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Marceline Desbordes-Valmore

POESIE

Introduzione e cura di Danilo Vicca

testo originale a fronte

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I edizione: aprile 2008


Introduzione

La vita di Marceline Desbordes–Valmore è pervasa


dal dolore. Dei suoi settantatré anni solo i primissimi fu-
rono sereni, nell’atmosfera di relativa tranquillità della
campagna di Douai, nella Fiandra francese.
E non sarebbe stato neppure l’evento rivoluzionario
che privò il padre, Joseph Desbordes, di un lavoro (du-
rante la Rivoluzione nessuno ordinava più decori eccle-
siastici o statue votive ad un artigiano d’arte sacra), a
privare Marceline della felicità “bucolica” in cui era
cresciuta.
Avrebbe fatto presto la tragica esperienza del “distac-
co”, avrebbe presto conosciuto quell’oscuro risvolto della
vita che sempre le era stato sotto gli occhi, che era lo sce-
nario dei suoi giochi da bambina nel cortile della parroc-
chia del paese dov’erano collocate le statue marmoree per
commemorare i defunti:

Née à la porte d’un cimetière, au pied d’une église dont on al-


lait briser les saints, mes premiers amis solitaires ont été ces
statues couchées dans l’herbe des tombes1.

L’esperienza della morte e del distacco saranno inde-


lebilmente impresse nell’animo della giovane adolescen-
te. La famiglia, ormai in miseria, rifiuta anche la provvi-
denziale eredità di una coppia di lontani parenti olandesi
che ponevano come condizione, per beneficiarne, la loro
conversione al Calvinismo.
Ha solo quattordici anni quando la madre, Catherine
Lucas, che impietosendo qualcuno riesce a farsi anticipa-
re i soldi per il viaggio, decide di portarla con sé in Gua-
1
Cit. in G. CAVALLUCCI, Bibliographie critique de Marceline Desbordes–
Valmore, T. 1er (Naples R. PIRONTI, Paris, A. MARGRAFF, 1942), p.158.

5
6 Introduzione

dalupe alla ricerca di un lontano parente benestante che


potesse risollevare le sorti della famiglia indigente. Sul
volgere del 1801 sbarcarono nelle Antille e si resero con-
to che l’impresa per cui erano partite era irrealizzabile: la
Guadalupe non era più sotto il controllo francese; le po-
polazioni autoctone di Poite–à–Pitre avevano saccheggia-
to le case dei coloni e distrutto le loro piantagioni. Il lon-
tano cugino che cercavano era stato sgozzato.
E dalla Guadalupe Marceline rientra in Francia sola:
un’epidemia di febbre gialla si abbatté sull’isola ucciden-
do anche sua madre. Marceline ha scoperto il dolore e
con esso il disincanto. A quindici anni è ormai un’adulta:

Qui me rendra ces jours où la vie a des ailes


Et vole, […]
Quand l’amour de ma mère était mon avenir,
Quand on ne mourrait pas encore dans ma famille,
Quand tout vivait pour moi, vaine petite fille!
[…]
(L’impossible, p. 97)2.


Et je ne savais rien à dix ans qu’être heureuse;
Rien, que jeter au ciel ma voix d’oiseau, mes fleurs;
[…]
(La maison de ma mère, p. 110).

Rientrata in Francia, Marceline ritrova il teatro. Alcu-


ni suoi amici attori allestiscono uno spettacolo a Lille per
finanziare il suo rientro a Douai. Dopo pochi giorni tra-
scorsi nella casa paterna decide, viste le condizioni preca-
rie in cui continua a versare la famiglia, di ripartire e ri-
prendere il teatro. Inizierà il suo ventennio di gloria che
la vedrà solcare i palchi di Francia e d’Europa, recitando
persino per lo Zar, con un vasto repertorio che spazia da

2
I numeri di pagina citati di qui in poi, in coda ai titoli dei testi fra paren-
tesi, si riferiscono all’edizione delle poesie di MARCELINE DESBORDES–
VALMORE, Poésies, Préface et choix d’YVES BONNEFOY, Paris, Gallimard,
1983.
Introduzione 7

Racine, Molière e Marivaux alle opere musicate da Spun-


tini e Rossini. Certamente, benché Marceline abbia amato
poco il teatro, fu proprio lo studio del repertorio con il
quale si confrontò negli anni della sua carriera teatrale
che venne a supplire alla sua mancata formazione
nell’infanzia.
Altri “distacchi”, in quegli anni, offuscano l’orizzonte,
si insinuano in un’anima di indole estremamente sponta-
nea che spesso, malgrado tutto, s’impone l’euforia, fa-
cendole perdere quel senso di leggerezza, di ebbrezza
quasi infantile di chi tenti in ogni modo di amare la vita
nonostante tutto, di amare l’amore a prescindere da ogni
suo possibile risvolto, anche dal più inquietante.
Marceline incontra Henri de Latouche e con lui scopre
l’amore. È lui l’amato “Olivier” delle sue poesie; ed è
con lui che sperimenta la forma dell’amore puro, spiritua-
le dei Romantici e quella carnale, sensuale dei Maledetti:

J’ai froid dans mes cheveux; ma vie est oppressée,


Et ton nom tout à coup s’échappe de mon cœur.

Quand c’est toi–même, enfin! Quand j’ai cessé d’attendre,


Tremblante je me sauve en te tendant les bras;
Je n’ose te parler, et j’ai peur de t’entendre;
Mais tu cherches mon âme, et toi seul l’obtiendras!

Suis–je une sœur tardive à tes vœux accordée?


Es–tu l’ombre promise à mes timides pas?
Mais je me sens frémir. Moi, ta sœur! Quelle idée!
Toi, mon frère!... ô terreur! Dis que tu ne l’es pas!
(L’attente, p. 80).

Latouche la lascia, tornerà ad affacciarsi nella sua vita


poi, per lasciarla ancora. Di lui non sopravvivrà nulla,
neppure Marie–Eugène, la figlia che le dà nel 1810 e che
scompare a sei anni.
La morte la prende di mira, in modo subdolo, come
spesso accade, minacciando non lei personalmente, ma
colpendo i suoi affetti più cari: vedrà morire nell’arco di
8 Introduzione

vent’anni il padre, altri tre figli, la sorella Cécile ed il fra-


tello Constant, le sue due più care amiche d’infanzia Pau-
line Duchambge e Albertine Gantier.
Il matrimonio celebrato il 4 settembre 1817 con l’attore
conosciuto sulle scene François–Prosper Lanchantin (il cui
nome d’arte è Valmore), le infonde sicurezza. È un uomo
affidabile, corretto, leale; non lo ama, lo stima. È un amore
razionale e ragionato, destinato a durare per oltre qua-
rant’anni; anni certamente difficili a causa delle ristrettezze
economiche e del mediocre talento di lui che non riusciva
ad emergere, ma compensati dall’amore e dalla compren-
sione che Prosper Valmore manifesta a colei che, spesso,
componeva poesie d’amore di cui aveva coscienza di non
essere l’ispiratore. Da lui avrà Ondine, Inès e Hippolyte.
La maternità e il nuovo contesto familiare le restituiscono
un barlume di serenità. L’oscurità e le tenebre nelle quali
era sprofondata e che, su invito del medico del teatro
“Odéon”, Alibert, tenterà di risalire attraverso la poesia,
paiono per un momento rischiararsi: essere madre le per-
mette di ricavarsi uno spazio di relativa pace, di recuperare
l’illusione della propria infanzia:
D’un foyer presque éteint la flamme salutaire
Par intervalle encor trompe l’obscurité;
(La nuit d’hiver, p. 38).

Ma ha conosciuto il dolore e sa che la partita con la


morte è in pieno svolgimento. La sensibilità del poeta e
l’istinto di madre la inducono a temere per la serenità e la
sicurezza delle figlie anche se, all’apparenza, non c’è al-
cun pericolo imminente. Avverte una minaccia:

Mais le temps saurait les instruire. Candeur de mon enfant, on


va bien vous détruire!
...
Car tu n’as pas dix ans, chère âme ! Et c’est dommage.
Oui, je le dis, dommage et frayeur et danger,
D’ouvrir tant de secrets à ton âge léger...
(À mon fils avant le collège, p. 223).
Introduzione 9

Presto il desiderio di un’esistenza finalmente limpida


avrebbe lasciato il posto alla rassegnazione, Marceline si
confronta con il “vuoto” lasciato dagli affetti di cui la vita
progressivamente la priva e dal senso di frustrazione e di
impotenza, anche rispetto alla storia del suo tempo3.
Et j’ai cru vivre un siècle, enfin, quand l’heure sonne,
Vide d’espoir et de bonheur.
(La nuit d’hiver, p. 38).

