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ADELPHI
GIULIO CAMILLO
ADELPHI
Giulio Camilla
Lidea del theatro
con «�idea dell'eloquenza»,
il « De transmutatione»
e altri testi inediti
Adelphi
ADELPHI EDIZIONI
© 2015 ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO
WWW .ADELPHI.IT
ISBN 978-88-459-2982·3
Anno Edizione
sarà stampata nel 1550 e che nei secoli offrirà ai lettori l'im
magine del progetto di Camillo. Di qui prenderemo le mosse.
vorato; quella del leone il presente (se il presente dar si può) percio
ché gli affanni presenti ci mettono così fatto terrore, qual ci mette
rebbe la vista d'un leone, se ci soprastesse. Et quella del cane significa
il tempo futuro, percioché a guisa di cane adulatore il tempo futuro
ci promette sempre di meglio [qui a p. 193].
Camillo cita la sua fonte, ma non si limita a tradurre il testo
di Macrobio (Satumalia, 1 , 20, 1 3-15): lo ricompone e lo varia
così da far venire in primo piano la carica di emozione e di
paura che il tempo esercita su di noi. Non c'è ad esempio in
Macrobio il terrore che ci coglie quando vediamo davanti a
noi gli affanni del presente, che Camilla associa all'improvvi
sa apparizione di un leone; il leone rappresenta piuttosto la
forza e il fervore di una dimensione del tempo, il presente,
che si colloca nel mezzo delle altre due ( « dunque la testa del
leone rappresenta il tempo presente, perché la sua posizione
tra il passato e il futuro è forte e ardente grazie all'azione svol
ta attualmente» ), 1 così come non c'è in Macrobio quella nota
'leopardiana' che Camillo introduce per spiegare perché il
cane rappresenta il futuro: « a guisa di cane adulatore il tem
po futuro ci promette sempre di meglio». O se non altro è
meno esplicita, legata all'azione della speranza: « Così l'im
magine del cane carezzevole indica il futuro, perché sempre
ci accarezza, per quanto incerta, la speranza nel futuro». 2 Ca
millo inoltre fa sparire il serpente che, come ricorda Macro
bio, tiene insieme le tre teste: 3 semplifica dunque l'immagine
(altro elemento di grande importanza per il suo rapporto con
il quadro di Tiziano) e nello stesso tempo la gestisce con di
sinvoltura, rigiocandola in diverse caselle della scacchiera del
suo Teatro. Le tre teste sono infatti sempre collocate nella
colonna di Saturno: nel terzo grado rappresentano « questi
tre tempi saturnini et i loro appartenenti» (qui a p. 193), nel
quinto grado significano « l'huomo esser sottoposto al tem
po» (qui a p. 194) e infine, nel settimo grado, significano sem
plicemente « indugiarsi, far indugiare, dar termino, rimettere
in alcun tempo» (qui a p. 231).
1. « Ergo leonis capite monstratur praesens tempus, quia condicio eius inter
praeteritum futurumque actu praesenti valida fervensque est » (Macrobio,
Satumalia, l, 20, 15).
2. « Item canis blandientis effigies futuri temporis designat eventum, de quo
nobis spes, Iicet incerta, blanditur » (loc. cit.).
3. Il serpente è invece presente nella descrizione che dell'immagine dà Pe
trarca nell'Africa (III, 160-164), collocandola accanto alla statua di Apollo.
L ' « IDEA DEL THEATRO » 29
In Tiziano le tre teste di animali sono sovrastate da tre volti
maschili, di un vecchio, un uomo maturo e un giovane, che
rappresentano appunto le tre età dell'uomo e le tre facce del
tempo. Il senso dell'immagine è suggerito dalla scritta collo
cata in alto: « Ex praeterito, praesens prudenter agit ne futu
rum actionem deturpet» : sulla base del passato, il presente
agisce prudentemente perché il futuro non rovini l'azione. Il
motto suggerisce la natura emblematica dell'immagine, la
quale insegna a conoscere il passato così da sapersi orientare
saggiamente nel presente e da non pregiudicare il futuro. Co
me Panofsky ha dimostrato, la tradizione egizia del mostro a
tre teste che accompagna Serapide viene qui combinata con la
tradizione, classica e cristiana, delle tre età dell'uomo, e del
rapporto che si deve instaurare fra la memoria del passato,
l'intelligenza del presente, la capacità di prevedere il futuro,
così da creare la virtù della prudentia, o del « saggio consi
glio». 1 Ma quel che dà al quadro di Tiziano una particolare
intensità è il fatto che non si tratta di facce qualsiasi, né soltan
to di tipi fisiognomici associati ai tre animali: Panofsky ha ri
conosciuto nel profilo del vecchio, quasi sommerso nell' oscu
rità del passato, i tratti dello stesso Tiziano, quali compaiono
nell'autoritratto del Prado, mentre l'uomo barbuto che so
vrasta il leone è identificato con Orazio Vecellio, il figlio del
pittore; la figura, più luminosa ed evanescente, del giovane
dovrebbe essere quella di un parente, Marco Vecellio, nato
nel 1545, che Tiziano si era preso in casa. Dalle analisi recenti
sembra che le tre facce di animali siano state aggiunte in un
secondo tempo, forse dallo stesso Tiziano. È stato lui a conce
pire l'intero progetto, con la doppia serie delle teste? Il pro
blema resta aperto, 2 ma il risultato è compatto e di affascinan-
1. Erwin Panofsky e Fritz Sax!, A Lat,e-Antique Religious Symhol in Works &y Hol
bein and Titian, in « The Burlington Magazine », XLIX, 1926, pp. 177-81, poi
rielaborato in Erwin Panofsky, L'allegoria della prudenza di Tiziano: poscritto, in
ll significato nelle arti visive, Einaudi, Torino, 1962, pp. 149-68; Id., Tiziano.
Problemi di iconografia, a cura di A. Gentili, Marsilio, Venezia, 1992, pp. 104-
10. Mette in dubbio l'attribuzione a Tiziano Edgar Wind, La trinità di Serapi
de, in Misteri pagani nel &nascimento, trad. it. di P. Bertolucci, Adelphi, Mila
no, 1971, pp. 317-20 (in particolare p. 318) .
2. Oltre all'aggiunta delle tre teste animali, le diverse redazioni dell'opera
coinvolgono anche le tre teste umane: cfr. Nicholas Penny, Allegoria della
Prudenza, in Tiziano e il ritratto di ante da &ffaello ai c:arracci, a cura di N. Spi
nosa, Electa, Napoli, 2006, pp. 174-75, e Peter Humfrey, scheda n. 64, in
30 INTRODUZIONE
cfr. Àngel Gonzilez Palencia e Eugenio Mele, Vula y olTras de donDiego Hurta
do de Mendoza, 3 voli., Instituto de Valencia de D.Juan, Madrid, 1941-1943;
Erika Spivanovsky, Son oftheAlhamlna. Don Diego Hurtado de Mendoz.a, Vniver
sity ofTexas, Houston, 1970; Stefania Pastore, Una spagna anti-papale. Gli
anni italiani di Diego Hurtado de Mendoz.a, in «Roma moderna e contempora
nea », XV, 2007, pp. 63-94, e Firpo, Valdesiani e spirituali, cit., pp. 92 sgg.
1. Cfr. Erwin Panofsky, ll Correggi.o e la Camera di San Paolo, a cura di F. Baro
celli, Electa, Milano, 1988, pp. 147-215 ( The Iconography ofCorreggi.o 's Camera
di San Paolo, The Warburg Institute, London, 1961); la recensione di Emst
Gombrich, in«The Art Bulletin �. 45, 1963, pp. 280-82; Michele Frazzi, Cor
reggi.o: la camera alchemica, Silvana, Milano, 2004; Giancarla Periti, Enigmatic
beauty: Correggio s Camera di San Paolofresroes, in DrawingRelationships in North
em ltalian Renaissance Art. Patronage and Theories ofInvention, a cura di G. Pe
riti, Ashgate, Aldershot, 2004, pp. 153-76.
