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La rivoluzione del respiro

Di

Giovanni Avogadri

1
Ho sostituito gli occhi alla penna,
lo sguardo alla scrittura:
per questo i fiori arancioni
sul castello di Lombardia – in Sicilia –
stanno ancora cantando
e così li lascio.
Noi etruschi
non abbiamo alfabeto.

2
Ma cos’è

questo sorridere a occhi chiusi


in mezzo al mattino che non riconosco

la tranquillità improvvisa

che ferisce senza motivo.

Al buio

si comincia ad abitare la casa che c’è data

e la felicità che mi sorprende

è così antica e intensa

sarà forse
perché un giorno di chissà quando

la nascondemmo dietro un mobile

sotto la corteccia di un leccio

nei pressi della spiaggia dell’inizio di me.

Resta la luce primigenia

come se non ci fosse stato peccato - divisione

enumerazione.

Adesso è ombra

Attesa

necessità di compimento.

3
Rio Vermelho

All’inizio di me
c’è una spiaggia infinita
che si ritrae spaventata se provo a raccontare.

All’inizio di me c’è un porto di paese


Funi di vele che tintinnano di vento.

All’inizio di me c’è una pietra di granito


disseminata di grandi pesci con squame d’argento
polipi viola gusci neri strisce arancioni e azzurre
una grande mano callosa
fa saltare le squame con un coltello lucente
e il manico è di legno consumato.

All’inizio di me c’è una stanza ombrosa


e mia madre che mi lava in una vasca di pietra
poi spalanca la finestra
e mi mostra la luce del reale.

All’inizio di me c’è una vertigine di sole


un meriggio di cicale assordante
un prato verticale e un cavallo
che si rotola nell’erba.

All’inizio di me
ci sono le camicie bianche di mio padre,
la mia mano nella sua
che mi mostra l’orizzonte
da qualche ponte di nave
da un tornante di strada.

Questo ho visto di fronte all’oceano


Seduto tra le pietre consumate
dal lavoro antichissimo di pescatori e navigatori.
Scorre l’acqua del Rio Rosso.
L’oceano verde mi accoglie.

4
La rivoluzione del respiro

Apro la finestra
e per me adesso
è già primavera: lo dicono
le nuvole fresche di ponente
e la luce precisa
che non ha bisogno di pioggia
per essere lavata.
Faccio posto ad ogni respiro
e come un acrobata timoroso
l'anima accenna ogni gesto con sacralità.

Non si passa più


da un tu all'altro
ma si vive.

5
"A tal errore va incontro anche il discorso che si trova nella cosiddetta poesia orfica: esso dice infatti che l'anima, portata dai venti,
entra dall'universo negli esseri quando respirano."
Aristotele, Sull'anima

I giorni precedenti erano stati un continuo scrivere e riscrivere sul quaderno parole e immagini
cui rimanevano attaccate - miracolosamente - le emozioni e i sentimenti
che le avevano illuminate dal di dentro e rese infine frammenti di un discorso familiare, umile, popolare eppur lirico,
a volte epico e, finanche, sicuramente comico.
Vivo, insomma.

Si arriva sul posto.


La nebbia e i colori dell'inverno chiudono il sipario
sul paesaggio esteriore.
La notte ne apre un altro.
Le immagini diventano il ronzio del sangue alle tempie
e i sentimenti lasciano il posto al battito incessante
di quel dio che occupa il plesso solare e che stanotte, però, puoi sentire risuonare ovunque.
Il respiro aiuta a scivolare via tra un battito e l'altro.

L'ansia è lontana ma col giorno ne sento appena il sapore aspro e continuo a lasciarmi portare dal ritmo della respirazione.
Già.
Non siamo noi che respiriamo ma piuttosto siamo respirati
da una marea possente che ci inabissa e ci fa riemergere, attraversandoci ci espande e ci contrae.
Nuvole grigie e luminose attraversano incessantemente i prati, schiacciati contro il cielo troppo basso (o siamo troppo in
alto noi ?)
Le immagini indisponibili, i sentimenti poi…

Ci si deve fidare del mistero del corpo per scivolare via


finché, finalmente, rimane solo un’attenzione liberata dal soggetto, occhi senza sguardo, battito senza motivi. Silenzio.
E gli altri; i loro corpi i loro volti, il posto preciso che occupano nello spazio.
Qualcuno riesce con fatica a risuonare. Qualche parola ci scalda e consola.

Subito, consapevolmente, ci disperdiamo salutandoci.


Cosa rimarrà di oggi?

Ritorno.
Le immagini rifluiscono. L'Anima che siamo stati si prende ora cura del corpo.
Sentiamo la fatica spandere il suo liquore per tutte le membra.

È l'anima che arriva dappertutto.


Le affidiamo il battito e il respiro, le immagini e i sentimenti.
Ora sappiamo di non essere mai usciti da lì
se non per spanderla in altri corpi e ritornare.
Per ricominciare.

Caprese Michelangelo, 20 e 21 febbraio 1999

6
GEOGRAFIA

7
Settignano

Sdraiato

tra ombre ortogonali

precise come l’azzurro

in bilico tra il fico dell’orto

e la pietra arsiccia

d’una chiesa chiusa

si consuma il mio segreto:

“Rifammi da capo
- Le dico -
tu, che sola lo puoi”.

8
Lucchio e Vicopancellorum

Paesi dispersi sui crinali


come resti d'un temporale
pietre su pietre dilavate
e la memoria fa male
fa male la bellezza.
seguitiamo per i campanili
seminati dai secoli
fino alla piazza
dove s'alzano voci chiocce
per rompere l'incantesimo
delle pietre del selciato
delle parole di marmo
disposte in fila - sui muri dell' oratorio -
fino all'altare del Crocifisso.

Non bastano
tutte le città del mondo
a consumare il Tuo silenzio
in quell'ostia bianca
nelle mie mani.

9
Unus mundus

Si può partire dall’ultimo molo della notte


con l’ansia della città strozzata in gola
e poi
- traversato un canale di vento e nembi -
un porto miracoloso emergere dalle luci
uno scherzo di terra confonderti
coi suoi paesi inaspettati dietro le curve
arrampicati verso il mare
scivolati verso il mare
voltandosi infine di fronte al continente.

È a questo punto
che spunta la luna sopra un patio di limoni
e l’anima riprende il suo posto: lei
ha predisposto ansie e ritrovamenti
in questa strana libertà.

Non si chiede più nulla,


siamo solo uno sguardo che scorre
che tocca stupito le cose della vita.

Cavo, Elba, dicembre 1998

10
L’angelo di S. Massimo

Remigava proprio di domenica


sovrappensiero tra cielo e terra
aggirandosi tra bastioni guerreschi.
era sceso da un campanile troppo appuntito
e dopo aver annusato un naufragio
nell’ospedale vuoto
e aver snocciolato qualche lacrima di ricordo
dal proprio rosario personale
era inciampato sopra un semaforo rosso
e ora stava sgranando gli occhi incredulo
di fronte alle colonne di un ristorante alaskano
est nord sud ovest
poi di nuovo la mappa rovesciata sul sedile,
finché li vide.
Quei due fermarono il tempo e il suo soliloquio:
li vide fumare e buttare la cicca dal marciapiede
Come fossero su un palcoscenico,
erano due angeli magri
di qualche est di qualche continente;
ne sentì il freddo attraverso i giubbotti fuori stagione
e vide le mani allacciate
nel vuoto della città
che ora girava attorno a quel punto casuale,
vide l’amore bruciare ancora
come una reliquia medievale
in una chiesa brutta,
come una candela elettrica
per il Cuore di Gesù.

Li benedisse con parole sue


E sorrise pure al verde del semaforo.
Ostinati come siamo nel desiderio – pensava –
Ricominceremo a sognare il sogno di sempre,
il sogno dei sogni.

Ma le prossime poesie le scriveremo in albanese.

11
Praça do Comercio

Porto della fine del mondo


quando il vento soffia, soffia.

L’anima è tutta attesa: sola


la penetra e dilata
una luce d’altra latitudine:
è essa che pare estendere l’essere
fin dove è spazio.

