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IL ROMANZO STORICO

Il romanzo storico nasce all'inizio dell'Ottocento come massima espressione del


romanticismo europeo. Mira ad esaltare l'identità di un popolo, le sue credenze e
tradizioni. Le vicende sono ambientate in un passato non vissuto dall'autore.
L’ambientazione storica ha un valore documentaristico perché intende
trasmettere lo spirito, i comportamenti e le condizioni sociali attraverso dettagli
realistici e con un'aderenza, fittizia o meno, ai fatti documentati. Può contenere
personaggi realmente esistiti oppure una mescolanza di personaggi storici e di
invenzione.
CARATTERISTICHE PRINCIPALI:

• Descrizione minuziosa di oggetti, arredi, abiti d'epoca per meglio


caratterizzare i personaggi.
• Ampie descrizioni di paesaggi che hanno la funzione di incorniciare l'azione.
• Ricostruzione della mentalità, delle atmosfere, degli usi e costumi svolte con
particolare precisione documentaria.
• Presenza di personaggi collettivi, scene corali, gruppi di persone.
• L'autore si serve contemporaneamente dell'invenzione e della ricostruzione
storica allo scopo di fornire al lettore un messaggio, politico, morale e
sociale.
Principali autori di romanzi storici e relative opere:
• Waverley (1814) di Walter Scott (1771-1832): è considerato il capostipite
dei romanzi storici. Ambientato nella Scozia del primo Settecento, parla
dello scontro tra alcuni clan scozzesi e il mondo industriale e commerciale, che
stava sorgendo in Inghilterra.
• Ivanhoe (1819) di Walter Scott (1771-1832): la vicenda si colloca
nell'Inghilterra del XII secolo sullo sfondo dei contrasti tra sassoni e
normanni.
• I promessi sposi (1827; 1840; 1842) di Alessandro Manzoni (1785-1873): è
il primo esempio di romanzo storico in Italia, ambientato tra 1628 e il
1630 in Lombardia durante il dominio spagnolo.
• I miserabili (1862) di Victor Hugo (1802-1885): è ambientato in un arco
temporale che va dal 1815 al 1832, dalla Francia della Restaurazione post-
napoleonica alla rivolta antimonarchica del giugno 1832.
• Guerra e pace (1863-1869) di Lev Tolstoj (1828-1910): narra la storia di due
famiglie, i Bolkonskij e i Rostov, sullo sfondo delle guerre napoleoniche, dal
1805 alla travolgente insurrezione di tutto il popolo russo nel 1812.
• I vecchi e i giovani (1913) di Luigi Pirandello (1867-1936): la vicenda si
colloca in Sicilia durante i sanguinosi moti dei “Fasci” del 1892-93.
• La storia (1947) di Elsa Morante (1912-1985): ambientato nella Roma della
seconda guerra mondiale e dell'immediato dopoguerra.
• Il Gattopardo (1958) di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957):
ambientato in Sicilia nel momento del trapasso del regime borbonico alla
transizione unitaria del Regno d'Italia, seguita alla spedizione dei Mille di
Garibaldi.
• Il nome della rosa (1980) di Umberto Eco: le vicende si svolgono nel 1327 in
un territorio non identificato tra l'Italia settentrionale e la Francia
meridionale.
Walter Scott è considerato il “padre” del romanzo storico in Europa, i
suoi romanzi sono ambientati in un’epoca passata e fondono eventi e personaggi
storici reali con eventi e personaggi fittizi senza alterare la verità storica. Scott
specificò che il suo interesse per il passato era diverso da quello degli autori dei
romanzi gotici, che usavano il passato come ambientazione pittoresca.
Nell’introduzione a Waverley afferma l’interesse a descrivere gli eventi del
passato in modo fedele, inoltre, il suo intento è raccontare, non solo di grandi
uomini e donne del passato, ma di personaggi che appartengono a tutte le classi
sociali, anche quelle più povere, esaltando nobili ideali quali la lealtà, il
coraggio, l’eroismo e il senso dell’onore.

