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NATURALISMO FRANCESE

In tutta Europa l’ottocento è il secolo della piena affermazione del romanzo,che già in età
romantica si era diffuso con il romanzo storico di Scott,Stendhal,Manzoni.Nella seconda metà del
secolo,lo sviluppo del ceto borghese,l’ampliarsi del pubblico e le problematiche connesse al
sorgere della moderna società industriale inducono molto scrittori a privilegiare vicende
contemporanee di interesse sociale.Le storie si svolgono all’interno di un preciso contesto socio-
economico,di natura borghese e ritratte con una marcata tendenza al realismo.Anche le forme
della narrazione si modificano e gradualmente il narratore onniscente lascia il posto a una pluralità
di punti di vista,mascherandosi nell’ottica dei vari personaggi,o come gli autori del
NATURALISMO,ad un’assoluta e neutrale oggettività,e ritrarre gli uomini dal vivo,specialmente in
contesti rurali e popolari,sarà il perno della ricerca del Verismo italiano,che nasce proprio sulle
orme del Naturalismo.

LA TENDENZA REALISTICA che si sviluppa in forme diverse in tutta Europa,acquisisce in Francia


grande compiutezza e organicità,per sfociare poi nella corrente del NATURALISMO
FRANCESE.L’autore che più si fa portatore di tale corrente è FLAUBERT,il quale abbandona ogni
sentimento romantico,nel suo romanzo più noto MADAME BOVARY,descrivendo la vita della
borghesia francese senza alcuna idealizzazione,evitando di intervenire in prima persona con
commenti e giudizi morali,lasciando che questa impassibilità del lettore,trasmetta al lettore il suo
stesso pessimismo.Sceglie quindi la via di un realismo oggettivo,che pone in primo piano i fatti
grazie al principio dell’impersonalità dell’autore,ripreso poi dai naturalisti.

All’origine della poetica del naturalismo,affermatosi tra gli anni Sessanta e Settanta del 800,si
pongono una serie di fattori letterari,ma anche storici e culturali.Nella seconda metà
dell’Ottocento la letteratura francese è fortemente influenzata dal POSITIVISMO,dalla sua fiducia
nel progresso e dalla tendenza ad applicare il metodo delle scienze anche all’ambiente sociale e
alla psicologia.Intanto si diffondono anche la traduzione dell’Origine della specie di Darwin,le
opere di medici come Bernard,che sosteneva la necessità di applicare il metodo sperimentale
all’analisi e alla cura delle malattie. In Francia d’altronde l’industralizzazione era ormai una realtà,e
specialmente a Parigi,operai e salariati vivevano spesso in condizioni di grave miseria materiale e
morale.Il progresso quindi mostrava anche il suo volto meno positivo,e indusse molti
intellettuali,tra cui ZOLA,esponente del Naturalismo,ad aderire al SOCIALISMO.Quindi nelle opere
naturaliste,l’ammirazione per la scienza e per il progresso,si accompagna alla consapevolezza delle
disuguaglianze sociali ed economiche che la modernità ha causato.La questione
operaia,l’alcolismo,lo sviluppo urbano,la miseria dei ceti più bassi,sono i temi centrali delle loro
opere,che si propongono di denunciare questi mali,affinchè la classe dirigente vi ponga
rimedio.Questa motivazione ideologica di matrice progressista,insieme alla scienza,sta alla base
della poetica naturalista.Come Zola che nel 1880 teorizza nel saggio “il romanzo sperimentale”,si
propone di rappresentare la realtà sociale contemporanea traendo spunto da fatti realmente
accaduti.(il COSIDDETTO “DOCUMENTARIO UMANO”)e che abbiano come oggetto soprattutto le
CLASSI EMARGINATE del proletariato urbano.
LO SCRITTORE NATURALISTA deve poi applicare alla letteratura il metodo delle scienze naturali e
comportarsi come uno scienziato,ossia ricostruire in modo analitico il movente delle azioni,che
seguono leggi analoghe a quelle che regolano la realtà naturale.Secondo il filosofo TAINE lo
scrittore scienziato può prevedere e spiegare gli eventi sociali e individuali,osservando
l’interazione reciproca di tre fattori:le caratteristiche genetiche ed ereditarie,l’ambiente geografico
e sociale,e il momento storico.Solo la rigorosa analisi dei mali sociali renderà possibile la loro
risoluzione.La rappresentazione dei mali della società moderna si realizza negli scrittori naturalisti
attraverso scelte strutturali e stilistiche di assoluta originalità,che rinnovano profondamente le
basi del romanzo tradizionale ottocentesco. Per
raggiungere un effettivo realismo,anche LA TECNICA NARRATIVA dev’essere OGGETTIVA E
DISTACCATA,pertanto i naturalisti riprendono da Flaubert,il canone dell’impersonalità e lo
applicano in modo sistematico nelle loro opere,rinunciando a esprimere un giudizio esplicito sulle
vicende narrate e adottando un punto di vista interno all’ambiente rappresentato.

L’autore più significativo della corrente naturalista francese è senza dubbio Zola,romanziere e
giornalista impegnato nel dibattito politico e culturale su posizioni progressiste.Nel 67 pubblica
un’opera di stampo naturalista,il romanzo “Terese Raquin”,in cui narra la torbida vicenda di due
amanti,che dopo aver ucciso il marito della donna,ossessionati dal senso di colpa,si
suicidano.Quindi dalla scelta del tema e dalla tecnica narrativa,sono già evidenti i principi della
poetica naturalista,che Zola espone in seguito alla raccolta di saggi “Il romanzo
sperimentale”.L’opera più significativa di Zola è però costituita da I ROUGON-MACQUART,un ciclo
di venti romanzi,nei quali egli analizza l’evoluzione della società francese nei suoi diversi strati
sociali,attraverso le vicende di vari soggetti di uno stesso nucleo familiare,nell’arco di cinque
generazioni.Questa scelta permette di articolare al meglio l’influenza
dell’ereditarietà,dell’ambiente sociale e del contesto storico su i suoi personaggi,offrendo un
impietoso quadro della Francia del suo tempo,della meschinità del ceto borghese e dei problemi
dei ceti più umili.Tra i romanzi del ciclo troviamo “il ventre di parigi”,ambientato nei randi mercati
di Parigi,”l’ammazzatoio”dedicato all’alcolismo,e “Germinale”descrivendo la lotta sociale dei
minatori di una cittadina francese del Nord.

Anche i fratelli DE GONCOURT si dedicano a una produzione orientata in senso


naturalistico,caratterizzata dagli studi d’ambiente e dall’interesse per il ceto popolare.Il primo
romanzo naturalista pubblicato nel 65 fu “Germinie Lacerteux”una storia delle torbide
passioni,dell’alcolismo e della rovina di una cameriera.La prefazione al romanzo costituisce uno dei
manifesti del Naturalismo francese,interessante è anche il loro diario che pubblicato nel
77,registra la cronaca di incontri e discussioni con altri importanti esponenti del naturalismo,come
Flaubert e Zola.Inotre un altro importante esponente del movimento è Maupassant,autore in
chiave ironica di vicende quotidiane e spesso inquietanti e personaggi dalla psicologia
complessa.Esprime nei suoi romanzi una visione pessimistica della società della natura
umana,unita a una minor fiducia nel progresso scientifico e a un grande scetticismo per la
possibilità di conoscere tutti gli aspetti dell’indole e della psiche dei diversi individui.Ricordiamo
“Una vita” e “Bel -ami”storia di un arrampicatore sociale che si fa strada nel mondo del
giornalismo e della politica soprattutto grazie alla propria fortuna con le donne,sullo sfondo di una
società alto-borghese corrotta.

VERISMO ITALIANO

All’inizio degli anni 70,alcuni romanzi di Zola vengono tradotti in italiano e sulla scia del
Naturalismo fancese,nella letteratura italiana si sviluppa il VERISMO,che prende il nome
dall’attenzione al vero e alle problematiche sociali contemporanee.I maggiori esponenti del
movimento sono GIOVANNI VERGA,LUIGI CAPUANA,FEDERICO DE ROBERTO,che accomunati da un
forte legame di amicizia,condividono la volontà di recuperare il modello del romanzo
naturalista,adattandolo alla situazione d’ITALIA POST-UNITARIA.L’ambiente ritratto dai
veristi,ovviamente è ben diverso dalle metropoli industriali popolate dal ceto operaio francese,ma
in Italia vi è ancora una situazione di profonda arretratezza per quanto riguarda l’aspetto
economico e culturale.Verga e veristi d’altronde tutti di orgine siciliana,scelgono di rappresentare
nelle loro opere la REALTÀ DEL SUD DELL’ITALIA,influenzati anche dall’emergere della questione
meridionale e denunciata dalle inchieste parlamentari di FRANCHETTI E
SONNINO.Dunque,differentemente dal Naturalismo,il Verismo si incentra sul mondo arcaico-
rurale e marinaresc,pervaso da una tensione conflittuale tra antico e moderno,tra valori
tradizionali e innovazioni portate dal progresso.In questo senso le contraddizioni attraversano sia il
mondo popolare (come nei Malavoglia di Verga)sia la società borghese (di Mastro don gesualdo o
nei Vicerè di De Roberto).Il differente contesto socio-economico spiega anche in parte la diversità
dell’atteggiamento degli autori nei confronti della materia narrata.Mentre i naturalisti
descrivevano le disuguaglianze sociali,mossi dal desiderio di denunciarle e debellarle,fiduciosi nella
possibilità di un miglioramento,le opere dei veristi non sono animate da alcuna speranza,nè
riformista né rivoluzionaria,si limitano a denunciare il problema,ma da parte loro non c’è la ricerca
di una risoluzione.Dunque VERGA,CAPUANA E DE ROBERTO,sono sicuramente dei grandi
innovatori sul piano letterario,ma CONSERVATORI IN POLITICA,NON NUTRONO ALCUNA FIDUCIA
NEL PROGRESSO.Sono segnati da un profondo pessimismo,e rappresentano quindi una società
condannata a un destino tragico e immodificabile,in cui i più umili sono destinati ad essere vinti
dalla storia.

