Fu un raffinato cultore dell'estetismo, uno dei pi noti esponenti del decadentismo internazionale. Il
suo panismo un aspetto del simbolismo decadente, che cerca corrispondenze segrete.
La spettacolarizzazione della sua vita costituisce un abile sfruttamento dei nuovi meccanismi
d'informazione creati dalla societ di massa e una riproposizione della figura del poeta-vate.
Rinnova l'idea della poesia come privilegio e come valore assoluto, l'ammirazione per il poeta si
fuse con la curiosit verso l'uomo e le sue stranezze, dando vita ad un mito delle masse. La
borghesia provinciale proietto su d'Annunzio il suo bisogno di affermazione e trasgressione, cosi
come identifico in Pascoli il sicuro portatore di un'ideologia fondata sui valori-simbolo di: famiglia,
patria e lavoro.
Il panismo del superuomo.
D'Annunzio volle essere anche ideologo e politico, intervenendo in numerose occasioni su questioni
strategiche della vita nazionale, impegnandosi anche in quella parlamentare.
Rimase sempre costante nella sua ideologia la tendenza nazionalistica, che si espresse nell'adesione
all'aggressivit coloniale di Crispi, nell'interventismo durante la prima guerra mondiale, l'impresa di
Fiume e il favore concesso alla guerra fascista in Etiopia.
Il nazionalismo dannunziano ha punti in comune con il nazionalismo di Pascoli, anche se assume
una inclinazione pi individualistica e pomposamente eroica. I suoi interventi esprimono una
retorica gonfia ed esibizionista, fatta pi per colpire che per far riflettere, retorica che inaugurer
quella fascista.
D'Annunzio applica una riduzione dell'Io a puro istinto, a sensazione naturale; l'affermazione del
soggetto coincide con la sua fusione panica nell'elemento naturale.
L'identificazione con il superuomo invece avviene invece al di fuori e al di l della storia, con il
panismo vi il rifiuto della storia nel tentativo di un'identificazione totale nella natura.
L'arte concepita come Bellezza, sia nel senso classicistico ereditato da Carducci, sia nel nuovo
senso dell'estetismo decadente volto a esaltare il bello come pura raffinatezza, come scelta
aristocratica e segno di superiorit. Questa tendenza stride con la cacciata dagli altare dell'arte
sentita in primis da Baudelaire e la sua mercificazione che la pone al pari di ogni altro prodotto.
Per D'Annunzio la bellezza al di sopra di tutto, ma egli il primo a sfruttare consapevolmente e
abilmente i meccanismo del mercato, per vendere e vendersi.
Il paradosso dannunziano quello di offrirsi quale mito di massa, costituendo per una figura di
genio solitario e superiore, che disprezza aristocraticamente la massa e si circonda si esclusivit e
raffinatezza.
D'annunzio esordisce giovanissimo, con poesie di impronta carducciana: 'Primo vere'. Dopo la
prima raccolta si apre il cosiddetto periodo romano (1881-1891), che vede la pubblicazione di
diverse opere: Canto Nuovo, Intermezzo di Rime, La Chimera, Novelle della Toscana e Il Piacere.
I primi tre libri delle Laudi e la produzione poetica successiva.
Dopo il periodo romano riduce il proprio impegno per alcuni anni, fino a quando, nel 1899, ritorna
alla scrittura in versi, nel tentativo di dar corpo alle Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi.
Secondo il progetto originale si sarebbe dovuto articolare in sette parti, costituite ciascuna da un
libro diverso chiamato con il nome delle stelle pi luminose delle Pleadi, ma le ultime tappe non
furono nemmeno tentate.
Il tema unificante del ciclo quello del viaggio, avente come centro la Grecia del mito, incrocio di
natura primitiva e di storia sublime e letteraria.
Sul piano culturale il tema del viaggio si mostra adatto a esprimere il bisogno di profondit
temporale, mitica pi che storica, nonch l'esigenza di novit, di ricerca e di sperimentazione
esistenziale e culturale.
Si vede l'affermazione di una religiosit paganeggiante, centrata sul primato del corpo e del piacere,
riprende i riferimenti cristiani presenti nella struttura allegorica del viaggio e nel titolo
medioevaleggiante 'laude', di chiara ispirazione religiosa, di senso rovesciato e condotto in
il libro pi sperimentale di D'Annunzio, bench non manchino metri e forme classici. come se
d'Annunzio mirasse alla realizzazione di un progetto lirico che esaurisca e soddisfi tutte le
possibilit dell'espressione poetica. alla costante ricerca dell'effetto, della sorpresa, della
soluzione imprevista o suggestiva, parallelamente mostra un bisogno di vitalit, di energia, di
espansione del soggetto e di rapporto sensuale con il mondo.
Lo stile del libro evita i risultati medi e si caratterizza ora per la sovrabbondanza e l'eccesso
retorico, ora per l'espressione secca e scabra.
Lo stile caratterizzato inanzi tutto per il ricorso ad una materia verbale sovrabbondante e preziosa,
con lessico di vasta origine: letteraria, regionale, tecnico-scientifica. Un virtuosismo che per rivela
tutta la sua artificialit.
La metrica caratterizzata dalla ricerca di sonorit musicali ed estenuate, languide e sensuali.
presente una definizione di forme nuove e novecentesche, come il vasto uso del verso libero, che
ottiene una definitiva affermazione.
anche grazie a questa sintesi fra sperimentalismo e tradizione che Alcyone costituisce un
riferimento importante per la poesia italiana nel Novecento, con il quale tutti gli autori dovranno
confrontarsi.