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LA SONNAMBULA
VINCENZO BELLINI

LA
VINCENZO BELLINI

SONNAMBULA
GRAN TEATRO LA FENICE

LA SONNAMBULA

1
GRAN TEATRO LA FENICE

LA SONNAMBULA
melodramma in due atti di
FELICE ROMANI

musica di

VINCENZO BELLINI

PALAFENICE AL TRONCHETTO

Sabato 22 giugno 1996, ore 20.30, turno A


Marted 25 giugno 1996, ore 20.30, turno D
Gioved 27 giugno 1996, ore 20.30, turno E
Sabato 29 giugno 1996, ore 15.30, turno B
Domenica 30 giugno 1996, ore 15.30, turno C
Marted 2 luglio 1996, ore 18.30, turno F

3
Vincenzo Bellini. Ritratto di FrØdØric Millet.

4
sommario

7
IL LIBRETTO

41
LA SONNAMBULA IN BREVE

42
LA SONNAMBULA
ARGOMENTO - ARGUMENT - SYNOPSIS - HANDLUNG

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LA LOCANDINA

49
LUCA ZOPPELLI
L IDILLIO BORGHESE

67
GUIDO PADUANO
LA VERIT DEL SOGNO: LA SONNAMBULA

I programmi di sala del Teatro La Fenice sono a cura di Cristiano Chiarot,


con la collaborazione di Paolo Cecchi e Luca Zoppelli per la parte musicologica
e di Maria Teresa Muraro per la ricerca iconografica.

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Felice Romani.

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I L LIBRETTO

LA SONNAMBULA

melodramma in due atti

libretto di
F ELICE ROMANI

musica di
VINCENZO B ELLINI

7
Interno del Teatro Carcano di Milano dove ebbe luogo la prima rappresentazione assoluta di Sonnambula (1831).

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Personaggi

Il Conte Rodolfo, signore del villaggio

Teresa, molinara

Amina, orfanella raccolta da Teresa, fidanzata ad

Elvino, ricco possidente del villaggio.

Lisa, ostessa amante di Elvino.

Alessio, contadino, amante di Lisa.

Un notaro

Contadini e contadine

La scena è in un villaggio della Svizzera

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Alessandro Sanquirico. La Sonnambula, Atto I, 1. Prima rappresentazione assoluta al Teatro Carcano (1831). In-
cisione di L. Viganò.

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ATTO PRIMO

SCENA I
Piazza d’un Villaggio. Da un lato un’osteria, dall’altro un mulino, in fondo colline praticabili.

All’alzarsi del sipario odonsi da lungi suoni pastorali e voci lontane che gridano:
Viva Amina! Sono gli abitanti del villaggio che vengono a festeggiare gli sponsali di lei.

Esce Lisa dall’Osteria, indi Alessio dai colli.

LISA Tutto è gioia, tutto è festa...


Sol per me non v’ha contento,
E per colmo di tormento
Son costretta a simular.
O beltade a me funesta,
Che m’involi il mio tesoro,
Mentre io soffro, mentre moro,
Pur ti deggio accarezzar!

ALESSIO Lisa! Lisa!

LISA (per partire)


Oh! l’importuno!

ALESSIO Tu mi fuggi!...

LISA Fuggo ognuno.

ALESSIO Ah! non sempre, o bricconcella,


Fuggirai da me così.
Per te pure, o Lisa bella,
Giungerà di nozze il dì.

(Durante il colloquio di Lisa e di Alessio i suoni si sono fatti più vicini, e più forti le acclamazioni.)

SCENA II
Scendono dalle colline villani e villanelle, tutti vestiti da festa,
con stromenti villerecci e canestri di fiori – Giungono al piano.

CORO Viva Amina!

ALESSIO Viva!

LISA (indispettitasi)
(Anch’esso!
Oh dispetto!)

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CORO Viva! Ancora.

ALESSIO Qui schierati... più d’appresso...

LISA (Ah! la rabbia mi divora!...)

CORO La canzone preparata


Intuonar di qui si può.

LISA (Ogni speme è a me troncata:


La rivale trionfò.)

Canzone

In Elvezia non v’ha rosa


Fresca e cara al par d’Amina:
È una stella mattutina,
Tutta luce, tutta amor.
Ma pudica, ma ritrosa,
Quanto è vaga, quanto è bella:
È innocente tortorella,
È l’emblema del candor.
Te felice e avventurato
Più d’un prence e d’un sovrano,
Bel garzon, che la sua mano
Sei pur giunto a meritar!
Tal tesoro amor t’ha dato
Di bellezza e di virtude,
Che quant’oro il mondo chiude,
Che niun re potria comprar.

LISA (Ah! per me sì lieti canti


Destinati un dì credei:
Crudo amor, che sian per lei
Non ho cor di sopportar.)

ALESSIO (avvicinandosi a Lisa)


(Lisa mia, sì lieti canti
Risuonar potran per noi,
Se pietosa alfin tu vuoi
Dare ascolto al mio pregar.)

SCENA III
Amina, Teresa e detti.

AMINA Care compagne, e voi,


Teneri amici, che alla gioia mia
Tanta parte prendete, oh come dolci

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Scendon d’Amina al core
I canti che v’inspira il vostro amore!

CORO Vivi felice! è questo


Il comun voto, o Amina.

AMINA A te, diletta,


Tenera madre, che a sì lieto giorno
Me orfanella serbasti, a te favelli
Questo, dal cor più che dal ciglio espresso,
Dolce pianto di gioia, e quest’amplesso.
Come per me sereno
Oggi rinacque il dì!
Come il terren fiorì
Più bello e ameno!
Mai di più lieto aspetto
Natura non brillò;
Amor la colorò
Del mio diletto.

TUTTI Sempre, o felice Amina,


Sempre per te così
Infiori il cielo i dì
Che ti destina.

(Amina abbraccia Teresa, e prendendole una mano, se l’avvicina al core.)

AMINA Sovra il sen la man mi posa,


Palpitar, balzar lo senti:
Egli è il cor che i suoi contenti
Non ha forza a sostener.

TUTTI Di tua sorte avventurosa


Teco esulta il cor materno:
Non potea favor supemo
Riserbarlo a ugual piacer.

ALESSIO Io più di tutti, o Amina,


Teco mi allegro. Io preparai la festa,
Io feci la canzone; io radunai
De’ vicini villaggi i suonatori.

AMINA E grata a’ tuoi favori,


Buon Alessio, son io. Fra poco io spero
Ricambiarteli tutti, allor che sposo
Tu di Lisa sarai, se, come è voce,
Essa a farti felice ha il cor disposto.

ALESSIO La senti, o Lisa?

LISA No, non sarà sì tosto.

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ALESSIO Sei pur crudele!

TERESA E perché mai?

LISA L’ignori?
Schiva son io d’amori;
Mia libertà mi piace.

AMINA Ah! tu non sai


Quanta felicità riposta sia
In un tenero amor.

LISA Sovente amore


Ha soave principio e fine amaro.

TERESA (Vedi l’ipocrisia!)

CORO Viene il Notaro.

SCENA IV
Il Notaro e detti.

AMINA Il Notaro? Ed Elvino


Non è presente ancor?

NOTARO Di pochi passi


Io lo precedo, o Amina: in capo al bosco
Io lo mirai da lungi.

CORO Eccolo.

AMINA Caro Elvino! alfin tu giungi!

SCENA V
Elvino e detti.

ELVINO Perdona, o mia diletta,


Il breve indugio. In questo dì solenne
Ad implorar ne andai sui nostri nodi
D’un angelo il favor: prostrato al marmo
Dell’estinta mia madre! oh! benedici
La mia sposa, le dissi! Ella possiede
Tutte le tue virtuti; ella felice
Renda il tuo figlio qual rendesti il padre.
Io lo spero, ben mio, m’udì la madre.

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AMINA Oh! fausto augurio!

TUTTI E vano
Esso non fia.

ELVINO Siate voi tutti, o amici,


Al contratto presenti.

NOTARO (si dispone a stendere il contratto)


Elvin, che rechi
Alla tua sposa in dono?

ELVINO I miei poderi,


La mia casa, il mio nome,
Ogni bene di cui son possessore.

NOTARO E Amina?...

AMINA Il cor soltanto.

ELVINO Ah! tutto è il core!


(mentre la madre sottoscrive, e con
essa i testimoni, Elvino presenta
l’anello ad Amina)
Prendi: L’anel ti dono
Che un dì recava all’ara
L’alma beata e cara
Che arride al nostro amor.
Sacro ti sia tal dono
Come fu sacro a lei;
Sia de’ tuoi voti e miei
Fido custode ognor.

CORO Scritti nel ciel già sono,


Come nel vostro cor.

ELVINO Sposi or noi siamo.

AMINA Sposi!...
Oh! tenera parola!

ELVINO Cara! nel sen ti posi


Questa gentil vïola. (le dà un mazzetto)

AMINA Puro, innocente fiore! (lo bacia)

ELVINO Ei mi rammenti a te.

AMINA Ah! non ne ha d’uopo il core.

ELVINO Sì, mio, mio tutto egli è.

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a2

Dal dì che i nostri cori


Avvicinava un Dio,
Con te rimase il mio,
Il tuo restò con me.

AMINA Ah! vorrei trovar parole


A spiegar com’io t’adoro!
Ma la voce, o mio tesoro,
Non risponde al mio pensier.

ELVINO Tutto, ah! tutto in quest’istante


Parla a me del foco ond’ardi:
Io lo leggo ne’ tuoi sguardi,
Nel tuo riso lusinghier!
L’alma mia nel tuo sembiante
Vede appien la tua scolpita,
E a lei vola, è in lei rapita
Di dolcezza e di piacer!

TUTTI Ah! così negli occhi vostri


Core a core ognor si mostri:
Legga ognor qual legge adesso
L’un nell’altro un sol pensier.

LISA (Il dispetto in sen represso


Più non valgo a trattener.)

ELVINO Domani, appena aggiorni,


Ci recheremo al tempio e il nostro imene
Sarà compiuto da più santo rito.
(odesi suon di sferza e calpestio di
cavalli)
Qual romore!

TUTTI (accorrendo)
Cavalli!

AMINA Un forastiere.

SCENA VI

Rodolfo e due postiglioni.

RODOLFO (da lontano)


Come nojoso e lungo
Il cammin mi sembrò! Distanti ancora
Dal castello siam noi? (avanzandosi)

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LISA Tre miglia, e giunti
Non vi sarete fuor che a notte oscura,
Tanto alpestre è la via. Fino a domani
Qui posar vi consiglio.

RODOLFO E lo desìo.
Avvi albergo al villaggio?

LISA Eccovi il mio.

RODOLFO Quello? (esaminando l’osteria)

TUTTI Quello.

RODOLFO Ah! lo conosco.

LISA Voi, signor?

TUTTI (Costui chi fia?)

RODOLFO Il mulino!..il fonte...il bosco!..


E vicin la fattoria!...
(Vi ravviso, o luoghi ameni,
In cui lieti, in cui sereni
Sì tranquillo i dì passai
Della prima gioventù!
Cari luoghi, io vi trovai,
Ma quei dì non trovo più!)

TUTTI (Del villaggio è conscio assai:


Quando mai costui vi fu?)

RODOLFO Ma fra voi, se non m’inganno,


Oggi ha luogo alcuna festa.

TUTTI Fauste nozze qui si fanno.

RODOLFO E la sposa? è quella? (accennando Lisa)

TUTTI (additando Amina)


È questa.

RODOLFO È gentil, leggiadra molto.


Ch’io ti miri — Oh!... il vago volto!
Tu non sai con quei begli occhi
Come dolce il cor mi tocchi,
Quai richiami ai pensier miei
Adorabili beltà. —
Eran desse, qual tu sei,
Sul mattino dell’età.

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LISA (Ella sola è vagheggiata!

ELVINO (Da quei detti è lusingata!)

CORO (Son cortesi, son galanti


Gli abitanti — di città.)

ELVINO Contezza del paese


Avete voi, signor? Testè mostraste
Di quei luoghi ravvisar l’aspetto.

RODOLFO Vi fui da giovinetto


Col signor del castello.

TERESA Oh! il buon Signore!


E morto or son quattr’anni!

RODOLFO E ne ho dolore!
Egli mi amò qual figlio...

TERESA Ed un figlio egli avea; ma dal Castello


Sparve il giovane un dì, né più novella
N’ebbe l’afflitto padre.

RODOLFO A’ suoi congiunti


Nuova io ne reco e certa. Ei vive.

LISA E quando
Alla terra natìa farà ritorno?

CORO Ciascun lo brama.

RODOLFO Lo vedrete un giorno.

(Odesi il suono delle cornamuse che


riducono gli armenti all’ovile.)

TERESA Ma il sol tramonta: è d’uopo


Prepararsi a partir.

CORO Partir?...

TERESA Sapete
Che l’ora s’avvicina in cui si mostra
Il tremendo fantasma.

CORO E vero! è vero!

RODOLFO Qual fantasma?

TUTTI È un mistero...

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Un oggetto d’orror!

RODOLFO Follie!

CORO Che dite?


Se sapeste, Signor!..

RODOLFO Narrate.

CORO Udite.
A fosco cielo, a notte bruna,
Al fioco raggio d’incerta luna,
Al cupo suono di tuon lontano
Dal colle al piano — un’ombra appar.
In bianco avvolta — lenzuol cadente,
Col crin disciolto con occhio ardente
Qual densa nebbia dal vento mossa,
Avanza, ingrossa — immensa par!

RODOLFO Ve la dipinge, ve la figura


La vostra cieca credulità.

TUTTI Ah! non è fola, non è paura:


Ciascun la vide: è verità.

CORO Dovunque inoltra a passo lento


Silenzio regna che fa spavento;
Non spira fiato, non move stelo;
Quasi per gelo — il rio si sta.
I cani stessi accovacciati,
Abbassan gli occhi, non han latrati.
Sol tratto, tratto, da valle fonda
La Strige immonda — urlando va.

RODOLFO S’io qui restassi, o tosto, o tardi,


Vorrei vederla, scoprir che fa.

TUTTI Dal ricercarla il ciel vi guardi!


Saria soverchia temerità.

RODOLFO Basta così. Ciascuno


Si attenga al suo parer. Verrà stagione
Che di siffatte larve
Fia purgato il villaggio.

TERESA Il ciel lo voglia!


Questo, o Signore, è universal desìo.

RODOLFO Ma del vïaggio mio


Riposarmi vorrei, se mel concede
La mia bella e cortese albergatrice.

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TUTTI Buon riposo, Signor.

CORO Notte felice.

RODOLFO Addio, gentil fanciulla, (ad Amina)


Fino a domani addio... T’ami il tuo sposo
Come amarti io saprei.

ELVINO (con dispetto)


Nessun mi vince
In professarle amore...

RODOLFO Felice te se ne possedi il core!


(parte con Lisa; il Coro si disperde)

SCENA VII
Elvino e Amina.

AMINA Elvino!... E me tu lasci


Senza un tenero addio?

ELVINO Dallo straniero


Ben tenero l’avesti.

AMINA È ver: cortese,


Grazïoso ei parlò. Da quel sembiante
Ottimo cor traspare...

ELVINO E cor d’amante.

AMINA Qual sorge dubbio in te?

ELVINO T’infingi invano.


Ei ti stringea la mano,
Ei ti facea carezze...

AMINA Ebben...

ELVINO Discare
Non t’eran esse, e ad ogni sua parola
S’incontravano i tuoi negli occhi suoi.
Gioia ne avevi.

AMINA Ingrato! e dir mel puoi?


Occhi non ho né core
Fuor che per te. Non ti giurai mia fede?
Non ho l’anello tuo?

20
ELVINO Sì...

AMINA Non t’adoro?


Il mio ben non sei tu?

ELVINO Sì... ma...

AMINA Prosegui...
Saresti tu geloso?...

ELVINO Ah! sì, lo sono...

AMINA Di chi?

ELVINO Di tutti.

AMINA Ingiusto cor!

ELVINO Perdono!
Son geloso del zefiro amante
Che ti scherza col crine, col velo;
Fin del sol che ti mira dal cielo,
Fin del rivo che specchio ti fa.

AMINA Son, mio bene, del zefiro amante,


Perché ad esso il tuo nome confido;
Amo il sol, perché teco il divido,
Amo il rio, perché l’onda ti dà.

ELVINO Ah! perdona all’amore il sospetto!

AMINA Ah! per sempre sgombrarlo dèi tu.

ELVINO Sì, per sempre.

AMINA Il prometti?

ELVINO Il prometto.

a2 Mai più dubbi! Timori mai più.


Ah! costante nel tuo, nel mio seno
Sia la fede che amore avvalora!
E sembiante a mattino sereno
Per noi sempre la vita sarà.
o
Addio, car !
a
ELVINO A me pensa.

AMINA E tu ancora.

a2 Pur nel sonno il mio cor ti vedrà. (partono)

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SCENA VIII
Stanza nell’osteria. Di fronte una finestra. Da un lato porta d’ingresso: dall’altro un gabinetto.
Avvi un sofà e un tavolino.

Rodolfo, indi Lisa.

