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MACBETH

Opera in quattro atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave (con materiale aggiuntivo
di Andrea Maffei) tratto dall’omonima tragedia William Shakespeare.
Firenze, Teatro della Pergola, 14 marzo 1847 (versione rivista, su libretto tradotto da Charles-Louis-
Etienne Nuitter e Alexandre Beaumont, Parigi, Théâtre Lyrique, 21 aprile 1865).

Duncan, Re di Scozia - Mimo


Macbeth, Generale nell'esercito di Duncan – Baritono lirico spinto
Banco (Banquo), Generale nell'esercito di Duncan - Basso
Lady Macbeth, moglie di Macbeth – Soprano drammatico d’agilità
Dama di compagnia di Lady Macbeth - Mezzosoprano
Macduff, un nobile scozzese, Lord di Fife - Tenore
Malcolm, figlio di Duncan - Tenore
Fleanzio (Fleance), figlio di Banco - Mimo
Un servitore di Macbeth - Basso
Un dottore - Basso
Un assassino - Basso
Il fantasma del Banco [Banquo] - Mimo
Un araldo - Basso
Streghe, messaggeri del re, nobili ed esiliati scozzesi, assassini, soldati inglesi, bardi, spiriti aerei,
apparizioni
Scenografia: Scozia e dei confini anglo-scozzesi

Il contratto di Verdi del 1846 con l'impresario Alessandro Lanari e il Teatro della Pergola di Firenze
non prevedeva alcuna opera particolare, e durante l’estate il compositore valutava diverse possibilità,
tra cui I masnadieri e Macbeth. La decisione finale, come chiarì Verdi, dipendeva dai cantanti a
disposizione. Per Macbeth aveva bisogno di un baritono e di un soprano di prima classe mentre per I
masnadieri necessitava di un bel tenore. Entro la fine di settembre il cast era stato stabilito, in
particolare con l’assunzione di Felice Varesi, uno dei migliori baritoni attori-cantanti dell'epoca; di
conseguenza, la scelta cadde su Macbeth. A questo punto Verdi aveva già abbozzato per grandi linee
drammatiche l'opera e aveva scritto lettere incoraggianti al suo librettista Piave, sottolineando che
questo, il suo primo soggetto shakespeariano, doveva essere un caso speciale: "Questa tragedia è una
delle più grandi creazioni dell'uomo! Se non possiamo farne qualcosa di grande, proviamo almeno a
fare qualcosa fuori dall'ordinario... Conosco il carattere generale e la tinta come se il libretto fosse già
finito».
Con l'avvicinarsi della prima, Verdi dimostrò più e più volte il suo particolare interesse per l'opera:
costrinse Piave a produrre esattamente il testo di cui aveva bisogno; impegnò l'amico Andrea Maffei
a ritoccare alcuni passaggi; impiegò tempo e cura insoliti per assicurarsi che la produzione fosse ben
provata e fedele alle sue intenzioni; facendo esercitare incessantemente i cantanti principali – in
particolare Varesi e Lady Macbeth, Marianna Barbieri Nini – affinché ogni loro sfumatura fosse come
egli desiderava. La prima fu un grande successo e presto l'opera iniziò ad essere rappresentata in giro
per l'Italia; Verdi consigliava spesso ai responsabili delle riprese successive di curare con attenzione
ogni particolare speciale di cui l'opera aveva bisogno. Nel 1864 l'editore e impresario francese Léon
Escudier chiese a Verdi di aggiungere musiche di balletto per un revival dell'opera al Théâtre Lyrique
di Parigi. Il compositore acconsentì, ma dichiarò anche di voler apportare modifiche sostanziali ad
alcuni brani che erano "o deboli o privi di carattere". Oltre al balletto aggiuntivo e ritocchi maggiori
o minori a vari numeri, questa revisione alla fine includeva:
- una nuova aria per Lady Macbeth nel 2° atto (La luce langue);
- modifiche sostanziali al 3° Atto, incluso un nuovo duetto per Macbeth e Lady Macbeth (Ora
di morte);
- un nuovo ritornello all'inizio del 4° Atto (Patria oppressa);
- la sostituzione della scena della morte di Macbeth con un "Inno di vittoria" finale.
La prima di Parigi, che includeva Jean-Vital Ismael Jammes (Macbeth) e Amélie Rey-Balla (Lady
Macbeth), è stata in gran parte infruttuosa. L'accoglienza lasciò perplesso Verdi e, sebbene la versione
originale dell'opera continuò ad essere eseguita per qualche tempo in Italia, è chiaro che desiderava
che la versione "Parigina" la sostituisse. Nonostante un recente risveglio di interesse per la versione
del 1847, e nonostante sia chiaramente più unificata stilisticamente, la versione successiva è quella
generalmente ascoltata oggi. Nella discussione che segue, le revisioni più sostanziali saranno
considerate come appaiono.

