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I LIMONI
I limoni, facente parte della raccolta ossi di seppia, è un componimento risalente al 1921 1922 composto da
versi liberi con prevalenza di endecasillabi. Le cinque strofe di cui è composta la poesia non rispettano, dun-
que, un preciso schema metrico e ritmico: il numero di versi varia in base alla strofa e troviamo la presenza
di diverse assonanze e consonanze. Il poeta apre la lirica con un importante dichiarazione di poetica (!ascol-
tami”), un'invocazione che polemicamente si rifà a D'Annunzio; Risulta chiara, infatti, l'allusione alla !Piog-
gia nel pineto” che inizia con «Taci». Il testo rappresenta un rifiuto di una versificazione aulica e sublime,
quale quella ufficiale e tradizionale propria dei poeti laureati e per spiegare la propria diversità, egli confron-
ta il paesaggio da lui prediletto con quello dei poeti laureati. Mentre costoro preferiscono piante dai nomi
ricercati, a Montale piace parlare di alberi comuni, come i limoni, reperibili in ambienti quotidiani, paesaggi
poveri e scabri costituiti da erbosi fossi, pozzanghere mezze seccate, viuzze che seguono i ciglioni ed orti. I
limoni rappresentano una pianta che è in grado di far interagire tutti i sensi e quindi un qualcosa che permette
una conoscenza quasi miracolosa della realtà; Nel suddetto componimento i limoni sono emblema di una
realtà nuda e aspra ma intensamente viva. Nella natura tranquilla descritta dal poeta in cui per l’appunto
permane l"odore dei limoni, il soggetto vive un momento privilegiato dell"esistenza in cui sembra potersi ve-
rificare un"epifania, un"apparizione, un"esperienza che strappi dall"insignificanza della realtà quotidiana, che
offre la possibilità di spezzare il determinismo delle leggi e che riveli “un segreto”, “il punto morto del mon-
do”, “l"anello che non tiene”. Il miracolo atteso di una rivelazione del segreto ultimo delle cose in realtà non
si verifica; l"avversativa del verso 37 infatti segna il concludersi di ogni prospettiva di speranza (!ma l"illu-
sione manca!). La perdita di speranza del poeta coincide con il mutare del paesaggio: alla campagna immersa
nella calura estiva si sovrappone il tempo nelle città rumorose dove la natura è scomparsa ed anche l’azzurro
si mostra soltanto a pezzi. In questo contesto la scoperta dei ”gialli dei limoni” che si intravedono all"interno
di un cortile rappresenta una consolazione e riporta il calore della vita e la felicità di una rinata illusione. Il
finale del componimento lascia aperta una prospettiva di speranza che consiste unicamente, in Montale, in un
elemento povero e comune: i limoni.
corre tener conto del momento storico e politico in cui si colloca il testo, quello caratterizzato dall’affermarsi
della dittatura fascista che genera negli intellettuali formatisi nella cultura liberale un senso di impotenza; Ne
possiamo dedurre che Non chiederci la parola è un vero e proprio manifesto poetico perché esprime la crisi
spirituale di Montale e di un"intera generazione d"intellettuali che, negli anni in cui si afferma il Fascismo,
rifiuta di compromettersi con il regime.