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Giosuè Carducci

Carducci era considerato un grande ma fu declassato perché ritenuto vecchio, ridondante e che non
rispecchia una parte della società perché ostile ai cambiamenti dell’ “Italietta media”.
Carducci nasce a Versilia in Val di Castello nel 1835 da una famiglia borghese (il padre era medico).
Studiò letteratura classica greco/latina dove si concentra sul pensiero e sullo scritto (uso della lingua).
Il suo carattere era battagliero perché visse in Maremma nella natura selvaggia e aspra che
rispecchiavano il suo IO.
Frequentò il liceo e divenne professore all’Università di Bologna e si dedicò poi all’attività di letterarto
fino alla morte.
Ricevette anche il Premio Nobel per la poesia nel 1906 e morì un anno dopo.
In gioventù si occupò di politica perché era un fervido ammiratore della Rivoluzione francese e delle
idee democratiche/repubblicane, successivamente risorgimentali.
Ammirava Garibaldi e le sue spedizioni e rimase deluso nel periodo post-unitario a causa del
compromesso monarchico e l’avvento della destra storica moderata e conservatrice.
Sempre in gioventù si scagliò contro gli italiani (vili e vigliacchi) mediocri (li chiamava “Santa
Canaglia” sostenendo da una parte i diritti del popolo italiano e dall’altra criticandoli e non
partecipando).
Infine anche contro la Chiesa e il Papa perché era contrario alla religione responsabile della passività:
predicando l’uguaglianza gli italiani diventano un gregge (Carducci preferisce una religione pagana
perché non vuole la sottomissione).
Critica il Medioevo (oscurantismo, barbaria, ignoranza) dei roghi, delle persecuzioni e delle
inquisizioni, preferiva la Roma o Grecia antica che sono esempi di modernità e progresso.
Maturando però cambia rotta e modera le posizioni verso la monarchia (1878 incontra la Regina
Margherita di Savoia a cui dedica un’ode).
Accettò di inaugurare un circolo monarchico (i suoi ex compagni repubblicani lo vedono come un
tradimento) e divenne reazionario (divenne ciò che criticava), più comprensivo nei confronti del Papa
e diventa anche rappresentante dell’Italia del re Umberto di Savoia.
Per la critica non si può lodare un uomo "incoerente" perché cambiò sfacciatamente anche la sua
produzione.
Quella giovanile era di stampo antico (anti-romantico) senza la "Provvidenza" di Manzoni perché
l'uomo deve attivarsi da sé.

● Juvenilia
● Levia Gravia

Sono componimenti strutturati secondo il latino classico e sono uno sfoggio di erudizione
(dimostrazione della sua bravura).

● Giambi ed Epodi

Il giambo è una metrica di origine greca da cui deriva tutto il latino tranne la satira; tratta di generi
letterari latini come l'invettiva e la satira.
Gli accenti sono ravvicinati ed il ritmo è incalzante contro l'Italietta vile ed indegna.

Nel periodo di maturità, cambia rotta politica, il tono è sconfortato, deluso e tratta tematiche della noia,
angoscia, morte, infanzia, memoria (soggettive).

● raccolta "Rime Nuove" scritte dal 1861 e pubblicate nel 1887 tratta dal Medioevo al
Risorgimento con tematiche autobiografiche e riflette sulla storia usando versi corti ed
endecasillabi;
● raccolta "Odi barbare" scritte nel 1877, sono metri classici con poesie sperimentali, modestia
e stesse tematiche intime;
● raccolta "Rime e Ritmi" scritte nel 1899, piacciono meno perché sono odi celebrative, da
parata e pompose (furono oggetto di scherno anche da parte dei comici).

Carducci è il "vate" rappresentante dell'Italia che criticava in origine.