32 INTRODUZIONE
4. La « mensfenestrata »
1. « Or questa materia prima ... è continuamente sotto la rota non voglio dir
della generatione et della corruttione, come ha in costume di scriver Aristo
tele, percioché questi vocaboli dispiacciano a Mercurio Trismegisto, ma,
secondo la sentenza di lui, della dimostratione et del nascondimento » ( qui
a pp. 161-62).
L ' « IDEA DEL THEATRO » 35
et riducendosi o trovandosi insieme le cose di diversa natura, co
me è l'acqua et la terra, esse mai non si congiungerebbono in una
unione, se lo spirito di Christo non sopravenisse et in quelle entran
do non le conciliasse ad esplicar fuori il seme occulto delle herbe et
de' fiori ... Lo Spirito di Christo ... discendendo da' sopracelesti ca
nali, rinuova con la virtù sua tutti i cieli et porta giù tutte le loro im
pressioni et tutte le loro virtù, et con quelle si ferma qua giù fra ani
mali, herbe et fiori [qui a pp. 164 e 196-97] .
Posizioni come questa ci fanno intendere come il sincreti
smo di Camillo, la sua interpretazione allegorica, spirituale
della Scrittura, lo portassero a posizioni lontane dalla orto
dossia cattolica. Egli ribadisce puntigliosamente le sue idee, a
introduzione dei vari gradi del Teatro, per mostrare come il
Teatro incarni, renda visibile questa concezione di Dio e del
mondo.
Il tema della vista è centrale, è alla base stessa della scelta
del termine 'teatro' che nella sua radice greca rinvia appunto
al vedere. «Ma per dar (per così dir ) ordine all'ordine,» scri
ve Camillo « con tal facilità che facciamo gli studiosi come
spettatori, mettiamo loro davanti le dette sette misure ... in
spettaculo, o dir vogliamo in theatro, distinto per sette salite»
(qui a p. 154) . Camillo pensa al teatro antico (lo cita subito
dopo) , ma è chiaro che il modello fisico viene incontro a
un'operazione di altro tipo, un'operazione mentale, in cui il
problema è la costruzione di un ordine totalizzante e 'visibi
le'. Questo Teatro dove gli studiosi diventano spettatori, e tut
to viene visto dall'alto, doveva essere probabilmente circola
re. Gli utenti stanno idealmente al centro, sul palcoscenico,
mentre tutto intorno a loro si squaderna lo spettacolo, ordi
nato e controllato, dei diversi gradi della realtà.
È un capovolgimento che trova la sua ragione in una delle
più efficaci descrizioni del Teatro che Camillo ci abbia dato.
La leggiamo nella Pro suo de ewquentia theatro ad Galws oratio,
un'appassionata difesa di sé e del suo progetto indirizzata alla
corte francese. Il Teatro si presenta come un nuovo linguag
gio universale: risale alle origini, a quelle forme (« rerum no
tiones », « impressiones rerum», « rerum imagines»; p. 38)
che le cose imprimono nel nostro animo e che sono comuni
a tutti, anche ai muti, a chi si esprime per gesti. Il Teatro recu
pera una dimensione che viene prima dei diversi linguaggi e
che in essi trova diverse formulazioni. Camillo propone una
36 INTRODUZIONE
1. « At nostra haec manu facta mens, nostra haec tanti operis fabrica, ita
fenestrata est, ut apertiora non potuisset desiderari a Socrate » (Pro suo de ew
quentia theatro ad Gallos uratio, p. 40).
2. « Verumtamen eo ordine elaborata est, ea locorum imaginumque serie,
ut in quamcumque rerum dicendam ve) minutissimam animus sese iniiciat,
locus imagoque statim occurrat, quam non solum oculis percipere, sed digi
to ipse tuo tangere, aliisque ostendere possis » ( loc. cit. ) .
3 . Cfr. Gabriele Cingolani, ll mondo in quarantanuve caselle. Una kttura de l'« I
dea del Teatro» di Giulio Camillo, in Macrocosmo-Microcosmo. Scrivere e pensare il
mondo nel Cinquecento tra Italia e Francia, a cura di R. Gorris Camos, Schena,
Fasano, 2004, pp. 57-66.
5. La Biblioteca
n
1. CTr. Lina Bolzoni, Erasmo e CamiUo: il dibattito suU'imitazione, in /,ettore crea
tivo. Percorsi cinquecenteschi fra memoria, gioco, scrittura, Guida, Napoli, 2012,
pp. 235-68.
2. « Opus est ligneum multis imaginibus insignitum, multisque undique cap
sulis refertum: tum varii in eo ordines et gradus. Singulis autem figuris et
omamentis sua loca dedit, tantamque mihi chartarum molem ostendit ut,
etsi semper audierim Ciceronem uberrimum eloquentiae fontem esse, vix
tamen induci ante potuissem ut crederem unum auctorem tam late patere,
totque ex eo volumina consarcinari potuisse ... Hoc autem theatrum suum
auctor multis appellat nominibus, aliquando mentem et animum fabrefac
tum, aliquando fenestratum: fingit enim omnia quae mens humana conce
pit, quaeque corporeis oculis videre non possumus, posse tamen diligenti
consideratione complexa signis deinde quibusdam corporeis sic exprimi, ut
40 INTRODUZIONE
1. Cfr. Bolzoni, La stanza della memoria, cit., cap. 11: « Alberi del sapere e mac
chine retoriche », pp. 26-86.
MEMORIA E IMITAZIONE DEI CLASSICI 43
di por quello studio nella dispositione di essi libri, che sarà neces
sario, acciò che visibilmente s'intendano le cose, che sono dall'intel
letto solo comprese: e però dell'una parte saranno co' brevi nel loro
vero ordine collocate tutte le scienze et arti, et dell'altra le lingue,
con la qual distintione verranno per se stesse a scoprirsi e le cose
degne di lode, quelle che per qualche difetto havranno di miglio
ramento bisogno. 1
La Biblioteca rende visibile l'enciclopedia, raccoglie in sé
ordinatamente il sapere esistente, lascia spazio per quello
possibile.
1 . Cfr. Mare Fumaroli, L 'età dell'ewquenza. Returica e « res literaria " dal Rinasci
mento alk soglie dell'epoca classica, trad. it. di E. Bas, M. Botto e G. Cillario, Adel
phi, Milano, 2002.
2. Trattato dell'imitazione, p. 1 75.
3. Pietro Bembo, Prose della volgar lingua, in Prose e rime, a cura di C. Dionisot
ti, UTET, Torino, 1960, pp. 73-309 (la citazione a p. 1 1 8) .
MEMORIA E IMITAZIONE DEI CLASSICI 53
ceronianesimo rischia infatti di minare alla base il Teatro stes
so, mette in discussione una delle componenti fondamentali
che lo rendono possibile: l'idea appunto di una tradizione
letteraria chiusa, totalizzante, capace di realizzare la perfezio
ne, di fornire il modello per ogni problema di scrittura.
