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“Quei colori splendidi di cui si adorna la volta celeste non sono nient'altro che il modo di
correlarsi tra la continuità della luce e la discontinuità della materia: possiamo dire che la
valenza cromatica della luce solare è quella traccia, quella modificazione, che arreca alla luce
solare il pulviscolo della terra, lo stesso fine pulviscolo della terra, e, forse, l'ancor più fine
pulviscolo del cielo.”
Pavel Florenskij
Atti belli parte dalle ultime frontiere dell'astrofisica e della fisica quantistica. Da quasi un secolo
le ricerche scientifiche si sono concentrate intorno al tentativo di svelare l'origine dell'universo e
svelare il mistero sull'ultima essenza della luce. Nessun risultato appare risolutivo e tutte le
teorie, spesso suggestive, pongono nuove affascinanti domande.
Rimane la coscienza di un profondo mistero, forse insolubile, che testimonia in ogni sua
sfumatura sensazioni di una bellezza a volte sconcertanti.
Il progetto trae spunto da un saggio del teologo e teorico dell’arte russo Pavel Florenskij.
L’opera di Florenskij, a metà strada tra illuminazione e ossessione religiosa, traccia un percorso
alla scoperta della tradizione legata all’icona sacra: l’icona è vista al di là dell’atto artistico e
diviene una delle testimonianze del passaggio tra il visibile e l’invisibile. Suggestioni che si
ritrovano, spogliate della dimensione religiosa, nella poetica di artisti contemporanei quali Paul
Klee e Lucio Fontana.
“Tutti hanno creduto che io volessi distruggere: ma non è vero, io ho costruito… io buco, passa
l’infinito da lì, passa la luce, non c’è bisogno di dipingere.” Lucio Fontana
L’evento vuole indagare i meccanismi legati ai momenti di passaggio, alle soglie che mettono in
relazione visibile e non visibile, evocando un’idea di verticalità.
Una metafisica dell’immagine e della luce: iconostasi e iconoclastia, maschera e sguardo.
www.torinocontemporanea.it
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Passages I (moda)
“I passages, recente invenzione del lusso industriale, sono corridoi ricoperti di vetro e dalle
pareti rivestite di marmo. Sui due lati di questi corridoi, che ricevono luce dall'alto, si succedono
i più eleganti negozi, sicché un passaggio del genere è una città, anzi un mondo in miniatura”
Da una guida illustrata di Parigi di fine ottocento.
Poiché la moda non è mai stata nient’altro che la parodia del cadavere screziato la provocazione
della morte attraverso la donna e un amaro dialogo sottovoce con la putrefazione.
La morte però offre alle rive di un nuovo Lete che fa scorrere nei passages la sua corrente
d’asfalto, lo strumentario delle puttane come trofeo.
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Passages (moda) (bambole)
“I passages, recente invenzione del lusso industriale, sono corridoi ricoperti di vetro e dalle
pareti rivestite di marmo. Sui due lati di questi corridoi, che ricevono luce dall'alto, si succedono
i più eleganti negozi, sicché un passaggio del genere è una città, anzi un mondo in miniatura”
Da una guida illustrata di Parigi di fine ottocento.
I passages costituiscono uno spazio definito in cui si fa luce per la prima volta l'idea, di lusso, di
oggetto inutile ma indispensabile, di particolarità, eccezionalità. Il passage è l'archetipo moderno
del centro commerciale, del lusso e del benessere per tutti, del trionfo dell'interno borghese,
luogo di oblio dove non ci si può perdere.
La bambola come appendice della cocotte. Interpretazione psicosessuale del culto delle bambole,
corpo e figure di cera, travestimento.
L’addormentarsi è forse l’unica soglia che ci è rimasta. Eppure, come il mondo delle figure di
sogno, anche il su e giù dell’amore e del sesso è sospeso su una soglia.
In una boutique, in via Legendre, ci sono dei busti di donna, senza testa e senza gambe, con dei
bastoni da tenda al posto delle braccia e una pelle di un colore assoluto.
A guardare questo torrente di mammelle, tornano alla mente quei sotterranei del Louvre, dove lo
stesso torso eternamente ripetuto fa la gioia delle persone che lo contemplano.