Si affaccia a quell’esperienza del “vide” che sarà poi,


con implicazioni diverse, anche di Mallarmé e che, pro-
prio come nel caso di quest’ultimo, la indurrà ad un pro-
fondo ripensamento del suo stile e del suo linguaggio po-
etico. Nella maturità progressivamente la sua poesia si
disancora, attraverso un processo di scioglimento della
forma, dalle “contraintes” romantiche, ricorrendo al verso
“impari” (endecasillabo spesso), preferendo componi-
menti slegati dalle forme fisse dei classici imitati al suo
tempo. La poetessa ricerca insomma strumenti nuovi che
esprimano le modulazioni dell’anima, anticipando così
dinamiche evolutive proprie della poesia moderna; paro-
le, come dice Verlaine, che non a caso la introdurrà nei
Poètes Maudits, definendola la sola “femme de génie”
della modernità, liberate dal peso della forma4.
Il 23 luglio 1859, sopraggiunta la morte per cancro, si
chiudeva la sua parabola poetica: dalle Élégies (1819),
attraverso Poésies (1820), Pleurs (1833), Pauvres Fleurs
(1839), Bouquets et Prières (1843), queste ultime pubbli-
cate a gran fatica solo per l’intercessione dell’amico
Sainte–Beuve, si era espressa la voce tenera e addolorata
di Marceline Desbordes–Valmore le cui ultime poesie, le

3
Figlia della Rivoluzione, Marceline Desbordes–Valmore è umanamente
vicina al dolore delle madri che hanno perso i propri figli nell’insurrezione
lionese del 1834, alla quale seguì una terribile repressione.
4
P. VERLAINE, «Marceline Desbordes–Valmore», in Les Poètes Maudits,
deuxième série, 1888, Œuvres en prose complètes, Bibliothèque de la Pléiade,
1972, pp. 666–678.
10 Introduzione

più profondamente mature, rifiutate dagli editori, sareb-


bero state pubblicate postume da Gustave Révilliod nel
1860.
La personalità poetica di Marceline Desbordes–
Valmore si è manifestata dialetticamente rispetto alle
tendenze e ai gusti dell’epoca. Se all’inizio del XIX se-
colo, le sue prime elegie segnarono il riflusso del liri-
smo neoclassico, anticipando le atmosfere e i fermenti
romantici, al capo opposto della sua opera, le Poésies
inédites annunciavano il Simbolismo.
Tra questi due momenti di un percorso che si estende
per quasi un cinquantennio, le raccolte Pleurs, Pauvres
Fleurs, Bouquets et Prières, testimoniavano del passag-
gio dall’elegia amorosa e dall’idillio alla romanza prima,
alla contaminazione delle forme e al loro scioglimento
nel componimento libero, poi.
Tra il 1825 e il 1830 circolarono una trentina di sue
elegie ispirate al sentimento dell’amore e a quello del do-
lore. Le valsero una momentanea popolarità e il plauso
degli autori in voga quali Sophie Gay, Vigny, Hugo, La-
martine e Sainte–Beuve, che la salutarono con l’epiteto
“élégie personnifiée”. Le parole di questi autori avrebbe-
ro influenzato in modo preponderante l’opinione della
critica al punto che le generazioni successive avrebbero
parlato della Valmore come della “plaintive Marceline”,
adattando al suo nome la comune espressione “plaintive
élégie”.
La crescente fama della Valmore, poetessa elegiaca
deve, in un certo frangente, aver preoccupato una delle
maggiori rappresentanti del genere, Mme Dufrénoy, la
quale si adoperò a dimostrare che il talento della Valmore
era idillico e non elegiaco dal momento che, ovunque,
nelle sue poesie, dominavano toni ispirati alla tenerezza
piuttosto che alla passione.
Infatti, sebbene l’immaginario poetico di questa fase
sia di ispirazione neoclassica e si costelli di boschi, ru-
scelli, rose, ninfe, qualcosa di diverso lo caratterizza.
Introduzione 11

Oltre ad un’analisi psicologica che spinge verso la pro-


fondità dei sentimenti, la sua poesia accoglie atmosfere
malinconiche e addolorate solo in apparenza poiché, so-
vente, barlumi di euforia se ne sprigionano per l’arrivo di
un pensiero inaspettato che ridesti la speranza dell’amore.
Sin dall’epoca in cui visse, la poetessa suscitò polemi-
che proprio per le difficoltà a riconoscerle un genere, a
collocarla in un movimento culturale. La sua singolarità
rispetto ai canoni e ai gusti del tempo, che le fece antici-
pare le tendenze poetiche avvicendatesi nell’Ottocento5,
ne motiva la volontà di volerla, oggi, non solo leggere
ma, se possibile, riabilitare e far emergere6.
Se arduo sembrerebbe relegare la Valmore al canone
neoclassico, questo appare vero anche per il Romantici-
smo: la sua posizione si delinea univocamente rispetto ai
toni del romanticismo lirico e a quelli “infuocati” del
“Grand Romantisme”. Marceline percorre la via del fami-
liare, del sentimentale, del tenero. È, per usare epiteti per
lei coniati dai suoi ammiratori, che amano i suoi Contes
per i bambini e soprattutto le poesie della madre e della
sposa, “la sœur de René”, una “âme agenouillée”, madre
circondata dalla sua “douce famille”.
Primo fra tutti Sainte–Beuve che, distaccandosi dal li-
rismo romantico e maturando la sua predilezione per una
poesia in cui il poeta potesse esprimere sogni, angosce,
malinconia e tutta la ricchezza della vita interiore, ritro-

5
In età pre–romantica, quando ancora forte era l’influsso neoclassico,
Marceline Desbordes–Valmore elabora una sua propria forma elegiaca che
anticipa i motivi del Romanticismo (cfr. V. HUGO, Poésie de Mme Valmore, in
«Le Conservateur Littéraire», 1921, III, p. 334); in pieno Romanticismo poi,
evolve verso forme che si affrancano dalle “contraintes” delle forme fisse e
contenuti dai quali si evince la frattura dei legami logici tra l’immagine espres-
sa e l’idea suscitata: è l’anticipazione dei motivi e delle atmosfere proprie del
Simbolismo.
6
In questo senso si dirigono gli studi di E. Jasenas che ha mostrato come il
susseguirsi dei punti di vista della critica sull’opera di Desbordes–Valmore
rispecchi l’evoluzione della poesia nell’Ottocento, cfr. E. JASENAS, Marceline
Desbordes–Valmore devant la critique, Genève–Paris, Droz–Minard, p. 10.
12 Introduzione

vava nell’“élégie–romance” della Valmore aspetti che e-


rano propri della sua propria “élégie d’analyse”.
Sainte–Beuve diveniva l’amico della “sœur en poé-
sie”, quasi uno di famiglia quando, ad un certo punto, si
parlò di matrimonio con Ondine Valmore.
Accanto a lui, Lacaussade, Brizeux, Raspail, Vinet e
Michelet, formarono un circolo di amici, ammiratori e
sostenitori della poetessa.
Dalle Élégies alle Poésies inédites la fama letteraria di
Marceline andò progressivamente affievolendosi al punto
che, alla sua morte era stata, sembrerebbe, da lungo tem-
po dimenticata dal grande pubblico.
Un anno dopo la sua morte, tuttavia, il suo ultimo ma-
noscritto fu pubblicato con il titolo di Poésies inédites e
salutato con commenti favorevoli da Sainte–Beuve, La-
caussade, Montégut, Barbey d’Aurevilly e Baudelaire, i
quali si interrogavano finalmente sul suo valore letterario.
Così, se Baudelaire la riteneva una donna vocata al-
l’arte e Sainte–Beuve una poetessa autentica, Montégut e
D’Aurevilly le negavano valore e originalità fino alle
Poésies inédites. Ma, a partire da quest’ultimo libro sco-
privano “toute une Valmore inédite et inconnue”7, che era
divenuta nel tempo una vera artista, per mezzo del-
l’esercizio e della pratica della poesia che si univano ad
un’ispirazione spontanea.
Lacaussade conciliò le divergenti opinioni sostenendo
che la Valmore era da sempre una vera poetessa che ave-
va raffinato il suo talento nel corso della sua lunga carrie-
ra letteraria. Le sue ultime poesie, le migliori secondo al-
cuni, furono infatti composte nel 1857, quando aveva
ormai settant’anni.
Insomma non solo veniva redenta dal silenzio nel qua-
le la si era spinta, ma ne veniva ribadita, soprattutto gra-

