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Tommaso Vangelisti 5°Ainf

Gabriele D’Annunzio p. A310


Vita
Gabriele D’Annunzio nasce a Pescara (Abruzzo) il 12 marzo 1863 da una famiglia agiata. Compì
privatamente gli studi elementari e frequentò il prestigioso Reale Collegio Cicognini di Prato, nel 1881
consegue la licenza liceale. Già a sedici anni, dopo aver scritto una lettera senza alcun timore reverenziale,
al maggior poeta dell’epoca, Giosue Carducci, raccolse le sue prime poesie in un libro pubblicato a spese del
padre col titolo “Primo vere”. Il primo volume ebbe molto successo, anche grazie a D’Annunzio che diffuse
la notizia che l’autore fosse morto a cavallo. Questo espediente è significativo del carattere intraprendente
e privo di inibizioni dello scrittore. In seguito, smentì la notizia.

Nel 1881 si trasferisce a Roma, dove venne accolto subito nei salotti mondani e nell’ambiente della società
letteraria dove cominciò a collaborare con molti giornali e riviste, che pubblicarono alcuni suoi articoli di
critica letteraria e artistica. Il soggiorno fu caratterizzato da una vita raffinata e dispendiosa, ma anche da
un’alta attività letteraria. Nel 1883 sposò la duchessina Maria Hardouin di Gallese, dalla quale ebbe tre figli,
ma nel 1887 iniziò un’altra relazione con Barbara leoni, che lo ispirò per i personaggi femminili dei romanzi
“il piacere” e “il trionfo della morte”. A causa delle difficoltà economiche e al suo stile di vita, nel 1891 si
traferì a Napoli dove si legò sentimentalmente a Maria Gravina Cruyllas (sposata con il conte Anguissola che
li denunciò per adulterio) dal quale ebbe una figlia, Renata. A Napoli scrisse i romanzi “L’innocente e il
trionfo della morte”, e la raccolta poetica “Poema paradisiaco”.

Abbandonata Napoli, per qualche anno D’Annunzio tornò in Abruzzo e fece poi un lungo viaggio in Grecia.
Nel 1894 incontra l’attrice teatrale Eleonora Duse con la quale intrecciò una lunga relazione. Nello stesso
anno entrò in politica come deputato nelle file della destra per, per poi dopo passare alla sinistra in seguito
alle leggi liberticide alle quali era contrario.

Nel 1898 si trasferisce con la Duse nei pressi di Firenze, in una lussuosa villa, “la Capponcina”, che arredò
secondo i suoi gusti in stile decadente. In questi anni D’Annunzio si dedica al teatro, ispirato dal suo
rapporto con la Duse che interpreto molte sue opere, pubblicando opere rivolte ad un pubblico di massa.
Nello stesso periodo si dedicò anche ad una intensa produzione poetica, portando a termine i primi tre libri
delle “Laudi”. Nel 1904 dopo la rottura con la Duse in seguito alla pubblicazione del romanzo “il fuoco”.

Dopo la pubblicazione nel 1910 del romanzo Forse che sì forse che no, D’Annunzio si trasferì in Francia per
sfuggire ai numerosi creditori e rimase li fino allo scoppio della Prima guerra mondiale. Nel 1914 si cimentò
anche nel cinema collaborando al film muto Cabiria. Acceso interventista nel 1915 tornò in Italia dove
tenne numerosi discorsi alle folle, raccolti nel volume “Per la più grande Italia”, volti a convincere l’opinione
pubblica della necessità della guerra. In questo modo assume il ruolo de poeta “vate” che guida la patria
verso un glorioso destino nazionalista e imperialista. Nonostante l’età partecipa a numerose azioni belliche.
Nel 1916 a seguito di un atterraggio di fortuna subisce una lesione all’occhio destro. Nel 1918 fu
protagonista di due celebri episodi: la “beffa di Buccari”, un’incursione nel golfo del Carnaro e il “volo su
Vienna”, durante la quale il poeta per dimostrare il coraggio del popolo italiano fece cadere dei volantini
propagandistici.

