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Bahia”….
— Continuam mar em fora,
navegando noite e dia...
Caminham para "Pasárgada",
para o reino da Poesia!
Herdou-as Manuel Bandeira,
que ante a minha choradeira,
me deu a menor que havia!
As eternas Naus do Sonho,
de "Oropa, França e Bahia"...
Ascenso Ferreira
-I-
IL RACCONTO DI ARCANO ARCANJO
(musica: “canto de nana”, Dorival Caymmi- MPB 4)
30 Luglio 1995
Stanotte ti ho cercato nei tuoi versi, ma non c'eri.
Infatti già dalla prima volta che ti conobbi mi scrivesti una "poesia": dicesti di distruggerla -
come tutte le cose tue, che del resto adesso conservo-.
Parlasti fino a notte tarda ed io ascoltavo. Ma le stelle, il fresco della sera in montagna mi
rimasero negli occhi a lungo senza farmi dormire, e le tue parole generarono altre parole.
Notte.
Tutto è accaduto di notte.
E’ venuto ed ha parlato... di notte.
Non abbiamo capito subito quel che aveva da dirci......Poi, pian piano, lo abbiamo
sentito:
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La storia di Arcano ascoltatore
come singhiozzo forte e repentino
appare lentamente e si snoda
dall’origine - nero chiarore.
Viene da dentro.
In silenzio, levità,
vaghezza, punta di coltello.
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(Musica “Asa branca”, Caetano)
Heleno nasce in ottobre, un mese che nel nordeste del brasile è l’inizio dell’estate…
L’ala bianca del temporale porta la pioggia e il sole dei tropici la dissecca subito
dopo…
Per questo il sertao è la séca, la siccità.
Il sertao è latifondo.
E’ lotta per la vita.
E’ vendetta – è tragedia.
Il padre di Heleno, bianco è un jagunco, un uomo dei latifondisti, che con le sue
pistole spaventa i nemici, i morti di fame…e forse un po’ anche i suoi bambini –
quando torna a casa e smonta da cavallo.
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(Da: “ CLARINDO CLARINDO”).
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Felice colpa – il giorno e 6larino
felice colpa – la notte e Laura
6larino – la ferita nel fianco
l’acqua sgorga – Laura
felice colpa – il cielo e le pallottole.
Felice colpa il catrame e la parola.
La voce – affogata!
Il canto – sghimbescio!
Felice colpa – signore e casa di schiavi
felice colpa – cammino e spavento.
Clarindo – spezzando la bellezza.
Laura – illuminata di nostalgia d’Africa.
I vostri corpi
intreccio di rovina e splendore,
schiariscono le linee storte
accelerano la resurrezione.
-III-
(“Olinda”)
Il bambino crebbe, avido di letture e di sentimenti dolci e forti…
E’ cristiano, come ogni brasiliano e per questo sente bruciare l’ingiustizia della
miseria, e vedendo le donne nere che si vendono sulle strade, sente risuonare le
parole di quell’ Unico che ha avuto la follia di dire rivolto alla “brava gente”:
Poi, un giorno arrivano dall’Italia ragazzi e ragazze che vogliono vivere quel Vangelo
da sempre ascoltato….dicono che Dio non è solo giustizia ma Amore infinito…e il
piccolo ragazzo moreno che porta nell’intimo il “ bianco e nero amore” di Laura e
6larino come una ferita, nascosta e indicibile, quel piccolo ragazzo sperimentò
l’Amore di Dio e ripeteva sconcertato, tramortito:
“Dio mi ama immensamente, Dio mi ama immensamente”…
“Immensamente”, ripetevi scendendo a grandi passi per le vie della città barocca
spalancata sull’oceano come una palpebra stupefatta sull’azzurro…
E la città si chiamava OLINDA.
Oh! Bella! Bella come la Madre di un Amore bello…
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E tu ce lo hai raccontato tante volte: era stata la Madre la porta il passaggio la
possibilità di una nuova manifestazione di Dio per i più abbandonati, i diseredati, per
coloro che vivono fuori dalle mura coloro che mai baciarono la Parola…
I tuoi occhi videro il cuore della Trinità, grande come l’universo, come l’oceano
E su quell’oceano non si chiusero mai più.
