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Lo Scaffale di Abelardo 8
AA. VV.

Teatro goliardico (1) – I classici / AA. VV.


antologia a cura di Umberto ‘Kociss’ Volpini <1955>;
– Padova: Edizioni A.C.C.A. 2020 – 176 pp. : ill.; 21 cm –
(Lo Scaffale di Abelardo 8)

1.a ediz. dei testi proposti:


— Il processo di Sculacciabuchi / di Giovanni Rosadi [fine ‘800] (*)
— La Fuga di Angelica: Operetta goliardica in 3 atti / di Momo Gio-
vannelli e Wolfango Valsecchi, musica del maestro Alessandro Billi,
Nuova Tipografia, Siena 1903
— Apogoliateosi: Azione Lirica, testi e musica di Luigi e Cesare Cec-
chetti, Cassone G. U., Torino 1904
— Turlupineide: rivista comico satirica in tre atti, Off. d’arti graf. P.
Rocco & c., Milano [1908]
— I Goliardi all’Ultima Crociata: azione eroica in tre atti, figlia
d’ignoti / musicata dal maestro Armando Chiappini, Tip. Ponzio, Pa-
via 1912
— Ifigonia / di Hertz De Benedetti [1928] (*)

* Entrambi questi testi sono stati pubblicati per la prima volta su Il li-
bretto rosso dell’universitario, nelle diverse edizioni (1962-1968, Pa-
dova, Torino, [Milano?]), tutte ripetutamente sequestrate dalla magi-
stratura. Compaiono in appendice a I canti goliardici, a cura di Alfre-
do CASTELLI, Supplemento al n. 53 de ‘La Mezzora’, Ediz. Inteuro-
pa SpA, Milano 1971 [2ª ed. Tip. Tecnografica Milanese, Milano
1972]; quasi una riedizione del Libretto! (ma post ‘68!!!) e questa edi-
zione si salvò! Contemporaneamente usciva il volume dell’edizione
critica a opera di Enrico De Boccard (Homerus, Roma 1971).
Teatro Goliardico.
I classici

Don Sculacciabuchi
La Fuga di Angelica
Apogoliateosi
Turlupineide
I Goliardi all’ultima Crociata
Ifigonia

Indice
Introduzione 5
Don Sculacciabuchi: commedia satirica (Firenze, 1886-96?) 13
La Fuga di Angelica: operetta goliardica (Siena/Modena 1903) 53
Apogoliateosi: azione lirica (Torino, 1904) 81
Turlupineide: rivista comico satirica (Milano, 1908) 111
I Goliardi all’Ultima Crociata: azione eroica (Pavia, 1912) 133
Ifigonia: commedia satirica (Torino, 1928) 156
Alcune interessanti glosse di SatanAsso da Taranto 174

A.C.C.A. Padova
Si ringrazia per l’aiuto dato,
con consigli, suggerimenti e alcuni dei testi
qui presentati, i fratelli in goliardia
Guido Ciambellotti, Paolo De Paoli
e Pippo Mazzarino SatanAsso.

Tutti i testi sono riprodotti integralmente,


rispettando, quanto più possibile,
impaginazioni, rientri, paragrafi,
maiuscole e ogni altra convenzione grafica
dell’edizione originale esaminata.
Si sono anche lasciate le imprecisioni nelle indicazioni
di sceneggiatura o le ripetizioni inutili.
Si è proceduto, però, a uniformare per quanto possibile
le differenti impostazioni tipografiche dei diversi libretti.

Edizioni A.C.C.A – Padova


Associazione Culturale Calzae Academia –
c/o Umberto Volpini via dei Colli 147 – 35143 Padova
tel. 049.830.6089 ukv2022@gmail.com
https://unipd.academia.edu/UmbertoVolpini

