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Larpa

viggianese
La storia di un riscatto sociale

L occasione della Masterclass sullarpa viggianese che sar tenuta da Giuliana De Donno al
Conservatorio N. Piccinni di Bari dall11 al 13 Settembre 2014 offre lopportunit di
ricordare, seppur molto sinteticamente, limportanza del fenomeno dellarpa viggianese e
della musica popolare nel sud Italia. Un fenomeno spesso ancora considerato marginale e che
stenta a trovare la collocazione istituzionale adeguata. Il breve percorso che ci apprestiamo
idealmente a tracciare si concluder con la testimonianza di Giuliana De Donno, talento
italiano della musica etnica e suonatrice di arpa viggianese, che ha dedicato la sua vita alla
scoperta e allo studio di questo repertorio.


La mancanza di attenzione nei confronti della musica popolare e in particolare delluso
dellarpa in questo repertorio non un fenomeno comune a tutti i paesi. Per esempio: chi non
conosce larpa celtica e chi non sa quanto sia importante questo strumento per paesi quali
lIrlanda, la Scozia e le regioni del nord della Francia! Lorgoglio con cui gli irlandesi mostrano
larpa nelle loro bandiere e sulle loro monete ricorda a tutto il mondo quanto si possa e si
debba essere fieri della propria storia e delle proprie tradizioni. Analoga importanza a questo
strumento viene data in sud America dove estremamente popolare e vanta ancora oggi
virtuosi in grado di strabiliare con le proprie tecniche esecutive e il brillante repertorio gli
appassionati di musica di tutto il mondo.

Diversamente la grandissima tradizione popolare arpistica presente nellItalia
meridionale tra la fine del Seicento e linizio del Novecento, diffusa in regioni quali la
Campania, la Calabria, lAbruzzo e soprattutto la Basilicata ancora poco conosciuta. Eppure
gli studi sullargomento attualmente esistenti si basano su di una ricchissima documentazione
costituita da numerosissime fonti iconografiche e letterarie risalenti al Settecento e
allOttocento.

In Basilicata, e in particolare a Viggiano, piccolo centro nella Val dAgri, larpa stato
uno strumento assai presente, tanto che dagli archivi del Comune risulta che quasi in una
famiglia su tre ci fosse un suonatore di arpa. Lo strumento era suonato, costruito ed insegnato
secondo una tradizione radicatissima che si tramandava di padre in figlio. Ancora oggi
possibile trovare le testimonianze di tale passato passeggiando nelle vie di Viggiano e
osservando i bassorilievi raffiguranti arpe che ornano i portali di antiche dimore, una volta di
propriet di famiglie di musicisti. E molto significativo poi che in tempi pi recenti si sia
deciso di celebrare il ricordo di questa importantissima tradizione commissionando un
monumento allarpista in bronzo che collocato nellatrio della Scuola Elementare di
Viggiano.

La storia dellarpa viggianese, o arpicedda - uno strumento alto circa 140-147
centimetri, diatonico (cio privo dei sette pedali presenti nelle arpe classiche moderne
necessari per ottenere le note alterate), di struttura sottile e leggera - strettamente collegata
alla storia di un popolo che ha sofferto per lunghi periodi miseria, povert, carestie, terremoti
e guerre. Viggiano e la Basilicata, sebbene abbiano conosciuto lunghi periodi di benessere, tra
il Settecento e lOttocento erano tra le regioni pi povere della penisola italiana, e spesso i
genitori non avevano altro da lasciare ai propri figli che la loro conoscenza della musica, di
come si costruiscono e si riparano gli strumenti e di come si suonano. Conoscenze tramandate
di padre in figlio, affinate e sperimentate sul campo, che molto argutamente i viggianesi
avevano compreso essere la loro ricchezza, in molti casi la loro unica ricchezza. Il sistema di
trasmissione ed istruzione era sostanzialmente di tipo orale e pratico. Lapprendimento del
repertorio e delle tecniche di arrangiamento ed elaborazione del repertorio avveniva per
imitazione e suonando ad orecchio, provando e riprovando sotto lamorevole controllo di chi

ne sapeva di pi. La tecnica per suonare veniva invece appresa su pochissimi testi provenienti
per lo pi dalla Francia, probabilmente sempre gli stessi, tramandati di padre in figlio e
utilizzati da pi famiglie. I segreti della liuteria e della lavorazione del legno si apprendevano
nelle botteghe, assistendo al lavoro degli artigiani, cercando di carpirne i segreti, le intuizioni
e facendo tesoro della loro esperienza.