RODOLFO Davver, non mi dispiace


D’essermi qui fermato: il luogo è ameno,
L’aria eccellente, gli uomini cortesi,
Amabili le donne oltre ogni cosa.
Quella giovine sposa
È assai leggiadra... E quella cara ostessa?
E un po’ ritrosa, ma mi piace anch’essa.
Eccola: avanti, avanti,
Mia bella albergatrice.

LISA Ad informarmi
Veniva io stessa se l’appartamento
Va a genio al signor Conte.

RODOLFO Al signor Conte!


(Diamine! son conosciuto!)

LISA Perdonate,
Ma il Sindaco lo accerta, e a farvi festa
Tutto il villaggio aduna.
Io ringrazio fortuna
Che a me prima di tutti ha conceduto
Il favor di offerirvi il mio rispetto.

RODOLFO Nelle belle mi piace un altro affetto.


E tu sei bella, o Lisa,
Bella davvero...

LISA Oh! il signor Conte scherza.

RODOLFO No, non ischerzo. Questi furbi occhietti,


Questo bocchin ridente,
Quanti cori han sorpresi e amalïati?

LISA Non conosco finora innamorati.

RODOLFO Tu menti, o bricconcella.


Io ne conosco...

LISA Ed è?... (avvicinandosi)

RODOLFO Se quel foss’io


Che diresti, o carina?…

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LISA Io... che direi?

RODOLFO Sì; che diresti tu?

LISA Nol crederei.


In me non è beltà degna di tanto...
Un merito ho soltanto:
Quello di un cor sincero.

RODOLFO E questo è molto.


Ma qual rumore ascolto?
(odesi strepito alla finestra)

LISA (Mal venga all’importuno!)

RODOLFO Donde provien? (si spalanca la finestra)

LISA Che non mi vegga alcuno.


(Fugge nel gabinetto, e, nella fretta,
perde il fazzoletto. Rodolfo lo
raccoglie e lo getta sul sofà)

SCENA IX
Comparisce Amina: è coperta di una semplice veste bianca; e si vede alla finestra l’estremità della
scala per cui è salita. Ella dorme: è sonnambula: e s’avanza lentamente in mezzo alla stanza.

RODOLFO Che veggio? Saria questo


Il notturno fantasma! — Ah! non m’inganno...
Quest’è la villanella
Che dianzi agli occhi miei parve sì bella.

AMINA Elvino!.. Elvino!..

RODOLFO Dorme.

AMINA Non rispondi?

RODOLFO È sonnambula.

AMINA (con sorriso scherzoso)


Geloso
Saresti ancor dello straniero?.. Ah parla!..
Sei tu geloso ancor?

RODOLFO Degg’io destarla?

AMINA Ingrato! a me t’appressa... (con pena)


Amo te solo, il sai.

23
RODOLFO Dèstisi.

AMINA (tenera)
Prendi...
La man ti stendo...un bacio imprimi in essa,
Pegno di pace.

RODOLFO Ah! non si dèsti... Alcun


A turbarmi non venga in tal momento.
(Rodolfo va a chiudere la finestra)

LISA Amina!..O traditrice! (affacciandosi dal gabinetto — parte


non veduta)

RODOLFO (per correre ad Amina)


Oh ciel!... che tento?

(breve silenzio. Amina sogna il momento della cerimonia)

AMINA Oh come lieto il popolo


Che al tempio ne fa scorta!

RODOLFO In sogno ancor quell’anima


È nel suo bene assorta.

AMINA Ardon le sacre tede.

RODOLFO Essa all’altar si crede.

AMINA Oh madre mia, m’aïta:


Non mi sostiene il piè!

RODOLFO No, non sarai tradita,


Alma gentil, da me.
(Amina alza la destra come se fosse
all’altare)

AMINA Cielo, al mio sposo io giuro


Eterna fede e amor!

RODOLFO Giglio innocente e puro,


Conserva il tuo candor!

AMINA Elvino!... alfin sei mio!

RODOLFO Fuggasi!

AMINA Tua son io.


Abbracciami. Oh! contento
Che non si può spiegar!

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RODOLFO (si ferma; indi risoluto)
Ah se più resto, io sento
La mia virtù mancar.

(va per uscire dalla porta: ode romore di gente; parte per la finestra donde è venuta Amina, e la
chiude. Ella, sempre dormendo, si corica sul sofà)

SCENA X
Contadini d’ambo i sessi, Sindaci, e Alessio.

Coro (di dentro)

Osservate. L’uscio è aperto.


Senza strepito inoltriamo.
Tutto tace: ei dorme certo.
Lo destiamo, o nol destiamo?
Perché no? ci vuol coraggio.
Presentarsi, o uscir di qua.
Dell’ossequio del villaggio
Mal contento ei non sarà.
(si avvicinano)
Avanziam — Ve’ ve’! mirate,
A dormir colà si è messo.
Appressiamoci. — Ah! fermate:
(si accorgono di Amina, e tornano
indietro)
Non è desso, non è desso.
Al vestito, alla figura,
È una donna... donna, sì.
È bizzarra l’avventura.
(reprimendo le risa)
Come entrò? che mai fa qui?

SCENA XI
Teresa, Elvino, Lisa e detti

ELVINO È menzogna. (da lontano)

CORO Alcun s’appressa.

LISA Mira, e credi agli occhi tuoi.


(additando Amina)

ELVINO Cielo! Amina!

25
CORO Amina! dessa!
(Amina si sveglia al romore)

AMINA Dove son?... chi siete voi?


Ah! Mio bene!

ELVINO Traditrice!

AMINA Io!..

ELVINO Ti scosta.

AMINA Oh me infelice!
Che mai feci?

ELVINO E ancor lo chiedi?..

CORO Dove sei tu ben lo vedi.

AMINA Qui!.. perché?.. chi mi v’ha spinta?..

ELVINA Il tuo core ingannator.

AMINA (corre nelle braccia di sua madre:


questa si copre il volto colle mani)
Madre! oh! madre!

CORO Ah! sei convinta...

ELVINO Va, spergiura!..

AMINA Oh mio dolor!


D’un pensiero e d’un accento
Rea non son, né il fui giammai.
Ah! se fede in me non hai,
Mal rispondi a tanto amor.

ELVINO Voglia il cielo che il duol ch’io sento


Tu provar non debba mai!
Ah! ti dica s’io t’amai
Questo pianto del mio cor.

CORO Il tuo nero tradimento


È palese, è chiaro assai.

TERESA Deh! l’udite un sol momento:


Il rigore eccede omai.

CORO e ALESSIO In qual cor fidar più mai,


Se quel cor fu mentitor?

26
(in questo frattempo, Teresa ha raccolto sul sofà il fazzoletto di Lisa, e lo ha posto al collo di Amina)

ELVINO Non più nozze: al nuovo amante,


Sconoscente, io t’abbandono.

TUTTI Non più nozze.

AMINA Oh! crudo istante!


Deh!.. m’udite!.. io rea non sono.

ELVINO Togli a me la tua presenza:


La tua voce orror mi fa.

AMINA Nume amico all’innocenza,


Svela tu la verità.

AMINA e ELVINo Non è questa, ingrato core,


Non è questa la mercede
Ch’io sperai per tanto amore,
Che aspettai per tanta fede...
Ah! m’hai tolta in un momento
Ogni speme di contento...
Ah! penosa rimembranza
Sol di te mi resterà.

LISA, ALESSIO, CORO Non più nozze, non più imene:


Sprezzo, infamia a lei conviene.
Di noi tutti all’odio eterno,
Al rossor la rea vivrà.

TERESA Ah! se alcun non ti sostiene,


Se favor nessun t’ottiene,
Sventurata, il sen materno
Chiuso a te non resterà.

(tutti escono minacciando Amina: ella cade fra le braccia di Teresa. Cala il sipario)

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Alessandro Sanquirico. La Sonnambula, Atto II, 1. Prima rappresentazione assoluta al Teatro Carcano (1831).
Incisione di L. Viganò.

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ATTO SECONDO

SCENA I
Ombrosa Valletta fra il Villaggio e il Castello.

Coro di Contadini e Contadine.

TUTTI Qui la selva è più folta ed ombrosa.


Qui posiamo, vicini al ruscello.
Lunga ancora, scoscesa, sassosa
È la via che conduce al Castello.
Sempre tempo per giungere avremo
Pria che sorga dal letto il signor.
Riflettiam. — Quando giunti saremo,
Che direm per toccare il suo cuor?
Eccellenza!.. direm con coraggio...
Signor Conte... la povera Amina
Era dianzi l’onor del villaggio,
Il desìo d’ogni villa vicina...
In un tratto è trovata dormente
Nella stanza che voi ricettò...
Difendetela, s’ella è innocente,
Aiutatela, s’ella fallò.
A tai detti, a siffatti argomenti...
Ei si mostra commosso, convinto:
Noi preghiamo, insistiam riverenti...
Ei ci affida, ei promette, abbiam vinto...
Consolàti al villaggio torniamo:
In due passi, in due salti siam qua.
Alla prova!… da bravi! partiamo...
La meschina protetta sarà.
(partono)

SCENA II
Amina e Teresa

AMINA Reggimi, o buona madre; a mio sostegno


Sola rimani tu.

TERESA Fa core. Il Conte


Dalle lagrime tue sarà commosso.
Andiamo.

AMINA Ah! no... non posso:


Il cor mi manca e il piè — Vedi? — Siam noi
Presso il poder d’Elvino. — Oh! quante volte
Sedemmo insiem di questi faggi all’ombra,

29
Al mormorar del rio! L’aura che spira
De’ giuramenti nostri anco risuona...
Gli obliò quel crudele! ei m’abbandona!

TERESA Esser non puote, il credi,


Ch’ei più non t’ami. Afflitto è forse anch’esso,
Afflitto al par di te... Miralo: ei viene
Solitario e pensoso...

AMINA A lui mi ascondi... rimaner non oso.

SCENA III
Elvino, e dette in disparte.

ELVINO Tutto è sciolto. Oh dì funesto!


Più per me non v’ha conforto.
Il mio cor per sempre è morto
Alla gioia ed all’amor.

AMINA Vedi, o madre... è afflitto e mesto...


Forse, ah! forse ei m’ama ancor.

(Amina si avvicina. Egli si scuote, la vede, e amaramente le dice)

ELVINO Pasci il guardo, e appaga l’alma


Dell’eccesso de’ miei mali:
Il più triste de’ mortali
Sono, o cruda, e il son per te.

AMINA M’odi, Elvino... Elvin ti calma...


Colpa alcuna in me non è.

Voci lontane

Viva il Conte!
ELVINO Il Conte! (per uscire)
AMINA e TERESA Ah! resta.
ELVINO No: si fugga.

SCENA IV
Coro e detti.

CORO Buone nuove!


Dice il Conte ch’ella è onesta,
Che è innocente; e a noi già move.

30
ELVINO Egli! oh! rabbia!

TUTTI Ah! placa l’ira...

ELVINO L’ira mia più fren non ha.


(le toglie l’anello)

AMINA Il mio anello!.. oh! madre!


(si abbandona fra le braccia di Teresa)

TERESA e CORO (ad Elvino)


Mira!..

A tal colpo morirà. (breve silenzio. Elvino si appressa ad


Amina vivamente commosso)

ELVINO Ah! perché non posso odiarti,


Infedel, com’io vorrei!
Ah! del tutto ancor non sei
Cancellata dal mio cor.
Possa un altro, ah! possa amarti
Qual t’amò quest’infelice!
Altro voto, o traditrice,
Non temer dal mio dolor.

TERESA e CORO Ah! crudel, pria di lasciarla,


Vedi il Conte, al Conte parla.
Ei di rendere è capace
A te pace, a lei l’onor.

(Elvino parte disperato: Teresa tragge seco Amina da un’altra parte)

SCENA V
Villaggio. In fondo al teatro si scorge il mulino di Teresa: un torrente ne fa girare la ruota.

Lisa seguitata da Alessio.

LISA Lasciami: aver compreso


Assai dovresti che mi sei nojoso.

ALESSIO Non isperar che sposo


Elvin ti sia: dell’onestà d’Amina
Sarà convinto in breve, e allora...

LISA E allora
Tu mi sarai più rincrescioso ancora.

31
ALESSIO Deh! Lisa, per pietà... cambia consiglio,
Non mi trattar così. Che far d’un uomo
Che ti sposa soltanto per dispetto?

LISA Mi è più caro d’un sciocco, io te l’ho detto.

ALESSIO No, non lo sposerai: porrò sossopra


Tutto il villaggio: invocherò del Conte
L’autorità, pria ch’io sopporti in pace
D’esser da te schernito in questa guisa.

VOCI (di dentro)


Lisa è la sposa...
a2 Che?...

VOCI La sposa è Lisa.

SCENA VI
Contadini, Contadine e detti.

CORO A rallegrarci con te veniamo,


Di tua fortuna ci consoliamo.
A te fra poco — d’Amina in loco,
La man di sposo Elvin darà.
La bella scelta a tutti è cara;
Ciascun ti loda, ti esalta a gara:
A farti festa — ciascun s’appresta,
Ognun ti prega prosperità.

LISA De’ lieti augurj a voi son grata;


Con gioia io veggo che sono amata;
E la memoria del vostro amore
Giammai dal core — non m’uscirà.
Deh! tutti, tutti, in sì bel giorno
Vi raccogliete a me d’intorno:
Con voi divisa — vorrebbe Lisa
La sua suprema felicità.

ALESSIO (Qual uom da tuono — colpito io sono:


Parole il labbro trovar non sa.)

SCENA VII
Elvino e detti.

LISA E fia pur vero, Elvino,

32
Che alfin dell’amor tuo degna mi trovi?

ELVINO Sì, Lisa. Si rinnovi


Il bel nodo di pria: l’averlo sciolto
Perdona a un cor sedutto
Da mentita virtù.

LISA Perdono tutto.


Ora che a me ritorni
Più non penso al passato: altro non veggo
Che il ridente avvenir che alfin mi aspetta.

ELVINO Vieni: tu, mia diletta,


Mia compagna sarai. La sacra pompa
Già nel tempio si appresta.
Non si ritardi.

TUTTI Andiam.

SCENA VIII
Rodolfo e detti.

RODOLFO Elvino, arresta.

LISA (Il Conte!)

ALESSIO (A tempo giunge.)

RODOLFO Ove t’affretti?

ELVINO Al tempio.

RODOLFO Odimi prima.


Degna d’amor, di stima
È Amina ancor: io della sua virtude,
Come de’ pregi suoi,
Mallevador esser ti voglio.

ELVINO Voi!!
Signor Conte, agli occhi miei
Negar fede non poss’io.

RODOLFO Ingannato, illuso sei:


Io ne impegno l’onor mio.

ELVINO Nella stanza a voi serbata


Non la vidi addormentata?

33
RODOLFO La vedesti, Amina ell’era...
Ma svegliata non vi entrò.

TUTTI Come dunque? In qual maniera?

RODOLFO Tutti udite.

CORO Udiamo un po’.

RODOLFO V’han certuni che dormendo


Vanno intorno come desti.
Favellando, rispondendo
Come vengono richiesti,
E chiamati son sonnambuli
Dall’andar e dal dormir.

TUTTI E fia vero? — E fia possibile?

RODOLFO Un par mio non può mentir.

ELVINO No, non fia: di tai pretesti


La cagione appien si vede.

RODOLFO Sciagurato! e tu potresti


Dubitar della mia fede?

ELVINO Vieni, o Lisa. (senza badare a Rodolfo)

LISA Andiamo.

CORO Andiamo.
A tai fole non crediamo.
Un che dorme e che cammina!
No, non è, non si può dar.

SCENA NONA
Teresa e detti.

TERESA Piano, amici: non gridate:


Dorme alfin la stanca Amina:
Ne ha bisogno, poverina,
Dopo tanto lagrimar.

TUTTI Si, tacciamo — noi dobbiamo


I suoi sonni rispettar.

TERESA Lisa!... Elvino!... che vegg’io?


Dove andate in questa guisa?

34
LISA A sposarci.

TERESA Voi! Gran Dio!


E la sposa... è Lisa?

ELVINO È Lisa.

LISA E lo merto: io non fui colta


Sola mai, di notte, in volta
Né trovata io fui rinchiusa
Nella stanza di un signor.

TERESA Menzognera! a questa accusa


Più non freno il mio furor!
Questo vel fu rinvenuto
Nella stanza del signore.

TUTTI Di chi è mai? chi l’ha perduto?

TERESA Ve lo dica il suo rossore.


(accennando Lisa)

TUTTI Lisa! (Elvino lascia la mano di Lisa


mortificato)

TERESA Lisa. Il signor Conte


Mi smentisca se lo può.

LISA (Io non oso alzar la fronte!)

TUTTI (Che pensar, che dir non so.)

Tutti (a parte)

ELVINO Lisa! mendace anch’essa!


Rea dell’istesso errore!
Spento è nel mondo amore,
Più fè, più onor non v’ha.

LISA Cielo! a tal colpo oppressa


Voce non trovo, e tremo.
Quanto al mio scorno estremo
La mia rival godrà!

TERESA, RODOLFO In quella fronte impressa


Chiara è la colpa e certa.
Soffra: pietà non merta
Chi altrui negò pietà.