© Studio Metropolis / A.C.C.A. Pd


packaging, editing & add-text ukv
Introduzione
Questo è solo il primo di una serie di volumi che ho intenzione
di dedicare al Teatro goliardico che, come una vena aurifera, corre na-
scostamente sotto i palcoscenici di casa nostra, dalla fine
dell’Ottocento agli Cinquanta del Novecento, riemergendo qui e là
con novità e autori che hanno fatto la storia del teatro, e della radio e
della televisione, in Italia. Per il primo volume ho scelto una selezione
di ‘classici’, replicati più volte, ma soprattutto esempi delle diverse
anime, dalla commedia all’operetta, dalla lirica alla rivista, e delle di-
verse località dove queste sono apparse, da Firenze a Torino, da Siena
a Pavia, da Modena a Milano.
Don Sculacciabuchi
Il testo seguito è quello, con minime correzioni, proposto da En-
rico de Boccard e pubblicato dalle Edizioni Homerus, Roma, 1971.
Ho corretto il settimo verso Nel millenovecentotrentasei, perché tratta-
si di data improponibile e molto meno verosimile di quella del 1886,
indicata in altre versioni. Le varianti in circolazione sono moltissime,
ma questa è indubbiamente la migliore per il modo di esposizione,
corrispondente ad un effettivo svolgimento processuale, per la qualità
dei versi e per la coerenza del contenuto. Un’altra versione, più volte
pubblicata in raccolte di testi goliardici, è chiaramente una derivazione
orale, con interpolazioni e variazioni inaccettabili, sia dal punto di vi-
sta stilistico, sia per la loro incongruenza con il resto del testo. A titolo
di esempio si riportano le varianti delle prime strofe.
Leggenda vuole che l’opera sia stata composta, alla fine
dell’Ottocento, da certo Rosati o Rosadi, studente all’Università di
Bologna, che sarebbe poi diventato ministro di Grazia e Giustizia
(guardasigilli) del Regno d’Italia. Grazie alle recenti digitalizzazioni
effettuate dal Parlamento e dalla Presidenza del Consiglio, sono riusci-
to a compiere esaurienti ricerche, giungendo – spero – alla conclusio-
ne dell’annosa questione. Si esclude innanzitutto il cognome Rosati,
ancorchè vi siano 2 deputati con tal cognome, poiché di un ventennio
troppo recenti e con dati anagrafici contrastanti con le informazioni
‘certe’: Mariano (12/12/1879 - 5/12/1967), letterato laziale, e Benia-
mino (8/2/1881 - 13/11/1978), medico abruzzese. Il cognome Rosadi
si rivela, invece, quello corretto, con un Giovanni Rosadi (09/09/1862
– 04/04/1925), avvocato, cui credo si possa attribuire la paternità dello
Sculacciabuchi, corrispondendo in qualche modo i pochi dati certi: la
profonda conoscenza delle procedure giudiziarie e del linguaggio le-
gale unite a una lingua fiorentina colta, con una data di composizione
di poco antecedente alla fine del secolo, così da coincidere con la pri-
ma apparizione conosciuta del testo, nel 1896.
Giovanni Rosadi è lucchese, studente precoce dell’Università di
Pisa, dove si laurea giovanissimo, intraprende poi una fulgida carriera
d’avvocato penalista a Firenze, amato e rispettato per l’inesausta atti-
vità pro bono che condusse in decine di cause per anni, mentre assu-
meva incarichi di Consigliere comunale di Firenze prima, dal giugno
del 1895, di deputato poi, sempre per la circoscrizione di Firenze, dal
1903 al 1924 (XXI-XXVI legislatura). In tal veste fu Sottosegretario di
Stato al Ministero della pubblica istruzione (1914-16) e ancora per le
Antichità e belle arti al Ministero della pubblica istruzione (1920-22).
Nominato Senatore il 18 settembre 1924, fece a tempo a giurare accet-
tando la carica prima di arrendersi alla malattia che poco dopo lo ucci-
se. Non ho potuto verificare, invece, l’attendibilità della notizia di una
sua frequentazione dell’università di Bologna, poiché nel curriculum
scolastico, e nell’elogio, viene citata solo Pisa.
Il successo dell’opera, degna rappresentante della poesia goliar-
dica, nella tradizione dei Carmina Burana, si deve all’ottima qualità
dei versi che riescono a narrare la vicenda con fluidità e senza forzatu-
re, sciogliendo con naturalezza il problema dell’uso del linguaggio
scabroso. L’autore, evidentemente, era stato un attento lettore di poeti
come il Casti o il Batacchi. Il testo, come indica l’elencazione dei per-
sonaggi all’inizio, era destinato ad essere rappresentato e, in effetti,
ciò è avvenuto ed avviene tutt’ora. Nel corso del novecento ha avuto
numerose edizioni a mano, a macchina, a ciclostile, con una circola-
zione ‘carbonara’. La prima edizione a stampa segue quella
dell’Ifigonia, l’altro testo ‘pornografico’ del secolo, prima sui vari li-
bretti rossi, poi nei volumi di Castelli e di De Boccard.
Il libretto rosso dell’universitario, Comitato 8 Febbraio, Padova 1962
[sequestrato]
Il libretto rosso dell’universitario – Raccolta di commedie, drammi,
ballate, cazzate, sproloqui, ecc., Editrice Le Colonne, Torino [s.d.
1968?] [sequestrato] (edizione a cop. morbida, 196 pp.)
Il libretto rosso dell’universitario: raccolta di commedie, drammi,
ballate, detti e Canti Goliardici, Editrice Ferrara, agosto 1968 [se-
questrato] (edizione a cop. rigida, 160 pp.)
> Si sono riportate le edizioni del ‘libretto’ di cui si hanno dati certi.
I canti goliardici, a cura di Al-
fredo CASTELLI, Supple-
mento al n. 53 de ‘La Mez-
zora’, Ediz. Inteuropa SpA,
Milano 1970
Introduzione e commento a Il
processo di Sculacciabu-chi
e Ifigonia, a cura di Enrico
De Boccard, Ediz. Homerus,
Roma 1971
La Fuga di Angelica
Il lavoro è un esempio
ideale del successo del teatro
goliardico ad inizio secolo.
L’opera ebbe una ventina di
edizioni rappresentate in 17 di-
verse città nei vent’anni a caval-
lo della prima guerra mondiale,
rappresentati effica-cemente
proprio dalla copertina
dell’edizione che presentiamo.
L’opera nasce a Siena nel 1903,
come operetta della Balia, ma
viene replicata più volte negli
anni da diverse compagnie.
Tra le messe in scena spicca quella di Macerata del 1907 al Re-
gio Teatro Lauro Rossi di cui presentiamo la locandina per sottoli-
nearne l’eccezionale interprete. Nella parte di Angelica, infatti trovia-
mo un Beniamino Gigli adolescente! La fortuna dell’opera, con le
rappresentazioni sospese nel periodo bellico, riprendono subito dopo,
nella natia Siena e a Modena, nel 1922, l’edizione da cui abbiamo tra-
scritto il libretto, realizzata per sovvenzionare le prime Olimpiadi uni-
versitarie, organizzate a Roma quell’anno.
Beniamino Gigli (Recanati 1890 – Roma 1957), uno dei mag-
giori tenori del XX
secolo, ebbe una
carriera infinita, ini-
ziando giovanissimo
con i “pueri canto-
res” e rivestendo per
la prima volta il
ruolo di protagoni-
sta proprio ne La fu-
ga di Angelica (nel-
la foto). In meno di
cinquant’anni inter-
pretò ben 55 ruoli
operistici completi,
dal 1907 al 1955,
quando dovette so-
spendere anche le
esibizioni per moti-
vi di salute, a causa
del diabete. Il suo
segreto l’aveva rive-
lato in una intervista
degli anni Cinquan-
ta: “Sto ancora im-
parando. Questo è il
segreto del canto!”
Apogoliateosi
‘Azione lirica’ scritta, allestita e messa in scena dagli studenti
dell’Associazione Universitaria Torinese in occasione dei Festeggia-
menti per il V Centenario dell’Ateneo.