7
Cit. in E. NEWKIRK, Les légendes de la réputation littéraire de Marceline
Desbordes–Valmore, «Symposium, a Journal devoted to Modern Foreign Lan-
guage and Literature», n.12, Spring–Fall, 1958, p.153.
Introduzione 13

zie ai cinque saggi dell’amico Sainte–Beuve, la reputa-


zione letteraria.
Lo stesso Baudelaire protestava, a ragione, quando
parlava dell’oblio apparente nel quale era caduta: “Ou-
bliée par qui, je vous prie? Par ceux–là qui, ne sentant
rien, ne peuvent se souvenir de rien”8.
Sarà però Verlaine il vero fautore della sua riabilita-
zione, in una fase della poesia la cui rivoluzione Valmore
avrebbe intuito, procedendo alla rottura dei rapporti logi-
ci tra immagine e idea, aprendo così la strada a tutte le
audacie del Simbolismo.
Le immagini misteriose, i neologismi esotici, le
sospensioni improvvise del ritmo, il gusto del silenzio, la
potenza suggestiva dell’armonia, tutto ciò che prima era
passato per strano, bizzarro, diveniva ora l’essenza stessa
del lirismo ricercato dai contemporanei.
Agli inizi del XX secolo Marceline Desbordes–
Valmore suscita ancora l’interesse di scrittori come
Raymond Vincent e Le Dantec; poi in epoca più recente
di studiosi quali J. Boulenger, L. Descaves, J. Moulin.
Ma è soprattutto con Y. Bonnefoy che la poetessa sarà
infine sottratta ad una lettura della sua opera ancorata al
solo dato biografico.9
Altri studiosi si avvicinano, oggi alla sua opera da
prospettive molteplici: C. Planté e M. Danahy si sono
soffermati sulla “voce femminile” della Valmore in una
società, anche letteraria, dominata da figure maschili, a-
spetto che, in Italia, ha attratto anche l’interesse di M.L.
Spaziani.

8
C. BAUDELAIRE, Poètes français, in Œuvres Complètes, édition Claude
Pichois, Bibliothèque de la Pléiade, t. II, Paris, Gallimard, pp. 145–146.
9
Ancora nel Novecento perdurava la tendenza a considerarne l’opera co-
me fatto imprescindibile rispetto alla vita. Così, a titolo esemplificativo, molto
si parlò della Desbordes–Valmore quando Rivière pubblicò i due volumi della
sua corrispondenza, nella cui prefazione lo studioso rivelava che la poetessa
aveva avuto un figlio illegittimo. Cfr. Correspondance intime de Marceline
Desbordes–Valmore, publiée par B. RIVIÈRE, Paris, Alphonse Lemerre, 1896.
14 Introduzione

F. Ambrière si è occupato della vita della Valmore sti-


landone una autorevole e significativa biografia10, mentre
studi sulla sua opera, sul suo stile e sui suoi temi sono
stati affrontati da E. Jasenas e M. Bertrand11.

Una delle atmosfere più chiaramente percepibili, ad


una lettura generale dell’opera della Valmore, è quella
suscitata dall’immaginario floreale al quale il poeta spes-
so ricorre.
Di una vita costellata da lutti e distacchi Marceline
coglie “fiori” e rincorre sogni:
Hâtons–nous de cueillir et les fleurs et les songes.
Les songes et les fleurs ne seront plus demain.
(Les songes et les fleurs, p. 53).

La sua poesia è attraversata da immagini floreali e


permeata dal loro aroma che sopravvive all’appas-
simento:

Tu vois; les fleurs n’ont qu’un printemps,


Et la rose meurt embaumée.
(Le dernier rendez–vous, p. 69).

Il profumo resiste alla morte di un fiore o di un affet-


to, come se un lascito di vita si amplificasse nel profumo,
come se nel ricordo sopravvivesse l’essenza di un affetto
perduto:
Dans tous mes souvenirs je sens couler mes larmes;
Tout ce qui fit ma joie enfermait mes douleurs;
Mes jeunes amitiés sont empreintes de charme
Et des parfums mourants qui survivent aux fleurs.

Non! Rien ne meurt. […]
(Révélation, p. 79).

10
F. AMBRIÈRE, Le siècle des Valmore: Marceline Desbordes–Valmore et
les siens, 2 voll., Paris, Seuil, 1987.
11
Cfr. E. JASENAS, op. cit. e M. BERTRAND, Les techniques de la versifi-
cation de Marceline Desbordes–Valmore, Grenoble III, 1977.
Introduzione 15

I fiori di Marceline Desbordes–Valmore emergono da


lontano, dai campi dei giochi d’infanzia a Douai. Li co-
glie dalla memoria, la cui terra è uno “stagno” di ricordi
dolorosi («Mémoire! Étang profond couvert de fleurs lé-
gères»; Sol Natale, p.134), come unica traccia di un be-
nessere eclissato dalla sofferenza. Il ricorso all’imma-
ginario floreale si realizza sempre a partire da una perce-
zione del mondo legata alla meraviglia, al desiderio di
scoperta della realtà che è tipico dell’infanzia, di quell’età
destinata a concludersi per effetto della contaminazione
della morte, per effetto del dolore che sottrae i fiori della
speranza e dell’aspettativa e restituisce solo il “sale delle
lacrime”:

Et je n’ai plus à moi que le sel de mes pleurs.


...
Les fleurs sont pour l’enfant; le sel est pour la femme;
(Quand je pense à ma mère, p. 223).

Tracce di felicità sopravvivono nel profumo dei fiori,


nell’aroma di un ricordo che resiste agli effetti devastanti
del tempo. Il profumo resiste al fiore appassito nello stes-
so modo in cui l’anima, l’essenza di una madre, di un fi-
glio, di un amico caro o di un amore finito sopravvive al-
la loro assenza.
Così, in Quand je pense à ma mère, la poetessa
scrive:

Je voudrais, tout un jour oubliant nos malheurs,


La contempler vivante au milieu de ses fleurs!
(Quand je pense à ma mère, p.223).

Anche i figli persi sono “fiori”:

Ma force, c’est l’amour; mes enfants sont mes ailes;


Ils me remporteront à mes premières fleurs;
Les fleurs ne vivent plus; mais je vis après elles,
Et mon cœur sait la place où je leur doit des pleurs.
(Départ de Lyon, p. 156).
16 Introduzione

I fiori della Valmore sono “emblemi d’assenze”:

Fleur naine et bleue, et triste, où se cache un emblème,


Où l’absence a souvent respiré le mot j’aime!
(La fleur d’eau, p. 111).

Sono concentrazioni simboliche che rimandano alla


perdita di un affetto, ad una litania del dolore che nella
sequenza dei distici si traduce nella reiterazione della ri-
ma «fleur–pleurs–douleur», come a titolo esemplificati-
vo, notiamo in Une Halte sur le Simplon:
Viens! Viens! Nos cieux sont beaux, même à travers des pleurs;
Viens! Toi qui tends aux cieux par tes cris de douleur;
[...]
Sous ses mains, comme toi, s’il a caché des pleurs,
C’est de nous qu’il attend et qu’il obtient des fleurs!
[...]
Qui l’attirait tout bas et lui soufflait des fleurs,
Et des baisers, si frais aux brûlantes douleurs!
(Une halte sur le Simplon, pp. 161–164).

Il processo di recupero dell’amato scomparso appare


chiaramente nella poesia dedicata all’amica Albertine,
Tristesse. Il profumo dei “bouquets” sulla tomba della
donna sollecita nel poeta il suo ricordo:
N’irai–je plus m’asseoir sur les tombes en fleurs?
[...]
D’où vient que d’en parler ma voix se fond en pleurs?
(Tristesse, p. 84).

Nella poesia Albertine ha le sembianze di una bimba


che si veste di fiori, presto diverrà lei stessa fiore, il più
bello, di colore blu:

Mais cet enfant qui joue et qui dort sur la vie,


Qui s’habille de fleurs [...]
...
Parmi les biens perdus dont je soupire encore,
Quel nom portait la fleur...la fleur d’un bleu si beau ?
(Tristesse, p. 86).
Introduzione 17

Così, nel ricordo, sopravvive l’immagine dell’amica


come fiore che spande aromi di festa. Ora nell’aria «em-
baumé» Albertine rivive ancora:

Oui! C’était une fête, une heure parfumée;


On moissonnait nos fleurs, on les jetait dans l’air;
Albertine riait sous la pluie embaumée;
Elle vivait encor; j’étais encore aimée!
C’est un parfum de rose...il n’atteint pas l’hiver.
(Tristesse, p. 88).

L’immaginario floreale diviene anche il varco di una


riconciliazione. Il fiore è raccolto dopo una tempesta,
come ne fosse sopravvissuto; ed è un dono offerto in se-
gno di speranza che unisce nel gesto di essere dato e ri-
cevuto, anche in un incontro in cui fisicamente non ci si
vede:

Va donc [...]
Dis que je t’ai cueillie à la fin d’un orage;
Que je t’envoie à lui comme un baiser d’espoir
Et que se joindre ainsi c’est presque se revoir!
(La fleur d’eau, p. 112).