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Non è di moda lodare
da molto tempo non si dice “signora mia”
si studia sempre più la differenza
forse non apprezzi vati o giullari.
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(musica: Dulce pontes “O primeiro canto”)
- II – SOPHIA
Avevamo appena visto “lisbon story” di wim wenders… un tecnico del suono –tedesco
-, convocato dal suo amico regista sul palcoscenico di una città che avrebbe voluto
raccontare col ritmo e le immagini della città stessa, senza mediazioni, senza filosofie,
“il binomio di Newton è bello come la venere di Milo, solo che nessuno se ne accorge”
luce immensa nel vento di Lisbona…Il regista fuggitivo ha disseminato la città di segni,
“Sono Sophia de Mello Breyner Andresen..Ho saputo della morte di Heleno e ne sono
Sophia è la più grande poetessa della lingua portoghese, era il mito poetico di Heleno,
su di lei scriveva una tesi di dottorato che era diventata una tela di Penelope, 400
pagine cartesiane sulla poesia, sul sacro, sul mito, sul cristianesimo. E adesso sophia
chiamava noi, amici di quel poeta brasiliano sconosciuto…che cosa aveva da dirci?
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Di quando in quando sparivi dietro le tende, o inghiottita dalle profondità della Casa, lasciando che
la sigaretta si consumasse come un cero in una cattedrale.
“Dove vive Sophia?” -domando.
“Chiedilo al mare al sole alla Grecia. Non è mai uscita di lì”
- rispose Xavier-
Poema
La mia vita è il mare l’Aprile la strada
La mia interiorità è una attenzione rivolta al fuori
Il mio vivere ascolta
La frase
che sillabata di cosa in cosa
Imprime
nello spazio e nel tempo la sua scritta
Non ho spiegazioni
Guardo e confronto
E per metodo è nudo il mio pensiero
Poi per temperare il caldo del meriggio ci fu offerto vino bianco mentre sul
tavolo c’erano ciliegie in una coppa d’argento…pochi colori ma così intensi
e precisi da restare impressi per sempre nella nostra memoria, mentre
Sophia usciva ed entrava, spariva e riappariva inghiottita dalla casa
Ordinò la cena alla cuoca e si fermò con noi.
Parlammo della Grecia, dell’Elba della mia infanzia, dell’Alentejo e
dell’Algarve, del mediterraneo e dell’oceano, delle sue visite in India e del
poema su Shiva, la divinità indiana così vicina a Dioniso e del fatto che in
quei giorni non riusciva ad avere il silenzio necessario perché il poema
“avvenisse”…
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Io ascoltavo e mi rendevo conto di trovarmi di fronte ad uno di quei poeti
dei quali – come Romano Guardini diceva di Holderlin – quando parlano
degli déi possiamo credergli letteralmente perché per loro Dioniso o Shiva
non sono metafore… Ricordavo un poema di Sophia che altro non è se non
il racconto stesso del destino dell’Occidente
Si fermata un attimo, aspirando con grazia e con forza un’ennesima boccata di fumo e ci ha
risposto che per lei il mondo ha un centro, e questo centro è la Grecia, il luogo cantato e
descritto in tutte le sue poesie perché è il luogo della nascita e del crepuscolo degli dèi..Per
questo , ha aggiunto, Heleno è stato per me un angelo, un messaggero che mi ha fatto capire
qualcosa della mia poesia che io stessa non avevo mai capito… Che nelle mia poesia c’è un
altro centro, più nascosto e misterioso, la dimensione del Dio Invisibile e soprasensibile che
alimenta e presenza degli déi e la gloria del visibile, del Reale…
“Lì ascolterai il silenzio. Lì si alzerà come un canto il tuo amore per le cose visibili che è la tua
preghiera di fronte al grande Dio invisibile.” (Cammino della mattina – Geografia 1967)
Nel silenzio che seguì, accompagnato dal suono delle posate, capìì di essere anche io oggetto di
una nuova comprensione, e che cosa heleno aveva trovato in Sophia: una visione dell’Essere
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che a lui ricordava lo sguardo di Chiara Lubich sul reale, sintesi di Creato e Increato,
trascendenza e immanenza, una nuova Teantropia, una nuova ontologia,
“gli déì, quella luce interiore delle cose” non esauriscono lo sguardo sulle cose, ma al centro di
quel mondo che è la luce di Creta è stata innalzata e confitta la croce,
la pupilla che permette all’uomo di riappropriarsi di tutta la gloria del reale, di guardare al
mondo di fronte, facendo così della terra, di nuovo, il “regno dell’uomo”…
Ma ascoltiamo le parole di Sophia in questo poema straordinario:
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Risorgeremo
Nel 1997 Sophia de Mello curerà e pubblicherà il primo libro di Heleno in Europa ,
assieme a quello che sarà la sua ultima opera poetica pubblicata in vita…Nasce così
il caso Oliveira, uno sconosciuto professore brasiliano scoperto e pubblicato dal suo
Arcangelo” continua…
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(Musica Novitango)
IV Luciana
dei romanzi di cavalleria giunti in Brasile fin dal primo Cinquecento nel
bagaglio dei primi coloni. Quanto ai tre “regni”, essi erano la dote che una
cui il recifense Heleno Oliveira lamentava di essere partito per l’Europa senza
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Luciana Stegagno Picchio, della quale abbiamo sentito le parole che
1999.
