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EUGENIO MONTALE

VITA E OPERE
Montale nasce a Genova il 12 ottobre 1896, ottiene il diploma di ragioniere e nutre una profonda passione per la
musica. Ha partecipato alla Prima Guerra Mondiale e nel 1922 esordisce come poeta su “primo tempo”, rivista
fondata da Giacomo Debenedetti ed inizia ad esprimere con le proprie poesie il rifiuto delle esperienze
d’avanguardia; con ciò però, non s’intende un progetto di stampo totalmente tradizionalistico (es. “omaggio a
Italo Svevo” → articolo in cui Montale mostra interesse per le esperienze più vive della letteratura
contemporanea).
Montale firma il Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce, esprimendo un netto
dissenso civile e politico nei confronti della dittatura, che vedrà Montale condurre un’esistenza schiva ed appartata
negli anni del fascismo.
Nel 1927 si trasferisce a Firenze (redattore di una casa editrice fino a che non viene dispensato dell’incarico
poiché non iscritto al partito fascista).
Nel 1939 appare la seconda raccolta poetica “le occasioni”, presso Einaudi, editore di opposizione.
Montale svolge un’intensa attività di traduttore.
Nel 1943 escono a Lugano le poesie di “Finisterre” che confluiranno poi nella terza raccolta “la bufera ed altro”.
Montale ospita Saba e Carlo Levi (perseguitati per motivi razziali).
Nel dopoguerra si trasferisce a Milano divenendo redattore presso il Corriere della Sera e critico musicale per
Corriere d’Informazione.
Nel 1948 pubblica “quaderno di traduzioni” in cui interpreta poeti antichi e moderni (Shakespeare, Blake, Eliot).
Nel 1956 esce la raccolta di prose “farfalla di Dinard”, nella quale riunisce i sui interventi di critica e di poetica.
Nel 1975 riceve il premio Nobel per la letteratura, pronunciando, presso l’accademia di Svezia, il discorso “è
ancora possibile la poesia?”.

OSSI DI SEPPIA
LE EDIZIONI, LA STRUTTURA E I RAPPORTI CON IL CONTESTO CULTURALE
La prima raccolta poetica di Montale, Ossi di Seppia, uscì nel 1925, per le edizioni di Piero Gobetti, liberale e
antifascista. Il librò è diviso in quattro sezioni: Ossi di Seppia → dà il titolo all’opera. Movimenti → comprende
componimenti brevi. Mediterraneo → ampio poemetto. Merigi e ombre → testi più complessi ed ardui.
Montale è influenzato dal pessimismo di Shopenhauer, ravvisabile nell’idea che la realtà sensibile sia parvenza
ingannevole. Montale esprime interesse per quelle correnti che si opponevano al determinismo positivistico e
riprende termini e stilemi della poesia dannunziana, rifiutandone però l’abbandono sensuale, il vitalismo,
l’intonazione aulica e sublime.
Viene ripresa da Montale la trattazione di oggetti poveri da Pascoli. Montale guarda anche all’esperienza
crepuscolare (Gozzano), rifiuta l’aulicità della tradizione poetica e adotta oggetti umili e soluzioni antiliriche e
prosastiche, pervase di ironia.

IL TITOLO E IL MOTIVO DELL’ARIDITA’


Gli ossi di seppia sono residui calcarei di molluschi che il mare deposita sulla riva e alludono ad una condizione
vitale impoverita, prosciugata, ridotta all’inconsistenza. L’ “osso”, conseguenza dell’impoverimento, non può più
attingere al sublime ma deve ripiegare sulle realtà minima, marginali.
Il tema centrale della raccolta è quello dell’arsura, dell’aridità; il paesaggio ligure non è mai proposta nella sua
immediatezza, si innalza sempre a una dimensione metafisica ed è un paesaggio arido, brullo, disseccato dall’aria
salmastra e da un solo implacabile (il sole non è simbolo di pienezza vitale ma è visto come una forza che
prosciuga la vita).
Questa condizione esistenziale inaridita ed impoverita che imprigiona le creature umane senza possibilità di
scampo, si proietta in un oggetto carico di significato: il muro. Questo allegorico muro, caratterizzato dagli epiteti
“scalcinato ed erto”, è impossibile da valicare; l’uomo non è in grado di passare al di la di esso per attingere la
pienezza vitale. La prigionia nei limiti dell’esistenza si manifesta con l’eterno ritornare del tempo (sempre
uguale). L’uomo si illude di muoversi in qualche direzione ma in realtà il suo è soltanto un “immoto andare, un
delirio d’immobilità”.