I Veristi deducano dal Naturalismo alcuni importati principi di poetica,tra i quali l’interesse per la
realtà sociale contemporanea e per i ceti meno abbienti;l’importanza attribuita
all’ereditarietà,all’ambiente e al contesto storico;la tendenza a un realismo oggettivo,l’adozione di
una tecnica narrativa fondata sul principio dell’impersonalità.Mentre per altri aspetti i veristi si
differenziano dal Naturalismo,per l’ambiente rappresentato,per la minore fiducia nella possibilità
di spiegare scientificamente le motivazioni profonde delle passioni e dei sentimenti che muovono i
personaggi.Secondo i veristi,la novità dei modelli francesi non consiste nella pretesa di approdare
a una “scienza dei sentimenti”,quanto piuttosto nell’originalità della forma espressiva,fondata
sull’obbiettività.I veristi riprendono dal naturalismo francese il “PRINCIPIO
DELL’IMPERSONALITA’”,teorizzato già da Flaubert.Dunque la voce narrante non esprime la propria
visione del mondo,né il suo giudizio morale sugli eventi,ma si fa portatrice di una visione interna al
mondo rappresentato,spesso coincidente con il punto di vista collettivo e corale dei
personaggi.Questa tecnica comporta l’uso frequente del DISCORSO INDIRETTO LIBERO,che
permette di assumere l’ottica dei protagonisti.Sul piano dell’intreccio, i veristi rifiutano le trame
complesse e romanzesche della narrativa tardo-romantica,privilegiando uno sviluppo lineare e
prevedibile,che appaia come il risultato delle premesse ambientali e del carattere dei personaggi.

LUIGI CAPUANA E FEDERICO DE ROBERTO

Capuana è il maggior teorico del Verismo,egli è il primo,nel 71,a recensire la traduzione italiana
dell’opera de L’Asomoir di Zola,e a far conoscere all’Italia l’opera dei naturalisti.Lui è un
giornalista,un critico letterario,è autore di numerosi scritti teorici,in cui difende a gran voce la
nuova poetica verista e ne individua i caratteri specifici.Si cimenta anche nella narrativa con
romanzi come “Giacinta”,”Il profumo”,”Il marchese di Roccaverdina”pubblicato nel
1901,considerato il suo capolavoro più riuscito.Al centro della narrazione egli pone lo studio di
personaggi dalla psicologia patologica,segnati da gravi traumi e da amori colpevoli,che come nel
caso del protagonista del romanzo del suo romanzo maggiore,li conducono fatalmente alla
pazzia.Incline al gusto bozzettistico e all’uso di una forma narrativamente scorrevoli,Capuana si
cimenta anche in numerose novelle,fra cui quelle riunite nella raccolta “Le Paesane”.Vicino a
Verga e a Capuana,fu anche il versita De Roberto,napoletano di nascita ma vissuto tra Catania e
Milano.Autore di saggi critici e di novelle,De roberto applica nelle sue opere il criterio
dell’impersonalità,unito però a una particolare capacità di analisi psicologica dei personaggi,dei
loro sentimenti e delle loro passioni.Anche lui progetta un ciclo di romanzi rimasto incompiuto,con
cui intendeva rappresentare l’evoluzione di una famiglia della nobiltà catanese.Dunque a
differenza degli altri veristi lui incentra la sua attenzione non sui ceti meno abbienti,ma
sull’aristocrazia siciliana,ritratta come una classe parassitaria,boriosa,avida di potere.Le lotte
familiari,unite al tema della decadenza della stirpe,sono al centro del suo capolavoro,il rimonazo “i
Vicerè” pubblicato nel 94.

Negli ultimi decenni dell’ottocento si sviluppa in Italia anche una produzione narrativa minore ,che
può essere accomunata al Verismo per le tematiche regionalistiche e popolari,per l’interesse
sociale e per la rappresentazione realistica di ambienti e situazioni quotidiane.Si tratta dei cosidetti
“BOZZETTI”ovvero di quadri più o meno ampi di vita regionale,talora animati da intenti morali ed
educativi:a differenza della narrativa verista,non adottano uno stile oggettivo e impersonale,ma
utilizzano una forma più tradizionale per esprimere un generico umanitarismo verso i ceti meno
abbienti.Rientrano in questo filone le opere di Pratesi,Fucini del quale furono assai note le novelle
delle Veglie dei Neri.Anche l’opera di Emilio de Marchi,che nel suo Demetrio Pianelli,narra la storia
di un modesto impiegato utilizzando uno stile basso che si adatta alla grigia quotidianità del
protagonista.

MATILDE SERAO E GRAZIA DALEDDA.

Negli ultimi decenni dell’Ottocento,si affermano nella letteratura italiana due voci femminili di
rilievo,Matilde Serao e Grazia Daledda,sia pure in ritardo rispetto ad altri paesi europei,come
l’Inghilterra,che già alla fine del secolo aveva visto maturare il fenomeno Jane Austen.D’altronde le
mutate condizioni sociali e culturali,consentono ora anche in Italia,la prospettiva di un’educaione
femminile relativamente migliorata,la Serao infatti riesce a completare le scuole superiori,sebbene
la via dell’apprendimento da autodidatta resti talora,a causa di condizionamenti sociali e
regionali,la sola possibilità formativa delle donne,come nel caso delle Daledda che si arresta fino
alla quarta elementare.L’attività della Serao si svolge tra la narrativa e il
giornalismo.Particolarmente nota è una sua inchiesta giornalistica dal titolo “Il ventre di Napoli”,in
riferimento,e in risposta,alla fase storica di Depretis,allora capo del governo,durante il periodo di
colera.Da questa inchiesta lei trae spunto per la rappresentazione del popolo partenopeo nel
romanzo “il paese di cuccagna”,la sua produzione dà i miglior risultati nella fase ispirata al
Verismo;ma se i temi e le strutture prevalenti sono di piena ispirazione verista,è il suo stile
rigoroso tuttavia a conferire alle sue pagine una peculiare qualità narrativa.Ai margini del verismo
si colloca infine l’opera di Grazia Deledda,scrittrice sarda che ottenne il premio Nobel per la
letteratura nel 1926,l’unica donna italiana a ricevere tale riconoscimento.Sebbene la critica abbia a
lungo discusso se collocare l’opera della Deledda entro i confini del Verismo oppure collocarla
internamente nel Decadentismo,resta senz’altro vero che le ambientazioni popolane e l’interesse
per il folclore della propria terra assegnano una componente verista ai suoi romanzi e alle sue
novelle.In genere a interessare le scrittrice sono i grandi temi umani:la colpa,il
delitto,l’espiazione,la passione sensuale e il peccato.I suoi romanzi più celebri sono “Elias
Portolu”,”Cenere”,”Canne al vento”,”la madre”tutti ambientati nella terra della Barbagia.

LA VITA [1840-1922]

Infanzia e giovinezza
Nacque nel 1840 a Catania da famiglia agiata di ascen-denze nobiliari e di sentimenti liberali.
L’insegnamen-to e l’esempio di Antonio Abate, fervente patriota, gli ispirarono le prime prove
narrative: i romanzi Amo-re e patria, I carbonari della montagna (pubblicato a sue spese nel 1861-
1862) e Sulle lagune (pubblicato a puntate sulla rivista filogaribaldina “La nuova Euro-pa”). Nel
1858 si iscrisse a giurisprudenza a Catania (non arrivò mai alla laurea); fra il 1860 e il 1864 militò
nella Guardia nazionale e fondò e diresse una rivista vicina al radicalismo garibaldino, “Roma degli
Italiani.”
Gli anni fiorentini
Dal 1865 risiedette per lunghi periodi a Firenze (capitale del Regno d’Italia), dove strinse amicizia
con Luigi Capuana,allora critico teatrale del quotidiano”La nazione”,e che diventerà poi il
principale esponenete del Verismo.Stringe amicizia anche con Francesco dall’Ongaro; quest’ultimo
lo introdusse negli ambienti dell’alta società che gli ispirarono i romanzi mondani della seconda
stagione narrativa (a cominciare da Una peccatrice, stampato nel1866) e lo aiutò a raggiungere il
successo con la pubblicazione di Storia di una capinera (1871).
Gli anni milanesi
Nel 1872 si trasferì a Milano, capitale economica ma soprattutto letteraria d’Italia,grazie
all’espansione del mercato editoriale e ai numerosi salotti,luoghi di ritrovo intellettuali e letterari.
Strinse amicizia con esponenti della Scapigliatura, come Emilio Praga e Arrigo Boito, e con editori
come Emilio Treves. Proseguendo con l’apprezzato filone dei romanzi mondani pubblicò Eva
(1873), Tigre reale ed Eros (1875), mentre maturava la sua “conversione” al Verismo con il
bozzetto siciliano Nedda (1874), seguito nello stesso anno dal Padron ‘Ntoni, primo nucleo dei
futuri Malavoglia.La svolta verso una poetica compiutamente verista nei temi e nelle forme
avviene però solo alla fine degli anni Settanta,favorita dalla presenza di Capuana,della conoscenza
dei capolavori di Zola e dal suo interesse nei confronti della questione meridionale,portata
alla ribalta dalle inchieste dei giornali di Sonnino e Franchetti.L’approdo di Verga alla poetica
verista avviene con la stesura, nel 1878, della novella Rosso Malpelo e dalla prima idea di un ciclo
di romanzi dal titolo provvisorio La Marea.
Anni 80 e capolavori
Siamo nella terza stagione della narrativa verghiana; nel 1880 vennero pubblicate le novelle di Vita
dei campi, nel 1881 I Malavoglia,ma la novità di temi e tecniche narrative del romanzo non viene
apprezzata dalla critica,. Nel frattempo (1882) aveva fatto visita a Zola a Parigi e pubblicato
l’ultimo dei “romanzi mondani-sentimentale”, Il marito di Elena. Nel 1883 però torna al Verismo
con le raccolte “Novelle rusticane”di ambientazione siciliana e “Per le vie”, ispirata alla vita dei
milanesi.
L’attività teatrale

Dal 1884 si dedicò anche al teatro,e in questo stesso anno Verga rappresenta a Torino,la riduzione
teatrale della novella Cavalleria rusticana: l’esordio teatrale di Verga, (con Eleonora Duse nella
parte della protagonista Santuz-za), fu un trionfo; qualche anno dopo (1890) Cavalleria rusticana
divenne anche opera lirica, con le musiche di Pietro Mascagni.
Nonostante l’attività teatrale occupa molto la vita di Verga,ancora per qualche anno, non
abbandona la narrativa,pubblicando nel 87 la raccolta di Vagabondaggio e nel 89 Mastro don
gesualdo. Inoltre,in questo periodo compie numerosi viaggi a Roma e in Sicilia e in Germania.