ALESSIO, CORO E la modestia istessa


Ella sembrò in persona!

35
Vedi la bacchettona!
Pianga, che ben le sta.

ELVINO Signor?... che creder deggio?


Anch’ella mi tradì!

RODOLFO Quel ch’io ne pensi


Manifestar non vo. Sol ti ripeto,
Sol ti sostengo, che innocente è Amina,
Che la stessa virtute offendi in essa.

ELVINO Chi fia che il provi?

RODOLFO Chi? — Mira: ella stessa.

SCENA ULTIMA
Vedesi Amina uscire da una finestra del mulino: ella passeggia, dormendo, sull’orlo del tetto:
sotto di lei la ruota del mulino, che gira velocemente, minaccia di frangerla se pone il piede in fallo.
Tutti si volgono a lei spaventati. Elvino è trattenuto da Rodolfo.

TUTTI Ah!

RODOLFO Silenzio: un sol passo,


Un sol grido l’uccide.

TERESA Oh figlia!

ELVINO Oh Amina!

CORO Scende... Bontà divina,


Guida l’errante pie’! (Amina giunge presso alla ruota
camminando sopra una trave mezzo
fracida che piega sotto di lei)
Trema... vacilla... Ahimè!...

RODOLFO Coraggio... è salva!...

TUTTI È salva!...

TERESA Oh figlia!

ELVINO Oh Amina!

(Amina si avanza in mezzo al Teatro)

AMINA Oh! se una volta sola


Rivederlo io potessi, anzi che all’ara
Altra sposa ei guidasse!...

36
RODOLFO (ad Elvino) Odi?

TERESA A te pensa,
Parla di te.

AMINA Vana speranza!... Io sento


Suonar la sacra squilla... Al tempio ei move
Io l’ho perduto... e pur... rea non son io.

TUTTI Tenero cor!

AMINA Gran Dio, (inginocchiandosi)


Non mirar il mio pianto: io gliel perdono.
Quanto infelice io sono
Felice ei sia... Questa d’oppresso core
È l’ultima preghiera...

TUTTI Oh detti! oh amore!

(Amina si guarda la mano come cercando l’anello di Elvino)

AMINA L’anello mio... l’anello...


Ei me l’ha tolto... ma non può rapirmi
L’immagin sua... Sculta ella è qui... nel petto.
Né te, d’eterno affetto (si toglie dal seno i fiori ricevuti
da Elvino)
Tenero pegno, o fior... né te perdei...
Ti bacio ancor... ma... inaridito sei.
Ah! non credea mirarti
Sì presto estinto, o fiore.
Passasti al par d’amore,
Che un giorno sol durò.
(piange sui fiori)
Potria novel vigore
Il pianto mio donarti...
Ma ravvivar l’amore
Il pianto mio non può.

ELVINO Io più non reggo.

AMINA E s’egli
A me tornasse!... Oh! torna, Elvin.

RODOLFO (ad Elvino) Seconda


Il suo pensier.

AMINA A me t’appressi? Oh! gioia!


L’anello mio mi rechi?

RODOLFO (ad Elvino) A lei lo rendi.


(Elvino le rimette l’anello)

37
AMINA Ancor son tua: tu mio tuttor... Mi abbraccia,
Tenera madre... io son felice appieno!

RODOLFO De’ suoi diletti in seno


Ella si svegli. (Teresa l’abbraccia. Elvino si prostra
a’ suoi piedi e la sostiene)

CORO (ad alta voce)


Viva Amina!

AMINA Oh! cielo!


Dove son io?... che veggo?... Ah! per pietade,
Non mi svegliate voi! (si copre gli occhi colle mani)

TERESA No: tu non dormi...

ELVINO Il tuo amante, il tuo sposo è a te vicino.

(Amina, alla voce di Elvino, si scopre gli occhi, lo guarda, il conosce, indi si getta fra le sue braccia)

AMINA Oh! gioia!... oh! gioia!... Io ti ritrovo, Elvino!

TUTTI Innocente, e a noi più cara,


Bella più del tuo soffrir.
Vieni al tempio e a’ pie’ dell’ara
Incominci il tuo gioir.

AMINA Ah! non giunge uman pensiero


Al contento ond’io son piena:
A’ miei sensi io credo appena;
Tu mi affida, o mio tesor.
Ah! mi abbraccia, e sempre insieme,
Sempre uniti in una speme,
Della terra in cui viviamo
Ci formiamo — un ciel d’amor.

TUTTI Innocente, e a noi più cara,


Bella più del tuo soffrir.
Vieni al tempio e a’ pie’ dell’ara
Incominci il tuo gioir.

FINE

38
Alessandro Sanquirico. Bozzetto per la scena finale di Sonnambula. Prima rappresentazione assoluta al
Teatro Carcano (1831). (Milano, Museo Teatrale alla Scala).

39
Maria Malibran, grande interprete di Amina sulle scene veneziane. Litografia di Bosvier da un disegno dal vero.

40
LA SONNAMBULA IN BREVE

Comunemente ritenuta la prima delle tre ni) l’opera riscosse un grande successo,
grandi opere di Bellini, Sonnambula de- inizialmente tuttavia meno vistoso in Italia
buttò a Milano, presso il Teatro Carcano, il che all’estero, non essendo stato coronato
6 marzo 1831. Fra gli interpreti figuravano da immediate riprese (la prima è solo del-
nomi di spicco del panorama lirico italiano l’anno seguente, a Firenze, ed è successiva
come Giuditta Pasta e Giovan Battista Rubi- quindi alle rappresentazioni di Parigi e
ni. Londra). Il successo arriso a Sonnambula
L’opera fu commissionata a Bellini dal du- all’estero (prima del 1939 era già approdata
ca Litta di Milano. Autore del libretto fu in- a sedi come Pietroburgo, Algeri, St. Louis!)
vece Felice Romani. In un primo tempo pa- contribuì non poco a diffondere su scala
reva che il testo dovesse essere desunto mondiale l’immagine quasi mitica, che tut-
dall’Hernani di Victor Hugo, ma vuoi per il tora perdura, del commovente lirismo sen-
concomitante impegno di Donizetti in un timentale di Bellini; un lirismo in grado,
soggetto storico (con Anna Bolena, su li- come testimoniano le seguenti parole di
bretto dello stesso Romani), vuoi per i forti Michail Glinka, di sedurre persino gli inter-
ostacoli frapposti dalla censura austriaca preti e persino nelle situazioni meno favo-
ad un soggetto piuttosto intrigante sul pia- revoli: «Nel secondo atto gli stessi cantanti
no politico, Bellini e Romani evitarono il piangevano, ed il pubblico faceva altrettan-
dramma storico e prescelsero un soggetto to, così che in quegli spensierati giorni di
assai diverso, pastorale e idillico. Il libretti- carnevale tanto nei palchi quanto in platea
sta prese allora in considerazione il bal- le lagrime sgorgarono copiosissime».
let–pantomime La Sonnambule ou l’ar-
rivée d’un nouveau seigneur del dramma-
turgo e librettista di numerosi celebri titoli
del grand–opéra parigino Eugène Scribe. Il
tempo perduto costrinse Bellini a lavorare
alacremente, accelerando i propri normali
ritmi di lavoro: a meno di due settimane
dalla scadenza del 20 febbraio scriveva «ho
finito il primo atto e forse domani l’altro in-
comincio il secondo se il poeta mi darà pa-
role».
Accompagnata dalla dedica all’amico di
Bellini, nonché rinomato pianista e compo-
sitore, Francesco Giuseppe Pollini, Son-
nambula fu presentata insieme ad un bal-
letto: Il furore d’Amore. Grazie anche ai
cantanti (Giuditta Pasta era forse nel perio-
do più felice della sua carriera, ed è super-
fluo ricordare le straordinarie doti di Rubi- Costume per Lisa. Disegno di Eduardo Viganò.

41
ARGOMENTO

L’azione è ambientata in un villaggio della di Rodolfo. Svegliatasi, la giovane cerca di


Svizzera in epoca imprecisata. giustificarsi e protesta la propria innocen-
za, ma nessuno le crede. Elvino, in preda
alla gelosia, la ripudia.

ATTO PRIMO

La piazza del villaggio; da un lato l’osteria ATTO SECONDO


di Lisa, dall’altro il mulino di Teresa. I con-
tadini festeggiano con cori le nozze del ric- Un gruppo di paesani si reca dal conte af-
co possidente Elvino con Amina, orfana finché egli prenda le difese di Amina; que-
adottata da Teresa. Fra il generale tripudio st’ultima, frattanto, accompagnata da Tere-
Lisa non ha pace: si lamenta a causa del sa, incrocia in Elvino, che vaga senza meta
suo amore privo di speranza per Elvino. in preda al dolore e ancora innamorato di
Frattanto ella ignora l’amore che Alessio lei.
nutre nei suoi confronti. Attendendo lo spo- Presso il mulino di Teresa, Lisa, approfit-
so, Amina risponde felice agli amici del vil- tando della situazione creatasi, sta per spo-
laggio. Dopo il notaio giunge finalmente El- sare Elvino, che ha accettato il matrimonio
vino, che offre la fede ad Amina. L’idillio è nonostante le reiterate assicurazioni del
interrotto dall’inatteso arrivo di una car- conte sull’innocenza di Amina. Il borgo è
rozza con il conte Rodolfo. Figlio del defun- nuovamente in festa, ma quando Lisa ed
to signore del villaggio, quest’ultimo — di ri- Elvino passano davanti alla casa di Teresa,
torno dopo molti anni di assenza — non vie- quest’ultima accusa Lisa di aver commesso
ne riconosciuto e preferisce mantenersi in- lo stesso atto di Amina, dichiarando di aver
cognito. Prende dimora nella locanda di Li- trovato un suo velo nella camera di Ro-
sa, e rivolge i suoi complimenti alla giova- dolfo; Elvino è ingelosito ed incollerito: ri-
ne sposa, suscitando la gelosia di Elvino. fiuta anche queste nozze.
Nell’osteria il conte Rodolfo fa la corte a Li- D’improvviso sul cornicione del tetto di ca-
sa, che sembra ben disposta; sopraggiunge sa appare Amina, addormentata, confer-
in quello Amina, addormentata, vestita di mando così le parole pronunziate dal conte
bianco, che ripete il nome dello sposo e de- a suo discapito. Amina, sempre in preda al
scrive la visione, che la pervade, della pros- sonnambulismo, scende sulla strada can-
sima cerimonia nuziale; quindi si corica tando in il suo amore per Elvino; quest’ulti-
sul divano. Lisa si nasconde, Rodolfo rima- mo, ricreduto e pentito, la prende fra le sue
ne sconcertato e incerto sul da farsi, ma braccia. La festa ricomincia e si preparano
proprio in tal frangente entra la folla dei finalmente le nozze.
paesani, venuti a rallegrarsi col conte — del
quale hanno scoperto l’identità — per ac-
compagnarlo al castello. Tutti in tal modo
vedono Amina, addormentata nella camera

42
ARGUMENT

L’action se passe dans un village suisse, à quer leur amitié au comte, dont ils ont
une époque non précisée. redécouvert l’identité et qu’ils veulent con-
duire au château. Tous voient ainsi Amina,
endormie, dans la chambre de Rodolfo.
Une fois réveillée, la jeune femme essaie de
ACTE I se justifier et plaide pour son innocence,
mais personne ne la croit. Elvino, en proie
La place du village. D’un côté, la taverne de à la jalousie, la répudie.
Lisa; de l’autre, le moulin de Teresa. Les
paysans chantent en chœur pour fêter les
noces du riche propriétaire Elvino et de
Amina, une orpheline adoptée par Teresa. ACTE II
Mais Lisa n’a pas le cœur en paix malgré
l’effervescence générale: elle souffre de l’a- Un groupe de paysans se rend chez le com-
mour tourmenté qu’elle nourrit en vain te afin qu’il prenne la défense d’Amina. Sur
pour Elvino. Elle ignore cependant les sen- ces entrefaites cette dernière, accompagnée
timents qu’Alessio cultive à son égard. En de Teresa, croise Elvino qui erre sans but,
attendant son époux, Amina répond gaî- encore amoureux d’elle et livré à son cha-
ment aux manifestations d’amitié des villa- grin.
geois. Puis vient le notaire, suivi d’Elvino, Près du moulin de Teresa, Lisa, qui profite
qui passe l’anneau au doigt d’Amina. de la situation, s’apprête à épouser Elvino,
L’idylle est interrompue par l’arrivée inat- qui a accepté ce mariage bien que le comte
tendue d’une diligence d’où descend le l’ait assuré à maintes reprises de l’innocen-
comte Rodolfo. Fils du seigneur défunt du ce de Amina. Le bourg est à nouveau en fê-
village, ce dernier est de retour après de te, mais lorsque Lisa et Elvino passent de-
nombreuses années d’absence. Personne vant chez Teresa, celle-ci accuse Lisa de
ne le reconnaît et il préfère rester incogni- s’être comportée comme Amina et elle dé-
to. Il s’installe dans l’auberge de Lisa et il clare qu’elle a trouvé un de ses voiles dans
présente ses compliments à la jeune épou- la chambre de Rodolfo; Elvino, en proie à la
sée, ce qui suscite la jalousie d’Elvino. jalousie et à la colère, refuse à nouveau de
Dans la taverne, le comte Rodolfo courtise se marier.
Lisa, qui semble répondre à ses faveurs; La brusque apparition, au bord du toit, d’A-
entre temps paraît Amina, endormie, vêtue mina endormie, confirme les paroles du
de blanc, qui ne cesse de répéter le nom du comte. Toujours en pleine crise de som-
marié en décrivant la vision qui la hante, nambulisme, elle descend dans la rue en
c’est-à-dire celle de la prochaine cérémo- chantant son amour pour Elvino; ce der-
nie nuptiale. Puis elle s’allonge sur le di- nier, qui revient sur son opinion et se re-
van. Lisa se cache, Rodolfo est déconcerté pent, la prend dans ses bras. La fête com-
et ne sait que faire, mais juste à ce moment- mence et on prépare enfin les noces.
là entre la foule des paysans, venus mar-

43
SYNOPSIS

The events take place in a village in Swit- stle. In this way everyone sees Amina,
zerland at an unspecified time. asleep in Rodolfo’s room. On waking, the
young girl tries to justify herself and pleads
her own innocence but nobody believes
her. Elvino, seized by jealousy, repudiates
ACT ONE her.

The village square: on one side Lisa’s ta-


vern, on the other Teresa’s mill. The pea-
sants are singing to celebrate the marriage ACT TWO
of the rich landowner Elvino to Amina, an
orphan adopted by Teresa. In the general A group of peasants go to see the Count to
rejoicing Lisa cannot find peace: she com- persuade him to defend Amina who, in the
plains because of her unrequited love for meantime, accompanied by Teresa, crosses
Elvino. In the meantime she ignores the lo- the path of Elvino who is wandering aim-
ve which Alessio cherishes towards her. lessly, grief-stricken and still in love with
While awaiting the bridegroom, Amina her.
happily answers her village friends. Elvino At Teresa’s mill, Lisa, taking advantage of
finally arrives after the notary and offers the new situation, is about to marry Elvino
the wedding ring to Amina. The idyll is who has accepted the marriage despite the
broken by the unexpected arrival of a car- Count’s repeated assurances that Amina is
riage bearing Count Rodolfo, the son of the innocent. The village is celebrating once
late Lord of the village, who, after many again but when Lisa and Elvino pass in
years absence, is not recognized and pre- front of Teresa’s house, the latter accuses
fers to remain incognito. He takes up lod- Lisa of having committing the same act as
gings in Lisa’s inn and pays compliments Amina, declaring that she has found a wed-
to the young bride, thus arousing Elvino’s ding veil of hers in Rodolfo’s room; Elvino
jealousy. is angry and jealous and rejects this mar-
In the tavern, Count Rodolfo pays court to riage too.
Lisa who seems quite willing; at that mo- Suddenly the sleeping Amina appears on
ment Amina arrives, asleep, dressed in the edge of the roof, thus confirming the
white, repeating the name of the bride- words spoken by the Count in her defence.
groom and describing the vision she has of Amina, still sleepwalking, comes down in-
the coming wedding ceremony; then she to the street singing her love for Elvino; the
lies down on the couch. Lisa hides, Rodolfo latter, repentant and with a change of
remains disconcerted and uncertain as to heart, takes her in his arms. The festivities
what to do, but right in this predicament start once again and preparations are final-
the crowd of villagers enters to congratula- ly made for the wedding.
te the Count - whose identity they have di-
scovered - and accompany him to the ca-

44
HANDLUNG

Die Handlung spielt zu unbestimmter Zeit in im Zimmer Rudolfs. Die junge Frau, in der
einem Dorf in der Schweiz. Zwischenzeit erwacht, versucht sich zu re-
chtfertigen und ihre Unschuld zu beweisen,
aber niemand glaubt ihr und der eifersüchti-
ge Elwino verstößt sie.
ERSTER AKT