LA CRISI DELL’IDENTITA’, LA MEMORIA E L’INDIFFERENZA


L’effetto della prigionia che l’uomo patisce è che le preoccupazioni (cure) in cui è immerso, dividono l’anima;
l’anima non ha più una consistenza unitaria ma si frantuma e diviene informe. Viene quindi affrontato il tema
della crisi del soggetto, determinato dalla perdita dell’identità individuale (simile a Pirandello e Svevo).
Questa frantumazione del soggetto fa si che esso si senta in disarmonia con il resto del mondo (si è in armonia
soltanto nel periodo infantile → mediterraneo).
Neanche la memoria, che dovrebbe spezzare il ritorno ciclico del tempo, può garantire la salvezza perché essa non
è altro se non un “morto sviluppo”.
La condizione di “arsura” che coinvolge tutto il reale si riflette sulla dimensione psicologica del poeta: l’aridità
esterna diviene inaridimento interiore (impossibilità di provare sentimenti vivi).
Rimane soltanto un’inquietudine senza nome e vige un clima di indifferenza totale verso tutto e tutti. È tuttavia
possibile trovare una forma di salvezza dal “male di vivere” che affligge tutti (animati/inanimati) →
atteggiamento di stoico distacco → lucida e disperata consapevolezza della reale condizione del cosmo (simile a
Leopardi → pessimismo assoluto ma accettazione stoica ed eroica della sofferenza cosmica).

IL VARCO
Il poeta si protende a cercare un varco che consenta di uscire dalla prigionia esistenziale (una maglia rotta nella
rete da cui poter uscire) ma il varco non si apre.
La poesia che chiude la raccolta, “Riviere”, impone una speranza: l’auspicio è che un giorno l’anima non sia più
divisa e possa rifiorire nel “sole che investe le riviere” e quindi egli possa mutare l’elegia (desolazione,
inaridimento) in inno (pieno accordo tra l’uomo e la totalità del reale).

LA POETICA
A differenza della linea simbolista, Montale non può avere fiducia nella parola poetica, capace di arrivare
all’essenza profonda della realtà, né tanto meno la poesia è in grado di proporre messaggi positivi o certezza: essa
può solo offrire definizioni in negativo di un modo di porsi di fronte alla realtà.
Di qui il rifiuto del realismo e della magia musicale del verso, Montale non ricorre nemmeno ad un linguaggio
analogico (corrispondenze).
Ossi → poetica degli oggetti (che vengono citati come concetti astratti o come condizione interiore del soggetto).
La definizione di uno stato d’animo viene presentata in prima persone come un incontro realmente accaduto lungo
il cammino (“il male di vivere ho incontrato”).
Poetica → convergenze con Eliot → correlativo oggettivo
Gli oggetti delle poesie montaliane sono poveri, in accordo con la sua visione desolata del mondo.

LE SOLUZIONI STILISTICHE
D’innanzi all’aridità e alla desolazione della condizione esistenziale vengono utilizzati suoni aspri, ritmi rotti e un
andamento prosastico.
Si possono anche incontrare termini rari, letterari e aulici ma soltanto perché Montale, seguendo la lezione di
Gozzano, vuol far cozzare l’aulico con il prosaico, in funzione ironica e straniante per una presa di distanza dalla
poeticità della tradizione lirica.
Uso di versi liberi (endecasillabi) raggruppati in quartine.
Uso di assonanze e consonanze al posto delle rime (spezzano la normale regolarità dei versi).