Turlupineide
Andata in scena per la prima volta il 21 aprile 1908, nasce come
spettacolo goliardico per recite di beneficenza che un gruppo di stu-
denti universitari dava presso i Filodrammatici. Tra gli organizzatori
un ‘anziano’ di nobil casata, il conte Emanuele Castelbarco, pensa be-
ne di chiedere un aiutino a un amico, Renato Simoni, giornalista, criti-
co e commediografo. I due sono personaggi che saranno di notevole
spicco nei decenni successivi, e da quel loro primo incontro nasce
un’opera, dapprima misconosciuta orfana d’autore.
Simoni accetta la richiesta e in pochi giorni prepara un copione,
ma non vuole firmarlo. Forse la considera non sufficientemente cura-
ta, forse vuol mantenere un minimo distacco dalla possibile baraonda
goliardica; sicuramente non si aspetta il successo trionfale dell’opera;
è solo alla fine della quarta rappresentazione che riescono a trascinarlo
sul palco per raccogliere i meritati applausi. L’opera inizia un suo per-
corso molto più professionale. Dopo l’allestimento goliardico è la fa-
mosa Compagnia di Operette “Città di Genova” che provvede ad alle-
stirla in grande stile, con scene di Rovescalli e costumi di Caramba.
Tra i protagonisti figurano nomi di spicco del teatro d’allora, il tenore
Vannutelli, la Braccony, del Valle, mentre nel ruolo del protagonista
Tecoppa c’è il suo creatore, il grandissimo Edoardo Ferravilla. (foto)
Renato Simoni <1875-1952> è un veronese trasferitosi a Milano
al volgere del secolo prima come critico teatrale, poi lui stesso autore di
commedie di buon successo, tanto da divenire poi critico del ‘Corriere
della Sera’, e collaboratore di varie testate dalla ‘Lettura’ al ‘Corriere
dei Piccoli’ alla ‘Tribuna Illustrata’. Tra il 1920 e il 1924 collaborò con
Giuseppe Adami nella stesura del libretto della Turandot. Il conte Ema-
nuele Castelbarco Visconti Simonetta <1884-1964>, di medievale no-
biltà lombarda, poeta e pittore, direttore anche di una piccola casa edi-
trice ‘Bottega di poesia’, fu genero di Toscanini, di cui aveva sposato,
in seconde nozze, la figlia secondogenita Wally <1900-1991>.
L’opera viene considerata una vera e propria pietra miliare nella
storia del teatro italiano, prefigurando e suggerendo soluzioni che sa-
ranno comuni nel teatro rivista tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta.
Il libretto, purtroppo, riporta le canzoni e i couplets, mentre mancano
anche solo le indicazioni sui quadri umoristici e le gag. Tecoppa, per-
sonaggio del tea-
tro dialettale mi-
lanese che prende
il nome dalla sua
abituale interie-
zione, “Dio te
coppa!” [ti ucci-
da], è un curvo,
allampanato po-
polano, nemico
del lavoro, appas-
sionato bevitore,
miscuglio di fur-
beria e ingenuità.
I Goliardi all’Ultima Crociata
L’opera è definita “Azione Eroica in Tre Atti”, anche se “Figlia
d’ignoti”, e vorrebbe quindi essere un’opera lirica anche se, struttura e
canzoni, per non dire dello svolgimento, suggeriscono piuttosto
un’operetta. La motivazione è seria, visto che è “Spettacolo Goliardi-
co Pavese Pro feriti e richiamati”, come è segnalato anche sulla carto-
lina celebrativa dell’evento, che abbiamo fortunosamente trovata.
L’occasione del richiamo era la guerra italo-turca, scoppiata il
29 settembre del 1911 e conclusasi, l’anno dopo, con la conquista del-
la Libia e delle isole del Dodecaneso. L’occasione spiega anche
l’ambientazione e i personaggi coinvolti, mediati, naturalmente, dalla
verve goliardica: “Studenti, Arabi, Beduini, Sartine, Odalische, Balle-
rine egizie, caldee, ecc.” Vi sono anche diversi riferimenti ai politici,
che abbiamo cercato di segnalare, senza però addentrarci in esegesi e
doppi sensi legati all’attualità dell’epoca.
Dalla cartolina, scribacchiata a mano, ricaviamo anche le tappe
della tournée che partendo da Pavia il 23 marzo si sarebbe conclusa il
1 aprile dopo aver fatto tappa a Modena, Bologna, Bergamo e Como.
Ifigonia
La seconda opera goliardica “pornografica”, ha condiviso con lo
Sculacciabuchi decine d’anni di riproduzioni sotterranee, con una dif-
fusione carbonara ma talmente capillare, da essere conosciuta e amata
da generazioni di goliardi e studenti. Per anni si è favoleggiato sulla
sua composizione, giungendo ad attribuirne alcuni passaggi addirittura
al Vate, Gabriele D’Annunzio, retrodatandone la realizzazione di oltre
un ventennio. Alcuni suoi versi sono tanto conosciuti da diventare
proverbiali, oltre ad esser citati addirittura nelle paludate aule parla-
mentari, simbolo della profonda cultura dei nostri politici!
Ebbe la sua prima edizione a stampa con il Processo di Sculac-
ciabuchi, passando dai libretti rossi fino al volume di Castelli e al con-
temporaneo di de Boccard del 1971, con saggio ed edizione critica.
L’autore, Hertz De Benedetti <1904-1989>, studente di medicina, la
scrisse nel 1928, ma lo stimato urologo che era diventato la riconobbe
solo dopo essere andato in pensione, quando nel 1975 fu premiato da
Cesare Perfetto, inventore e organizzatore del Salone Internazionale
dell’Umorismo di Bordighera, con il premio Rama di Palma d’Oro. In
quell’occasione l’austero primario rivelò la sua anima goliardica,
componendo dopo quasi cinquant’anni una maliziosa e malinconica
poesia per sottolineare l’evento, riportata da Franco Ressa (A conti fat-
ti beati i matti, Scipioni Editore). L’autore è ricordato anche nelle
memorie di Ovidio Borgondo, il Cavur geniale provocatore della go-
liardia torinese, che lo ricorda come uno dei suoi sodali in scherzi e,
soprattutto, organizzazioni teatrali con la Compagnia Teatrale Goliar-
dica Camasio e Oxilia.
La prima recita pubblica di Ifigonia avvenne a Torino, sotto i
portici di piazza Carlo Felice davanti alla Casa del Caffè, ad opera
dell’autore che voleva raccogliere commenti e critiche degli amici, il
famigerato gruppo della Nave Ammiraglia, guidato da Cavur. Una de-
cina d’anni dopo i torinesi riuscirono anche a portarlo al Teatro Cari-
gnano, in un’unica rappresentazione ad inviti limitata al pubblico ma-
schile; cui naturalmente parteciparono numerose fanciulle travestite!
La protagonista fu interpretata dallo stesso Hertz, con una parrucca di
lunghi capelli biondi, mentre le musiche furono composte per
l’occasione da Giò Lanza, futuro autore di musiche per pubblicità e
caroselli, in cui riutilizzò il suo jingle più famoso, nato per l’Ifigonia
per la promozione della carne Simmenthal, con Walter Chiari e Sylvia
Koscina che cantavano: “Noi siamo felici, noi siamo contenti…”,
edulcorando di molto il testo originale!
Nel 1961 i goliardi torinesi approntarono una edizione commen-
tata, illustrata anche con sedici disegni, ma furono dissuasi dalla pub-
blicazione dalla rigidità delle leggi ancora esistenti sulla censura. Tale
edizione apparve solo nel 1999, per i tipi di Scipioni Editore a cura di
Giuseppe Vettori. Verso la fine del decennio apparvero le prime edi-
zioni a stampa, nei libretti rossi che tentarono di aggirare il problema,
venendo distribuiti direttamente dai bancarellari dell’usato, poiché
nessuna libreria ne avrebbe accettato l’onere. Non per nulla la prima
edizione ufficiale, nel volume di “Canti goliardici” curato da Alfredo
Castelli, uscì come supplemento alla “Mezzora” rivista erotica umori-
stica, che sfoggiava anche inserti di foto di “pupe tutte nude”! In pochi
anni tutto era cambiato.
Don Sculacciabuchi
[Firenze, 1886 ?]
Causa penale contro il reverendissimo prete
Don Sculacciabuchi di San Rocco,
imputato di aver rinculato in un boschetto
un bimbo della sua parrocchia
che colà si recava per viole.
Compongono il Tribunale i Signori Dottori
BUCHIROTTI, Presidente (PRE), FINOCCHIETTI, Giudice, BU-
CALOSSI, Giudice, SEGHETTI, Pubblico Ministero (P.M.)
FAVONI, Cancelliere (CAN), On. INCULATTI, Avvocato Difensore
(AD) (Manca il nome dell’Avvocato di Parte Civile, APC;
si propone: Avv. GUSTAVO DANDOLO)
Altri: un Testimone (TES), il Perito (PER) e l’Imputato (IMP)
UDIENZA PRIMA
AD – Mi permetto di chiedere umilmente,
vista la serietà della vertenza
se concede l’esimio Presidente
di leggere il verbale dell’udienza.
PRE – La cosa è troppo giusta e naturale;
Cancelliere, ci legga il suo verbale.
CAN – L’anno milleottocentoottantasei
del giorno ventisette di quel mese
che i ciuchi vanno in culo e portan sei,
l’egregio Tribunal Babilonese,
con l’avvocato Rimeni in presidenza,
messa la mano al cul, apre l’udienza.
Si discute la causa penale
contro Sculacciabuchi da San Rocco,
imputato d’aver, con magistrale
arte, attirato un giovanetto sciocco,
e avergli messo in culo dieci dita
autocrate e signor dei buchi aviti,
e protettore dell’amor carnale;
di Babilonia il Regio Tribunale
la sentenza seguente ha pronunciato
nel processo che trovasi pendente
contro Sculacciabuchi, ch’è imputato
d’atti osceni, lascivi e violenti
commessi con astuzia viperina
su persona minore e mascolina.
Ritenuto che Adone Culostretto
e Don Sculacciabuchi fiorentino
addi trentuno marzo, in un boschetto
si andavano nel culo, e lì vicino,
sospirando coperti dalle fronde
come persona stitica che ponde;
Considerato che una testimone
dice di aver veduto solamente
l’uccello al prete fuori del calzone
senz'alcun altro indizio concludente;
e avendo detto un altro sempliciotto
che non sa chi era sopra e chi era sotto.
Attesoché, nel dubbio, il Tribunale
non può applicar l’articolo sessanta
e nemmeno l’articolo novanta
e trentasei del Codice Penale
che dice: Cadrà in multa un cittadino
sorpreso dentro un culo mascolino.
Ha per questi motivi condannato
a pagare le spese il querelante;
e senz'altro proscioglie l’imputato
dall’accusa lanciatagli infamante,
applicando la gran legge del Menga,
che dice: Chi l’ha in culo se lo tenga.
Oppur la stessa legge di Bisenzio
ch’è di pigliarlo in culo e far silenzio.
A totale beneficio delle prime Olimpiadi Universitarie
(che si tennero in Roma dal 7 al 30 aprile del 1922)