I fiori sopravvivono al dolore, il poeta li estrae dallo


stagno della memoria in cui crescono, li recupera dal fan-
go del tempo in cui potrebbero marcire e ne perpetua il
profumo fissandolo nella parola.
Anche se i “fiori” sono volati via per sempre, sospinti
dall’onda del tempo, il loro profumo rimane sulle vesti di
chi li ha raccolti, di chi ci invita ora a respirare, attraverso
la poesia, il profumo, indelebilmente impresso, del loro
ricordo:

J’ai voulu ce matin te rapporter des roses;



Ce soir, ma robe encore en est toute embaumée...
Respires–en sur moi l’odorant souvenir.
(Les roses de Saadi, p. 181).
18 Introduzione
IDYLLES

IDILLI

(1819)

21
22 Idylles

L’orage

Oh! Quelle accablante chaleur!


On dirait que le ciel va toucher la montagne.
Vois ce nuage en feu qui rougit la campagne:
Quels éclairs! Quel bruit sourd! Ne t’en va pas! J’ai peur!
Les cris aigus de l’hirondelle
Annoncent le danger qui règne autour de nous;
Son amant effrayé la poursuit et l’appelle.
Pauvres petits oiseaux, vous retrouverez–vous?

Reste, mon bien–aimé! Reste, je t’en conjure:


Le ciel va s’entr’ouvrir.
De l’orage sans moi tu veux braver l’injure.
Cruel, en me quittant tu me verrais mourir.
Ce nuage embrasé qui promène la foudre,
Vois–tu bien, s’il éclate, on est réduit en poudre!
Encourage mon cœur: il palpite pour toi…
Ta main tremble, Olivier. As–tu peur, comme moi?

Tu t’éloignes; tu crains un danger que j’ignore:


En est–il un plus grand que d’exposer tes jours?
Je donnerais pour toi ma vie et nos amours;
Si j’avais d’autres biens, tu les aurais encore.
En cédant à tes vœux, j’ai trahi mon devoir;
Mais ne m’en punis pas. Elle est loin, ta chaumière.
Pour nous parler d’amour, tu demandais le soir.
Eh bien! Pour te sauver, prends la nuit tout entière;
Mais ne me parle plus de ce cruel amour;
Je vais l’offrir à Dieu, dans ma tristesse extrême:
C’est en priant pour ce que j’aime
Que j’attendrai le jour.

Sur nos champs inondés tourne un moment la vue.


Réponds! Malgré mes pleurs veux–tu partir encor?
Méchant, ne souris plus de me voir trop émue.
Peut–on ne pas trembler en quittant son trésor?
Idilli 23

Il temporale

Che caldo opprimente!


Si direbbe chi il cielo sfiori la montagna.
Guarda che nube infuocata arrossisce la campagna:
che lampi! Che rumore sordo! Non andartene! Ho paura!
Le grida acute della rondine
annunciano il pericolo che regna intorno a noi;
il suo amante spaurito la insegue, la chiama.
Poveri uccellini, vi ritroverete?

Resta, mio amato! Resta, ti scongiuro:


il cielo si schiude.
Vuoi sfidare la minaccia del temporale senza di me.
Crudele, lasciandomi mi vedresti morire.
Se questa nube infiammata che conduce il fulmine,
esplode, vedi bene, diverremo polvere!
Incoraggia il mio cuore: palpita per te…
Ti trema la mano, Olivier. Anche tu hai paura?

Ti allontani; temi un pericolo che ignoro:


ne esiste di più grande che esporre i tuoi giorni?
Per te darei la vita e il nostro amore;
se avessi altri beni, sarebbero per te.
Cedendo ai tuoi desideri, ho tradito il mio dovere;
ma non volermene. È lontana la tua capanna.
Per parlare d’amore, volevi la sera.
Ebbene! Per salvarti, hai la notte intera;
ma non parlarmi più di questo amore crudele;
l’offro a Dio, con tristezza estrema:
aspetterò il giorno
pregando per quel che amo.

Volgi lo sguardo un momento ai nostri campi inondati.


Rispondi! Piango e te ne vai?
Malvagio, smettila di ridere nel vedermi scossa.
Si può non tremare perdendo un tesoro?
24 Idylles

Je vais me réunir à ma sœur endormie.


Adieu! Laisse gronder et gémir l’aquilon.
Quand il aura cessé d’attrister le vallon,
Tu pourras t’éloigner du toit de ton amie.

Mais quel nouveau malheur! Qu’allons–nous devenir?


N’entends–tu pas la voix de mon vieux père?
Ne vois–tu pas une faible lumière?
De ce côté, Dieu! S’il allait venir?
Pour une faute, Olivier, que d’alarmes!
Laisse–moi seule au moins supporter son courroux;
Puis tu viendras embrasser ses genoux,
Quand je l’aurai désarmé par mes larmes.
Non! La porte entr’ouverte a causé ma frayeur:
On tremble au moindre bruit lorsque l’on est coupable.
Laisse–moi respirer du trouble qui m’accable,
Laisse–moi retrouver mon cœur.

Séparons–nous, je suis trop attendrie.


Sur ce cœur agité ne pose plus ta main.
Va! Si le ciel entend ma prière chérie,
Il sera plus calme, demain.
Demain, au point du jour, j’irai trouver mon père;
Sa bonté préviendra mes timides aveux.
De nos tendres amours pardonnant le mystère,
Il ne t’appellera que pour combler tes vœux.

Déjà le vent rapide emporte le nuage,


La lune nous ramène un doux rayon d’espoir.
Adieu! Je ne crains plus d’oublier mon devoir,
Ô mon cher Olivier! J’ai trop peur de l’orage.
Idilli 25

Raggiungerò mia sorella addormentata.


Addio! Lascia tuonare e gemere il vento.
Quando avrà finito di rattristare la valle,
potrai lasciare il tetto dell’amica.

Nuova sciagura! Che diverremo?


Non odi la voce del mio vecchio padre?
Non vedi la flebile luce?
Da questa parte, Dio! Se venisse?
Per un errore Olivier, che allarme!
Lasciami sola a sopportare il suo sdegno;
poi verrai a pregarlo,
quando l’avrò disarmato con le lacrime.
No! La porta socchiusa è causa del mio timore:
si trema al minimo rumore quando si è colpevoli.
Lascia ch’io respiri il turbamento che mi opprime,
lascia ch’io ritrovi il mio cuore.

Separiamoci, sono troppo fragile.


Su questo cuore inquieto non si posi la tua mano.
Va! Se il cielo ascolta la mia diletta preghiera,
sarà più calmo domani.
Domani, appena giorno, andrò a trovar mio padre;
la sua clemenza anticiperà la mia timida confessione.
Perdonando il mistero del nostro tenero amore,
ti chiamerà solo a esaudire le tue promesse.

Il rapido vento già allontana la nube,


la luna ci riporta un dolce raggio di speranza.
Addio! Non ho più timore di dimenticare il dovere,
mio caro Olivier! Temo troppo la tempesta.
26 Idylles

Le miroir

Comme un enfant cruel tourmente la douceur


De l’agneau craintif qu’il enchaîne,
Amour, je t’ai vu rire à l’accent de ma peine.
J’en ai pleuré pour toi de honte et de douleur.
Mais l’agneau gémissant rêve au joug qui l’opprime;
Il le brise en silence et retourne au vallon.
Adieu, cruel enfant dont je fus la victime,
Adieu, le pauvre agneau m’a rendu la raison.
Joyeux et bondissant des vallons aux prairies,
Dégagé de l’anneau de fer
Qui le blessa longtemps sous des chaînes fleuries,
Il voit l’herbe plus verte et le ruisseau plus clair.
Ma fierté languissante est enfin éveillée.
Je repousse en fuyant tes amères faveurs,
Et, sous ma guirlande effeuillée,
J’ai brisé tes fers imposteurs.

Ne viens pas me troubler, Amour! Je suis heureuse;


Je ne sens plus le poids d’un lien détesté.
Mais quoi! Sa fraîche empreinte est encore douloureuse.
Ah! Laisse un long repos au cœur qui l’a porté!
Va rendre ce lien à l’ingrat que j’oublie:
C’est à toi d’obéir, tu n’es plus mon vainqueur;
Tu ne l’es plus! Mes chants, ma liberté, ma vie,
J’ai tout repris avec mon cœur.
Qu’il promène le sien sur tes ailes légères,
Je le verrai sans trouble, il n’est plus rien pour moi
Je ne l’attendrai plus aux fêtes bocagères.
À peine il me souvient qu’il y surprit ma foi.
Je l’ai fui tout un jour sans répandre de larmes,
Tout un jour! Ah! Pour lui mes yeux n’ont plus de pleurs.

Je souris au miroir en essayant des fleurs,


Et le miroir m’apprend qu’un sourire a des charmes.
Comme le lin des champs flotte au gré des zéphyrs,
Idilli 27

Lo specchio

Come un fanciullo crudele tormenta la dolcezza


dell’agnello impaurito che incatena,
Amore, t’ho visto deridere la mia pena.
Per te ne ho pianto di vergogna e dolore.
Ma l’agnello sofferente sogna sul giogo che l’opprime;
lo spezza in silenzio e torna a valle.
Addio, crudele, carnefice fanciullo,
addio, il povero agnello mi ha reso la ragione.
Felice e saltellante dalla valle alla prateria,
liberato dal collare di ferro
le cui catene fiorite a lungo lo ferirono,
vede l’erba più verde e il ruscello più chiaro.
Il mio languido orgoglio è infine destato.
Respingo fuggendo i tuoi amari favori,
sotto la mia ghirlanda sfiorita,
ho spezzato le tue catene.