Moltissimi viggianesi riposero le loro speranze di vita e di sussistenza nella musica, e in
particolare nellarpa, ed esistono innumerevoli documenti a testimonianza del fatto che
almeno dallinizio del Settecento (ma con tutta probabilit anche prima) cominciarono a
viaggiare in Italia, in Europa e poi nel mondo intero per fare della loro arte un mezzo di
sussistenza. Si spostavano in piccoli gruppi, facendosi apprezzare ovunque per la loro abilit
di suonatori e di liutai, per le loro qualit musicali e per il repertorio, vasto ed estremamente
variegato, costituito da musica popolare come pure da melodie tratte dalle opere pi famose
del tempo di compositori italiani quali Rossini, Cimarosa, Jommelli, Mercadante, Paisiello,
Bellini e Donizetti.

Con la loro arte e grazie alle loro conoscenze e competenze molti riuscirono ad
assicurare a se stessi e alle famiglie lagio economico che consent a tantissimi di uscire dalla
miseria alla quale sembravano destinati, a garantirsi un futuro migliore e a far studiare i
propri figli. In alcuni casi i figli degli arpisti viggianesi vennero mandati a studiare nei
conservatori di musica e riuscirono successivamente ad essere assunti in prestigiose
orchestre nazionali ed internazionali.

La storia dellarpa viggianese indissolubilmente legata alla storia di un popolo che si
ribellato ad un destino di povert e che ha fatto delle proprie abilit e competenze, e
soprattutto della propria arte e del proprio ingegno, gli strumenti di un grande riscatto sociale
ed economico che non ha paragoni con alcuna altra storia di emigrazione. Per queste ragioni
larpa viggianese alla fine dellOttocento diventata addirittura un simbolo di orgoglio, di
libert, di coraggio, di forza, di speranza in un futuro migliore conquistabile con la conoscenza
e labilit. Prova ne che a Viggiano nel 1876 nacque un giornale dal nome LArpa Viggianese.
Giornale popolare Educativo che nel proprio programma dichiarava:

[ ] Prometto solo di essere fedele alla missione di un giornale che deve istruire e dilettare [
LArpa di Viggiano] animata, com, dal desiderio del bene, del vero, e del giusto, sar leco della
voce della giustizia, della buona educazione, delleducazione veracemente sana, e dei bisogni del
popolo, specialmente di quella parte, che chiede istruzione, pane e lavoro, diritto incontrastabile
e sacro di ogni uomo [ ] La corda che vibrer costantemente quella che chiamasi
dellIstruzione con le due laterali attigue, che Educazione e Lavoro appellasi [ ] Laltra
principale corda, destinata a dilettare, vibrer allunisono colle suddette, e [ ] conterr
Romanzi e buone letture [ ] Racconti, Poesie e Biografie [ ] tratter dei viaggi pi importanti,
di Geografia, dellemigrazione, del Commercio [ ] LArpa grider sempre istruzione, istruzione [
] I Redattori dellArpa non sono e non saranno mai servi a nessuno, nemmeno alle passioni di
quel campo dove sono i loro interessi.

Nonostante limportanza e la bellezza di questa tradizione oggi si conosce pochissimo


dellarpa viggianese, sebbene larpa viggianese sia stata di recente dichiarata patrimonio
dellumanit dallUnesco e a Viggiano siano stati istituiti un attivissimo centro di studi, corsi di
arpa popolare e classica e corsi di liuteria di arpa viggianese.

Come sia stato possibile dimenticare la storia di questo strumento e larte di chi la
suonava non facile dirlo ma si possono fare delle ipotesi. Forse una storia di miseria cos
profonda alla fine dellOttocento e allinizio del Novecento divent troppo scomoda e si prefer
rimuoverla per impedire che limmagine del nuovo Regno dItalia unito potesse essere
associato a storie spesso tristissime nelle quali governanti e politica non furono di alcun
ausilio al popolo e nelle quali solo la forza interiore dei diseredati ha consentito ad un intero
paese di uscire dalla disperazione.