La fuga d’Angelica
Operetta – ballo in 3 atti e tanti quadri
Parole di Momo GIOVANNELLI e Wolfango VALSECCHI (goliardi)
Musica del Maestro ALESSANDRO BILLI
Prologo: Musica del Maestro AUGUSTO DALL’ACQUA
––––––––––––––
Edito a cura dell’Associazione Studenti Universitari – Modena

Prima rappresentazione a SIENA, R. Teatro dei Rinnovati, 1903.


Annotazione a mano in copertina con la data dell’11 febbraio 1922
(probabilmente quella di questa rappresentazione), MODENA

Elenco dei Teatri ove è stata eseguita (20 edizioni in 17 città)


1903, 1915, Siena: R. Teatro dei Rinnovati; Teatro della Lizza 1921
1903, Firenze: R. Teatro Salvini
1904, Modena: Teatro Municipale; Pontremoli: Teatro La Rosa; Urbi-
no: Teatro Sanzio; Modena 1922
1905, Pavia: R. Teatro Fraschini; Milano: Teatro Lirico
1905, 1912, Parma: Teatro Comunale
1906, Palermo: Politeama Garibaldi
1907, Messina: R. Teatro Vittorio E.; Macerata: R. Teatro Lauro Rossi
1909, Cagliari: Politeama Margherita
1911, Ferrara: R. Teatro Verdi; Ravenna: Teatro Comunale
1912, Forlì: Teatro Comunale
1913, Venezia: Teatro La Fenice
1914, Cortona: Teatro Signorelli

Musica del Prologo del Maestro Augusto Dall’Acqua


PERSONAGGI
Il Prologo
Orlando Innamorati Studente belle lettere, giovane, romantico sen-
timentale, innamorato di Angelica.
Camillo Sbuccioni Studente di medicina, giovane prosaico e ma-
teriale, amante di Susanna.
Diomede Boccianti Professore d’Università.
Angelica Sua figlia.
Susanna Serva del Professore, tipo allegro.
1a Guardia, 2a & 3a Uomini senza valore
1° Cacciatore, 2° & 3° Uomini senza valore
Un Cameriere Bidello dell’Università
Ballo di Silfidi
CORO di Modistine, Sartine, Studenti, Professori, Bidelli ecc.
EPOCA PRESENTE

––– * –––
PROLOGO
LA GIOVINEZZA
Si odono alti squilli di tromba. Si presenta il Prologo.
Squillate! - note gioconde, squillate, (al pubblico)
e vi dia gioia lo squillo, o signori!!
Io vi presento la Dea che amate;
che, ognor sorrisa, vi sorride ai cori
È giovinezza, – l’ispiratrice (grandioso)
è la carezza – l’allettatrice
Perdono general!
Non ci capiscono un cavolo
Andate tutti al diavolo
Perdono general!
Gli studenti invece d’andare al diavolo preferiscono d’andare ciascu-
no a prendere la sua parte d’assoluzione; ottenuta la quale sentono lo
strano bisogno di cantare in coro: ·
STUD. – Evviva i professori PROF. – (commossi e stupefatti)
Dell’Università Evviva gli studenti
Che illustrano le cattedre Dell’Università
Di varie facoltà!  Che a presentarsi in pubblico
Non han difficoltà!
STUD. – E sono severissimi PROF. – Noi siamo severissimi
Con noi studenti, è vero Con gli studenti, è vero,
Eppure a Bacco e a Venere Talora a Bacco e a Venere
Rivolgono il pensiero! Volgiam pure il pensiero.
Se poi dell’anno al termine Ma poi dell’anno al termine
Boccian senza pietà Bocciam senza pietà
E per serbare incolume Per conservar incolume
La loro dignità.  La nostra dignità.
Cosi giunti più o meno felicemente al termine dell’op...eretta, si ricor-
dano di essere tutti studenti anche quelli che fanno da professori per-
ciò cantano in coro:
TUTTI – Viva la vita Mangiare, bere,
Dello studente, Fumar, dormire
Ciò che significa E la fatica
Non far mai niente. Sempre fuggire!
E questo è sempre stato, già si sa, / L’ufficio nostro all’Università!
(Quadro finale) (Cala la tela)
FINE
Cesare Cecchetti