Non venire a turbarmi, Amore! Sono felice;


non sento più il peso di un odioso legame.
La sua recente traccia ancora brucia.
Concedi tregua al cuore che l’ha subita!
Restituisci questo legame all’ingrato che dimentico:
tocca a te obbedire; non sei più mio vincitore;
non più! I miei canti, la libertà, la vita,
tutto ho ripreso col mio cuore.
Che porti il suo sulle tue leggere ali,
lo vedrò senza turbarmi, non m’è più niente
non l’aspetterò più alle feste boschive.
Mi sovviene appena che vi sorprese la mia fede.
L’ho fuggito un giorno intero senza spargere lacrime,
un giorno intero! Per lui non ho più pianto.

Sorrido allo specchio provando fiori,


e lo specchio m’insegna che un sorriso può incantare.
Come il lino nei campi fluttua secondo i venti,
28 Idylles

J’abandonne ma chevelure,
Qui va flotter à l’aventure,
Ainsi que mes nouveaux désirs.
Oui, l’air qui m’environne, épuré par l’orage,
Me rendra, comme aux fleurs, l’éclat et la beauté,
Et bientôt mon sort sans nuage
Brillera comme un jour d’été.

Mais non, je ne veux point de fleurs dans ma parure.


Ce qu’il aimait ne doit plus m’embellir.
Cachons–les avec soin. S’il venait, le parjure,
Il croirait que pour lui j’ai daigné les cueillir.
S’il venait… Qu’ai–je dit? Quoi! Son audace extrême
Le ramènerait–elle où mon courroux l’attend?
Pourrait–il s’arracher à ce monde qu’il aime,
À ce juge léger qui flatte un inconstant?

Au fond de mon miroir je vois errer son ombre:


Une ombre plus légère appelle son regard;
Il la cherche lui–même, il l’aborde; il fait sombre;
Il soupire… Ah! Perfide! Est–ce encor le hasard?...
Oh! Comme il la regarde! Oh! Comme il est près d’elle!
Comme il lui peint l’ardeur qu’il feignit avec moi!
Il ne feint plus, car elle est belle:
Amour, va les unir, ils n’attendent que toi!
Je garde mes bouquets. Ma parure est finie.
Ma parure! Et pour qui tant de soins superflus?
Ce beau jour est voilé, cette glace est ternie,
Et le miroir ne sourit plus.
Idilli 29

lascio la mia chioma scapigliarsi,


con nuovi desideri.
Sì, l’aria che mi cinge, pura del temporale,
mi restituisce, splendore e bellezza, come ai fiori,
presto il mio destino senza nubi
brillerà, giorno d’estate.

No, non voglio fiori tra i miei gioielli.


Ciò che amava non deve più farmi bella.
Nascondiamoli con cura. Se tornasse, lo spergiuro,
crederebbe che è per lui che ho voluto coglierli.
Se tornasse… che dico? La sua audacia estrema
lo riporterebbe dove l’aspetta il mio sdegno?
Potrebbe sradicarsi dal mondo che ama,
dal giudice indulgente che lusinga un incostante?

Nel fondo del mio specchio erra la sua ombra:


un’ombra più leggera chiama il suo sguardo;
e lui la cerca, l’avvicina; si fa scuro;
sospira… Perfido! Ancora il caso?...
Come la guarda! Come le è vicino!
Come mostra l’ardore che con me fingeva!
Non mente ora, perché lei è bella:
Amore, uniscili, che aspetti!
Conservo i miei fiori, i miei gioielli indosso.
Gioielli! Per chi tante inutili cure?
Il bel giorno è velato, il vetro offuscato,
e lo specchio non sorride più.
30 Idylles

Le retour aux champs

Que ce lieu me semble attristé!


Tout a changé dans la nature:
Le printemps n’a plus de verdure,
Le bocage est désenchanté.
Autrefois l’onde fugitive
Arrosait en courant les cailloux et les fleurs.
Je ne vois qu’un roseau languissant sur la rive,
Et mes yeux se couvrent de pleurs.
Hélas! On a changé ta course,
Ruisseau, de l’inconstance on te fait une loi,
Et je n’espère plus retrouver à ta source
Les serments emportés par toi.
Ah! Si pour rafraîchir une âme désolée
Il suffit d’un doux souvenir,
Ruisseau, pour ranimer l’herbe de la vallée,
Parfois n’y peux–tu revenir?
J’entends du vieux berger la plaintive musette;
Mais qu’est devenu le troupeau?
Sous l’empire de sa houlette,
Il n’a plus même un innocent agneau.
Tout en rêvant il gravit la montagne;
Il traîne avec effort son âge et son ennui.
Les moutons ont quitté la stérile campagne;
Le chien est resté près de lui.
Mais que sa peine est facile et légère!
Du bonheur qui n’est plus il n’à point à rougir;
Sans trouble, sur un lit de mousse ou de fougère,
Quand la nuit vient, il peut dormir.
Que de riches pasteurs lui porteraient envie!
Combien voudraient donner les plus nombreux troupeaux.
La houlette, la bergerie,
Pour une nuit d’un doux repos!
Idilli 31

Ritorno ai campi

Come appare triste questo luogo!


Tutto è altro nella natura:
non più verde la primavera,
il bosco non ha incanto.
Un tempo l’onda fuggitiva
bagnava fluendo fiori e pietre.
Vedo solo un languido giunco sulla riva,
e gli occhi mi si coprono di lacrime.
Ahimè! Hanno cambiato il tuo corso,
ruscello, l’incostanza ti guida,
e più non spero di ritrovare alla tua fonte
i giuramenti che hai portato via.
Se a rinfrescare un’anima afflitta
un dolce ricordo bastasse,
ruscello, torneresti qualche volta,
a rianimare l’erba della valle?
Odo la triste musetta del vecchio pastore;
ma che ne è stato del gregge?
Sotto il bastone di comando,
non v’è più neppure un innocente agnello.
Pensoso sale la montagna;
trascina con sforzo età e noia.
Le pecore hanno lasciato la sterile compagna;
il cane gli è accanto.
Quanto facile e leggera è la sua pena!
Della perduta gioia non deve arrossire;
sereno, su un letto di muschio o felce,
quando cala la notte, può dormire.
Quanti ricchi pastori lo invidierebbero!
Quanti darebbero i più numerosi greggi.
Bastone, ovile,
per una notte di quieto riposo!
32 Idylles

Et moi, d’amis aussi je fus environnée;


Mon avenir alors était brillant et sûr.
Vieux berger, comme toi je fus abandonnée;
Le songe est dissipé, mais le réveil est pur!

Me voici devant la chapelle


Où mon cœur sans détour jura ses premiers vœux.
Déjà mon cœur n’est plus heureux,
Mais à ses vœux trahis il est encor fidèle.
J’y vins offrir, l’autre printemps,
Une fraîche couronne, aujourd’hui desséchée.
Cette chapelle, hélas! Dans les ronces cachée,
N’est–elle plus l’amour des simples habitants?
Seule, j’y ferai ma prière.
Mon sort, je le sais trop, me défend d’espérer.
Eh bien! Sans espérance, à genoux sur la pierre,
J’aurai du moins la douceur de pleurer.
Idilli 33

Ed io, d’amici un tempo circondata;


il mio avvenire allora era luminoso e certo.
Vecchio pastore, anch’io fui abbandonata;
il sogno è svanito, nitido è il risveglio!

Eccomi davanti alla cappella


dove il mio cuore senza esitare pronunciò i suoi voti.
Non più felice è già il mio cuore,
ma fedele ai suoi voti traditi.
Qui venni ad offrire, l’altra primavera,
una corona fresca, ormai secca.
Questa cappella, ahimè! Nascosta dai rovi,
non è più nel cuore dei semplici abitanti?
Sola, qui pregherò.
La sorte, lo so bene, mi vieta di sperare.
Ebbene! Senza speranza, in ginocchio sulla pietra,
avrò almeno la dolcezza delle lacrime.
34 Idylles

La jeune épouse

«Que je suis heureuse avec toi!


Que mon âme est contente et que ma vie est pure!
Ainsi coule un ruisseau sous le ciel qui l’azure;
Ainsi devrait couler le règne d’un bon roi.
Je voudrais en voir un, s’il en est. Mais qu’importe?
Ce n’est pas aux bergers d’en approcher jamais.
Aux champs, du roi des rois nous sentons les bienfaits;
Les autres n’y vont pas, le torrent les emporte;
Il m’effraie. Ah! Laissons le cours de nos beaux ans

Se perdre sans éclat dans une paix profonde.


