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GABRIELE D’ANNUNZIO

STORIA

Vita:1863-1938

Un'espressione che spesso accompagna il nome del celebre poeta e scrittore Gabriele D’Annunzio è “vivere
inimitabile”. La frase venne inventata dallo stesso D’Annunzio e, in effetti, riassume benissimo sia la sua
esistenza che tutte le sue esperienze: una vita che, decisamente, non può essere imitata. D'Annunzio volle
fare della sua vita un'opera d'arte e visse in modo che così fosse. Gabriele D’Annunzio nasce a Pescara nel
1863 da una famiglia più che benestante. Già dai primi studi mostra subito un grande interesse per la
letteratura ed è proprio negli anni del collegio che pubblica la sua prima raccolta poetica (Primo Vere). In
seguito si trasferì a Roma dove inizio una vita mondana, frequentò dei salotti letterari e aristocratici.
Ottenne subito interesse da parte di tutti soprattutto perché le opere narrative portavano scandalo per i
contenuti erotici, sia anche per la sua vita troppo scandalosa per i principi morali dell’epoca. (Ecco come si
creò la maschera da esteta, dell’individuò superiore a tutti.

La vita che conduce a Roma lo sommerge di debiti e per scappare ai creditori comincia un periodo di
spostamenti per la Penisola: giunto a Venezia conoscerà colei che diventerà il grande amore della sua vita,
la bellissima attrice Eleonora Duse. Con lei D'Annunzio viaggerà (a causa dei creditori) e scriverà tantissimo,
ispirato dalla donna. Questo è anche il periodo in cui, leggendo Nietzsche, D'Annunzio arriva a fare suo il
concetto di superuomo che sembra essere un proseguimento naturale del suo Estetismo: il superuomo
infatti è colui che si distacca da ogni convenzione sociale, che rinasce come spirito libero e quasi animalesco
contro le restrizioni del vivere civile e quindi della società (che appare solo come una folla informe e
disgustosa). È questo anche il periodo in cui comincia a scrivere opere per il teatro, in cui compone un altro
importante romanzo, Il Fuoco, e in cui diventa deputato del Regno d’Italia: in questa veste lotta affinché,
durante la Prima Guerra Mondiale, il nostro Paese entri in guerra.

Sia in ambito letterario che politico, D’Annunzio lasciò un segno indelebile nella storia ed ebbe un influsso
(più o meno diretto) sugli eventi che gli s7arebbero succeduti. La figura del poeta vate viene attribuita agli
autori che cercano di interpretare e guidare i sentimenti delle masse, ed in questo D’Annunzio riuscì alla
perfezione. E’ difficile separare la vita privata di D’Annunzio da quella poetica, come lui stesso ammetteva,
il suo fine ultimo era quello di «fare della propria vita un’opera d’arte».

D'Annunzio il superuomo è il poeta Vate, guida e un profeta per il paese, che vive una vita travolgente,
piena di passioni in una dimensione estetica, in cui la virtù è consacrata all'arte. Per il superuomo
dannunziano si tratta di una ricerca di nuovi valori fuori dalla morale comune e non, come avviene in
Nietzsche, per la formazione di una nuova conoscenza. Altra caratteristica fondamentale della sua poetica è
la ricerca del panismo, ovvero l’identificarsi con le forze naturali al fine di fondersi con esse istintivamente.
Egli cerca una fusione dei sensi e dell’animo con le forze della vita, rivivendo l’esistenza molteplice della
natura con piena adesione fisica prima ancora che spirituale. Esempio classico di panismo è la poesia “La
pioggia nel pineto” in cui si compie la completa fusione della donna (Ermione) con la natura.

Un'altra gesta degna di nota, gli fu offerta dalla 1st Guerra mondiale. Allo scoppio del conflitto torno in
Italia per fare un’intensa campagna interventista, che ebbe un peso notevole nello spingere l’Italia in
guerra.