IL SECONDO MONTALE: LE OCCASIONI


LA POETICA DEGLI OGGETTI
Le occasioni → seconda raccolta poetica di Montale → 1939 presso l’editore Einaudi (Torino).
Il titolo sta ad indicare poesie collegate a determinate occasioni dell’esperienza dell’autore anche se il legame con
i fatti autobiografici è sempre taciuto: viene espresso l’oggetto e taciuta l’occasione. Di qui deriva la “poetica
degli oggetti”: rimane soltanto l’oggetto, con la sua carica di significati che di conseguenza divengono oscuri e
difficili da decifrare.
Influenza di Eliot → correlativo oggettivo → Lirica “Arsenio” è la più “eliotiana” degli Ossi.
In questa raccolta si registra un innalzamento stilistico, che esclude le mescolanze linguistiche e lo stridore fra
aulico e prosaico; il registro diventa elevato e monolingui stico.
La poesia è densa, ardua ed oscura, tuttavia Montale mantiene le distanze dall’ermetismo poiché non si affida alla
magia della parola e alla suggestione dell’analogia. La difficoltà delle poesie montaliane non nasce pertanto, come
gli ermetici, dal gioco allusivo ma dal fatto che il poeta tace i dati che potrebbero esplicitare e chiarire il
significato degli oggetti.
1927 → trasferimento a Firenze → inserimento nel gruppo degli intellettuali della rivista “solaria” → concezione
aristocratica della cultura → la dittatura fascista e la guerra minacciano la cultura → per questo motivo vi è la
tendenza ad isolarsi dal contesto sociale.

LA DONNA SALVIFICA
Motivo centrale delle occasioni: creazione di una donna salvifica, una nuova beatrice, dotata di virtù miracolose
→ indica la via di salvezza dall’inferno quotidiano.
Altre donne nelle occasioni: Arletta → fanciulla morta di cui montale ricorda le memorie felici del passato nella
“casa dei doganieri”.
Le donne sono dei “doppi” del poeta stesso, proiezioni della sua inquietudine esistenziale.
Nella terza raccolta “la bufera e altro” → Clizia → donna trasformata dal dio Apollo in girasole → rappresenta la
cultura e la ricerca di una “luce” che possa condurre alla salvezza.
Nella occasioni è presente una forte “polarizzazione”: da un lato → condizione esistenziale imprigionata nel fluire
sempre eguale del tempo che ritorna ciclicamente; dall’altro → attesa dell’epifania luminosa della donna angelo,
che può indicare la via di salvezza dando un senso e un valore al reale.
L’immagine della donna salvifica si afferma soprattutto nelle ultime poesie della raccolta, più ampie e complesse
(es. poesia “nuove stanze” → il poeta e Clizia giocano agli scacchi mentre fuori c’è la guerra → il poeta sa che la
“follia di morte” non può essere fermata solo dall’intelligenza e dalla cultura ma afferma ugualmente che solo chi
conserva la chiarezza intellettuale, può rendersi conto delle barbarie e dominare intellettualmente il corso degli
eventi storici garantendo una possibilità di salvezza al di la della catastrofe).

IL TERZO MONTALE: LA BUFERA E ALTRO


IL CONTESTO DEL DOPOGUERRA
1956 → presso l’editore Neri Pozza di Venezia → terza raccolta di poesie: La bufera e altro comprende gli scritti
tra il 1940 e 1954).
La bufera segna una rottura rispetto alle occasioni poiché è mutato il contesto storico che non è più quello della
cultura letteraria fiorentina bensì la tragedia postbellica. Le speranze create dalla liberazione postbellica vengono
deluse dal trionfo della società massificata (Democrazia Cristiana e Partito Comunista). Oltre quindi al contesto
storico poco felice (la guerra fredda stava minacciando uno scontro atomico), si aggiungono le negative
esperienze private del poeta (morte madre).