Rientro a Catania

Seguirono anni di scoraggiamento e difficoltà economiche, durante i quali vennero pubblicate


diverse raccolte di novelle (Drammi intimi nel 1884, Vagabondaggio nel 1887, I ricordi del Capitano
d’Arce nel1891 e Don Candeloro e C.i nel 1894) e, soprattutto, il romanzo Mastro-don Gesualdo
(nel 1888 a puntate sulla “Nuova Antologia”, l’anno seguente in volume). Raggiunta la tranquillità
economica a seguito di una causa vittoriosa intentata contro l’editore Sonzogno, potè ritirarsi a
Catania, dove si dedicò ancora al teatro (nel 1896 con una versione teatrale della Lupa, nel 1901
con gli atti unici La caccia al lupo e La caccia alla volpe, nel 1903 con Dal tuo al mio) e lavorò al
terzo romanzo del ciclo dei Vinti, La duchessa de Leyra, senza tuttavia portarlo a termine. Si dedicò
anche all’amministrazione delle sue terre assumendo sempre più la mentalità conservatrice del
gentiluomo di campagna: si oppose ai fasci siciliani (1894) come alle proteste scoppiate a Milano
(1898), approvò le guerre coloniali, si iscrisse al Partito nazionalista, appoggiò l’entrata in guerra
dell’Italia nel 1915 e l’impresa fiumana di D’Annunzio nel 1919. Nominato senatore del Regno nel
1920, negli ultimi anni lavorò, con l’amico e discepolo Federico De Roberto, alla sceneggiatura
cinematografica dei suoi bozzetti teatrali. Morì nel 1922 a Catania.
Pensiero e ideologie di Verga

Dopo aver scritto romanzi riguardanti temi romantici e scapigliati,a paritre dal 1874,si dedicò alla
lettura dei principali autori realisti e naturalisti,alcuni critici considerano Nedda il primo testo
verista di Verga per la scelta di un soggetto legato al mondo degli umili,ma in realtà essa anticipa
solo i temi del verismo,non ne possiede le caratteristiche narrative,poiché ancora compare il
narratore onniscente in terza persona che commenta le vicende dei personaggi.A inaugurare in
maniera vera e propria la stagione della produzione verista è Rosso malpelo(narratore
impersonale,personaggio umile)
Dunque Verga elabora i suoi capolavori dopo la conversione al Verismo,che determina un
profondo mutamento sia nelle forme narrative,sia nelle visione del mondo.

-Alla base del suo pensiero si pone la riflessione sul progresso, individuato come movente
fondamentale della storia umana e come spinta al miglioramento che agisce a ogni livello
sociale.Ma pur essendo positivo,quando agisce sugli umili e sui ceti più bassi della società porta a
un peggioramento delle loro condizioni di vita. Quindi pur teorizzando una concezione positiva
del progresso, ne sottolinea soprattutto le conseguenze sulla vita di coloro che dal progresso
vengono sconfitti.
Il progresso quindi per Verga non porta felicità. Il progresso viene visto infatti come una
“marea”destinata a travolgere i più deboli.I personaggi delle sue novelle e dei suoi romanzi del
“ciclo dei vinti” sono proprio gli umili.

-Per Verga la vita è dominata da rapporti di forza in cui i potenti sono e saranno sempre tali e così i
poveri, è un sostenitore della teoria evoluzionistica di Darwin,secondo la quale determina la
sconfitta dei più deboli(“i vinti”)e il trionfo dei più forti.L’unica salvezza degli umili secondo
egli,consiste nell’accettare la propria condizione ,restando fedeli ai valori familiari e alla tradizione
e soprattutto fuggire da ogni tentativo di miglioramento. Il povero deve accettare questa
condizione, accontentandosi delle piccole gioie quotidiane e delle proprie sicurezze,e coloro che
tentano di conquistare una posizione sociale migliore,vengono sconfitti. Sostiene che l’uomo che si
allontana dal proprio ambiente,dalla propria famiglia dalle proprie tradizioni è destinato a
perdersi e a fallire(vediamo anche come tuti i suoi viaggi in Italia lo hanno poi rincondotto a
Catania,città natale)(Paragona gli umili a delle ostriche che non lasciano mai lo scoglio a cui sono
attaccate;I Malavoglia che hanno cercato di cambiare la loro vita con il carico di lupini e hanno avuto guai
incredibili).

-Verga è profondamente ateo e materialista guarda quindi alla realtà sociale come un mondo
dominato dalla violenza e dalla sopraffazione reciproca,dunque non trova riscatto neppure nella
religione,ne esclude ogni forma di consolazione o di speranza di una vita migliore nell’aldilà

-A differenza dei naturalisti francesi non ripone alcuna fiducia nella possibilità di modificare
l’ordine sociale dell’epoca.Nonostante mostra una profonda pietà per gli sconfitti della sua
Sicilia,ha una visione profondamente conservatrice.nonostante la denuncia sociale di Verga dei
cittadini dei ceti più bassi del meridione che vivono una difficile condizione di vita,lui non propone
alcuna proposta alternativa ma soltanto ad una rassegnata accettazione dell’ingiustizia sociale che
domina la realtà.

Romanzi patriottici
I romanzi patriotticiLe prime prove narrative di Verga seguono schemi romantico-risorgimentali, legando gli
ideali patriotti-ci della lotta per l’indipendenza nazionale a vicende sentimentali che ruotano attorno ad
amori puri e smisurati.Amore e patria(1856-1857, rimasto inedito) è am-bientato sullo sfondo della guerra
di indipendenza americana.I carbonari della montagna(1861-1862), ambientato negli anni napoleonici,
narra di una banda di briganti-patrioti che sui monti della Calabria lottano contro le truppe di Gioacchino
Murat; l’opera, nata all’indomani dell’armistizio di Villafranca (1859), è caratterizzara da un forte
sentimento antifrancese.Sulle lagune(1862-1863), ambientato in Veneto e ispi-rato da un fatto di cronaca,
narra dell’amore infelice fra un cadetto dell’esercito asburgico di occupazione e una bella ragazza di
Oderzo; il conflitto fra amore e patria porterà entrambi al suicidio
I romanzi mondani.
Dopo l’Unità d’Italia l’interesse del pubblico per la narrativa storico-patriottica scemò rapidamente e si
diffuse l’interesse per vicende sentimentali diambientazione borghese; Verga fra il 1871 e il 1875 scrisse
cinque romanzi di questo genere, da lui stesso più tardi raggruppati sotto il titolo comune di Bozzet-ti del
cuore: Una peccatrice, Storia di una capinera, Eva, Tigre reale, Eros. In generale l’impostazione non è
realista, ma romantica; l’autore rifiuta la “scienza” del cuore e si rassegna piuttosto al suo insondabile
“mistero”.
La passione d’amore
La passione d’amore assume connotati diversi nei personaggi maschili e femminili. La donna, spesso ritratta
nei panni della femme fatale, conosce solo la dedizione fino allo struggimento o, al contrario, l’ab-bandono
a una sfrenatezza che infrange ogni pudo-re e ogni legge sociale; nell’uomo si configura invece come
passione travolgente ma superficiale, limitata alla sfera dei sensi, che anzi lo distoglie da altri inte-ressi e
ambizioni, come l’affermarsi in società e il far-si una posizione. Da questa pregiudiziale misogina di matrice
positivista nascono i contrasti che concludono drammaticamente tutte queste storie d’amore, am-bientate
nei salotti mondani di Firenze e Milano che Verga ben conosceva. L’autore stesso ammetteva che le
complicazioni sentimentali raccontate nei romanzi non esistono nello stato di natura, ma sono frutto del
benessere e dell’artificio della società moderna.

POETICA VERGA

Pur continuando a scrivere romani mondani,già nel 1874 Verga pubblica Nedda,novella
ambientata tra i poveri contadini siciliani.Essa riscosse tanto successo,assieme all’affermarsi della
narrativa naturalista francese e allo scalpore suscitato dall’inchiesta Franchetti-Sonnino sulla realtà
sociale ed economica sicialiana,determinarono in Verga la svolta verista,affrontando nuovi
temi,nuovi ambienti,volle sviluppare una nuova tecnica narrativa,i cui principi gli espose solo in
parte in dichiarazioni teoriche e che vanno quindi desunti dalle opere stesse o dalle sue lettere.

Le novità principali della produzione verista di Verga,vanno ricercate nell’originalità delle tecniche
narrative.In linea con le riflessioni di Zola e dei naturalisti francesi,ma con maggiori figure si
distacca dalla narrativa tradizionale ottocentesca,basata in genere sulla presenza di un”narratore
onniscente”,per teorizzare un’opera d’arte che rispecchi in modo nutro e obbiettivo i fatti
rappresentati.Per raggiungere questo scopo,afferma il “principio dell’impersonalità”secondo cui il
narratore deve ecclissarsi nella vicenda narrata,senza lasciar trasparire le sue opinioni e i suoi
giudizi,per trasportare il lettore direttamente dentro la vicenda narrata,dandogli dunque l’illusione
di trovarsi realmente immerso nella realtà vissuta dai personaggi.Il racconto perde il suo carattere
di finzione,e diventa “documento umano”,ossia un fatto realmente accaduto.Di conseguenza il
compito di condurre il racconto viene affidato a un narratore anonimo popolare,”,interno ai fatti
narrati. La narrazione viene condotta dall’interno e dal basso,spesso non coincide con un
personaggio ma essendo narrata in terza persona,si fa interprete del punto di vista collettivo e
corale della comunità.Questi principi “la mano dell’artista deve rimanere assolutamente invisibile
e l’opera d’arte deve sembrare essersi fatta da sé”furono esposti da Verga nella prefazione alla
novella “L’amante di Gramigna”(1800 poi compresa in Vita dei campi).

-Verga rinuncia alla tradizionale ambientazione descrittiva di ambienti e personaggi,in modo tale
che il lettore si addentri subito nel mezzo dei fatti rappresentati,che pur generando inizialmente
un po’ di confusione nel lettore,garantisce una piena adesione alla realtà rappresentata.

-Un altro espediente tecnico è la rinuncia alla descrizione dei moti d’animo dei
personaggi,rappresenta le vicende evitando in le complesse analisi psicologiche di natura
romantica,tipica del narratore onniscente.Poichè il narratore non conosce i pensieri dei
personaggi,la loro indole i loro sentimenti devono trasparire direttamente dalle loro azioni e dalle
loro parole.

-Per conferire al racconto l’immediatezza della testimonianza orale,adotta il il “discorso indiretto


libero” ,che consiste nel riportare parole o pensieri dei personaggi in forma diretta non introdotti
né da verbi di “dire” né da segni di interpretazione;questa tecnica è detta anche “discorso
vissuto”,e permete di alternare alla voce del narratore la voce di molti altri personaggi
rappresentati,ottenendo una narrazione polifonica e corale.

Anche la lingua non è aulica o letteraria,consiste in una simulazione della lingua parlata dei ceti
bassi nella Sicilia postunitaria.In esso abbondano usi sintattici scorretti,espressioni
proverbiali,modi di dire e termini dialettali.Non adotta il dialetto sicialiano,con il quale avrebbe
ottenuto il massimo del realismo,perché desidera che la sua opera sia fruibile da un pubblico vasto
e nazionale.