Nel dopo guerra D’annunzio si fece interprete dei rancori per la vittoria mutilata che fermentavano tra i
reduci, capeggiando una marcia su Fiume. Occupò Fiume fino al 1920 quando venne scacciato con le armi.
Ed è qui che entro in carica un politico più bravo di lui il “duce”.
PENSIERO E POETICA
Esordio: Gabriele D’Annunzio esordisce giovanissimo con la raccolta poetica Primo vere (1879), a cui segue
Canto novo (1882). L’apprendistato del giovane poeta avviene nel solco di Carducci e delle sue Odi barbare
(1877), punto di riferimento per la poesia italiana dell’epoca. Da Carducci il giovane D’Annunzio riprende
non solo le soluzioni metriche ma anche il vitalismo e il senso pagano del rapporto tra poeta e natura. È però
un vitalismo intriso di erotismo, che per certi versi già presagisce alla fase dell’estetismo. Le novelle della
raccolta Terra vergine (1882), invece, risentono del verismo verghiano. Tuttavia mancano qui le analisi della
«lotta per la sopravvivenza» portate avanti da Verga nelle sue opere. L’Abruzzo, terra natia del poeta, viene
descritto da D’Annunzio in una prospettiva estetizzante, come un luogo idillico, in cui si muovono
personaggi passionali, mossi da istinti primordiali. Questo gusto per l’erotico e la sensualità ritorna anche
nelle Novelle della Pescara (1902).
L’estetismo: La fase estetizzante della poetica e del pensiero di D’Annunzio si fa però iniziare con i versi
scritti negli anni ottanta, a cominciare da Intermezzo di rime (1884). Diventano qui predominanti i temi del
decadentismo europeo, in particolare inglese e francese, che già si erano affacciati nelle opere precedenti. La
sensualità perversa trova sempre più spazio, mentre l’arte assurge a valore assoluto. È una letteratura che
nasce da altra letteratura: i versi dannunziani sono ricchi di richiami alla tradizione italiana e agli autori del
simbolismo. Il poeta è un personaggio elevato e isolato, lontano e contrapposto alla società borghese
capitalista dell’epoca. Tuttavia D’Annunzio cercava anche fama e ricchezza. Da qui il suo impegno a
promuovere se stesso e la propria opera, sfruttando la società capitalistica per assumere un ruolo privilegiato.
Tutte queste premesse trovano la loro massima espressione nel primo romanzo di D’Annunzio, Il Piacere
(1889). Il protagonista Andrea Sperelli è un esteta, appassionato di arte e di cose belle, fedele al motto
secondo cui bisogna fare della propria vita un’opera d’arte. Colleziona non solo opere d’arte, ma anche
esperienze uniche e soprattutto donne. In particolare è diviso tra due amanti: da una parte la donna fatale,
Elena Muti, e dall’altra la donna-angelo, Maria Ferres. Il personaggio dell’esteta è però destinato al
fallimento. Andrea cadrà vittima degli effetti distruttivi del suo stile di vita. Un’innovazione narrativa è data
dal fatto che D’Annunzio si concentra sulla psicologia dei personaggi, prendendo a modello il romanzo
psicologico francese.
La fase della bontà: Preso atto dei limiti dell’estetismo, per D’Annunzio si avvia quella che viene definita la
“fase della bontà”. Stanco dei piaceri sensuali, il poeta sperimenta nuove soluzioni che guardano alla
narrativa russa. Scrive il Giovanni Episcopo (1892) e l’Innocente (1892), ispirati dalla lettura di Tolstoj e
Dostoevskij. Nel Poema paradisiaco (1893) dà voce al proprio desiderio di cose semplici e di un ritorno
all’infanzia e all’ambiente familiare. Il tono diventa più malinconico e smorzato, i ritmo più lento. Dalla
lezione di simbolisti deriva l’uso dell’analogia per scoprire i segreti legami tra le cose.
