Uno dei poeti e scrittori più importanti, famosi e amati della letteratura italiana, “il Vate” Gabriele
D’Annunzio. La sua poetica verte intorno a due concetti: l’estetismo e il superomismo. L’estetismo è
quella corrente di pensiero che si pone come obiettivo il raggiungimento e la celebrazione del Bello
e delle opere d’arte, intese nella loro perfezione formale e stilistica. L’arte per D’annunzio è come
la vita: non ci sono differenze tra ciò che l’artista vive e ciò che l’artista produce. L’estetismo culmina
nell’attenzione al piacere, nell’edonismo, che si concretizza sia nella produzione e nel godimento del
Bello e dell’Arte, sia nelle avventure erotiche. Inoltre la vita di Gabriele D’Annunzio è sempre stata
caratterizzata da esperienze fuori dagli schemi, basti citare l’impresa della presa di Fiume: infatti il
poeta abruzzese vuole vivere come un superuomo, diverso dagli altri uomini, contrario
all’omologazione borghese e ai ragionamenti comuni. Gabriele d'Annunzio è stato un poeta
estremamente versatile, che ha saputo e voluto sperimentare continuamente nel corso della sua vita.
Alla base di tutto, si deve cogliere in lui la volontà di stupire e di affascinare, Non si deve dimenticare,
infatti, che d'Annunzio è un uomo pubblico, il primo vero divo della società contemporanea: grande
fascino generò trai contemporanei la relazione con Eleonora Duse, una famosissima attrice di teatro
e poi di cinema muto. A di là dei sentimenti, che qui non importano, d'Annunzio impiegò la propria
relazione come oggetto d'arte, inserendone dapprima il mito all'interno dell'opera (l'Ermione de La
pioggia nel pineto non è altri che la Duse) ma sfruttandolo poi anche nella costruzione della propria
leggenda. Nel suo studio del Vittoriale, sul lago di Garda, conservava un busto della Duse, che era
solito coprire quando scriveva per non essere turbato dalla sua bellezza. L'episodio è significativo di
un modo di intendere la scrittura; del resto, per comprendere fino in fondo l'autore, è necessario
esplorarlo anche attraverso i suoi oggetti, le sue vicende e l'immagine che egli desiderava costruire
di sé. L'estetismo nella poesia di d'Annunzio
Proprio l'estetismo è probabilmente il termine chiave per comprendere il nocciolo centrale della sua
poesia. Per d'Annunzio il verso è tutto: nel verso si esprime l'essenza della poesia, che è
primariamente suono, melodia, musica, catena di significanti che comunicano direttamente all'anima
i significati più profondi. L'arte è il valore supremo a cui ambire; è la risposta alla volgarità del mondo
borghese, che d'Annunzio disprezza.
OPERE- LE LAUDI
Le Laudi del Cielo, del Mare, della Terra e degli Eroi sono le raccolte poetiche della maturità di
D’Annunzio e furono progettate, in seguito al viaggio in Grecia del poeta nel 1895, nel 1899. Secondo
il progetto iniziale dello scrittore le liriche dovevano essere divise in sette libri, quante sono le
Pleiadi (Maia, Elettra, Alcione, Merope, Asterope, Taigete e Celeno), ma D'Annunzio riuscì a
comporne solo cinque: Maia, Elettra, Alcione (1903), Merope (1912) e i Canti della guerra latina
(1914-1918).
1. Taci. Su le soglie
2. del bosco non odo
3. parole che dici
4. umane; ma odo
5. parole più nuove
6. che parlano gocciole e foglie
7. lontane.
8. Ascolta. Piove
9. dalle nuvole sparse.
10. Piove su le tamerici
11. salmastre ed arse,
12. piove su i pini
13. scagliosi ed irti,
14. piove su i mirti
15. divini,
16. su le ginestre fulgenti
17. di fiori accolti,
18. su i ginepri folti
19. di coccole aulenti,
20. piove su i nostri vólti
21. silvani,
22. piove su le nostre mani
23. ignude,
24. su i nostri vestimenti
25. leggieri,
26. su i freschi pensieri
27. che l’anima schiude
28. novella,
29. su la favola bella
30. che ieri
31. t’illuse, che oggi m’illude,
32. o Ermione.