Il preludio è composto da temi dell'opera. Prima arriva un tema di fiati all'unisono dalla scena delle
streghe all'inizio del 3°atto, quindi un passaggio dalla musica all'apparizione nello stesso atto.
La seconda metà è tratta quasi interamente dalla scena del "camminare nel sonno" del 4° atto di Lady
Macbeth.

ATTO l.1 Un legno


In Scozia, nell'XI secolo. Il coro delle streghe che apre l'atto si divide in due parti: la prima (Che
faceste?) in minore, la seconda (Le sorelle vagabonde) in parallela maggiore. Entrambi prendono
parte al "colore" musicale associato alle streghe, tra cui spiccano le sonorità dei legni (sia scure che
acute), figure di archi volubili e una tendenza allo spostamento ritmico.
Macbeth e Banco sono di ritorno da una vittoriosa battaglia contro i rivoltosi. Incontrano alcune
streghe che fanno tre profezie, segnate in modo cupo e con tritoni prominenti nella progressione
armonica: Macbeth sarà signore di Cawdor e in seguito re di Scozia, mentre la progenie di Banco
salirà al trono. Una vivace marcia militare introduce dei messaggeri, che informano Macbeth della
morte di Cawdor e quindi dell'adempimento di parte della profezia. Giunge infatti un messaggero che
comunica a Macbeth che re Duncan gli ha concesso la signoria di Cawdor. Come ammise Verdi al
suo baritono principale, Varesi, questa sequenza avrebbe tradizionalmente richiesto una doppia aria
per Macbeth, ma invece il compositore ha fornito un duettino in un movimento per Macbeth e
Banquo, Due vaticini, pieno di versi spezzati ed esclamazioni soppresse mentre i due uomini
esaminano le loro coscienze. La stretta di chiusura delle streghe, S'allontanarono, è molto più
convenzionale, anche se trova spazio per un colore ancora più "caratteristico". Venuta a conoscenza
della profezia delle streghe, l'ambiziosa Lady Macbeth incita il marito a uccidere il re.

l.2 Una stanza nel castello di Macbeth


La cavatina di Lady Macbeth genera un grande potere drammatico con forma convenzionale. Dopo
una burrascosa introduzione orchestrale, entra per leggere una lettera del marito che descrive gli
eventi a cui abbiamo appena assistito. La prima parte della sua doppia aria, Vieni! t'affretta!, ordina
Macbeth di correre a casa in modo che possa instillare in lui i suoi pensieri sanguinari. Un messaggero
annuncia che Macbeth e Duncan sono attesi quella notte, e Lady Macbeth esulta nella cabaletta Or
tutti sorgete, i cui momenti di agilità sono strettamente intrecciati nella ristretta struttura formale.
Finita la cabaletta, appare Macbeth e in un breve recitativo Lady Macbeth spiega i suoi piani per
Duncan. La coppia viene interrotta dall'arrivo del re stesso, la cui sfilata intorno al palco è
accompagnata da una marcia "rustica" della banda.
Il "Gran Scena e Duetto" che segue inizia con l'arioso esteso di Macbeth Mi si affaccia un pugnal?!,
nel quale ha la visione di lui con un pugnale che si prepara a uccidere Duncan. Il brano è estremamente
ricco di invenzioni musicali, con figure cromatiche scorrevoli che si accalcano con distorte armonie
"religiose" e fugaci reminiscenze della musica delle streghe; darà il tono ai grandi recitativi della
successiva carriera di Verdi. Macbeth entra nella stanza del re e appare Lady Macbeth, presto
raggiunta da suo marito. Il motivo della nota di vicinato di Macbeth in Tutto è finito! fornisce il
materiale di accompagnamento per il primo movimento del duetto in quattro movimenti, l'Allegro
Fatal mia donna! un mormorio. Questo primo movimento prevede un rapido scambio tra i
personaggi, con continuità musicale per lo più fornita dall'orchestra. Mentre Macbeth descrive la voce
interiore che gli ha sempre negato il sonno, inizia il secondo movimento più lirico, Allor questa voce:
i cantanti hanno di nuovo materiale musicale dissimile, anche se alla fine si uniscono in un passaggio
esteso in terza e sesta. Un breve movimento di transizione, Il pugnal là riportato, vede Lady Macbeth
riportare il pugnale nella stanza del re ed emerge con le mani insanguinate. Il duetto si chiude con
una cabaletta molto ridotta, Vieni altrove! ogni sospetto, che nella versione del 1847 passa
rapidamente al modo maggiore, ma in quella del 1865 Verdi la rielabora in minore. Il finale del primo
atto inizia con l'arrivo di Macduff e Banco, quest'ultimo cantando un solenne apostrofo alla notte.
Macduff chiama tutti sul palco e annuncia l'omicidio di Duncan. La notizia lancia l'Adagio concertato,
Schiudi, inferno: uno scoppio di angoscia per tutti, un passaggio non accompagnato in cui tutti
pregano Dio e un'ultima melodia svettante in cui la vendetta divina è invocata sul colpevole.
Seguendo lo schema del duetto precedente, la stretta finale è estremamente breve, funzionando più
come una coda che come un movimento a sé stante.