San Martino
Proviene dalle “Rime Nuove” e corrisponde alla poesia “Novembre” di Pascoli.
Il messaggio della poesia c’è ma non è intenzionale (diverso dalla seconda chiave di lettura di
Pascoli, che è CONNOTATIVO).
E’ scritta in quartine di settenari con una metrica fissa (ABBA) ed è un breve componimento ispirato
all’odicina anacreontica (dal greco Anacreonte).
Parla della festa di San Martino dell’11 Novembre (è il periodo tardo autunnale ma anche del vino
nuovo nella società contadina) ma è anche l’ “Estate di San Martino” perché la natura sembra bella
ma in realtà gli alberi e la terra sono vuoti; sono anche da poco passati i “Santi”, la ricorrenza dei
defunti.
Tutto viene visto nella sua essenza ed è diverso da Pascoli che invece insiste sul periodo dei morti
definendola l’ “Estate fredda dei morti”.
Il linguaggio è volutamente semplice: nella prima quartina si descrive il paesaggio esterno, selvaggio
con una natura fredda (in particolare si parla della nebbia che sale sui colli appuntiti) ed una
personificazione del mare (la vela).
Tutto il paese è pervaso dall’odore del vino che rallegra l’animo e dona una sensazione di caldo (dal
mosto si ricava poi il vino).
Nella strofa successiva il caldo continua e ci si sposta all’interno di una casa (il senso del caldo è dato
dallo spiedo sul camino) mentre un cacciatore fischietta e contempla le nubi rosse (del tramonto) e
stormi di uccelli (che sono pensieri che vagano nel migrare della sera ma possono anche essere
meditatori dunque possono essere dei pensieri passati, sinonimo di morte e nostalgia dove è
possibile appunto una seconda chiave di lettura).
Il cacciatore è una critica: Carducci lo usa per parlare di sé oppure di un vero cacciatore (è un tutt'uno
con il luogo in cui vive ed è legato alla vita paesana).

Pianto Antico
Proviene sempre dalle “Rime Nuove” e parla della morte del figlio di Carducci, Dante, un bimbo di 3
anni (è un lutto che si mantiene ma che rievoca i momenti).
Ricorda di quei momenti in cui il figlio tendeva la mano verso l’albero: è un confronto con la vita
umana (l’albero muore d’inverno ma rinasce con la bella stagione, a differenza del figlio) e con se
stesso (Carducci è un padre che ha dato la vita ad un fiore che non c’è più, è una pianta inaridita).

Nevicata
Proviene dalle “Odi Barbare” e parla della morte, come in Pascoli vi è un blocco psicologico nei
confronti degli altri.
L’elemento paesaggistico fondamentale è quello invernale (si parla di un mondo di sospiri e gemiti
fantasma).
Usa un metro classico, il distico elegiaco.
Il Decadentismo
Rispetto al costruttivismo del Romanticismo, il Decadentismo è rinunciatario e distruttivo (si estende
dalla seconda metà dell'800 fino ai primi del ‘900).
Nel 1883, sulla rivista parigina “Le Chat Noir” comparve il sonetto di Verlaine “Langueur” dove l’autore
dichiara il suo stato d’animo, il suo soggettivismo e la sua sfiducia e noia di decadenza perché non è
capace di grandi passioni (sarà l’emblema del movimento); tuttavia la noia è compiaciuta perché
questi poeti sembrano cercare questo sentimento e crogiolarsi dentro senza volerne uscire perché
stavano bene.
Questo adattamento voluto porta i poeti a formare il circolo degli autori bohemiennes che vivevano
come gli scapigliati (e Baudelaire): sono sregolati, sono i “poeti maledetti” (tra cui Mallarmé, Rimbaud
ed altri) e fuori dalle righe.
Le loro idee daranno però vita al movimento del decadentismo che segna la decadenza epocale, la
fine di un secolo prima dell’arrivo delle avanguardie del ‘900 (es. il futurismo).
Nel 1886, sul giornale “Le Decadent” Anatole Baju ufficializza il movimento cosicché le opere e le idee
iniziarono a circolare e vennero apprezzate da tanti perché rappresentavano la fine di un secolo; il
giornale diventa il loro Manifesto.
Anche per la prosa si distinse un autore, Huysmans che scrisse il romanzo “À Rebours”.
[ All’interno del movimento si distinguono altri filoni, ad esempio il Simbolismo di Pascoli ]
I decadentisti si oppongono al Naturalismo perché non si può spiegare nulla attraverso le leggi
meccaniche perché le scienze bloccano la fantasia, l’immaginazione e la creatività, non permettono di
scoprire i misteri della vita (quindi è riduttiva).
Bisogna indagare con la mente, viaggiare e scoprire la realtà che ci circonda perché tutto ha un
significato dietro; sono trasportati dall’inconscio e possono dare diverse interpretazioni.
Le tematiche principali sono il mistero, la malattia, la follia, l’incubo ma si possono trovare anche:

● il PANISMO: l’io si annulla e fa parte del tutto come in d’Annunzio nella “Pioggia nel pineto”;
● le EPIFANIE: rivelazioni momentanee di un concetto assoluto che portano alla scoperta di
una verità improvvisa ed inaspettata;
● il VITALISMO/SUPEROMISMO: era il desiderio di una vita sana ed eroica; si trasforma in un
personaggio che si erge sopra la media e che non è filantropo perché si sente superiore;
● l’ESTETISMO: è la ricerca del piacere, ad esempio d’Annunzio voleva vivere la sua vita come
un’opera d’arte;
● l’INFANZIA: è un tema classico con valori tradizionali, come il fanciullino di Pascoli ma anche
di un popolo perché vengono recuperati gli usi ed i costumi del passato;
● l’INETTO: si trova a suo agio solo se circondato da persone come lui perché non sa
relazionarsi con gli altri (disagio);
● non c’è il GENIO, non si crea nulla anzi si distrugge.

Gabriele D’Annunzio
“io voglio fare della mia vita un’opera d’arte”
Visse nel lusso e nel superfluo anche se decise di partecipare alla Prima Guerra Mondiale come
interventista volontario.
Nacque a Pescara nel 1863 da una famiglia borghese e frequentò scuole degne di nota nonostante
fosse già precoce sia nelle scelte di vita sia nella letteratura (si distinse tra i salotti mondani): la sua
notorietà è anche dovuta ai suoi articoli di giornale e alla sua vita scandalosa (controcorrente con la
moralità dell’epoca) che fu spregiudicata (non bohemienne).
Fu autodidatta e affrontò studi filosofici che lo portarono alla formulazione della fase “superomistica”.
Ebbe diverse amanti tra cui, l’amore più noto, fu quello con l’attrice Eleonora Duse a cui dedicò delle
opere teatrali su misura.
Il superuomo di D’Annunzio disprezza la mediocrità perché professa la rinascita della Roma dei tempi
antichi: i suoi libri però venivano comprati proprio da quel pubblico mediocre che disprezza (gli serve
per vivere nel lusso). CONTRADDIZIONE
Nel 1897 ebbe un’esperienza politica e divenne deputato di estrema destra perché odiava le masse
popolari e voleva dar voce all’antichità e alla grandezza della Roma imperiale: voleva la nascita di una
nuova aristocrazia per recuperare il culto del bello (usurpato dalla borghesia).
Nel 1900 passa però alla sinistra ma dovette trascorrere un periodo in esilio in Francia perché
perseguitato dai creditori (debiti, 1910).
Voleva essere però un eroe della guerra e allora sfruttò l’arrivo in Italia della 1° Guerra Mondiale
(AEREO).
Famosa è la “Beffa di Buccari” (baia che si trovava vicino Fiume, in Croazia): con 30 uomini e delle
imbarcazioni (MAS: Memento Audere Semper), D'Annunzio partì da Venezia per lanciare ai nemici 6
siluri che riuscirono comunque a colpire i nemici!
D’Annunzio scrisse anche una canzone, “la Canzone del Carnaro” quando fece un’incursione nel
golfo (aggiunse un motto fascista ogni cambio di verso).
Capeggiò una marcia di volontari su Fiume nel dopoguerra instaurando un suo dominio e sfidando lo
Stato; nel 1920 si propose come duce in Italia per attuare una rivoluzione reazionaria per riportare
l’ordine nel dopoguerra.
Dovette però fare i conti con Mussolini, più forte ed abile di lui ed inoltre anche i fascisti non si
fidavano; venne allontanato e confinato nella Villa di Gardone (che divenne un mausoleo).
Negli ultimi anni, visse ossessionato dalla decadenza fisica e con una nuova donna, Luisa Baccara
(pianista) fino alla sua morte, il 1° marzo del 1938 per un’emorragia cerebrale (al suo funerale fu
presente anche Mussolini).

