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La scapigliatura
LA SCAPIGLIATURA
Il termine “Scapigliatura” fu proposto per la prima volta da Cletto Arrighi nel romanzo La
Scapigliatura e il 6 febbraio (1862) per tradurre il francese bohème e di qui passò a designare un
gruppo di scrittori attivi principalmente a Milano, accomunati dall’insofferenza per la letteratura e
la mentalità contemporanee. Con questo movimento compare dunque per la prima volta nella
cultura italiana il conflitto, che era stato tipico del Romanticismo europeo, tra artista e società
borghese.
Nei confronti della modernità, che emargina l’intellettuale esaltando il progresso scientifico e il
profitto, gli scapigliati assumono un atteggiamento ambivalente: pur rifiutandola in nome dei valori
del passato, essi si rassegnano a rappresentare il «vero» negli aspetti più prosaici e squallidi,
utilizzando proprio il metodo analitico e il linguaggio scientifico del Positivismo.
Dal Romanticismo europeo e da autori come Baudelaire e Poe essi riprendono invece la tematica
dell’irrazionale, il gusto per il macabro, il culto estetizzante dell’arte che il primo Ottocento italiano
non aveva conosciuto. Se la poetica del «vero» introduce in Italia i modi del nascente Naturalismo
francese, l’esplorazione dell’irrazionale anticipa future soluzioni del Decadentismo, mentre la
ricerca stilistica di alcuni scrittori inaugura un filone sperimentale che proseguirà nel Novecento.
La Scapigliatura rappresenta quindi un crocevia culturale importante, anche se si dimostra
incapace di attuare una vera rivoluzione del linguaggio poetico, realizzando solo in parte le proprie
potenzialità di avanguardia.
EMILIO PRAGA
Nato da un’agiata famiglia lombarda, Emilio Praga (1839-75) conduce una vita disordinata e muore in
miseria, distrutto dall’alcolismo. Il “maledettismo” che caratterizza la sua vita si ritrova anche nelle
opere – raccolte di poesie e un romanzo incompiuto – che si muovono tra denuncia sociale,
vagheggiamento dell’infanzia, del mondo familiare e della natura, esaltazione del vizio. Nella
raccolta Penombre (1864) è inclusa la poesia Preludio, che rappresenta una sorta di manifesto della
Scapigliatura: Praga vi dichiara, con toni esasperati, l’intento di cantare il «vero», ossia la realtà
desolata della vita moderna, priva di valori e pervasa dalla noia (l’equivalente dello spleen
baudelairiano).
ARRIGO BOITO
Per Arrigo Boito (1842-1918), musicista e librettista, la Scapigliatura rappresenta una breve parentesi
giovanile. I frutti di tale esperienza sono tre novelle, una lunga favola mista di versi e prosa e una
raccolta di liriche, nella quale si insiste sul concetto di «dualismo» (è questo il titolo di una delle sue
poesie) tra ideale e vero, tra bene e male, che definisce la condizione spirituale degli scapigliati.
IGINO UGO TARCHETTI
Originario del Monferrato, Tarchetti (1839-69) si trasferisce a Milano dove si dedica febbrilmente
all’attività letteraria. Muore molto giovane, in miseria e consumato dalla tisi. È autore di prose
liriche, poesie, romanzi e racconti che trattano tematiche “nere”, come lo spiritismo e il macabro. La
sua opera più importante è il romanzo Fosca (1869), incentrato su una figura femminile dal fascino
morboso: la donna, straordinariamente magra per una malattia nervosa, attrae a sé il giovane
ufficiale Giorgio, distruggendone l’esistenza. All’analisi del caso patologico, di stampo naturalistico,
si intreccia una struttura simbolica che fa della protagonista un’immagine della morte e della
voluttà di autodistruzione dell’uomo.
CAMILLO BOITO
Fratello di Arrigo, Camillo Boito (1836-1914) si dedica alla letteratura a margine della sua principale
attività di architetto e insegnante. I suoi racconti trattano spesso temi fantastici e macabri,
esorcizzati tuttavia da tendenze raziocinanti ed estetizzanti che hanno il loro corrispettivo formale
in una prosa limpida e sobria. La fama di Camillo Boito è legata principalmente al racconto Senso
(1883), che narra in prima persona la passione fatale di una nobildonna per un ufficiale austriaco
tanto bello quanto cinico e meschino.

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