Nel 1919, a guerra finita, D’Annunzio guidò l’occupazione della città di Fiume, occupandola per oltre un
anno. Fin quando nel dicembre 1920, il governo italiano non lo costrinse a ritirarsi per non violare i trattati
internazionali. I caratteri populisti e nazionalisti lo avvicinarono al nascente partito fascista, tanto è che
mussolini preoccupato della sua influenza lo emarginò dalla vita politica. D’Annunzio trascorre gli ultimi
anni della sua vita in una sorta di esilio volontario a Gardone sul lago di Garda con la sua ultima amante,
Luisa Baccara, dedicandosi all’allestimento dell’ennesima “casa-museo” lasciata in dono al popolo italiano
con il nome “Vittoriale degli italiani”. Mori il 1° marzo 1938.
Tommaso Vangelisti 5°Ainf

Pensiero e poetica
D’Annunzio è uno scrittore che ha interpretato molto bene la fase di crisi del Regno d’Italia e i cambiamenti
culturali e sociali alle porte dei conflitti mondiali. Seppe dare nuova luce al ruolo dell’intellettuale, che
oscilla tra i vari movimenti europei di fine Ottocento.

Nel termine Decadentismo rientrano diversi movimenti che, partendo da un fondo comune di idee,
sviluppano questi concetti in modi leggermente differenti. Sono movimenti decadenti il Simbolismo,
l’Estetismo, il Crepuscolarismo, il Superomismo, l’Ermetismo. Il concetto di fondo che tutti questi seguono è
la rottura con la società, con l’arte ufficiale classica o romantica: si avverte cioè un grande bisogno di
allontanarsi dalla massa borghese e anzi di scandalizzarla, e di rompere anche con le tradizioni letterarie
passate. Viene meno la rigidità degli schemi metrici e si utilizza un nuovo metro libero.

Il gusto prevalente è quello tipico dell’Estetismo, di cui d’Annunzio è uno dei maggiori esponenti italiani. È
determinato a mostrare tutti gli aspetti dell’esistenza, ad enfatizzare i sensi e la passione per la bellezza,
l’armonia, la natura. Tuttavia, il poeta presenta una visione aristocratica della vita, elitaria e raffinata, che
esclude le masse. Fu lui stesso ad affermare che bisogna «vivere la vita come un’opera d’arte».

Come Carducci, che lo influenzò molto in gioventù, d’Annunzio assume come suo punto di forza il
classicismo, soprattutto la mitologia greca e lo stile dei latini. I suoi viaggi in Grecia e il contatto con le
rovine delle città riportate alla luce (Pompei ed Ercolano) alimentarono in lui questa nostalgia del passato.

Cruciale è l’interesse per le opere di Nietzsche (nice), tramite il quale il poeta si interessa al superuomo, alla
razza superiore e dunque inasprisce il suo disprezzo per il volgo. Diventa strettamente antidemocratico e
contro il Parlamento italiano, corrotto e poco efficiente. D’Annunzio e i suoi personaggi sono favorevoli al
progresso e si servono delle nuove tecniche e scoperte per migliorarsi.

D’Annunzio elaborò una lingua piena di grecismi, latinismi, moderni schemi europei e varie scelte elitarie.
Secondo lui, infatti, proprio nelle parole risiedeva la forza creatrice di un poeta. Enciclopedie e vocabolari gli
furono d’aiuto nel cercare anche parole desuete. In conclusione, la lingua dannunziana può essere definita
come “lingua-mosaico”.

A livello politico, d’Annunzio influenzò parecchio il Fascismo, ma di fatto non aderì mai al partito. Inventò
dei motti, degli slogan ripresi da Mussolini (Memento audere semper), ma i suoi rapporti con il Duce non
erano semplici. Per i suoi precedenti interventi nella storia italiana e il suo spirito nazionalistico, non-ché il
sostegno popolare, d’Annunzio finì con l’essere isolato e ridimensionato, poiché Mussolini temeva potesse
intralciare i suoi piani.