Tu crains le bruit, je crains le monde,
Et l’écho me déplaît, il n’a pas tes accents.
Mais que j’aime à l’entendre au loin dans la prairie!
Dès qu’il vient m’annoncer le déclin d’un beau jour,
Qu’il m’apporte ces mots avec ta voix chérie:
Voici la nuit, voici l’Amour!

Au–devant de tes pas je me jette dans l’ombre;


Je demeure attachée à tes bras caressants;
Et, dans nos transports ravissants,
Je ne sais s’il fait jour, s’il est tard, s’il fait sombre:
Il fait beau. Tout est calme, et je vois dans ton cœur;
Je sens que ton regard est plongé dans mon âme;
Mes soupirs l’ont mêlée à ton souffle de flamme,
Et nous avons tous deux exprimé le bonheur.
Le bonheur !... Quand le ciel nous en donna le gage,
Le ciel en avait fait ton portrait gracieux;
Mais, comme un jeune oiseau s’envole avant l’orage,
L’ange, avant de souffrir, s’envola dans les cieux!»

Voilà comment parlait une bergère,


Heureuse épouse et malheureuse mère.
«Son plus doux rêve est, dit–elle, un miroir,
Où chaque nuit un ange vient se voir.
Idilli 35

La giovane sposa

«Quanto sono felice con te!


L’anima gioisce, la vita è pura!
Così scorre un ruscello sotto il cielo che l’inazzurra;
così dovrebbe il regno di un buon re.
Vorrei vederne uno, se ve n’è. Ma che importa?
Mai è concesso ai pastori avvicinarlo.
Nei campi, del re dei re apprendiamo il buon operato;
degli altri nulla, il torrente li trascina;
mi spaventa. Lasciamo il corso dei nostri anni lieti

perdersi senza scalpore nella pace profonda.


Temi il clamore, io il mondo,
ne deploro l’eco, non ha i tuoi accenti.
Come amo ascoltarlo lontano nella prateria!
Quando arriva a dirmi del volgere d’un lieto giorno,
e mi porta con la tua voce amata le parole:
ecco la notte, ecco l’Amore!

Nell’ombra mi getto davanti ai tuoi passi;


resto stretta alle tue affettuose braccia;
e rapiti dagli impeti,
non so se è giorno, tardi, buio:
è bello. Tutto calmo, vedo nel tuo cuore;
sento il tuo sguardo immerso nell’anima;
i miei sospiri l’hanno unito al tuo respiro di fiamma,
e insieme abbiamo espresso gioia.
Gioia!… Quando il cielo offrendola in pegno,
ne fece il tuo garbato ritratto;
ma l’angelo volò via nei cieli prima di soffrire,
come un uccello prima del temporale!»

Ecco come parlava una pastora,


sposa felice, madre sfortunata.
«Il suo più dolce sogno, dice, è uno specchio,
dove ogni notte un angelo si mira.
36 Idylles

Du jeune époux l’espérance craintive


Confie à Dieu sa prière naïve,
Et le baiser du soir, qui charme les douleurs,
Unit leur âme et s’éteint dans les pleurs.»
Idilli 37

Nell’ingenua preghiera affida a Dio


la timorosa speranza del giovane sposo,
e il bacio della sera, che allevia il dolore,
ne fonde le anime e si spegne nel pianto.»
38 Idylles

Le ruisseau

Le soleil brûlait la plaine,


Les oiseaux étaient muets.
Le vent balançait à peine
Les épis et les bluets.
Quelques chèvres, dispersées
Sur le penchant des coteaux,
Broutaient aux jeunes ormeaux
Les vignes entrelacées.
Les troupeaux, au fond des bois;
S’égaraient dans la bruyère.
Les chiens étaient sans colère,
Les bergers étaient sans voix.

On entendait le murmure
D’un ruisseau vif et jaseur,
Qui livrait à l’aventure
Le secret d’un jeune cœur.
Sur les flots de son rivage
Chloé, fuyant le soleil,
Penchait sa brûlante image,
Belle comme un fruit vermeil:
«À cette heure où mes compagnes
Cherchent l’ombre à l’autre bord,
Qu’au bruit vague des campagnes
Tout s’engourdit et s’endort,
Sous ma guirlande nouvelle,
Dites–moi, petit ruisseau,
Me trouvez–vous aussi belle
Que Daphnis me parait beau?
En vain avec ma couronne
J’ai l’air aussi d’une fleur;
Tout l’éclat qu’elle me donne
Ne fait pas battre mon cœur.
Aux bergères de mon âge
Je vois les mêmes appas.
Idilli 39

Il ruscello

Il sole ardeva la piana,


gli uccelli silenziosi.
Appena fluttuava il vento
le spighe e i fiordalisi.
Qualche sparuta capra
sul fianco dei colli,
brucava vigne intrecciate
a giovani olmi.
I greggi, in fondo ai boschi;
si perdevano nella brughiera.
I cani ammansiti,
i pastori senza voce.

Si udiva il mormorio
d’ un ruscello vivo e fragoroso,
che affidava al caso
il segreto di un giovane cuore.
Sulle onde della sua sponda
Chloé, fuggendo il sole,
chinava la sua ardente immagine,
bella come un frutto vermiglio:
«a quest’ora che le mie compagne
cercano ombra all’altra sponda,
che al rumore vago delle campagne
tutto s’assopisce e s’addormenta,
nella mia nuova ghirlanda,
dimmi, piccolo ruscello,
mi trovi bella
quanto a me pare Daphnis?
Invano con questa corona
sembro anch’io come un fiore;
lo sfarzo che mi dà
non mi fa battere il cuore.
Nelle pastorelle della mia età
vedo le stesse forme.
40 Idylles

Elles dorment sous l’ombrage,


Et je n’en soupire pas!
Sans Daphnis tout m’est contraire:
Daphnis a donc plus d’attraits?
Et je sens qu’on ne peut plaire
Qu’en ayant les mêmes traits.

«Ô Daphnis, si la parure
Me rendait belle à tes yeux,
J’apprendrais, dans l’onde pure,
À tresser mes longs cheveux.
J’irais supplier mon père
De m’accorder pour un jour
Le ruban qu’avait ma mère
Quand il lui parla d’amour.
Je cultiverais des roses
Pour les cueillir avec toi.

J’inventerais mille choses


Pour t’attirer près de moi.
Hélas! Ma triste espérance
Néglige un frivole soin;
Si j’avais ta ressemblance,
Je n’en aurais pas besoin!
Tes yeux bleus ont une flamme
Pareille aux astres tremblants,
Leurs rayons pénètrent l’âme;
Les miens sont noirs et brûlants.
Sur ton front ta chevelure
Forme un gracieux bandeau;
La mienne ombre ma ceinture
Quand je quitte mon chapeau.
Comme des feuilles dorées
Se balancent sur les fleurs,
Sous mille boucles cendrées
Brillent tes vives couleurs.
Le jeune orme est ton image,
Idilli 41

Dormono all’ombra,
e io non le biasimo!
Senza Daphnis tutto m’è avverso:
ha dunque Daphnis più fascino?
E sento che non si può piacere
senza i suoi tratti.

«Daphnis, se i gioielli
mi rendessero bella ai tuoi occhi,
imparerei, nell’onda pura,
a intrecciarmi i lunghi capelli.
Supplicherei mio padre
di concedermi per un giorno
il nastro che aveva mia madre
quando le parlò d’amore.
Coltiverei rose
per coglierle con te.

Farei di tutto
per averti accanto.
Ahimè! La mia speranza triste
trascura frivole cure;
ti assomigliassi,
non ne avrei bisogno!
I tuoi occhi blu infuocano
come astri tremanti,
raggi che penetrano l’ anima;
i miei neri e ardenti.
La tua chioma sulla fronte
forma una leggiadra benda;
la mia m’adombra la cinta
quando lascio il cappello.
Come foglie dorate
danzano sui fiori,
sotto mille riccioli cinerei
brillano i tuoi colori vivi.
Il giovane olmo è a tua immagine,
42 Idylles

Et (tout me parla aujourd’hui!)


Au lierre il prête un ombrage:
Je suis faible comme lui.

Ô Daphnis !...» Et quelques larmes


Tombèrent dans le ruisseau.
Elles en troublèrent l’eau,
Comme elles voilaient ses charmes.
Dans le léger mouvement
De cette glace agitée,
Sur la surface argentée
Elle entrevit son amant.

«Ô prodige! Cria–t–elle,
Je vois l’ombre du pasteur,
Et cette glace fidèle
Réfléchit jusqu’à mon cœur.»