ATTO 2.1 Una stanza nel castello


Una ripresa orchestrale del gran duetto del 1° Atto, porta ad un recitativo tra Macbeth e sua moglie.
Del delitto viene incolpato il figlio di Duncan, Malcolm, che si trova costretto a fuggire in Inghilterra.
Ora che Macbeth è re di Scozia, la moglie lo convince a liquidare Banco e soprattutto il figlio di
costui, Fleanzio, nel timore che si avveri la seconda parte della profezia ossia che i figli di Banco
diventeranno re. Nella versione del 1847, Lady Macbeth chiude la scena con la cabaletta Trionfai!
securi alfine, un'aria convenzionale in due versi alla maniera della musica di Elvira in Ernani. Nel
1865 Verdi la sostituì con La luce langue, un'aria a più sezioni il cui cromatismo avanzato è
coerentemente quello del suo stile successivo.

2.2 Un parco
Il coro calmo e staccato di assassini, Sparve il sol, nel modo tradizionale verdiano di rappresentare
gruppi sinistri, porta a una romanza per Banco, nella cui coda gli assassini di Macbeth lo uccidono,
ma Fleanzio riesce a fuggire.
2.3 Una magnifica sala
La vivace musica festosa è alla base dell'assemblea dei nobili ospiti, dopodiché Macbeth chiama sua
moglie a cantare un brindisi (canzone da bere). Obbedisce con Si colmi il calice, e (come accadrà nel
1° Atto de La traviata) risponde con il coro all'unisono. Le note finali della canzone risuonano ancora
nell'orchestra mentre Macbeth apprende da un assassino della morte di Banco e della fuga di Fleanzio.
La musica festosa riprende, ma Macbeth ha una visione orribile del fantasma di Banquo al tavolo del
banchetto (questa e la seconda allucinazione furono riviste e intensificate cromaticamente nella
versione del 1865). Lady Macbeth lo calma e ripete il suo brindisi, ma la visione ritorna. Il terrore del
re fa precipitare il finale concertato, Sangue a me, che viene trascinato e dominato da Macbeth,
sebbene con frequenti interiezioni da parte della moglie che cerca di calmarlo. Non c'è stretta formale,
l'atto si conclude con il senso generale di stupefatta sorpresa ancora intatto.

ATTO 3 Una caverna oscura


Inquieto, Macbeth torna dalle streghe per interrogarle. Dopo una burrascosa introduzione orchestrale,
il coro delle streghe, Tre volte miagola, riporta l'idea di apertura del preludio come la prima di una
serie di melodie in 6/8 sempre più vivaci e ritmicamente irregolari, intese a rappresentare il bizzarro
elemento del soprannaturale. Il balletto che segue, scritto per la versione parigina del 1865, è
sostanzialmente in tre movimenti. Nella prima, vari esseri soprannaturali danzano attorno al calderone
al ritmo di un Allegro vivacissimo. Ecate (la dea della magia nera) viene richiamata e, in un secondo
movimento Andante pieno di cromatismi dei successivi ultimi mimi verdiani che Macbeth verrà a
chiedere del suo destino e dovrebbe ricevere una risposta (Verdi ha insistito sul fatto che questa
sezione fosse mimata piuttosto che ballata). Il movimento finale è un valzer sinistro, gli spiriti ballano
ancora più selvaggiamente attorno al calderone. Il verdetto è oscuro: egli resterà signore di Scozia
fino a quando la foresta di Birnam non gli muoverà contro, e nessun "nato di donna" potrà nuocergli.
La scena dell'apparizione, sostanzialmente rivista nella versione del 1865 per intensificarne l'effetto
armonico, ha una scrittura melodica poco sostenuta e consiste in episodi musicali brevi ma eloquenti.
La prima introduce le tre apparizioni (che fanno le loro predizioni sul destino di Macbeth); poi,
all'arioso Fuggi, regal fantasima di Macbeth, vengono gli otto re, l'ultimo dei quali ha la forma di
Banco e canta Oh! mio terrore! dell'ultimo, al termine del quale sviene. Un dolce coro e danza degli
spiriti aerei, Ondine e silfidi, precede il finale, completamente riscritto per il 1865. Nella versione del
1847 l'atto si conclude con un Allegro risoluto cabaletta per Macbeth, Vada in fiamme, impostato nel
primo stampo verdiano anche se con un insolito schema di tonalità minore-maggiore. Nel 1865 il
compositore lo sostituì con un duettino per Macbeth e Lady Macbeth, Ora di morte e di vendetta, in
cui tuttavia, la maggiore sottigliezza dell'articolazione si traduce in una perdita di pura potenza
ritmica. Lady Macbeth, intanto, lo incita a uccidere la moglie e i figli del nobile profugo Macduff
che, insieme a Malcolm, sta radunando in Inghilterra un esercito per muovere contro Macbeth.
Macbeth, rimasto solo, fronteggia l'invasore, ma è ucciso in duello da Macduff, l'uomo che, venuto
al mondo con una sorta di parto cesareo, avvera la seconda parte del vaticinio ("nessun nato di donna
ti nuoce").