Figure Retoriche
• Enjambements
• Anafore vv. 8, 40, 65, 88: “Ascolta”;
vv. 8, 10, 14, 20, 22, 95, 97, 116, 118: “piove”;
ALLITERAZIONE piove...pini...ginestre...ginepri.
ENJAMBEMENTS(Numerosi)
SIMILITUDINE è molle di pioggia come una foglia.
Commento
La poesia La pioggia nel pineto viene composta dal poeta a cavallo fra il luglio e l’agosto del
1902, ed appartiene alla sezione centrale di Alcyone (il terzo libro delle Laudi, uscito alla fine
del 1903, e composto dal poeta tra il 1899 e il 1903). La raccolta è costituita da una serie di liriche
che rappresentano «un susseguirsi di laudi celebrative della natura – e soprattutto dell’estate, dal
rigoglioso giugno al malinconico settembre – nella quale il poeta si immerge mirando a realizzare
una fusione panica: a sprofondare e a confondersi con tutto – mare, alberi, luci, colori – in un
sempre rinnovato processo di metamorfosi che si risolve in un ampliarsi della dimensione umana».1
Sono lodi che celebrano la natura osservata in una vacanza ideale, che inizia a fine primavera nelle
colline di Fiesole e termina a settembre sulle coste della Versilia.
Il poeta racconta in versi come avviene la fusione dell’uomo con la natura.
La lirica più nota e più rappresentativa della raccolta è La pioggia nel pineto, leggendo la quale
riusciamo a capire come l’uomo entri in simbiosi con la natura, sottoponendosi a un processo di
naturalizzazione, e come la natura subisca a sua volta un processo di antropomorfizzazione.
Il poeta e la sua compagna entrano in empatia con la natura e arrivano a condividerne la sua anima
segreta: D’Annunzio contempla la metamorfosi delle cose e la sua compagna si trasforma in fiore,
pianta, frutto, mentre la pioggia cade.
La poesia inizia con un punto fermo dopo l’imperativo Taci (v.1), che indica un momento di
preparazione e di attesa. Il poeta esorta la sua compagna a restare in silenzio, al fine di ascoltare con
la dovuta attenzione i suoni (le parole più nuove) emessi dalla natura: le parole sussurrate da gocce
e foglie lontane, avvertite sin dalle soglie del bosco.Sta piovendo e la pioggia altro non è che una
manifestazione della natura, che avvolge e riveste tutto.
Il poeta invita più volte la sua compagna ad ascoltare (v. 8: Ascolta; v. 33: Odi?; v. 40: Ascolta;
v. 65: Ascolta, ascolta; v. 88: Ascolta) la musicalità della pioggia e i suoni emessi dalla natura. Alla
donna in questione viene attribuito il nome di Ermione, il nome della figlia di Elena e Menelao
della mitologia greca con il quale il poeta, probabilmente, si riferisce a Eleonora Duse .
Il processo di naturalizzazione e di metamorfosi viene messo in atto sin dai primi versi della
lirica, in cui vengono elencati diversi tipi di piante e di fiori, al fine di creare una premessa per la
fusione tra gli uomini e la natura che viene esplicitata già nei versi 20-21, attraverso i quali si nota
che i volti del poeta e di Ermione sono diventati silvani, permettendo ad entrambi di trasformarsi in
creature silvestri, dello stesso colore e quasi della stessa sostanza del bosco. Successivamente la
donna è paragonata agli elementi della natura: il suo volto è come una foglia (vv. 56-58) e i suoi
capelli emanano lo stesso profumo delle ginestre (vv. 59- 61: le chiome come le ginestre).
Gradualmente, arrivano entrambi a fondersi con la natura e a sentirsi parte di essa, tanto è che il
poeta, attraverso l’uso delle similitudini, mostra come la donna sembri aver assunto l’aspetto di una
pianta verdeggiante e sembri uscita dalla corteccia di un albero come una ninfa (vv. 99-101), il suo
cuore sembri vivere di una nuova vita e sia simile al frutto della pèsca (vv. 104-105) e mostra come
persino gli occhi (vv. 106-107) e i denti (vv. 108-109) si trasformino e rendano esplicito il senso
d’immedesimazione delle due creature umane nella vita del bosco.