Nietzsche (il superuomo): Negli anni Novanta la lettura di Nietzsche fornisce a D’Annunzio le premesse per
superare l’estetismo. Riprende però solo alcuni elementi dal pensiero nietzschiano:

 il rifiuto del conformismo borghese e del principio di uguaglianza di tutte le persone,


 il rifiuto della morale cristiana e dei sentimenti di pietà e altruismo,
 l’elemento dionisiaco (interpretato in senso vitalistico),
 la volontà di potenza e l’immagine del superuomo.
Tra la fase dell’estetismo e quella del superomismo ci sono però elementi di continuità. Nietzsche è letto in
chiave reazionaria: la società borghese, lo stato liberale e il parlamentarismo hanno corrotto tutto ciò che è
bello. Di contro, deve nascere una nuova aristocrazia, votata al culto del bello, che dominerà le classi
inferiori. Si può quindi dire che il superuomo non nega ma ingloba il personaggio dell’esteta. Poesia e azione
si fondono: l’arte è una via per dominare la realtà e il poeta è un Vate chiamato a dominare lo stato. Contro la
mediocrità borghese deve nascere una nuova élite raffinata e violenta allo stesso tempo. Questa fase inizia
con il romanzo Trionfo della morte (1894), ma è con Le vergini delle rocce (1895) che avviene la svolta vera
e propria. Claudio Cantelmo è ospite del principe di Montaga, allo scopo di scegliere, tra le sue tre figlie, una
moglie degna di generare il «superuomo». Questi porterà a compimento l’«ideal stirpe latina» e donerà un
impero all’Italia. Tuttavia la ragazza da lui scelta, Anatolia, non lo può seguire perché deve accudire la
madre demente. Cantelmo ripiega quindi su Violante, l’ennesima donna fatale. Anche il superuomo quindi
presenta dei limiti e il protagonista del romanzo di dimostra un debole, segnato da insicurezze e
contraddizioni. La figura del superuomo sarà al centro anche dei romanzi Il fuoco (1900) e Forse che sì forse
che no (1910), delle poesie delle Laudi e delle sue opere teatrali.
La fase notturna: A partire dagli anni dieci, seguendo le tendenze diffuse nella letteratura europea
dell’epoca, D’Annunzio si orienta verso la prosa lirica, frammentaria e con un taglio autobiografico e
memoriale. Alcuni esempi sono Contemplazione della morte (1912), la Licenza della Leda senza cigno
(1913), Le faville del maglio (1924-1928), il Libro segreto (1935). L’opera più caratteristica di questa ultima
fase del pensiero e della poetica di D’Annunzio è però il Notturno. È probabilmente lo scritto più
sperimentale del poeta. Nel 1916 D’Annunzio aveva subito un colpo alla tempia durante un’azione bellica,
che aveva portato al distacco della retina e dovette restare per tre mesi al buio, nella speranza di recuperare la
vista. Il Notturno raccoglie lo scavo interiore dello scrittore, che ripiega su sé stesso e detta alla figlia Renata
le proprie riflessioni, annotate su strisce di carta. L’opera compiuta, dopo la revisione dell’autore, conserva
questo carattere di frammentarietà e di libera associazione di idee.
Ma non si tratta che dell’ultima fase della vita di D’Annunzio. Ormai diventato il Vate, esaltato ma anche
temuto dal regime, ottiene un vitalizio e una residenza sontuosa, il Vittoriale. Qui trascorre gli ultimi anni, tra
lussi sfrenati, intento a coltivare la propria immagine di poeta aristocratico e inarrivabile.