Forse per queste ragioni che alla fine dellOttocento allimmagine dellarpista e del
musicista itinerante che delizia gli astanti con la propria arte e il proprio talento (celebrata in
tutto il mondo e per secoli da scrittori e poeti quali Johann Wolfgang von Goethe, Giovanni
Pascoli, Giuseppe Gioacchino Belli e Charles Burney) si sovrappone limmagine dellaccattone,
che senza arte n parte, e soprattutto senza voglia di lavorare, importuna la gente nelle strade
per mendicare lelemosina. Ed cos che gli arpisti viggianesi dopo secoli di riconoscimenti e
di gloria furono associati agli zingari, agli accattoni e denigrati al punto che quei pochi
suonatori di arpa ancora viventi oggi hanno preferito tacere e nascondere per anni la propria
storia e il fatto di aver conquistato il proprio benessere suonando larpa in giro per il mondo.
Solo di recente, rendendosi conto di un rinnovato e sincero interesse nei confronti di questa
importantissima tradizione hanno ripreso a suonare le loro arpicedde, a raccontare le loro
storie e a tramandare le loro esperienze.

Ed forse per le stesse ragioni che la musica popolare, tradizione importantissima del
nostro Paese, non riesce ad essere riconosciuta nel suo pieno valore storico, culturale ed
artistico.

Intervista a Giuliana De Donno


Lucia Bova: Hai iniziato i tuoi studi seguendo un percorso classico: il Conservatorio, il Diploma,
poi gli studi accademici, i concorsi ecc. Vuoi parlarcene?

Giuliana De Donno: Mi sono avvicinata allarpa allet di 8 anni, ma gi a 6 tormentavo i miei


genitori affinch mi facessero suonare questo strumento che mia aveva profondamente
colpita e affascinata vedendolo semplicemente nellorchestra dei variet televisivi del sabato
sera. Il mio percorso di studi iniziato presso il Conservatorio E.R. Duni a Matera, citt in cui
sono nata, mentre ho conseguito il diploma in arpa classica presso il Conservatorio S. Cecilia
di Roma sotto la guida della Prof.ssa Jolanta Jugo de Grodnicka. Successivamente ho
frequentato il I anno del corso di arpa di Elena Zaniboni allAccademia Nazionale di Santa
Cecilia e poi le lezioni di Claudia Antonelli presso la scuola di Musica di Fiesole. Pochi i
concorsi a cui ho partecipato (superati brillantemente) poich li ho sempre percepiti e vissuti
come una minaccia alla creativit e alla fantasia per via della eccessiva ostentazione di
virtuosismo tecnico richiesto nelle selezioni. Una sana e formativa competizione lho
esercitata invece sul campo, confrontandomi con vari generi e forme musicali e tanti bravi
maestri, musicisti e colleghi.

L.B: Quando hai deciso di dedicarti al repertorio popolare e soprattutto che cosa ti ha spinto a
specializzarti in questo repertorio?

G.D.D.: Dopo il diploma ho tenuto numerosi concerti di arpa classica sia da solista, che in
formazione da camera e in orchestra. Per qualche anno ho conosciuto e approfondito la
musica contemporanea e davanguardia, eseguendo anche composizioni in prima esecuzione
assoluta. Perlustrai nuovi orizzonti musicali e scoprii la tavolozza infinita di suoni e colori che
la musica pu offrire, ma tanto ancora dovevo conoscere e studiare e cos, compiendo un
percorso al contrario, tornai alla musica tonale ripartendo dalla musica popolare. Arpa celtica,
arpa sud-americana, arpa viggianese, tutti questi meravigliosi strumenti erano li che mi
aspettavano! E custodendo come un prezioso tesoro la preparazione classica, iniziai a nutrire
la mia curiosit approfondendo la ricerca nel campo della musica popolare. Cos dopo i lunghi
studi di arpa classica avevo nuovamente una mole di lavoro da affrontare, stili e tecniche
nuove da imparare e, cosa pi difficile, cambiare e rivoluzionare il mio approccio alla musica.
Ho cercato e inseguito maestri arpisti - talvolta raggiungendoli dallaltra parte del mondo -
che mi insegnassero larte delle arpe popolari. Per le strade di antichi paesi del Sud Italia ho