Du saule le doux feuillage


Dans les airs se balança.
Sur les pleurs de son visage
Un souffle amoureux passa.
L’enfant qui porte des ailes
Se sauvait d’un ciel de feu;
De brûlantes étincelles
Aux champs annonçaient un dieu.
On n’en sait pas davantage.
Le dieu baissa son bandeau,
Couvrit le jour d’un nuage
Et fit taire le ruisseau.
Idilli 43

e (tutto mi parla oggi!)


all’edera fa ombra:
sono debole come lui.

Daphnis!…» Poi qualche lacrima


cadde nel ruscello.
Ne intorbidì l’acqua,
offuscandone l’incanto.
Nel flebile movimento
di questo specchio scosso,
sull’argentea superficie
scorse il suo amante.

«Prodigio! Gridò,
vedo l’ombra del pastore,
e questo specchio fedele
riflette fino al mio cuore.»

Le miti foglie del salice


oscillano nell’aria.
Un soffio amorevole toccò
il pianto suo sul viso.
Il fanciullo alato
si salvava dal cielo infuocato;
scintille ardenti
annunciavano ai campi un dio.
Il resto è ignoto.
Quel dio calò il manto,
una nube stese sul giorno
e al ruscello impose silenzio.
44 Idylles

Philis

Presse–toi, vieux berger, tout annonce l’orage.


Le vent courbe les blés, détruit la fleur sauvage;
Un murmure plaintif circule au fond des bois,
Et l’écho me répond en attristant ma voix.
De ton chien prévoyant la garde est plus austère,
Il rôde, en haletant, d’un air triste et sévère;
Du fond de la vallée il ramène un agneau.
Et le chasse en grondant jusqu’au sein du troupeau.

L’ouragan tourbillonne et ravage la plaine.


L’éclair poursuit l’éclair, il tonne, il va pleuvoir,
Tout s’efface; il fait nuit longtemps avant le soir,
Et le toit de Philis ne se voit plus qu’à peine.
Laisse–moi te guider. Si tu ne peux courir,
Je soutiendrai tes pas. Ne crains point ma jeunesse;
J’ai déjà quatorze ans; j’honore la vieillesse,
Et je suis assez grand, du moins pour la chérir.

La petite Philis t’ouvrira sa chaumière.


Son père m’a vu naître, il m’appelle son fils.
Peut–être qu’autrefois tu connaissais sa mère;
Elle n’est plus… Mais viens, tu connaîtras Philis!
Oui, berger, c’est Philis qui m’a dit tout à l’heure:
«Oliver, le ciel gronde; on s’enferme au hameau.
Nous sommes à l’abri, mais au pied du coteau
Je vois un vieux berger: qu’il vienne en ma demeure!
Regarde sur son front voler ses cheveux blancs.
Comme il lève les yeux vers le ciel en colère!
Il se met à genoux… C’est qu’il a des enfants
Et qu’il demande au ciel de leur garder un père!»

Et Philis de mes mains a retiré sa main,


Et jusqu’au fond du cœur j’ai cru sentir ses larmes,
Et j’ai couru vers toi. Mais, au bout du chemin,
Tu verras s’il est doux de calmer ses alarmes.
Idilli 45

Philis

Affrettati, vecchio pastore, tutto annuncia un temporale.


Il vento piega le spighe, distrugge il fiore selvatico;
un lamento s’insinua nel fitto bosco,
e l’eco rispondendo rattrista la mia voce.
Il tuo cane guardingo e attento,
s’aggira ansimando, l’aria triste e severa;
dal fondo della valle riporta un agnello.
E lo spinge abbaiando nel cuore del gregge.

L’uragano turbina e devasta la piana.


Un lampo nell’altro, tuona, pioverà,
tutto s’annulla; cala il buio molto prima della sera,
e il tetto di Philis si scorge appena.
Lascia ch’io ti guidi. Se non puoi affrettarti,
sosterrò i tuoi passi. La mia giovinezza non deve intimorirti;
ho già quattordici anni; rispetto la vecchiaia,
sono grande abbastanza, per intenerirmene almeno.

La piccola Philis ti aprirà la sua capanna.


Suo padre mi ha visto nascere, mi chiama figlio.
Forse un tempo conoscevi sua madre;
non c’è più… seguimi, conoscerai Philis!
Si pastore, è Philis che mi ha detto poco fa:
«Olivier, il cielo minaccia; ripariamoci al villaggio.
Siamo al sicuro, ma ai piedi del colle
vedo un vecchio pastore: che venga da me!
Guarda i capelli bianchi che il vento muove sulla fronte.
Come in collera alza gli occhi al cielo!
Si inginocchia… chiede al cielo
di risparmiare un padre ai suoi figli!»

E Philis dalle mie ha ritratto la sua mano,


e in fondo al cuore m’è parso di sentirla piangere,
e sono accorso da te. Vedrai com’è dolce placarsi,
al culmine del cammino.
46 Idylles

Berger, voilà Philis! — Elle nous tend les bras:


Vois comme son sourire est mêlé de tristesse!
Elle songe à sa mère et pleure de tendresse.
Sa mère lui sourit… mais ne lui répond pas!
Entrons. — Le vieux berger rêve
[à ton doux langage,
Philis; il te regarde, il est moins abattu.
On est calme avec toi, même au bruit de l’orage.
Ô Philis, on est bien auprès de la vertu!
Tandis que ses moutons, sous la feuillée obscure,
Arrachent à la terre une humide verdure,
Je lui raconterai, pour charmer ta frayeur,
Le plus beau de mes jours, le jour où je t’ai vue.
Si tu crains d’un éclair la lueur imprévue,
Tant que je parlerai, cache–toi sur mon cœur;
Cache–toi… Ma Philis n’avait pas dix années
Quand le hasard lia nos âmes étonnées.
Je l’aimai plus que moi, plus que mon cher agneau
Que j’offris à Philis et qu’elle trouvait beau.
C’était un jour de fête, et cet agneau volage
S’enfuit, malgré mes cris, loin de notre village.
Sous ce bosquet de houx, qui cache une maison,
L’agneau vint se jeter… Hélas ! Qu’il eut raison!
J’y rencontrai Philis; je crus la reconnaître;
Je crus l’avoir aimée avant même de naître:
Je sentis que mon cœur s’enfuyait vers le sien,
Et je vis dans ses yeux qu’elle attendait le mien.
Elle avait à ses pieds la guirlande effeuillée,
Elle pleurait… C’était une rose mouillée.
Saisi de sa douleur, je ne pouvais parler;
Je ne pouvais la joindre, hélas! Ni m’en aller.
Son œil noir dans les pleurs brillait comme une étoile
Ou comme un doux rayon quand il pleut au soleil.
On eût dit que mes yeux se dégageaient d’un voile
Et que ce doux regard enchantait mon réveil.
J’oubliai mon hameau, mes parents, ma chaumière;
Mon âme pour la voir venait sous ma paupière.
Idilli 47

Pastore ecco Philis! — Ci tende le braccia:


osserva il suo sorriso unito alla tristezza!
Pensa alla madre e piange di tenerezza.
La madre sorride, senza risponderle!
Entriamo — Il vecchio pastore immagina il suono dolce
[delle tue parole,
Philis; ti guarda, è meno affranto.
Ci si placa in tua presenza, anche al rumore del temporale.
Philis si è sereni davanti alla virtù!
Mentre le sue capre, sotto il fitto bosco,
strappano alla terra l’erba umida,
gli racconterò, per lenire il tuo spavento,
il più lieto dei miei dì, il giorno in cui ti ho vista.
Se temi la luce improvvisa di un lampo,
mentre dirò, nasconditi sul mio cuore,
nasconditi… La mia Philis non aveva ancora dieci anni
quando il caso legò le nostre anime stupite.
Più di me l’amai, più del mio tenero agnello
che le offrii, che trovava bello.
Era giorno di festa, e l’agnello volubile
fuggì, malgrado i miei richiami, lontano dal villaggio.
Nel boschetto d’agrifoglio che cela una casa,
l’agnello venne a trovarsi. Ahimè! Com’ebbe ragione!
Qui incontrai Philis; mi parve di riconoscerla;
mi parve d’averla amata ancor prima di nascere:
sentivo il cuore fuggire verso il suo,
e nel suo sguardo vidi che lo stava aspettando.
Ai piedi aveva una ghirlanda sfiorita,
piangeva… Una rosa umida.
Rapito dal suo dolore, non riuscivo a parlare;
non potevo raggiungerla né andarmene.
Una stella brillante il suo occhio nero tra le lacrime
o un raggio dolce quando piove al sole.
Come se i miei occhi si liberassero da un velo
se il suo dolce sguardo incantasse il mio risveglio.
Dimenticai il villaggio, i miei cari, la mia capanna;
l’anima per vederla saliva ai miei occhi.
48 Idylles

J’oubliai de punir l’agneau capricieux,


Je regardai Philis et je voyais les cieux.

«Qui t’alarme, lui dis–je, ô petite bergère?