Opere più significative
D'Annunzio, nella sua vastissima opera, ha avuto almeno due meriti: sul piano culturale, si è avvicinato di
volta in volta ad autori ed atteggiamenti del decadentismo europeo contribuendo a diffonderne la conoscenza
in Italia e a sprovincializzare la nostra cultura. Sul piano più intimamente poetico, accanto all'esteriorità di
molti atteggiamenti esibizionistici, ha saputo cogliere ed esprimere la comunione dei sensi e dell'anima con
la molteplicità della vita naturale, creando quella dimensione "panica", di immedesimazione quasi fisica e
sensuale basata sulle immediate sensazioni che segnano il nascere di un atteggiamento nuovo per la nostra
poesia. Per esprimere questo atteggiamento raffinato e sensuale D'Annunzio si è servito di un linguaggio
ostentatamente insolito ed artistico, basato sul recupero di preziose voci arcaiche e sull'invenzione di
neologismi capaci di stupire e meravigliare. Ha creato così un "culto della parola", ricercata soprattutto per
clamorose risonanze musicali, che spesso era solo espediente retorico, ma che sapeva anche diventare talora
esperienza linguistica originale e contribuiva ad avviare il nuovo linguaggio poetico del '900 verso le svolte
successive.

Canto novo
Raccolta di liriche pubblicata nel 1882. La natura è rappresentata nel suo tripudio di luci, colori, odori e con
essa il giovane poeta stabilisce un "rapporto di tipo solare" proteso al godimento e alla fusione con essa.
Il piacere
Il romanzo d’esordio di D'Annunzio, pubblicato nel 1889, è il primo della lunga serie di prose che
testimoniano in forma esemplare in quale modo l'autore costruisce e precisa la propria ideologia. Rispetto
alla tradizione narrativa italiana l’opera ha caratteristiche assai nuove. D’Annunzio conserva, dell’impianto
verista, la volontà di dipingere un affresco sociale e di costume, all’interno del quale indugia a descrivere
l’ambiente moralmente malato, corrotto e ozioso dell’aristocrazia.
Ma l’influenza delle nuove tendenze culturali europee incide fortemente sullo scrittore, spingendolo verso la
costruzione di un romanzo in cui gli eventi esterni lasciano spazio all’analisi minuziosa delle psicologie e
l’intreccio perde spessore rispetto all’indagine dei tortuosi meccanismi interiori dei personaggi, sui quali
l’autore si sofferma con attenzione, rifacendosi in particolare al modello proposto da Paul Bourget,
caposcuola del romanzo psicologico.La vicenda, ambientata a Roma, ha per protagonista Andrea Sperelli,
ultimo rampollo di una nobile famiglia, un esteta il cui principio-guida è, secondo l’ideale dello stesso
D’Annunzio, quello di “fare” la vita come si fa un’opera d’arte. Il giovane trascorre il tempo lontano dal
“grigiore” della quotidianità, circondandosi di cose raffinate e lussuose, immerso in attività fuori del comune.
La sua esistenza viene però turbata dall’abbandono dell’amante, la bella e misteriosa Elena Muti, che
Andrea, nonostante le numerose avventure frivole, non riesce né a sostituire né a dimenticare. Ferito in
duello, durante la convalescenza, si innamora, riamato, di Maria Ferres, una giovane molto spirituale. Ben
presto però il rapporto si complica per la somiglianza fra le due donne: Andrea, sempre più tormentato dal
ricordo di Elena, ricerca con la nuova amante le sensazioni provate con l’altra e quando, durante una notte
d’amore, si rivolge a Maria chiamandola inconsapevolmente Elena, la donna inorridita capisce la verità e lo
lascia.I motivi di fondo del Piacere presentano forti affinità con quelli del romanzo più rappresentativo del
Decadentismo europeo di quegli anni, À rebours, di Joris-Karl Huysmans. Come il duca Jean Des Esseintes,
protagonista dell’opera di Huysmans, anche Andrea Sperelli è totalmente votato alla ricerca estetica, al pieno
godimento delle più raffinate sensazioni, e, come lui, destinato alla sconfitta. Compare qui, in maniera
estremamente esplicita, quel motivo che la critica ha indicato fra quelli fondamentali della personalità
dannunziana, il velleitarismo, ovvero la frattura tra il desiderio di affermazione del proprio io e la costante
percezione dell’impossibilità di ottenerla. In questo senso, Il piacere anticipa le posizioni che D’Annunzio
verrà precisando nei romanzi successivi. Ma è indispensabile ricordare ancora una volta che quest’opera
testimonia l’eccezionale capacità dello scrittore nel captare e assimilare le espressioni della più recente
cultura d’oltralpe, e si propone, proprio per questo, come il primo contributo italiano alla definizione europea
dell’eroe decadente che, dopo Des Esseintes, assumerà, in Inghilterra, le splendide e ambigue fattezze di
Dorian Gray, l’inquietante protagonista dell’omonimo capolavoro di Oscar Wilde.
