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Ipertesti

Introduzione
N pi mai toccher le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nellonde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
linclito verso di colui che lacque
cant fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baci la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
U. Foscolo, Opere. Poesie e tragedie, edizione diretta da F. Gavazzeni con la
collaborazione di M.M. Lombardi e F. Longoni, Einaudi-Gallimard, Torino 1994, vol. I.
Parafrasi
Non toccher mai pi le tue rive sacre, che f urono la mia culla quando ero piccolo, o mia Zacinto, che ti
specchi nelle acque del mar Ionio, dal quale nacque la Venere celeste,
e rese f ertili quelle acque con il suo primo sorriso, per cui celebr le tue nubi limpide e i tuoi boschi
lillustre poesia di colui (Omero) che cant i mari avversi
e lesilio errabondo attraverso il quale Ulisse, f amoso e sventurato, pot tornare a baciare la sua Itaca
rocciosa.
Tu, o mia terra materna, non avrai altro che la poesia del tuo f iglio; il f ato stabil per noi una sepoltura
senza il compianto di nessuno.
Ugo Foscolo - Poesie, sonetto IX
A Zacinto
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