DA CLIZIA A VOLPE
Ritorna la figura della donna angelo, che si carica di valori cristiani e auspica una salvezza per tutti. Tale speranza
si rivela però impossibile nella situazione degli anni successivi alla guerra e pertanto la figura della donna angelo
è costretta a fuggire in un “oltre cielo” irraggiungibile.
In questo momento vengono recuperate le memorie dell’infanzia, attraverso la rievocazione dei cari, che sono
depositari di saggezza, al contrario dello scenario di massificazione sociale pro tempore.
Alla figura della donna angelo si contrappone una nuova figura femminile → rivalutazione della vitalità istintuale
→ Volpe → motivo dell’eros → antibeatrice.
Si profila anche la figura della moglie → Mosca → antibeatrice anch’essa.

LE CONCLUSIONI PROVVISORIE
L’ultima sezione del libro testimonia l’approdo ad un profondo pessimismo d’innanzi alla realtà presente e
comprende due poesie di ispirazione politica / civile: 1) piccolo testamento → Montale proclama la propria
estraneità dalla scena politica pro tempore (società democristiana / comunista)
2) Sogno del prigioniero → Montale trae ispirazione dagli orrori dei regimi totalitari alludendo ad una condizione
di prigionia esistenziale da cui è possibile uscire solo attraverso il sogno.
In questo momento Montale si accorge che il pessimismo indica l’impossibilità della poesia.
La bufera e altro si orienta verso uno stile elevato e arduo, caratterizzato dall’uso del plurilinguismo.

L’ULTIMO MONTALE
SATURA
Dopo la Bufera e altro → 1966 → Xenia (letteralmente: doni fatti agli ospiti / biglietto di auguri) → sono testi
molto brevi in cui Montale si rivolge alla moglie morta, cercando un recupero di affetti con la stessa. Tutti gli
Xenia confluiscono nella raccolta “Satura” → accentuazione del pessimismo storico → obiettivi polemici:
aberrazione di quella società dei consumi che ha perso di vista i veri valori e la dignità e la critica contro i mass
media.
Il titolo “Satura” ha un doppio significato: 1)satira nel senso di trattazione satirica 2)mescolanza di argomenti
svariati presenti nella realtà contingente.
Montale quindi attua duri giudizi di condanna nei confronti della società presente, espressi nelle forme mediate di
ironia e sarcasmo.
La sua polemica, ora, non è più animata dalla speranza di poter modificare l’esistente → il suo pessimismo è tale
da impedirgli di vedere alcuna alternativa per il futuro; ma nemmeno si ripiega a rimpiangere il passato: ha la
consapevolezza che una catastrofe si è abbattuta sui valori della civiltà passata spazzandoli via irrimediabilmente.
Deride il fatto di aver prospettato in passato una “salvezza” attraverso il culto della poesia → auto parodia.
Propone di rassegnarsi assumendo un atteggiamento di disincanto lucido.
Una figura importante in “Satura” è quella della moglie, Drusilla Tanzi, detta Mosca.
La funzione della sua immagine è antitetica rispetto a quella della donna angelo salvifica: se Clizia rappresentava
la chiaroveggenza intellettuale, Mosca insegna un ironico modus vivendi che si rivelerà essere l’unico a
permettere all’insensatezza dominante.
L’adattamento, sia pure ironico come quello di Mosca, alla “spazzatura” del presente implica la fine della poesia.
L’unico modo per far parlare ancora la poesia è trasformarla in “non poesia” ovvero prosa. Per tal motivo
“Satura” segna un netto distacco dallo stile alto che aveva caratterizzato Le occasioni e La bufera. Ora lo stile
utilizzato da Montale risulta basso, comico, tendente ad imitare i linguaggi contemporanei. Gli argomenti della
trattazione sono scene miste di vita quotidiana, descritte in modo volutamente difficile e scontroso, che
corrisponde alla realtà di un mondo sconnesso e degradato dove tutti i valori si sono trasformati nel loro opposto e
la poesia ha il compito di denunciare una realtà sempre più indistinta e indifferenziata, che “merita solo di essere
colpita con il disprezzo ed il veleno epigrammatico”.