Il successo di d’Annunzio fu dunque decretato essenzialmente dal clamore, lo scandalo, i miti e infine anche
dalle sue abilità linguistiche. Se agli inizi era ancora uno studentello dietro ai giornali, con gli anni accrebbe
la sua fama, anche se non risolse mai i suoi problemi economici. Nella prima metà del Novecento, tuttavia,
comincerà ad essere disprezzato da alcuni poeti del calibro di Gozzano e Palazzeschi, che si riterranno
antidannunziani.

Alcyone esce alle fine del 1903 e si presenta come il terzo libro delle Laudi. L’opera si apre con un poeta che
vuole staccare dalla precedente e intensa attività politica e produzione letteraria, trovando conforto negli
ultimi giorni di primavera, pronto ad accogliere l’estate. D’Annunzio cerca nel contatto con la natura una
fonte di relax. La poesia più celebre della raccolta, La pioggia nel pineto, descrive bene la fusione dei
protagonisti, il poeta e una certa Ermione (alias Eleonora Duse), mentre attraversano una pineta della
Versilia. Dopo una stagione piena di sensualità ed energia si piomba nell’autunno, malinconico perché
anticipa i segni della decadenza e della morte.
Tommaso Vangelisti 5°Ainf

Per d’Annunzio, la Versilia è come l’antica Grecia e i suoi miti, per lui è l’eccellenza e la definisce come un
paradiso perduto, dove immagina di vedere anche ninfe, satiri e dei. È qui che il poeta comprende che il
tempo è ciclico e scorre inesorabilmente in avanti.

L’opera è composta da 88 liriche che seguono un filo conduttore preciso, quello della vita che scorre. Dopo
un proemio (La tregua), d’Annunzio riprende il tema di Nietzsche dell’antitesi Dioniso-Apollo. Il primo era il
dio delle feste, del vino, degli eccessi, mentre l’altro rappresentava la riflessione personale e la
contemplazione del mondo. D’Annunzio arriverà a identificarsi con il dio Pan, emblema della Natura stessa,
e tramite il processo di fusione con la vegetazione insieme ad Ermione riprende il tema delle metamorfosi
di Ovidio. Inoltre, compare anche il motivo orfico: d’Annunzio parla dei propri scritti come dei figli, dei canti
nati dalle ninfe, dal rumore delle onde o del vento… tutto questo è un collegamento al mito di Orfeo che,
secondo la tradizione, produceva un canto straordinario.

In questo contesto, il superuomo di d’Annunzio si rende conto di essere solo e le sue aspirazioni stanno
andando in frantumi in vista della morte. A tal proposito, bisogna essere indotti ad assaporare la pienezza
della vita e della natura. Il tono è sacrale, solenne e il lessico aulico. Evidente è il ricorso frequente alla
sinestesia e l’importanza attribuita ai suoni e alle immagini simboliche. Il vocabolario adoperato è ricco di
espressioni e termini tecnici e specifici.

Opere

o Dagli esordi all’estetismo decadente


D’Annunzio fu un poeta e prosatore molto precoce. Passiamo in rassegna le sue prime opere che abbiamo
visto.

o Primo vere (1879), la prima raccolta lirica, venne criticato dai suoi professori per la libertà dei temi
e del linguaggio e per la forte sensualità. I componimenti risento della metrica “barbara” di
Carducci.
o Il piacere (1889), imperniato sull’edonismo del protagonista Andrea Sperelli, avido di piaceri,
cultore del bello, stanco di tutto, ma deciso a fare della sua vita un’inimitabile opera d’arte.
Tommaso Vangelisti 5°Ainf

o Produzione ispirata alla letteratura russa


Dopo il successo ottenuto con il romanzo “il piacere”, D’Annunzio, suggestionato dalla moda del romanzo
russo, si dedicò alla sperimentazione letteraria accostandosi al tema della purezza, della bontà d’animo, del
commosso ritorno alla natura, e all’indagine psicologica, attenta ai confini interiori e agli stati mentali. Dai
modelli letterari nacquero due opere in prosa: il romanzo breve “Giovanni Episcopo” e “L’innocente”.