Regia: Fabrizio Galatea
Musiche: Mario Actis
Immagini: Marco Duretti - Marco Fantozzi
Con: Claudia Appiano, Lucio Viglierchio
Collage e foto: Elena Brogliato
Costumi: Silvia Torresin
Trucco: Stefania Burdino
Aiuto immagini: Fabrizio Bonaga - Daniele Gavatorta – Agnese Vellar
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La ricerca sui Passages è nata dalla lettura del saggio omonimo di Walter Benjamin. L’opera del
filosofo tedesco in realtà non fui mai terminata, ma fu l’ultima opera a cui lavorò prima di essere
ucciso. Grazie al prezioso lavoro filologico di studiosi francesi e tedeschi (l’opera è scritta nelle
due lingue) sono stati ordinati e strutturati i numerosi materiali su cui Benjamin stava lavorando.
È un materiale magmatico e frammentario al tempo stesso: considerazioni, appunti, citazioni,
ripetizioni. Si penetra in modo invasivo nel metodo stesso del filosofo. Ed è proprio la
frammentarietà ad essere stimolante e feconda ed avvicinare l’opera ad un sentire
contemporaneo. Le illuminanti conclusioni a cui giunge Benjamin non solo mostrano
straordinarie applicazioni alle dinamiche del nostro tempo, ma assumono un carattere divinatorio
e profetico.
Pare essere il destino dei grandi pensatori quello di illuminare da un altro tempo la realtà in cui
siamo immersi e che esploriamo a tentoni.
Il principale assunto di Benjamin risiede nel considerare i Passages come gli antesignani dei
centri commerciali:
“La maggior parte dei passages di Parigi sorge nei quindici anni dopo il 1822. La prima
condizione del loro sorgere è l’alta congiuntura del mercato tessile. Essi sono i precursori dei
grandi magazzini e dei centri commerciali. I passages, inizialmente, sono un centro del
commercio di articoli di lusso. L’arte entra al servizio dei commercianti.
Al sorgere dei passages il consumo di oggetti inutili ma “indispensabili” si diffonde per la prima
volta nei ceti più bassi della popolazione.
Con il sorgere dei passages e dei grandi magazzini per la prima volta nella storia i consumatori
cominciano a sentirsi massa. Cresce pertanto in modo straordinario l’elemento circense e
spettacolare del commercio.
Nel grande magazzino i clienti si sentono massa: vengono messi a confronto con le merci in
deposito, con un unico sguardo possono abbracciare tutti i vari piani, pagano prezzi fissi,
possono cambiare gli articoli.
Passages: palazzi, corridoi che non hanno una facciata esterna. Come i sogni.”
Lo spazio
Nella nostra ricerca lo spazio assume sempre un’importanza decisiva. In questo lavoro abbiamo
sperimentato un’esperienza di confine. Le forme d’arte nella loro pubblica presentazione sono
ormai vincolate a consuetudini ferree: il cinema si fruisce in una sala buia comodamente seduti in
poltroncine. Una mostra d’arte va fruita in piedi, si può chiacchierare, il tempo di visione non è
dato, a teatro la scena è quasi sempre frontale, il pubblico quasi sempre più o meno seduto, si
assiste allo spettacolo in religioso silenzio.
Passages vuole sperimentare una fruizione per il pubblico contaminata, violata: il pubblico è in
piedi, può parlare liberamente, intorno al pubblico accadono eventi filmici, artistici, performativi.
Il pubblico sceglie cosa vedere, come comportarsi, quando uscire.
Lavoro in progresso
La ricerca sui Passages costituisce l’evoluzione di un lavoro che prevede otto versioni successive
seguendo le linee tematiche evidenziate da Benjamin. Questa versione prevede l’inserimento
nella macchina scenica di altri due performer (la versione precedente ne aveva appunto due) e la
declinazione della linea tematica legata al concetto di specchio. La struttura scenica avrà così
ancora più in evidenza un’atmosfera da luna park, grazie alla presenza di microcamere nascoste
su performer mescolati al pubblico. Seguirà un importante lavoro sul testo, che, nella precedente
versione, era riassunto attraverso la presenza di didascalie. Il testo in questo caso verrà
scomposto e ricomposto utilizzando diversi media. Altra importante variazione è la presenza
all’interno dello spazio scenico di un bar/bistrot funzionante che permetterà agli spettatori di
rifocillarsi e riprendersi dalle fatiche eidetiche.