Il legame fra il Teatro e il classicismo ciceroniano è di tipo
non solo quantitativo, ma anche strutturale. Il Teatro, infatti,
non si limita a raccogliere in sé il materiale ricavato dai testi
esemplari, ma riproduce artificialmente (e quindi condensa
nel tempo e nello spazio) il processo attraverso cui quei testi
si sono formati, costituendosi appunto come modelli. Si ri
cordavano sopra le varie tappe che, secondo Camillo, si devo
no attuare affinché, nel periodo di massimo splendore di una
lingua, nascano dei testi perfetti. Un grande autore opera un
processo di selezione e di depurazione della tradizione lin
guistica; nello stesso tempo, con l'aiuto dei maestri di retori
ca, riunisce e riduce a norma le « bellezze» formali che a ca
so, in modo disordinato e frammentario, si trovano nei testi
degli autori che l'hanno preceduto. L'insieme delle opera
zioni che Camillo compie nei riguardi della letteratura latina
per farne confluire i risultati nel Teatro riproduce esattamen
te lo stesso schema. Egli procede in primo luogo a una sele
zione dei testi, che poi sottopone a una minuta analisi: il ma
teriale ottenuto viene collocato nei diversi « luoghi» del Tea
tro e a questo punto, come abbiamo visto, attraverso il sistema
dei « luoghi topici» può facilmente essere riutilizzato per l'i
mitazione letteraria. Il Teatro riduce a norma, per usare l'e
spressione del Camillo, le bellezze disperse nella tradizione
letteraria. Esso muove dall'assunto della definitiva chiusura,
della radicale estraneità della grande stagione letteraria lati
na, ma proprio su questo fonda la sua funzione universale. Se
infatti il Teatro può riprodurre un modello di perfezione let
teraria è perché, storicamente, quel modello non è più vivo. Il
materiale in esso depositato, opportunamente combinato
con i luoghi topici, può produrre nuove bellezze letterarie
qualunque sia la lingua usata. Si tratterà solo di tradurre l'im
ponente materiale linguistico che il Teatro custodisce. Nasco
no di qui le promesse che Camillo fa al re di Francia: « Queste
son le vie, per le quali ascenderai alla immortalità ... anchor le
muse francesche potranno per questi ornamenti andare al
54 INTRODUZIONE
1. Giulio Camillo, opere, Gabriele Giolito, Venezia, 1560, voi. II, p. 74.
58 INTRODUZIONE
que cambia via via i parametri sulla base dei quali rappresen
ta i vari stadi della discesa dell'idea, ma tiene fermo un pun
to: la possibilità di ricondurre il processo che dall'universale
scende al particolare entro un numero determinato e limita
to di componenti.
Camilla ricicla a proprio uso e consumo anche il celebre
aneddoto di Zeusi, che dovendo dipingere Elena sceglie co
me modello le più belle fanciulle di Crotone, così da ricavare
da ciascuna di esse una parte di perfezione, da radunare poi
nell'immagine ideale della bellezza. 1 Tradizionalmente l'a
neddoto veniva citato a riprova della necessità di una imita
zione eclettica; Camillo lo usa per ribadire che l'idea di bel
lezza che Zeusi aveva nella mente lo iniziava a segreti« a' qua
li né la natura né l'arte può pervenire» ( Trattatto dell'imitazio
ne, p. 176) . L'episodio sarebbe la conferma dell'esistenza di
una precisa gerarchia, in cui l'idea si colloca al di sopra
dell'arte, e quest'ultima al di sopra della natura. Zeusi, nella
ricostruzione del Camillo, usa la natura (le più belle ragazze
di Crotone) solo come un aiuto per cogliere l'idea, si serve di
ciò che è sensibile e particolare per ascendere a un livello che
è universale e percepibile solo dalla mente. La discesa nel
molteplice non è dunque che una fase transitoria nell'ascesa
verso l'idea.
Il Teatro, come abbiamo visto, riproduce artificialmente la
mens dell'uomo nella sua dimensione universale. La sugge
stione filosofica che sta dietro questa componente del Teatro
è pericolosamente eretica. Ce lo rivela un passo dell'Idea
dell'eloquenza, in cui, dopo aver chiesto perdono a Cristo per
l'uso di un esempio contrario alla verità cristiana, Camillo
scrive:
Poniamo adunque che quello che falso è sia, e per un poco sola
mente, cioè che l'anima rationale sia unica, e poniamola non altri
menti che un 'universale idea, da la quale tutti gli uomini abbiano
l'esser, i quali uomini da gli antichi furono simbolizati per le tre so
relle Gorgoni, che aveano un solo occhio tra loro, il qual insieme se
lo prestavano [qui a p. 271 ) .
I . Serlio, Il terzo libro, p. 111. Cfr. Olivato, Per il Serlio a Venezia, cit., in parti
colare pp. 284-85; Id., Dal Teatro della memoria al grande Teatro dell 'architet
tura: Giulio Camillo Delminio e Sebastiano Serlio, in « Bollettino del Centro
Internazionale di Studi di Architettura "Andrea Palladio" », XXI, 1979,
pp. 233-52; Sebastiano Serlio, a cura di C. Thoenes, Electa, Milano, 1989;
Mario Carpo, Metodo ed ordini architettonici dei primi moderni: Alberti, Raffael
lo, Serlio e Camillo, Droz, Genève, 1993; Id., L 'architettura dell 'età della stam
pa. Oralità, scrittura, libro stampato e riproduzione meccanica dell 'immagine
nella storia delle teorie architettoniche,Jaca Book, Milano, 1998; Sabine From
mel, Sebastiano Serlio architetto, Electa, Milano, 1998; Sebastiano Serlio à Lyon,
voi. I: Architecture et imprimerie, a cura di S. Deswarte-Rosa, Mémoire Active,
Lyon, 2004.
74 INTRODUZIONE
mente non havesse con belli et dotti pensieri fatto una mental fab
brica, ad imitation di cui di fuori essercitasse le mani, così di niuno
consiglio è da giudicare quello componitore, il quale a caso dà a
mettere insieme le parole, et altri ornamenti, senza regger lo stile
secondo alcuna forma prima collocatasi nella mente.
Se Panofsky avesse conosciuto il testo del Camillo, certo
gli avrebbe riservato un posto importante nella sua ricogni
zione del ruolo svolto dall'idea nel dibattito sulle arti. 1 L'idea
dell'eloquenza non solo ci aiuta a penetrare nei segreti del Tea
tro, ma ci testimonia un momento inedito, e di notevole ric
chezza, della riflessione sui rapporti fra letteratura, pittura,
scultura, architettura. Lo possiamo collocare accanto ai testi
più famosi, come le due lettere attribuite a Raffaello, quella
al Castiglione su come rappresentare la bellezza di Galatea
nella villa della Farnesina e quella a papa Leone X sulla pos
sibilità, e il dovere, di far rinascere la Roma antica, senza di
menticare il proemio di Bembo al libro III delle Prose della
volgar lingua, che celebra la rinascita delle arti e la indica
come modello e auspicio per una rinascita delle lettere. Nel
suo vagabondare per l'Italia e per la Francia, nei suoi rap
porti di amicizia personale con gli artisti, Camillo sperimen
ta dal vivo alcune questioni cruciali, come il rapporto con
l'antico, il ruolo del disegno, il gioco fra imitazione della
natura e fedeltà al modello mentale. Nel Teatro, dietro il
modello di tutti i poemi (e le orazioni) possibili, si intravede
quello di tutti i quadri, le statue, gli edifici possibili. Si capi
sce allora il fascino che la sua opera esercita sui trattati d'ar
te, ad esempio sul Lomazzo, l'artista che, diventato cieco, si
dedica alla scrittura e fonda la sua Idea del tempio della pittura
( 1590) su sette colonne.2 E questo forse ci aiuta anche a ca
pire come il Teatro si sia potuto trasformare, attraverso una
complessa vicenda di plagi e metamorfosi, in un palazzo, in
una galleria, in una villa.
1. Erwin Panofsky, Idea. Contributo alla sturia dell'estetica, La Nuova Italia, Fi
renze, 1952 (l' edizione originale è del 1924).
2. Cfr. Robert Klein, Les « sept gouverneurs de l'art " selon Lomaz.z.o, in « Arte
lombarda », IV, 1959, pp. 277 sgg.; e i puntuali riferimenti nella Introduzio
ne e nel commento di Roberto Ciardi a Gian Paolo Lomazzo, Scritti sulle arti,
a cura di R.P. Ciardi, Marchi e Bertolli, Firenze, 1973.
2. Le arti della metamoifosi
1. Meraviglia e desiderio
2. I manoscritti encidopedici
I. Nelle carte di M qui analizzate molti sono i punti di contatto con ( e a volte
puntuali riprese di) altri testi di Camillo: cfr. Pro suo de eloquentia theatro ad
Galles oratio, pp. 18-25, e Disanso in ma/ma del suo theatro, pp. 22-24, dove ri
troviamo la possibilità di ridurre tutto a due princìpi, secondo il modello
pitagorico, e l' esempio del ritratto di Cesare.
2. Cfr. ad esempio quel che dice il Vasari di Properzia de' Rossi, delle figure
che riusciva a intagliare in noccioli di pesca (Vasari, Le vite, cit., voi. IV, 1976,
p. 401) .
