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la prima edizione della raccolta poetica Ossi di seppia risale al 1925 e contiene testi scritti
fra il 1920 e quella data; nel 1928 viene pubblicata per la seconda volta, con l’aggiunta di
alcuni testi nuovi
il libro è diviso in quattro sezioni:
- Movimenti
- Ossi di seppia
- Mediterraneo (un ampio poemetto)
- Meriggi e ombre
gli «ossi di seppia» sono i residui calcarei di quei molluschi che il mare deposita sulla riva;
alludono quindi a una condizione vitale impoverita, prosciugata, ridotta all’aridità minerale
o quasi all’inconsistenza
al tempo stesso gli «ossi» richiamano l’idea di una poesia che non può più attingere al
sublime, al canto spiegato, ma deve ripiegare sulle realtà minime, marginali, sui detriti che
la vita lascia dietro di sé, puntando su una dizione spoglia e secca, priva
dell’ornamentazione sontuosa propria della lirica tradizionale
I riferimenti filosofici
nella raccolta si possono cogliere i legami con il contesto culturale del tempo
sotto l’aspetto filosofico si ravvisa l’influenza da parte
- del pessimismo di Schopenhauer (il quale sostiene che le realtà sensibili siano «parvenze»
ingannevoli)
- di quelle correnti che ai primi del Novecento si opponevano al determinismo positivistico
I modelli poetici
d’Annunzio (di cui Montale riprende alcuni termini e stilemi, ma rifiuta l’abbandono
sensuale, il vitalismo panico, l’intonazione aulica e sublime)
Pascoli (imitato per la scelta di trattare oggetti “poveri” e per alcuni procedimenti stilistici)
Gozzano e i crepuscolari (con i quali Montale concorda nel rifiuto dell’aulicità della
tradizione poetica, nell’adozione di oggetti umili e di soluzioni antiliriche e prosastiche,
pervase di ironia)
Sbarbaro e i poeti legati alla rivista “La Voce” (dai quali Montale riprende motivi e stilemi)
Govoni, i poeti “crepuscolari” e i futuristi
*****
L’aridità
un tema centrale che percorre il libro è quello dell’«arsura», dell’aridità che caratterizza il
paesaggio ligure, disseccato dall’aria salmastra e da un sole implacabile, che non è simbolo
di pienezza vitale, ma al contrario rappresenta una forza quasi crudele che prosciuga e
inaridisce ogni forma di vita
questo paesaggio non è mai proposto nella sua immediata, realistica fisicità, ma si innalza
sempre a una dimensione metafisica
un’altra immagine ricorrente e carica di significato è quella del «muro»; esso rappresenta
allegoricamente l’ostacolo invalicabile, che impedisce all’uomo di attingere a una pienezza
vitale, a una verità ultima e certa, a un rapporto organico con il tutto che dia significato
all’esistenza
La crisi dell’identità
Montale tocca in uno dei grandi temi della letteratura novecentesca europea, la crisi del
soggetto, la perdita dell’identità individuale
la prigionia nei limiti dell’esistente si manifesta nell’eterno ritorno del tempo, nel ripetersi
monotono di gesti e azioni; l’uomo si illude di muoversi, di andare in qualche direzione, ma
in realtà il suo è un «immoto andare»
l’effetto della prigionia e della costrizione che l’uomo patisce è che l’anima perde la sua
consistenza unitaria, coerente, si frantuma, diventa «informe», incapace di attingere a una
realizzata integrità
La disperazione e le illusioni
il poeta cerca insistentemente un «varco» che consenta di uscire dalla prigionia esistenziale,
ma questo varco non si apre: al massimo egli può nutrire l’«avara speranza» che altri riesca
dove lui va incontro al fallimento
l’unico «miracolo» possibile per Montale sembra essere un’esperienza totalmente negativa,
la percezione improvvisa e traumatica del «nulla» che si cela dietro l’apparenza ingannevole
delle cose
nonostante la desolata consapevolezza raggiunta, gli Ossi si chiudono con una speranza e
con un auspicio: che un giorno l’anima del poeta non sia più «divisa», possa «rifiorire» e
quindi egli possa mutare l’«elegia» in «inno», cioè la “povera poesia” che nasce
dall’inaridimento esistenziale in “canto spiegato”, testimonianza di un rinnovato accordo
con la totalità del reale
*****
a differenza della linea simbolista che arriva sino a Ungaretti, Montale non può più avere
fiducia nella parola poetica come formula magica capace di arrivare all’essenza profonda
della realtà, di attingere all’assoluto, di dar voce al mistero, che sappia imporre un ordine al
caos dell’anima «divisa» e «informe»
tanto meno la poesia è in grado di proporre messaggi positivi, certezze di qualunque tipo,
morale o metafisico, ma può solo offrire ormai definizioni in negativo di un modo di porsi di
fronte alla realtà
ne consegue un rifiuto del lirismo, della magia musicale del verso, che era stata il fulcro
della poetica simbolista
Il “correlativo oggettivo”
quella degli Ossi è una “poetica degli oggetti”: gli stati d’animo e la condizione esistenziale
dell’uomo contemporaneo non vengono descritti in forma direttamente concettuale o
esplicativa, ma attraverso alcune presenze concrete
se l’analogia simbolista giocava sul piano dell’irrazionale, la “poetica degli oggetti” di
Montale tende invece a un rapporto razionale col mondo, fonde poesia e pensiero
questa poetica presenta convergenze significative con quella del “correlativo oggettivo”,
elaborata da Eliot all’incirca negli stessi anni
La realtà umile
se quella degli Ossi è una “poetica degli oggetti”, gli oggetti a cui il poeta sceglie di fare
riferimento sono sempre umili, dimessi, prosaici
Montale dichiara di non amare la poesia aulica della tradizione italiana, quella che canta
solo realtà nobili e sublimi
egli predilige realtà povere, “impoetiche”, coerenti con la sua visione desolata del mondo
La lingua
dinanzi all’aridità e alla desolazione della condizione esistenziale, la poesia non può che
adottare un linguaggio fatto di suoni aspri, di ritmi rotti e antimusicali, di un andamento a
volte prosastico
il lessico accoglie termini comuni, “impoetici”, a volte persino ricalcati sul dialetto, ma si
possono anche incontrare termini rari, letterari e aulici: Montale (seguendo la lezione di
Gozzano) vuole far cozzare l’«aulico» con il «prosaico», in funzione ironica e straniante, per
una presa di distanza dalla “poeticità” della tradizione lirica
La metrica
per quanto riguarda la metrica, gli Ossi sono lontani dalla rivoluzione operata da Ungaretti,
che distrugge il verso tradizionale
Montale fa ricorso al verso libero, la conquista tipica della poesia novecentesca, ma usa
spesso il verso più classico della poesia italiana, l’endecasillabo; i versi sono di regola
raggruppati in strofe, con la ricorrenza di rime
Montale apparentemente sembra operare scelte che non rompono in modo radicale con la
tradizione poetica italiana; in realtà quella tradizione è ripresa in modo straniato, corrosa e
come svuotata dall’interno mediante l’uso di vari procedimenti:
- assonanze e consonanze al posto delle rime
- rime ipermetre
- adozione di ritmi accentuativi abnormi e inusuali
- variazioni continue che spezzano la regolarità prevista dalle norme