Il “Poema paradisiaco” anch’esso ispirato alla letteratura russa, è una raccolta di 54 liriche in cui gli accessi
del passato, i temi erotici e trasgressivi sembrano lasciar posto al desiderio di purificazione, alla ricerca di
un mondo di affetti familiari, di innocenza e di originaria purezza; lo stile si caratterizza per l’adozione di
forme colloquiali.

o La produzione del superuomo


Nel 1892 la letteratura dell’opera di Nietzsche (nice), il filosofo che aveva elaborato fra l’altro la teoria del
superuomo, segnò l’avvio di una nuova vitalità poetica in D’Annunzio, che applicò questa teoria alla figura
del poeta, rendendolo un essere superiore svincolato da ogni regola morale, cultore del bello,
propugnatore di una visione politica aggressiva e imperialista e del dominio di una classa privilegiata e
violenta.

Il mito del superuomo è incarnato dai protagonisti di quattro romanzi di questo periodo.

o Il trionfo della morte (1894), costruito sulla vicenda del folle amore di Giorgio Aurispa per Ippolita,
un sentimento torbido e morboso che si conclude con un omicidio-suicidio. Dopo “il piacere” e
“L’innocente”, è la terza opera dei “Romanzi della rosa”, basati su atmosfere sensuali e di languore.
o Le vergini delle rocce (1895) è il romanzo il cui protagonista, Claudio Cantelmo, unendosi in
matrimonio a una nobile, sogna un figlio di sangue puro, futuro re di Roma.
o Il fuoco (1900), l’incarnazione più compiuta dell’estetismo e del superomismo dannunziani
attraverso l’esperienza di vita i Stelio Effrena, è l’unico romanzo realizzato tra quelli dei “Romanzi
del melagrano”. “Il fuoco” è un’opera autobiografica in cui, attraverso il personaggio di Foscarina,
viene rievocato l’amore di D’Annunzio per Eleonora Duse.
o Forse di forse che no (1910), l’ultimo romanzo, che sancisce la definitiva affermazione della morale
superomistica, prende corpo in un contesto storico e culturale caratterizzato da una tecnologia
avanzata e dal mito della velocità.

Nel 1903 D’Annunzio pubblica anche diversi libri, dedicandoli alla Duse. Tra il 1898 e il 1908 si dedicò alla
composizione di drammi teatrali nei quali mise in scena il culto del superuomo, passioni sensuali e
propaganda imperialistica.

o Le opere del periodo francese e l’ultimo D’Annunzio


Dopo la pubblicazione di “forse sì forse che no”, D’Annunzio si trasferì in Francia, dove si dedicò ai drammi
in Francese “Le martyre de Saint Sébastien” e “La Pisanelle”.

Tra le opere in prosa dell’ultimo periodo, detto “notturno” dal titolo dall’opera più significativa di questo
periodo, il “Notturno” nel quale D’Annunzio riprende lo stile frammentario e impressionistico dei drammi in
francese; l’opera fu composta nel periodo di convalescenza dopo l’incidente aereo che gli procurò lesioni
ad un occhio.
Tommaso Vangelisti 5°Ainf