3. Là dove le tradizioni si mescolano: il manoscritto di Cenava
1. Bartolomeo Ricci tiene nel 1547 a Ferrara l'orazione funebre per Fran
cesco I di Francia, dedicata a Renata di Francia, ed esalta il mecenatismo del
re; Luigi Alamanni e Giulio Camillo sono citati fra coloro che ne furono
testimoni. L'orazione si legge in operum Bartholomaei Ricci Lugiensis tomus
frrimus, Giovanni Manfrè, Padova, 1748, p. 115. Il dialogo De iudicio è alle pp.
165-203, cfr. in particolare p. 170.
2. Cfr. Alessandro Pastore, MarcantonioFlaminio, in Dizionario biograjiro degli
italiani, cit., voi. XLVIII, 1997, pp. 282-88; Lucia Gualdo Rosa, Sebastiano De
lio, in Dizionario biograjiro degli italiani, cit., voi. XXXVI, 1988, pp. 650-51.
3. Orationi di M. T. Cicerone di latine fatte italiane. Diviseper i generi in giudiciali,
deliberative, e dimostrative . . . Con l 'annotationi de /,e cosepiù degneper cognitione de
la Republica Romana, traduzione di Sebastiano Fausto da Longiano, Ludovi
co Avanzi, Venezia, 1556, c.n.n.
4. Bartolomeo Ricci, in una lettera, esalta l'accademia privata, fatta di pochis
simi amici, quale quella che Stefano Sauli, « in hisce nostris studiis elegantissi
mus », ha radunato «in amoenissima villa sua in agro Genuensi cum Marco
Antonio Flaminio, cumJulio Camillo ac Sebastiano Delio» ( Dperum Barthofb.
maei Ricci Lugiensis tomus secundus, Giovanni Manfrè, Padova, 1748, p. 95).
5. Il sonetto è contenuto in De /,e rime di diversi nobili poeti toscani, racrolte da M.
Dionigi Atanagi, Ludovico Avanzi, Venezia, 1565, tomo Il, c. 166r.
LA GALASSIA DEL TEATRO 95
Ai Sauli Camillo sarà legato fino alla fine: nella lettera che
descrive gli ultimi momenti di vita di Camillo, Girolamo Mu
zio ricorda che quella sera andarono a cavallo a casa di Dome
nico Sauli, « il quale ha due figliuoli giovinetti, di lettere stu
diosi, a' quali egli si diedi ad interpretare alcuni versi di Virgi
lio»; e sarà proprio Domenico Sauli a prendersi cura della sua
sepoltura, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie. 1 Molto vi
cina al 1525 è una data che troviamo nel manoscritto di Geno
va: si ricorda che le comete possono avere la forma di un col
tello, o di falce, o di spada, « come successe lo anno 1526 et
durò dalle 23 d'Agosto fino ali 6 di Settembre» (c. 9lr) .
Nel frontespizio del codice, una citazione dal libro dei Pro
verbi, (18, 4 ) , « aqua profunda verba ex ore viri et torrens re
dundans fons sapientiae », contrappone le parole umane alla
fonte della vera sapienza e, come possiamo facilmente imma
ginare, suggerisce che il Teatro si colloca nella dimensione in
cui l'acqua della sapienza divina irrora il mondo umano. Le
prime carte (2r-4v) sono molto vicine ad alcuni importanti
passi del Discorso in materia del suo theatro (pp. 11-12) che abbia
mo già ricordato: Camillo rivendica, con un misto di umiltà e
di megalomania, la sua posizione rispetto alla grande tradi
zione antica; cita il Timeo platonico (41b-42e) per spiegare
che i retori antichi sono per lui il Demiurgo, e il suo contribu
to è simile a quello degli dèi ministri, nel senso che rende
sensibili i loro insegnamenti, li fa accessibili, più articolati,
più vicini alle materie, e anche li arricchisce con quanto di
nuovo l'esperienza storica ha prodotto. Ma non si tratta sol
tanto di una versione più ampliata, e didatticamente più
efficace dell'antica retorica. Il riferimento al Timeo, e all'azio
ne creatrice, non è soltanto un dotto paragone. Col suo Tea
tro Camillo ricrea il mondo e significativamente anche qui,
all'inizio del manoscritto di Genova, riprende il tema della
misteriosa grandezza che è nell'uomo e che gli ha permesso
di ritrovare appunto un ordine nella molteplicità delle cose
che nel Teatro sono collocate.
Né però è maraviglia, ch'io habbia trovato dentro di queste cose
un ordine con alcuna arte tanto grande, percioché la ragion d'Avi
cenna nel sesto de i naturali può molto appresso di me, dove dice,
nell'anime nostre essere una certa virtù di alterar le cose, et farle o-
1. Metamaifosi e plagi,
1 . Mi limito a rinviare a / « Manni " di AF. Doni: la swria, i generi e le arti, a cura di
G. Rizzarelli, Olschk.i, Firenze, 2012; Dissonanze disamii. Temi, questioni e pers<>
naggi intmno ad AF. Don� a cura di G. Rizzarelli, il Mulino, Bologna, 2013.
2. Oltre che le Pitture, Sonia Maffei ha curato Le n=pitture; cfr. inoltre Anton
Francesco Doni, Le nuvelle, tomo II: La z.ucca., a cura di E. Pierazzo, Salerno Edi
trice, Roma, 2003, e Elena Pierazzo, Dalle«N=pitture» al «Semedellaz.ucca», in
«Una soma di libri». L'ediz.ione delleopere di AntonFrancesroDoni, a cura di G. Masi,
Olschk.i, Firenze, 2008, pp. 271-97. Sui manoscritti di Doni, cfr. Giorgio Masi e
Carlo Alberto Girotto, Le carùi diAF. Don� in «L'Ellisse », III, 2008, pp. 171-218.
3. Doni, Le nuove pitture, pp. 130, 140, 151 (cc. 19v, 23v, 26v ) . L'indicazione
delle carte rinvia al codice della Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica
Vaticana, cod. Patetta 364.
2. Il teatro del Doni: liuro, edificio, chimera
1. Doni, Il Canc.ellieri, p. 6.
2. La descrizione burlesca è in Doni, Tre libri di lettere, pp. 74-86, mentre quel
la seria è in Doni, Disegno, pp. 98-100.
108 INTRODUZIONE
Fig. I
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4
Fig. 5
Fig. 6
Fig. 7
Fig. 8
Fig. 9
Fig. 10
Fig. 1 1
Fig. 1 2
Fig. 1 3
Fig. 14
Fig. 1 5
Fig. 1 6
NOTA AI TESTI
L 'idea dell'ewquenza
n
L'edizione riprende quella fornita in Bolzoni, teatro della
memoria, cit., pp. 107-27.
Il testo ci è giunto, a quanto mi risulta, attraverso due ma
noscritti:
U = Udine, Biblioteca Comunale, Fondo principale n.
1423, Orazione e trattato dell'umana deificazione. opuscoli inediti
di Giulio Camillo Del Minio, codice settecentesco segnalato da
Giuseppe Mazzatinti, Inventari dei manoscritti della Biblioteche
d 1talia, voi. III, Luigi Bordandini, Forlì, 1893, p. 194. Com
prende due opuscoli ( nel secondo la numerazione delle carte
ricomincia infatti da 1 ) : 1 . c. 2r: Orazione di Giulio Camillo Dal
minio inedita; cc. 3r-4r: lo schema delle sette « difese» del Tea
tro; cc. 5r-27r: il testo della terza orazione. Alla fine, a c. 27r, si
legge: « Terza orazione estratta da altra copia fatta sull'origi
nale di mano dell'autore Giulio Camillo Dalminio, e poi in
contrata»; 2. cc. 2r-23r: Giulio Camillo Dal Minio alla carissima
suafigliuola Camelia dell'umana deificazione.
Ve = Verona, Biblioteca Comunale, cod. 294, tomo X (Mi
scellanea Ongaro, 9 1 .6) , Raccolta di opuscoli, 1,ettere ed altri docu
menti riguardanti per la maggi-orparte la Patria delFriuli. Il codice
fa parte delle carte di Domenico Ongaro ( 1 7 1 3-1 796) ed è
segnalato, su indicazione di Silvano Cavazza, in Paul Oskar
Kristeller, Iter Italicum, The Warburg Institute, London-Brill,
Leiden, voi. VI, 1992, p. 289. Alle cc. 76r-77r, sotto il titolo Di
Giulio Camillo Delminio operette inedite, l'Ongaro trascrive alcu
ne notizie su Camillo; alle cc. 80r-100r figura l'opuscolo (del
XVI secolo) che contiene il nostro testo; a c. 80r leggiamo il
titolo dell'orazione che abbiamo qui adottato, Proemio della
tena oratione di Giulio Camillo Delminio. L'idea dell'eloquentia; al
le cc. 103r-21 r il trattato De l'humana deificatione, che l'Ongaro
trascrive di propria mano, fra il 1 769 e il 1 779, da un codice
cinquecentesco.