Poema paradisiaco
Raccolta di liriche composte dal 1891 e pubblicate nel 1893. Il titolo, derivato dal latino, equivale
letteralmente a "poema dei giardini". Si rileva qui la tematica decadente, ma segnata di rievocazione
nostalgica, con aspirazioni epidermiche a una sorta di purezza e di spiritualizzazione delle passioni, che si
traducono in un linguaggio e in una versificazione sapientissimi, accordati su toni dimessi, come di colloquio
e di confessione.
L'Innocente
Romanzo pubblicato nel 1892, che non tiene nascosti gli influssi della lettura del russo Dostoevskij. È una
narrazione in prima persona ed è incentrato sulle vicende del "multanime" Tullio Hermil e della moglie
Giuliana. A lei, malata, Tullio si dedica in modo particolare con una sorta di volontaristica pratica di "bontà",
malgrado sia attratto e legato all'amante Teresa Raffo. Ma proprio quando si libera da questo legame, crede
di scoprire gli indizi di una relazione della moglie con lo scrittore Filippo Arborio. Indizi poi confermati
dalla notizia che Giuliana è incinta. Nei due coniugi spunta un progetto delittuoso: sopprimere il nascituro,
testimonianza di una fugace colpa, ostacolo alla realizzazione del loro "sublime" amore. È Tullio che,
esponendo al freddo invernale il bambino, l'"innocente", compie il delitto.
Trionfo della morte
Romanzo del 1894, terzo del "Ciclo della rosa". L'opera, articolata in sei "libri", ha una struttura narrativa
debole. È incentrata sul rapporto contraddittorio e ambiguo di Giorgio Aurispa con l'amante Ippolita Sanzio e
su questo tema di fondo si innestano o si sovrappongono altri motivi e argomenti. Giorgio, in una confusa
contaminazione tra superomismo e velleità mistiche, aspira a realizzare una vita nuova, una perfezione di
vita spirituale che si fondi sull'autodominio e sull'autosufficienza, e vive il rapporto con l'amante come
limitazione, come ostacolo.
Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi
L'opera poetica più notevole e famosa. Doveva essere di cinque libri, quante sono le Pleiadi, invece è solo di
quattro. Il primo libro, Maia, è composto nel 1903 e il sottotitolo (Laus vitae) ne chiarisce i motivi ispiratori:
una vitalistica celebrazione dell'energia vitale, un naturalismo pagano impreziosito o sopraffatto dai
riferimenti classici e mitologici. Il secondo libro, Elettra, composto tra il 1899 e il 1902, celebra gli eroi
della patria e dell'arte; nella terza parte sono cantate 25 "città del silenzio" e nella quarta parte si trova il
famoso Canto augurale per la Nazione eletta che infiammò di entusiasmo i nazionalisti italiani. Il terzo libro,
Alcyone, pubblicato con il primo, contiene il meglio di D'Annunzio come poeta. Il quarto libro, Merope,
raccoglie canti celebrativi della conquista della Libia, in seguito fu aggiunto un quinto libro Asterope, che
comprende le poesie ispirate alla prima guerra mondiale.