ATTO 4.1 Un luogo deserto ai confini dell'Inghilterra e della Scozia


L'esercito invasore giunge segretamente al comando di Malcolm e Macduff. La versione originale
del 1847 del coro di apertura, Patria oppressa, nel suo lamento della patria "perduta", ricorda in
qualche modo i cori "patriottici" che divennero così famosi nelle prime opere di Verdi, sebbene il
modo minore gli dia un colore diverso. La sostituzione del 1865 è uno dei più grandi movimenti corali
del compositore, con sottili dettagli di armonia e ritmo in quasi tutte le battute. Ah, la paterna mano
di Macduff, che segue, è una romanza minore-maggiore convenzionale, e la scena è completata da
una cabaletta come coro, La patria tradita, mentre le truppe di Malcolm si preparano a scendere su
Macbeth. Giunti nei pressi della foresta di Birnam, i soldati raccolgono i rami degli alberi e con questi
avanzano mimetizzati dando l'impressione che l'intera foresta si avanzi (come nella profezia).

4.2 Una stanza nel castello di Macbeth (come 1.2)


La famosa aria del "camminare nel sonno" di Lady Macbeth, Una macchia, è giustamente considerata
una delle più grandi creazioni soliste del giovane Verdi. Preceduta da una suggestiva rappresentazione
strumentale del colpevole peregrinare di Lady Macbeth, l'aria stessa si distingue per la sua struttura
formale e armonica ampliata e, cosa più importante, per un contributo orchestrale meravigliosamente
inventivo. Lady Macbeth, nel sonno, è sopraffatta dal rimorso e muore nel delirio.

4.3 Un'altra stanza nel castello


Una rumorosa introduzione orchestrale conduce all’ Andante sostenuto, un confessionale di Macbeth
Pietà, rispetto, amore, un'efficace aria lenta con alcune sorprendenti modulazioni interne. Conclusa
l'aria, i soldati si precipitano ad annunciare l'apparente avvicinamento del bosco di Birnam; segue una
battaglia orchestrale pseudo-fuga durante la quale Macbeth, rimasto solo, fronteggia l'invasore, ma è
ucciso in duello da Macduff, l'uomo che, venuto al mondo con una sorta di parto cesareo, avvera la
seconda parte del vaticinio ("nessun nato di donna ti nuoce").
Nel 1847 l'opera si concluse con una breve scena melodrammatica per Macbeth, Mel per me piena di
gesti declamatori che richiamano fili motivici del dramma. Per il 1865 Verdi lo sostituì con un Inno
alla Vittoria, Macbeth, Macbeth ov'è', un numero nel suo stile più moderno, con più di un accenno di
Offenbach nei suoi ritmi puntati, e forse anche un accenno di Marsigliese nelle sue battute finali.

Non c'è dubbio che la percezione spesso espressa da Verdi del Macbeth del 1847 come un'opera
particolarmente importante, nobilitata dal suo tema shakespeariano, sia stata quella che ha convertito
con successo in sostanza drammatica. Gran parte dell'opera mostra un'attenzione ai dettagli senza
precedenti nelle opere precedenti. Ciò vale tanto per i numeri "convenzionali", come l'aria di apertura
di Lady Macbeth o il successivo duetto con Macbeth, quanto per esperimenti formali come il duettino
Macbeth-Banquo nel 1° Atto. Inoltre, il nuovo standard stabilito da Macbeth era uno da cui Verdi si
ritirò raramente nelle opere successive.
Le revisioni del 1865 arricchiscono indubbiamente la partitura, fornendo molti dei suoi brani più
efficaci, in particolare La luce langue e il ritornello di apertura del 4° Atto. Chiaramente il senso di
disparità stilistica creata dalle revisioni non riguardava Verdi; infatti, per la maggior parte ha fatto
pochi tentativi per abbinare i numeri di sostituzione con il corpo principale della partitura, producendo
invece brani che sono tra i più armonicamente avanzati della sua successiva carriera. Tale disparità
non dovrebbe preoccuparci: la revisione del 1865 continuerà sicuramente ad essere la versione più
comunemente eseguita di questa magnifica opera.

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