo sforzo congiunto di coloro che rimasero consente di riacquistare
la casa del nespolo e di salvare la famiglia (Alessi) ma nonostante
ciò la viccenda ha un finale amaro ‘Ntoni ritornato dal
carcere,torna ad Acitrezza ma ormai tutti i suoi legami intimi si
spezzarono, per questo decise di partire un’ulteriore volta
salutando per l’ultima volta il villaggio in cui è cresciuto.
Il protagonista del romanzo è l’intero villaggio, dati i numerosi
personaggi non prevale un unico protagonista, invece la
narrazione si focalizza sui discorsi,commenti e giudizi più che agli
eventi.
Ogni personaggio della famiglia rappresenta un valore simbolico
per le vicende accadute, per esempio il vecchio Padron ‘Ntoni è
saggio ed equilibrato, legato alle radici, mentre invece il giovane
‘Ntoni rappresenta l’ansia del nuovo col desiderio di sottrarsi alle
misere condizioni familiari, dato che durante il servizio militare
connobbe la realtà urbana e non sopportò più le regole della
piccola comunità di provenienza ma anche la fatica del lavoro e
per questo sarà destinato a perdersi come Lia che fuggì dalla
miseria e giudizio dei compaesani, Alessi invece è più simile al
nonno che tenta di preservare la famiglia, la figura di Zio
Crocifisso invece rappresenta la spietatezza della legge
economica, perché si dimostrò del tutto indifferente alla morte di
Bastianazzo e si importò solo della perdita di denaro, Don
Giammaria prete reazionario e antiliberale rappresenta l’ostilità
del nuovo regno d’Italia.
I temi, quello principale è la concezione fatalistica della vita di
realtà immodificabile , infatti tentare di sottrarsi al destino non
solo è inutile ma anche controproducente, quindi una concezione
fatalistica della vita, ma anche le due filosofie di vita differenti del
vecchi padron ‘Ntoni che era fedele alle tradizioni e il giovan
‘Ntoni che sperava in invano una fecilità impossibile da
raggiungere, poi vi è il tema economico infatti anche ad Acitrezza
arriva la modernità e il dominio della legge economica, infatti le
azioni dei personaggi sono dettate dall’interesse es morte
Bastianazzo. Un’altra tematica è quella storica, infatti il contesto
storico influisce decisamente nella storia, infatti siamo nel 1863,
due anni dopo l’unità d’Italia, con la quale vengono introdotte
nuove tasse e il servizio militare obbligatorio (come è accaduto
con il giovane ‘Ntoni), l’ultima tematica è quella familiare infatti
rappresenta un luogo sacro,idilliaco di rifugio di fronte a sacrifici
e dolori, contro l’avidità del mondo , ma può anche rappresentare
senso di oppressione (Lia e ‘Ntoni giovane).
Le tecniche presenti nei malavoglia sono prettamente veriste,col
principio dell’impersonalità sorretto dalla narrazione da parte dei
protagonisti stessi, nonostante ciò Verga vuole far sentire la
propria presenza con la tecnica dello straniamento, dove traspare il
pensiero di Verga che si immedesima nel popolo e ne condivide
pensieri e mentalità soprattutto non convenzionali, quindi per
esempio alla morte di Bastianazzo la voce narrante del popolo
pensò di più al carico di lupini che alla morte stessa, quindi
esprimendo una mentalità collettiva sull’importanza economica
che deve suscitare disgusto, sdegno al lettore. Un’altra
componente verista è il discorso indiretto libero e la
concatenazione ossia la ripresa di parole o locuzioni da una
sequenza all’altra o da un capitolo all’altro che dà impressione di
circolarità ed evita pause. Per quanto riguarda la lingua, dato che
la voce narrante è il popolo siciliano, la lingua non poteva essere
né italiano né netto dialetto siciliano, dunque Verga trova una
soluzione ossia l’utilizzo del toscano per mantenere un numero
elevato di pubblico con inserzione di sicilianismi (proverbi, modi
di dire)
ROSSO MALPELO
È il primo testo verista verghiano, è una novella pubblicato in 4
parti nel quotidiano romano ‘Fanfulla’ e due anni dopo inserito
nella raccolta ‘vita nei campi’ . La vicenda tratta la storia di un
ragazzo chiamato ‘malpelo’ (dato che aveva i capelli rossi, vi era
questa credenza popolare di malvagità) infatti proprio nel testo la
seconda riga lo descrive come malizioso e cattivo, anche se si
tratta solo di un bambino sfruttato, e disprezzato dalla madre e
sorella, l’unico che nutriva del bene per lui era il padre come dice
nella riga 54 Misciu Bestia. È proprio dall’esperienza che lui
concepisce una concezione dell’umanità afflitta da una sorta di
legge della giungla (ovviamente si parla di darwismo con la teoria
dell’evoluzione umana, dove solo il più forte e colui che riesce ad
adeguarsi maggiormente riesce a sopravvivere). Mentre gli non
sono neanche consapevoli di questo meccanismo, lui lo accetta
come immodificabile, nonostante ciò la sorte di Malpelo è anche
quella degli altri infatti vivono in una sorta di esclusione anche
Mastro Misciu,Ranocchio e l’asino grigio destinati alla morte,
loro sono compatiti dalla mentalità del popolo narrata dal
narratore, mentre Malpelo no perché ha orgoglio,rabbia e
consapevolezza, infatti nella riga 14 viene descritto come brutto,
lui cerca di proteggere Ranocchio, ma in una maniera dura proprio
per insegnare le dure lezioni della vita rr139-140,