Dinanzi a questo dio-fiume


ogni grandezza va ridetta.

12
Olhao

Sguardo spalancato a sud


pupilla di sabbia e azzurro
taglio orizzontale
che accoglie ogni luce
mentre l’anima
è condotta dal tempo:
e noi ci entriamo dentro.

13
Serra Orrios

Le pietre circolarmente innalzate


il legare assieme
il culto tributato alle potenze
Sole luna capro giovenca
sono l’apparire del reale,
taglio di coltello
sulla superficie dell’occhio,
pupilla di stupore abbacinata.

14
Le grotte

Miriadi d’occhi sbigottiti

Pupille sbarrate al nostro passare

fiori immemori

nutriti dalla tenebra

che ora respirano

lambite dalle onde

vene viola tessuti rossastri

colate di grigio raggrumato

segni oltre ogni significato.

Mi rivolgo indietro
all’ultima luce di smeraldo:
é l’urlo di Dioniso
che ferisce il cuore dell’abisso.

15
Vrgada

Alla fine ci siamo entrati:


al centro dell’arcipelago
l’acqua è appena increspata
e si perde il conto delle isole
ma è netto il confine
tra pini cespugli
e biancore di calcare.
Prima viene l’ odore di mare aperto
carne viva sovrumana
come il grido di Pan

Anche la creazione attende i figli di Dio.

Poi è l’aroma di pini e cespugli


senza traccia d’uomo,
lo zenit del sole sul cacumine dell’isola
non spaventa più
ma apre l’orizzonte
e la navigazione ricomincia.

Un breve sonno riapre occhi nuovi


per la luce del pomeriggio
che ridona coste e alberi
e luccicore d’acque,
il corpo la beve stupito
ritrova nuove forze
per tornare a un porto sconosciuto
con un tramonto che cola
sulle facciate delle case:
questo sole non morirà più.

16
Praha

Tra Jan Hus e Palach


la rivoluzione sempre rinasce
- due sponde di Fuoco Divoratore
a distruggere e preparare la terra
che questo paese mi ha rivelato -

Questa primavera fredda


aspetta ancora
mentre i ragazzi sciamano
alla ricerca dell’Uguale
nelle Taverne dell’Impero:
calore sintetico nelle vene.

Ma il Simbolo degli Hussiti ancora sussiste


e dice Sangue e Pane vero nelle Sacre Specie.

Sono entrato nella Chiesa di San Nicola


A chiamare lo Spirito.

17
Lusitania

Avevo lavorato a lungo


su quel grumo di inquietudine
e nello sforzo di ridurlo
mi ero addormentato.

Avevamo a lungo torturato


le nostre parole
per ricavarne risposte,
solo distogliendo lo sguardo
dal viso di Gorgone della vita
l'abbiamo
multiformemente incontrata,
l'abbiamo
segretamente sposata.

Cos'è stato al risveglio


quel rispondere improvviso,
il trasalire
di una stanza inaspettata
dove ricordo e fantasie
querule e leggerissime
ora conversano ?

18
In transito II

Tra sabato e domenica


Sono morto due volte,
ho attraversato il deserto
tra Roma e l’Abruzzo,
l’ho incontrata per la prima volta,
con lei mi sono sposato e divorziato
per poi accorgermi che non era vero
e il vero matrimonio doveva ancora iniziare.

Comunque nessuna cerimonia.


Solo una casa debolmente illuminata
Da una fuga di Bach.
Ho dormito sereno nel tuo letto
E mi sono svegliato
Sul cratere di un vulcano
Mentre le nuvole passavano
E il vulcano era un lago
Che rispecchiava il cielo.

Non posso mandarti cartoline,


amico,
perché il vento le cambia
E io, come Eugenio,
non so più chi parte e chi resta.

19
Canale di Piombino

Maestrale fresco e forte:


il porto è lo stesso di sempre
ma io ora
sono padre figlio
barca e vento.

II

S’è accesa l’abat jour


sull’isola a mezzo il canale
mentre ad ovest
il tramonto è Patagonia
e pampa.
La lingua che non so
scorre con il vento e le onde
ma è Vespero che appare
anche ad occhi chiusi
e chiama a iniziare il cammino

III

All’Unica
che occhieggia dal cielo
risponde un faro
timido e coraggioso,
poi un porto di luci si apre
e racconta tutte le storie.

Il tramonto ora è verde


E tutte le navi ritornano.

20
Estado do Rio Grande do Sul

Tra un sogno e l’altro


gli occhi appena aperti
sul cruzeiro do sul
che sorge al finestrino
del cielo australe
mi è apparsa una
piccola dolce morte.

Come sarà l’addio


all’isola delle mie estati
ora che non conto più
i cespugli ad uno ad uno
ma in silenzio porto con me
il monte del lentisco
la cala delle alghe
la spiaggia gonfia di maestrale
la piccola casa
di ombra e bouganville.

Poco sotto la croce del sud,


Poco sopra l’orizzonte della notte
Una morte così dolce
Che somiglia all’incontro
Che non possiamo immaginare,
che non osiamo nominare.

21
In una qualunque città del mondo
Ritroverai te stesso. Basta
Che dimentichi, per un momento, la tua lingua
La tua famiglia che abita altrove.
La città che visiti è per te il mondo,
il cielo, la notte, il giorno, principalmente
l’amore. In una qualunque città del mondo
puoi essere triste o felice, ma in modo diverso
(Armindo Trevisan)

Montevideo

Tutto quel che avevo sempre pensato,


amici,
e molto di più:
come Heleno a Kafr – el Dawar
non so dire

e se già non eravamo più


esotici né- tantomeno- mansueti
riesco solo a sussurrarvi
che il vero viaggio
non è stato
dall’Italia a qua
ma dall’Avenida 18 de Julio
fino al Barro Borro,
quello il tragitto
che ha attraversato i mondi.

Qui,
stasera,
i piedi nel fango,
è iniziata la mia festa di nozze.

22
Kouros

Arrivando dall’Arcipelago di acque trasparenti


e fondali di roccia
ho attraversato
un oceano di paglia fango e fracasso
nel diluvio nel traffico di Montevideo
sei apparso
salendo le scalette dell’omnibus
con i ragazzi del liceo
poco più grande di loro
bello come un kouros.
Un passo appena avanti
senza impermeabile
reciti a voce ferma
la litania delle cose che vendi
caramelle dolci cioccolato.
Per quanto ancora
ti resterà sul volto
questo sorriso di stasera?
È un dolore tagliente addormentarsi
con le luci e le nuvole sul porto.

Ragazzo del Sur


la tua dignità
non vale il nostro mondo intero.

23
Chavez

Oggi ho i tuoi occhi


per vedere questa città
e tu non sei mai uscito
Da San Martin
il confine del barrio.

24
Pablo de Maria
(per Gabriel e i suoi amici)

Danzatore
in questo inverno australe
che da qualche parte é primavera.
Togli il cappello
e disegna ancora con le suole,
per terra
i ricami magri e forti
delle strade di questa città.
Mi hai mostrato l’azzurro debole
del mio febbraio nel tuo cielo d’agosto
e mentre ti chiedevo
se erano case di fate
oppure vecchi bar di periferia
mi hai fatto entrare nelle stanze
che hai ridipinto
riempito di ragazze e ragazzi.
C’e’ il rosso del sangue alle pareti
perché fa freddo per le strade,
colori che avevo visto
solo nel sogno di un sogno intravisto.
Amico,
Il tuo tango e’ finito presto
E tu rimetti a posto le sedie
Sistemi la cucina
Perché domani è lunedì.
Grazie di avermi portato
nella parte sconosciuta
di casa mia,
quella in cui si arriva
passando dalla porta dei sogni
e ci si arriva a testa in giù
come in un quadro di Escher,
oppure vestiti da Zorro
o con una pena da impazzire
nel cuore.

Montevideo, agosto del 2003

25
Apparizioni all’Albergheria

Erano già parecchi secoli


che scendevo le scale di questa città
millenanta giorni
uno sorgente dell'altro
uno sopra l'altro,
uno contro l'altro.