danzato e ascoltato la musica suonata proprio dai musicisti della tradizione per poterne
carpire i segreti. Ho suonato con gruppi e orchestre popolari come quella della Notte della
Taranta, con cui ho cimentato la mia fantasia, allenato il mio orecchio e imparato anche larte
di adattare e arrangiare la musica per il mio strumento ma nel vero senso della parola, dal
momento che su un programma di 40 brani da eseguire con lorchestra, non avevo neanche
una nota scritta sullo spartito e di fronte a quel palco cerano pi di 10.000 mila persone ad
ascoltarci! La musica, vissuta come energia, tensione, sfida, conoscenza, ma soprattutto
rapporti umani, gioia e divertimento, stata la forza propulsiva che mi ha spinto a superare i
tanti momenti di difficolt e a mettermi costantemente in gioco.

L.B.: Quali sono le arpe che suoni nei tuoi concerti?

G.D.D.: Arpa celtica elettroacustica, arpa paraguayana e larpa viggianese della quale posseggo
un prezioso esemplare di met 800 che vista la rarit utilizzo solo in situazioni particolari.

L.B.: In breve quali sono le differenze tra queste arpe popolari e larpa classica?

G.D.D.: La differenza principale che larpa classica semi-cromatica e ha sette pedali per
poter alterare i suoni prodotti dal pizzico delle corde, mentre larpa celtica ha le levette a capo
di ogni corda che consentono un uso limitato delle alterazioni (solo un semitono) e si
azionano con una mano, talvolta anche mentre si suona. La stessa cosa avviene per la
viggianese che ha i cosiddetti bischeri (levette) ma non su tutte le corde; invece larpa
paraguayana diatonica e le alterazioni si ottengono con una tecnica speciale grazie
allutilizzo di un ditale. Altra differenza sostanziale sono i materiali delle corde e la relativa
tensione: nella arpa classica e nella maggior parte delle celtiche, le corde sono di metallo,
budello e nylon; la viggianese ha invece tutte le corde di budello, mentre la paraguayana le ha
tutte di nylon. Questo fa s che il suono e il timbro caratterizzino ciascuna arpa e che la tecnica
per suonarle, e quindi limpostazione delle mani, siano differenti. Sullarpa classica si
utilizzano i polpastrelli per affrontare la forte tensione delle corde causata dal maggiore
spessore delle corde; invece sulle arpe popolari, che hanno le corde di spessore inferiore e
minore tensione, si utilizzano le unghie alternate ai polpastrelli.

L.B.: La musica popolare in Italia sufficientemente compresa e valorizzata?

G.D.D.: Nelle istituzioni italiane il valore e limportanza storica e culturale di questo repertorio
sono ancora poco compresi e evidenziati. Malgrado ci si avviato da diversi anni un
processo di valorizzazione e riscoperta dellenorme patrimonio musicale popolare italiano e
non solo, ad opera di numerosi studiosi, ricercatori, etnomusicologi, giovani e validi musicisti
che si sono assunti loneroso compito di riscoprire questa tradizione. La musica in quanto
linguaggio universale patrimonio della intera umanit, non conosce confini, colori di pelle e
differenze sociali, pertanto deve essere di tutti e accessibile a tutti!