Der Dorfplatz, auf der einen Seite der Gasthof


von Lise, auf der anderen die Mühle von ZWEITER AKT
Therese. Die Bauern feiern mit Chorgesän-
gen die Hochzeit des reichen, jungen Bauers Eine Gruppe von Dorfbewohnern bittet den
Elwino mit Amina, eine von Therese adop- Grafen das Verhalten Aminas zu rechtferti-
tierte Waise. Lise, die sich auch Hoffnungen gen und zu klären. Begleitet von Therese
auf Elwinos Liebe gemacht hatte, findet in- kreuzt Amina den Weg Elwinos, der verzwei-
mitten des allgemeinen Jubels keine Ruhe. felt und immer noch in sie verliebt umher-
Sie ignoriert auch die Liebe die Alexis ihr ent- streift. Trotz der wiederholten Versicherun-
gegenbringt. Amina, in Erwartung ihres gen des Grafen über die Unschuld Aminas,
Bräutigams, scherzt mit ihren Dorffreunden. bereitet man in der Nähe der Mühle die Ho-
Nach dem Notar trifft endlich auch Elwino chzeit Lises, die die Situation zu ihrem Vorteil
ein, der Amina den Trauring reicht. Die plötz- genutzt hat, mit Elwino vor. Das Dorf ist wie-
liche Ankunft einer Kutsche mit dem Grafen der im Jubel. Aber als Elwino und Lise an der
Rudolf, Sohn des verstorbenen Dorfherren, Mühle vorbeigehen, wird Lise von Therese
unterbricht das Idyll. Rudolf, nach langer beschuldigt das gleiche getan zu haben was
Abwesenheit zurückgekehrt, wird von kei- Amina vorgeworfen wird, denn im Zimmer
nem der Dorfbewohner erkannt und zieht vor Rudolfs habe man ein Tuch von ihr gefunden.
unerkannt zu bleiben. Er steigt im Gasthof Li- Elwino, eifersüchtig und verärgert, verwei-
ses ab, wo er die junge Braut kennenlernt und gert auch diese Hochzeit.
sie mit Komplimenten überschüttet, was Das plötzlicher Erscheinen der traumwan-
natürlich die Eifersucht Elwinos hervorruft. delnden Amina auf dem Dach, bestätigt allen
Im Gasthof macht Graf Rudolf Lisa den Hof; die Wahrheit der vom Grafen ausgesproche-
unerwartet erscheint die traumwandelnde, nen Versicherungen. Während sie nachtwan-
weißgekleidete Amina die, während sie sich delnd auf die Straße herabsteigt und nach
auf das Sofa legt, immer wieder nach ihrem Elwino seufzt, nimmt der Geliebte sie in seine
Bräutigam ruft und von ihrer Vision der be- Arme und bittet um Vergebung. In Elwinos
vorstehenden Hochzeit redet. Lise versteckt Armen erwacht sie aus ihrem Nachttraum.
sich, Rudolf ist verwirrt und überlegt was er Endlich kann das Hochzeitsfest beginnen.
tun soll. Gerade in diesem Augenblick drän-
gen die Dorfbewohner in den Gasthof um den
Grafen, den sie erkannt haben, auf das Schloß
zu begleiten. Alle sehen die schlafende Amina

45
Alessandro Sanquirico. La Sonnambula, Atto II, scena ultima. Probabile disegno preparatorio per l’incisione.
(Institut für Theaterwissenschaft, Universität Köln).

46
LA LOCANDINA

LA SONNAMBULA melodramma in due atti di

F ELICE ROMANI

musica di

VINCENZO B ELLINI
Editore CASA RICORDI, Milano

Personaggi ed interpreti

Il Conte Rodolfo FRANCESCO ELLERO D’ARTEGNA (22-29-30/6-2/7)


ALFREDO ZANAZZO (25-27/6)
Teresa LIDIA TIRENDI
Amina G IUSY DEVINU (22-25-27-29/6)
PAULA ALMERARES (30/6-2/7)
Elvino MARCELO ALVAREZ
Lisa PATRIZIA B ICCIRÈ
Alessio DAVIDE ROCCA
Un notaio MARIO G UGGIA

maestro concertatore e direttore

ANGELO CAMPORI
regia

STEFANO VIZIOLI
ripresa da

LUCA F ERRARIS

ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO LA F ENICE


direttore del Coro
G IOVANNI ANDREOLI

Allestimento del Teatro La Fenice

47
Scena dal balletto La Sonnambule. Vienna (1829).

48
LUCA ZOPPELLI
L’IDILLIO BORGHESE

1. Un «tremendo fantasma» si aggira sui tet- al lavoro; poi, verso fine anno, il progetto
ti, sui boschi e sui campanili del pacifico Ernani viene abbandonato. Ai primi di gen-
villaggio alpino ov’è ambientata La son- naio Giovan Battista Perucchini, avvocato
nambula. Non si tratta, ovviamente, della veneziano e compositore dilettante celebre
povera Amina, le cui apparizioni notturne per le sue ariette da camera, riceve dall’a-
vengono presto derubricate fra le patologie mico Bellini una lettera:
del sonno; bensì di un fiero bandito casti-
gliano chiamato Ernani, che alla vigilia Sapete che non scrivo più l’Ernani perché il
delle proprie nozze con la scena operistica soggetto doveva soffrire qualche modifica-
italiana viene improvvisamente arrestato zione per via della polizia, e quindi Romani
da un (bucolico) squillo di Alpenhorn e co- per non compromettersi l’ha abbandonato,
stretto ad attendere tempi migliori. ed ora scrive la Sonnambula ossia I due fi-
Siamo nel 1830: un nuovo pool imprendito- danzati svizzeri [...]
riale milanese decide di fare le cose in
grande, e organizza al teatro Carcano una Problemi di censura, dunque: credibile. Ma
stagione stellare basata sui migliori can- è credibile anche quanto insinuerà, anni
tanti in circolazione (Giuditta Pasta, Gio- dopo, la vedova di Romani: che dato il
van Battista Rubini, Filippo Galli). Il pro- grande successo dell’Anna Bolena (il primo
getto include anche due opere nuove da vero capolavoro di Donizetti, considerato
commissionarsi ai giovani leoni dell’operi- tale anche dall’inguaribile e livorosa mali-
smo italiano: Donizetti e Bellini. Felice Ro- gnità dello stesso Bellini) il compositore ca-
mani, il principe dei librettisti italiani, tanese abbia preferito evitare la competi-
provvede il testo per entrambi: a Donizetti zione sul terreno tragico, per spostarsi su
fornisce l’Anna Bolena, che inaugura la un genere completamente diverso. Il sog-
stagione il 26 dicembre, e a Bellini un Er- getto di Sonnambula viene da un balletto-
nani, tratto da quel dramma di Victor Hugo pantomima del solito Scribe (rappresentato
che solo pochi mesi prima, alla prima rap- a Parigi nel 1827); Bellini ebbe evidente-
presentazione parigina, aveva scatenato mente poco tempo per comporre, visto che
una vera e propria battaglia fra giovani ro- il 6 marzo l’opera era già in scena, protago-
mantici radicali e parrucconi benpensanti. nisti Pasta e Rubini, ottenendo grande suc-
Non era propriamente il tipo di scelta este- cesso. A giudicare dagli schizzi rimasti, so-
tica che ci si poteva attendere da Romani, lo poche battute dello sfortunato Ernani
letterato di tendenze notoriamente classici- vennero riutilizzate nella Sonnambula;
stiche: ma anche i classicisti sanno che qualcos’altro confluì nella Norma, forse più
l’aura di scandalo, se non altro, riempie le affine per il taglio tragico. Eppure non si
platee (tre anni dopo Romani replicherà il può escludere che il fantasma di Ernani
giochino con la Lucrezia Borgia, anch’essa aleggi ancora sui monti svizzeri della Son-
fresca fresca da Parigi, e girata a Donizetti: nambula; opera in cui, a dispetto della pati-
ne verrà fuori il primo grande incunabolo na idilliaca e persino disimpegnata, non è
del romanticismo italiano). Bellini si mette per nulla assente quel progetto implicito di

49
Francesco Bagnara. Bozzetto per La Sonnambula, Atto I, 1. Venezia, Teatro Apollo (1837).
(Venezia, Museo Correr).

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un nuovo teatro musicale italiano — ro- ste, il luogo topico di tali virtù naturali e
mantico e borghese — che si andava fatico- collettive. Queste opere sono quindi preva-
samente precisando negli anni Trenta, e lentemente ambientate in ambito campe-
del quale l’Ernani di Bellini sarebbe forse stre, i protagonisti sono costantemente cir-
stato una pietra miliare — come lo sarà po- condati e integrati dalla comunità (espres-
chi anni dopo la Lucrezia Borgia, e come, sa musicalmente in cori e danze a modera-
nel 1844, l’Ernani di Verdi. to carattere popolaresco), mentre l’ambien-
te naturale, che costituisce la base delle
virtù personali e collettive, deve essere te-
2. Che tipo di opera è dunque Sonnambula? matizzato facendo percepire la presenza
A grandi linee, la si può assegnare al filone dello spazio vivo al di fuori della scena. In-
dell’opera semiseria. Questo genere, sorto fine, per intensificare la percezione di un
a fine ’700 come variante sentimentale, lar- ambiente incontaminato dalla corruzione
moyante, dell’opera buffa italiana (o del- della civiltà, il milieu agreste diviene prefe-
l’opéra comique francese) si proponeva, ribilmente alpino: d’altronde proprio gli
analogamente a quanto avveniva nel coevo anni a cavallo fra Sette e Ottocento vedono
dramma borghese, di uscire dalle forche l’esplosione dell’interesse etnografico, na-
caudine della consueta contrapposizione turalistico ed alpinistico nei confronti della
fra comicità realistico-quotidiana e tragi- montagna (nel 1786 ha luogo la storica
cità aristocratico-eroica. Mirava quindi a ascensione di Paccard e Balmat al monte
presentare personaggi non aristocratici, Bianco). Sonnambula, insomma, sembra
quotidiani, attinti alla contemporaneità, in aderire in pieno a questa ricetta: un villag-
situazioni tragiche o quantomeno pateti- gio in cui tutti prendono parte trepidante al
che, affermando la piena dignità morale e destino dei singoli, un ambiente vivo e pre-
sentimentale degli appartenenti alle classi sente nei suoni dietro le quinte, nei lontani
inferiori. I testi decisivi di questa tradizione richiami dei corni che sfondano lo spazio
operistica furono la Cecchina, ossia la buo- scenico (come nel Guglielmo Tell) verso i
na figliola di Piccinni (1760, libretto di Car- pascoli e i ghiacciai, una fanciulla innocen-
lo Goldoni) e la Nina pazza per amore di te che vive la propria sofferenza in uno sta-
Paisiello (1789, rifacimento di un’opéra co- to di alterazione psichica (non dimenti-
mique di Dalayrac del 1786); la sensibilità chiamo che la Nina pazza per amore conti-
semiseria permeò poi, per ovvie ragioni po- nuava a restare in repertorio proprio grazie
litiche, il teatro musicale francese del pe- alla celebratissima interpretazione di Giu-
riodo rivoluzionario e napoleonico e le sue ditta Pasta, per cui Bellini concepì la parte
derivazioni italiane, in opere come l’Elisa di Amina). Il topos pastorale è reso tuttavia
di Mayr o la Gazza ladra di Rossini; ancora in una forma stilistica più elevata e classi-
negli anni Quaranta la Linda di Chamou- cheggiante (il termine “semiserio”, infatti,
nix di Donizetti dimostrerà la vitalità del manca dal frontespizio): non c’è il tra-
genere. L’opera semiseria assume spesso e dizionale basso buffo (avrebbe potuto esse-
volentieri una tinta pastorale e campestre, re Alessio, lo spasimante di Lisa, se gli au-
non solo per statuto letterario (fin dalla fa- tori l’avessero voluto); non esiste un
vola pastorale cinquecentesca, che Giraldi antagonista che inneschi (o abbia innesca-
Cinzio e Guarini battezzarono «tragicom- to) un vero e proprio conflitto di potere, co-
media», la mediazione fra tragico e comico me il padre di Nina che allontanando l’a-
che avviene in un contesto bucolico), ma mato della figlia ne ha provocato la pazzia,
anche perché la drammaturgia semiseria o il Podestà prevaricatore ed infido della
postula la positività e innocenza morale dei Gazza ladra rossiniana. Le peripezie di
protagonisti — spesso e volentieri persegui- Amina ed Elvino, quindi, sembrano deriva-
tati dai membri delle classi superiori — ed il re solo dalla casualità, delineando una for-
tardo Settecento, russovianamente, identi- ma di patetismo fatalistico cui Bellini, com-
fica nella campagna, nella comunità agre- mentando qualche anno dopo il soggetto

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dei Puritani, si dichiarerà affezionato: cata, priva di conflitti, ambientata in un
mondo dove il peccato deve ancora fare la
Un interesse profondo, combinazioni che sua comparsa. L’involucro pastorale, a mio
sospendono l’animo e l’invitano a sospirare parere, nasconde delle questioni ben più
per l’innocenti che soffrono senza alcun ca- inquietanti e complesse di quanto non ap-
rattere cattivo che procuri tali sventure, ma paia a prima vista.
il destino ne è creatore e quindi le commo-
zioni sono più forti, perché non si trova
umano riparo per far cessare la sventura. 3. Il peso specifico dell’operazione-Son-
nambula può essere giudicato, a posteriori,
Tutto ciò parrebbe suggerire i contorni di da quanto avviene pochi anni dopo con i
un idillio immobile e privo di contrasti, in Puritani. Al suo esordio parigino, di fronte
cui la drammaturgia si riduce ad una stati- ad un pubblico ben più aggiornato ed as-
ca espressione di sentimenti ora teneri ora suefatto di quello italiano ai contrasti di sti-
malinconici, trasfigurati nel melos più pu- le, alle implicazioni politiche ed interperso-
ro e spontaneo che mai Bellini abbia conce- nali della nuova drammaturgia romantica
pito. Fu questa, anche, la chiave di lettura borghese, i classicisti Pepoli e Bellini scel-
con cui molti fra i contemporanei vollero gono un escamotage: anziché le scandalose
spiegare il successo dell’opera, dallo stesso combinazioni di registro che Donizetti ini-
Felice Romani: zia ad indagare, e che poi diverranno il ca-
vallo di battaglia di Verdi, scelgono di con-
Essa è in musica ciò che in poesia è l’A- taminare l’ambientazione storico-tragica
minta; è una nobile e commovente pastora- (le guerre di religione nell’Inghilterra di
le, semplice e sublime nel tempo istesso co- Cromwell) con un trattamento da opera se-
me una bella natura [...] si direbbe che il miseria: cosicché, nelle parole di Bellini, il
Bellini sia ito ad ispirarsi in Elvezia ai can- genere dei Puritani è «come la Sonnambu-
ti della musa Gessner per isposarli ai bei la o la Nina di Paisiello, aggiunto a del mili-
numeri della greca melodia [...] tare robusto e a qualche cosa di severo Pu-
ritano». Anche nei Puritani, nonostante
a Ferdinand Hiller, che riferisce anche del- l’ambientazione sia un una fortezza in riva
la reazione emotiva dell’amico Chopin: al mare della Cornovaglia, ci sono monti
innevati (!), nebbiose fanfare di corni in
Conformemente al carattere idillico del lontananza, cori di villanelle; e la pazzia di
piccolo dramma [...] non si potrà citare Elvira, anziché avvenire in assoluto isola-
un’opera più ricca di canti leggiadri, amo- mento tragico come, ad esempio, quella do-
revoli, che vanno dritti al cuore [...] Un nizettiana di Lucia, si svolge nel contesto
giorno ne vidi una rappresentazione insie- della una costante presenza collettiva, in
me a Chopin, per il quale i percorsi armo- un gioco di dialoghi e rifrazioni fra perso-
nici più originali ed eccessivi erano dive- naggi, esattamente come nella Nina e nella
nuti come una seconda natura. Eppure egli Sonnambula.
stesso era commosso come raramente lo Tutto ciò ci avvicina al cuore della questio-
vidi: dopo il secondo atto, ove Rubini sem- ne. Bellini era compositore di formazione e
bra cantare lacrime, anche Chopin aveva di idee estetiche rigorosamente classicisti-
gli occhi pieni di lacrime. che: si pensi solo alla sua celebre afferma-
zione che «i versi, non le situazioni» gli
Sulla straordinaria presa patetica della mu- ispirassero del «genio» (pochi anni dopo
sica di Sonnambula non c’è nulla da ag- Verdi sosterrà esattamente il contrario).
giungere: ogni spettatore, si chiami o meno Anche lui, naturalmente, è catturato nel
Frédéric Chopin, è tenuto a soggiacervi. Vi processo romantico di decostruzione della
sarebbe molto da aggiungere, però, a que- drammaturgia tragica, di riduzione dell’a-
sta immagine di un’opera idilliaca e purifi- stratta sublimità alla quotidianità collo-

52
Francesco Bagnara. Bozzetto per La Sonnambula, Atto I, 8. Venezia, Teatro Apollo (1837).
(Venezia, Museo Correr).

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Francesco Bagnara. Bozzetto per La Sonnambula, Atto II, 1. Venezia, Teatro Apollo (1837).
(Venezia, Museo Correr).