Analisi delle opere


o Il piacere
La vicenda è ambientata in una lussuosa Roma di fine secolo. Ultimo rampollo di un'antica famiglia nobile,
Andrea Sperelli è un giovane che vive esclusivamente per l'amore, per l'arte e per la cultura. Sensibilissimo
e raffinatissimo, conduce un'esistenza estetizzante. Quando la sua amante, Elena Muti, con cui Andrea
aveva allacciato una burrascosa relazione, l'abbandona senza alcun motivo, Andrea cerca conforto in
numerose avventure, finché incappa nella vendetta di un amante tradito che lo ferisce in duello. Si rifugia
allora nella villa di campagna di una sua cugina per farsi curare; qui ha occasione di rigenerarsi, di ripensare
alla propria vita dissoluta e di incontrare una giovane donna, Maria Ferres, moglie del ministro del
Guatemala, di spiritualità elevatissima, bella e sensibile al fascino dell'arte. Finita la convalescenza, Andrea
si trasferisce a Roma, dove ritorna alla solita vita mondana e dissoluta, ha frequenti incontri con Elena,
decisa però a respingerlo, e inizia a sedurre la Ferres. La duplice relazione con Elena, segnata
dall'eccitazione e dal desiderio sessuale, e con Maria, espressione di un amore puro, finisce per
ossessionarlo e spingerlo al gioco perverso del possesso di Elena attraverso Maria. Ma, quando riesce a
ottenere da Maria il dono di una notte d'amore, si tradisce: al culmine dell'amplesso, Andrea, che
nell'inconscio sta rivivendo l'amore per Elena, si lascia sfuggire il nome di costei e Maria, inorridita, fugge
abbandonandolo nella disperazione dell'amore perduto.

Andrea Sperelli è un eroe decadente, raffinato cultore del bello aristocratico, sprezzante del «grigio diluvio
democratico odierno che tante belle cose e rare sommerge miseramente». Egli ricerca l'eleganza, la
bellezza e il piacere e regola la sua condotta sul principio che la vita deve essere modellata come un'opera
d'arte. Tuttavia, è privo della profondità psicologica che caratterizza il protagonista del romanzo
estetizzante francese, attento a perseguire come unico scopo quello di un estetismo raffinato ed elitario
che lo spinge a isolarsi dal mondo.

 Leggi “il ritratto di un esteta” a pag. A322

o Laudi
Le Laudi rappresentano l’opera poetica in cui D’Annunzio sviluppa il concetto di super uomo (A i romanzi
della fase del super uomo corrispondono: Trionfo della morte, Il piacere e il fuoco (dedicata ad Eleonora
Duse). Le Laudi sono una raccolta poetica dove sviluppa il concetto di super uomo. L’ architettura è
complessa perché con questa D’Annunzio aspirava fare un canto totale che comprendesse il reale dal
passato mitico della Grecia fino ad Esaltare il nazionalismo del suo tempo.

Le Laudi dovevano essere costituite da sette libri che prendono il nome dalle stelle che compongono la
costellazione delle Pleiadi vicino ad Orione e sono: Maia, Elettra, Alcyone, Merope, Asterope, Taigete e
Celeno. Già nel titolo dell’opera si evidenzia la volontà di un canto totale, infatti, il titolo completo è: Laudi
del cielo, del mare, della terra, degli eroi.

La sera fiesolana
Originale Parafrasi
Fresche le mie parole ne la sera Le mie fresche parole nella sera ti fanno sentire
ti sien come il fruscìo che fan le foglie come quel fruscio che fanno le foglie del gelso
del gelso ne la man di chi le coglie nella mano quando vengono raccolte in
silenzioso e ancor s’attarda a l’opra lenta silenzio e ancora ritarda nel lavoro sulla scala
su l’alta scala che s’annera alta che diventa scura strofinandosi con il fusto
contro il fusto che s’inargenta color argento con i suoi rami spogli mentre la
con le sue rame spoglie luna è prossima ad uscire dalle soglie azzurre e
mentre la Luna è prossima a le soglie sembra che davanti a sé distenda un velo dove
cerule e par che innanzi a sé distenda un velo il nostro sogno giace e sembra che la campana
ove il nostro sogno si giace senta già sommersa nel gelo notturno e beva
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e par che la campagna già si senta da lei la pace sperata senza vederla.
da lei sommersa nel notturno gelo
e da lei beva la sperata pace
senza vederla.

Laudata sii pel tuo viso di perla, Tu sia lodata per il tuo viso di perla, o sera, e
o Sera, e pe’ tuoi grandi umidi occhi ove si tace per i tuoi grandi occhi umidi dove si tace
l’acqua del cielo! l’acqua del cielo!