Me l'aveva detto
nostra Signora dello Spasimo,
con due alberi secchi,
enormi mani di dolore
fiorite in febbraio
in un chiostro scoperchiato.

Poi siamo usciti


era una mattina di pioggia,
dalle vetrine i vestiti indiani
chiedevano un carnevale già passato,
la sosta nella chiesa dell'Ammiraglio
preparò l'ascolto con mille secoli almeno
e l'interno dell'abside
aveva il carnato di un’ antichissima bambina,
Poi il selciato è improvvisamente fiorito di pesci multicolori,
di murene nere e pescespada rosa,
carni molli esposte senza vergogna,
mani che si tendevano da tutti gli est possibili,
splendidi sorrisi senza denti.

E' stato lì vicino


che Nostra Signora mi è apparsa:
sopra un garage con una centoventisette abbandonata
in un vicolo che sapeva di polli e spazzatura
un rap del Ghana accompagnò la cerimonia
con tutti i bambini del Borro
anche il mio amico ha capito:
è questo il luogo delle nozze.

26
Rio de Janeiro

Troppo velocemente
siamo scivolati in questa foresta
che somiglia ad una città:
si sente ancora
il ritmo immobile di Abya Yala
della terra senza tramonto;
con i bambini sulle spalle
o sporti sui fianchi
arrivavano senza stupore
a queste lunghissime spiagge
per immergersi
nella fonte della fertilità.

Adesso coqueiros e banani


sono i portici sotto cui scivoliamo
nella notte di pioggia calda
Avenida Vinicius de Moraes
botequim Garota de Ipanema.

Gli appartamenti dei ricchi


sogni tappezzati di legno d'ogni specie,
stanchi epigoni del modernismo
disprezzano la feijoada
ascoltando Bach
mentre dietro l'angolo
si sale alla favela,
ma il buraco quente
non è la porta della città di Dite,
forse apre verso un mondo
dove un'altra storia sta nascendo,
prima o dopo la modernità che importa?

Come faccio a dire


la nostalgia di averti lasciato
senza averti conosciuto,
Rio de Janeiro?

27
Missa no Morro

Maria dei bambini Do Alto da Caieira


Maria di centotrè anni
india piccoletta
bambina assieme ai suoi nipoti
portando la statuetta de Nossa Senhora
donna velata – Dio Madre
aiutaci a riconoscere in noi
il tuo corpo risvegliarsi ogni mattina
riaccendendo il fuoco della casa e della strada.

Perché Nossa Senhora de Monteserrat


perché Aparecida e de Guadalupe
col volto nero e indio?
Ogni latitudine ogni popolo
ogni morro ogni foresta è gravida
del Signore della Vita
e come Maria corre da Isabel
Per sognare insieme il sogno di suo Figlio
di ogni figlio
che alla fine della notte
all’inizio di ogni alba fredda
ci sta dicendo di rigettare le reti
mentre Lui ha già acceso per noi il fuoco
e ci attende sulla spiaggia.

E’ questo il tempo
per andare gravidi, uomini e donne
per il mondo

28
Livorno: uno stradario immaginale

29
Voglia di ricominciare
dagli scarti del mondo
dalle fratture dell'universale
moderna estensione dell' Uguale.
Ricominciare da quest'azzurro
che irrompe tra i palazzi
dal saluto delle gaggie
dai colori sulle facciate scrostate.

È vento di mare
e oggi si può ricominciare

30
(Piazza del Voltone)
"Per me Livorno?
Per noi Livorno è una religione! "
Piero Ciampi
Ripeto il nome : Livorno
e sulla punta delle labbra
il sapore di queste consonanti
aspre etrusche e levantine
mi sa di nuovo di verde scuro
e cieli rimescolati,
di stracci di nuvole
ai bordi d'una botta di colore
che ti assale così,
nel bel mezzo di una via
bella e salvatica,
cattiva quasi
come le donne di Livorno
senza cipria e le gambe scoperte
a prendere l'ultimo sole
di settembre.

Ma quant'altra vita
ci aspettiamo da qua,
dalle piazze ovali
come tamburi orientali
d'un ritmo ancora non sentito,
d'una danza che intreccia cieli e strade
e gente che compra e che vende,
che parla una lingua cantata,
che s'intende negli occhi
con una febbre pura di vita
di mare di fresco.

Sfonderemo il futuro
in un passato mai conosciuto.
Vivremo nuova passione,
vera passione

31
(Via Cairoli)

Povera e triste ti trovo oggi passeggiando;


oggi che vedo il tuo secolo
di mercanti gesuiti avvocati protestanti
riempire le strade assieme al libeccio,
ma non trovo più
l'idea che si impetrò nelle strade
ampie come palcoscenici del cielo,
sugli altari delle chiese
- libere chiese ! -
Né ritrovo le parole
che riecheggiavano nei fondachi
e sulla Darsena,
per i fossi d'una Venezia plebea
che ancora canta il tramonto
dalle facciate delle case:
è l'ora del tardi la sera,
e di mistero e fatica è fatta la notte
se è stato scirocco.

Per questo il sonno ti coglie nel tardi


e l'azzurro del cielo stordisce
nel mattino pulito dal maestrale.

32
(Tra Via dell’Origine e Via Pietro Gori)

Lascia tutto così


uscendo da casa mia,
come lasceresti
un dono inaspettato.
Lasciami più che altro
il tuo sguardo
che pure ho tatuato nel ricordo:
guardandoci dentro
sfonderò nel fresco
d'un cielo tirato a lucido
come una lastra pulita e giovane
di quando le nostre parole e fantasie
volevamo inciderle
per poi dirle alle strade
ai cantoni ai viali
in pomeriggi d'inverno
o uscendo dalle cantine ridendo
nelle mattine d'estate.

Trascorrevamo i meriggi d'afa


all'ombra delle nostre metafore
come gli alchimisti,
come gli eretici d'ogni chiesa,
nei cui occhi bruciano ancora
case parole città e cieli
che chissà dove sono.

33
(Via Montebello)

La notte si sveglia fresca.

Se il fremito del libeccio


trascorre le strade,
tutta la città ne è affaticata
- e tesa –
come una vela:
mi par di vederla
leggermente inclinata
verso un nord miracolosamente fermo.

34
Livorno, mi vuoi bene?

Livorno di verde in fondo - macchia


Piano di Pisa -
Livorno/ritorno?

Livorno di Fattori,
l'alba al Marzocco e le camicie rosse
di chissà quante rivoluzioni.

Livorno di mattina,
secchiate di luce
sulle cime dei lecci
- macché cime,
sono case,
larghe ! -

Livorno,
la luce tra i pini,
Castiglioncello e la Signora Martelli,
il Castello Pasquini.

Livorno di Modì,
- aspra sui fossi -
mercato fondachi pesce e benzina,
finisce crudele la mattina:
tra i palazzi d'un altro tempo
si cerca la parola
e si finisce per cantare.

Livorno di Mascagni:
la terrazza le nuvole sono bastioni
- Via dell'Antica Polveriera, le Case Rosse -
quanti bastimenti salparono
dai contrafforti del tramonto.

Livorno di sera è taverna,


Corso Amedeo verso il Voltone,
Livorno di Caproni,
vento di notte che s'appiccica
e l’anima non si riconosce più:
Livorno,
si parte o si ritorna?

35
LITURGIA

Recito il Pater come un bambino


- ed in quale altro modo potrei?-
ed il bambino accenna sulle punte qualche salto:
vuol seguire le volute dell'incenso, lui,
è già lì, al di sopra di tutte le miriadi di serafini
ed il Padre gli parla, ed egli con Lui,
smozzicando le frasi, mangiandosi parole e lacrime.

36
Excessus mentis

Trafitto
tra midollo osso e cerebro
da un cherubino inaspettato
che ha colpito il nodo dei sentimenti
dove si avviluppavano alla coscienza
il bambino è uscito fuori subito
e ha cominciato a cantare senza ritmo
una melodia che non ricordava:
tutto orecchio e bocca
era
tutt’ occhio e mano che tocca:

“Ora che mi hai sciolto,


amore mio,
rifondimi nello stampo
che tu sei”, diceva.