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quiale e molteplice del reale: ma la sua to...).
poetica ancora fortemente radicata nel
principio classicistico dell’idealizzazione
gli impedisce di accettare appieno la scan- 4. L’ipotesi dunque è che Sonnambula sia
dalosa mescidanza di registri che ne deri- essenzialmente un dramma borghese sotto
verebbe, quella mescidanza che aveva sca- mentite spoglie, e che — come dice Guido
tenato le grandi battaglie attorno ai dram- Paduano nel saggio pubblicato poche pagi-
mi di Hugo (un re chiuso in un armadio, un ne avanti — «la musica della Sonnambula
altro che va per bordelli e rischia di venir perentoriamente richiede di essere presa
accoltellato da un sicario pagato dal suo sul serio come Norma o Anna Bolena, nel
stesso buffone di corte — gobbo — cui ha senso che non meno di quelle mette in gio-
sverginato la figlia, ecc.). Come raggiunge- co eventi e valori decisivi per la compren-
re un registro più quotidiano e borghese, sione della condizione umana e dell’imma-
immediato e “vero”, senza abbandonare i gine di essa che viene elaborata nell’auto-
confini rassicuranti dei generi correnti, ed coscienza culturale». Questa «serietà» di
il «decoro» che conviene alla scena lirica? Il Sonnambula, il suo farsi «dramma» anzi-
contesto semiserio, depurato delle più ché puro idillio, implica però l’esplicitazio-
strette parentele coll’ambito comico, costi- ne di una serie di conflitti (fra persone, va-
tuisce appunto la soluzione migliore: forni- lori, sistemi di riferimento) senza i quali il
sce una cornice in cui la sostanza delle dramma proprio non può sussistere. E, a
questioni dibattute è quella privata, quoti- ben guardare, di conflitti nella Sonnambu-
diana ed antieroica della classe media e dei la ce ne sono diversi, ben distribuiti ai di-
suoi drammi familiari, mantenendo tutta- versi livelli del sistema comunicativo. Pro-
via — grazie al dislocamento «pastorale» — viamo a schizzare un breve elenco, tutt’al-
quel distanziamento idealizzante dalla tro che completo:
quotidianità vera e propria realisticamente
intesa, che i pubblici ottocenteschi non vo- a) Un conflitto fra i sistemi dei valori urba-
levano proprio saperne di vedere in scena. ni e rurali, che non permette una risoluzio-
Questo avviene con Puritani, questo era av- ne univoca. È ben vero che la comunità del
venuto con Sonnambula (che quindi non villaggio svizzero viene presentata a grandi
costituiva una “fuga” rispetto all’impegno linee nei termini idilliaci del gruppo natu-
dell’Ernani, ma piuttosto una sua riformu- ralmente «buono» e solidale con tutti i pro-
lazione). E questo avverrà ancora quando pri membri. Ma questi bravi valligiani sono
Cammarano e Verdi, nel 1849, dovendo ri- anche insopportabilmente ingenui, credu-
durre il più audace dei drammi borghesi loni oltre ogni dire («Buone nuove! / Dice il
tardosettecenteschi, Kabale und Liebe di Conte ch’ella è onesta») e al tempo stesso
Schiller, per la reazionaria piazza napoleta- ostinatissimi nel difendere la propria igno-
na, decideranno di cavarsela riformulando ranza («Un che dorme e che cammina! /
la quotidianità borghese come naturalezza No, no è, non si può dar»); la loro terrifica-
valligiana, cosicché il piccolo principato te- ta descrizione del presunto fantasma («A
desco di Schiller diventa un «ameno villag- fosco cielo, a notte bruna») è una gustosa
gio» del Tirolo, la casa di Luisa Miller si po- caricatura delle tinte fosche d’ispirazione
pola di contadinelle trepidanti eccetera. nordica che andavano serpeggiando nella
(L’anno dopo, per lo Stiffelio di Trieste, letteratura popolare «romantica» italiana,
Verdi non usò le stesse precauzioni, col ri- alla Berchet, e anche Bellini si supera nel-
sultato disastroso che sappiamo. E per la l’affiancare toni francamente comici a pas-
Traviata del ’53 — come il lettore ha potuto saggi in cui il «brivido», opportunamente
verificare nel volume di sala pubblicato al- distanziato, corre lungo progressioni armo-
cune settimane fa, in occasione della ripre- niche in tutto e per tutto «romantiche».
sa al Palafenice — si renderà necessaria una D’altra parte, però, non si può dire che il
grottesca retrodatazione al primo Seicen- personaggio del Conte, col suo atteggia-

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mento «cittadino» e illuminato, ci faccia delineato dal gioco delle reminiscenze e
una figura migliore. Anche a prescindere delle immagini mentali sonorizzate in or-
dal progetto iniziale, secondo il quale Ro- chestra. Gli episodi del sonnambulismo di
dolfo, tipico seduttore aristocratico, si sa- Amina, così come — pochi anni dopo — le
rebbe alla fine svelato per il padre dell’orfa- tappe del martirio interiore di Lucia, sono
nella Amina, abbandonata insieme alla delineate da una folla di melodie affidate
madre una ventina d’anni prima (donde i all’orchestra, con il compito di rendere udi-
ricordi evocati in lui dalle fattezze della bili gli oggetti dell’immaginazione o del ri-
fanciulla: «era dessa qual tu sei...»), il suo cordo che si affollano nella mente di un
atteggiamento nei confronti dei bravi pae- personaggio: si tratta spesso di reminiscen-
sani è pericolosamente dongiovannesco. ze che citano momenti precedenti del
Anzi, Don Giovannesco: giacché a lui, «no- dramma e ne evocano quindi il ricordo, co-
bil cavaliere» capitato in un villaggio pro- me le numerose citazioni che, durante la
prio durante una cerimonia di nozze, come seconda scena di sonnambulismo, rinviano
quella fra Zerlina e Masetto, Romani mette ai momenti felici del primo duetto fra Ami-
in bocca delle espressioni che richiamano na ed Elvino (il dono dell’anello, dei fiori,
irresistibilmente quelle dell’eroe di Mozart l’emozione della sposina promessa). In al-
e Da Ponte: tri casi, invece, l’evocazione musicale non
fa gioco sulla reminiscenza ma sulla sem-
Da Ponte: plice associazione, vedi il sommesso scam-
[Gio.] Seguitate a suonar, o buona gente. panio affidato agli archi che evoca per Ami-
C’è qualche sposalizio? / [Zer.] Sì signore, na sonnambula (tanto nel primo che nel
e la sposa son io. / [Gio.] Me ne consolo. secondo atto) l’immagine dello sposalizio.
Lo sposo? / [Mas.] Io, per servirla. Questo «sonoro silenzio» costituisce sem-
pre, nell’opera italiana ottocentesca, l’e-
Romani: spressione di un disagio, di uno stacco
[Rod.] Ma fra voi, se non m’inganno, traumatico che rende impossibile una vera
Oggi ha luogo alcuna festa. integrazione dell’individuo col mondo cir-
[Coro] Fauste nozze qui si fanno. costante, una fuga nel sogno e nella fanta-
[Rod.] E la sposa? è quella? / [Coro] è questa. sticheria, una difesa rispetto alla violenza
della realtà (vedine ad esempio l’importan-
Da Ponte: za in Don Carlos). Ora, è essenziale notare
[Gio.] La nobiltà / Ha dipinta negli occhi che in Amina questa situazione di disagio e
l’onestà. di fantasticheria non è innescata dal ripu-
dio traumatico patito da parte di Elvino
Romani: (come avviene per Lucia o per l’Elvira dei
[Rod.] Un par mio non può mentir. Puritani), ma lo precede. La prima scena di
sonnambulismo, infatti, è già segnata dal-
L’incontro fra due modelli di vita, uno soli- l’ansia per le prossime nozze, ma anche
dale e comunitario ma passibile di cadere dall’inquietudine per l’atteggiamento gelo-
nell’allucinazione di massa (il che compor- so che Elvino ha palesato in precedenza:
ta di fatto anche un giudizio emarginante l’orchestra evoca infatti il tema del duetto
nei confronti della povera Amina), l’altro il- «Son geloso del zefiro errante», ed Amina
luminato ma sempre a rischio di soggiace- nel sonno chiede: «Geloso / saresti ancora
re alla tentazione di un uso scorretto del dello straniero?». Evidentemente le diffi-
proprio potere, resta quindi problematico, coltà del rapporto fra Amina ed Elvino, e
non disegna soluzioni facili né tantomeno forse fra Amina e l’intera comunità (delle
idilli fuori dal tempo e dallo spazio sociale. cui preclusioni mentali — ingenue ma peri-
colose — s’è detto sopra) preesistono all’epi-
b) un conflitto fra interno ed esterno, sensi- sodio, casuale, dell’ingresso della ragazza
bilità individuale e pregiudizio collettivo, in camera del conte; e il suo sonnambuli-

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Francesco Bagnara. Bozzetto per La Sonnambula, Atto II, 5. Venezia, Teatro Apollo (1837).
(Venezia, Museo Correr).

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Giuseppe Bertoja. Schizzo per La Sonnambula andata in scena al Teatro di San Giovanni Grisostomo nel
1835, con Maria Malibran nel ruolo di Amina. Lo scenografo annota: «Malibrand (sic) 1835 Martedì 8 Apri-
le / Applaudita 3 volte». (Venezia, Museo Correr).

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smo, più che la causa di tanti problemi, rivolto ad un’astrazione più che ad un part-
sembrerebbe piuttosto l’effetto psicosoma- ner autonomo e di pari dignità: nella ca-
tico di uno stato generale di ansia. Non ho denza della sezione iniziale, sulle parole
alcuna intenzione, qui, di praticare il gio- «arride al nostro amor», la voce di Elvino è
chino fin troppo diffuso ed inutile di psica- raddoppiata alla terza da quella di un cor-
nalizzare dei personaggi fittizi prestando no, che funge quasi da sostituto immagina-
loro delle «storie» estranee o preesistenti a rio, mentale, per la voce di Amina che an-
quanto ci viene mostrato in scena; ma sem- cora tace, e che entrerà solo nella sezione
plicemente di notare che in quest’opera, fin conclusiva dell’Andante. A questo punto,
da subito, la musica di Bellini descrive una ristabilita la convenzione del canto paralle-
condizione oggettiva di distanza fra Amina lo, la musica parrebbe esprimere una vera
ed Elvino, una distanza che si riflette negli fusione interiore dei due amanti, ma qui
stati di alterazione di lei, e finisce per preci- accade l’imprevisto: sulle parole «Ah! vor-
pitare la crisi del rapporto. rei trovar parola / a spiegar com’io t’adoro»
Amina attacca la cabaletta da sola (fin qui
c) Il conflitto centrale dell’opera è quindi niente di strano), in un malinconico Fa mi-
quello fra i due fidanzati: la situazione pa- nore segnato da armonie napoletane. È co-
tetica dell’incomprensione e dell’allontana- me se lei, con la sensibilità infinitamente
mento non è determinata solo dal «destino» più articolata che la contraddistingue, già
che casualmente conduce Amina nel letto avvertisse il pericolo dell’incomunicabilità
del conte, ma anche e in primo luogo — co- vera, profonda, e quindi della sfiducia, che
me ha egregiamente dimostrato Fabrizio incombe sul quadretto apparentemente
Della Seta — da Elvino stesso: dalla sua con- idilliaco del proprio fidanzamento. La ri-
cezione maschilista e semplificante dell’a- sposta di Elvino è asimmetrica: con lo sbri-
more come possesso, dalla sua gelosia in- gativo semplicismo che contraddistingue la
giustificata che preesiste agli eventi che po- sua visione del mondo, egli ignora il velo
trebbero spiegarla. Questa tensione, questa grigio proposto dalla riflessione di Amina, e
distanza un tantino imbarazzata che inter- riporta la musica nell’alveo di un rusticano
corre fra i due fidanzati, è già tutta nelle motivetto in La bemolle maggiore. Verso la
strutture musicali del primo grande duetto. fine anche Amina si accoda per le cadenze
Elvino giunge all’appuntamento con un d’uso: ma il duetto si conclude avendo la-
certo ritardo: in un delicato arioso (di quel- sciato la nettissima sensazione che, nono-
li che Bellini sparge volentieri nelle proprie stante l’affetto e l’attrazione reciproca,
opere, ma che in Sonnambula sono insoli- Amina ed Elvino non costituiscano ancora
tamente rari) si scusa dicendo di aver pre- una coppia — e ciò, in buona misura, per
gato sulla tomba della madre, affinché l’immatura superficialità di lui. Nel secon-
Amina lo renda felice come ella rese felice do atto la passione generosa, ma semplici-
il padre (si noti la concezione arcaica della stica ed irriflessiva, di Elvino riceve nella
famiglia che ciò esprime, nonché il proce- grande aria bipartita un trattamento me-
dimento di instaurare subito un pericoloso morabile grazie all’intervento di Bellini
confronto fra la figura idealizzata — anche sulla struttura formale e sulle attese dell’a-
musicalmente — della madre e quella, an- scoltatore. Elvino si avanza pensoso su un
cora estranea, della futura sposa). Manca, assolo cantabile — ancora — del corno, che
come invece sarebbe d’uso nel duetto otto- al momento — integrato com’è nella con-
centesco, un «tempo d’attacco» di tipo dia- clusione del recitativo precedente — sem-
logico: l’inizio del numero si configura bra avere un carattere di reminiscenza, si
piuttosto come una cavatina in La bemolle fa leggere come rievocazione sonora, come
maggiore per il solo tenore, che offre l’anel- flashback della passata felicità. Invece, la
lo alla fidanzata («cavatina», infatti, era de- melodia si rivela poi essere quella su cui
signato il pezzo nell’autografo). L’amore di Elvino attacca il tempo lento della propria
Elvino sembra quindi ancora monologico, aria («Tutto è sciolto»). Dopo otto battute la

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Giuseppe Bertoja. Bozzetto per La Sonnambula, Atto I, 1. Venezia, Teatro di San Giovanni Crisostomo (1835).

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melodia s’interrompe bruscamente: lui si in quella finale, è tendenzialmente aperta:
accorge della presenza di lei, ne segue un sfugge le simmetrie, evita di tornare su se
dialogo animato (il cui testo non compare stessa, si volge costantemente verso nuove
nel libretto, ed è quindi stato aggiunto da destinazioni tonali e nuovi sviluppi melodi-
Bellini per ragioni di «tempo» drammatico), ci, in un’elastica e sognante indetermina-
e infine una sezione più concitata per Elvi- zione onirica. Mentre le angolosità di Elvi-
no solo («pasci il guardo e appaga l’alma»). no si esprimono nell’irregolarità formale
Per l’orecchio assuefatto alle categorie for- dei suoi numeri chiusi, le arie di Amina, la
mali ottocentesche, questa potrebbe già cui sensibilità è tanto più interiorizzata e
sembrare una cabaletta; se non che, dopo il profonda, sono formalmente regolari, ma
tempo di mezzo segnato dall’ingresso del traggono la loro grande ricchezza di sfuma-
coro, arriva la cabaletta vera, «Ah! perché ture dalla conduzione melodica e armoni-
non posso odiarti». Il suo straordinario ef- ca. Provate a riascoltare «Ah, non credea
fetto, oltre che dalla doppia impennata di mirarti», forse il cantabile più miracolosa-
un profilo melodico esasperato, deriva pro- mente perfetto dell’intero corpus bellinia-
prio dall’essere percepita come «doppia ca- no. Siamo in La minore: una prima frase,
baletta», come sfogo che si aggiunge ad un quattro battute, seguita da una seconda, di-
altro sfogo, rottura di tutti gli argini di com- versa, che magicamente si prolunga a cin-
portamento. (Qualche decennio dopo, que battute, ma conclude con una cadenza
quando le «famigerate» cabalette erano or- poco decisiva, cosicché ce ne vogliono altre
mai rifiutate da tutti come un’insoffribile due (e fanno sette, cifra asimmetrica per
convenzionalità, Verdi dirà che non ci sa- eccellenza) per arrivare ad una stasi. Qui,
rebbe nulla di male ad utilizzarle ancora, in quella che potrebbe suonare come la
se solo vi fossero dei compositori capaci di classica sezione contrastante, l’andamento
scrivere qualcosa come «Ah! perché non si regolarizza in una struttura di due per
posso odiarti».) quattro battute: ma l’iniziativa è intanto
passata ai legni dell’orchestra, mentre Elvi-
no si accoda al flusso melodico esprimendo
5. Amina è lontana, estranea al mondo che tutto il proprio dolore e il proprio rimorso.
la circonda: un mondo la cui semplice in- Ci si aspetta il ritorno al materiale iniziale:
genuità può anche significare violenza, invece l’orchestra modula al relativo mag-
stoltezza e pregiudizio. Nello squarcio «Ah! giore, ove Amina prosegue e conclude il
vorrei trovar parola», così come nella sua proprio canto. Nonostante l’apparente sem-
alterità di sognatrice, Amina si dimostra plicità della scrittura, ci troviamo insomma
partecipe di tutta un’altra realtà, infinita- di fronte ad una sofisticata forma di «melo-
mente più profonda e sottile: il suo isola- dia infinita», e non ci stupiamo che avesse
mento rispetto alla piatta e soddisfatta ba- il potere di commuovere un compositore
nalità borghese che la circonda può persi- come Chopin, che proprio sull’indetermi-
no ricordare — pur con minore intensità nazione onirica delle asimmetrie sintatti-
epica — quello di Senta nell’Olandese vo- che costruisce buona parte dei propri in-
lante. Questo distacco appare evidente an- confondibili effetti espressivi. Avanzavo
che confrontando la fattura tecnico-compo- poc’anzi il suggerimento che la consapevo-
sitiva delle arie destinate a lei con quelle lezza estetica di Bellini fosse decisamente
destinate agli altri personaggi. Ad Elvino arretrata rispetto ai suoi risultati poetici: in
come a Rodolfo come a Lisa compete la effetti, anche se la sua formazione classici-
classica forma chiusa dell’arco melodico stica lo induceva a definire la propria musi-
all’italiana, quattro periodi di cui i primi ca come induzione di «affetti» (l’opera do-
due simili, il terzo contrastante, l’ultimo vrebbe far «piangere cantando», il che non
che riconduce al primo (AABA o sue innu- è assolutamente un concetto romantico,
merevoli varianti). Al contrario la melodia ma prettamente settecentesco), il proprio
di Amina, tanto nell’aria del primo atto che talento compositivo giungeva alla defini-