TESTI
OSSI DI SEPPIA
I limoni (T1)
-Il significato del testo è una dichiarazione di rifiuto del verso aulico propria dei “ poeti laureati”.
-A ciò, Montale contrappone una realtà comune, costituita da paesaggio povero e scabro.
-Montale rinuncia, come Pascoli, all’uso generico della parola (la parola deve servire per delineare oggetti precisi
e concreti).
-Limoni= emblema di 1 realtà nuda e aspra ma viva e colorata.
-Nel momento di tranquillità segnata dall’odore dei limoni, sembra potersi verificare “ un’epifania” come se le
“cose” della natura stessero per rivelare il segreto che racchiudono: sembra possibile scoprire l’essenza delle
cose.
-L’epifania non giunge, è solo apparente → fa intendere come M. sia ormai lontano dal clima decadente.
-Verso 37 “ ma l’illusione manca” → segna la chiusura di ogni speranza, per questo cambia il paesaggio, si
passa dalla campagna alla città in cui non ci si può concentrare e rilassare.
-A fine poesia, il riscoprire dei limoni riporta vita e rinasce l’illusione → resta consolazione di un momento
gioioso personale.
-1 delle poche poesie con significato positivo → aperta alla speranza, che consiste nel concentrare la gioia su
elementi comuni (come i limoni)

Non chiederci la parola (T2)


-Rivolta a ipotetico interlocutore. Uso della 1° persona plurale coinvolge altri poeti.
-La poesia non porta ordine nell’uomo ed esprime impulsi confusi e contraddittori ( es. “ animo informe”, ovvero
che non può essere “squadrato”)
-La poetica dovrebbe dare senso alla vita, valore, pienezza. Illuminare il grigiore del vivere quotidiano.
-Critica l’uomo conformista, appagato dal mondo a differenza del poeta e dei suoi lettori.
-Emerge il motivo dell’aridità, come condizione negativa dell’uomo.
-Secondo M., la poesia non ci permette di cogliere i segreti della realtà, ne viene ridotta l’importanza. Non
riesce a mandare messaggi positivi, può solo evidenziare una condizione negativa si distacca da D’Annunzio,
che diceva “ il verso è tutto” e da Pascoli, che la riteneva il mezzo per giungere alla verità le posizioni di M.
vanno collegate al clima culturale dell’epoca, quello fascista genera negli intellettuali liberisti un senso di
impotenza.

Meriggiare pallido e assorto (T3)


-Appare evidente il motivo dell’aridità, la vita sembra essersi arrestata, paesaggio arido e scabro (influsso
dall’onda di d’annunzio)
-No panismo dannunziano come fusione del poeta in una mitica natura
-Aridità come condizione esistenziale desolata
-Il paesaggio di Montale non è per l’uomo ma è chiuso in se stesso e nella sua realtà  è un tramite verso
qualcosa di misterioso
-Il misterioso provoca un ripiegarsi su se stessi nell’invano tentativo di conoscere la vita.
-La muraglia e i cocci aguzzi di bottiglia rappresentano una prigione esistenziale
-Suoni aspri e stridenti
-Enumerazione di una serie di oggetti  correlativi oggettivi  teoria elaborata prima dell’incontro con Eliot.
Spesso il male di vivere ho incontrato (T4)
-Tema del male di vivere espresso in prima persona  si identifica direttamente con le cose che lo
rappresentano nelle quali sono presenti dolore e sofferenza
-L’unico bene è un atteggiamento di distacco e indifferenza come quello della divinità di fronte al mondo
-3 correlativi oggettivi dell’indifferenza: statua=freddezza; nuvola / falco=sono “in alto” e quindi distaccati dal
mondo
-Nella prima parte della poesia c’è una dimensione orizzontale (la poesia si sviluppa “sul terreno”), nella seconda
parte, c’è verticalità (la poesia tratta “del cielo”)

