Sei sulla pagina 1di 3

Solita forma 

è una locuzione coniata nel 1859 dal musicologo e compositore Abramo Basevi (ma


già anticipata nel contenuto da Carlo Ritorni nel 1841) e rimessa in circolo come definizione
da Harold S. Powers per descrivere la struttura (forma) standard (e dunque solita)
del duetto operistico negli anni dell'Ottocento. La definizione si intende estesa anche
all'aria solistica, ai concertati e ai finali. Il musicologo americano Philip Gossett ha spesso usato la
definizione di doppia aria o forma multipartita per il tipo di struttura utilizzato, ovvero un'aria
divisa da un tempo di mezzo e intervallata da pertichini (una parte secondaria che interviene per lo
più come controcanto, nei pezzi chiusi affidati ai protagonisti, si definiscono pertichini gli ingressi
di altre voci nelle arie solistiche) per conferire dinamicità. Ogni scena progredisce gradualmente da
un momento lirico statico di apertura a un finale attraverso diversi tempi musicali standard e pezzi
fissi, aggiungendo gradualmente personaggi e aggiungendo o svelando complessità nella trama.
Poiché i compositori scrivevano opere in brevi lassi di tempo, la forma standardizzata delle scene
garantiva una struttura drammatica e musicale collaudata nel tempo. L'opera nel XVIII secolo
tendeva a enfatizzare le arie soliste con pochissimi numeri d'insieme. Di fronte a questo stato di
cose e volendo raggiungere nuove situazioni drammatiche, Rossini e i suoi librettisti hanno
sperimentato gli ensemble per renderli drammaticamente integrati nell'opera, consentendone la loro
espressione lirica. Poiché le opere di Rossini dominavano l'opera italiana dell'inizio del XIX secolo
e poiché le sue soluzioni alle situazioni musico-drammatiche avevano così tanto successo, le sue
opere vennero considerate modelli che divennero parte di una convenzione standardizzata.
In particolare, la solita forma si articola generalmente in diverse sezioni:

 Scena (recitativo accompagnato): nei numeri solistici e nei duetti, testo


in endecasillabi e settenari sciolti;
 Tempo d’attacco: nei duetti (ma non sempre) e nei concertati, testo generalmente (ma
non solo) in ottonari rimati o sciolti;
 Adagio o cantabile: (nei numeri solistici o nei duetti), largo concertato (nei finali e nei
concertati), testo in versi rimati;
 Tempo di mezzo: testo generalmente (ma non solo) in ottonari rimati o sciolti;
 Cabaletta: (nei numeri solistici o nei duetti) o stretta (nei finali concertati), testo in
versi rimati.

Duetto: Es. Lucia di Lammermoor, duetto Lucia – Edgardo, Atto I

 Scena: "Lucia perdona"


 Cantabile: "Sulla tomba che rinserra"
 Tempo di mezzo: "Qui, di sposa eterna fede"
 Cabaletta e stretta: "Verranno a te sull'aure"

Aria solistica: Es. La traviata, Scena ed Aria di Violetta, Atto I

 Scena: "È strano"


 Cantabile: "Ah, fors'è lui"
 Tempo di mezzo: "Follie!... follie..."
 Cabaletta: "Sempre libera degg'io"

Finale d'atto concertato: Es. Lucia di Lammermoor, Atto II, Finale

 Coro e cavatina di Arturo: "Per te d'immenso giubilo", "Per poco fra le tenebre"
 Tempo d'attacco: "Qui giungere or la vedrem"
 Largo concertato: "Chi mi frena in tal momento"
 Tempo di mezzo: "T'allontana, sciagurato"
 Stretta: "Esci, fuggi il furor che mi accende"

Il modulo segue lo schema di base:


 Musica introduttiva, di solito strumentale
 Recitativo o dialogo su un tempo iniziale o di base
 Adagio/ Cavatina/ "Pezzo concertato"
 "Tempo di mezzo" (movimento centrale, interludio, spesso suona come se interrompesse
l'azione con l'ingresso di un terzo)
 Cabaletta e (nel caso della scena finale di un atto),
 Finale Stretta

Le grandi arie all'interno della scena rientrano in questo schema di base. Tali arie sono talvolta
chiamate arie cavatina/cabaletta:
 Cantabile
 Tempo di mezzo
 Cabaletta