Apogoliateosi
AZIONE LIRICA
RAPPRESENTATA DAI GOLIARDI TORINESI
NELLE

FESTE CENTENARIE DEL LORO ATENEO

––––––––––
MUSICA di
Luigi Cecchetti
––––––––––

Personaggi
TALPONE
UN’OMBRA
UN VENDITOR DI CERINI
UNO STUDENTE DI MEDICINA
UNO STUDENTE TIROLESE

Goliardi torinesi del 1400


Goliardi torinesi del 1500
Goliardi torinesi del 1600
Goliardi torinesi del 1700
Goliardi torinesi del 1800
Goliardi torinesi del 1900
ATTO PRIMO
«Gaudeamus igitur…»
Rompeva solenne, così, l’onda del canto goliardo!
Eppur quanta giovinezza ha palpitato in quel ritmo, quanta luce
di gaia giovinezza!
Salve, salve! ombre amiche dei clerici vaganti, a voi, salve!
... Sotto lo scoscio delle forti mura modulava su su per l’erica
verde il pianto del menestrello e dall’ogivo istoriato l’altera castella-
na sorrideva...
.. Nell’ampia lizza furiavan le annitrenti polledre e su loro lan-
ciavasi baldo, corrusco il cavaliere… Salivano al cielo gli inni del
trionfo e sulle antenne vittrici, intrisi di sangue, ondeggiavano i segni
d’amore...
... Il bove apriva la squallida terra e biancheggiavan nel solco
le ossa insepolte dei pugnaci corsieri… Tra le zolle infeconde cadeva
consunta la prole di Romolo; nel borgo vessato la fame e la peste mie-
tevan le vite...
... Sulle soglie marmoree dell’erma badia, nel sago cinereo ve-
gliava la figura ischeletrita del frate, immagin di morte! E, scolta ai
covi dell’aquila rapace, sui ciclopici spalti, fiera gigante inalberata,
un’ombra...
Sdegno, fremeste voi, o goliardi!... E ridendo ridendo fidaste ai
canti le audacie!
«Gaudeamus...»
Ma già s’apre la sorte dell’oggi!
Nell’atrio festante del nostro ateneo ridda e osanna attorno al
vecchio Talpone la schiera degli studenti.
Ed a voi salve! salve! gaia coorte compagna di questa mia gio-
vinezza piena di desideri e di speranze, di questa ridente ch’io vivo,
ch’è la mia fede e tutta la mia fortuna!
... E indarno s’affanna il venerando decano, indarno, a romper
la viva vertigine...
... In lunga catena, trescando, chiassando la schiera
s’allontana... Il buon Talpone li segue ancora col gesto della minac-
cia. Poi scote il capo e sorride.
STUDENTE TIROLESE – Ma quasi albeggia... e noi vi tratteniamo...
STUDENTE MEDICINA – Buona notte, buon vecchio!
VEND.CERINI – Buon riposo!
STUDENTE TIROLESE – Arrivederci, amico!
I due giovani s’allontanano. Il vecchio li segue coll’occhio. Poi
brontolando.
VEND.CERINI – Ebbene, vecchio mio, che te ne pare?
Come parlava, eh! del suo paese!
Quanto ardor, quanto sogno,
quanto enigma fremea nella sua voce!
Simpatico, simpatico
quel.... giovanotto che m'ha detto addio!
Il buon uomo s’era incamminato per andarsene alla sua volta.
Ma lo arresta una voce:
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il vecchio s’arresta... fissa l’occhio spaventato sul monumento...
Qual vo.... son pazzo? Eppure / era la voce che animava.... Lui!...
Poi si scote.... una vampa di fuoco gli balena negli occhi.
Italia.... il sangue mio!
Ma si guarda le ginocchia, si guarda i polsi...
Ah! ah! ah! ah! / Cera piccola, signori! / Cera grossa!...

FINE
Turlupineide

Rivista Comico Satirica


dei tempi che corrono

Prosa e Versi di
Renato Simoni

Personaggi
La Réclame Lord Blok
Eusapia Filippo il Rosso
Basiliola Pannicelli
1ª signora Cornacchia
1° sposo Esculapio
1ª Merveilleuse Capitan Spaventa
2ª id. Pacifico
3ª id. Gigione
Direttrice delle femministe Sonnellino
1ª Congressista Pantalone
2ª id. Mascheragni
3ª id. Conte Stin
4ª id. 1° marito
Dama della Croce Rossa 1° americano
Tecoppa John
Gabriele Sporchetti
Napoleone Dante
Nepomuceno Erricone
Don Burri L’asinaio
ATTO PRIMO
LE STATUE
Coro degli Americani.
(Matchiche)
Volete voi vedere – il portafoglio?
star pieno di dollari – in quantità!
oh yes we are the Kings of del petrolio siam
molto miliardari
o yes già già!
Compriam tutte le cose
che costan più quattrini,
Caruso, Toscanini
e d’Ascoli il pivial.
L’Italia star paese
molto molto in gran bolletta
però ha antichità
di prima qualità
e noi le comprerem
milioni spenderem!
Canzone di Eusapia.
(Aria Tonchinoise)
Ci si mette al tavolino
e si forma la catena
la corrente si scatena
e si sente un traballar.
Traballare, che vuol dire
che lo spirito si desta;
fuor del buco che ho qui in testa
ecco un soffio evaporar.
Zitti zitti, piano piano
su quel buco, ognun la mano
per l’onor del teatro italiano
A DUE – Viva l’Immaginifico
evviva Basiliò.
GAB. – Su di che ti piace la Fedra
BAS. – Oh la Fedra gnor no, gnor no
GAB. – Se non la vuoi lodar
d’ambo gli occhi ti faccio accecar
e non la vuoi lodar
la bella morte ti voglio dar.
BAS. – Ti dirò che mi piace la Fedra
ma nessuno me lo crederà.
A DUE – Viva l’Immaginifico / evviva Basiliò.
Coro finale
(Musica: Hans, il suonatore di flauto)
Già fondata è la cittade
ha il suo ben ed ha il suo mal!
buchi e sassi per le strade,
automobili e caval!
Tu tu pan pan tutù pan pan.
Avrà presto i suoi teppisti,
le sue etere presto avrà
preti code e socialisti
ah si è una gran città.
Tu tu pan pan tutù pan pan.
Viva viva Turlupinopoli
fatta di niente, si sa,
fragilissima metropoli
che al primo soffio cadrà.
Tu tu pan pan tutù pan pan.
(cala la tela)