Subito ricominciò a giocare.

37
Sogno

Se di giorno la tua Presenza


è un muro bianco
che estenua e abbacina
la Notte m'appari
tra i fumi e l'incenso.

Ti benedicano tutti gli dei


- le dico - e toccandole la fronte
rinasce l'Immagine.

È molto oltre
il luogo delle nozze?

38
Confessione

Io voglio che tu sciolga


il nodo d’inquietudine
che mi serra il respiro
quando lo sguardo rincorre
i fili della solarità
poco al di sopra
di inutili strade al ritorno
suggerendo ulteriori spazi
alla voglia di casa
che mi si strozza in gola.
È impossibile ormai
godere fin nelle briciole
della vita, come di Gorgone
s’è fatto il suo volto,
stirpe già disumana
perché poi dovrebbe guardare
verso di noi?

39
Il pozzo di Giacobbe

La dea delle nenie della mia infanzia


stanotte in sogno m'ha benedetto.

Il pozzo del passato non è più lo stesso,


il Viandante che vi si fermò
anche a me non chiese
ma dette
la sua acqua da bere.

40
Avvento a San Domenico

Ricomincio oggi a camminare.


Tutta la settimana è durata la pioggia.
Domenica mattina di tregua, breve tregua, tutte le rogge gocciolano e grondano del temporale. Si
respira acqua e nebbia, i campi trasudano freddo e i cipressi profumano strani.
Prego sottovoce camminando sotto il colle di Fiesole, come fosse, ed è, la prima volta.
E’ l ‘Avvento, certamente, ma per me si stava preparando ben più che da un anno.
Entro in San Domenico e mi metto come al solito nella prima cappella laterale, accanto al crocifisso
intagliato nel legno, un crocefisso contadino.
Sei tu che mi mostri la fede di queste brave persone come un fantasma senza corpo né futuro?
“Solo tradizione era il mio amore”, eppure ora sei Tu a dirmi che stiamo pregando degli oggetti
mentre Tu sei fuori di qui, negli uomini e nelle donne che sono Te ”Avevo fame, avevo sete, ero
nudo, malato, in prigione”?
Ecco perché languiamo e ci perdiamo nei simboli, nell’adorazione dell’adorazione. Mentre Tu dove
sei?
Quante immagini Tue, ma chi prega la gente quando prega Te?

Fa che il tuo amore non siano parole, ma conformità.


Questa è la religione.
Lascia che i morti seppelliscano i loro morti.
Il cattolicesimo borghese è un cadavere.

Tu vieni e seguimi

41
Triduo pasquale

Venerdì santo:

Antifona d'ingresso

Sono i tuoi occhi - emersi dal gorgo


memori dello spasimo - assetati
di tutto ciò che è reale.
E' la vita la malattia mortale.
(per Pinuccia)

Pange lingua

Lo scherzo serio della morte:


morire ridendo
come un eroe operaio
che lascia i nipoti all'improvviso
a sussurrare -piangendo- le sue battute.

"Secondo me ci fa un altro scherzo


e per Pasqua risorge".
(Per Attilio)

Sabato Santo

I tabernacoli aperti
e le madonne di legno
mi indicano fuori:
al vento al mare al sole
al mondo
dove la croce è stata innalzata:
è il mondo il luogo del tuo Spirito.

42
Pasqua

Vedere le cose
oltre
le cornee crocifisse

sulla Necessità.

Vedere il mondo

Con i colori della Resurrezione.

Come quelli di Piero della Francesca

43
Dossologia della seconda dopo Pasqua

Stamani,
nella chiesa abbandonata
dopo il lento lavacro delle preghiere
Il Tuo Corpo sapeva di giglio marino
e m'ha inebriato.

Io ti portavo senza saperlo


il sapore dell'isola
il cisto il lentisco
l'agro del sudore
e il fuoco della notte
nei panni.

44
Lingua materna

Non ho bocca
Con cui mangiare questo cibo
per il quale muoio di fame e desiderio.
Non ho lingua per chiedertelo,
non c’è cammino né ingresso
né porta né finestra
per entrare dove Tu vivi
dove io posso vivere.
Solo Tu puoi darmene;
io posso solo
bruciare d’amore
sulla soglia.

Poi
rovescio il fantasma
dell’assenza,
attendo ogni cosa
sono vicinanza
protezione
di ogni essere
di ogni fuori.

E fluisci nel mondo

45
Ascensione

Con che lingua racconteremo


l'espandersi
e il concentrarsi delle emozioni,
il loro fluire di nuovo
nel cosmo nel mondo?
Il distendersi
e il contrarsi del tempo
che per un tratto
ha disobbedito al consueto fuggire
per correrci incontro?
È tutto più facile
e più difficile,
ora
che non possiamo più
tornare a casa,
ora che stiamo navigando
anime e corpi
verso l'origine.

46
Pentecoste

L’acqua e il fuoco
Due diluvi
Di lacrime di passione:
Solo così s’intesero le lingue.

Da settimane ce ne stavamo rinchiusi


E non sapevamo credere,
non sapevamo nemmeno
cosa fosse accaduto
eppure lo si capiva
da tutto ciò che attorno a noi
rinunciava alle leggi dell’abitudine:
il tempo aveva interrotto la sua fuga
e veniva verso di noi
ad ogni incontro di uomini e donne,
di poveri diavoli e malati:
ripensavamo a Lui alle parole
con le quali rovesciò la loro
e la nostra vita,
le nostre infermità
le piaghe le paresi
che avevamo visto e accompagnato,
assieme agli angeli e agli stranieri
che ci portavano chiari messaggi
stranamente comprensibili.

Ma quel mattino presto


fu troppo per tutti noi,
la Vita che avevamo conosciuto
e che ci aveva fatto perdere la testa,

- innamorati – si dice così? –

La vita rompeva tutte le nostre rappresentazioni,


l’Impossibile era lì, e ci guardava.

Abbiamo smesso di guardarci negli occhi,


come in quelle notti di pesca a Tiberiade
e non chiedemmo più nulla alle donne,
ma iniziammo a parlare.

Ebrei, Greci, Egiziani, Latini


e proseliti della Macedonia,
ciascuno capiva nella propria lingua
parole che nessuno di noi aveva formulato.

47
Ubriachi,
così alcuni dissero e dicono,
per non credere quanto videro.

Adesso l’abbiamo imparato:


Ciò che spaventa oltre ogni altra cosa
Non è l’infermità,
il dolore, la fame
Ma la possibilità sempre vicina
Di risplendere, come fanno i bambini,
di essere Figli di Dio.

Lo Spirito Difensore
È forse l’Intensità di Dio?

48
Apollo

Da una rupe avvolta dal vento


il maestrale
conduceva il mare verso di noi
riunendo tutte le linee dell’orizzonte
nel nostro sguardo
e lo sguardo era Apollo.
Da allora capii l’inutilità
della parola
di fronte all’Originario:
essa seppe solo il Silenzio,
il sale sulla pelle,
lo zenith reso dolce dal vento.

49
Cristo

Gli déi son davvero


sgabello dei tuoi piedi
mentre il tuo volto svetta
inconcepibile ultravisto
oltre il nostro eone.
Sei caduto anche tu
nella notte del nulla,
e ne sei emerso.
Ti abbiamo visto
nelle membra portavi
le meraviglie d’ogni mondo,
nel corpo lievitato d’essere
il cosmo risplendette
le potenze riconobbero il Signore
e vidi nei tuoi occhi
oltre la libertà che m’hai conquistato
il mio stesso nome.

50
Aenigma

Che sia lo stesso Dioniso


Che grida vittoria
alla fine del ciclo
Giunto all'origine,
alla morte prima della vita
O è piuttosto Apollo
che penetra col suo sguardo
la profondità dell'abisso.

Comunque
È luce immanente
La tenebra azzurra
Il mare nella grotta

51
Ascèsi
Remigare senza fretta
nel cielo nel mare
d’un giorno di settembre
senza l’ombra d’una pena,
neanche una piccola piccola.
Cioè
uscire fuori,
andarsene via
e ritrovare per strada
tutte le cose.