Un esempio di forma solita estesa può essere trovato nell'atto 3 de La traviata di Verdi:
 Introduzione: Preludio
 Recitativo: "Annina? Comandato"
 Adagio: "Tenete la promessa"
 Tempo di Mezzo: coro fuori scena "Largo a quadrupede"
 Cabaletta: "Signora...che t'accadde"

Il modulo poi ricomincia:


 Cantabile: "Parigi, o cara"
 Tempo di Mezzo: "Ah, non più...Ah, Violetta! Voi? Signor"
 Finale

Nell'aria e nel duetto la sequenza cantabile-tempo di mezzo-cabaletta è preceduta di norma


dalla scena; nei finali può invece essere preceduta da cori, danze, marce, brevi ariette o duettini,
pezzi caratteristici. Il carattere dinamico del tempo d'attacco e del tempo di mezzo, carichi di azioni
drammaturgiche, si alterna a quello statico del cantabile e della cabaletta, momenti in cui emergono
le passioni e la psicologia dei personaggi. Come fa notare Giorgio Pagannone, il modello della
"solita forma" è sufficientemente flessibile da potersi adattare a situazioni diversissime, e da
permettere un numero amplissimo di varianti macro- e microformali. Parlando del duetto
tra Rigoletto e Sparafucile, Basevi afferma «Oltrechè si mostra con questo pezzo, che non manca
l'effetto ancora quando altri si allontani dalla solita forma de' duetti, cioè da quella che vuole
un  tempo d'attacco, l'adagio, il tempo di mezzo, la cabaletta».

Si definisce concertato (o pezzo concertato) la parte di un'opera lirica in cui i personaggi e il coro


intrecciano le loro linee vocali in forma polifonica. Sin dal Settecento, i concertati dell'opera
italiana si collocano di preferenza nei finali d'atto intermedi, più raramente a fine quadro o alla fine
dell'opera. In origine si articolano in più sezioni, che nelle opere italiane del
primo Ottocento seguono la struttura nota alla musicologia come "solita forma": un tempo
d'attacco seguito da un largo (o cantabile), un tempo di mezzo e una stretta (vedi cabaletta).
Nella musica vocale, ma soprattutto strumentale del periodo barocco, il concertato barocco fu la
prassi esecutiva che prevedeva giochi di opposizione e contesa (in latino concertare) o di legame e
unità (conserere) fra le parti o voci di un concerto, e in particolare del concerto grosso. Tale
tradizione fu molto cara alla scuola polifonica veneziana.

 Mi par d'esser con la testa (Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, atto I)


 Nella testa ho un campanello (L'Italiana in Algeri di Gioachino Rossini, atto I)
 Mi par d'essere sognando (La Cenerentola di Gioachino Rossini, atto I)
 A tal colpo inaspettato, gran pezzo concertato a 14 voci (Il viaggio a Reims di Gioachino
Rossini, atto I)
 Tutto cangia, il ciel si abbella (Guglielmo Tell di Gioachino Rossini, finale dell'opera, atto
IV)
 D'un pensiero e d'un accento (La sonnambula di Vincenzo Bellini, atto I)
 Ah, vieni al tempio (I puritani di Vincenzo Bellini, atto I)
 Chi mi frena in tal momento (Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, parte II atto II)
 Da chi son io tradito! (Belisario di Gaetano Donizetti, atto I)
 Schiudi, inferno, la bocca, ed inghiotti (Macbeth di Giuseppe Verdi, atto I)
 E deggio e posso crederlo (Il trovatore di Giuseppe Verdi, atto II)
 Alfredo, Alfredo, di questo core (La traviata di Giuseppe Verdi, atto II)
 Plebe! patrizi! popolo dalla feroce istoria (Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi, atto I)
 A terra, sì, nel livido fango (Otello di Giuseppe Verdi, atto III)
 D'un vampiro fatal - Già ti vedo immota e smorta (La Gioconda di Amilcare Ponchielli, atto
III)
 D'un vecchio che prega (Edgar di Giacomo Puccini, atto I)
 Rosetta! (Scena dell'imbarco delle prigioniere, Manon Lescaut di Giacomo Puccini, atto III)
 Deh! Non volerli vittime Norma, atto III

Potrebbero piacerti anche