PUNTI ESSENZIALI DEL PROGETTO LETTERARIO VERGHIANO


1)INVENTARE UNA FORMA INERENTE AL SOGGETTO,il ciclo dei vinti prevede non solo 5 temi sociali differenti ma
anche altrettante soluzioni stilistiche,ciascuna adeguata al diverso argomento.
2)L’AUTORE DEVE SPARIRE,la narrazione deve avvenire attraverso la prospettiva dei persoonaggi secondo il “principio
dell’impersonalità”
3)DEVONO CADERE GLI ARTIFICI NARRATIVI DELLA TRADIZIONE MANZONIANA,il narratore onniscente,la
presentazione dei personaggi,la descrizione dei luoghi,ecc..Non devono esistre più.Tutta la narrazione deve essere
condotta dal basso,raccogliendo le voci dei personaggi e della comunità arcaica in cui vivono.
4)OCCORRE PERCIO’ INVENTARE NUOVI ARTIFICI NARRATIVI,per esempio inserisce all’inizio ampie scene corali in cui i
personaggi possano comparire direttamente in cui scena.
5)CERCARE NUOVI SOLUZIONI LINGUISTICHE,in grado di esprimere la prospettiva popolaresca.Occorre vedere la realtà
attraverso i loro occhi,raccontarla attraverso la loro immaginazione e la loro cultura.
6)NE CONSEGUE IL RIFIUTO DI UN “SUCCESSO FACILE”dovuto al carattere radicale del rinnovamento formale..VERGA
COMPIE UN’AZIONE CONSAPEVOLE DI ROTTURA E DI AVANGUARDIA PER FONDARE UN NUOVO TIPO DI
ROMANZO,DIVERSO DA QUELLO ROMANTICO E DA QUELLO SCAPIGLIATO.
LA POETICA VERISTA + LETTERA DEDICATORIA A FARINA,L’AMANTE DI GRAMIGNA
L’approdo di Verga al Verismo è frutto di una lenta e progressiva individuazione di nuovi strumenti
e tecniche espressive.Il realismo a cui ambiva già nei primi romanzi si traduce nella messa a punto
dei canoni di una narrativa caratterizzata dal PRINCIPIO DELL’IMPERSONALITA’,l’autore si eclissa
dalla narrazione.Tale scelta stilistica è chiaramente espressa nella lettera dedicatoria a Salvatore
Farina alla novella “L’amante di Gramigna in Vita dei Campi”.La necessità di eclissarsi per poter
conservare la lucidità di analisi e per non interferire con giudizi e commenti,ha lo scopo di far si
che l’opera d’arte sembri “essersi fatta da sé”Se la lettera all’amico Farina contiene precisi
elementi di tecnica narrativa,nella prefazione ai Malavoglia precisa il suo particolarissimo approcio
al clima positivista di quegli anni definisce la sua posizione in merito al progresso,individuato
come motore fondamentale della storia umana.Dunque lui accetta la concezione deterministica
della realtà propria della cultura positivista,ma rifiuta la fiducia nel progresso che era alla base
dell’ottimismo degli intellettuali contemporanei:il costo di questo incessante moto universale è la
sconfitta degli individui più deboli che dal progresso restano travolti.
Nella prefazione,Verga si rivolge all’amico Farina,direttore della “rivista minima”,su cui il racconto
fu pubblicato per la prima volta nell’80 con il titolo “L’amante di Raya”,Verga enuncia in forma
sintetica ma con estrema chiarezza le novità della sua poetica verista,in relaione sia ai
contenuti(realistici e tratti dalla cronaca”,sia alla forma(popolare e immediata)sia alle tecniche
narrative,basate sul principio dell’impersonalità.Lo scrittore ha dunque il compito di rappresentare
oggettivamente la realtà dei fatti,ricostruendo in “modo scientifico”le cause e i moventi psicologici
dei personaggi,senza esprimere giudizi,ne opinioni personali,in modo che l’opera d’arte sembra
essersi fatta da se.
Fin dalle prime battute, nell’intento di offrire all’amico una chiave di lettura del racconto, Verga
ne dichiara il carattere verista: si tratta di un testo che narra fatti realmente accaduti, di un
«documento umano» che il narratore riporta così come l’ha sentito raccontare «pei viottoli dei
campi, press’a poco colle medesime paro-le semplici e pittoresche». Verga espone il
principio dell’impersonalità, dell’eclissi dell’autore, il quale deve mettere il lettore di fronte al
«fatto nudo e schiet-to» in modo che la psicologia dei personaggi sia ricavata dai loro
comportamenti, dalle loro stesse parole.L’approccio di Verga al «misterioso processo» delle
passioni è quello caro ai naturalisti e ai veristi che si ri-fanno al Positivismo: il meccanismo
delle passioni, non diversamente da altri aspetti della realtà, è determinato da nessi di causa ed
effetto, perciò si presta a essere indagato «con scrupolo scientifico», secondo uno «svi-luppo
logico, necessario». Dunque il narratore si deve limitare a ricostruire pochi passaggi
indispensabili, «il punto di partenza e quello d’arrivo», sulla base dei quali il lettore può ricostruire
l’intero processo. Il nuovo metodo di indagine è l’analisi; e l’analisi di una passione esclu-de
l’approccio soggettivo, la partecipazione intuitiva ed emotiva. Trattando in modo “scientifico”
le passioni l’autore otterrà una «catastrofe», cioè una conclusione «meno impreveduta,
meno drammatica, forse, ma non meno fatale».L’ultima parte della lettera ne costituisce il
punto essenziale. In essa si afferma che un romanzo raggiungerà il più alto grado di perfezione
quando l’unità delle sue parti, l’armonia della sua forma, la rispondenza al vero dei suoi
contenuti saranno così perfette che la mano dell’artista risulterà invisibile e il romanzo «avrà
l’impronta dell’avvenimento reale» e «l’opera d’arte sembrerà essersi fatta da sé». L’opera d’arte,
in altri termini, sarà veramente tale quando in essa non si riuscirà più a co-gliere l’impronta
dell’autore, la sua deformante visione soggettiva («peccato d’origine»).

NEDDA
Momento di svolta dalla narrativa mondana ai soggetti rusticani, la novella narra la dolorosa
vicenda di una povera raccoglitrice di olive emarginata perché “disonorata” e costretta a vivere di
stenti in una socie-tà moralista e perbenista. Siamo ancora lontani dalla poetica dell’impersonalità
e la protagonista conserva alcuni tratti dell’eroina romantica in lotta contro le avversità del destino
e i pregiudizi sociali; scopo di-chiarato è muovere a compassione le lettrici borghesi di fronte a una
sorte tanto dolorosa e ingiusta.L’approdo di Verga a una piena poetica verista si può considerare
soltanto a partire dalla stesura nel 1878,della novella,Rosso Malpelo,inclusa poi nella” Vita dei
campi”.,
VITA DEI CAMPI
una raccolta di otto novelle(Fantasticheria,Jeli il pastore,Rosso malpelo,La lupa,cavalleria
rusticana,L’amante di gramigna,Guerra di santi,Pentolaccia) pubblicata da Treves nel
1880;l’ambientazione delle novelle è quella della campagna siciliana,scegliendo di descrivere le
difficili condizioni di vita degli umili contadini della sua Sicilia in modo realistico e concreto.I
principi veristi vengono ribaditi nella novella-manifesto “Fantasticheria” e nella prefazione a
“L’amante di Gramigna”.Alcune novelle si caratterizzano per l’aspetto rurale,per l’estensione breve
e la tecnica narrativa drammatica,che si conclude con un finale tragico,altre invece risultano
accomunate dall’analisi articolata di un singolo personaggio,drammaticamente segnato
dall’emarginazione,mentre le tecnciche espressive adottate predevedono l’adozione dell’artificio
della regressione e di un linguaggio riproduce la parlata popolare.

(BRANO)ROSSO MALPELO

Rosso malpelo è il primo testo propriamente verista di Verga.Pubblicata una prima volta in quattro
puntate sul quotidiano “il fanfulla”con il sottotitolo “scene popolari”nel 78,venne inserita nell’80
nel volume di racconti “Vita dei campi”e nel 97 subi alcune variazioni rispetto all’originale e si
caratterizza per una più matura adozione del canone dell’impersonalità.
COMPRENSIONE
La novella,ambientata in Sicilia e il protagonista della vicenda è Malpelo,il quale conduce una vita
di stenti lavorando in una cava di sabbia,emarginato dagli altri operai e privo di affetti familiari.Suo
padre,l’unico a cui Malpelo fosse davvero legato,è morto nella cava,seppellito da un crollo durante
il lavoro.Le sue tristi esperienze fanno si che egli elabori una visione della vita cinica
apparantemente:lui si adatta all’imagine negativa che tutti hanno di lui e si limita a una sorta di
resistenza passiva,accettando ogni tipo di sopraffazione.Anche nei confronti di Ranocchio ,un
ragazzo zoppo che diventa suo compagno di lavoro,Malpelo ha un atteggiamento ambiguo:lo
protegge ma al tempo stesso lo tratta con durezza per educarlo alle asprezze della vita.
STRUTTURA
Ha una struttura molto diversa da quella dei racconti tradizionli,infatti la narrazione non segue in
maniera rigorosa la successione cronologica,ma alternandosi tra flashbacks e anticipazioni,si
sviluppa intorno ad alcuni eventi di importante rilievo.Verga più che narrare dei fatti,vuole
rappresentare un preciso ambiente sociale,quello della cava e lo propone al lettore mediante il
punto di vista di coloro che vi lavorano.

Seguendo i principi del naturalismo,intende descrivere una vicenda


contemporanea,un”documento umano”realistico e rappresentativo di una concreta realtà
sociale.Sceglie quindi di illsutrare,attraverso una vicenda verosimile,la piaga del lavoro minorile
nelle cave di sabbia della Sicilia,un problema reale,che era stato oggetto anche dell’inchiesta
sociale di Franchetti e Sonnino nel 1896.Inoltre applica le teorie del darwinismo,mostrando come
ogni personaggio,soprattutto se umile,sia influenzato nel suo agire da fattori quali l’ereditarietà e
l’ambiente,all’interno di un meccanismo sociale in cui domina la “lotta per la vita”e in cui i più
deboli sono destinati ad esseri vinti.Il mondo della cava di Malpelo è dominato dalla legge
dell’egoismo,dell’utile economico e della sopraffazione.Come osserva Luperini i personaggi si
distinguono i due gruppi:i sopraffattori e le vittime.In questo mondo non c’è spazio per gli
affetti ,neanche nell’ambito familiare.Malpelo si rapporta solo agli altri vinti,verso i quali ha
tuttavia un atteggiamento ambiguo:è legato a Ranocchio ad es.ma nonostante il grande affetto,la
tratta duramente per insegnarli le dure regole della vita.Malpelo rispetto agli altri lavoratori della
cava è un escluso ,per il suo colore di capelli,diversificandolo e facendo nascere dei pregiudizi
negativi sul suo conto.I suoi sentimenti non sono compresi ne dalla madre ne dagli altri
operai.Soltanto crescendo il ragazzo impara a sue spese la dura legge che domina quel mondo e
consapevolmente vi si adegua,portandolo all’elaborazione di una vera e propria filosofia di vita:il
mondo si divide in vittime e oppressori ed egli accetta il suo ruolo di vittima cercando di
sopravvivere di difendersi al meglio delle sue forze.