La sua produzione letteraria


Le sue prime produzioni letterarie risentono dell'influenza di Carducci e Verga soprattutto in:
● “Primo Vere”
● “Terra Vergine” (non vi è nulla di Verga anzi solo lo sfondo regionale della regione Abruzzo,
anche se è primordiale ed è un punto di partenza di miti/leggende, sano e corrotto…).
In queste opere sono presenti ideali di rigore, natura forte, culto di una vita sana carducciana.
Con il Decadentismo inizia la sua prima fase letteraria: l'ESTETISMO dove l’arte è il valore supremo
(del bello) perché l'arte è uguale alla bellezza ed è inoltre capita da pochi scelti che la apprezzano e
la portano avanti come riferimento.
L’esteta non è un uomo comune, è un personaggio eccezionale che vive in sdegnoso isolamento e
non con la società meschina:egli disprezza la società che però gli garantisce una solidità economica.
Questo personaggio non riesce ad affermarsi in un mondo dove tutti la pensano in modo diverso
(simile al tiranno alfieriano) e quindi rimane isolato: è la sua SCONFITTA e viene assorbito nella
figura del SUPERUOMO (è un uomo che si erge sulle masse ma deve avere l'eccezionalità alle spalle
per riportare alla Roma antica):

● “Il Piacere” (1889) : parla dell'esteta Andrea Sperelli (DOPPIO, dietro vi è D’Annunzio) che è
combattuto tra due donne (= Tarchetti) ovvero Elena Muti (femme fatale, seduttrice) e Maria
Ferres (donna per bene, pura).
Quando Elena si stanca di lui, l'uomo ritorna da Maria che però lo lascia e quindi rimane solo
con la sua sconfitta (solo con l’arte).

Con la sconfitta della figura dell'esteta perché non viene capito, non riesce ad integrarsi, è impotente,
sterile ed entra in crisi... viene rivisto alla fine perché l'eroe solitario è sempre destinato alla sconfitta (
un po' come il tiranno di Alfieri) perché senza un gruppo sarebbe solo un gesto personale che
verrebbe quasi subito dimenticato.
Allora D'Annunzio rivisita la traduzione (si sposava ma fu un matrimonio riparatore in quanto la sua
vita privata viene sempre associata al suo modo di essere) e scrive due romanzi in cui affronta
tematiche tradizionali della vita dell'uomo quindi i valori della famiglia, il matrimonio, i figli, l'infanzia...
e sono “l’Innocente” (1892) e “Poema paradisiaco” (1893).
Questa fase di D'Annunzio è chiamata fase della BONTÀ ed è provvisoria.
Nella 2°fase letteraria, D'Annunzio affronta la figura del SUPERUOMO (fu lettore del filosofo Nice)
che ingloba la figura dell'esteta e diventano un tutt'uno, un essere eccezionale, È superiore all'uomo
comune, il cui compito è quello di generare un uomo forte unendosi ad una donna degna; quest'uomo
avrà poi il compito di riportare l'aristocrazia, dovrà cambiare le sorti della società riportarla a quella
della Roma imperiale ( concezione molto vicina all'archeologia rigorosa della Roma rigida e perfetta).
Ovviamente queste idee sono riservate ad una élite di pochi privilegiati (no agli sprezzanti e agli
sdegnosi della massa) perché l'esteta è un VATE e quindi è un modello di vita per le generazione
forti.
Questa è la fase più corposa di D'Annunzio dove scrive romanzi, poesie e opere teatrali; i romanzi più
importanti sono:

● “Il Trionfo della Morte” (1894)


➔ é un romanzo di transizione tra l'esteta ed il superuomo;
➔ l'esteta che viene sconfitto è Giorgio Aurispa a causa di una figura femminile
dominante, Ippolita Sanzio; è una femme fatale che porta alla perdizione perché con
la sua personalità impedisce la realizzazione della figura del protagonista (idea dell'
Ortis di Foscolo) e gli impedisce una vita gioiosa.

● “Le leggi delle rocce” (1895)


➔ é il manifesto politico del superuomo;
➔ Claudio Cantelmo deve dare la vita in quanto è l'eroe che guiderà l'Italia al successo
di Roma ed è un aristocratico sprezzante delle masse;
➔ incontrerà tre donne: inizialmente sceglierà Anatolia Ma poi cambierà idea e sceglierà
la bellezza di Violante che però essendo crudele è distruttiva impedisce la
realizzazione del sogno del protagonista (debole e sconfitto) perché la figura
femminile è più forte per la sua personalità, il suo fascino, la sua se seduzione...