FINIS
I Goliardi all’Ultima Crociata
Azione Eroica in Tre Atti – Figlia d’ignoti

Musicata dal Maestro A. Chiappini


Pavia, 1912
(Tipografia Aldo Ponzio)
Fronte e retro della CARTOLINA POSTALE dello
“Spettacolo Goliardico Pavese Pro feriti e richiamati, Marzo 1912”
con annotazione della Tournée goliardica pavese dell’operetta
Modena – Bologna – Bergamo – Como, 23 marzo – 1 aprile 1912
Milano 31 Febbraio 1912
Egregio. Sig. Presidente del Comitato Goliardico Pavese
Lei desidererebbe dunque, ch’ io mi prendessi l’incarico di gui-
dare attraverso all’ordito dedaleo dei «Goliardi all’ultima Crociata»
l’ignaro cittadino, che assiste, con una leggerezza impari al suo com-
pito, al loro spettacolo, forse non sospettando di trovarsi di fronte ad
uno dei più smaglianti capolavori cui la poesia e la musica, in un co-
niugio sublime abbiano saputo dar vita? (1)
Accetto, signore, e la ringrazio d’ avermi scelto a tal missione
iniziatrice.
A Lei, a tutti quelli che hanno dato la loro energia al compito
superbo, il saluto dei forti.
SABATO CAPPERO (2)

(1) Il Comitato è disposto a conferire un premio di 25 centesimi a chi di-


mostrerà di saper leggere d’un fiato questo periodo.
(2) Questo insigne letterato sostituisce nell’incarico il suo collega Domenico
Oliva, non disponibile per precedenti impegni.
––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
PERSONAGGI
L’Anzianissimo Basso
Cecilio Tenore
Quintino Cionconi, amante di Baritono
Irma Soprano
Narciso Azzimati Tenore
Teofilo Secchianti Tenore
Bacco Tenore
Alì Babà, padroncino di Baritono
Zulima Contralto
Un feroce beduino Tenore
L’EPOCA DELL’AZIONE NON LA SAPPIAMO
Lo Spettatore noterà fra le persone che si muovono sul palcoscenico
Studenti – Arabi – Guardie – Beduini – Sartine – Odalische –
Ballerine egizie, caldee, ecc. ecc.
NB. La guerra italo-turca inizia il 29/9/1911, seguita da invasione della Libia!
Atto Primo
Scena Prima
Poche ma fragorose note e ad un cenno del Maestro sulla sala oscura
si spalanca il vulcano rutilante di luce e d’ ori corrusco del palcosceni-
co. (1) Si raccolga, Spettatore, nella contemplazione di esso, è, se non
glielo dice il Suo genio; sappia che la scena rappresenta un’osteria, e,
più precisamente l’Osteria della Trippa Inversa. Tanto per il color lo-
cale si canta l’
(1) Si cede questa bella frase a Prezzo di concorrenza.

Inno del Vino


Evviva il vin Sia gloria a Bacco
Grande portento Gran prottettore
Che al sentimento Di quel licor
Dona vigor  Ch’ ebbrezza dà
Se tutto il mondo beve
Ragion di più per bere
Noi che studenti siamo
Beviam, beviam, beviam!

In una conversazione altrettanto breve quanto movimentata si comin-


ciano a svelare le principali caratteristiche dei singoli personaggi. La-
sciamo all’ intuito ed al perfezionatissimo apparato auricolare della S.
V. queste battute e raccogliamoci nell’aspettativa di quel gioiello di
cesellatura e di grazia che è la
Canzone d’AZZIMATI
La mia bella Carolina,
Agghindata ed amorosa
Se n’andava una mattina
fresca e bella al par di rosa
Io vicino di soppiatto
Mi portai a quella stella
E guardando feci un atto
Quasi a dir: «Quanto sei bella!
C. – Giuro che sempre fedel sarò
E che l’amica mai più tradirò
Schiudi le braccia Irma gentile,
Dammi la mano, fammi un bacin!

Scena Settima
Fate la pace, colombini miei, perché la mezzanotte si avvicina ed è ora
di finirla. Quattro passi di ballo per celebrare il lieto fine
dell’incidente e poi… tableau!...
Un canto lontano annuncia l’arrivo delle sartine che hanno seguiti i lo-
ro amici nelle lontane oasi africane. Per uno di quei soliti ed innocenti
segreti dei librettisti, colle sartine entrano anche Cecilio ed Alì Babà.
Lascio considerare alla S.V. lo slancio d’entusiasmo con cui gli amici
ricevono l’amico finalmente trovato e la convinzione profonda con cui
essi cantano il
CORO Fra spasimi e tortur Ma il nostro Cecilio
L’abbiam ritrovato S’è fin ingrassato
Giornate ben dure Soffrendo l’esilio
Abbiamo passato! Che qui l’ha portato!
Per finire il terz’atto e con esso l’operetta era evidentemente necessa-
rio avere una trovata finale. I librettisti son convinti invece che basti il
CORO FINALE
Dalla Libia al deserto sabbioso Grande e forte d’Italia l’onor!
Gettiam seme di fede e d’Amor Su goliardi leviamo glorioso
Perché sorga quaggiù rigoglioso Un grand’inno all’Italia e all’amor!
Sperando d’aver assolto con zelo il mandato venutomi (1) dal Comitato
ho l’onore di presentare a Lei, Egregio Spettatore, un cordiale augurio
di buona notte.
SABATO CAPPERO

(1) Anche nel supremo momento del congedo S. Cappero ha un’atroce fred-
dura… è la freccia del Parto!
Ifigonia
(Tragedia classica in tre atti)
Personaggi
IL RE DI CORINTO
IFIGONIA, sua figlia
ALLA’ BEN DUR, primo pretendente
DON PEDER ASTA, secondo pretendente
UCCELLONE, CONTE DI BELMANICO, terzo pretendente
SPIRO KITO, quarto pretendente
ENTER O’CLISMA, Gran Sacerdote
IN MAN LAH, Gran Cerimoniere
BEL PISTOLINO, elefante sacro
CORO di NOBILI, VERGINI e POPOLO
Reggia di Corinto, Vastissima sala del trono
- anno 93 a.C. / 69 d.C.