Abbiamo inoltre una parziale edizione:
A = Federico Altan di Salvarolo, Memorie intorno alla vita ed
NOTA AI TESTI 131
all'opere di Giulio Camillo Delminio, in «Nuova raccolta d'opu
scoli scientifici e filosofici», tomo XXII, 1755, pp. 241-88.
L'autore dice che don Angelo Calogierà gli ha dato un mano
scritto «che dicesi cavato dall'originale» (p. 273) , dove si con
servano lo schema delle sette «difese» del Teatro ( che egli
pubblica alle pp. 28�8), la terza orazione ( di cui trascrive il
Proemio alle pp. 284-85) , e il trattato Dell'umana de ificazione.
Da un confronto tra il testo di A e la parte corrispondente
compresa in U ( cc. 3r-5v, fino a «de la sincerità e de la fede») ,
appare evidente in A una maggior tendenza a grafie etimolo
giche, mentre scarse e poco rilevanti sono le lezioni diverse,
che segnaliamo in apparato. Mancano inoltre in A le due am
pie annotazioni marginali che in U accompagnano lo schema
delle sette «difese».
Il confronto fra U e Ve si limita necessariamente al testo
dell'orazione. Mancano in Ve le note di rinvio al manoscritto
da cui il testo è copiato quali troviamo in U ( quella alla fine
del testo, già ricordata, e quelle che, a piè di pagina, segnala
no che le lacune erano già presenti nella copia originaria) .
Che a tale copia faccia capo anche Ve mi sembra provato dal
fatto che le lacune del testo sono identiche a quelle di U. Le
differenze significative tra U e Ve sono poco consistenti e ren
dono improbabile che U sia copia di Ve. Mi è sembrato op
portuno scegliere come base per la trascrizione U, che ci of
fre anche lo schema delle sette «difese» e che sembra testi
moniare una copiatura più attenta e fedele: si veda ad esem
pio la dimenticanza in Ve (c. 95r) dell'esemplificazione rela
tiva al primo grado dell'idea della milizia; il passo viene poi
malamente integrato nel brano relativo al secondo grado. I
pochi casi in cui ho adottato la lezione di Ve sono segnalati in
apparato. Nella trascrizione di U mi sono limitata ad ammo
dernare l'uso delle maiuscole e della punteggiatura.
Apparato
Indico con B le mie correzioni; i numeri rinviano alle pagi
ne della presente edizione.
p. 243 quella scoprirò] U questa scoprirò A p. 244 orator copio
so] U orator tanto copioso A p. 245 ridur] U indur A p. 246 lealtà]
U realtà A p. 247 consentimento] U conoscimento A p. 247 farse
ne] U farne A p. 247 e dell'esercitazione] U e l'essercitatione
Ve pp. 247-48 siccome i medesimi] U siccome medesimi Ve p. 249
132 INTRODUZIONE
De transmutatione
2. Altri testi
I. 2 Car, 3, 5-6.
2. Ger, 23, 24, e Cv, 14, 6.
3. È il titolo del trattato V del Amander.
4. « Hyle » è la trascrizione della parola greca che significa «materia».
5. È l'inizio del Timaeus platonico, dove Socrate si riferisce alle per
sone presenti: solo tre di quelle con cui ha parlato il giorno prima
sono con lui, mentre la quarta è malata.
166 L 'IDEA DEL THEATRO
cio del dante, che non dee esser palesato da colui che lo
dà. Et Iesù Christo dice: « Cum facis elemosinam, noli
tuba canere ante te». Et altrove: « Nesciat sinistra tua
quid faciat dextera tua». 1 L'altra il mostrava tutto, et
significa il recevitor del beneficio, a cui si appartiene
dimostrare il viso, cioè palesar la gratia ricevuta. La ter
za parte ne asconde et parte ne mostra, et significa il
beneficio compensato, mostrando il ricevuto et celan
do il dato. 2 Or questa imagine in questo significherà
cose utili.
Sotto Pasiphe, natura benefica.
Sotto i talari, dar favor, beneficio et aiuto.
L'antro di Saturno coprirà sette imagini: Cibele, tre
capi, di lupo, di leone et di cane, l'arca del patto, Proteo
legato, un passer solitario, Pandora et una fanciulla, a
cui i capelli levati verso 'l cielo siano tagliati.
Cibele habbiamo havuta nel convivio, et significa la
terra, et per la corona turrita significa le città da lei soste
nute. Questa è tirata da due leoni nel carro, percioché
come il leone è forte davanti et debile di dietro, così il
Sole, onde i leoni hanno cotale natura, è più possente
nella parte davanti, che in quella di dietro. Di questa s'è
detto anche nel convivio; et qui, et ne' talari, et in Prer
metheo, non vomiterà fuoco, percioché significherà pu
ramente la terra. Et sotto l'antro dinoterà la terra in ge
nerale, con tutte le sue speci tratte da Plinio, cioè dal
capitolo che fa De terrarum generibus,3 come creta et are
ne. Poi significherà terra habitata et non habitata, piana
et montuosa. La piana contenerà tutti i luoghi aperti. La
montuosa havrà le valli, le convalli, i colli, i monti, et
I. Mt, 6, 2e 3.
�- Per l'interpretazione delle tre Grazie, cfr. Seneca, De beneficiis, I, 3.
E un'immagine molto diffusa: cfr. ad esempio il retro della meda
glia di Niccolò di Forzare Spinelli per Giovanna Tornabuoni, il qua
dro di Raffaello al Musée Condé di Chantilly, una delle lunette della
Camera di San Paolo, a Parma, del Correggio; da Camilla deriva Cu
rione, Hieroglyphirorum commentariurum lilm, c. 434v.
3. Plinio, Historia naturalis, XXXV, 16 sgg.
L'ANTRO 193
suoi appartenenti, come pietre, marmi, minere di me
talli, et altri minerali, et a queste cose si aggiungeranno
anche gli altri animali terrestri.
Questa imagine contenerà sotto i talari le operationi
che può far l'huomo naturalmente intorno alla terra,
pur che non concernano i piedi, i quali portano le sue
operationi appresso, sì come gli altri membri.
Ma sotto Prometheo contenerà la geometria, geo
graphia, cosmographia et agricoltura, et le parti di lei,
impercioché questa distingueremo in agricultura d'in
torno alla terra et intorno a' frutti della terra, d'intorno
a gli arbori et intorno a' frutti de gli arbori, d'intorno a
gli animali, et intorno a' frutti de gli animali, et in queste
sei parti evacueremo tutti gli scrittori dell'agricultura. 1
Et si dà questa parte a Saturno, per esser freddo et secco,
et per essere il più immobile, essendo la terra di tal natu
ra, secondo il Trismegisto.
Le tre teste di lupo, di leone et di cane sono tali. Scrive
Macrobio che gli antichi, volendo figurare i tre tempi,
cioè il passato, il presente et il futuro, dipingevano le tre
predette teste. Et quella del lupo significava il tempo
passato, percioché ha già devorato; quella del leone il
presente (se il presente dar si può) percioché gli affanni
presenti ci mettono così fatto terrore, qual ci mettereb
be la vista d'un leone, se ci soprastesse. Et quella del ca
ne significa il tempo futuro, percioché a guisa di cane
adulatore il tempo futuro ci promette sempre di me
glio. 2 Adunque questa imagine contenerà questi tre
tempi satumini et i loro appartenenti, percioché tutti
quei tempi che non si comprendono per vicinanza o
1. Significa: entro questo schema potremo collocare tutte le infor
mazioni ricavate dalle opere sull'agricoltura.