52
Speak low (su musica di Kurt Weil)

I
Parla sottovoce, ti prego,
tienimi vicino al cuore
e il tuo silenzio
non avrà bisogno di gridare
per entrare nei miei giorni;
sprofondando in un cielo grigio
di nuvole ammatassate
come una coltre calda d’inverno
ogni mattina accendo una luce
e veglio tutto il giorno
mentre raccolgo ogni sospiro.
Parla piano,
e non avrò bisogno di guardarti:
basterà accostare la testa
al centro di ogni attimo
per attraversare parlando con te
il mistero del mondo.

II
Solo quando ho chiuso gli occhi
proprio tu li hai baciati,
solo fissando lo sguardo
in un dove senza luogo
ho camminato sicuro,
e ora ti chiedo
rimani ancora
in questa stanza.

53
I Santi. I Morti
Di notte
la morte spalanca
le sue dimore:
innumerevoli
sono le soglie
le porte i trabocchetti
ogni angolo ogni scala
ogni soffitto ogni letto
si apre e si rigira verso di noi
con voci e richiami
che solo ora possiamo sentire,
ora, che tutta la casa è rinserrata
e tambussata contro il grecale;
si scende
accompagnati da una voce di donna
che fa scorrere acque
e spande riti di purificazione
accosta porte e finestre
riassetta le coltri.

Stanotte
non ho avuto bisogno di sognare
erano immediati sacramenti
il sangue l’orina
il cibo le feci
ed ho sorriso
alla soglia di ogni richiamo
tra il sognare e il sentire
ogni parola un quotidiano esorcismo
una mano che sostiene
che lava e che raccomoda.

l’alba non ha avuto bisogno di sole,


ampie sono le dimore di Ade
il generoso, l’ospite
il munifico.
Che siano esse
il seno del Padre,
il grembo della Madre,
la stanza riposta
l’Intimo
della Trinità immemore?

Tu
che vuoto di te
entri dappertutto
ti precipiti

54
a lenire ogni pena.
Dormo la notte
dentro il Tuo abbraccio,
veglio il giorno
accostato alla Tua voce
in questa vita morente
in questa morte
che perpetua le sue dimore
per cieli e per terre e in ogni dove
la cui fonte benché sia notte
disseta cieli e inferi.
Benché sia notte.

Ma occorre scendere così lentamente


da perdere tempi e luoghi
dimenticare tramonti e albe
per conoscere altri paesaggi
che il sentimento non può afferrare,
l’anima si abitua per tempo
alle sue dimore,
totalmente separata
può procedere al buio,
dove affluiscono
i succhi le linfe sovraessenziali
che la nutrono e la preparano
- innominabile -
per la gloria futura.

55
Liturgia del mondo

Ho fame della Tua morte,


ho sete della Tua resurrezione
come si può desiderare quel vino
che ordinasti di mescere
dagli orci di pietra alle nozze,
come lo Spirito
trasse dal Tuo fianco
la Chiesa
l'abitazione dello Spirito,
novello Adamo
addormentato sulla Croce;
per questo se restiamo vuoti
al sommo d'ogni cura e speranza
al posto della nostra anima
troveremo Lei,
uranometrica quaternità
risvegliata dal sonno della creazione,
pronta come sposa
che scende da Dio.

56
Nel crogiuolo del mondo

Ci lasceremo cadere
nel gorgo dove anche tu
sprofondasti
o forse il nostro assenso
lascerà entrare
la verità della morte
nella nostra carne.
Un’ esca per la morte
e inghiottiti che ci avrà
lo Spirito in noi
feconderà il cosmo
e lì attenderemo in dormiveglia
il tuo stendardo scarlatto
mentre carezzeremo
con mani ancor troppo fragili
la tua creazione immemore.
Lo sai,
anch’essa attende,
crogiuolo del mondo si spaccherà
la scorza di melagrana della materia
e il succo vermiglio del tuo sangue
scaturirà dal mallo verdastro.
Poi saremo con Te
e mostrerai ogni recesso del tuo Regno,
i millenni cullati dal tuo spirare
parole nella Parola saremo,
cuore dell’essere molteplice.
Per questo
apro gli occhi dentro ogni spavento,
assaporo l’ansia
come un liquore benedetto:
perché non c’è più vuoto
nel cielo e sulla terra
e noi re e regno immanenza di Dio
per il Verbo Abbandonato.

57
Bellosguardo – Ierofania

È bastato guardarti da dietro


– rincorrerti -
Con gli occhi chiusi al sole
E la tua Vita in me
E’ affluita da un Infinitamente Piccolo
Per il quale ogni cosa vive

“il giusto vivrà di fede”


Lo avevamo sentito dire
ma adesso ogni attimo è così:
Hai scritto fin dentro il mio corpo
Come fare a trovarti
Come ritrovare ogni volta
la via d’uscita da me,
per incontrarTi.

58
Ringraziamenti

59
a Pier Paolo Pasolini

Li vedo,
li vedo ancora i vecchi
seduti sui muriccioli
del piccolo porto di paese
come senatori sui loro scranni.

Ancora a Pasolini

Ecco,
ecco come fece lui:
la contraddizione
non va disciolta,
ma abitata.

A Caproni:

l’unico che m’ha detto


che le ragazze di Genova e Livorno
hanno le ascelle
che sanno di mare e d’arselle.

A Livorno, il 22 di aprile del 2000

Sono né giovane né vecchio,


libero, felice.
Il mare mi lambisce gli scogli
Ed il vento mi pulisce.

60
Per Elena

Sei entrata nel cuore del mondo


in una mattinata di vento
e noi ora abbiamo gli occhi chiusi
per la luce troppo forte.
Usciremo di casa
come hai fatto tu
tra un battito e l’altro senza avvisare
e il calore del sole sulla pelle
sarà una parola
pronunciata dal centro d’ogni attimo,
dal cuore della materia
dove splende il fuoco del Verbo Eterno;
è anche la tua voce ora, a dire
“Vieni, Signore Gesù”:
non è una preghiera per consolare
ma la voce del nostro desiderio
grande più del mondo,
e assieme alle albe e ai tramonti
al vento di maestrale
ai pomeriggi nel piccolo paese
spruzzato di ginestre
e costretto dal mare ad arrampicarsi sullo scoglio
diremo, “Vieni”.
Le creature grandi e piccolissime dei tuoi mari
i cespugli di mirto
le distese d’asfodelo
dell’isola della tua infanzia
dicono “Vieni”,
gli anni d’attesa e la fedeltà allo sposo
custoditi dalla memoria che è sacra
come i gesti del quotidiano
dicono “Vieni”.
Adesso la Sposa
ti prepara lei stessa all’incontro,
è Chiesa, famiglia, anima del cosmo,
città che splende uscita dal seno di Dio
primizia della creazione
piena di mari di viali di vita.

Adesso anche noi -con lei-


sappiamo che cos’è che dice
ogni attimo il nostro cuore
che vuole battere ancora.

61
Per Sophia de Mello Breyner Andresen

Avevo già saputo


Che la poesia è figlia della memoria
Forse per questo
Ora rincorro il profilo della tua voce
Dietro cortine di tempo
e appare la luce dell’Algarve
la stessa dell’isola della mia infanzia.
Ne parlammo appena arrivati
alla fine d’un giorno torrido
nella tua casa vicina al castello
Tutta la notte cantò il fado
E Lisbona ascoltava
La tua voce d’Africa e d’Asia.

Di quando in quando
sparivi dietro le tende
o inghiottita dalle profondità della casa
lasciando che la sigaretta si consumasse
come un cero in una cattedrale.

“Dove vive la mamma?”

“Chiedilo al mare al sole alla Grecia.


Non è mai uscita di lì”
- rispose Xavier -.