As–tu peur d’un bélier caché dans la bruyère?
Ou quelque méchant pâtre, en grossissant sa voix,
Ose–t–il t’empêcher de courir dans les bois?
Je voudrais… Je voudrais savoir comme on t’appelle.
Moi, je suis Olivier.– Je suis Philis, dit–elle.
Je n’ai vu qu’un agneau qu’appelait un enfant,
Et je n’ai pas eu peur à la voix d’un méchant.
Mais, en cueillant des fleurs pour couronner ma tête,
Je disais: Ce fut donc encore un jour de fête,

Puisqu’on m’avait parée avec de blancs atours,


Quand ma mère en priant s’endormit pour toujours.
Elle avait demandé le pasteur du village.

Le pasteur avait dit: «Espérance et courage!»


Il bénit son sommeil, et, pleurant avec nous,
Parlait bas à mon père immobile à genoux.
Les bergers pour la voir entouraient la chaumière.
Son nom, qu’ils aimaient tous, unissait leur prière.

Sous le même rideau je voulus me cacher;


Mon père, en gémissant, put seul m’en détacher.
Vers le soir, dans son lit un ange vint la prendre;
Il emporta ma mère, et je la vis descendre
À travers le sentier qu’éclairaient deux flambeaux.
On chantait, mais ce chant m’arrachait des sanglots.
Je lui tendais les bras du haut de la montagne.
Quand je vis des hiboux voler dans la campagne.
Je n’osai plus crier: ma voix me faisait peur.
Son nom, qui m’étouffait, s’enferma dans mon cœur.
L’ombre m’enveloppa. Le reste, je l’ignore.
On me trouva plongée en un profond sommeil.
Hélas! Dans ce sommeil on pleure, on aime encore.
Idilli 49

Dimenticai di punire l’agnello capriccioso,


guardai Philis, vedevo il cielo.

«Cosa ti preoccupa, le dissi, pastorella?


Hai paura di un ariete nascosto nella brughiera?
O qualche cattivo pastore, alzando la voce,
osa impedirti di correre al bosco?
Vorrei… Vorrei sapere come ti chiami.
Io sono Olivier — Sono Philis, disse lei.
Ho visto solo un agnello richiamato da un fanciullo,
e non ho temuto una voce cattiva.
Cogliendo fiori per cingermi la testa,
dicevo: era dunque ancora giorno di festa,

poiché mi avevano cinta di bianchi ornamenti,


quando mia madre pregando s’addormentò per sempre.
Aveva chiesto del pastore del villaggio.

Egli disse: «Speranza e coraggio!»


Benedisse il suo sonno e, piangendo con noi,
sussurrava a mio padre immobile in ginocchio.
I pastori per vederla accorrevano alla capanna.
Il suo nome, che tutti amavano, li univa in preghiera.

Dietro la stessa tenda volli nascondermi;


solo mio padre, piangendo poté staccarmene.
Verso sera, nel suo letto, un angelo venne a prenderla;
la portò via, e io la vidi scendere
attraverso il sentiero illuminato da due fiaccole.
Cantavano, ma quel canto mi strappava singhiozzi.
Le tendevo le braccia dall’alto del monte.
Quando vidi gufi volare per la campagna.
Non osai più gridare: la mia voce mi impauriva.
Il suo nome, che mi toglieva il fiato, si chiuse nel mio cuore.
Scese un ombra. Non so altro.
Mi ritrovarono immersa in un profondo sonno.
Sonno in cui si piange e s’ama ancora.
50 Idylles

Il en est un, dit–on, sans amour, sans réveil:


Depuis ce jour de fête on n’a pas vu ma mère;
Au sentier, chaque soir, elle appelle mon père;
Mais, quand je veux savoir s’il l’a vue en chemin,
Il soupire et me dit: «Je la verrai demain!»
Voilà, petit berger, la cause de mes larmes.
À mon père attristé je cache mes alarmes;
Pour lui plaire, souvent je me pare de fleurs,
Et j’apprends à sourire en retenant mes pleurs.»

Son père l’écoutait à travers la fenêtre.


Je le pris pour le mien en le voyant paraître.
D’un air triste et content il sourit à Philis,
Et depuis ce moment il m’appela son fils.
L’agneau sautait près d’elle et broutait sa couronne.
Hors de moi, je saisis ce précieux larcin;
En tremblant de plaisir je le mis dans mon sein.
«Si mon agneau te plaît, prends–le, je te le donne,
Dis–je alors à Philis. Chaque jour, chaque soir,
Si ton père y consent, je reviendrai le voir.
Il semble qu’il demande et choisit sa maîtresse;
Comme il me caressait, je vois qu’il te caresse.

Les nœuds pour l’arrêter sont déjà superflus.


Tu lui parles, Philis, il ne m’écoute plus!»

Son père, en l’embrassant, nous permit cet échange.


Il fallut m’en aller. Je courus sous la grange
À mes tendres parents raconter mon bonheur.
Je montrai la guirlande encore sur mon cœur;
Je parlais de Philis et j’embrassais ma mère;
Je brûlais que le jour nous rendit sa lumière.
En respirant des fleurs enfin je m’endormis.
Et mon rêve disait: ― Philis! Philis! Philis!
Ce nom charme en tous lieux mon oreille ravie;
Il a frappé mon âme et commencé ma vie.
Mes lèvres, en dormant, savent le prononcer,
Idilli 51

Ne esiste uno, dicono, senza amore, ne risvegli:


da quel dì di festa mia madre non l’abbiamo più vista;
al sentiero, ogni sera, chiama mio padre;
ma quando chiedo se l’ha vista sul ritorno,
sospira e risponde: «La vedrò domani!»
Ecco, pastorello la causa del mio pianto.
La mia inquietudine celo al mio padre triste;
per piacergli, spesso mi cingo di fiori,
e imparo a sorridere trattenendo le lacrime.»

Il padre l’udiva attraverso la finestra.


Lo confusi col mio vedendolo apparire.
Con aria triste e bonaria sorrideva a Philis,
e da quel momento mi chiamò figlio.
L’agnello le saltava intorno e brucava la sua corona.
Fuori di me, afferrai il prezioso furtarello;
tremando di gioia me lo misi sul petto.
«Se l’agnello ti piace, prendilo, te l’offro,
dissi allora a Philis. Ogni giorno, ogni sera,
se tuo padre lo permette, verrò a vederlo.
Sembra ch’egli lo chieda e che scelga la padrona;
vedo che ha per te l’affetto che mi mostrava.

I nodi per tenerlo sono ormai inutili.


Non mi ascolta più, Philis, tu gli parli!»

Suo padre abbracciandola acconsentì allo scambio.


Dovetti andare, corsi al fienile
per condividere coi miei cari genitori questa gioia.
Mostrai la ghirlanda ancora sul petto;
parlavo di Philis e abbracciavo mia madre;
ardevo affinché il giorno ci desse luce.
Annusando fiori infine mi addormentai.
E il mio sogno diceva: — Philis! Philis! Philis!
Questo nome incanta ovunque il mio orecchio rapito;
ha colpito l’anima mia e inaugurato la mia vita.
Le mie labbra, dormendo, sanno pronunciarlo,
52 Idylles

Et dans l’ombre ma main essaie à le tracer.


C’est pour l’unir au mien que j’apprends à l’écrire…
Éveille–toi, Philis! Je n’ai plus rien à dire.
Tu peux ouvrir les yeux, le calme est de retour.
Le soleil épuré recommence un beau jour;
Avant de les quitter, il sèche nos campagnes
Et de ses derniers feux redore les montagnes.

Ô berger! Si le ciel ici t’a fait venir,


C’est que le ciel nous aime et qu’il va nous bénir.
Mais tes moutons joyeux se jettent dans la plaine;
La pluie et la poussière ont pénétré leur laine.
Demain, dans le ruisseau qui baigne le vallon,
J’irai t’aider moi–même à blanchir leur toison,
J’irai… De ma Philis tu vois venir le père;
Elle court dans ses bras et l’atteint la première.
Ô berger, si jamais, seul et loin de ton fils,
L’orange te surprend, souviens–toi de Philis!
Idilli 53

e nell’ombra, la mia mano cerca di tracciarlo.


È per unirlo al mio che imparerò a scriverlo…
Svegliati, Philis! Nulla ho più da dire.
Puoi aprire gli occhi, la calma è di ritorno.
Il sole purificato comincia un bel giorno;
prima di lasciarle, asciuga le campagne
e con gli ultimi suoi raggi dora le montagne.

Oh pastore! Se il cielo qui t’ha condotto,


è perché ci ama e benedice.
Le tue capre liete si abbandonano alla pianura;
la pioggia e la polvere hanno penetrato la lana.
Domani, nel ruscello che bagna la valle,
t’aiuterò io stesso a sbiancarne il vello,
t’aiuterò… Vedi! Arriva il padre della mia Philis;
gli corre in braccio e per prima lo raggiunge.
Pastore, ricordati di Philis, semmai solo e lontano
da tuo figlio, il temporale ti sorprende!
54 Idylles

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