ATTO PRIMO
SCENA: Le porte sono spalancate per dare accesso al popolo.
Entra il gran cerimoniere.
GR.CER. – O popolo bruto, su, snuda il banano
non vedi che giunge l’amato sovrano?
È il Sir di Corinto, dal nobile augello
qual mai non fu visto più duro e più bello.
Il sir di Corinto dall’agile pene
terrore e ruina del fragile imene;
il sir di Corinto dal cazzo peloso
del cul rubicondo ognora goloso.
O popolo invitto, in gesta d’amore
s’affermi il Sovrano più caro al tuo cuore.
Rendiamogli omaggio nel modo migliore,
offrendogli il culo delle nostre signore.
POPOLO – Noi siamo felici, sappiategli dire,
Tu, che mai cedesti a seghe ed a pompini,
stavolta fosti vittima di due denti canini.
Dormi! Da questa sera sars tuo cimitero,
in segno di cordoglio, un sospensorio nero.
Da oggi tu, negletto, starai nelle mutande,
né più le tingerai con il possente glande.
Morire ben dovevi in nobile tenzone
e invece, miserello, moristi da coglione!!!
Avrei bramato di perdere anche il cazzo,
ma perderlo da prode nel gioco del rampazzo.
(Il Re si apparta piangendo)
GR.CER. – Ti sarà dato il trattamento duro
d’esser legata con la fica al muro.
Il popolo sfilerà e tu con l’ano
farai da monumento vespasiano.
IFIG. – Sognavo un cazzo forte da bambina,
perciò pregavo Giove ogni mattina,
chè, come un giorno avvenne per Enrica (mia sorella)
potesse capitarmi nella fica
un poderoso e ben tornito cazzo
per farmene per sempre il mio sollazzo.
Cosi non fu! E la Giustizia grande
che gioia e pur dolore in terra spande.
volle che fossi, per crudel destino,
moglie di un detestato culatino!!!
Addio per sempre, Spiro Kito sposo,
mi butto pel dolor nel water closo.
Tu porrai fin, ti prego, alla mia pena,
tirando lentamente la catena.
(Prima che qualcuno possa trattenerla, Ifigonia si getta a capofitta
nel water closed. Spiro Kito, ubbidendo ai suoi ultimi voleri,
tira lentamente la catena.)
(Tutti si inginocchiano pregando, mentre una salva di scorregge
saluta la moritura.)
CALA LA TELA
Alcune interessanti glosse di SatanAsso da Taranto
L’aulico linguaggio dell’Ifigonia e dello Sculacciabuchi non è sempre
di facile e piena comprensione nel XXI secolo. Sarà opportuno allora,
senza pretesa di aver compiuto un esaustivo studio filologico, eseguire
comunque alcune glosse ai due testi e fornire spiegazioni su termini
obsoleti oggi sostanzialmente incomprensibili. A partire da tecnicismi
desueti collegati agli studi dei due autori delle immortali opere: Rosa-
di, studente di Giurisprudenza, e De Benedetti, studente di Medicina.
In piena monarchia, per esempio, è ovvio che l’accusa nel Processo di
Sculacciabuchi sia sostenuta dall’ufficio del Procuratore del Re, e
dunque il Regio Ministero è per l’appunto l’ufficio del Pubblico Mini-
stero. Il bottino è il deposito degli escrementi: pozzo nero o cantaro
che sia; i bottinai sono gli addetti al suo svuotamento.
Quanto ad Ifigonia, che è apparentata solo nel nome all’Ifigenia degli
incubi di maturità classica d’un tempo (la sventurata figlia di Agamen-
none e Clitennestra è già citata nell’Iliade col nome Ifianassa; poi appa-
re come Ifigenia o Ifigone in tragedie perdute di Eschilo e Sofocle,
quindi nell’Ifigenia in Aulide di Euripide), è nota a tutti ch’essa è in so-
stanza la parodia della Turandot: e se l’opera pucciniana fu rappresenta-
ta per la prima volta solo nel 1926 (Puccini era scomparso nel 1924),
alla Scala di Milano, e nel 1927 al Teatro Regio di Torino, va ricordato
– come ha fatto in un suo utile per quanto altezzoso e non sempre atten-
dibile volumetto Giuseppe Vettori (Ifigonia. Tragedia classica in tre atti.
A cura di Giuseppe Vettori, Scipioni, 1999, che dichiaratamente utilizza
ampiamente gli studi del benemerito Alfredo Castelli – sì, proprio lui, il
padre di Martin Mystère...) – che il libretto della fortunatissima opera,
cavallo di battaglia fra l’altro del grande Pavarotti, risale ad una favola
teatrale in versi del letterato veneziano Carlo Gozzi, pubblicata e rap-
presentata a Venezia nel 1762, che a sua volta fu rifatta nel 1802 da
Schiller e rappresentata – adattamento di Schiller, musiche di Carl Ma-
ria von Weber – nel 1809. Infine, nel 1917 veniva rappresentata una Tu-
randot di Federico Busoni. Ifigonia, la cui composizione è databile
nell’arco di tempo fra il 1926 ed il 1927/28, costituirebbe un caso di
sincronicità, o comunque di incredibile tempestività goliardica?
Ben prima del 1926, in ogni caso, Turandot e la sua trama di indovi-
nelli da risolvere, pena la morte, per ottenere la mano della principessa
erano ben presenti nell’immaginario collettivo, sì da poter dar luogo
ad una dissacrante e goliardica parodia come, appunto, Ifigonia. Vet-
tori (che sulla Goliardia e sui canti goliardici specula, ma che non ama
Nostra Santa Madre e la fraintende ed altezzosamente disprezza) se-
gnala anche fra le possibili fonti ispiranti (la Goliardia, come la com-
media antica, ama la contaminatio...), sempre seguendo la traccia di
Alfredo Castelli, la novella in versi Re Bischerone dell’autore tardo
settecentesco Luigi Batacchi (le cui opere furono però stampate in
edizione definitiva ed accessibile solo nel 1910/1913 in Firenze): c’è
un linguaggio volutamente basso, con grande presenza scenica di
“corregge” non nel senso di cinghie ma di scorregge, con la giovine
figlia di Re Bischerone “che gran prurito / sentìa dove grattarsi è proi-
bito”, proprio per voglia di un marito, e cospicua presenza di laghi di
merda e di “stronzi lunghi trenta braccia almeno”... ma l’opera del Ba-
tacchi poteva poi essere talmente conosciuta da meritarsi, e rendere
comprensibile al pubblico, una kontrafaktur? Difficile...
Il titolo originale della fortunata tragicommedia è comunque “Ifigo-
nia”; alcune delle edizioni alla macchia in ciclostile vi aggiunsero “in
Culide” o “in Troiade”, parodiando l’Ifigenia in Aulide o rievocando
la Troade, che era la destinazione dell’armata achea bloccata in Aulide
fino al sacrificio di Ifigenia. Ma sono superfetazioni inessenziali.
Quanto ai tecnicismi: il protargolo (argento proteinato) era negli anni
Dieci e Venti il rimedio sovrano contro la blenorragia, popolarmente
detta scolo, la più diffusa e temuta delle malattie veneree, fino a quan-
do non arrivò l’Aids (oggi la blenorragia si cura con gli antibiotici); il
muso di tinca è la parte dell’utero che sporge nella vagina; il canale di
Bartolino è sempre parte dell’organo genitale femminile: è il canale
che collega le ghiandole di Bartolino alla vagina. Spiro Kito, infine,
richiama nel nome la spirocheta pallida, il terribile batterio apportatore
della sifilide (anche se nel dattiloscritto il prence samurai non si chia-
ma ancora Spiro Kito ma Kirokito, a palese imitazione dell’imperatore
del Giappone Hirohito, imperatore dal 1926).
Una noterella a parte merita la “rorida begonia” (nelle prime edizioni
a stampa non sequestrate e distrutte, De Boccard e Castelli (1971), si
parla di “lucida begonia” (ma è un errore!) che prude, come ricorda il
Sir di Corinto, a madonna Ifigonia: rorida è termine letterario per ru-
giadosa, e ben s’addice all’organo sessuale femminile; e proprio alla
Rorida Begonia furono intitolate alla fine degli anni ’50 le liste di ispi-
razione goliardica “pura”, contrapposte a quelle cattoliche, neofasciste
o comuniste, per le elezioni dell’Università di Padova.
Ad imitazione del Processo di Sculacciabuchi, e con risultati ovvia-
mente diversissimi fra loro, anche perché improntati all’improv-
visazione, gli Ordini goliardici si erano dotati, fino ai primissimi anni
Settanta, di cancellieri particolarmente abili nella versificazione
all’impronta che trascrivevano in rime, soprattutto baciate,
l’andamento dei processi goliardici ai quali – rito di iniziazione alla
Goliardia – venivano sottoposte le matricole; processi al termine dei
quali, insieme con le pene corporali e pecuniarie, veniva consegnato ai
neo-goliardi il papiro, l’attestazione cioè dell’ingresso, anzi, come per
i cristiani nel battesimo, della nascita in Goliardia; papiro originaria-
mente vergato a mano, su pergamena (o simil...) traforata da bruciatu-
re fatte con le sigarette, con preziose chine, ed alluminato con non
meno preziose tinture d’oro ed argento, pennini e pennelli, il tutto ri-
gorosamente trafugato, mai pagato... e che poi si ridusse a foglietti o
tesserini stampati. O tempora, o mores!... Papiri, atti di nascita in Go-
liardia, che per un vero goliarda avevano almeno altrettanto valore
dell’altra pergamena, l’atto di morte goliardica, il diploma di Laurea...
L’Ifigonia invece, a lungo trascritta soltanto a mano o dattiloscritta,
poi anche clandestinamente ciclostilata, indi a partire dagli anni 60 del
XX secolo pure stampata, dapprima alla macchia, sempre con vistosi
errori ed interpolazioni, conobbe uno strepitoso successo nelle Feriae
Matricularum, ma fu anche portata sulle scene in veri teatri; in pieno
regime fascista, per esempio, nel 1939, ebbe una inaspettata licenza
dalla commissione di censura di Torino (come racconta Franco Ressa
nel suo prezioso “A conti fatti beati i matti. I goliardi letterati”, Sci-
pioni, 1999) per essere rappresentata al Teatro Carignano; rappresen-
tazione per la verità limitata ad un pubblico maggiorenne e maschile;
goliardicamente, il Carignano si riempì anche di donne e di ragazzi
abbigliati tutti in foggia maschile e con barbe e baffi finti... commedia
nella commedia, teatro alla seconda potenza... qualcosa di molto futu-
rista ed avanguardista... o fors’anche soltanto di molto goliardico.
Gaudeamus!
Lo Scaffale di Abelardo
Collana di storia, cultura e curiosità goliardiche
a cura di Umberto ‘Kociss’ Volpini (ukv2022@gmail.com)
Il simbolo  segnala che è la prima edizione italiana del testo.
1 Codici della Goliardia Italiana, 144 pp. illustrato
2 Lo Studente di Padova, parole e immagini,
di Arnaldo Fusinato e altri, 176 pp. illustrato
3 Addio Giovinezza!, storia di un'emozione,
di Sandro Camasio e Nino Oxilia 192 pp. illustrato
4 Vecchia Heidelberg (Il Principe studente) di Wilhelm Meyer-
Förster, 160 pp. illustrazioni originali di Adolf Wald 
5 Manuale Scolarium, Heidelberg 1481,
un classico tradotto per la prima volta, e annotato, 160 pp. 
6 Le scuole dell'antico studio bolognese di Francesco Cavazza,
224 pp. illustrato e con la mappa della città