62
Olinda, Pernambuco
Per Heleno Oliveira

Solo chi vive in Dio è uno con tutto,


e da tutto, distinto
Chiara Lubich

Se conosco i racconti
di come in te affondano radici
Africa Europa Portogallo,
so anche che non usò metafore il Ricapitolatore
intrecciando nella tua anima
col candore delle Dolomiti
la città barocca spalancata sull'oceano
come palpebra azzurra,
la montagna scura di Trento
il duomo severo
il dio-fiume di Belem
con le colline di Pienza,
sfociando nel Tago
la piazza e il popolo di Fiorenza
fino al porto della fine del mondo.

Ricordo la tua parola


cantare la profezia
ma l'anima apprendeva dalla vita
la memoria del Servo
e nel lucore della scritta la poesia.

Ora il disegno tracciato sul retro


dice alfine l'ultimo porto,
la solitudine della sventura
che tutte le linee dei mondi ha raccolto.

Solo, senza eroi né semidei


hai udito il Padre
lo Sposo e la Sposa sussurrare:
“Vieni, figlio nel Figlio,
a te riconsegno il mio cosmo,
in verità e non in figura
danza per sempre
la danza dell'essere,
l'armonia dell'uno e dei molti”.
Allora l'oscura tragedia dei fados
risplenderà l'azzurro del Tejo
nella danza d'una intera città.

63
Con la carezza dello Zeffiro
ritroverai le lacrime pure di Laura,
e nel bacio dei Tre
il viso oscurato di Clarindo
non sarà assenza ma voce,
la stella del mattino è già porta, foce
negli occhi chiusi della Madre
l'oceano le spiagge i tramonti
diranno "Vieni",
l'anima la musica la città
la piaga il porto gli amori
gli abbandoni diranno "vieni";
Lei stessa ti profonderà nella luce
intravista negli occhi di quella ragazza trentina
e come quel giorno
scendendo di corsa le strade di Olinda
ti abbracciava l'anima l'oceano di misericordia,
quel volto di donna
- guardando oltre il tuo corpo stanco -
ti indicherà lo Splendore del Paradiso
il Verbo che irradia la Gloria del Padre.
Allora conoscerai il porto della poesia
e sarai ancora per noi e per sempre
verbo, canto, profezia.

64
Per Hrvoje,

Forse qualcuno ci arriverà


dopo infinite macerazioni
- all'oceano del silenzio - all'aleph
al punto matematico al centro d'ogni luogo
....
Io per me
via dalla paura
sono sgattaiolato tra istante e istante
incerto sul marciapiede ogni mattina
felice d'aver preso al volo un'altra volta l'autobus
o soltanto perché mi avevi telefonato.

Stasera ci sono entrato senza volerlo:


da destra ho smesso d'ascoltare
il megamicrofono con le bocche che urlavano
- aggettivazione eccessiva -
a sinistra chi mi consigliava altri luoghi
ed altri spazi:
ho solo guardato le istantanee del tuo racconto
le luci nella notte del bombardamento
una bellezza improvvisa e inutile
nel cuore del continente che muore.

Siamo entrati insieme nella notte fredda


e adesso la parola fluisce.

65
Per zio Piero

È morto zio Piero.


ora con tutti i fucili
che mi ha regalato quando ero piccolo
armeremo i plotoni dei giorni perduti
entreremo insieme nel Regno:
per conquistare il futuro
abbiamo bisogno anche di lui
e di tutte le sconfitte.

66
Per Vita

Non è musica
dire la tua pelle stanca
la voce rotta
che mi racconta una vita
raccolta a proteggere la ferita,
unica testimone
in questo tempo di maschere.

Oggi t’ho vista


piccolo soldato della vita
intenta a riscattare
la tua semenza,
il grande – un tigrotto bruciato – la piccina
– patatina mia -
le dici al cellulare
mentre ti accompagno a casa
e mi chiedi scusa per le lacrime.
Queste solo
Ho potuto offrire al Padre,
quello nostro,
quello dei perduti,
Che tu mi hai fatto recitare daccapo.

Solo l’Abbandono,
solo il Figlio violentato
reso schiavo, spazzatura,
grido d’ angoscia e di terrore
È adesso il tuo Sposo,
come Maria,
come Gelsomina di Zampanò.

Ed ora chi se non l’Amico,


il Consolatore
mi mette sulle labbra il sorriso
di fronte al tabernacolo,
sole nascosto
in una casa fiorentina?

Santa Vita,
vita Santa,
quante ce ne sono come te?

67
Per Luciana Stegagno Picchio

Ti porto a braccetto
nel corridoio della tua casa romana
- Verrete sì, andremo in Liguria?
Tra quadri del Seicento –li voleva lui, gli piacevano tanto! –
nei passaggi liberi dai libri.
- Incontrarla è come entrare in una città - dicevano gli amici
e per le strade nelle stanze
Apparivano Calvino Jacobson Levi - Strauss,
Si erano fermati Ungaretti Murilo Vinicius…

Che cosa volevi, Luciana,


girovagando da una stanza all’altra,
comunque sorridendo e afferrandoti al mio braccio.
Poi ho capito: da me da noi
vuoi solo essere accompagnata fuori
da quel labirinto di parole
che a me piaceva tanto.

68
Stagioni

69
Le pasque

Le campane diradano la nebbia


E si librano angeli e piccioni
In una vertigine di penne e nubi;
cappotti leggeri e cappelli
trattengono a stento i bambini
e lo sguardo si fa tutto cielo.
E’ gennaio, ma le pasque
Son sempre lì lì per arrivare!

70
Primaverammare
Si è vero

prima fiorisce il mare

perché la luce del maestrale

si semina e diffonde in tutto l’orizzonte

e ogni frammento dell’Uno

rivive e ne diffonde i barbagli

in modo che non possiamo

davvero non possiamo contenerla

Possiamo però percorrerla,

affondare ogni pagaiata nella luce

e nella tenebra illuminata

che risplende di azzurro

scivolare su una superficie

che ci restituisce docilmente ogni sforzo.

Poi si torna in un piccolo porto

non si vorrebbe

ma troppa luce troppo sole

richiedono il sonno

che continua a risplendere di vento

71
Aprile

abbiamo tolto il timone dal camino


dove era stato ad asciugare per tutto l’inverno
(così Esiodo comanda)
Il Giovedì Santo era benedetta l’acqua del mare
il cielo come uno specchio
rifletteva tutta la luce
finché abbiamo visto:
il mare risplendeva come cielo rovesciato
e mentre navigavamo
l’abisso rischiarato ci nutriva,
ci sollevava ed abbassava
muovendosi con noi,
risanando ogni cosa
l’immanenza del luogo consacrato.

72
Dalle nebbie

Perfino il pian di Pisa


Coi suoi campanili scapitozzati
Porta l’immanenza del Mediterraneo.

La pianura è un porto per il vento,


forse è stato l’Arno
che ha ferito la terra degli ulivi
e gli ha insegnato
la nostalgia felice del mare.

73
Riposino estivo

Non bastandogli il mare per navigare


il cielo da percorrere
il poeta diviene infine saggio
e con necessaria pazzia
estende il corpo a tutto il visibile
E Dio lo aiuta
permettendogli
di chiamarlo suo.

74
Inverno

Si continua a scendere.
Il freddo sembra paralizzare anche le emozioni; ma no, si sono concentrate nel cuore del cuore
dell'inverno, in un posto così piccolo e nascosto che basta il verde del tramonto nel cielo e strumenti
a fiato e piatti e spazzole per far cadere - ratta come acqua da nube- una piccola lacrima salata, dritta
dallo spirito che c'è nel corpo o nel corpo che sta dentro lo spirito.
Perché scendere?
Adesso forse lo so: sono voluto tornare - senza accorgermene - nel posto in cui, in qualche modo
sapevo già che sarei morto.
Tornato per tenere fede ad una promessa gratuita e inutile.
Aver dato tutto, essersi tenute solo le gioie un po’ tristi della sopravvivenza eppure aver sentito sulla
pelle il vento dell'essere farti tremare come un albero nel vento di giugno.
Ma adesso è inverno.
Sapremo mantenerci così distaccati così stupidamente determinati da andare "fino al termine della
notte" col ben conosciuto sorrisetto sulle labbra?
Non lo so. So chi sono, però!
Di fronte alla tentazione ho la forza di volontà di un topo davanti al formaggio e non sono più un bel
ragazzo magro.
So che il Pane di S. Maria dei Frari non è per me, come diceva Heleno, anche se tutti i giorni lo cerco
e misteriosamente mi nutre.
La scritta dei santi è lontana da questo bambino cresciuto inconsapevole, da questo dilettante assoluto
che continuo ad incontrare nello specchio con rinnovato stupore ogni mattina.
So che sono nato e cresciuto in un salotto borghese e che le mie gioie sono borghesi e borghese l'
evidente autoassoluzione di cui sopra e che quindi dovrei semplicemente rendermi conto che la mia,
la nostra patria sono stazioni ferroviarie e telefonate a chissà chi e le nostre anime bagagli dimenticati
e scambiati sui treni all'alba da fattorini distratti.