Cigola la carrucola del pozzo (T6)


-Tema della memoria  dolorosa, crudele, la speranza di recuperare il passato è inutile tema dell’illusione /
delusione
-Cigola=idea di rumore intenso e acuto
-Movimento di risalita  sembra promettere gioia e liberazione con immagini limpide come acqua e luce
-Tentativo fallimentare  contrasto tra fisicità del gesto (“accosto il volto”) e irrealtà dell’immagine
(“evanescenti labbri”)
-Lo svanire del ricordo = allontanamento del passato
-Ridiscendere del secchio=cancellazione ricordo che viene rinchiuso per sempre nel pozzo
-Rassegnazione a un destino che separa l’uomo dalle sue memorie più care

LE OCCASIONI
Non recidere forbice quel volto (T11)
-Forbice=correlativo oggettivo che cancella le memorie; rimane solo il volto della donna, Clizia.
-Montale implora il ricordo affinché non distrugga anche quello
-La nebbia è simbolo della dimenticanza che cancella il ricordo
-L’acacia rappresenta il soggetto che dimentica, essendo ferito dalle “forbici del tempo”
-Il guscio di cicala rappresenta il volto della donna, ormai dimenticato
-Belletta=fanghiglia  ripresa d’annunzio
-La poesia è aspaziale

La casa dei doganieri (T12)


-Tema della memoria
-Incipit rimanda a “A Silvia” dove il poeta si rivolge a una fanciulla morta che riemerge dal passato
-Mentre Leopardi spera che Silvia ricordi il tempo felice della sua vita mortale, la fanciulla di Montale non può
più ricordare  impossibilità della memoria di salvare immagini care
-Il fallimento della memoria si esplica nella Casa dei doganieri, un tempo luogo felice, ora abbandonata e
colpita da venti tempestosi
-Senza la memoria non vi è punto di riferimento per orientarsi verso il futuro, il soggetto è prigioniero dello
scorrere del tempo
-Il poeta cerca un varco che offra una via di fuga dalla prigionia (il varco è forse l’orizzonte) ma la speranza è
subito spenta dall’infrangersi delle onde sempre uguali sulla scogliera (correlativo oggettivo)
-Netta prevalenza di oggetti poveri lontani dalla poesia aulica tradizionale

LA BUFERA E ALTRO
La primavera hitleriana (T13)
-Poesia divisa in 3 momenti:
1)visita di Hitler a Firenze nel 1938 che sancisce l’alleanza fascismo-nazismo, montale bolla Hitler e la parata
fascista con termini duri e violenti (es. “messo infernale”)
Polemica nei confronti della gente comune → inconsapevole di essere complice delle carneficine belliche
Svolta in Montale: dalla metafisica delle “Occasioni” passa ai problemi storici  auspica una forma di impegno
con la realtà
2)Hitler e la guerra inducono il poeta al pessimismo nei confronti della cultura e dell’intelligenza che montale
aveva assegnato alla donna salvifica
Montale coglie nel momento della separazione da Clizia (va in USA), la possibilità di un riscatto (salvezza) in
una dimensione religiosa (es. immagine biblica degli angeli di Tobia)
3)Poeta supera sconforto con la volontà, la salvezza è cercata in Clizia ed è individuata nella dimensione religiosa
La possibilità di salvezza deve annullarsi innanzi alla minaccia della guerra
Falene impazzite=correlativo oggettivo della minaccia nazista
Greti arsi del sud=correlativo oggettivo del mondo devastato dall’ideologia nazi-fascista
Arrivo Hitler sembra aver gelato l’arrivo dell’estate, riportando l’inverno
Agganci alla concretezza storica portano ad un linguaggio immediato e realistico.

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