La novitò principale di essa,consiste nella pecularietà delle tecniche narrative.Qui per la prima
volta,attua “l’artificio della regressione”.Lui non esprime in modo diretto le proprie opinioni e i
propri giudizi ma delega il racconto a un narratore anonimo popolare,interno alla vicenda
rappresentata.Tutta la vicenda viene quindi descritta dal punto di vista dei lavoratori della
cava.Ricorre spesso anche al discorso indiretto libero,in modo che la narrazione assuma questo
tono corale.

(BRANO)LA LUPA
“La lupa” viene pubblicata per la prima volta in rivista nel 1880 e inserita poi nella raccolta “Vita
dei campi” .Essa si ispira secondo i criteri del Naturalismo e Verimo,alla vicenda reale di una
contadina vissuta nelle terre siciliane di proprietà dell’amico Capuana.Da questo spunto ricava un
potente dramma di amore e di morte,in cui domina la figura della gnà Pina.
La struttura del racconto è compatta e dinamica,si incentra con frequenti ellissi temporali,sui
momenti salienti dello sviluppo narrativo:la passione della protagonista per il giovane Nanni,la
resistenza dell’uomo alle avances della donna,il matrimonio di Nanni con Maricchia,la relazione tra
la Lupa e il genero.Il contesto,pur descritto realisticamente(quindi il lavoro nei campi,le abitudini
paesane,i riti religiosi e le superstizioni popolari)risulta però privo di precise determinazioni
spaziali e temporali.Si parla genericamente del villaggio e il tempo è scandito soltanto dalle
festività religiose e dalle stagioni.
Il racconto è incentrato sulla figura della protagonista,su cui si apre l’incipit che ci mette subito di
fronte a questa contadina.Dominata dalla pulsione erotica,incarna le forze istintuali della
natura,con la quale si identifica fino al sacrificio finale.Emarginata dalla società,che esclude e la
rifiuta,la donna viene presentata come una figura quasi mitica,una sorta di creatura
demoniaca,che con la sua opera sedutiva,piega personaggi al proprio volere,ma cade infine vittima
della propria passione.
Nella vicenda narrata si scontrano due opposti sistemi di valori:La lupa rappresenta l’amore-
passione che non si cura delle convenzioni.Nanni è invece ben inserito nel contesto sociale e
agisce in base ai criteri di opportunità economica.La Lupa è quindi come Rosso malpelo,vinta da
una società che si basa sull’utile economico,calpestando sentimenti e pulsioni.
Nelle scelte espressive Verga resta fedele al principio della regressione dell’autore,affidando la
narrazione a un anonimo narratore popolare,chiaramente malevolo verso la protagonista che si
esprime in un linguagio fitto di espressioni popolari e proverbiali.

-NOVELLE RUSTICANE
La raccolta viene pubblicata nel 1882 e comprende dodici novelle già apparse in rivista negli anni
precedenti:”Il reverendo,cos’è il Re,Don Licciu Papa,Il mistero,La Malaria,La roba,Gli orfani,La
libertà,Pane nero,I galantuomini,Di là del mare,Storia dell’asino di San Giuseppe.L’ambientazione è
il mondo contadino della Sicilia presentato in Vita dei campi,ma con uno scenario sociale più
articolato e ampio.Accanto agli umili braccianti,vi sono anche esponenti dei ceti più elevati,i
rappresentanti dei poteri locali e i nuovi ricchi,mentre al tema della lotta per i bisogni materiali si
affianca la rappresentazione delle tensioni sociali e dei conflitti politici legati
all’unificazione(Libertà e Cos’è il Re).Inoltre le vicende narrate non sono incentrate su singoli
personaggi come ad esempio Rosso Malpelo o La lupa,ma prediligono situazioni collettive e
corali.La visione di Verga qui approda a un più cupo e sconfortato pessimismo.I protagonisti delle
novelle,abbandonata ogni idealizzazione del mondo degli umili,sono dominati dalla legge egoistica
dell’accumulo di ricchezze e dalla smania della “roba”,in una realtà in cui l’unico valore è il
profitto.Ne “La roba”,il protagonista Mazzarò,anticipa per molti aspetti il protagonista di Mastro
don-Gesualdo.

(BRANO)LA ROBA

Pubblicato sula rivista “La rassegna settimanale” nel 80 e in seguito inserita nella raccolta Novelle
Rusticane,il racconto indica con chiarezza gli sviluppi della ricerca verghiana successiva ai
Malavoglia,in particolare per la centralità del tema economico,che lo accomuna a Mastro Don
Gesualdo.
Trama

Un contadino siciliano di umili origini di nome Mazzarò, dopo aver lavorato sodo per un lungo periodo della
sua vita alle dipendenze di un padrone, riuscì grazie alla sua forza di volontà e avidità ad accumulare una
ricchezza considerevole.Mazzarò possedeva fattorie, grandi come piccoli villaggi, con magazzini che
sembravano chiese, possedeva un numero incredibile d’ uliveti, di vigne, aveva tantissima roba,nel senso
possedeva molte terre e ricchezze materiali.Mazzarò è descritto come un umile brcciante che all’apparenza
non valeva niente ma che con ingegno e astuzia era riuscito a diventare padrone di molte terre, rispettato
da tutto il paese, di carattere umile e gran lavoratore,;era famoso, oltre che per la sua ricchezza, per la sua
avidità, per lui i soldi non erano un mezzo per migliorare la propria condizione di vita, ma solamente un
continuo accumulare di terre e ricchezze senza godersele; infatti, nonostante fosse ricchissimo, mangiava
poco, inoltre per non spendere troppi soldi, non fumava, non beveva vino, n non aveva nessun vizio e
addirittura per risparmiare invece di tenere il cappello siciliano di seta come i baroni, teneva un cappello di
feltro, come i più umili contadini.Mazzarò era così attaccato alla sua roba, perché si ricordava quando negli
anni passati doveva lavorare duramente ,a volte fino a 14 ore al giorno,senza mai smettere, quindi per lui
ora era un’ esigenza normale accumulare ricchezze su ricchezze, senza mai riposare.L’unico problema di
Mazzarò era quello di non avere nulla oltre alla sua roba, nessun affetto, nè figli, nè cugini, nè parenti, a cui
donare le terre dopo la sua morte e visto che per lui si stava avvicinando il periodo della vecchiaia, il solo
pensiero di dover abbandonare le sue terre lo faceva dar di matto, talmente matto che arrivava ad
ammazzare le sue bestie a colpi di bastone strillando:” Roba mia vientene con me”,perché riconosce il suo
fallimento esistenziale.

-Il suo protagonista,Mazzarò,è un abbozzo di Mastro-don Gesualdo: come lui, infatti, è riuscito ad arricchirsi
grazie al proprio duro lavoro, ad accumulare "roba" nonostantele proprie umilissime origini.

-Egli si è impadronito di beni(le terre, il castello) un tempo appartenuti al potente barone per cui aveva
lavorato, incapace di conservarli; Mazzarò manifesta un forte disprezzo il suo stemma nobiliare, dal suo
punto di vista simbolo di inettitudine ed inaffidabilità.

-Nonostante Mazzarò rappresenti il riscatto di un bracciante poverissimo, sottrattosi alle antiche


umiliazioni, egli non è un eroe positivo,perché è destinato come tutti ad essere travolto da un destino
infelice: la sua ricchezza non migliora né la società né la sua vita, ma è del tutto fine a sé stessa; perfino
la sua disperazione in punto di morte dipende dal suo non poterne accumulare ancora(di qui l'istinto di
distruggere tutto).Sul punto di morte lui si rende conto del proprio fallimento,e proprio da questo nasce il
gesto finale del protagonista di trascinare nel nulla con sé anche i propri averi.

- In questa novella si trovano diversi esempi della tecnica dello straniamento, in base a cui gli
avvenimenti sono narrati utilizzando il modo di pensare dei personaggi della storia stessa,in questo caso
dei compaesani di Mazzarò, o di lui stesso: il narratore non disapprova mai Mazzarò, né i sistemi talvolta
illeciti con cui è riuscito a diventare ricco, la sua avarizia, la sua aridità sentimentale, la sua brutalità nei
confronti dei lavoratori a lui sottoposti.

-Tutta la novella è incentrata sull’ambiguità della parabola di Mazzarò,che oscilla tra il mito eroico
dell’uomo della roba e il fallimento esistenziale di un vecchio contadino senza affetti.Quindi lui di fronte alle
regole economiche del mondo e della società sembra un vincente,poiché possiede e domina i suoi averi,ma
in realtà,di fronte alla morte e alla necessità di un bilancio di vita,risulta un fallito,uno sconfitto,poiché si
dispera tanto da voler trascinare nel nulla con sé i propri beni.
(BRANO)LA LIBERTA’

Pubblicata per la prima volta su “La domenica letteraria”nel 82,la novella entra poi a far parte
delle Novelle rusticane,pubblicate l’anno dopo.Essa si ispira a un fatto storico,cioè alla rivolta
contadina scoppiata nell’agosto del 60 a Bronte,un paese alle falde dell’Etna.Garibaldi,sbarcato in
Sicilia,aveva infatti promesso la ridistribuzione delle terre del latifondista ai contadini.In seguito
alla mancata attuazione del proclama,i contadini insorsero e fecero strage dei notabili del luogo.La
rivolta fu poi duramente repressa da Bixio.Verga in parte rielabora gli eventi,facendo si che
l’episodio narrato diventi una sorta di apologo sull’ambiguità del concetto di giustizia,e soprattutto
sulla vanità di ogni tentativo di modificare l’ordine costituito..

-il racconto si suddivide in 3 sequenze:la prima descrive in modo teso e concitato,lo scoppio
l’infuriare della violenta rivolta popolare,che sfocia in una cruenta strage.la seconda rappresenta
le incertezze dei contadini dopo la rivolta e la dura repressione da parte di Bixio e la terza narra il
processo che si svolge a Catania e porta alla condanna deli insorti,mentre al paese la situazione
ritorna alla normalità.La novella sfrutta il fatto storico per dimostrare la sua tesi:l’impossibilità di
ogni mutamento dell’ordine sociale.Verga constata che anche quando la gerarchia sociale
esistente porta al sopruso dei più forti sui più deboli,ogni tentativo di ribellione è destinato
inevitabilmente a fallire,sfociando in una sterile violenza incapace di proporre alternative.La
posizione dell’autore verso i contadini,prima protagonisti e poi vittime di un vano desiderio di
libertà,è ambigua:egli comprende le loro motivazioni,condanna la brutalità del loro agire e alla fine
attraverso un’amara ironia,esprime compassione per le loro vane speranze di miglioramento
sociale.Le tre parti sono tra loro diverse anche nelle tecniche narrative:la prima è dinamica e
drammatica,rappresentata attraverso il succedersi di frasi brevi e spesso nominali in cui ricorre il
discorso diretto corale.Nella seconda parte il ritmo si fa più lento e pacato,assecondando la
riflessione con uno stile che tende alla subordinazione e utilizza l’imperfetto.Alla fine il tempo della
storia di dilata(il processo dura tre anni).