2. Macrobio, Satumalia, l, 20. Frances Yates (L'arte della mem<nia, cit.,
pp. 150 sgg.) ha notato la corrispondenza fra questa immagine del
Teatro e un quadro di Tiziano, L'aUegoria della Prudenza (London,
The National Gallery, Collezione Francis Howard). Cfr Valeriano,
Hieroglyphica, c. 229r, che ricorda come alcuni interpretano le tre
teste di animali come il Sole.
194 L'IDEA DELTHEATRO
Tre anime noi sono tre anime,1 le quali tutte tre, quantunque goda
nostre. no di questo nome commune «animo», nondimeno
ciascuna ha anchor il suo nome particolare, impercio
ché la più bassa et vicina et compagna del corpo nostro,
è chiamata Nephes, et è questa altrarnente detta da Mo
sè «anima vivens». 2 Et questa, percioché in lei capeno
tutte le nostre passioni, la habbiamo noi comune con le
bestie. Et di questa parla Christo quando dice: «Tristis
est anima mea usque ad mortem»,3 et altrove: «Qui non
habuerit odio animam suam, perdet earn». 4 Al qual vo
cabolo non aspirando la lingua, né greca, né latina, non
si può rappresentar nelle traduttioni la sua significatione,
come (per cagion di esempio) in quel salmo: «Lauda a
nima mea dominum»,5 quantunque lo scrittor dello Spi
rito Santo habbia posto il vocabolo di Nephes, ci fanno
usare il comune. Et fu ben ragione che il propheta usas
se il vocabolo Nephes, volendo lodar Dio con la lingua
et con altri membri che formano la voce, et sono gover
nati dalla Nephes, che è più vicina alla carne. L'anima di
mezo, che è la rationale, è chiamata col nome dello spi
rito, cioè Ruach. La terza è detta Nessamah, da Mosè
spiraculo, da David et da Pithagora lume, da Agostino
portion superiore, da Platone mente, da Aristotele intel
letto agente. 6 Et sì come la Nephes ha il diavolo, che le
ministra il dimonio per tentatore, così la Nessamah ha
Dio che le ministra l'angelo. La poverella di mezo da a-
l. La dottrina delle tre anime è di origine cabalistica: cfr. 'Zohar, I,
206a; Il, 141b; III, 70b. Camillo ne tratta a lungo in De l'humana
dnficatione e nella Lettera del rivolgi.mento dell 'huomo a Dio.
2. Gn, 1, 30.
3. Mt, 26, 38.
4. Mt, 16, 25.
5. Sa� 145, 2.
6. Questo modo di procedere è tipico di Camillo: l'accostamento
delle diverse definizioni dei filosofi vuol mostrare come, al di là del
le parole usate, tutti concordino sulle verità essenziali. Cfr. Gn, 2, 7;
Sa� 36, 9; sant'Agostino, De trinitate, XV, 7, 11; Platone, De republica,
436b; Aristotele, De anima, III, 4-6, 429-430c.
LE GORGON I 207
mendue le parti è stimolata. Et se per divina permissio
ne s'inchina a far unione con la Nephes, la Nephes si u
nisce con la carne, et la carne col dimonio, et il tutto fa
transito et trasmutatione in diavolo. Per la qual cosa dis
se Christo: « Ego elegi vos duodecim, et unus ex vobis
diabolus est». 1 Ma se per la gratia di Christo ( da altrui
non può venire un tanto beneficio) la anima di mezo si
distacca, quasi per lo taglio del coltello della parola di
Christo,2 dalla Nephes mal persuasa, et si unisce con la
Nessamah, la Nessamah, che è tutta divina, passa nella
natura dell'angelo et conseguentemente si trasmuta in
Dio. Per questo Christo, adducendo quel testo di Mala
chia: «Ecce ego mitto angelum meum » ,3 vuol che si in
tenda di Giovanni Battista trasmutato in angelo nella
providenza divina, ab initio et ante secula. Ho fatto men
tion del coltello del verbo di Christo, il qual solo col suo
taglio divide l'anima bassa dall'anima rationale, la quale
habbiamo detto haver il nome dello spirito, laonde Pao
lo disse: « Vivus est sermo Dei, et efficax, et penetrantior
omni gladio ancipiti, pertingens usque ad divisionem a
nimae et spiritus».4 Et a fin che riconosciamo le tre ani
me ciascuna con nome diverso nelle parole di Mosè so
pra tocche nel Genesi, è da notare che quando disse << Fa
ciamus hominem», intese dell'anima rationale. Et
quando disse « posuit eum in animam viventem», intese
della Nephes. Ma dicendo « flavit in nares eius spiracu
lum vitae» significò la Nessamah. 5 Non posso far ch'io
non metta sopra questi passaggi la openion dello scrit
tor del 7,oar, la Nephes esser un certo simulachro, overo
ombra nostra, la qual non si parte mai da sepolchri et
lasciasi vedere non solamente la notte, ma anchor di
giorno da quelli a' quali Dio ha aperti gli occhi. Et per-
1. Gv, 6, 71.
2. Riferimento a Mt, 10, 34.
3. M� 3, 1.
4. Eb, 4, 12.
5. Gn, 1, 26; 2, 7.
208 L'IDEA DELTHEATRO
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4
Fig. 5
Fig. 6
Fig. 8
Fig. 1 0
Fig. 1 1
Fig. 1 2
Fig. 1 3
Fig. 1 4
Fig. 1 5
Fig. 16
Fig. 17
Fig. 1 8
Fig. 1 9
Fig. 20
Fig. 21
Fig. 22
Fig. 23
Fig. 24
Fig. 25
Fig. 26
Fig. 27
Fig. 28
Fig. 30
Fig. 31
Fig. 32
Fig. 33
Fig. 34
Fig. 35
Fig. 36
Fig. 37
Fig. 38
Fig. 39
Fig. 40
Fig. 41
Fig. 42
Fig. 43
Fig. 44
Fig. 45
Fig. 46
Fig. 47
Fig. 48
Fig. 49
Fig. 50
Fig. 5 1
Fig. 52
Fig. 53
Fig. 54
Fig. 55
Fig. 56
Fig. 57
Fig. 59
Fig. 60
Fig. 61
Fig. 62
Fig. 63
Fig. 64
Fig. 65
Fig. 66
Fig. 67
Fig. 68
Fig. 69
Fig. 70
Fig. 7 1
Fig. 72
Fig. 73
-�--·
Fig. 74
Fig. 75
Fig. 76
Fig. 77
Fig. 78
Fig. 79
Fig. 80
Fig. 8 1
SEGRETI E METAMORFOSI DEL TEATRO
L'IDEA DELL'ELOQUENZA
1. Cfr. Col, 2, 3.
2. Cfr. Idea del theatro: « Et Raimondo Lulio rende testimonio nel li
bro che egli chiama il suo testamento, scritto mentre egli era ritenu
to in Inghilterra, che Dio creò una materia prima, poi la divise in tre
parti ... » (qui a p. 161; e cfr. la relativa nota 4).
3. Aristotele, De generatione animalium, II, 736b, 33-35.
4. Virgilio, Aeneis, VI, 724-725. La lezione oggi seguita è: « Principio
caelum ac terram camposque liquentis / ... / mens agitat molem et
magno se corpore miscet ».
288 SEGRETI E METAMORFOSI DEL TEATRO
ris veluti hii qui sommo aut vino gravantur » . 1 Et così fat
to vedere attribuisce all'acutezza della mente, et non di
meno entrando a parlare de Dio, ne anche esso Mercu
rio per mio adviso gionse al segno, imperoché così come
alla cognition delli veri e reali atti fa bisogno abandona
re i sensi, d'adoperare l'acuteza della mente, delle cose
divine essa acuteza della mente de perdere il suo orgo
glio, nella mainiera che disse il spiritual monacho:
se l'atto della mente
è tutto consopitto,
in Dio stando rapito,
e in sé non si ritrova,
de sé riman perdente
posto ne l'infinito. 2
Adunque volendo venire alla cognition della materia
prima non habiamo bisogno de' sensi, come crede Ari
stotele. Il perché Virgilio, mentre finge Cirene dea intro
dur Aristeo nella spelonca de Protheo, disse queste mi
steriose parole: «Aversum a lumine » . 3 Hor fatto ritorno
a quel ch'io dissi, che la materia prima è recetto de tutte
le essentie de tutte le nature et de tutte le substantie delle
cose, perché de esser il recetto et proportionato alli rice
vuti et in sé colocato, di che darà vera similitudine questo
nostro theatro fabricato della virtù de 7 pianetti (le quali
1. Cfr. la traduzione di Ficino: « sopitis iam corporis sensibus, quem
admodum accidere solet iis qui ob saturitatem, vel defatigationem
somno gravati sunti» (Mercurio Trismegisto, Pimander, in Ficino,
opera omnia, p. 1837).
