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LETTERATURA LATINA

LA POESIA ELEGIACA
L’elegia è un componimento poetico caratterizzato dall’uso del distico detto “elegiaco”, formato da un
esametro e da un pentametro. La poesia elegiaca è una forma letteraria di origine greca, ma una volta
coltivata a Roma viene rinnovata e assume caratteristiche specifiche. Non possiamo fare affermazioni sicure
sulle caratteristiche specifiche perché la nostra conoscenza dei testi greci elegiaci di età ellenistica è molto
scarsa e lacunosa. I maggiori esponenti della poesia elegiaca nell’età di Augusto furono: Cornelio Gallo,
Tibullo, Properzio e Ovidio. Prima di Gallo vi fu anche Catullo che coltivò questo genere, ma Gallo venne
considerato l’iniziatore in quanto scrisse componimenti solo di questo genere, costituendo un punto di
svolta nelle esperienze elegiache dei neoteroi, legate ai precedenti ellenistici.

CORNELIO GALLO
VITA
Cornelio Gallo nacque nel 69 o 68 a. C forse a Forum Iulii, era un Homus novus e appartenente al ceto
equestre. Fece una brillante carriera politica che terminò tragicamente. Dopo la battaglia di Azio, Augusto
lo nominò governatore della prefettura dell’Egitto, ma ben presto, fu accusato dai suoi nemici di superbia e
mire troppo ambiziose. Gallo così cadde in disgrazia, fu condannato all’esilio e furono confiscati tutti i suoi
beni. Si diede volontariamente alla morte nel 27 o 26 a. C
GLI AMORES
Gallo scrisse una raccolta di elegie suddivise in quattro libri, intitolata Amores (“Amori”) e incentrata
sull’amore per una donna chiamata Licoride. Questa donna, secondo le fonti antiche, era la liberta
Volumnia amante di altri celebri personaggi come Marco Antonio e Bruto. Di questa raccolta si conservano
solo pochi frammenti e quindi i caratteri della poesia di Gallo si ricostruiscono con notevole difficoltà di
sicuro è che la raccolta appartenesse all’ambito della poesia neoterica, che vi era il ricorso al mito,
l’accentuazione dell’elemento soggettivo, personale e passionale.
Si può supporre quindi che Gallo sia stato considerato l’iniziatore del genere elegiaco nella letteratura latina
in quanto ha conferito a questa forma letteraria i suoi tratti più caratteristici: l’impronta fortemente
autobiografica, l’intensa passionalità e la tendenza a raccontare un’unica storia amorosa, con i suoi vari
momenti, occasioni e sviluppi.

TIBULLO
VITA
Per quanto riguarda la vita di Tibullo i dati biografici più certi si ricavano dalla sue stesse elegie. Si sa che fu
in buoni rapporti con Messalla Corvino, uomo politico che raccolse attorno a sé un circolo letterario, di cui
proprio Tibullo fu il massimo esponente. Tibullo era appartenente a una famiglia di rango equestre, e fece
parte di una spedizione di Messalla nelle Gallie contro gli Aquitani, nel 30 a. C, e di una missione in Asia
Minore, nel 28 a. C. Da ciò si deduce che sia nato intorno agli anni 50 a. C forse nei pressi di Roma e
sappiamo che morì tra la fine del 19 a. C o l’inizio del 18 a. C.

CORPUS TIBULLIANUM
La struttura del Corpus è così suddivisa:
LIBRO II (6 elegie)
LIBRO I (10 elegie) LIBRO III (20 elegie)
1 Descrizione degli Ambarvalia,
Amore per Delia e
feste rurali 1-6 Elegie spurie: un poeta di
1-2 ideale di vita agreste,
contrapposto ad altre nome Ligdamo canta il suo
2 Per il compleanno di Cornuto,
scelte di vita infelice amore per una donna
amico del poeta; augurio che
di nome Neera
possa sempre godere
dell’amore della propria sposa 7 Panegirico di Messalla Corvino
3 Rievocazione dell’oro e
amore per Delia (attribuzione incerta), in
3-4 Amore per Nèmesi
4 Amore per Maràto esametri
5 Per l’ingresso di Messalino,
5-6 Amore per Delia 8-18 Elegie spurie: Sulpicia, nipote
figlio di Messalla Corvino in un
7 Per il compleanno di di Messalla, canta il proprio
collegio sacerdotale:
Messalla Corvino amore per un giovane di nome
rievocazione dell’arrivo di Enea
8-9 Amore per Marato Cerinto
nel Lazio e descrizione delle
10 Esaltazione della pace e Palilie, antiche feste pastorali 19- Amore per una puella
ideale di vita del poeta 20 infedele, di cui non si fa nome
6 Amore per Nèmesi