61
zione di mezzi strutturali grazie ai quali un nea bontà dei bravi valligiani. È un idillio
affetto non è mai un’astrazione generica, conquistato faticosamente, lasciando tra-
ma è anche, sempre, un irripetibile modo sparire i nodi ben più moderni, ed essen-
di espressione della particolarissima perso- ziali, del dramma borghese, dell’osserva-
nalità di chi lo prova, ed entra quindi a de- zione in vitro di un’antropologia urbana e
finire il gioco delle relazioni — e dei contra- modernissima.
sti — fra gli individui. Lo aveva capito be-
nissimo Richard Wagner, quando, contrap-
ponendo la musica di Bellini alle confuse e
frammentarie sperimentazioni dei suoi
contemporanei tedeschi, ossessionati dalla
resa individuale di ogni singolo particolare
espressivo, notava:

L’immediata ed evidente comprensione


dell’insieme di un sentimento sulla scena
NOTA BIBLIOGRAFICA
verrà di gran lunga facilitata se esso, unita-
mente a tutti i sentimenti e le impressioni Oltre al saggio di GUIDO PADUANO, incluso nel suo volu-
collaterali, verrà reso con tratto sicuro in me Il giro di vite (Firenze, 1992), e ristampato qui di se-
un’unica, chiara e comprensibile melodia guito, nel testo rinvio alla relazione di FABRIZIO DELLA
SETA, Affetto e azione. Sulla teoria del melodramma ita-
[...] liano dell’Ottocento, nel volume III (Free Papers) degli
Atti del XIV congresso della Società Internazionale di
Nella sua prosa, come sempre un po’ legno- Musicologia, Bologna 1987 (Torino, EdT 1990). Wa-
sa, il grande drammaturgo coglie un punto gner e Hiller sono citati dal numero dedicato a Bellini
nella collana periodica «Musik-Konzepte», n. 46, Mün-
essenziale: anche le sfumature che indivi- chen, Edition Text+Kritik 1985. Fra gli altri studi dedi-
dualizzano un affetto possono trovare cati alla Sonnambula, va ricordato almeno quello di
espressione nella struttura unitaria di un FRANCESCO DEGRADA, Prolegomeni a una lettura della
arco melodico. La «malinconica musa» che Sonnambula, ne Il melodramma italiano dell’Ottocen-
to. Studi e ricerche per Massimo Mila, Torino, Einaudi
Bellini, a ragione, si attribuiva, era quindi 1977, e la guida curata da QUIRINO PRINCIPE, Milano,
perfettamente in grado di distinguere tra Mursia 1991. Spunti decisivi sul piano analitico si tro-
malinconie e malinconie: di scolpire i per- vano sempre in FRIEDRICH LIPPMANN, Vincenzo Bellini
und die Italienische Opera Seria seiner Zeit, Köln-
sonaggi come individui irripetibili, e quindi
Wien 1969, tradotto in MARIA ROSARIA ADAMO - FRIEDRI-
di innescare il dramma derivante dalle loro CH LIPPMANN, Vincenzo Bellini, Torino, ERI 1981.
diversità, la tensione dialettica fra atteggia-
menti e visioni del mondo diverse. Il pas-
saggio che commuoveva Chopin, quello in
cui Rubini / Elvino «cantava lacrime», era
appunto l’«io più non reggo», il momento in
cui — estrapolando uno spezzone di testo
che doveva appartenere al recitativo se-
guente, e facendolo irrompere nell’aria di
Amina — Bellini fa sì che Elvino si ponga, fi-
nalmente, in piena consonanza con l’ama-
ta: una consonanza che è compassione e
conoscenza dell’altro, e che è quindi la vera
risoluzione del dramma familiare, il pas-
saggio ineludibile verso un amore più con-
sapevole e vero, giunto a conclusione di
una vera e propria dialettica di coppia.
L’idillio non è dato a priori, non è garantito
dall’amenità del paesaggio né dalla sponta-

62
Giuseppe Bertoja. Bozzetto per La Sonnambula, Atto II, scena ultima. Venezia, Teatro di San Giovanni Gri-
sostomo (1835).

63
Romolo Liverani. Bozzetto per La Sonnambula, Atto I, 8. Faenza, Teatro Comunale (1838).

64
Romolo Liverani. Bozzetto per La Sonnambula, Atto II, 5. Faenza, Teatro Comunale (1838).

65
Carlo Ferrario. Disegno a matita per La Sonnambula, Atto II, 5. Milano, Teatro alla Scala (1873).

66
G UIDO PADUANO
LA VERITÀ DEL SOGNO: LA SONNAMBULA

All’indomani della prima milanese della dini e sotto gli smalti virtuosistici. Ma an-
Sonnambula (6 marzo 1831), il recensore che senza di lei, e senza cessare di rim-
dell’«Eco» scriveva tra l’altro: «il trasforma- piangerla, ci accorgiamo che la musica del-
re la maestà della Semiramide e la sensibi- la Sonnambula perentoriamente richiede
lità profonda dell’Anna Bolena nelle sem- di essere presa sul serio come Norma o An-
plici ed ingenue grazie d’una giovane con- na Bolena, nel senso che non meno di quel-
tadinella, in modo sì mirabile, cra impresa le mette in gioco eventi e valori decisivi per
riserbata a Madama Pasta». la comprensione della condizione umana e
A proposito della rappresentazione scalige- dell’immagine di essa che viene elaborata
ra del 1955, diretta da Bernstein con la regia nell’autocoscienza culturale. Quando avre-
di Visconti e la memorabile Amina della mo precisato che questi medesimi eventi e
Callas, Fedele D’Amico teneva a ricordare valori sono veicolati attraverso un’identifi-
che «Sonnambula e Norma furono scritte cazione con l’esperienza della protagoni-
per la stessa cantante, Giuditta Pasta, e tutt’e sta, senza nessuna delle operazioni di di-
due le parti cantava la Malibran, come le stanziamento o alienazione che identifica-
canta oggi, unica, la Callas». no i registri del comico, avremo dato a mio
Il confronto tra Amina e le eroine di Rossi- parere un’attendibile definizione del gene-
ni e Donizetti suona provocatorio, giacché re tragedia, cui non è essenziale invece
all’iperbolica distanza sociale corrisponde, (non lo è mai stata) l’opposizione tra lieto e
prima e più che un’opposizione di registri triste fine.
stilistici, un’opposizione tra due forme di Amina, una ragazza di campagna, sta feli-
protagonismo, una che comporta l’occulta- cemente per sposarsi col suo innamorato
mento e l’altra l’esibizione del narcisismo (Elvino), senz’altri turbamenti che il ranco-
come volontà di potenza e coinvolgimento roso dispetto della precedente fidanzata di
nelle aspre dialettiche del potere. Non è lui, l’ostessa Lisa, quando il paese è messo
meno provocatorio il confronto con Norma, in subbuglio dall’arrivo di un aristocratico
dove opposizioni dello stesso tipo sono cittadino: il signore del castello, Rodolfo,
esaltate dall’identità del regime compositi- che rientra nei luoghi della sua infanzia.
vo, stante la strettissima vicinanza cronolo- Egli sembra guardare con interesse sospet-
gica tra le due opere. Eppure noi sentiamo to alla sposa, e al gelosissimo sposo sem-
infallibilmente che queste impressioni d’a- bra, del tutto a sproposito, che l’interesse
scolto colgono l’autenticità del messaggio sia ricambiato. Il sospetto diventa certezza,
testuale, al di là dei problemi di estensione lacerazione, abbandono quando la sposa
e di timbro della vocalità, e anche dell’abi- viene trovata nella camera d’albergo di Ro-
lità performativa delle cantanti; almeno nel dolfo, il quale tuttavia è in grado di spiega-
caso di Maria Callas, del resto, sappiamo re: Amina soffre di sonnambulismo non è
bene che la sua grandezza è consistita nel- altri che lei, nel suo vagare notturno, il fan-
la enucleazione e nell’espressione di gran- tasma di cui tutto il villaggio favoleggia con
di direttrici di senso, latenti nel melodram- sgomento. Nella stanza di Rodolfo è dun-
ma italiano sotto la stanchezza delle abitu- que entrata incoscientemente, e si è rivolta

67
La Sonnambula, Atto I, 8. Venezia, Teatro La Fenice (1952).

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a lui sognando un dialogo con Elvino. La ne del mondo; i confini fluttuanti tra queste
spiegazione è presa come un’interessata due realtà sono vissuti con enorme investi-
menzogna, ed Elvino si accinge a sposare mento emotivo, come «rischio di non esser-
Lisa per ripicca (se non fosse che anche Li- ci» e come ambiguità di affermazione e di
sa viene accusata, e lei giustamente, dello distruzione.
stesso peccato), quando sulla scena compa- Venendo all’opera di Bellini, converrà in-
re Amina. Il turbamento l’ha spossata, e ora nanzitutto notare che il tema del sonnam-
nel sonno esprime indubitabilmente il suo bulismo ha effettivamente il ruolo decisivo
dolore e il suo amore. Avviene la riappaci- nella strutturazione del plot: se questo, ri-
ficazione e Amina risvegliata si trova felice, dotto a estrema formalizzazione, consiste
acclamata dai suoi compaesani: «a noi più in un doppio movimento, prima di altera-
cara, / Bella più del tuo soffrir». zione e poi di ristabilimento della felicità
Che cosa c’è in questa vicenda di tragico, amorosa, che prima crea e poi colma ango-
cioè di essenziale e problematico? sciose distanze, la responsabilità di en-
La risposta «niente», che si può essere ten- trambi sta appunto nella particolare e ri-
tati di dare, è sostenibile solo ammettendo corrente condizione di Amina: la manife-
che la musica sia un discorso perfettamen- stazione dell’io attraverso il sogno, che in
te autosignificante, rispetto al quale la si- tal modo è resa pubblica, è prima fonte di
tuazione teatrale sarebbe un puro pretesto. equivoco e poi soluzione di esso, venendo-
Questa posizione, che pure nella critica le riconosciuto un indiscusso valore di ve-
belliniana ha avuto diritto di cittadinanza è rità. E in effetti entrambi, equivoco e verità,
insostenibile in rapporto a tutte le categorie ineriscono essenzialmente a questa espe-
strutturali, funzionali, semantiche, storiche rienza, confermando l’ipotesi che in essa
del teatro musicale in genere e del melo- sia una ricchezza ambigua e inquietante.
dramma italiano in particolare; ancora più La garanzia di verità risiede nella possibi-
in particolare, è incompatibile con la prassi lità di estrinsecare i contenuti psichici con
compositiva di Bellini e con il ruolo di Ro- tutta la libertà permessa dal codice onirico,
mani. Come ha chiaramente detto il mag- e cioè senza nessuno dei condizionamenti
giore studioso di Bellini, Friedrich Lipp- e delle censure operanti nel vivere sociale e
mann, La Sonnambula non si costituisce nell’elaborazione dell’immagine che con-
nonostante il libretto, ma a partire dalle «si- sciamente si trasmette di se stessi. Il rischio
tuazioni drammaticamente mosse» che es- di equivoco è invece legato alle modalità
so contiene. Qualificare questo discorso espressive dell’inconscio: poiché la sua at-
mediante un accertamento delle funzioni tività è indipendente dai principi della logi-
testuali, delle loro strategie e delle loro ge- ca classica (d’identità e di non contraddi-
rarchie, è quello che mi propongo di fare; zione), e tratta gli oggetti di investimento
anticiperò tuttavia subito la mia risposta, la emotivo alla stregua di una realtà totaliz-
quale, giovandosi dei benefici della tautolo- zante e infinita, gli oggetti stessi non hanno
gia, sostiene che quanto c’è di essenziale e lo statuto preciso che compete loro nella
problematico nella Sonnambula è propria- realtà empirica: nella fattispecie per Amina
mente l’esperienza del sonnambulismo. qualunque uomo, ma forse semplicemente
Non a dimostrazione di questo assunto, ma qualunque entità sentita come altro da sé, è
solo a preventiva giustificazione della sua nel sogno Elvino — e questa crea gli incon-
praticabilità, vorrei ricordare l’attenzione venienti che sappiamo.
dedicata da Ernesto De Martino ai fenome- Tuttavia l’interesse maggiore non risiede a
ni che come questo, o come la trance e l’i- mio parere nell’aspetto oggettivo del son-
pnotismo, comportano l’esercizio delle fa- nambulismo, cioè nelle sue conseguenze,
coltà psichiche in un regime sensoriale al- bensì nei modi di realizzazione, cioè nell’i-
terato; dalla sua analisi risulta che essi tinerario di vita interiore che esso disegna
comportano altresì una ridefinizione dell’i- e nel suo rapporto con la vita consueta, ca-
dentità individuale e della rappresentazio- ratterizzata dalla vigilanza e dalla interre-

69
La Sonnambula, Atto II, 1. Venezia, Teatro La Fenice (1952).

70
lazionalità. Se si preferisce, tra le relazioni sono attribuire alle due scene di pazzia so-
che organizzano il microcosmo psichico e pra citate.
quelle che nelle loro cooperazioni e interfe- In Lucia e nei Puritani la realtà dolorosa
renze formano il quadro semiotico del viene globalmente negata opponendole un
dramma. mondo di delirante luminosità, non toccato
L’elaborazione della realtà condotta nel dall’angoscia, frutto immediato e assoluto
sonnambulismo di Amina può definirsi con del desiderio; nella Sonnambula il deside-
l’aiuto di termini contrastivi che hanno rio esprime con altrettanta forza la sua ri-
grande rilievo nella civiltà musicale con- chiesta di felicità, ma i modi in cui la for-
temporanea: penso alla scena della pazzia mula mostrano coscienza delle difficoltà e
in Lucia di Lammermoor e al ricorrente degli ostacoli, generati dal fatto che l’alte-
delirio di Elvira in cui culminerà la ricerca rità dell’oggetto d’amore è comunque irri-
belliniana sugli aspetti più tormentati e in- ducibile all’io, e ne vivono la dialettica con
quietanti della psiche, e specialmente della pena, attesa, speranza.
psiche femminile. Le visioni di Lucia, Ami- Sia pure esprimendosi in termini grossolani,
na ed Elvira sono tutte incentrate su un non si andrà troppo lontano dalla verità se si
unico idolo ossessivo, concepito come sede dice che nella Sonnambula l’inconscio af-
di appagamento universale dell’immagina- fronta gli stessi problemi che si presentano
rio femminile: la festa di nozze. Ne viene di alla coscienza, e allo stesso modo, nel rispet-
conseguenza il ripetersi e sovrapporsi di to cioè della griglia che ospita e determina la
movenze stilistiche e di fattori lessicali. Per vita della coscienza: la scansione del tempo.
esempio: «Ardon le sacre tede» (Sonnam- Con ciò intendo dire due cose distinte tra lo-
bula) e «Ardon gli incensi... splendono / Le ro: la prima è che, essendo come s’è detto le
sacre faci intorno» (Lucia). «Cielo, al mio visioni, visioni non di stati psichici ma di
sposo io giuro / Eterna fede e amor» (Son- processi e conflitti, esse sono ordinate nel
nambula) e «Oh, vieni al tempio, fedele Ar- regime di mutabilità biunivocamente con-
turo, / Eterna fede, mio ben, ti giuro» (I Pu- nesso al tempo; la seconda è che l’inconscio
ritani). «Elvino!... Alfin sei mio... Tua son serba memoria della coscienza, e dunque le
io» (Sonnambula, atto I); «Ancor son tua, tu visioni non evocano dal nulla, o se si vuole
sempre mio» (Sonnambula, atto II); «Alfin dall’acronicità assoluta del desiderio, la loro
son tua, alfin sei mio» (Lucia). dialettica, ma ereditano una situazione com-
Naturalmente, se è vero che il sonnambuli- promessa dagli eventi della vita di relazione.
smo è fenomeno praticamente privo di rile- Diciamo anzi progressivamente compro-
vanza patologica, c’è da aspettarsi che la di- messa, se è vero che la seconda scena di
stanza tra esso e la realtà sia ben altrimen- sonnambulismo registra, nel medesimo
ti colmabile che non nel caso della pazzia: quadro di opposizione tra il desiderio e le
e in effetti, mentre l’esplorazione visionaria avversità, gli sviluppi e i deterioramenti ac-
di Lucia è una via che non ha ritorno, e il caduti nell’intervallo dalla precedente.
ritorno di Elvira passa per la violenza para- Se il primo punto autorizza a definire la
dossalmente benefica di un trauma (la con- struttura delle visioni come drammatica (e
danna a morte di Arturo), Amina si trova non sarebbe improprio parlare di psico-
alla fine a trapassare dal sogno alla realtà drammi), il secondo chiarisce che in essi si
per confini aperti e illusionisticamente, realizza la stessa struttura drammatica che
dolcemente confusi. Su questo trapasso, come spettatori siamo chiamati a fruire
che è la cosa più straordinaria dell’opera e unitariamente.
con piena pertinenza occupa il finale, tor- Considerando più concretamente le due
nerò poi; ma va detto che esso è il punto scene in questione, vediamo che il rapporto
terminale di uno svolgersi del discorso so- sintagmatico tra sogno e veglia viene ga-
lipsistico come parte dell’esperienza vitale rantito dalla prima fase di Amina sonnam-
e non già come suo chiaroscuro, alternati- bula, dopo l’invocazione «Elvino, Elvino!»:
va, rovesciamento — le funzioni che si pos- «geloso / Saresti ancor dello straniero?».