2. Iacopone da Todi, Laude 92, «Sopr'onne lengua Arnore », vv. 41-
46 (in Laude, cit., p. 296). Interessante e per molti aspetti vicina a
questo passo è l'operetta Oratione ad Christum Dominum attribuita a
Camillo e conservata nello stesso codice pavese da cui traiamo il te
sto del De transmutatione (cc. 93v-95r).
3. Virgilio, Georgica, N, 423. L'episodio virgiliano è spesso interpre
tato da Camillo in chiave alchimistica; « io non trovo philosopho al
cuno, almeno ne la transmutation, che n'habbia detto tanto, an
chor che oscurissimamente dapoi Homero » leggiamo negli Adversa
ria rerum divinarum, c. 15v.
DE TRANSMUTATIONE 291
sono etteme) e contiene in sé li concetti de tutte le cose
in eterna virtù prodotte et non create, perché non è de
stinata a una cosa più ch'a un'altra, anci ciascuna sta nel
universale, che è eterna; e così si comprende le colatione
fatte da Cicerone et da altri antichi et moderni, non per
vicinarsi a questa eterna similitudine, percioché erano in
ediffitio corrutibile, et medesimamente li colocati erano
corruttibili, imperoché non colocavano se non materia
corruttibile et che tutto dì nascevano et morevano, et co
sì li lor colocati havevano proportione con li luochi. Ma
noi volendo colocar cose etteme, produtte et non create,
habiamo anchora luoco procatiato, ricetto ettemo et
non creato, che è la fabrica del theatro.
Et per brevemente dire, il solo transmutatore vero et
non sophistico, poterà vedere la materia prima separan
do le spoglie et le alterità da qualunque elemento, non
ut philosophus loquar secundum quid, sed simpliciter.
lmperoché Aristotele prova la generatione esser de sim
pliciter non esse ad simpliciter esse, et la corruptione de
simpliciter esse ad simpliciter non esse. 1 Et quando dice
simpliciter, non dice secundum quid. Adunque la
transmutatoria vera o sopra naturale o naturale mira la
corruptione et la generatione simpliciter, et non secun
dum quid, perché quella che è secundum quid è sophi
stica. Et quando sarà corruptione simpliciter giongeran
no alla materia prima. Et volendola trovare, la spogliare
mo della seconda materia, che è la composta delli ele
menti generabili et de tutte le altre compagne alterità et
levando via per gratia de Dio tutte le gravezze et impuri
tà che ha ciascuno delli 4 elementi, se giongerà allo spi
rito de ciascaduno delli 4, che è la parte purissima de
ciascuno. Et si trarà dalla union de quelli un quinto, che
fa la quinta essentia, chiamata ancora cielo et regnum, il
perché si legge: « Regnum Dei quod intra vos est». 2
1 . Aristotele, Physica, V, 225a, 1 2-14, 1 7-19.
2. Le, 1 7 , 21.
292 SEGRETI E META MORFOSI DELTEATRO
Della fortuna
Del tempo
Della riforma
Della magnanimità
Dell'amore
Della religione
Della repubblica
Del sdegno
Del sonno et del sogno
Della morte.
296 SEGRETI E META MORFOSI DEL TEATRO
I PIANETI
« Nelfrrimo grado adunque si vedranno setteporte dissimili, percioché
ciascun pianeta in fig;ura humana sarà dipinto sopra /,a porta della
a lui destinata colonna, salvo che ali.a colonna del Sole, impercioché
essendo quello il più nouil luogo di tutto il theatro, vogliamo che quel
lo Apollo, il qual dovrebbe per sua ragione esser dipinto in pari grado
con gli altri, cieda al convivio della /,atitudine de gli enti, che è imagi
ne dell.a divinità » (p. 155) .
Luna
Fig. 1 Giulio Bonasone ( da Pannigianino?) , Luna, incisione
a bulino, dalla serie I sette pianeti, prima metà del XVI secolo.
Collezione privata.
Mercurio
Fig. 2 Giulio Bonasone (da Pannigianino?), Mercurio, inci
sione a bulino, dalla serie I sette pianeti, prima metà del XVI
secolo. Collezione privata.
Venere
Fig. 3 Giulio Bonasone (da Pannigianino?) , Venere, incisio
ne a bulino, dalla serie I sette pianeti, prima metà del XVI seco
lo. Collezione privata.
Marte
Fig. 4 Giulio Bonasone (da Pannigianino? ) , Marte, incisio
ne a bulino, dalla serie I sette pianeti, prima metà del XVI seco
lo. Collezione privata.
316 PER IMM A GIN A RE LE IMMA GIN I DEL TEATRO
Giove
Fig. 5 Giulio Bonasone ( da Pannigianino?) , Giove, incisione
a bulino, dalla serie I sette pianeti, prima metà del XVI secolo.
Collezione privata.
Saturno
Fig. 6 Giulio Bonasone ( da Pannigianino?) , Saturno, incisio
ne a bulino, dalla serie I sette pianeti, prima metà del XVI seco
lo. Collezione privata.
IL CON VIVIO
« fl secondo grado del tlieatro haverà le porte sue dipinte di una istes
sa imagine, et questa sarà un convivio. Finge Homero l'Oceano far
un convito a tutti i suoi dei. . . ». (p. 159) .
Fig. 7 Raffaello Sanzio, Convivio degli Dei, affresco, 1517. Ro
ma, Villa Farnesina, Loggia di Psiche.
LE GORGON I
«Fra lefavole greche adunque si legge di tre sorelle cieche, chiamate le
Gorgoni, le qualifra loro havevano un solo occhio commutalnlefra
loro, percioché l'una all'altra il poteva prestare... » (p. 212) .
Fig. 8 Perseo e le Graie, miniatura, in Ovide moralisé, XN seco
lo. Rouen, Bibliothèque municipale, ms. 1044, f. 1 22v.
PA SIPHE
« QJJ,esta alta philosophia . . . fu coperta nella theologia simbolica dal
lafavola di Pasiphe » (p. 220) .
Fig. 9 Giulio Romano, Pasiphae e il toro, affresco, 1530 ca.
Mantova, Palazzo Ducale, Sala degli amori di Giove.
PROMETEO
« Prometheo con lafavella accesa » (p. 232) .
Fig. 1 O Celio Agostino Curione, Hieroglyphicarum lilm (in Ioan
nis Pierii Valeriani Bellunensis, Hieroglyphica) , Paulum Frel
lon, Lyon, 1626, p. 624.
LE IMMA GIN I
lio, che senza quello non si può andar a veder il regno dell'inferno »
(p. 157) .
Fig. 1 4 Johannes Sambuco, Enea spezza il ramo d'oro (Aeneis,
VI, 206-2 1 1 ) , in Embkmata, altera editio, Plantin, Antwerpen,
1566, p. 136.
(p. 1 70) .