Maia
È il primo poema delle Laudi: un poema di ottomila versi liberi. Maia è pervaso da uno spirito dionisiaco e
vitalistico e intento alla declamazione panica e ridondante delle forme della vita e del mondo. Il poema tratta
di un viaggio in Grecia compiuto dal poeta anni addietro. Ed è all’insegna della forza e della bellezza che
sono intrinseche negli ambienti dell’Ellade. A questi il poeta vi mette in contrasto la realtà moderna,
squallida ma al tempo stesso ricca di potenzialità. D’Annunzio arriva quindi a celebrare questa nuova realtà.
Essa è fonte di una nuova forza e di una nuova bellezza al pari di quelle classiche, capace di adempiere a
compiti eroici e imperiali. Infine, il poeta inneggia anche alle nascenti masse operaie che possono a buon
diritto fungere da strumento per l’azione del superuomo.
È importante notare come, con questa opera D’Annunzio si sia posto come cantore della nuova realtà
moderna. Ma è pur sempre vero che dietro questa forsennata celebrazione vi è la paura del letterato di essere
schiacciato dalla stessa società che ora decanta. Per questo, ergendo a mito il mondo industriale, facendolo
entrare nei canoni classici al pari del lavoro effettuato da Monti e Parini, D’Annunzio “combatte” la sua
paura ed esce dalle vesti della vittima per innalzarsi a cantore della nuova società che lo minaccia.
Tuttavia, da questa nuova versione del poeta ne scaturisce un componimento ridondante e retorico, a tratti
vuoto perché falso e lontano dal D’Annunzio “autentico”, legato al gusto decadente e che ancora vagheggia
quella bellezza oramai irraggiungibile.
Con Maia si ha una svolta a 180°, nel mondo moderno d’Annunzio scope una segreta bellezza, un nuovo
sublime, l’epica delle grandi imprese industriali e finanziare, l’orrida, barbarica grandezza degli apparati
tecnologici, delle macchine, delle masse sterminate nelle metropoli immense, la forza travolgente ma
grandiosa del capitalismo. Il poeta non si contrappone più alla realtà della borghesia, ma si propone quale
cantautore dei suoi fasti, guida delle imprese e “vate” dei suoi destini gloriosi, trasfigurandola in un’aura di
mito. Ma come dietro al vitalismo del superuomo si scorse sempre l’attrazione per la morte, così dietro
l’epica eroica moderna è possibile vedere paura e l’orrore del letterato umanista.

Elettra
Nel secondo libro, Elettra, l’impianto mitico, le ambizioni filosofiche profetiche lasciano posto all’oratoria
della propaganda diretta. La struttura ideologica del libro ricalca quella di Maia. Anche qui vi è un polo
positivo, rappresentato da un passato e da un futuro di gloria e bellezza, che si contrappone ad un presente da
riscattare.
Alcyone
La composizione si estende tra il giugno 1899 ed il novembre del 1903, tuttavia gran parte di essa è stata
realizzata nei mesi estivi di questi anni (l’opera stessa è una celebrazione del periodo estivo). Viene
pubblicato per la prima volta nel 1903 con il titolo Alcione, ma le successive revisioni riguarderanno solo la
punteggiatura, l’ortografia ed il titolo che diventerà, solo nel 1931, l’attuale Alcyone. L’opera è divisibile in
cinque sezioni, riguardanti diversi periodi stagionali con conseguenti diversi stati d’animo dell’autore. Ogni
sezione, a partire dalla seconda, è preceduta da un ditirambo che ne annuncia il tema dominante. Dal rigore
della struttura si intravede la volontà dell’autore di fonder la lirica moderna con l’eleganza classica. Il libro è
aperto da un testo, la tregua, che lo lega con i due volumi precedenti delle laudi: mentre in questi il
superuomo era rappresentato nel suo impegno eroico civile, Alcyone costituisce un momento di riposo ed
abbandono di quest’ultimo alla dimensione naturale.