IL ROMANZO STORICO IN ITALIA


A differenza di Walter Scott che agiva talvolta con libertà e fantasia sulla
ricostruzione storica per piegarla alla piacevolezza della narrazione, Alessandro
Manzoni, per la stesura del suo romanzo, parte da un’accuratissima
ricostruzione storica. La storia è utilizzata con funzione dimostrativa e non solo
come ambientazione. Il 24 aprile 1821 Manzoni dà avvio alla stesura del suo
romanzo, conclusa il 17 settembre del 1823, con il titolo provvisorio di Fermo e
Lucia. Questa prima stesura non soddisfò l’autore per problemi strutturali e
linguistici. La seconda fase di elaborazione cominciò intorno al marzo 1824: Manzoni
abolì alcune digressioni storiche e gli episodi troppo patetici o inclini al gusto del
gotico, e cominciò a far prevalere la lingua toscana su tutte le altre. Nel 1827 il
romanzo uscì col titolo I Promessi sposi (la cosiddetta “ventisettana”). Risolti i
problemi strutturali, trasformata la materia documentaristica in forza narrativa,
risolto l’intreccio, a Manzoni restava ancora da risolvere il problema della lingua,
questa doveva raggiungere un pubblico vasto e di cultura non troppo elevata, così si
orienta verso il fiorentino parlato dalle classi colte. Manzoni era consapevole che
il popolo italiano aveva bisogno di una lingua unitaria, in cui riconoscersi.
L’operazione poté dirsi felicemente compiuta con la pubblicazione della seconda
edizione del romanzo, nel 1840, l’edizione definitiva. L’ambientazione scelta da
Manzoni è la Lombardia dei primi decenni del 1600, che si trova sotto la
dominazione spagnola. Si tratta di una scelta molto interessante perché Manzoni
vuole dimostrare le caratteristiche di un malgoverno con l’occhio critico di uno
storiografo illuminista. Quello spagnolo in Lombardia è infatti «il governo più
arbitrario combinato con l’anarchia feudale e l’anarchia popolare» animato da
«un’ignoranza profonda, feroce, pretenziosa»; infine martoriato da «una peste che
ha dato modo di manifestarsi alla scelleratezza più consumata e svergognata, ai
pregiudizi più assurdi e alle virtù più commoventi» (novembre 1822, dalla lettera a
Fauriel, storico, linguista e critico letterario francese, caro amico di Manzoni).
Inoltre, Manzoni comincia a scrivere questo romanzo proprio dopo il fallimento dei
moti del marzo 1821. L’autore sceglie questa tipologia di romanzo per indagare le
radici storiche dell’arretratezza italiana con l’intento di offrire alla borghesia
progressista la futura società da fondare. Per contrasto, l’autore vuole proporre
una società ideale, che sia libera, con un saldo potere statale, una legislazione
agile e snella e tutori della legge che non siano in complicità con i potenti; le classi
sociali devono essere in armonia tra loro, evitando prevaricazioni. Quindi
l’ambientazione storica non è solo lo sfondo su cui collocare in modo astratto i propri
personaggi: è elemento fondante e pieno di significato. I personaggi, di
conseguenza, assumono un forte rilievo drammatico e, anche quando inventati, si
armonizzano perfettamente al corso degli eventi narrati.
CARATTERISTICHE DEL ROMANZO:
• I protagonisti sono popolani, umili, oppressi, che soffrono e sopportano
con pazienza, travolti da avvenimenti storici a loro estranei. Lotte di potere,
epidemia di peste, rivolte cittadine mettono i protagonisti a dura prova.
• Il “lieto fine” è affidato alla Divina Provvidenza: la peste uccide gli
antagonisti e fa ricongiungere gli innamorati.
• Rottura delle unità aristoteliche (unità di azione, unità di tempo e unità
di luogo).
SISTEMA DEI PERSONAGGI:
Gli otto personaggi principali sono organizzati in quattro coppie.