71
Gianrico Becher. Bozzetto per La Sonnambula, Atto I, 1. Venezia, Teatro La Fenice (1961).

72
Ancora: il sogno non ripete, ma riprende e grado che situa la sua scena non nelle dol-
prosegue la situazione conflittuale che si cezze bucoliche, svizzere o padane che sia-
era prodotta tra lei e l’amato a motivo del- no, ma nell’universalità della psiche, e ne
l’interferenza di Rodolfo, poi espansa e ad- parla il linguaggio categorico, dove non
dolcita nel duetto «Son geloso del zefiro er- esistono piccole ferite e la gelosia è degnis-
rante» e risolta nell’unisono «Mai più dub- sima figura di morte, dove l’invocazione
bi, timori mai più», all’uscita del quale sta «madre mia» non concerne propriamente
una promessa profetica: «pur nel sonno il la molinara Teresa — con la sua solida af-
mio cuor ti vedrà». fettività e partigianeria, capace di morali-
L’io onirico in ciò più realistico della dedi- smi aggressivi e di ironia acida, una specie
zione manifestata nel duetto — sa bene di di Agnese manzoniana — ma il corrispettivo
non poter contare sulla scomparsa dei nostalgico dell’originario smarrimento
«dubbi» e dei «timori»; e li mette in scena umano.
con un preciso déjà vu, che riprende prima Il risveglio di Amina fa esplodere, come
di tutto la tonalità globale dell’angoscia sappiamo, il conflitto con Elvino e i paesa-
(sottolineata dal ripetersi della didascalia ni, ma anche un conflitto di molta più vio-
«con pena»), e poi i topoi dell’innocenza of- lenza e respiro che coinvolge la persona
fesa, l’apostrofe «ingrato», e la professione della sognatrice, e nell’estremizzazione dei
d’amore «non t’adoro? / Il mio ben non sei suoi termini ne minaccia la coerenza. Da
tu?» (versus «Amo te solo, il sai»). Più pre- un lato infatti la sua condizione è di onni-
ziosamente, ancora, la solitudine struttura- potenza: assumendo dentro di sé la crisi, ha
le del sonnambulismo fa rivivere lo stizzo- in sé la capacità di portarla a compimento e
so silenzio di Elvino («Elvino, e me tu lasci di coronarla nel lieto fine (il più tradiziona-
/ Senza un tenero addio?», versus «Non ri- le, le nozze). Dall’altro lato è di impotenza,
spondi?»). Poi Amina «comincia a serenar- cecità indifesa. Lungi dall’avere il controllo
si» e passa alla rappresentazione solare del mondo, Amina non ha il controllo di sé,
delle nozze: la gioia che parla in essa si op- e l’oscurità che concerne il sé, lo spazio
pone alla precedente «pena» con un’im- («Dove son»), le azioni («Che mai feci?»), il
pressionante crescita d’intensità, certo rapporto con gli altri («Chi mi vi ha spin-
avallata dalla struttura cantabile, se la frase to?»), pesa come una condanna all’incom-
«O madre mia, m’aita» sembra comunicare prensione e alla separatezza, e dunque al-
una passione dolorosa, è perché rappre- l’infelicità.
senta quell’insostenibilità della gioia che I termini di questo conflitto non hanno
Amina, conscia, avcva predicato nella ca- niente di sorprendente, sono anzi iscritti
baletta iniziale: «Egli è il cor che i suoi con- nella definizione stessa di inconscio a se-
tenti / Non ha forza a sostener». Confronta- conda che se ne elabori un’immagine au-
ta con essa, può mostrare utilmente, io cre- tarchica o una bisognosa di riconoscimen-
do, quale dislivello di autenticità e profon- to sociale; ma sorprendente è la loro resa
dità passi tra la manifestazione sociale e musicale, drammaturgica, semiotica: basti
quella segreta dell’io. pensare al persuasivo nitore con cui è co-
Da questa prima scena possiamo dunque struito il contrasto tra il predominio che la
già concludere che La sonnambula rappre- voce di Amina ha nella scena del sonnam-
senta a due livelli la sua semplicissima, bulismo (esaltato dal rispettoso distanzia-
quasi nucleare azione, originata dalla mi- mento di Rodolfo), e la sua posizione di do-
naccia dell’infelicità e risolta nel trionfo lorosa eccentricità nel concertato finale del
della felicità: al primo livello, che compor- primo atto, che culmina capovolgendo il
ta la rappresentazione di rapporti interu- ruolo della figura musicale dell’unisono:
mani banali, irrimediabilmente impoveriti quando Amina ed Elvino cantano insieme
dalla loro idoleggiata semplicità (tornerò «Non è questa, ingrato core», la solidarietà
su questo punto), segue la mise en abîme vocale, altrove rassicurante, esprime al
della medesima realtà: un teatro di secondo contrario la lontananza e l’incompatibilità

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delle loro angosce. terazioni tra inconscio e coscienza. Ma, pri-
Similmente possiamo dire che nel primo ma che si chiuda la compatta elegia del do-
atto l’identità dei progetti vitali elaborati lore, è già avvenuto il fatto decisivo: nel
nella veglia e nel sogno si stabilisce attra- cerchio solipsistico di Amina è entrato El-
verso una stridente incomunicabilità dei vino, non l’immagine sognata ma la perso-
due universi. na fisica di Elvino, e su uno dei nuclei te-
Nel secondo atto, invece, essi si intersecano matici dell’aria di Amina ha cantato: «No,
e si identificano. più non reggo». Molto a ragione Lippmann
La seconda e la più grande scena di son- insiste sul fatto che l’inserzione della frase
nambulismo ha una struttura opposta alla di Elvino nell’aria fu una scelta di Bellini,
prima per ciò che concerne l’estensione re- correttiva del libretto che collocava la stes-
lativa del positivo e del negativo: mentre sa frase all’inizio del successivo recitativo
infatti la prima risolveva rapidamente, in (dove in effetti sta ancora, ripetuta), perché
un sia pur intensissimo declamato, le disto- significa rivendicare alla volontà composi-
nie e le disforie dell’amore, per approdare tiva determinante non solo il momento di
al cantabile estatico della gioia, e da quello massima commozione, ma il vertice dell’a-
ripiombare nell’incubo del risveglio, la sce- zione drammatica.
na finale attraversa con cristallina soffe- E a questo punto infatti che avviene in ma-
renza tutto il percorso della lacerazione, af- niera primaria il ricongiungimento di Ami-
fidandone l’espressione al cantabile «Ah! na ed Elvino, che ora cantano in parole di-
non credea mirarti» poi dal profondo del- verse lo stesso fecondo dolore (esattamente
l’angoscia risale alla speranza con la feb- al contrario di ciò che avveniva nel finale
brile velocità di frasi spezzate: ma la caba- del primo atto). Il linguaggio della musica
letta che corrisponde, rovesciandone la si- esprime con la sua illimitata ricchezza fi-
tuazione emotiva, a «Ah! non credea mirar- gurale ciò che in termini di comportamen-
ti», sta al di là del sogno e chiude l’opera to avverrà subito dopo: Elvino si avvicina
(«Ah! non giunge uman pensiero»). ad Amina, che ancora sognando riceve da
Come sappiamo, la situazione è precipitata lui l’anello e gli rivolge le parole, già citate
e il sogno di Amina la riflette, agganciando- prima, che potremmo considerare una ce-
si a ben precisi elementi di realtà: il matri- lebrazione laica del matrimonio («Ancor
monio con Lisa che Elvino ha inopinata- son tua, tu sempre mio» — appena sarà da
mente deciso e sta per attuare. L’insistenza notare come questa nuova fioritura di feli-
su questo punto crea un contraltare ango- cità sognata conservi, attraverso il termine
scioso al sogno beato delle nozze: il tempio «ancor», l’impronta della memoria). Poi an-
è ancora il luogo dello psicodramma, ma il che Teresa si avvicina ad Amina, e solo do-
senso della cerimonia è atrocemente rove- po Rodolfo decreta: «De’ suoi diletti in seno
sciato. / Ella si desti».
Insieme ad esso si capovolgono due simbo- Lo scioglimento dunque avviene in sogno,
li dell’unione felice: l’anello che Elvino le e dopo il risveglio è soltanto ratificato. L’in-
ha tolto, le viole ricevute da lui e riposte nel terattività tra la persona che sogna e gli al-
seno e ora appassite. Il canto sul fiore — di tri è garantita nello statuto del sonnambuli-
estenuata dolcezza e bellezza — segna tutta- smo quale pedantescamente lo traccia Ro-
via la transizione verso il nuovo e definiti- dolfo («V’han certuni che dormendo / Van-
vo cammino della felicità. Dovremmo anzi no intorno come desti, / Favellando, ri-
dire che l’ultima frase «Ma ravvivar l’amo- spondendo / Come vengono richiesti»), ma
re / Il pianto mio non può», dal momento ben altro è naturalmente il suo senso e il
che avvia la successiva impennata della suo messaggio. Il sogno determina la realtà
speranza («E s’egli a me tornasse?»), va de- esterna e stabilisce ciò che per essa ha va-
finita come negazione freudiana: tanto po- lore di verità.
co l’attività onirica è espressione grezza del «Seconda il suo pensier», dice Rodolfo a El-
desiderio, che conosce le più complesse in- vino come si potrebbe dire davanti a una

74
Gianrico Becher. Bozzetto per La Sonnambula, Atto II, 1. Venezia, Teatro La Fenice (1961).

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Gianrico Becher. Bozzetto per La Sonnambula, Atto II, 5. Venezia, Teatro La Fenice (1961).

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devianza mentale: ma ciò che Elvino com- a quella che ci è apparsa la tematica cen-
pie per «secondare» le imperative richieste trale.
del sogno di Amina, è la sostanza della pro- Come sempre, il mito dell’Arcadia si nutre
pria autentica volontà, che già una volta si di due nuclei simbolici: la bellezza della
era manifestata nella consegna solenne di natura intesa come «paesaggio spirituale» e
quello stesso anello, e successivamente era l’interesse per la condizione umana che
stata pervertita dalla stupidità e dalla cecità convenzionalmente si reputa vicina all’ele-
che imperversano nei rapporti umani. mentarità della natura, perché priva delle
Anche l’alternativa tra onnipotenza e im- complicazioni e mediazioni della cultura.
potenza è risolta in senso solarmente affer- Sul primo punto, l’ambientazione paesag-
mativo, ma non senza attraversare, con un gistica della Sonnanbula è ispirata a una
ultimo tenero brivido, l’uscita dal sonno, gentile sobrietà, priva di insistenze oleo-
che resta nonostante tutto problematica. Le grafiche. Si pensi alla tenuità dell’accompa-
prime reazioni di Amina svegliata non so- gnamento orchestrale che illustra le parole
no differenti dall’altro e terribile risveglio di Teresa «il sol tramonta», riproducendo il
(«Dove son io? che veggo?» versus «Dove suono delle cornamuse.
son? chi siete voi?»), ma il disagio che ac- Lo spazio della descrizione naturale è
compagna il recupero dell’identità raziona- ristrettissimo, rispetto per esempio al
le esprime una commovente preghiera: Guglielmo Tell (naturalmente, non perché
«Ah... per pietade... / Non mi svegliate voi». il Guglielmo Tell sia a sua volta una
Amina crede di sognare ancora, anzi di so- «pastorelleria»: ma là l’indugio sui temi
gnare di sognare, perché solo un sogno di naturistici è funzionale a una struttura che
secondo grado consente una valutazione oppone il libero respiro dell’uomo sulla
del sogno quale è implicita nella sua frase. terra alla tirannia cupa e tempestosa).
Ed è una valutazione ambivalente, perché Ma, soprattutto, nella Sonnambula il valore
implica insieme appassionato coinvolgi- simbolico dell’ambientazione naturale non
mento e coscienza della sua inanità, certez- consiste nel fatto che la serenità del mondo
za che i sogni non possono resistere al ri- determini nell’animo umano la «tranquilla
sveglio. giocondità», ancora per usare le parole di
Invece proprio questo avviene, e il parados- Nietzsche, bensì l’iter è quello opposto: la
sale primato dell’interiorità chiude in forme dimensione interiore informa di sé i con-
scintillanti la certezza che essa, rielaboran- torni del mondo esterno. Così dice Amina
do e rappresentando sul suo palcoscenico i nell’aria di entrata:
contenuti dell’angoscia, possa vincerla o al-
meno esorcizzarla. Esattamente come la Come per me sereno
esorcizza l’istituzione teatrale. Oggi rinacque il dì!
Come il terren fiorì
Più bello e ameno!
Ma La sonnambula non è anche uno stuc- Mai di più lieto aspetto
chevole idillio, una regressione verso l’in- Natura non brillò:
fantilismo arcadico, una nostalgia di primi- Amor la colorò
tività nutrita di false coscienze e ancorata Del mio diletto.
alla angusta contentezza di se che Friedri-
ch Nietzsche bollava a fuoco con parole co- E ancora, in risposta alla gelosia di Elvino:
me «trastullamento fantasticamente balor-
do»? Son, mio bene, del zefiro amante
In tutta franchezza, io non credo si possa Perché ad esso il tuo nome confido;
negare che sia in parte anche questo, ma Amo il sol, perché teco il divido,
mi pare necessario determinare corretta- Amo il rio, perché l’onda ti dà.
mente il profilo e l’estensione di questa par-
te, e soprattutto la sua funzionalità rispetto Al di là dell’insistenza tematica, sta alla vi-

77
La Sonnambula, Atto I, 5, con June Anderson nel ruolo della protagonista. Scene e costumi di Antonio
Fiorentino, regia di Mattia Testi. Venezia, Teatro Malibran (1984).