● “Il Fuoco” (1900)


➔ Stelio Effrena è il protagonista ed è un uomo senza freni la cui missione è sempre
quella di affermare l'essere superiore che però destinato alla sconfitta;
➔ ha però una nemica, Foscolina Perdita che ad un certo punto lascerà Stelio
allontanandosi, ma proprio quando lui ha già perso il suo vitalismo e sarà comunque
sconfitto.

● “Forse che sì, forse che no” (1910)


➔ in questo romanzo, il protagonista, Paolo Tarsis si salva perché, mentre sta volando
con Isabella Inghirami con il suo aereo (simbolo di realizzazione), sul punto della
sconfitta, decide di cambiare rotta e invece di suicidarsi si salva perché vuole
riacquistare la vita.

Le opere drammatiche del teatro che fanno riferimento al fascino, al lusso, alla finzione, allo sfoggio
dell'interpretazione e sono legate alle attrici femminili capaci di sedurre come Eleonora Duse, sono le
tragedie che D'Annunzio adatta all'attrice stessa.
Il teatro del tempo, era un teatro borghese, realistico, che raffigurava scene della vita quotidiana, della
sfera privata e affettiva tradizionale (famiglia) viene sostituito da D'Annunzio, che non amava alle
masse e i borghesi, con un teatro TRAGICO, simile a quello di Alfieri (con la presenza dell'eroe titano,
in questo caso del superuomo, come protagonista che lotta contro l'antagonista e contro se stesso,
quindi contro la sua psicologia, i suoi conflitti e le sue passioni, simile al Saul).
Le storie fanno riferimento al passato recente e alla classicità: “Fedra”, “Francesca da Rimini” e “Città
morta” (quest'ultima viene ricordata perché i personaggi antichi vengono collocati nel presente e sulla
scia degli scavi archeologici della tomba degli Atridi, D'Annunzio applica la sua originalità in quanto
presenta le stesse tematiche dei romanzi però sotto forma di tragedie).
Un'altra tragedia a parte, è quella pastorale, “La figlia di Iorio” ambientata nell'abruzzo idilliaco,
magico, con riti, credenze e folklore (opposto a Verga).
E’ un mondo di pastori superstiziosi come se fossero dell'età dell'oro; qui fuoriesce la passione di
D'Annunzio per il mondo arcaico, primitivi ed incontaminato (è una tragedia che rispecchia il
Decadentismo).
[ Sono opere che non vengono abbandonate anche se sono difficili e quindi per essere capite devono
essere recitate ].

“Le Laudi” sono un libro che contiene raccolte di paese (dalle “Pleiadi”).
D’Annunzio voleva comporne 7 ma riuscì a farne solo 5 (di cui 2 incomplete, che sono “Merope” e
“Asterope”), quindi le tre ufficiali sono:

● “Maia”: è una sorta di poema unico di 8.000 versi, pesante e ridondante; i temi fanno
riferimento allo slancio dionisiaco e vitalistico (superomistico), enfatico e declamatorio con
riferimenti al passato, in particolare dell’Ellade (Grecia Antica, mitizzata come un paradiso
perduto che è però un passato da rivivere come un modello di ispirazione).
La Grecia è l’esempio di bellezza e di armonia per parlare di una realtà moderna ormai
corrotta, mediocre e squallida: serve per dare alle generazioni future un modello da cui
prendere esempio come speranza per il futuro.
D’Annunzio fa un’analisi sugli aspetti tipici della modernità (es,macchina perché se migliorata,
con la sua energia rispecchia l’idea di progresso per le generazioni future ed è l’unica
bellezza);

● “Elettra”: contiene lo stesso argomento di Maia ma cambia il riferimento al passato; qui si


parla di Medioevo, Rinascimento e Risorgimento sempre per motivare l’uomo del futuro;

● “Alcione”: è il più noto e famoso e diverso come tematiche; ad esempio “La pioggia nel
pineto” è l’immersione totale dell’individuo nella natura con cui si fonde e diventa un tutt’uno.
E’ un diario immaginario di una vacanza estiva in Versilia in compagnia di una donna; il
protagonista è superomista ma di meno (la poesia, secondo i critici, sembra essere più pura e
sgombra di pesantezze per la musicalità e ritmicità del verso anche se dietro c’è sempre
l’essere eccezionale che riesce a trasformarsi e questa volta anche la donna).