Protagonisti/oppressi: Renzo e Lucia. Antagonisti/oppressori: don Rodrigo e
l’innominato. Aiutanti-positivi: padre Cristoforo e cardinale Federigo Borromeo.
Oppositori-negativi: don Abbondio e Gertrude, la monaca di Monza.
La costruzione dei personaggi avviene tramite una presentazione dei caratteri
esteriori e interiori che ci fornisce l’autore allo scopo di approfondire la conoscenza
dell’epoca, per denunciarne i mali, le iniquità del pensiero e del costume che hanno
inciso in modo indelebile sulla vita di alcuni personaggi. Il XVII secolo, indagato
nell’articolazione delle classi sociali (aristocrazia, clero, popolo), delle idee politiche
(le vicende milanesi), dei grandi fatti storici (carestia, guerra, peste) e delle mentalità
(superstizione, fanatismo), finisce per diventare anch'esso un personaggio,
costantemente sullo sfondo e variamente sfaccettato, ma sostanzialmente negativo,
dominato da una concezione feroce del potere e internato in un’umanità corrotta e
degradata (avvocati e uomini politici disonesti, autorità incompetenti, signori
arroganti e sfruttatori).
I PROTAGONISTI:
Renzo: è un eroe che compie un percorso di formazione, momento culmine di
questa maturazione è il perdono a don Rodrigo, il suo nemico. Personaggio
estroverso e impulsivo, si caccia facilmente nei guai; non è saggio, ma ha buon cuore.
Lucia: Ritratta quasi sempre in ambienti interni: è un personaggio domestico. È
autoritaria, pur nella sua modestia, ed è saggia grazie alla frequentazione di padre
Cristoforo. Momento culminante del personaggio è nel suo dialogo con l’innominato:
è il momento in cui lei fronteggia il male assoluto, armata solo della sua fede e della
sua innocenza.
I TEMI:
Lo scrittore concentra la propria attenzione soprattutto sui personaggi umili,
appartenenti al popolo. Egli li circonda di una luce positiva e li rende portatori di
valori elevati: sono onesti, laboriosi, generosi, religiosi in modo profondo e
spontaneo. Non tutto il popolo, comunque, è visto positivamente: Manzoni esprime
un giudizio di condanna nei confronti dei cittadini milanesi in rivolta contro
l'autorità. La posizione dello scrittore nei confronti degli umili è quella propria di un
liberale moderato, di ispirazione cattolica. Egli non desidera che il popolo si
mantenga in una condizione di oppressione e arretratezza, ma è certo che il
miglioramento deve affermarsi gradualmente e senza violenza
attraverso la strada illuministica delle riforme. Se la vita terrena è segnata
dall’ingiustizia, in essa tuttavia è operante la presenza di Dio che, per gli umili, è la
Provvidenza. L'intervento della Provvidenza si manifesta in forma di
illuminazione, grazia, di ispirazione che spetta agli uomini seguire o meno e che, in
ogni caso, non dispensa dall'impegno di un mondo dove non c'è nulla che sia
ordinato razionalmente e dove la speranza di un futuro riscatto resta avvolta
dall’ombra del dubbio. Essa è imperscrutabile nel suo agire sulla sfera terrena, solo
nell’aldilà dona certezza del premio. Renzo e Lucia, nel finale del romanzo, offrono
una meditazione sul male, i due capiscono che al male non c’è risposta esso è
parte integrante del mistero della vita. Manzoni descrive con accuratezza il male
morale nella storia e la sofferenza degli innocenti, manca un idillio al finale,
non c’è un “e vissero felici e contenti” perché l’ordine, proprio quell’ordine tranquillo
da cui si era partiti all’inizio del romanzo, può essere sconvolto dal male, esprimibile
nell’egoismo umano (don Rodrigo) e nella Natura (la peste) ecco spiegato il
profondo pessimismo relativo all’agire umano.

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