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fascismo
La sua parabola esistenziale durò circa 75 anni: dall’Unità di Italia alla vigilia
della IIGM.
Nato a Pescara (Abruzzo) nel 1863, morì a Gardone (sul lago di Garda) nel
1938.
Era di 8 anni più giovane di Pascoli, altro volto del Decadentismo italiano: due
figure antitetiche e tuttavia complementari, anche per il modo in cui
interpretarono in maniera personale la poetica simbolista di derivazione
francese e la lezione della classicità.
All’età di 16 anni pubblicò la sua prima raccolta poetica, “Primo vere” (di
ispirazione carducciana),a spese del padre. Il suo talento fu riconosciuto subito
dalla critica ma D’Annunzio sapeva che non poteva bastare e seppe sfruttare i
meccanismi autopromozionali del marketing, diffondendo la falsa
notizia (fake news) della sua morte, a seguito di una caduta da cavallo, poco
prima della pubblicazione della nuova edizione della sua raccolta d’esordio,
garantendosi in questo modo immediato successo.
Nel 1889 pubblicò “Il piacere”, il primo (e il più famoso) dei suoi tanti romanzi.
Aveva 26 anni (Verga pubblicava in quell’anno il suo “Mastro don Gesualdo”,
mentre Pascoli stava per pubblicare “Myricae”).
Lo scoppio della Prima guerra mondiale segnò una svolta decisiva: D’Annunzio
rientrò in Italia e diventò il leader dello schieramento interventista. Il 4 maggio
1915 tenne un celebre discorso interventista in occasione dell’inaugurazione
del monumento garibaldino di Quarto (per le fattezze di Garibaldi lo scultore
Baroni si era ispirato all'attore genovese Bartolomeo Pagano, camallo del
porto di Genova diventato celebre per aver interpretato il personaggio di
Maciste nel film “Cabiria” di Pastrone, alle cui didascalie aveva lavorato lo
stesso D’Annunzio).
Quando l’Italia entrò in guerra con il Patto di Londra, D’Annunzio si arruolò
volontario: aveva già 52 anni.
La sua guerra non fu quella di logoramento, di posizionamento, delle trincee.
La sua guerra avvenne nei cieli, a bordo dei primi velivoli.
Nel 1916 fu ferito a un occhio e fu costretto a un periodo di semi-cecità
(scrisse il meditativo “Notturno” su diecimila striscioline di carta).
L’incidente non gli impedì tuttavia di mettersi in mostra con le famose imprese
del “poeta soldato”: la beffa di Buccari e il volo su Vienna, due atti temerari e
provocatori nei confronti del nemico, sfruttando le “armi” della propaganda.
Al termine del conflitto fu uno dei più accesi sostenitori della “vittoria
mutilata” (suo era lo slogan “O Italia o morte”).
L’impresa di Fiume, occupata dal settembre 1919 al dicembre 1920 (il “natale
di sangue”), fu una vera e propria sfida allo Stato e come tale verrà presa ad
esempio da Mussolini (aveva applaudito l’impresa di Fiume ma restando “alla
finestra”, senza dare alcun contributo).
Il famoso drammaturgo e poeta tedesco Bertolt Brecht scrisse che non si era
mai visto un poeta prendere una città con l’esercito (“legionari”) e governarla.
D’Annunzio si pose come “duce” di una “rivoluzione” reazionaria, che incluse
una propria carta costituzionale e un’estrema libertà (anche la libertà sessuale,
l’emancipazione femminile, l’uso di droghe come la cocaina, ecc.).