« Protheo di più forme confaccia umana »
Aristotele, 34, 62, 80, 85, 86, Battista, Franco, 109, 120
87, 90, 1 1 1 , 152, 162, 16� Batto, Margherita, 52
1 76, 1 78, 206, 208, 209, Bauer-Eberhardt, Ulrike, 120
236, 243, 260, 263, 269, Beccadelli, Ludovico, 41
283, 284, 287, 289, 290, Belli, Valerio, 25, 323, 324
291, 293 Bellocchi, Ugo, 120, 305
Arlenio, Arnoldo (Arnould Beltramini, Guido, 120
de Lens) , 143 Bembo, Pietro, 10, 13, 26, 34,
Asclepio, 60, 146, 164, 198, 41, 44, 47, 49, 52, 74, 98,
203, 285, 294 1 24, 136, 1 38, 160, 253,
Atanagi, Dionigi, 94 254, 263
Ateneo, 221 Benivieni, Gerolamo, 137
Attavanti, Pandolfo, 120, 134 Berengario da Carpi.Jacopo,
Atteone, 322 62
Attico, 274 Berio, Carlo Giuseppe Vespa-
Augia, 1 76, 1 78, 181, 183, siano, 84
220, 222, 229, 230, 236, 318 Bernardino da Siena, san, 20
Augurelli, Giovanni Aurelio, Berra, Claudia, 84
1 79 Bertolani, Giovanni, 132
Auriti, Marino, 1 27, 1 28 Bertolucci, Piero, 29
Avalos, Alfonso d', marchese Bettarini, Rosanna, 30
del Vasto, 1 1, 15, 43, 82, 141 Betussi, Giuseppe, 14, 186
Averroè, 90, 271 Biancani Tazzi, Giacomo, 84
Avicenna, 95, 96, 257 Bindoni, Agostino, 1 29
Boccaccio, Giovanni, 44, 107,
Bacchelli, Franco, 83, 84, 89 197, 237, 277
Bacco, 90, 213, 222, 230, 237, Bocchi, Achille, 18, 127, 200,
299, 32 1 313, 316, 317, 320, 321, 322
Badaloni, Nicola, 134 Boivin,Jean, 100
Ballarini, Marco, 84 Bologna, Corrado, 10, 13, 36,
Bandinelli, Baccio, 319 80, 83, 84, 85, 142
Barbarisi, Gennaro, 84 Bolzoni, Lina, 10, 20, 23, 27,
Barisone, Paolo, 304 32, 36, 37, 39, 42, 45, 88,
Barkan, Leonard, 27, 182 89, 100, 102, 110, 1 29, 130,
Barni, Gian Luigi, 13 1 32, 133, 154
Barocchi, Paola, 30, 89, 102, Bonasone, Giulio, 315, 316,
134, 263 318
Barocelli, Francesco, 31 Borgeaud, Philippe, 157
Bartolomeo, fra, detto Baccio Borges,Jorge Luis, 42, 89
della Porta, 1 1 7, 1 18 Borghini, Raffaello, 322
Bas, Emma, 52 Boscaglia, Simona, 181
IN DICE DEI N OMI 329
Bosch, Hieronymus, pseud. Castelvetro, Lodovico, 13, 14,
di Hieronymus van Aeken, 277
318 Castiglione, Baldassarre, 64,
Bracciolini, Poggio, 64 74, 263
Bracesco, Giovanni, 292 Cavazza, Silvano, 130
Bramante, Donato, 257 Cecco d'Ascoli, 97
Bruno, Giordano, 23, 199, 292 Ceci, Cristiana, 127
Bruto, Marco Giunio, 259 Cellarius, Andreas, 317
Buonarroti, Michelangelo, Cellini, Benvenuto, 221
252, 275 Cerbero, 27, 1 8 1 , 1 82, 222,
Bums, Howard, 120 230, 236, 319
Bury, Michael, 30 Cesare, Gaio Giulio, 46, 266,
Butzer, Martin, 12, 37 279
Cesariano, Cesare, 277
Calasso, Roberto, 134 Chatenet, Monique, 120
Calogierà, Angelo, 131 Cheluzzi, Antonio, 141
Calvesi, Maurizio, 10, 32, 1 72, Cherchi, Paolo, 102
1 74, 212 Chiari, Alberto, 126
Calvino, Giovanni, 1 2, 144 Chiodo, Domenico, 136
Calvo, Francesco, 13, 142 Christus, Petrus, 1 71
Ciardi, Roberto, 62, 74
Camerario, Filippo, 186
Cibele, 173, 192, 231, 239, 318
Camesasca, Ettore, 263 Cicerone, Marco Tullio, 27,
Camilli, Camillo, 26, 321 34, 39, 42, 44, 45, 46, 47,
Campanella, Tommaso, 80 52, 54, 55, 56, 57, 62, 66,
Canata, 104 67, 72, 94, 152, 182, 1 87,
Canetti, Elias, 99, 100 188, 200, 208, 209, 223,
Capata, Alessandro, 9 226, 237, 244, 250, 251,
Capodagli, Giuseppe, 93 253, 255, 258, 259, 260,
Caraglio, Giovanni Jacopo, 261 , 262, 263, 272, 274,
317, 323 277, 278, 280, 291
Caramella, Santino, 227 Ciliberto, Michele, 199
Cardinale d'Este, si veda Ippo- Cillario, Graziella, 52
lito II d'Este Cima, Giovanni Battista, detto
Carlino, Andrea, 62 Cima da Conegliano, 322
Carlo V, 141, 180, 256 Cima da Conegliano, si veda
Carpo, Mario, 257 Cima, Giovanni Battista
Carracci (pittori) , 29 Cingolani, Gabriele, 38
Carruthers, Mary, 134 Cipani, Nicola, 199
Cartari, Vincenzo, 97, 182 Cirene, 196, 290
Casalegno, Andrea, 100 Citolini, Alessandro, 11, 40,
Castagnola, Raffaella, 136 88, 89
330 IN DICE DEI N OMI
57, 59, 66, 67, 80, 95, 135, Xenofonte, si veda Senofonte
1 49, 1 57, 1 77, 182, 196,
200, 208, 2 1 1 , 2 1 2, 215, Yates, Frances A., 1 O, 17, 20,
2 19, 220, 226, 235, 246, 27, 60, 1 93
253, 258, 259, 261, 270, Yourcenar, Marguerite, 124
287, 289, 290, 317
Vitruvio Pollione, Marco, 36, Zaja, Paolo, 10, 85, 245
37, 138, 154, 277 ZélIIlbon, Francesco, 10
Vulcano, 171, 172, 187, 188, ZélIIlpetti, Pietro, 25
230, 233, 238, 317 Zeusi, 244, 261 , 262, 263, 264
Ziletti, Francesco, 84
Weinberg, Bemard, 136 Ziletti, Giordano, 84
Wells, Maria Xenia Zevelechi, Zinguer, Ileana, 21
133 Zonta, Giuseppe, 14
Wenneker, Lu Beery, 26, 1 71, Zopiro, 223
1 72, 200 Zoroastro, 161, 180
Weston-Lewis, Aidan, 30 Zorzi, Francesco, si veda Gior
Wethey, Harold Edwin, 30 gio, Francesco
Wind, Edgar, 29 Zuccari, Alessandro, 252
Wittkover, Rudolf, 30 Zuccari, Federico, 1 10
INDICE
INTRODUZIONE 7
1. Giulio Camillo 9
n. L'Idea del theatro 16
1 . La Casa della Sapienza 16
2. La scacchiera dei luoghi 20
3. La costruzione delle immagini 24
4. La mensfenestrata 34
5. La Biblioteca 39
m. Memoria e imitazione dei classici, ovvero ciò che
rende possibile il Teatro 43
1 . « Colui che imita un perfetto imita la perfezion
di mille raunata in uno » 45
2. Le novità della storia, l'eternità del bello 51
3. Il Teatro come tesoro della memoria delle belle
forme 52
4. Creare testi, ricreare la vita: la macchina,
l'automa, l'homunculus 55
Iv. I segreti del Teatro 65
1 . Il Teatro come idea dell'eloquenza
(e dell'architettura) 65
2. Le arti della metamorfosi 75
v. La galassia del Teatro: la tradizione manoscritta 81
1 . Meraviglia e desiderio 81
2. I manoscritti enciclopedici 83
3. Là dove le tradizioni si mescolano: il manoscritto
di Genova 93
v1. Alla ricerca del Teatro perduto 99
1 . Metamorfosi e plagi 99
2. Il teatro del Doni: libro, edificio, chimera 106
3. Camilla e il manoscritto ritrovato: il Teatro,
o pal.azz.o d 'invenzione 1 1O
4. L'ultima (?) metamorfosi: la villa « di ricreatione » 1 19
Elenco deUe illustrazioni 127
Nota ai testi 1 29
Tavola delle opere citate informa ablJreviata 135