I LIBRO  Nel I libro abbiamo: Cinque elegie che fanno riferimento alla donna amata di Tibullo,che egli
canta sotto lo pseudonimo di Delia; tre invece si riferiscono ad amore del poeta verso un giovinetto di nome
Maràto; le altre due rimanenti non svolgono temi erotici. Tibullo rispetto agli altri poeti elegiaci romani,
cioè Properzio e Ovidio (che scrivono solo per una donna), scrive anche poesia pederotica, cioè canta
l’amore per un ragazzo. I tre carmi per Marato sono curati e pregevoli, ma molto convenzionali e in cui si
rivela un forte influsso della poesia erotica di Callimaco. Nei carmi per Delia ritroviamo molti motivi
ricorrenti nella poesia d’amore precedente (epigramma greco) e contemporanea (elegie properziane), in
particolare la gelosia e la sofferenza causate dall’infedeltà dell’amata.
Molti particolari risultano l’elegia 1 e 3 del I libro in cui Tibullo affronta il problema topico della scelta di
vita: alla sua esistenza semplice, politicamente disimpegnata e confortata dall’amore, contrappone la vita
militare, inconciliabile con l’amore e la tranquillità secondo l’autore anche se portatrice di ricchezza. Gli
stessi temi si ritrovano nell’elegia 3 in cui il poeta, ammalatosi durante la spedizione in Asia Minore,
rimpiange Roma, la sua amata e l’età dell’oro, in cui non esistevano conflitti e viaggi.
II LIBRO  L’elogio della vita dei campi e l’amore sono temi presenti anche nel II Libro. Nelle elegie
amorose il poeta si presenta innamorato di una nuova donna, Nèmesi. Anche questa passione, come quella
per Delia, è fonte d’inquietudine e di sofferenza sviluppando il tema del servitium amoris (“Schiavitù
d’amore”). Tibullo raffigura se stesso come schiavo di una padrona capricciosa e crudele.
III LIBRO  Il III Libro raccoglie 20 componimenti di cui solo gli ultimi due sono considerati di attribuzione
certa. Il carme 19 è un’ardente dichiarazione d’amore per una puella di cui non viene fatto il nome, e il 20
che è un breve epigramma sul tema dell’infedeltà dell’amata.
I CARATTERI
La poesia di Tibullo è caratterizzata da una situazioni, motivi e concetti presenti anche in altri testi, sia greci
che latini. Si notano maggiormente gli influssi di Callimaco e dell’epigramma ellenistico, numerosi sono
anche i punti di contatto con Properzio.
Tra i temi comuni, sia a Tibullo che a Properzio, vi è: la schiavitù d’amore del poeta alla domina, l’infedeltà
della puella, le sofferenze della gelosia, la contrapposizione tra l’amore e la ricchezza, il rifiuto della vita
militare, il momento della morte confortato dall’amata.
Questi temi non escludono che alla base della vita di Tibullo vi siano stati reali esperienze di questo genere,
poi rielaborate secondo schemi letterari preesistenti. Principalmente, però, chi scrive queste poesia di forte
carattere autobiografico si cela dietro ad un personaggio fittizio quindi non per forza le situazioni sono
riconducibili realmente alla vita dell’autore.
Delle due donne cantate da Tibullo, Delia è la figura meno evanescente e tratteggiata con affettuosa
tenerezza, invece Nemesi (in greco vuol dire “vendetta” e molto probabilmente ha un significato simbolico)
presenta caratteri più letterari ovvero quelli della cortigiana avida di denaro e della domina dura e
capricciosa.
La poesia di Tibullo che risulta più vera ed efficace è quando vuole esprimere evasione, astrazione e rifugio
in un mondo soggettivo e illusorio, costruito dalla fantasia al di fuori dei confini reali. Il tema che il poeta sa
rendere con sensibilità e accenti suoi peculiari è l’aspirazione alla serena e pacifica vita dei campi. La
campagna per Tibullo è un luogo di evasione , lontano e al riparo dalla politica e dalla guerra.
STILE
La struttura compositiva delle elegie si può definire “aperta”, ovvero basata sulla successione di temi
diversi, legati tra loro dall’associazione d’idee più che da un filo logico. La poesia di Tibullo molto spesso
assume il carattere di monologo interiore o quello del dialogo immaginario, con apostrofi e cambi
d’interlocutore. Lo stile è semplice, limpido ed elegante, il tono è misurato e medio lontano dalle sublimità
dei generi alti. Il distico ha spesso autonomia sintattica e nella collocazione delle parole è assai frequente la
dislocazione dell’aggettivo rispetto al sostantivo a cui si riferisce.