Dolci le mie parole ne la sera Le mie parole dolci nella sera ti sentono come
ti sien come la pioggia che bruiva la pioggia che faceva rumore tiepida e
tiepida e fuggitiva, sfuggente, pianto lacrimoso della primavera,
commiato lacrimoso de la primavera, sui gelsi e sugli olmi e sulle viti e sui novelli pini
su i gelsi e su gli olmi e su le viti con le dita rosa che giocano con l’aria che si
e su i pini dai novelli rosei diti perde, e sopra il grano che non è ancora verde,
che giocano con l’aura che si perde, e sopra il fieno che già tagliato sta ingiallendo,
e su ‘l grano che non è biondo ancóra e sopra gli olivi, sopra i fratelli olivi che fanno di
e non è verde, pallida santità i clivi sorridenti.
e su ‘l fieno che già patì la falce
e trascolora,
e su gli olivi, su i fratelli olivi
che fan di santità pallidi i clivi
e sorridenti.

Laudata sii per le tue vesti aulenti, Tu sia lodata per le tue vesti profumate, o sera,
o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce e per la cinta che ti cinge come il salice cinge il
il fien che odora! fieno che profuma!

Io ti dirò verso quali reami Io ti dirò verso quali reami d’amore ci chiama il
d’amor ci chiami il fiume, le cui fonti fiume, le cui fonti eterne all’ombra degli antichi
eterne a l’ombra de gli antichi rami rami parlano del mistero sacro dei monti, e ti
parlano nel mistero sacro dei monti; dirò per quale mistero le colline sugli orizzonti
e ti dirò per qual segreto limpidi s’incurvano come labbra che chiudono
le colline su i limpidi orizzonti un divieto, e perché la volontà di dire, le faccia
s’incùrvino come labbra che un divieto belle oltre ogni desiderio umano e nel silenzio
chiuda, e perché la volontà di dire loro sono sempre consolatrici novelle, così che
le faccia belle sembra che ogni sera l’anima le possa amare di
oltre ogni uman desire un amore più forte.
e nel silenzio lor sempre novelle
consolatrici, sì che pare
che ogni sera l’anima le possa amare
d’amor più forte.

Laudata sii per la tua pura morte, Tu sia lodata per la tua morte pura, o sera, e
o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare per l’attesa che fa palpitare in te le prime
le prime stelle! stelle. (quest'ultima strofa è un forte richiamo
alla speranza, infatti nel panismo la morte non
è la fine, semmai può essere un nuovo inizio
poiché tutto può avere vita in un'altra forma).

Varie sono le figure retoriche presenti ne La sera fiesolana:

La poesia si apre con una sinestesia (Fresche le mie parole; si accosta la sensazione uditiva delle parole a
quella tattile della freschezza), figura che ritroviamo al v. 18 (Dolci le mie parole).

Ai vv. 1-2 (Fresche le mie parole ne la sera / ti sien come il fruscio che fan le foglie) si può notare
l’allitterazione di /f/ e /r/ riproduce il suono delle foglie nella mano del contadino, rendendo l’espressione
onomatopeica. Tutto il componimento è comunque pervaso da allitterazioni.
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Sono presenti varie similitudini (v. 2, come il fruscio; v. 19, come la pioggia; v. 33, come il salce; v. 41, come
labbra.

Anche le metafore sono ricorrenti (vv. 8-9, soglie / cerule; v. 13, beva la sperata pace; v. 16-17, grandi umidi
occhi ove si tace / l’acqua del ciel); v. 23, rosei diti; v. 32, vesti aulenti; v. 33, cinto che ti cinge; v. 49, pura
morte).

Notevole è il ricorso alla figura retorica della personificazione (v. 8, Luna; v. 16, 33, 50, Sera; v. 23, pini dai
novelli rosei diti; v. 29, fratelli olivi; vv. 30-31, pallidi i clivi / e sorridenti).

Sono presenti anche la figura dell’apostrofe e dell’anafora (vv. 16, 33, 50; O Sera).