Eppure Qualcuno mi dice che Tu sei dentro di me,


come una speranza che non si riesce a dimenticare,
come l'amore per i disperati,
come la fede che sa l'impossibile.

Più piccola del granello di senape,


o come il chicco di melagrana che Ade, l'innominabile, fece inghiottire alla giovane, inconsapevole
Persefone affinché non dimenticasse, ogni volta che tornava per sei mesi sulla terra di sopra, feconda
e solare, le infinite ricchezze dell'altro Regno che aveva solo da poco ereditato e ricordare così in
ogni stagione il cammino per tornare nel grembo dell'Inverno, dove ogni cosa rinasce e prepara la
novità perenne del cosmo e della vita.

75
Febbraio

Stamani ho preso il largo


perché il cielo era spento
mentre il mare verde
come i sotterranei
del palazzo mattinale
“ i cui mattoni sono impastati di alghe”.

Al ritorno il mare era in salita,


appena toccava la pelle
il vento asciugava la pioggia
il tramonto è stato inghiottito
da una ferita tra mare e isola.

La tempesta perfetta
La porto sempre con me.

76
ANACRONISMI

77
Segni in forma di lettera
da un evo prossimo venturo

Non ne ascoltammo i richiami dal Sogno


- come Paolo invocato dal Galata -
Né tantomeno fu un comando umano ad inviarci;
dai nostri monasteri s’ intravvedeva l’Oceano
e la fede discese nella pietra
– si può dire –
bell’e pronta, come la Sposa
dalla Gerusalemme Celeste.
Non affrontammo eresiarchi né lotte fratricide,
La semplicità del Simbolo
Conquistò le nostre menti e, forse,
cedemmo all’orgoglio
quando si seppe che Roma giaceva
come fonte distrutta
alla quale si abbeverano i cinghiali,
che le terre tornavano incolte
e le macchie dell’Appennino
si riprendevano le Pievi;
gli uomini – come il Figliuol Prodigo –
tornavano a nutrirsi di ghiande.

Per questo partimmo – a due a due –


Mentre il Coro intonava gli Inni
Nella lingua che ricevemmo.
Fu breve il passaggio di mare
-Il caos imprigionato tra due rive-
e poi pianure, fino alle Alpi.
Non scegliemmo la pianura
Ma l’apertura di una valle
Scoscesa e fonda ricca di acque
E forre e nebbia.

Adesso che vedo la gran macchina del Ponte


Scavalcare con fatica le acque tonanti
Lascio che sia esso
a parlare Per i secoli
della dottrina che ascoltammo,
la più piccola di tutte
il granello di senapa
che germogliò l’albero della Sapienza.
Poi furono pietre sui pietre
Parole con parole e canto
e colore di mosaico tratto dal fiume
ad illuminare la cripta.

78
Ricacciò nel fondo dei boschi
i mostri e le fiere,
la gran forza dello scaturire
fu in parte racchiusa e utilizzata,
il Caos ordinato come nei Sei Giorni
in spighe e grappoli e animali ben governati
il tempo riprese il suo corso
in giorni e stagioni.

Ora sono io, Attala,


a parlare senza bisogno di parole
perché quel che ho da dire
lo diranno per sempre
questi segni incarnati nella pietra
che sigilla il mio corpo:
questo è ciò che può nascere
dal seme della Parola
a tal frutto è chiamato l’uomo
che sposa la Sapienza.

Hic sacra beati membra


Miani solvuntur
Cuius caelum penetrans, anima….

(Monastero di Bobbio, A.D. 627)

79
De reditu – Contra Rutilio Namaziano

Come vorrei che fossero solo un brutto sogno


questi corpi troppo grassi e rossi
in dormiveglia o in ansia
che si assiepano nei carriaggi come bestie
e riempiono gli ostelli di bestemmie e trivialità
di rancore e rabbia.
Scendo la penisola
e non riconosco più uomini e donne,
una malattia orribile s'è nascosta nei corpi:
la coscienza non marcisce mai da sola.
Si sta portando via
quanto di vero, di buono, di bello
abbiamo conosciuto e seminato...
E che cosa dovremmo fare noi,
i servi di Colui che disse di vegliare
in casa fino al Suo Ritorno?
Noi, udiamo la Sua voce
dal fondo di ogni attimo
ma che cosa ne sarà di questa verminaia
allegramente avviata verso la mattanza?
Questo inferno a cielo aperto
che nessuno sa più riconoscere?
Noi, che qui viviamo senza appartenere
possiamo da esso prendere
solo ciò che è nostro,
il dolore,
la Tua penultima mano tesa
a questa umanità mortalmente triste
e così anche noi sapremo qual è la Tua,
la nostra vigna.

(Paolo Diacono,
scendendo da Pavia verso Benevento,
forse nell'anno 763
dalla nascita di Nostro Signore Gesù Cristo)

80
Dionisus- Nietsche

“- Mio è il richiamo del mondo infero,


mia la risata sull’assurdo del mondo,
forgiato da me l’orgoglio disperato
che contempla la tragica verità
che ti incatena al mondo dell’illusione,
mia l’attitudine
a riempire maschere altrui,
ad essere pelle vuota,
guscio senza forma
attore di te stesso. - “

Dionisus – il risorto

“ -....Ora
che il dono Altro
sta trasformandomi in suo bacile,
pura sua accoglienza,
non riconosco più il mio volto,
la mia risata, i giorni nuovi
che nascono dalle mie mani;
la mia carne stessa è riconciliata
e la vuota pelle d’uomo
custodisce come tempio l’Altrove
lo Zefiro che trovo in me
pel dono dell’Acqua,
nuova nascita.
Ora,
che la verità
mi sta rifacendo vero.”-

81
(lettera di Gamaliele, dottore della legge, Masada, 64 d.C.)

Ci aspettavamo un’ apocalisse di fuoco


Ma ecco,
la fine del nostro mondo
è come un lungo lamento
Un declino lento
senza onore senza gloria
un lieve senso di ineluttabilità
che pare essere nelle cose.

Muore così il giudaismo


e il nostro ultimo tentativo di farlo rivivere,
noi, farisei, che perfezionammo le forme
sperando di risuscitare la sostanza.
Risuscitare…
Come odio questo verbo empio
che il Rabbi bestemmiatore ha inoculato come veleno
Nella religione dei nostri padri
ed ora quei galilei senza legge né tempio
stanno proliferando.

Arrivino pure le legioni di Tito


Il Signore mi ha già concesso troppi anni.

82
ANIMA

- " Non mi abituerò mai a te (come a me stessa!) e neanche a questo stupore, e al mio pensare a te. Tu sei ciò che
sognerò stanotte, ciò a cui apparirò in sogno stanotte. (Vedere in sogno o essere vista?) Come sconosciuta in un sogno
altrui. Se un giorno io e te insieme appariremo in sogno a qualcuno - allora - ci incontreremo."-
(Marina Cvetaeva a R.M.Rilke)

-" Anc ieu non l'aic, mas ella m'ha totz temps en son poder"
(Io non l'ho mai avuta, ma ella m'ha sempre in suo potere)
(Arnault Daniel, trovatore)

83
Anima

Anima sono le acque che la Donna fece in me,


lo sgorgare delle emozioni,
il suo nascondersi nella mia penombra,
il respiro nella stanza vicina.
Anima si smarrisce
se provo a fissare il colore del sogno,
la consistenza di nube
la sua fisica moralità
e non ci sciolgo dentro
il quotidiano parcellizzare
di ore e sguardi.
Più spesso
La tengo in me
come un bambino morto
di cui si ricordano appena
gli occhi.