Un altro tema molto importante della lirica è quello dell’amore, in quanto il poeta parlando
della pioggia estiva refrigerante sottolinea come questa rigeneri non solo la natura, ma rinvigorisca
anche l’anima dei due innamorati, i quali continuano ad abbandonarsi alla forza dei sentimenti e
dell’amore, ma con la consapevolezza che si tratti soltanto di una favola bella (v. 29) che li ha illusi
in passato e continua ad illuderli (vv. 29-32).
Colpisce, inoltre, la musicalità che caratterizza l’intera lirica e che è ottenuta attraverso la
frantumazione del verso e il ricorso alle rime interne e alle assonanze.C’è un vero e proprio studio
del poeta, un virtuosismo basato anche sul principio della ripetizione, che provoca degli effetti
ritmico-musicali particolarmente interessanti. Il poeta tende ad imitare i suoni della pioggia e a
inventare delle vere e proprie melodie: il poeta trasforma le sue parole in musica, utilizzando un
lessico piuttosto ricercato, dimostrando di aver fatto suoi gli insegnamenti dei Simbolisti francesi
Scritto nel 1888 e pubblicato nel 1889 presso l’editore Treves, Il Piacere è uno dei più celebri
romanzi scritti da Gabriele D’Annunzio. Questo romanzo sconvolse la letteratura dell’Ottocento
italiano perché inaugurò un nuovo tipo di prosa: quella decadente-esteta di derivazione francese.
D’Annunzio si pose in un panorama verista e realista rompendo tutti gli schemi e proponendo una
nuova letteratura basata sulla sensualità e la decadenza.
Egli fu una grande figura umana, ultimo discendente di una grande razza di intellettuali. Coltivava
la passione, la cura per il bello e per le cose belle, l’arte in tutte le sue forme, le belle donne,
seguendo la moda francese dell’estetismo. Sicuramente si contraddistinse tra gli intellettuali italiani
per la sua condotta scandalosa, e creò intorno a sé molti ammiratori.
Il romanzo Il Piacere fa parte di una trilogia che include anche L’innocente e Il trionfo della morte,
i cosiddetti Romanzi della rosa. L’opera narra la storia della vita di Andrea Sperelli, intellettuale
creato sul riflesso della fisionomia dannunziana di uomo, che ritornerà spesso nei suoi
romanzi. Andrea è un giovane aristocratico, annoiato della vita, amante dell’arte, che vive in una
sorta di casa museo. Così come ama l’arte, adora anche le donne.
Il romanzo inizia quando Andrea aspetta a casa sua la ex amante Elena Muti e ripercorre con la
mente tutta la loro storia ed anche la sua vita. Viene ferito in un duello mentre tenta di corteggiare
un’altra nobildonna e nel corso della convalescenza, nella villa di Schifanoja sul mare, conosce
un’altra donna che gli ruba il cuore: Maria Ferres, moglie di un diplomatico sudamericano. Si
divide così tra due donne e due amori, ma nel corso di una notte di passione con Maria pronuncia il
nome di Elena. Maria così lo lascia, abbandonando anche la sua casa dove era andata a vivere.
Finisce così il romanzo, con una piena tonalità decadente.
Il protagonista è un esteta, come Dorian Gray di Oscar Wilde, che vive la sua vita come se fosse
un’opera d’arte. Si propone come classico dandy anche se dentro di sé ha vissuto con molta
sofferenza il periodo dell’infanzia. Conquistare le donne è per lui un’arte più che un piacere. Alla
fine però incarna un personaggio fallimentare perché vuoto e disinteressato, in piena linea con la
crisi dei valori del periodo. Non si tratta di un personaggio autentico come quelli veristi, ma finto e
costruito ad hoc. Il piacere è in realtà l’arte stessa, vista come momento di elevazione sociale e
modo per affinare i sensi.