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cenda successiva, come ben sappiamo, av- nel senso dell’astrazione che in quello del-
valorare questa gerarchia. l’emarginazione, e sappiamo quanto l’uno
E invece sul versante antropologico di que- e l’altro contribuiscano alla semantica del-
sta Arcadia che si verifica lo scadimento. l’opera.
Sono stati infatti fortemente banalizzati Peraltro, la distanza è risultata eccessiva.
ambedue i termini dell’opposizione città- Eccessiva almeno per il fatto di non essere
campagna in cui essa si orienta. illuminata dalla luce coerente dell’ironia;
La peculiarità contadina pertinentizzata è al contrario, bisogna confessare che il co-
fondamentalmente l’ingenuità, intesa in mico affiorante nella Sonnambula è per lo
senso negativo come incapacità di com- più involontario, richiedendosi che tra
prensione razionale e proclività a farsi in- Amina e i suoi compaesani si presupponga
gannare dalle apparenze: lo sdoppiamento una corrcnte di affettività e di solidarietà
del tema del sonnambulismo consente di emotiva. Ma se Amina, a differenza di Lu-
presentare due versanti simmetrici di que- cia e di Elvira, ha come prima immagine
sto atteggiamento, crcdere il falso e disco- delle sue nozze l’affetto collettivo («Oh co-
noscere il vero. I paesani sono convinti del- me lieto è il popolo / Che al tempio ne fa
l’esistenza reale del fantasma e non credo- scorta!»), i suoi compaesani la ricambiano
no alla smitizzazione di Rodolfo («Ve la di- di buona volontà inconcludente, fatua, vo-
pinge, ve la figura / La vostra cieca credu- lubile.
lità»), opponendogli che «non è fola». Il guasto peggiore si è ripercosso nella co-
Tutt’al contrario, è fola per loro la spiega- struzione del personaggio di Elvino, cui
zione dell’innocenza di Amina data dal vengono messe in bocca parole, melodie,
Conte («A tai fole non crediamo: / Un che atteggiamenti della maggiore intensità e
dorme e che cammina! / No, non è, non si nobiltà, e alcune delle arie tenorili più bel-
può dar»). Questo secondo aspetto della lo- le che si conoscano. Ciò in base al teorema
ro ottusità è più insistito perché dramma- melodrammatico per cui la coppia solidale
turgicamente più rilevante, ed anche per- in atto o in prospettiva condivide lo steso li-
ché più sapidamente ironico: qui infatti la vello di nobiltà e di profondità espressiva.
loro ignoranza riposa sulla presunzione di D’altro canto, non è la sola incredulità,
un giudizio razionalistico. Ancor maggiore strutturalmente necessaria, che omologa
rilievo gli è conferito dal fatto che l’ottusità Elvino al piccolo mondo paesano, piccolo
entra in conflitto con i valori di lealismo nella superficialità emotiva non meno che
cieco nei confronti dell’autorità (Baldacci nella limitatezza culturale e intelletuale. Lo
ha parlato di sanfedismo), che trascorre vediamo infatti uscire di scena («dispera-
largamente per il villaggio, raggiungendo il to», sottolinea la didascalia) dopo la spendi-
culmine nel coro iniziale del secondo atto e da melodia di «Ah! perché non posso odiar-
nella successiva entrata: «Buone nuove! / ti», e rientrarvi sposo promesso di Lisa e
Dice il Conte ch’ella è onesta, / Ch’è inno- addirittura rievocare «il bel nodo che pria».
cente, e a noi già muove». Ma neanche que- Dal punto di vista della legittimità psicolo-
sta acquiescenza bonacciona basta a fare gica, la ripicca può essere atto «disperato»,
accettare ai paesani lo scandalo della ve- o se vogliamo anche tragico; tuttavia il te-
rità. sto drammatico e musicale non attiva le
Bisognerà tenere il massimo conto del fatto contraddizioni potenziali della situazione,
che questa sordità e refrattarietà del milieu e di fatto si limita ad approffitare del cam-
era drammaturgicamente e simbolicamen- bio di scena per far passare sotto silenzio
te necessaria all’azione. Senza i pregiudizi l’incoerenza, che non è di comportamenti,
e la miopia del villaggio, non si sarebbe ma di livelli emotivi e dunque stilistici.
creata o si sarebbe anonimamente risolta la Nella stessa superficialità è più gravemente
crisi. Ciò che più importa, la distanza tra coinvolto il Conte, degna controparte citta-
Amina e la comunità cui appartiene con- dina e illuministica dell’ignoranza paesa-
sente l’isolamento della protagonista sia na.

79
In questo caso, tuttavia, si scorge più chia- Comunque sia, rinunciare all’agnizione del
ramente l’origine delle distonie compositi- padre è stata da parte di Bellini un’inven-
ve del travagliato processo redazionale per zione felicissima; in tal modo è stata salva-
cui originariamente Rodolfo doveva essere guardata alla vicenda emotiva di Amina
il padre dell’orfanella Amina, riconosciuto quella semplicità che non ha nulla a che fa-
alla fine per il perfezionamento del tripudio re con l’ingenuità laccata dei pastori, ed è
universale. Poiché questa soluzione è stata invece rigorosa purità dell’amore e del do-
scartata, il personaggio di Rodolfo ha sof- lore visti come componenti essenziali del-
ferto di un calo di motivazione. Uno dei ri- l’animo umano.
sultati è stato quello di trasformare l’impe-
gno affettivo della paternalità in paternali-
smo, che si ritrova altresì a essere da sem-
pre la pecca caratteristica del cittadino ver-
so la campagna; così vediamo Rodolfo al-
ternare due atteggiamenti complementari:
da un lato, una noiosa superiorità didasca-
lica, appena salvata dall’utilità della funzio-
ne registica da lui esercitata nel finale, dal-
l’altro uno slancio ammirativo verso il
mondo altro. Esso ha però appena il tempo
di manifestarsi nelle forme leopardiane di
«Vi ravviso, o luoghi ameni » — un’aria ap-
profondita peraltro dal fascino di un miste-
ro inesistente — che precipita nel crasso
compiacimento borghese, idolo polemico
di Nietzsche:

Davver non mi dispiace


D’essermi qui fermato: il luogo è ameno,
L’aria cccellente, gli uomini cortesi,
Amabili le donne oltre ogni cosa.
Quella giovine sposa
È assai leggiadra, e quella cara ostessa [Da GUIDO PADUANO, Il giro di vite. Percorsi del-
È un po ritrosa, ma mi piace anch’essa. l’opera lirica, Firenze, La Nuova Italia Editrice,
1992, pp. 69-83.]
A parte il fatto che di Lisa lo spettatore ha
avuto tutt’altra impressione, la conclusione
della climax nella lode indistinta della bel-
lezza femminilc confina il mancato padre
nello statuto volgare del libertino di provin-
cia; come se, non avendo una realc consi-
stenza di personaggio, fosse stato adattato a
giustificare l’immagine che gli altri si for-
mano di lui. Non lo nobilita neppure il con-
flitto intimo per cui in presenza di Amina
sonnambula, prima dibatte, poi nega, poi
afferma, poi definitivamente respinge il de-
siderio di approfittare di lei; il monologo
spezzato in cui queste alternative si presen-
tano è troppo evidentemente subalterno,
come ho detto prima, al discorso di Amina.

80
La Sonnambula, Atto I, 5, con Luciana Serra nel ruolo della protagonista. Ripresa dell’allestimento 1984. Ve-
nezia, Teatro La Fenice (1988).

81
81
E NTE AUTONOMO TEATRO LA F ENICE
sovrintendente
Gianfranco Pontel

direttore artistico
Francesco Siciliani

direttore principale
Isaac Karabtchevsky

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
Massimo Cacciari
presidente

Nelli Elena Vanzan Marchini


vicepresidente
Luigino Busatto
Virginio Fagotto
Bruno Lucatello
Alfonso Malaguti
presidente commissione del personale
Antonio Mazzarolli
Matteo Mazzeo
presidente commissione programmazione
artistica e bilancio
Gianfranco Pontel
sovrintendente
Giorgio Tommaseo Ponzetta
Francesco Siciliani
direttore artistico
Iginio Gianeselli
segretario

COLLEGIO R EVISORI DEI CONTI


Caterina Criscuolo
presidente

Paolo Nardulli
Adriano Olivetti
Angelo Di Mico

82
segretario generale
Iginio Gianeselli

direttore del personale


Paolo Libettoni

direttore amministrativo
Tito Menegazzo

segretario artistico
Giorgio Benati

direttore dei servizi scenici e tecnici


Lauro Crisman

direttore di produzione
Dino Squizzato

capo ufficio stampa e relazioni esterne


Cristiano Chiarot

Pubblicazione a cura dell’Ufficio Stampa del Teatro La Fenice

fotocomposizione e immagini
Texto - Venezia

stampa
Grafiche Veneziane - Venezia

finito di stampare nel mese di giugno 1996

83
AREA ARTISTICA
MAESTRI COLLABORATORI
direttore musicale di palcoscenico maestro di sala maestro rammentatore
Giuseppe Marotta * Stefano Gibellato * Pierpaolo Gastaldello *
maestri di palcoscenico maestro di sala aggiunto maestro alle luci
Lorenzo Fasolo * Aldo Guizzo * Gabriella Zen *
Silvano Zabeo ◆ responsabile archivio musicale
Paolo Cecchi ◆

ORCHESTRA DEL TEATRO LA F ENICE


I SAAC KARABTCHEVSKY
direttore principale

Violini primi Rony Creter ◆ Ottavino Corni


Mariana Stefan • Ottone Cadamuro Francesco Chirico * Kostantin Becker • ◆
Paolo Ceccaroli * Anna Mencarelli David Kanarek ◆
Nicholas Myall Giancarlo Patron Guido Fuga
Pierluigi Pulese Stefano Pio Oboi Stefano Fabbris ◆
Mauro Chirico Eva Piovesan Silvano Scanziani • * Enrico Fantasia ◆
Pierluigi Crisafulli Katalin Szabo Marco Ambrosini • ◆
Loris Cristofoli Maurizio Trevisin Girolamo Valente
Roberto Dall’Igna Roberto Volpato Walter De Franceschi Tromboni
Marcello Fiori Giovanni Caratti •
Elisabetta Merlo Sebastiano Nicolosi • *
Annamaria Pellegrino Violoncelli Corno inglese Claudio Magnanini
Daniela Santi Alessandro Zanardi • Renato Nason Antonio Moccia
Gianaldo Tatone Antal Tichy • ◆ Massimo la Rosa ◆
Anna Tositti Nicola Boscaro
Anna Trentin Marco Trentin Clarinetti
Maria Grazia Zohar Dimitrova Filka ◆ Carlo Failli • ◆ Basso tuba
Bruno Frizzarin Alessandro Fantini • ◆ Alessandro Ballarin ◆
Paolo Mencarelli Renzo Bello
Violini secondi Mauro Roveri Federico Ranzato ◆
Alessandro Molin • Renato Scapin Danilo Zauli ◆ Timpani
Cynthia Treggor • ◆ Elisabetta Volpi Lino Rossi • *
Enrico Enrichi Roberto Pasqualato •
Gisella Curtolo Fagotti
Luciano Crispilli Contrabbassi Dario Marchi • *
Alessio Dei Rossi Gianni Amadio • ◆ Oscar Trentin • * Percussioni
Maurizio Fagotto Stefano Pratissoli • ◆ Roberto Fardin Attilio De Fanti
Maddalena Main Massimo Frison Massimo Nalesso Guido Facchin
Mania Ninova ◆ Ennio Dalla Ricca Gottardo Paganin
Marco Paladin Matteo Liuzzi
Rossella Savelli Gianfranco Miglioranzi Controfagotto
Domenico Spartà Giulio Parenzan Fabio Grandesso ◆ Pianoforte
Aldo Telesca Alessandro Pin Carlo Rebeschini
Johanna Verheijen
Alessandra Vianello ◆ Trombe
Muriel Volckaert Arpe Mirko Bellucco •
Roberto Zampieron Brunilde Bonelli • * Fabiano Cudiz •
Gianfranco Busetto
Leonardo Malandra
Viole Flauti Eleonora Zanella ◆
Ilario Gastaldello • Angelo Curri • *
Stefano Passaggio • ◆ Angelo Moretti • * • prime parti
Elena Battistella ◆ Luca Clementi ◆ a termine
Antonio Bernardi Franco Massaglia * collaborazione

84
CORO DEL TEATRO LA F ENICE
GIOVANNI ANDREOLI
direttore del Coro

Alberto Malazzi
aiuto maestro del Coro

Soprani Alti Tenori Bassi


Nicoletta Andeliero Lucia Berton Ferruccio Basei ◆ Giampaolo Baldin
Cristina Baston Carla Carnaghi ◆ Sergio Boschini Julio Cesar Bertollo
Lorena Belli Mafalda Castaldo Silvano Boschini Giovanni Bosticco
Barbara Bettari ◆ Marta Codognola ◆ Salvatore Bufaletti Roberto Bruna
Piera Boano Chiara Dal Bo ◆ Pasquale Ciravolo Antonio Casagrande
Egidia Boniolo Elisabetta Gianese Gino Dal Moro Dino Corà
Daniela Bortolon ◆ Vittoria Gottardi Luca Favaron Enzo Corò ◆
Lucia Braga Lone Kirsten Löell Stefano Filippi Andrea Cortese
Mercedes C. Cerrato Manuela Marchetto ◆ Emilio Mion Pietro Crepaldi
M. Rosa Cocetta Luisa Michelini Fabio Moresco ◆ Antonio S. Dovigo ◆
Emanuela Conti ◆ Misuzu Ozawa Nicola Pamio Alessandro Giacon
Anna Dal Fabbro Gabriella Pellos Ivano Pasqualetti Massimiliano Liva ◆
Milena Ermacora Silvia Russo ◆ Ciro Passilongo ◆ Luciano Medici ◆
Susanna Grossi Cecilia Tempesta ◆ Benito Pellegrino Nicola Nalesso
Michiko Hayashi M. Laura Zecchetti Raffaello Pitacco Davide Pelissero
M. Antonietta Lago Marco Rumori ◆ Mauro Rui ◆
Enrica Locascio Salvatore Scribano Claudio Zancopè
Loriana Marin Paolo Ventura ◆
Loredana Mele ◆ Ruggero Zane
Antonella Meridda
Validia Natali
Bruna Paveggio
Roberta Quartieri ◆
Rossana Sonzogno

◆ a termine

85
AREA TECNICO -AMMINISTRATIVA

direttore di palcoscenico responsabile ufficio regia capo reparto macchinisti


Paolo Cucchi Bepi Morassi Fausto Sabini ◆

capo reparto elettricisti capo reparto attrezzisti capo reparto sartoria


Vilmo Furian Roberto Fiori Maria Tramarollo

capo reparto costruzioni scenografo realizzatore responsabile ufficio


Franco Vianello Daniele Paolin ◆ decentramento e promozione
Domenico Cardone

Macchinisti Sarte Attrezzisti Fernanda Milan


Vitaliano Bonicelli Rosalba Filieri Sara Bresciani Elisabetta Navarbi
Valter Marcanzin Emma Bevilacqua Marino Cavaldoro Gilberto Paggiaro
Massimo Pratelli Annamaria Canuto Diego Del Puppo Vera Paulini
Bruno Bellini Elsa Frati Oscar Gabbanoto Lorenza Pianon
Antonio Covatta Bernadette Baudhnuin ◆ Salvatore De Vero ◆ Giovanni Pilon
Luciano Del Zotto Luigina Monaldini ◆ Nicola Zennaro ◆ Wladimiro Piva
Bruno D’Este Francesca Piviotti
Roberto Gallo Cristina Rubini
Sergio Gaspari Elettricisti Scenografia Susanna Sacchetto
Michele Gasparini Fabio Barettin Giorgio Nordio Angelo Sbrilli
Giorgio Heinz Alessandro Ballarin Sandra Tagliapietra Daniela Serao
Andrea Muzzati Umberto Barbaro Marcello Valonta Gianfranco Sozza
Mario Pavan Marco Covelli Marika Tileti
Roberto Rizzo Stefano Faggian Roberto Urdich
Francesco Scarpa Stefano Lanzi Impiegati Irene Zathila
Federico Tenderini Roberto Nardo Luciano Aricci
Mario Visentin Maurizio Nava Gianni Bacci Salvatore Guarino
Fabio Volpe Paolo Padoan Rossana Berti Andrea Rampin
Michele Arzenton ◆ Costantino Pederoda Giuseppe Bonannini Gianluca Borgonovi ◆
Massimiliano Ballarini ◆ Marino Perini Simonetta Bonato Giancarlo Marton ◆
Roberto Cordella ◆ Roberto Perrotta Marisa Bontempo
Giuseppe Daleno ◆ Stefano Povolato Luisa Bortoluzzi
Dario De Bernardin ◆ Teodoro Valle Elisabetta Bottoni
Paolo De Marchi ◆ Marco Zen Nadia Buoso
Roberto Mazzon ◆ Alberto Bellemo ◆ Stefano Callegaro
Adamo Padovan ◆ Michele Benetello ◆ Andrea Carollo
Pasquale Paulon ◆ Cristiano Fae ◆ Giovanna Casarin
Stefano Rosan ◆ Euro Michelazzi ◆ Lucia Cecchelin
Stefano Rosso ◆ Giancarlo Vianello ◆ Giuseppina Cenedese
Massimo Senis ◆ Massimo Vianello ◆ Giorgio Cicogna
Francesco Trevisin ◆ Roberto Vianello ◆ Walter Comelato
Enzo Vianello ◆ Roberto Visentin ◆ Antonella D’Este
Liliana Fagarazzi
Adriano Franceschini
Lucio Gaiani
Alfredo Iazzoni
Renata Magliocco
Santino Malandra
Maria Masini
Gianni Mejato
Luisa Meneghetti ◆ a termine

86
AMICI DELLA F ENICE
incontro con l’opera

AULA MAGNA - ATENEO VENETO


Mercoledì 17 luglio 1996, ore 18.30

SANDRO CAPPELLETTO

MADAMA BUTTERFLY

Il Sipario del Teatro La Fenice come era stato restaurato


dagli Amici della Fenice con il contributo del SAVE VENICE INC.
Conti correnti
per la ricostruzione del
G RAN TEATRO LA F ENICE

Comune di Venezia
c/c 64000/ OV Cassa di Risparmio di Venezia
codice ABI 6345 cab. 02000
“Sottoscrizione per la ricostruzione del Teatro La Fenice”

Fondazione per il Teatro La Fenice


c/c 63597/OC Cassa di Risparmio di Venezia
codice ABI 6345 cab. 02000
“Per La Fenice”

Associazione Amici della Fenice:


c/c 6959 Banco AmbroVeneto
(Filiale di Venezia, calle Goldoni)
ABI 3001 Cab 02010
“Ricostruzione”

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