La figura dell’anafora ricorre anche ai vv. 15, 32, 49 (Laudata sii), ai vv. 2 e 19 (ti sien come); ai vv. 23, 25,
27, 29 (e su).

È presente anche la figura del polisindeto (vv. 23-29; su i gelsi e su gli olmi e su le viti / e su i pini … / e su il
grano … / e su ‘l fieno … / e su gli olivi).

Al v. 30 è presente un’anastrofe (che fan di santità pallidi i clivi).

Ai vv. 47-48 è presente una figura etimologica (amare / d’amor).

Numerosi gli enjambement (vv. 2-3, 8-9, 16-17, 19-20, 35-36, 36-37, 41-42, 45-46).

La pioggia nel pineto


Originale Parafrasi Originale Parafrasi
Taci. Su le soglie Taci. All’ingresso per i fiori raccolti in mazzi,
del bosco non odo del bosco non sento sui ginepri ricoperti
parole che dici parole che puoi definire di gemme profumate,
umane; ma odo umane. Ma sento piove sui nostri visi
parole più nuove parole più straordinarie che fanno parte della
che parlano gocciole e foglie che parlano le gocce di foresta,
lontane. pioggia e le foglie piove sulle nostre mani
Ascolta. Piove lontane (perché il suono nude,
dalle nuvole sparse. proviene dal folto del sui nostri abiti
Piove su le tamerici bosco). leggeri (attraverso i quali
salmastre ed arse, Ascolta. Piove filtra la pioggia),
piove sui pini dalle nuvole disseminate nel
scagliosi ed irti, cielo.
piove su i mirti Piove sulle tamerici
sui freschi pensieri
divini, che sanno di sale e sono
che l’anima fa sbocciare
su le ginestre fulgenti bruciate dalla calura,
rinnovata,
di fiori accolti, piove sui pini su i freschi pensieri
sulla favola bella
su i ginepri folti scagliosi (perché i tronchi che l'anima schiude
che ieri
di coccole aulenti, sono ruvidi e come coperti novella,
ti illuse, che oggi mi illude,
piove su i nostri volti di scaglie) e su la favola bella
o Ermione.
silvani, ispidi (per le foglie aguzze) che ieri
piove su le nostre mani piove sui mirti t'illuse, che oggi m'illude,
ignude, divini (perché sacri a o Ermione.
su i nostri vestimenti Venere),
leggeri, sulle ginestre che splendono

Odi? La pioggia cade Odi? Ascolta, ascolta. L'accordo Ascolta, ascolta. Il canto
su la solitaria La pioggia che cade delle aeree cicale delle cicale che stanno
verdura sul fogliame della pineta a poco a poco nell’aria va diminuendo
con un crepitio che dura deserta più sordo sotto la pioggia che
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e varia nell'aria secondo le fronde producendo un crepitio che si fa sotto il pianto aumenta. Ma in crescendo
più rade, men rade. dura che cresce; si mescola un canto più
Ascolta. Risponde e varia secondo quanto è ma un canto vi si mesce rauco, che sale dall’ombra
al pianto il canto folto il fogliame. più roco scura dello stagno in
delle cicale Ascolta. Alla pioggia che di laggiù sale, lontananza. Solo una nota
che il pianto australe risponde dall'umida ombra remota. ancor trema, si spegne,
non impaura, il canto delle cicale Più sordo e più fioco risorge, trema, si spegne.
né il ciel cinerino. che non è fermato s'allenta, si spegne. Non arriva il suono delle
E il pino né dalla pioggia né dal Sola una nota onde sulla spiaggia. Non si
ha un suono, e il mirto colore scuro del cielo. ancor trema, si spegne, sente sulle fronde degli
altro suono, e il ginepro E il pino risorge, trema, si spegne. alberi scrosciare la pioggia
altro ancora, stromenti ha un suono, e il mirto Non s'ode su tutta la fronda d’argento che purifica, lo
diversi altro suono, e il ginepro crosciare scroscio che varia secondo i
sotto innumerevoli dita. altro ancora, e le gocce di l'argentea pioggia rami più folti, meno folti.
E immensi pioggia sono come miriadi di che monda, Ascolta.
noi siam nello spirito dita che fanno suonare il croscio che varia La cicala è muta, ma la figlia
silvestre, diversamente queste piante. secondo la fronda del lontano fango, la rana,
d'arborea vita viventi; Noi siamo nel più intimo più folta, men folta. canta nell’ombra più
e il tuo volto ebro della foresta, non più esseri Ascolta. profonda, chissà dove,
è molle di pioggia umani ma vivi d’una vita La figlia dell'aria chissà dove.
come una foglia, vegetale; è muta: ma la figlia E piove sulle tue ciglia,
e le tue chiome E il tuo volto bagnato ed del limo lontana, o Ermione.
auliscono come inebriato dalla gioia e le tue la rana,
le chiare ginestre, chiome profumano come le canta nell'ombra più fonda,
o creatura terrestre ginestre, o creatura chi sa dove, chi sa dove!
che hai nome originata dalla terra che hai E piove su le tue ciglia,
Ermione. nome Ermione. Ermione.