Ritengo che sia stata una grande rivoluzione laver introdotto nei Conservatori italiani
linsegnamento della musica jazz, ma bisogna fare attenzione, perch rinchiudere ancora una
volta i generi musicali in compartimenti stagni vorrebbe dire mortificare, limitare la
formazione e la cultura di un giovane musicista. Sarebbe invece interessante fargli scoprire
quali sono le relazioni tra generi musicali apparentemente distanti, raccontandogli ad
esempio come Mozart, Prokofev o Rossini attingessero per le loro composizioni dal
patrimonio musicale popolare; che Britten quando era a Napoli andava alla ricerca del teatro
dei pupi per trarre spunti per le sue opere e che le origini del jazz provengono dai ritmi della
lontana Africa. Evidenziare inoltre come le composizioni di Bach, Debussy e tanti altri
importantissimi compositori classici abbiano forgiato generazioni di raffinati e straordinari

musicisti jazz, rock e pop, e ancora, come le bande musicali del Sud Italia o la musica barocca
europea siano state da esempio e riferimento per molte tradizioni musicali del Sud-America.
Insomma, penso che far comprendere e far conoscere la storia e le origini che hanno dato vita
agli strumenti e alle varie espressioni musicali e come queste ultime si siano fuse, miscelate,
sviluppate e ricreate, dovrebbe essere tra i primi obiettivi di unIstituzione di Alta Formazione
Musicale.

L.B.: Che cosa sarebbe utile per la valorizzazione di questo repertorio?

G.D.D.: Semplicemente farlo conoscere e diffonderlo negli ambiti desueti, con lausilio di
esperti e di ricercatori, attraverso incontri e concerti eseguiti da musicisti attenti alla
tradizione ma nel contempo aperti alle innovazioni e alle contaminazioni.


L.B.: Perch didatticamente importante che gli allievi si avvicinino alla musica popolare e
allimprovvisazione?

G.D.D.: Per avere un approccio alla musica meno strutturato e pi libero! Non dimentichiamo
che molte delle composizioni dal 500 al pieno 800 lasciavano ampi spazi allimprovvisazione
e alla creativit dellinterprete. Improvvisare vuol dire necessariamente esplorare e sfruttare
le numerose risorse sonore e timbriche del proprio strumento, sperimentare nuove tecniche
e, ancora, conoscere larmonia e il ritmo, come anche analizzare, smontare, rimontare,
capovolgere, stravolgere e ricreare un brano intero! Sembra un paradosso, ma il processo di
apprendimento si articolerebbe cos in due fasi: prima di strutturazione e poi di
destrutturazione. Conoscere e capire prima, consente di liberarsi e lasciarsi andare alla
fantasia e alla creativit poi. Questo percorso porta a una conoscenza cos profonda della
musica da determinare nellallievo una sicurezza e una consapevolezza tali per cui anche
ritornare poi allo spartito convenzionale e affrontare qualsiasi pagina musicale, che sia di
repertorio classico, contemporaneo oppure barocco, sar puro divertimento!

L.B.: Credi che i Conservatori di musica possano essere dei luoghi adatti per lo studio della
musica popolare? Perch?

G.D.D.: I Conservatori di musica sono e devono essere i luoghi dove imparare la musica in toto.
Lofferta formativa dovrebbe essere a 360 e riguardare tutte le massime espressioni musicali,
di modo che poi ognuno possa scegliere la propria specializzazione!

L.B.: Ci sono altri Paesi nel mondo dove la musica popolare entrata nei Conservatori o nelle
Istituzioni deputate alla formazione in ambito musicale? E perch in Italia ci non successo?

G.D.D.: In molti paesi del mondo e dEuropa (come in Francia, Irlanda, Spagna) la musica e gli
strumenti popolari non sono uno scandalo se insegnati nei Conservatori o nelle istituzioni
deputate alla formazione musicale. Da noi ci sono solo alcuni corsi di etnomusicologia, ma
certamente non di zampogna, organetto, launeddas, chitarra battente, arpa popolare ecc.
Bisognerebbe fare unattenta analisi dal punto di vista storico, antropologico, sociale e
culturale degli ultimi 50/60 anni per comprendere come e perch il nostro Paese abbia voluto
dimenticare, se non perdere, la sua memoria storico-culturale, trattenendo solo quelle forme
ed espressioni artistiche che potessero essere riconosciute allestero con questa piccola
provocazione lascio aperta la risposta, con lauspicio che in futuro qualche giovane studioso
potr darcene una obiettiva ed esauriente.
(Lucia Bova, Conservatorio N. Piccinni di Bari, interprete
e autrice di saggi sullarpa moderna e contemporanea)

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