PROPERZIO
VITA
I dati della vita di Properzio si desumono dalla stessa opera. Nacque ad Assisi intorno al 50 a. C, perse il
padre da piccolino e la sua famiglia fu privata delle proprietà a causa delle confische terriere avvenute in
seguito alle guerre civili. Properzio poi si spostò a Roma, dove entrò in una cerchia di amici che erano
cultori di poesia e tra i quali spiccava Tullo, a cui Properzio dedicò la sua prima opera: un libro di elegie
d’amore dedicate a una donna con lo pseudonimo di Cinzia. Il libro fu pubblicato tra il 29 e il 28 a. C e attirò
l’attenzione di Mecenate su Properzio, che lo accolse nel suo circolo. Il II libro, infatti, è dedicato proprio a
lui, presentato come protettore e patrono. Seguirono altri tre libri, uno dopo tra il 27 e il 26 a. C, il secondo
dopo il 23 a. C e l’ultimo dopo il 16 a . C. Successivamente a questa data non si hanno più notizie di
properzio, molto probabilmente morì dopo poco o abbandonò l’attività poetica.

LE ELEGIE DEI PRIMI TRE LIBRI


Il I libro delle elegie è trasmesso con il nome di Monobiblos (“ Libro unico”) e comprende 22 componimenti
che hanno come tema dominante l’amore per Cinzia. Nell’elegia proemiale si presenta nella tipica
situazione elegiaca ovvero dell’innamorato infelice, schiavo di una “padrona” crudele. Egli chiederà aiuto,
per liberarsi, alla magia e poi agli amici, ma sa perfettamente che la sua soggezione all’amore è
irrimediabile. Egli affermerà più volte, in altre elegie, il nesso inscindibile tra le sue sofferenze amorose e la
sua produzione poetica, che trae alimento proprio da esse. La poesia per Properzio è una sorta di sfogo al
dolore e l’unico mezzo per conquistare i favori della donna amata.
Uno dei temi tipici di Properzio è proprio il rapporto necessario tra vita interamente dedicata all’amore e
poesia d’amore. In sostanza è lo stesso motivo della vita che ritroviamo in Tibullo, che però Properzio
collega a un discorso di poetica: la vita dedicata all’amore comporta il rifiuto per i generi alti e la preferenza
per un’arte tenue, raffinata ma delicata che sia gradita alla domina e che sappia parlare ai giovani
innamorati.
Altro caratteristica di Properzio, rispetto a Tibullo, è l’ammissione che la sua scelta di vita è moralmente
discutibile e si configura come nequitia (persona di nessun valore).
Il II libro comprende una 40 elegie e si apre con una dedica a Mecenate, nella quale il poeta rifiuta l’invito a
scrivere un poema epico-storico e ribadisce la sua scelta di vita e la scelta di una poesia d’amore, indicando
nella puella l’unica fonte d’ispirazione. Nella 10 elegia Properzio esprime l’intenzione di cantare Augusto,
rinviando il compito al futuro.
Nel II libro dominano i temi eroici, costruiti però in modo più complesso rispetto al I libro e con il ricorso più
frequente a paragoni mitici.
Particolarmente interessante è la settima elegia in cui i due amanti esultano per il ritiro, a opera di Augusto,
di una proposta di legge matrimoniale che avrebbe costretto il poeta a sposarsi e quindi a lasciare Cinzia.
Secondo Properzio ogni esigenza viene subordinata all’amore, vi è, quindi, il rifiuto totale dei valori morali,
sociali e patriottici e questo entra totalmente in contrasto con gli orientamenti ideologici del regime
augusteo.
Il III Libro comprende un 25 elegie e ai consueti temi d’amore se ne affiancano altri. Properzio non si
concentra più solo sull’amore verso Cinzia ma si accosta anche ad altri argomenti, forse sotto le forti
sollecitazioni proveniente da Mecenate o per un esaurimento della topica erotica. Troviamo, infatti, una
celebrazione di Augusto e il compianto per la morte del nipote del principe, Marcello; rievocando le donne
terribile del mito Properzio descrive Cleopatra dopo la battaglia di Azio. Il III libro si chiude con due elegie
dette del discidium (“rottura”), in cui il poeta dà l’addio a Cinzia, dichiarandosi libero dalla schiavitù
d’amore e dal tormento della passione quindi dà l’annuncio ai lettori di abbandonare la poesia d’amore.