Prima sezione: è ambientato nel paesaggio agreste compreso tra Fiesole e Firenze, nel mese di giugno, i sette
testi costituiscono lodi a paesaggi, piante e luoghi nella suggestione dell’estate che arriva. Seconda sezione:
l’ambientazione viene spostata, dopo il primo ditirambo, in Versilia dove si svolgerà anche la successiva
vicenda dell’opera. Adesso l’estate è esplosa e viene quindi celebrata la fusione panica tra l’uomo e
l’elemento naturale.
Terza sezione: anche in questa sezione l’ambientazione è estiva. D’Annunzio attua il primo tentativo di dare
solidità all’esperienza individuale attraverso il ricorso al mito classico, riattualizzato in chiave esistenziale,
quale affermazione del potere panico del superuomo. Quarta sezione: si contano ventisei testi segnati dal
termine dell’estate e dai primi presagi autunnali. Al tramonto dell’estate è corrisposto quello del mito,
rappresentato sempre più quale ricchezza irrimediabilmente perduta. Quinta sezione: siamo ormai a
settembre, al sentimento del ripiegamento e della perdita si aggiunge quella della fine dell’estate e
dell’impossibilità di resuscitare il mito nella società moderna.
L’opera si conclude con un commiato in cui è presente il saluto ed una dedica a Pascoli, come omaggio al
maggior rappresentante del simbolismo italiano. Alcyone è l’opera in cui il simbolismo dannunziano
raggiunge il suo culmine, tuttavia i temi trattati sono pochi ma ripetuti e rivisti da diverse prospettive. Si
possono ricavare tre costanti tematiche:
- scambio tra naturale ed umano: l’eccezionalità del superuomo, sta, al cospetto della massa, nel rendersi
fortemente superiore ad essa, ma al cospetto della natura la capacità del superuomo è quella di riuscire a
confondersi con essa, di perdere la propria identità ed assumere la stessa prospettiva del mondo naturale, per
capirne il mistero e svelarne le leggi;
- riattualizzazione del mito: perché la natura possa assolvere tale funzione, è necessario restituirle la vitalità e
l’armonia negatele dal mondo moderno, attraverso il recupero del mito. D’Annunzio recupera i miti della
tradizione classica e, contemporaneamente, rappresentando la propria vicenda di immersione naturale in
termini mitici, riesce a crearne di nuovi;
- esaltazione della parola, dell’arte e della figura del poeta: la parola poetica è il mezzo attraverso il quale si
stabilisce quel contatto tra autenticità interiore e mondo naturale. Da qui scaturisce la sua esaltazione e
l’esaltazione dell’arte e della figura del poeta, rappresentato come un vate.
Notturno
Raccolta di meditazioni e ricordi, in forma di prosa lirica, redatta nel 1916 durante il periodo di immobilità e
di cecità. L’opera è caratterizzata da un momento di intimità e di ripiegamento su sé stesso. Nella prima parte
del libro predomina il ricordo dell’amico e compagno di armi Giuseppe Miraglia, morto ancora giovane nel
dicembre del 1915, cui farà seguito il sentimento denso di commozione affettuosa per la madre inferma e
stanca, che morì di lì a poco, nel gennaio del 1917. Tra pagine di esaltazione eroica, in cui il poeta lamenta
l’inganno che la morte gli ha teso, lasciandolo in vita al posto dei suoi più giovani compagni, tra quelle di
dolente rimpianto per gli amici scomparsi, troviamo appuntate le sensazioni del poeta, le sue osservazioni
sulla vita e sull’arte e preziosissime riflessioni.
Il ciclo dei romanzi
Sull'esempio dei romanzi ciclici dell'ottocento di Honorè de Balzac (La commedia umana), di Zola (i
Rougon-Macquart), di Verga (I vinti), D'Annunzio si propose di scrivere un ciclo di romanzi, suddiviso in tre
trilogie, ciascuna denominata da un fiore (la rosa, il giglio, il melograno), simbolo delle tappe evolutive del
suo spirito dalla schiavitù delle passioni alla vittoria su di esse, giacchè i protagonisti dei romanzi non sono
che la proiezione sul piano narrativo dello stesso D'Annunzio. I romanzi della rosa, fiore simbolo della
voluttà, della passione invincibile, sono: Il Piacere (1889), L'innocente (1892) e Il trionfo della morte (1894).