IL CICLO DEI VINTI


Dopo il successo di Nedda, incoraggiato dall’editore Treves, Verga iniziò un altro bozzetto siciliano,Padron
‘Ntoni,che da semplice novella divenne poi romanzo, e addirittura il primo di un ciclo di ben cinque romanzi
(l’idea venne probabilmente dal ciclo dei Rougon-Mac-quart di Zola) intitolato dapprima “ciclo della Marea”
e successivamente “il ciclo de i vinti”.
Possiamo ritrovare le linee-guida di questo ciclo,l’accento a questo progettp in alcune lettere e poi,
soprattutto ribadito nella Prefazione ai Malavoglia (1881). I cinque romanzi (I Malavoglia, Ma-stro-don
Gesualdo, La duchessa de Leyra, l’Onorevole Scipioni e L’uomo di lusso) dovevano rappresentare
complessivamente, come agisce la spinta al miglioramento e al progresso sui diversi ceti sociali,a partire dai
più umili fino ai più elevati,applicando il principio darwiniano della “lotta per la vita”che vede i più forti
prevalere sui più deboli, i più umili,destinati inevitabilmente alla sconfitta.I Malavoglia intendeva analizzare
la lotta per i bisogni materiali al livello più basso della scala sociale,Mastro don Gesualdo ,l’attenzione si
sposta sull’aspirazione alla ricchezza e alla nobilitazione sociale.La duchessa di Leya tratta l’ambizione
aristocratica,l’Onorevole Scipioni la brama di successo in ambito politico e l’Uomo di lusso il desiderio di
affermazione dell’artista. Il progetto rimase incompiuto: Verga non andò oltre l’abbozzo dei primi capitoli
della Duchessa de Leyra. La rivoluzionaria tecnica narrativa adottata, e in particolare la rinuncia al narratore
onnisciente, è probabilmente la causa dell’incompiutezza del ciclo. Se infatti era possibile rappresentare la
psicologia elementare delle classi più umili attraverso la mera descrizione del comportamento esteriore, la
cosa si rivelava irrealizzabile affrontando i più alti livelli sociali, dove le convenzioni, l’educazione, la cultura,
oltre a rendere estremamente complesso il mondo interiore dei personaggi, alimentano la dissimulazione e
impongono una “maschera”

I MALAVOGLIA
La prima ideazione di un romanzo incentrato sulle vicende di un’umile famiglia di pescatori siciliani risale al
1875,anno in cui Verga comunica all’editore Treves di aver composto un bozzetto dal titolo “Padron
Ntoni”.A questo spunto iniziale l’autore lavorò a lungo,ampliandolo e modificandolo in rapporto alla
progettazione,intorno l 1878,del ciclo dei vinti.Dopo una lunga gestazione,il romanzo viene pubblicato nel
1881 e incompreso dal pubblico e dalla critica per il suo carattere profondamente innovativo.

PREFAZIONE MALAVOGLIA.
Nella Prefazione ai Malavoglia Verga appare convinto dell’esistenza di una legge universale che governa
tutti i destini umani, legge di cui i romanzi dovevano fornire la conferma e che consiste in questo: la vita
umana a ogni livello è agitata da una lotta di tutti contro tutti senza pietà e senza quartiere, lotta governata
dal più sfernato egoismo e in cui il calcolo e l’interesse sono gli unici criteri di scelta. In un simile contesto i
deboli sono destinati a scoccombere e i forti a prevalere e non ha più senso parlarte di “vizi” e “virtù”, per-
ché essi presuppongono la libera scelta dell’uomo (il libero arbitrio), mentre invece per Verga il comporta-
mento umano è determinato senza scampo dalle leggi brutali della lotta per la sopravvivenza e
l’autoaffermazione. Questa lotta provocata dalla «ricerca del meglio» è motore della società e della storia
umana. Il “progresso infinito” (idea di matrice positivista), se osservato concentrando l’attenzione sui
destini individuali, appare a Verga nient’altro che una brutale macina da cui nessuno, a nessun livello
sociale, può salvarsi: il vincitore che oggi si impone schiacciando il vinto sarà schiacciato a sua volta dai
vincitori di domani.

Nella LETTERA A CAPUANA,afferma un metodo di ricerca e un attegiamento esistenziale e psicologico,si


propone di non copiare dal vero la vita di Acitrezza ma di ricostruirne intellettualmente,cioè
scientificamente un paese siciliano tipico,servendosi di elementi sociologici e etnologici.Nella ricostruzione
intellettuale si mescolano:esigenze di distacco scientifico e di”ricostruzione in laboratorio”di un fenomeno
sociale;posizioni ideologiche che si rifanno all’anticapitalismo romantico e alle teorie di Sonnino e
Franchetti(….),.Vuole inoltre esprimere una ideologia e un sentimento che la distanza geografica rende più
chiari e vivi ,cioè l’ideologia di una serena realtà arcaica-rurale contrapposta alle passioni turbinose delle
grandi città e il sentimento di nostalgia per l’esserne lontano e separato.

COMPONENTI FONDAMENTALI DEL ROMANZO---APPUNTI ZACCARA--


-Documentaria-sociologica ed etnologica=nasce dalla poetica del Verismo,Verga si avvale soprattutto
dell’Inchiesta in Sicilia di Franchetti e Sonnino.Riprende una serie di temi,come la corruzione del ceto
amministrativo,i danni della leva militare,la tassazione che colpiva solo i poveri e il contrabbando,e inoltre
usa delle tesi di fondo su cui è costruito il romanzo,ossia,l’usura è il cancro che distrugge la
Sicilia,l’economia siciliana,impedendo lo sviluppo della piccola proprietà.(il piccolo proprietario è Padron
Ntoni e l’usuraio è zio Crocifisso).
Un'altra componente è la- lirica-simbolica,he rivela la presenza in Verga di un elemento soggettivo e
romantico.
Inoltre si serve degli studi di folclore ed etnologia di PITRE’ e RAPISARDA,soprattutto le loro raccolte di
proverbi.Pitrè uno scrittore,letterato,antropologo italiano.Noto soprattutto per il suo lavoro nell’ambito del
folclore regionale.Fu il più importante raccoglitore e studioso di tradizioni popolari sicialiani,e Rapisardi che
fu un attore del teatro dialettale siciliano.In questo modo lui cerca di” ricostruire in laboratorio”,la realtà di
un paese siciliano con le sue stratificazioni sociali,i suoi riti e costumi.Egli cala poi il paese costruito in un
paese reale quello di Acitrezza.Il suo lavoro è contemporaneamente astratto perché il paese da lui descritto
non corrisponde alla realtà del paese siciliano,e concreto poiché il paese ricostruito ha in sé gli effettivi
caratteri sociali ed etnologici di un paese siciliano intorno al 1870.Il romanzo si divide in tre parti:PRIMA
PARTE,lui fa una premessa,riassumendo gli avvenimenti tra il dicembre 1863(il giovane Ntoni è chiamato
alla leva)e il settembre 1865(acquisto dei lupini e partenza della Provvidenza)avventimenti che durano 4
giorni.Il tempo della storia è molto breve e il tempo del racconto invece è molto lento e dilatato.Verga deve
fare in modo che il letto riconosca a poco a poco tutti i personaggi.Poi vi è la PARTE CENTRALE,in cui il
tempo della storia si allarga mentre si restringe quello del racconto,poiché il periodo raccontato
corrisponde a 15 mesi(1865 fino al 1866)e infine la terza parte copre il periodo di parecchi anni(1867-
1878)il tempo della storia diventa molto lungo e quello del racconto invece si è fatto molto breve.Nelle
prime due parti sono in primo piano il paese,mentre nella TERZA PARTE sulla scena vi è quasi soltanto la
famiglia Malavoglia e il protagonista diventa il giovane Ntoni. il CONTRASTO TRA IL GIOVANE NTONI E IL
NONNO diventa dunque esplicit, il nonno che rappresenta le leggi patriarcali dell’onore e del lavoro e il
nipote che rappresenta la legge”moderna” dell’utile e della ricchezza.Con l’addio finale di Ntoni Vera
esprime il suo doloroso commiato dal mondo arcaico,in cui è ancora possibile quella legge della
ripetizione,quella vita ciclica e naturale,che altrove la modernità ha distrutto

Il paese è rappresentanto in modo circostanziato,ossia in Piazza ad esempio vi sono gli uomini d’affari,in
farmacia gli intellettuali del paese,nell’osteria i proletari,alla fontana le donne.Nonostante ciò non abbiamo
una rappresentazione minutamente realistica del villaggio.Il tempo e lo spazio di Acitrezza non sono solo
documenti ma anche SIMBOLI,sono le coordinate del luogo del rimpianto e della nostalgia,ma dei valori di
una società minacciata dal progresso ,ma ancora capace,in alcuni dei suoi rappresentanti(Padron
Ntoni,Mena,Alessi)di sentimenti e di ideali morali.L’addio finale di Ntoni è lo stesso di Verga che lasciato
alle spalle la società arcaica- rurale perché solo cosi facendo lo scrittore può vivere all’altezza dei tempi e
rappresentarli efficacemnte.Il mondo patriarcale della Sicilia appartiene ormai al passato,per questo
l’autore è costretto a darli un COMMIATO NOSTALGICO.

|||Sul piano tematico,la vicenda del romanzo si basa sulla contrapposizione tra due visioni del mondo
antitetiche,ossia la fedeltà ai valori tradizionali,”alla religione della famiglia”(ossia un nostalgico rimpianto
per un mondo di valori autentici che appartiene all’universo patriarcale e arcaico-rurale e che non è più
riscontrabile nella società moderna.”L’esaltazione dell’ideale dell’ostrica”,dell’attacamento alla
famiglia,all’onore,al lavoro,più volte ripetuta attraverso le parole di padron Ntoni,e al contrasto dunque con
l’irrompere della modernità del progresso,fondati sulle regole utilitaristiche del profitto.Al partire dal
momento in cui i Malavoglia,nel desiderio di raggiungere un miglioramento economico ,tentano l’affare dei
lupini,inizia per loro una serie di inarrestabili disgrazie e lutti,che porta la famiglia infine a disgregarsi.Verga
intende dunque mostrare gli effetti negativi del progresso sui ceti più umili,destinati a essere travolti dalla
modernità e dalle dure regole della lotta per la vita.