Strauss…
Uscivo da quei ricordi con l’impressione di aver visitato non una sola persona
ma una città intera, di aver aperto quel “baule pieno di gente”, a cui
“Sono tornata su questa spiaggia in riva al Pacifico inseguendo ricordi che non
ocrata negli strati obliqui, calcinata di bianco sotto la macchia avara dei ligustri.
San Miguel, Santa Rosa, Santa Cruz, Anacapa, tartarughe giganti, cordigliera
primo locus amoenus, dove l’uomo era nudo e innocente: ma di una innocenza
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chiusa, levigata, indecifrabile. Stride nel terso un volo di gabbiani mentre
ricorrente dell’onda nel gioco nuovo del surf (e surf vuol dire spuma e risacca, e
Ricordi che non mi appartengono ma che cerco risvegliare nel mio presente.
Retroterra nelle spiagge, osservo l’ampia valle verde dove accanto alla ginestra
e alla lavanda del deserto fioriscono l’agave bianca e l’acacia dolce, il ginepro e
improvvisi ombrelli violetti nel cielo senza nuvole, giunge solo il salmastro
Che va da me all’altro
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a inserire Heleno nella sua antologia della letteratura luso brasiliana del 1999,
“Si chiude così questo nostro viaggio nella poesia brasiliana (…) Lo chiudiamo emblematicamente
nel nome di Heleno Oliveira. E’ un poeta che finora non era entrato nel canone di nessuna
letteratura: non in quello della letteratura brasiliana, cui apparterrebbe per nascita, né della
letteratura italiana, cui dovrebbe appartenere per i lunghi anni che vi ha passato e per la sua natura
ormai di poeta bilingue, e nemmeno in quello della letteratura portoghese, nonostante il primo
riconoscimento per la sua poesia gli fosse venuto dal Portogallo. Il grido di Heleno “Ah, se potessi
rinascere ancora più negro/più negro della negra negrissima Africa” suggella questo nostro
itinerario accidentato sì ma affascinante, in una poesia diversa come quella del Brasile.”.
Ma è soprattutto il libro in cui il poeta negro Heleno, puer-senex, con nelle braccia un samba
e un maracatu per le vie di Firenze, ritrova la propria radice. La ritrova con la sua anima
senzala , dimora dei negri nelle fazendas dei bianchi, e a Pienza, sillabando i nomi delle
strade, via del Bacio, dell’Amore, via Oscura, tanto simili a quelli del suo paese,
“all’improvviso come nelle modinhas canta nomi luso-brasiliani”. E sarà allora che,
“il mio lato negro si è nascosto/ come le negre che cucinando diedero inizio al Brasile”.
“Non ho assistito allo sbarco… Il negro la prima volta al sole della cupidigia/denti seni
E quando Firenze ospita una mostra di arte negra, esploderà la meraviglia offesa:
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“Ecco che Firenze mostra e veglia/volti regine re nigeriani./Senza catene brillano nelle
vento dei deserti/ e rinascere ancora più negro/negro del negro della negra
negrissima /Africa/nella notte della tua storia/ a dipingere il mondo dal fondo delle
navi/ quando il mare sa di grida/il cielo si svuota di dei /Firenze fiorisce in fiorini/il