Programma 2020/2021 (9 titoli non ancora definiti tra questi)

— Un ventennio di vita e teatro — Romanzo di uno studente, di


goliardico torinese: l'autobio- Rudolf Stratz [vol. doppio] 
grafia inedita di Ovidio Borgondo — Teatro Goliardico, Antologia di
detto Cavur, 1919-1942 di Marco testi ‘classici’, 240 pp.
Albera, 320 pp. [vol. doppio]  — Organizzazione degli studi nella
— Un clerico vagante del XV secolo. Università di Parigi nel medio
Autobiografia di Joannes evo, di Charles Thurot, 160 pp. 
Butzbach, 160 pp.  —
— Carmina Burina di Pippo Mazza- — Poesia goliardica – Studi italiani
rino SatanAsso, 320 pp.  ottocenteschi (1876-1900)
— La vita nelle università medievali, — François Villon, biografia
di Sir Robert S. Rait, 160 pp.  letteraria di Henry De Vere
— Le Avventure di Mr. Verdant Stacpoole (1916) 
Green, romanzo di Cuthbert M. — I Sassoborussi, romanzo di Oskar
Bede, 320 pp. illustrato [doppio]  Meding (G. Samarov) [v. doppio] 
Edizioni A.C.C.A – Padova - maggio 2020
Associazione Culturale Calzae Academia – A. C. Studentesca senza scopo di lucro
© Studio Metropolis / A.C.C.A. Pd packaging, editing & add-text ukv
Con i testi completi e originali di
Don Sculacciabuchi [di Giovanni Rosadi]
(Firenze, 1896)
La fuga di Angelica di Momo Giovannelli e
Wolfango Valsecchi
(Siena, 1903 –Modena, 1922)
Apogoliateosi di Luigi e Cesare Cecchetti
(Torino, 1904)
Turlupineide [di Renato Simoni]
(Milano, 1908)
I Goliardi all’Ultima Crociata [Figlia
d’ignoti] e A. Chiappini (Pavia, 1912)
Ifigonia in Culide di Hertz De Benedetti
(Torino, 1928)

Lo Scaffale di Abelardo 8

A.C.C.A. – Padova 8
Associazione Culturale Studentesca

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