|||La contrapposizione fra tradizione e modernità caratterizza l’intera struttura del romano a partire dal
SISTEMA DI PERSONAGGI.Nella prima parte l’opposizione incarna l’antitesi tra la purezza morale dei
Malavoglia e la comunità interessata del villagio di Acitrezza e,in particolare tra Padron Ntoni che
impersona la morale patriarcale,gli ideali del lavoro e dell’onestà,la fedeltà alla “religione della famiglia” e
l’usuraio zio Crocifisso che incarna invece la brama di guadagno,ispirandosi solo a un cinico egoismo.La
brama del guadagno induce anche Padron Ntoni a intraprendere l’affare dei lupini,ed è ciò che mette in
moto la macchina narrativa del romanzo.Nella parte centrale del romanzo,l’antitesi fra tradizione e
innovazione,si ripropone all’interno della famiglia,e oppone Padron Ntoni deciso a ripagare il debito
d’onore e a recuperare la “casa del nespolo” al nipote Ntoni che ormai incapace di accontentarsi di una vita
di stenti e desideroso di nuove esperienze.Cosi anche lo spazio e il tempo all’interno del romanzo ha una
doppia valenza,al mondo chiuso di Acitrezza,si oppone lo spazio aperto della città,luogo misterioso e fitto di
pericoli.Padron Ntoni è l’eroe del mondo del passato,un personaggio monologico(parla un unico
linguaggio)come quelli dell’epoca antica.Conosce e attesta un’unica verità quella della sagezza antica,Ntoni
invece incarna l’eroe del mondo del presente,è un personaggio problematico,scisso tra sistemi di valori
contrapposti ,quello della famiglia e quello della città,quello della tradizione e quello della modernità.Usa
vari linguaggi,quello dei proverbi,ma anche quello dei giornali e della politica.Lui è un personaggio
romanzesco poiché conosce la tentazione,l’errore,il travaglio interiore,ed è inoltre il personaggio più
autobiografico del romanzo.Al pari di Rosso malpelo è anche lui un “diverso” e un escluso.L’opposizione
finisce per penetrare all’interno della stessa famiglia ,dividendo in due gruppi i nipoti:NTONI sedotto e
accecato dalla modernità e LIA corrotta dal desiderio di ricchezza ;e poi abbiamo ALESSI rispetta la legge
patriarcale del nonno,MENA si uniforma sempre alle leggi della “religione della famiglia”

|||Dal punto di vista delle scelte formali,nei Malavoglia applica ormai la poetica verista compiuta,dunque
evita di esprimere giudizi espliciti; narra le vicende secondo un’ottica dal basso:,affidando la narrazione a
un coro di parlanti popolari all’interno al villaggio di Aci Trezza,e la sua novità stilistica è dunque quella di
riportare una fitta rete di voci narranti popolari.Adotta l’uso del discorso indiretto libero,unita all’uso di un
linguaggio che rispecchia il parlato siciliano dei ceti bassi,e ciò fa si che la vicenda venga raccontata
attraverso le parole dei protagonisti con esiti di assoluto realismo.Sul piano linguistico,Verga non usa il
dialetto ma un italiano parlato cosi come lo parlano i siciliani dotati di una certa cultura,un”parlato” che
conserva le sfumature del dialetto,del tutto originale,in cui si avverte quasi la gesticolazione del
parlato,caratterizzato dall’uso frequente di proverbi e sentenze.Attraverso questi artifici,adotta per tutta la
narrazione UN’OTTICA NUOVA,DI UN NARRATORE POPOLARE,però il punto di vista della voce narrante non
coincide con quella dell’autore.L’autore sparisce regredendo in un narratore incolto o primitivo(ARTIFICIO
DELLA REGRESSIONE)adotta punti di vista variabili nel corso della storia,ora identificandosi con i
Malavoglia,ora invece con l’ottica degli abitanti del paese,che spesso non comprendono le ragioni e i valori
dei protagonisti,con un effetto di STRANIAMENTO.Quindi questa divergenza tra narratore e autore crea la
possibilità di un giudizio diverso rispetto a quello della voce narrante.

MASTRO DON GESUALDO

TRAMA

E’ ambientato nella cittadina siciliana di Vizzina nella prima metà dell’ottocento e narra la parabola di
ascesa e declino di Gesualdo Motta.Un umile muratore (“un mastro” appellativo utilizzato all’epoca per
indicare gli artigiani e operai specializzati)Lui a prezzo di sgrandi sacrifici e tanta determinazione diventa un
ricco proprietario terriero e un grande uomo d’affari.Il tentativo di elevare la sua posizione viene sancito dal
suo matrimonio con Bianca Trao , di famiglia nobile ma decaduta ,(cosi Gesualdo un “Don”,ovvero un
personaggio di rilievo).Ma l’ascesa economica e sociale comporta per Gesualdo la rinuncia agli effetti più
sinceri e disinteressati(come l’amore per Diodata,la serva-amante che gli ha dato due figli)e l’ostilità e la
diffidenza da parte dell’aristocrazia locale,quindi un totale fallimento esistenziale. Il matrimonio inoltre, si
rivela anche infelice a causa della diversa mentalità ed educazione dei due.A ciò si aggiunge l’intricato
rapporto con sua figlia Isabella,sulla cui paternità si insinua il dubbio, poiché si pensa che possa essere figlia
di Don Nini Rubiera, con cui Bianca ha avuto una relazione prima delle nozze. Gesualdo per lei ha voluto
un’eduzione aristocratica, senza comprenderne che in tal modo l’avrebbe allontanata da lui e infine lei si
sposerà con un uomo,il duca di Leyra,un nobile che non ama che a poco a poco distruggera il patrimonio di
Gesualdo.Gesualdo ormai vedovo e malato,si stabilisce infine nel palazzo palermitano del genero,dove
conduce un’esistenza solitaria e dove muore ignorato e abbandonato da tutti,tra il disprezzo della servitù.

Esso è il secondo romanzo de “il ciclo dei vinti”;uscito a puntate nel 1888 sulla rivista “la Nuova antologia”
e l’anno successivo usci il volume di 21 capitoli uniti in 4 parti.Verga rimane fedele al progetto originario de
il “ciclo dei vinti”e in questo secondo romanzo affronta gli effetti dell’ambizione e della spinta al
miglioramente,ma in un contesto sociale più elevato rispetto alla realtà de I Malavoglia.Verga raffigura un
ARRAMPICATORE SOCIALE, un uomo che si arricchisce ma che non riesce a far dimenticare le sue origini.La
vicenda è ambientata tra il 1820-21 e il 1848-49,tra la provincia di Catanie e Palermo e sullo sfondo
possiamo trovare alcuni eventi storici di grande rilievo,come la rivolta carbonara,che in realtà avvenne nel
20,ma attribuita erroneamnete da verga al 21;un’epidemia di colera (1837);la rivoluzione del 48 e inoltre la
nascita della borghesia terriera imprenditoriale(Gesualdo) e il decadimento della nobiltà cittadina.
Gesualdo infatti rappresenta il tipo borghese,spinto nel suo agire dall’aspirazione alla ricchezza e alla
promozione sociale.Nelle sue scelte di vita è guidato esclusivamente da un criterio economico e
utilitaristico,presentando l’ossessione dell’accumulo di roba,ovvero terre e ricchezze varie,cosi da occupare
un posto onorevole nella società

-Verga anche in questo romanzo,utilizza il metodo impersonale,quindi la voce dell’autore è totalmente


assente,per condurre il racconto,utilizza una o più voci interna al mondo narrato.Quindi anche in
quest’opera Verga resta fedele a questo progetto,realizzato anche nei Malavoglia.Rispetto ai Malavoglia,il
protagonista non è più un’intera comunità,ma un singolo personaggio,un”anti-eroe”,ovvero Gesualdo.

-Ne i Malavoglia si presenta un mondo arcaico e rurale,e abbiamo una sola classe sociale.
Nel “Mastro don gesualdo” abbiamo un mondo stratificato che va dai contadini della provincia catanese
all’aristocrazia di Palermo.Nel Mastro don gesualdo,le voci,il linguaggio e i punti di vista dei personaggi si
intrecciano in una ricca polifonia che è uno degli aspetti più innovativi e moderni del romanzo.
Se nei Malavoglia all’onestà e alla laboriosità della famiglia Toscano si contrapponeva l’egoismo dei
paesani,ora vale solo la LEGGE DELLA ROBA,che dissolve la distinzione fra mondo dei sentimenti autentici
e mondo dell’inautenticità(contraddizione interna allo stesso Gesualdo).Obbedisce alla logica
economica,ma ne paga il prezzo con un senso crescente di isolamente e di rimorso nei confronti degli
affetti violati.Ha un forte senso di colpa per il padre,Diodata,Bianca,Isabella

Questo è anche un romanzo storico su trent’anni di vicende siciliane,dalla rivolta carbonara del 20 alla
rivoluzione del gennaio 1848.Si assiste alla nascita e sviluppo della nuova borghesia.Eppure in questo
romanzo storico non c’è più la fiducia romantica nella storia.Anche la politica rivoluzionaria è solo una
maschera ipocrita, dietro la quale si nascondono interessi personali.La storia stessa si dissolve nella lotta
per la vita che contrappone ogni uomo a tutti gli altri,senza progresso possibile.Alla fine anche la vita
individuale risulta priva di senso e valore.L’esistenza di Gesualdo si esaurisce nella passione divorante per
la roba nella quale va sacrificato ogni sentimento e che lo porta a una morte solitaria,desolata,senza nessun
conforto.
Questa storia di una carriera individuale che svela progressivamente la propria mancanza di senso e di
valore e si articola in 2 momenti:ASCESA e CADUTA del protagonista.
Da muratore riesce a diventare imprenditore,commerciante,speculatore,proprietario terriero.E’ un
personaggio compatto e coerente.Caratterizato da intraprendenza e capacità di mutamento.E’la perfetta
incarnazione della morale eroica dell’individualismo borghese,che nella metà dell’ottocento stava
trasformando l’Europa.

L’INCONTRO CON DIODATA=provoca una contraddizione interiore tra LEGGE DELLA ROBA e LEGGE DEL
SENTIMENTO AMOROSO,e dunque in lui si apre un conflitto.(abituato a trattare i sentimenti come
affari,pagherà con la solitudine,l’alienazione della roba.Gesualdo è un vinto nella vita affettiva.E’ artefice
del suo successo e insieme del suo fallimento.
Identifica la roba con la vita,nel momento in cui questa si vanifica,non sostenuto da nessun affetto,né da
una possibile alternativa di valori,Gesualdo percepisce l’assurdità di un’esistenza in cui la corsa alla roba si
rivela corsa alla morte.La fatica produttiva di Gesualdo non lo porta al progresso,bensi
all’autodistruzioneinteriore e infelicità.
personaggi--
Mondo dell’onore e dei valori antichi=fratelli TRAO;
Mondo della famiglia=Nunzio,padre di Gesualdo,non ha ne la dignità,ne l’eroismo di Padron Ntoni,ma è una
figura gretta e meschina.
Si va dalla nuova nobiltà(baronessa Rubiera)di origine contadina,alla vecchia nobiltà feudale(Trao) fino alla
raffinata e futile aristocrazia palermitana(Duca di Leyra).
-Le figure femminili,hanno un ruolo importante BIANCA TRAO,DIODATA,ISABELLA.Le figure femminili
rappresentano il privato,il mondo dei sentimenti e dell’eros,che non ha spazio e valore nella logica che
regola la sfera degli affari e del successo economico. Tra il mondo delle donne e quello economico non c’è
mediazione ma scontro e le donne si fanno portatrici di valori disinteressati,ma sono le prime vittime.