La pioggia nel pineto​ ​(1902-1903)


E’ famosa e riuscita per il virtuosismo metrico dannunziano.
E’ composta da 4 strofe e 32 versi liberi (ispirazione da Dante, inserimento di tante cose
senza che risultino ridondanti).
Vi è la presenza di una donna, chiamata Ermione (figlia di Menelao e di Elena): i due
compiono una passeggiata in Versilia e trovandosi in una pineta scoppia un temporale estivo
che è la personificazione della musica della natura, apprezzata dal protagonista che esorta la
donna ad ascoltare il suono di ogni goccia che cade: la invita a sentire le prime gocce che
cadono all’inizio, che poi aumentano ed infine finiscono con l’arrivo dell’acquazzone perché
sono troppe.
Si parla di “musicisti che usano come strumenti musicali le piante” e ognuna fa un suono
diverso.
Il protagonista lo paragona ad un concerto con un direttore che dirige il tutto dall’alto ed
inserisce anche delle gocce soliste (ad esempio la rana e la cicala).
I due personaggi non cercano riparo, anzi ne sono inebriati al punto che inizia, nell’ultima
strofa, una metamorfosi che li trasforma in due piante vegetali.

[ Nell’Alcione le poesie sono tutte caratterizzate dal PANISMO, ovvero l’immedesimazione


dell’uomo nella natura ed è frequente anche il tema della METAMORFOSI; la poesia è pura,
musicale con un ritmo ed un verso leggero e non ridondante perché l’autore vuole rimanere
leggero anche se dietro vi è comunque la presenza del superuomo anche se la poesia non è
pesante perché l’esteta accetta anche il bello della natura. ]

La Pioggia nel Pineto (1902-1903) è l’emblema del virtuosismo, scritta in 4 strofe con 32 versi
liberi (con la presenza di assonanze e consonanze).
Nelle prime tre strofe si presenta un quadro descrittivo-musicale del temporale estivo che
sorprende lui ed Ermione mentre camminavano nel pineto (la parte finale di queste strofe
anticipa il tema della metamorfosi che verrà poi trattato nella quarta strofa e ogni verso si
conclude sempre con la parola ERMIONE (la figura femminile della classicità).
I versi sono brevi: il protagonista invita la donna ad ascoltare la voce della natura (per scelta e
per dote di D’Annunzio, il verso presenta volutamente un registro snello).
Il protagonista si immerge nel pineto: “PIOVE” è l’anafora che si ripete, per rendere l’idea di
un qualcosa di ininterrotto che scende e continua; questa parola inoltre scandisce il ritmo
della goccia di pioggia (ogni pianta infatti avendo il suo fogliame, produce un suono diverso,
si parla di “concerto del cielo” con parole auliche).
Dai versi 20-32 la pioggia cade anche su di loro e diventano della stessa essenza del bosco
perché la pioggia rinnova anche i pensieri, lavandoli e purificandoli (anche sull’illusione
dell’amore).
Inizialmente prevale la vocale I nelle parole perché indica l’inizio della pioggia e il ritmo è
percepito come se fosse un ticchettio; nella 2°parte invece prevale la vocale A perché la
pioggia aumenta ed inizia anche il canto di una cicala che risponde al pianto del cielo e non è
spaventata dal tempo.
Dal verso 52 inizia la metamorfosi e quindi a partire dalla 3°strofa, gruppi di consonanti
alludono all’aumentare dell’acquazzone (con il suono “sch”); la cicala si spegne e lascia il
posto ad il canto lontano della rana (viene ripetuta la stessa parola alla fine di ogni
verso=EPIFERO).
Nell’ultima strofa si verifica la metamorfosi TOTALE perché i protagonisti non sono più
uomini, bensì diventano natura grazie ad un rito di INIZIAZIONE (che resta pur sempre un rito
per persone eccezionali, degne di essere superuomo).

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