Nell’elegia proemiale del IV libro Properzia enuncia solennemente il proposito di dedicarsi alla celebrazione
di Roma e delle sue tradizioni, senza confessare la sua poetica precedente. Properzio contrappone il genere
epico, rifiutandolo, al genere elegiaco, rappresentato da Callimaco e del quale si dichiara un emulo romano.
La differenza rispetto ai primi III libri sta nell’identificazione della poesia elegia non più con la poesia erotica,
ma con una poesia eziologica (cause originarie di feste, riti,e nomi di luoghi). Nonostante queste premesse
già nella seconda parte della prima elegia troviamo la recusatio, ovvero viene illustrato un astrologo che
mette in guardia Properzio del progetto troppo ambizioso appena delineato e sottolinea la sua vocazione di
poeta d’amore. Il proemio è lo specchio perfetto del libro infatti la parte di poesia eziologica viene
sviluppata solo in parte e sono ancora presenti carmi erotici e la stessa Cinzia. Con il proemia sembra che il
poeta abbia voluto giustificare e introdurre un libro misto e composito, poiché accoglie componimenti di
genere e argomenti molto diversi.
Successivamente al proemio troviamo dieci elegia, di cui solo cinque possono essere definite propriamente
di natura eziologica. Queste vengono chiamate “le elegie romane”, con cui Properzio paga il suo scotto a
Mecenate e a Augusto. Il carme più celebrativo è la sesta elegia, che esalta la vittoria di Azio prendendo
spunto dal tempio di Apollo consacrata da Ottaviano sul Palatino.
Le altre elegie appartengono al filone erotico ma presentano importanti aspetti di novità e originalità
rispetto a quelle dei libri precedenti. La terza elegia si presenta come una patetica lettera d’amore inviata
da Aretusa allo sposo Licota, trattenuto in oriente dalla guerra. La quinta elegia contiene una violenta
invettiva contro una mezzana. L’elegie più particolare, però, sono la 7 e l’8.
Nella settima il fantasma di Cinzia appare in sogno al poeta poco dopo la morte, lo rimprovera di averla
tradita e dimenticata. Nell’elegia 8, con grande contrasto rispetto alla precedente, Cinzia ricompare,
stavolta viva, impegnata in un’avventura amorosa fuori Roma; il poeta tenta di reagire organizzando una
serata in compagnia di due cortigiane, ma il suo piano va a monte per l’improvviso ritorno della donna.
L’episodi è narrato con molti particolari edè l’esempio più notevole della vena realistica.
CARATTERISTICHE DELL’ARTE DI PROPERZIO
Anche in Properzio, come in Tibullo, si mescolano e si confondono esperienze di vita vissuta e fantasia
poetiche, circostanze reali e luoghi comuni della tradizione della poesia erotica. Properzio però è più
intenso e appassionato rispetto a Tibullo: l’amore per Cinzia, nei primi libri, seppur fonte di sofferenza e
angoscia è rappresentato come unica ragione di vita per il poeta e insostituibile alimenti per la sua poesia.
Anche il personaggio di Cinzia è molto più vivo e concreto rispetto al personaggio di Tibullo, essa è dotata di
una forte personalità, è forte e bella e possiede notevoli qualità intellettuali e culturali. Ella suscita con il
suo fascino e con le sue infedeltà, un amore violento e travolgente di cui il poeta descrive le prime gioie
esaltanti e le amarezza brucianti, le ansie e le delusioni, le crisi e le riconciliazioni.
Nella struttura compositiva delle elegie ritroviamo un po’ gli stessi procedimenti di Tibullo: i passaggi da un
tema all’altro per associazione d’idee e improvvisi cambi d’interlocutore. In Properzio però questi trapassi
sono molto più bruschi e lo stile è più elaborato e ricercato. La poesia di Properzio è complessa, per la
ricerca di novità e originalità, per la densità d’espressione, la ricchezza di allusione e l’audacia dei nessi. A
tale complessità contribuisce in maniera determinante la presenta di continui riferimenti mitologici.
Properzio utilizza il mito non solo per sfoggiare la propria erudizione ma anche per proiettare la sua storia
personale su un piano più alto, sottraendola alla banalità del quotidiano.

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