BRANI DE “I MALAVOGLIA”

LA FAMIGLIA TOSCANO E LA PARTENZA DI 'NTONI


Il brano, tratto dal primo capitolo dei Malavoglia, costituisce l' esordio del romanzo.
Dopo la presentazione dei membri della famiglia Toscano detti"Malavoglia" nonostante fossero
tutti buona e brava gente, quindi il contrario di ciò che sembrerebbe dal nomignolo, e della
presentazione del paese di Aci Trezza in cui si svolge la storia, la vicenda vera e propria inizia nel
dicembre del 1863 con la partenza del giovane 'Ntoni per il servizio militare, evento che segna
simbolicamente l' inizio della disgregazione del nucleo familiare dei Malavoglia.
ANALISI
Fin dall'inizio del romanzo Verga immerge il lettore senza nessuna mediazione all'interno
dell'ambiente rappresentato. La voce di un narratore popolare anonimo(contrapposto all'autore
reale, che era appunto un uomo colto) presenta i personaggi, attraverso un piccolo ritratto, così
come sono noti da sempre alla gente del paese :una famiglia unita, modesta ma laboriosa guidata
dal padron 'Ntoni.
La scelta di introdurre le vicende senza preliminari risponde al canone verità dell' impersonalità,
che prescrive di eliminare ogni intrusione soggettiva, la quale inevitabilmente di presenterebbe
qualora l'autore di soffermasse a presentare i luoghi dell'azione e i personaggi descrivendone la
personalità e le caratteristiche fisiche e sociali. È lo stesso Verga che in una lettera a Luigi Capuana
che afferma il principio in base al quale opera tale scelta, ossia creare una confusione iniziale nelle
prime pagine, catapultando il lettore senza nessuna presentazione nella vita dei Malavoglia, per
far poi scomparire questa confusione con il progredire della lettura e l'immedesimarsi nella
vicenda. Verga fa questo attraverso particolari scelte stilistiche ed espressive come:similitudini
popolari, riferimenti geografici vicini e noti, una mentalità conservatrice, proverbi tradizionali e un
linguaggio basso, tutti aspetti e particolarità utili a rendere chiara e precisa l'ambientazione e la
rappresentazione del racconto.

VISITA DI CONDOGLIANZE
Il brano, tratto dalla arte centrale del Iv capitolo dei Malavoglia, si colloca dopo il naufragio della
Provvidenza, in cui ha trovato la morte Bastianazzo ed è andato perduto anche il carico di lupini preso a
prestito dallo zio Crocifisso. Si chiude con questo brano la prima macrosequenza del romanzo, lasciando i
Malavoglia in lutto e gravati dai debiti.
ANALISI
La scena descrive la visita che, secondo l'uso, gli abitanti di Aci Trezza fanno alla casa del nespolo, per
portare le loro condoglianze ai Malavoglia per la morte di Bastianazzo.
A portare le condoglianze si presenta la maggior parte degli abitanti. Il narratore riporta 'in presa diretta' i
loro superficiali discorsi, che spaziano su svariati argomenti, ne nasce una scena molto realistica e dinamica,
in cui emergono i punti di vista dei vari personaggi, mossi soprattutto dalla logica del tornaconto e
insensibili al dolore altrui. Al contrario i Malavoglia, storditi dal lutto, restano attaccati ai sentimenti
autentici dei legami familiari, della solidarietà e del rispetto della parola data. L'opposizione tra la chiusa
grettezza del villaggio e il mondo del Malavoglia non potrebbe essere più evidente.
Il brano appare infatti diviso in due parti,:nella prima" i discorsi dei personaggi, sempre pronti a sparlare e
ad accanirsi contro i più deboli economicamente, la morte stessa di Bastianazzo viene valutata soprattutto
in relazione alle sue conseguenze economiche:l'inevitabile impoverimento della famiglia e la valutazione
dei beni dei Malavoglia.
La seconda parte: il dolore dei Malavoglia che una volta rimasti soli si lasciano andare al pianto, a una serie
di amare considerazioni, e l'unica preoccupazione di padron' Ntoni, che al di là del dolore per al perdita del
figlio, è quella di non perdere l'onore e di rispettare la parola data, impegnandosi per saldare il debito
contratto con zio Crocifisso. Tra i due gruppi non c'è una reale comunicazione, al chiacchiericcio inesistente
e vacuo dei paesani si contrappone il silenzio pieno di dolore dei Malavoglia, alla regola dell'interesse
risponde una più profonda logica dell'onore.
Dal punto di vista stilistico Verga è fedele al principio di "eclissi dell'autore", tuttavia la parte del brano
incentrata sul coro dei paesani ha l'andamento di una scena da commedia, con tratti caricaturali e
grotteschi, mentre la parte finale, incentratavsui Malavoglia indulge a una forma più lirica.

IL CONTRASTO TRA 'NTONI E PADRON' NTONI


Dopo il naufragio della Provvidenza e la perdita della casa del nespolo la famiglia Malavoglia lavora
duramente per saldare il debito contratto con zio Crocifisso. Ma il giovane 'Ntoni, che ha svolto il servizio
militare a Napoli, una volta tornato al paese, fatica a riadattarsi alla solita vita di stenti.
ANALISI
Il brano riportato è l' inizio del capitolo XI. L'episodio si incentra sul contrasto tra il vecchio padron 'Ntoni e
il suo giovane nipote' Ntoni, che rappresentano due sistemi di valori contrapposti.
'Ntoni , insoddisfatto e ribelle, è mosso da un confuso desiderio di miglioramento economico e sociale, che
lo spinge a rifiutare la staticità del paese in cui vive, andarsene per sempre e trovare fortuna in una grande
città.
Il nonno invece incarna la tradizione del mondo rurale, immobile e semrle uguale a se stesso, in cui
dominano i valori dell'onore e della famiglia e ogni novità è vista con sospetto.
'Ntoni è, come molti personaggi verghiani, un escluso, un personaggio destinato ad allontanarsi per sempre
dal proprio paese e ad avventurarsi nel mondo ignoto e pericoloso.
Qui il narratore, pur eclissandosi nel coro popolare, mantiene verso i due protagonisti dell'episodio una
posizione ambigua. Da un lato sembra porre in risalto i valori della famiglia di cui è portatore padron 'Ntoni,
Dall'altro, tuttavia, invita il lettore a calarsi nei panni di' Ntoni e a provare simpatia per la sua pena.
L'episodio è costituito quasi interamente da battute dialogiche, alternate a brevi interventi del narratore
regredito, in cui Verga resta fedele al principio dell'eclissi dell'autore e si cala completamente nella
mentalità del mondo popolare rappresentato:facendo emergere il profondo dissidio tra i due protagonisti e
la loro impossibilità di capirsi proprio attraverso il linguaggio e le loro diverse scelte espressive. 'Ntoni e
padron 'Ntoni parlano in realtà due linguaggi diversi. L'anziano patriarca si esprime per massime e proverbi,
in cui si sintetizza la saggezza popolare.' Ntoni è invece più impetuoso e irruento.
L'ADDIO DI 'NTONI
Sono queste le pagine finali del romanzo, in cui la vicenda si avvia alla conclusione. Dopo la morte
di padron ' Ntoni, il nipote Alessi ha finalmente riscattato la casa del nespolo, dove vive insieme
alla moglie Nunziata, ai suoi figli e alla sorella Mena, che ha ormai rinunciato al suo amore per il
carattiere Alfio Mosca.
Il romanzo si chiude con una nota di amarezza e un episodio emblematico. Alessi riesce a riscattare
la casa del nespolo e a ricostruire in parte il nido familiare dei Malavoglia, il narratore però si
sofferma sulla sorte negativa degli altri membri della famiglia:padron 'Ntoni è morto lontano da
casa, Lia si è perduta nella grande città, il ribelle 'Ntoni, dopo aver scontato cinque anni di carcere
per aver accoltellato il finanziere don Michele, torna alla casa del nespolo, dove però si sente
ormai un estraneo, la famiglia di un tempo non esiste più e la vita di paese gli dà solo inquietudine.
Rendendosi conto che la sua ribellione lo ha per sempre escluso dalla famiglia e dai valori arcaici
del mondo dei contadini e dei pescatori, egli decide allora di ripartire, andandosene per sempre,
mentre all'alba la vita di Trezza riprende il suo corso sempre uguale.
La struggente nostalgia che egli prova per quel mondo che aveva rifiutato, spinto dal desiderio di
migliorare la propria condizione, rende ancora più amaro l'inevitabile distacco.
ANALISI
Il brano è divisibile in tre sequenze. La prima parte evoca in tono malinconico la vita di Alessi e
Mena gravata dal ricordo dei familiari perduti.
La seconda, centrale, rappresenta con poche battute di dialogo l'inatteso ritorno e la sua decisione
di ripartire di 'Ntoni.
La terza parte amplia la visuale al paese di Trezza immerso nella quiete notturna e cullato dalla
voce del mare, contemplato con accorato rimpianto da 'Ntoni che si allontana per sempre.
La conclusione del romanzo ha un chiaro valore simbolico :'Ntoni che aveva rifiutato il mondo
statico del paese e si era lasciato sedurre dalla brama di miglioramento, risulta infine uno
sconfitto, un "vinto" appunto. Impossibilitato a mutare la sua condizione sociale, egli ha in realtà
perduto anche quei valori morali e affettivi che aveva in partenza.
Nel finale Verga, pur mantenendosi fedele al principio di "eclissi dell'autore", utilizza uno stile in
parte lirico e simbolico. Funzionale a rendere la contrapposizione tra il dinamismo forzati di 'Ntoni
e la staticità del mondo arcaico di Trezza è l' utilizzo dei tempi verbali.
I verbi che si riferiscono a 'Ntoni, anti-eroe del progresso e della modernita sono tutti al passato
remoto. Al contrario i verbi che descrivono la vita di Alessi e della sua famiglia sono all' imperfetto,
che si riferisce alle azioni ripetute e sempre uguali, tipiche di un mondo che vorrebbe collocarsi
fuori dalla storia e dalle sue pericolosi tentazioni.

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