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FELIX MENDELSSOHN (1809-1847)

Figlio di un banchiere ebreo e nipote del filosofo illuminista Moses Mendelssohn, Felix ebbe la sua
educazione musicale con Carl Zelter, consigliere musicale di Goethe, che il giovane poté anche conoscere. A
Berlino ascoltò le lezioni di estetica di Hegel, ed esordì come compositore e direttore d’orchestra, facendosi
promotore tra l’altro della prima esecuzione moderna della Passione secondo Matteo di Bach nel 1829,
facendo poi eseguire anche vari oratori di Handel. Si stabili poi a Lipsia nel 1837, assumendo la carica di
direttore del Gewandhaus nel 1835, e si interessò poi alla fondazione del nuovo conservatorio della città.
Con quell’orchestra si fece interprete tra l’altro dell’ultima sinfonia di Schubert nel ’39 e della Prima e
Seconda di Schumann nel ’41 e nel ’46. Oltre a proporre nuove musiche, propose anche dei concerti
“storici”, con esecuzioni di musiche dell’epoca di Bach e Handel. Ispirati all’arte barocca sono ad esempio i
due oratori, Paulus ed Elijah, che propongono in maniera rinnovata alla luce dell’esperienza romantica la
tradizione ereditata dai musicisti barocchi. L’ispirazione di Mendelssohn è in effetti di stampo molto
classico, a differenza di altri suoi colleghi coetanei come Schumann o Berlioz. Schumann lo definì “il Mozart
del XIX secolo, il più limpido musicista che primo ha viste e riconciliate le contraddizioni dell’epoca”. In
effetti le sue composizioni sono lontane dal demonismo e dalla passionalità romantiche, sono invece molto
equilibrate, eleganti, scritte con misura e regolarità. La vena romantica si può vedere nel descrittivismo
evocativo di alcuni brani, come la sinfonia “Scozzese” o l’ouverture “Le Ebridi”, che richiamano i freddi
paesaggi nordici, oppure nel ricorso al fiabesco delle musiche per” il Sogno di una notte di mezza estate” di
Shakespeare, la cui ouverture fu composta quando l’autore aveva solo 17 anni. Nella musica da camera
spiccano i quartetti per archi, che partono dalla lezione Beethoveniana sviluppandosi però in maniera
personale, oltre ai trii, sonate per violoncello e piano, ecc. Tra le pagine pianistiche si ricordano le Romanze
senza parole, piccoli brani da salotto espressione della cantabilità dell’autore, oltre che a vari brani brevi,
spesso originali e pieni di musicalità leggera . Le cinque sinfonie si discostano invece dagli esempi
beethoveniani per proporre degli esempi di nuova musica, a volte legata ad evocazioni di paesaggi ed
atmosfere, collocando le opere dell’autore fra i primi esempi di “musica poetica”.

ROBERT SCHUMANN (1810-1856)

Da giovane Schumann fu diviso fra la passione per la letteratura e quella per la musica, non decidendosi per
un periodo fra le due carriere. Alla fine prevalse quella di pianista e compositore, ma non rinunciò alla
scrittura, diventando poi direttore di una rivista musicale, i “Nuovi sentieri della musica”, sulla quale scrisse
vari articoli di critica musicale, in particolare sulla nuova generazione romantica di Berlioz e Chopin, ma
anche su Beethoven e Mozart. In questi scritti talvolta egli si sdoppia in due personaggi, Florestano ed
Eusebio, uno impulsivo e focoso e l’altro introverso e malinconico, per dare dei giudizi sulla nuova musica,
ma anche per rappresentare il suo io poetico in alcuni brani per pianoforte, come i Davidsbundlertanze o il
Carnaval, sillogi di pezzi bravi che esprimono al meglio le sensibilità schumanniana, fatta spesso di brevi
illuminazioni. Gran parte delle sue prime opere sono composte per il pianoforte, dato che l’autore pensava
di intraprendere una carriera come pianista, stroncata sul nascere da un incidente che egli stesso si era
procurato. Il matrimonio con Clara Wieck, anch’essa rinomata pianista, gli permise di far eseguire le sue
musiche dalla moglie. Ma la fantasia creatrice di Schumann non si esaurisce col pianoforte, bensì esplora
nuove frontiere anche nel campo del Lied, con le raccolte dei Dichterliebe e dei Liederkreis ad esempio,
oppure nel campo sinfonico, con le quattro sinfonie ampiamente lavorate, e in alcune composizioni vocali e
strumentali, come le Scene dal Faust di Goethe o l’oratorio profano Il Paradiso e la Peri. Senza dimenticare
la produzione cameristica, che annovera almeno due capolavori nel Quartetto e nel Quintetto con
pianoforte. Ricordiamo che contribuì a far scoprire come musicista il giovane Brahms, che rimase legato a
lui e alla moglie da un’affettuosa amicizia.
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HECTOR BERLIOZ (1803-1869)