I romanzi del giglio, fiore simbolo del superuomo e della passione che si purifica, dovevano ispirarsi al
superuomo di Nietzsche. Il superuomo non è più schiavo delle passioni ma si serve di esse per realizzare
pienamente la propria volontà di potenza. In verità Nietzsche non auspicava l'avvento di un uomo superiore
agli altri, al quale, in grazia delle qualità eccezionali, fosse tutto permesso, ma l'avvento di un'umanità
rinnovata la quale, per poter sviluppare tutte le sue potenzialità, doveva liberarsi da ogni soggezione alla
trascendenza e alla morale tradizionale, fatta di ipocrisie e finzioni. D'Annunzio ignorò o finse di ignorare il
significato profondo del niccianesino e lo adottò al suo temperamento sensuale, facendo del superuomo
l'individuo d'eccezione, destinato a dominare sugli altri. Nel superuomo nicciano, così come lo immaginò
D'Annunzio, s'intravede piuttosto il profilo dei grandi dittatori sanguinari e deliranti del nostro secolo, col
loro macabro seguito di tragedie e di guerre.
Della seconda trilogia, D'Annunzio scrisse solo il primo, Le vergini delle rocce (1896). Claudio Cantelmo,
aristocratico e imperialista, seguace delle dottrine del superuomo, concepisce il disegno di unirsi in
matrimonio con una delle principesse (Massimilla, Anatolia, Violante) di un'antica famiglia borbonica del
regno delle due Sicilie, i Capece-Montaga, ridottasi a vivere nell'ultimo dei suoi feudi, Trigento, "paese di
rocce". Scopo del matrimonio è procreare il futuro sovrano, al quale un giorno il popolo, disgustato della
demagogia e dalla corruzione della vita politica, offrirà la corona regale.
Anche dei romanzi del melograno, pomo dai molti granelli, simbolo dei frutti che possono derivare dal
dominio delle passioni, D'Annunzio scrisse solo il primo, Il fuoco (1900). Questo romanzo, così intitolato
perché inteso come simbolo della creatività dell'artefice, narra, sullo sfondo di Venezia, la storia dell'amore
di Stelio Éffrena per la Foscarina. E' un romanzo scopertamente autobiografico, perché vi è adombrata la
storia dell'amore del poeta per l'attrice Eleonora Duse. Stelio è un poeta che sogna una nuova forma di arte
drammatica, che risulti dall'intima fusione della parola, del colore, del suono, dell'azione. E' la stessa poetica
di Wagner, che del romanzo è un personaggio. La Foscarina dovrebbe essere l'interprete di questo nuovo
dramma; ma Stelio s'innamora della giovinetta Donatella Arvale. La Foscarina se ne accorge e ne è gelosa,
ma dopo, rassegnata, cede il posto alla rivale e si accomiata da Stelio.
Forse che sì forse che no
Il protagonista Paolo Tarsis realizza la sua volontà eroica tramite le sue imprese di volo. Egli è senza dubbio
la reincarnazione dei vari superuomini presenti ne Il Trionfo della Morte o nelle Vergini delle rocce, ma a
differenza di questi, non appartiene ad una nobile casata ma è un borghese estraneo agli influssi decadenti e
dedito all'azione. Affiancata a questo superuomo troviamo Isabella Inghirami, la prima figura femminile
capace di contendere il primato all'egotismo del superuomo di turno. Tra i due personaggi c'è un rapporto di
amore-passione che talvolta arriva fino alle degenerazioni dell'incesto e del masochismo. Questo romanzo
rappresenta la piena adesione di D'Annunzio alla contemporaneità: è possibile infatti ritrovare personaggi
che si muovono tra aeroplani, automobili, telefoni.

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