Fra te e me
non sapere chi è dentro
e chi fuori,
mentre la tua risposta
a domande così
ti fa tornare elfo
lucciola farfalla,
sparire immensamente piccola
dietro a un quadro
un mobile nella stanza del sogno,
dietro la corteccia d’un albero
intravisto in un meriggio di cicale.

84
ETERNO FEMININO

Questo non è il richiamo di Melusina, né del giovane poeta di cui -ahimè- non ricordo nome né
fattezze e inutilmente ti cerco tra le righe di Goethe e i palazzi barocchi: per un attimo solo mi hai
inchiodato in un tramonto di fuoco sulle colline che avrei voluto vedere da piccolo.
Ma già le conoscevo, e pare che non abbiano più nulla da dirmi.
Rimane però il calco della scritta, il "prodigioso dono che è solo ragione", a lasciare l'immagine del
vuoto che ti richiama; ma tu non rispondi.
Poi, crudele e precisa come un destino, la voce mi trafigge senza lasciar tempo:
-" Non riempire i giorni e le notti d'illusione; non fabbricarti cieli e terre dove farmi abitare, perché io
sto al punto esatto dove è segnato il tuo limite: quella Forma che mai potrai rappresentare, quel vuoto
di sentimento dove la ragione e l'immagine sanno solo dire la contraddizione: e
quell'Irrappresentabile sono io.
Ma tu saprai resistere, costì? Saprai perdonare ogni cosa e lasciar scorrere il sangue senza morirne?
Saprai scindere gli elementi della tua anima fino a tornare all'acqua ed al sangue primigeni? Saprai
raccogliere e proteggere ogni amore e purificarlo dinanzi al Vuoto in cui ora vivi? Sappi che solo un
amore così trasformerà in cielo e terra ogni visione, ogni cibo, ogni tono, ogni passo; e la luce della
scritta saprà i colori della Risurrezione.

85
I

Amo i tuoi lunghi


sofferti capelli
di quando neanche ti conoscevo.
Temevo così tanto i tuoi silenzi
misteriosi come la vita che non sapevo;
essa s’è data a noi
e ci ha diviso.
Così solo ora ti ritrovo
precisa come un sentimento,
diritta nei miei sogni
senza spiegazioni né motivi
ora devo dirti che ti amo;
mi senti?
Ti amo.

86
II

Dimmi se è vero che sei tornata,


che avevi fatto finta
- come stanotte mi hai detto
con la tua bocca e il tuo sorriso -
sei stata solo per poco via,
forse in una città vicina,
per vedere chi poi
ti sarebbe rimasto ad aspettare.
E' così ogni volta
che nell'anima t’incontro:
il tempo non conta più
e neanche il posto preciso
nella casa del ricordo,
le canzoni che sono rimaste nelle mie mani
i tuoi caffè bevuti ridendo forte
al tavolo della cucina,
i colori dei tuoi acquerelli
che ho conservato negli occhi
assieme ai tramonti sul mare
dopo aver parlato del mondo intero
ed averlo sentito muovere
sotto i nostri passi.
Se ogni volta è così
io so già
che noi tra un po’
ci incontreremo.

87
III

Ogni svolta della vita


è una tua apparizione
e nel contempo un tuo fuggire
non vista dietro
la cortina fisica del sogno,
del sogno d'un unica cosa:
la perenne novità del cosmo e della vita.

88
IV

Stanotte, di notte
sei ritornata.
Quando non sapevo più
come chiamarti,
quando avevo scordato
quasi tutto del tuo viso
riempivi di tremore
una stanza di incerti pomeriggi
e viali sconosciuti
dove il mistero è denso
di ritrovamenti e di destini
ma non ti chiedo più
se sei tu un destino
aspetto dall'altrove
i tuoi cerchi di fumo
le volute d'angoscia
la bellezza che sgomenta
di ogni tuo ritrovamento:
forse è per questo che stavolta
giocavi con una bambina
avuta con chissà qual regista d'America.
Non chiedo chi tu sia
e la mattina è troppo buia
per trattenere il tuo volto.

89
Sì è vero
sono andata a vedere i contrafforti di luce del tramonto
ho seguito il sole dove va a morire,
l’occidente
il mondo di là.

Chiedimi ogni cosa


figlio e amico
il luogo in cui vivo è per te.
Non sono più una ninfa
una piccolissima farfalla
sono il tuo futuro non ancora scritto
sono la ragazza che conosce le tenebre
e se ora ti accarezzo i capelli
è perché so che hai coraggio
ma quello non è tutto:
è amore quello che voglio
è amore questa figlia sconosciuta
e sarà figlia del vostro essere terrestre.

Ma se vuoi
puoi anche pensare alla mia sventura
alla follia del perdersi
a tornare alle radici
e rinascere in te in ogni primavera.
Il mio regno è così
non chiedermi solo una parte del mio volto
abbraccialo nell’ombra ad occhi chiusi
e li riaprirai ogni momento sulla vita
il sogno e la veglia
la strada e lo sprofondare
sono in te in ogni momento
io ti aiuterò a custodirli.

90
Poesia, ci vuole.
Non senza racconti, storie.
Anima percorre per me
le strade del giorno.
Ed io la guardo.

91
“Acheronta movebo”

Quali ingiurie e paure


che alchimie del sentimento
ti hanno fatta sprofondare
dietro tramonti di improbabili ritorni
mentre ascolto il tempo
per le strade buie
e guardo ogni volto
dal fondo d’un disastro
non solo mio.

Non sono Orfeo


ma qualcuno dice
“Verrò a cercarti per cielo
e inferni,
ovunque ti sia nascosta”.

Lo Spirito non nasce:


è lì già
immanenza di Dio
nel vuoto della libertà.

92
Io non sono,
solamente,
fascinazione e voce d’illusione,
sirena o elfo che sia;
io sono pure la tua mano forte,
il nodo che lega,
il passo diritto
il tenere insieme,
l’unione ed il sacrificio.

Mio il bisogno delle vette


come pure mio
è il richiamo del mondo infero.

Impara, ti prego
e non illudere di possederti;
i miei deserti luoghi, infatti
stanno dentro di te,
al fondo dell’immaginazione,
oltre il silenzio,
dove l’anima diviene noi,
chiesa,
profezia di riconciliazione.

93
Chissà come sarà
quella bambina
la mia bambina
la nostra bambina
ora che non sono più solo
ora che la Donna
È entrata nell’Eden
Lasciando solo distruzione.

Anima è una nuova vena


che si è aperta nel cuore.
Un afflusso di sangue sconosciuto
Scorre nei quattro fiumi.

94
Anna è arrivata

Ti vedo scarmigliata
sposa ubriaca
Mamma Roma
donna di periferia
puttana santa
vestita da sposa
salendo una strada di paese
Ischia il Cavo Ostuni.
Chi ti desidera e ti conosce
- come Federico
dietro la macchina da presa -
ti dice quanto sei bella, Nannarè!
-“Ma vaffanculo Federi'”-
Mi sento ripetere
e so che non voglio più raccontarti o sognarti
voglio venirti incontro alle nozze
nozze di periferia
religiose e popolari
come il banchetto al quale l’Amato partecipò
riluttante e silenzioso.
Trasforma l’acqua dacci il vino
e non riconosceremo più il nostro cuore.

C’è pazzia nella nostra anima


c’è anima nella nostra pazzia.
Oltre
il coraggio dell’incontro

95
Epilogo

La luce spezzata eppure chiara


emerse dal sogno:
narratore è poeta sacerdote.

Nella piccola selva oscura


Dell’infanzia
Kore stanotte raccolse per me
“Un girasole impazzito di luce”.

Scocca dentro una scintilla


che riconosci solo a occhi chiusi
è fuoco
scaturigine d’incendio
ridonda si diffonde
dolcemente morde
nell’anima nel corpo

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