Colui che viene considerato come il capostipite della generazione romantica dei musicisti francesi è in realtà
un autodidatta e un chitarrista dilettante. Anche lui come compositore muove dalla lezione Beethoveniana
delle sinfonie per assimilarla e trasformarla secondo un gusto descrittivo tipico di certe musiche
romantiche. Nasce così nel 1830 la Symphonie Fantastique, in cinque movimenti e articolata con dei titoli
descrittivi sulla vita dell’artista, in quel periodo innamorato dell’attrice Harriet Smithson. Alla prima
esecuzione fu distribuito in sala un programma con la descrizione di quel che accadeva nei vari movimenti,
un vero prototipo della sinfonia a programma che poi diventerà con Liszt il Poema sinfonico. In effetti le sue
opere risentono sia l’influenza di Beethoven che dei compositori francesi di inizi ‘800, ma ovviamente
opportunamente trasformati secondo una personale poetica che include anche il grandioso e il demoniaco.
Le altre composizioni orchestrali di Berlioz, l’Aroldo in Italia (un’altra sinfonia a programma con la viola
solista), la Sinfonia funebre e trionfale, il Romeo e Giulietta da Shakespeare e la Dannazione di Faust da
Goethe, ambedue con solisti di canto e coro, ci parlano anche degli interessi letterari dell’autore, così come
altri della sua generazione, e dello sperimentalismo che attua in alcune composizioni, che non possono più
essere definite secondo i canoni tradizionali dei brani classici. Anche le opere liriche, dal Benvenuto Cellini
del 1838 che non ebbe alcun successo, al dittico dei Troyens, del 1858, e che non fu mai rappresentato vivo
l’autore, espongono la particolare concezione di Berlioz del melodramma, non articolato secondo i moduli
classici del melodramma all’italiana, ma con una concezione più libera del canto e dell’orchestrazione.
Quest’ultima è uno dei punti di forza dell’autore, che infatti pubblicò un Trattato di orchestrazione che
divenne un modello anche per le generazioni a venire. Contribuì a creare anche il genere della Mélodie, il
parallelo francese del Lied, che sarà poi sviluppata dai successori come Gounod, Duparc e Debussy. Anche
la sua attività come direttore d’orchestra è degna di nota, in quanto contribuì a creare la figura del direttore
virtuoso, che tanta importanza prese poi dalla fine del XIX secolo.

FRYDERYK CHOPIN (1810-1849)