Piove su le tue ciglia nere Piove sulle tue ciglia nere sull’illusoria favola
sì che par tu pianga che sembra tu pianga ma di dell’amore
ma di piacere; non bianca piacere; che ieri
ma quasi fatta virente, non bianca ma quasi verde, mi illuse, che oggi ti illude,
par da scorza tu esca. sembri uscita dalla corteccia o Ermione.
E tutta la vita è in noi fresca di un albero.
aulente, E tutta la vita è in noi fresca
il cuor nel petto è come pesca e odorosa,
intatta, il cuore nel petto è come
tra le palpebre gli occhi una pesca non ancora
son come polle tra l'erbe, toccata,
i denti negli alveoli gli occhi tra le palpebre
son come mandorle acerbe. sono come fonti d’acqua in
E andiam di fratta in fratta, mezzo all’erba;
or congiunti or disciolti i denti nelle gengive
( e il verde vigor rude sembrano mandorle acerbe.
ci allaccia i melleoli E andiamo di cespuglio in
c'intrica i ginocchi) cespuglio, ora tenendoci per
chi sa dove, chi sa dove! mano ora separati
E piove su i nostri volti (la ruvida e forte stretta
silvani, delle erbe aggrovigliate ci
piove su le nostre mani blocca le ginocchia)
ignude, chissà dove, chissà dove!
su i nostri vestimenti Piove sui nostri volti
leggeri, divenuti tutt’uno con il
su i freschi pensieri bosco,
che l'anima schiude piove sulle nostre mani
novella, nude,
su la favola bella sul nostro corpo,
che ieri sui nuovi pensieri sbocciati
m'illuse, che oggi t'illude, dall’anima rinnovata,
o Ermione.
Figure retoriche:
Climax: c’è una tensione che sale e che raggiunge l’apice nel nome di Ermione: che ieri/ t'illuse, che oggi
m'illude,/o Ermione.
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Personificazione: Ermione rappresenta non solo una figura reale ma un concetto, e cioè un amore
dimenticato e puro a cui tornare.

Apostrofe: il personaggio si rivolge direttamente all’amata, chiamandola più volte.


Onomatopee: gocciole; crepitio, crosciare il suono delle parole richiama il rumore della pioggia.

Allitterazione: es. 1) tamerici salmastre ed arse dove torna il suono della –t- e della –s-
2) d’arborea vita viventi/e il tuo volto ebro dove i suoni ripetuti sono –r- e –v-
Tutto questo è necessario a “incantare” chi legge,su questa scia continua tutta la poesia, provate a scorgere
anche voi questo tipo di figura retorica molto semplice da rintracciare.

Asindeto: trema, si spegne, risorge, trema, si spegne cioè un elenco di termini che, usando anche
l’allitterazione danno un senso di andata e ritorno dentro e fuori la natura.

o Notturno

 Sintesi pag. A367

L’innocente e baudelaire

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