Chopin è un compositore particolare in quanto fonde sia elementi romantici che elementi classici. Nato in
una capitale di provincia e istruito da un padre e maestri anziani e tradizionalisti, Chopin partecipa alle
caratteristiche di due secoli: dal’800 prese lo slancio, la passione, l’introspezione, la concezione emotiva
dell’arte, i legami con la musica popolare, dal 700 il senso critico, la limpidezza della struttura, la chiarezza
dello stile, il rigore formale, il senso della misura. Il contenuto romantico, eroico, intimo, a volte biografico,
è inquadrato da ferrea logica di rigore classico, dominato dalla razionalità, e simile in questo a Mendelssohn
o al pittore Corot. Ma del classicismo respingeva le restrizioni convenzionali,, le simmetrie troppo evidenti,
le ripetizioni meccaniche, cosi come respingeva le espansioni melodiche, gli aspetti più torbidi e deliranti
del romanticismo. All’indipendenza dell’immaginazione si unisce la cura del più minuto particolare,
considerato fondamentale, quanto ogni segno e indicazione dinamica. Lo racconta la Sand nella “Histoire
de ma vie” il tormentato modo di comporre di Chopin. Visse da libero professionista, ma non guadagnò
tanto dai concerti pubblici, relativamente pochi, ma dalle serate musicali nei salotti aristocratici e dell’alta
borghesia, e dagli allievi che vi trovò, l’unico suo vero reddito.
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Chopin fu tra i pianisti più ammirati come virtuoso, da molti (Heine, legouvé, Scudo) anteposto a Liszt e a
Thalberg, e fu principalmente autodidatta. Il primo maestro era più violinista che pianista, e gli dette
un’educazione più musicale che strumentale, cosi come Elsner più tardi con la composizione. Il suo fu un
virtuosismo precoce, soprattutto per la mano destra, e sviluppa la tecnica moderna da una interpretazione
di Clementi, Field, Hummel e anche adattando allo strumento caratteristiche della voce e di altri strumenti.
Chopin si creò anche degli esercizi che lo aiutassero a superare le difficoltà di alcune composizioni, e che
furono all’origine degli Studi. Il suo virtuosismo si basa su grandi arpeggi, estensione laterale delle dita e su
salti audaci, su ampi accordi ribattuti, su un uso personale del pedale, sulla diversa espressione di ogni dito
e sulla espressione della libertà ritmica (il suo famoso “rubato”). Nelle interpretazioni giovanili c’erano
alcuni limiti derivanti dal sentimentalismo esagerato, il compiacimento verso sonorità troppo tenui, una
mancanza di contrasti: dava un’impressione di debolezza più che di delicatezza. Il suo rubato lo mise in
difficoltà nei concerti con orchestra a Vienna nel 29 e a Varsavia. L’equilibrio sarà raggiunto negli anni
parigini . Una sonorità dolce ma che rispondeva all’escursione dinamica fino al forte. Il vertice sonoro c’era,
ma come tale durava poco, come confermano Heller e Mathias. Una esecuzione unica amplificata dai
pianoforti Pleyel, dal suono velato al centro e argentino negli acuti, con una tastiera leggera, da salotto più
che da sala da concerto. Chopin aderisce alla concezione settecentesca della vocalità dell’espressione
strumentale, già derivato da Clementi e da Hummel, e consiglia ai suoi allievi di ascoltare la Pasta, celebre
soprano dell’epoca, per ben cantare le sue melodie, e ai migliori fa studiare canto oltre che il piano. La
libertà ritmica resta estemporanea e fantasiosa, ma resta ancorata al ritmo della mano sinistra che deve
fungere da “Maestro di cappella”, come dice ai suoi allievi. Con l’aggravamento delle condizioni di salute
cambia il modo di suonare, suona per poche persone in genere con sonorità esile; “ancora un po’ e sarebbe
svanito dell’impalpabile, nell’impercettibile” è scritto in un necrologio, e svenne in concerto alla Salle Pleyel
nel 48 tra la prima e la seconda parte. Ma sempre riconduceva alla raffinatezza dell’esecuzione, con delle
incredibili sfumature con le quali compensava la mancante sonorità. Per questo nell’ultima parte della vita
suonò su pianoforti Broadwood, più potenti come sonorità.

FRANZ LISZT (1811/1886)

Nato in Ungheria, si trasferisce per studiare il piano e la composizione prima a Vienna e poi a Parigi, dove
rimarrà per 12 anni. Inizia a dare anche i primi concerti, e la sua fama si diffonde rapidamente, portandolo a
dare tournées in tutta Europa. A Parigi conosce vari musicisti e uomini di cultura, ma soprattutto Paganini,
Berlioz e Chopin furono quelli che maggiormente influenzarono la sua arte. Inizia anche l’attività di
compositore, dapprima di brani per pianoforte come le Années de Pélerinage, e poi dal ’48, anno del
trasferimento a Weimar come maestro di cappella e direttore d’orchestra, anche di opere sinfoniche, come
i poemi sinfonici che lui stesso inventa sulla falsariga della sinfonia a programma berlioziana. In realtà il
poema sinfonico è una sinfonia in un solo movimento, dove sono racchiusi i vari elementi di una sinfonia
classica, ma uniti e ridotti. I titoli che Liszt dà loro riflettono i suoi interessi letterari e culturali, come gran
parte dei suoi contemporanei. Vere e proprie sinfonie, anche se in tre movimenti, sono la Dante
Symphonie, ispirata alla Divina commedia, e la Faust Symphonie, da Goethe, che forse si può considerare il
suo capolavoro sinfonico. Sono ambedue delle sinfonie a programma, e che hanno anche dei richiami
tematici tra un movimento e l’altro, soprattutto nella Faust. A Weimar avrà un ruolo importantissimo nella
diffusione dei suoi colleghi romantici, di cui esegue spesso la prima esecuzione, e in special modo di
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Wagner, che sarà anche suo amico e che diventerà suo genere sposando la figlia di Liszt, Cosima. Se Liszt
portava una grande ammirazione e dette sostegno a Wagner, questi non lo ricambiò in egual modo,
considerando Liszt come compositore in modo più tiepido. In realtà il genio di Liszt come compositore fu
estremamente poliedrico, spaziando dalle innumerevoli opere per pianoforte, tra studi, trascrizioni e brani
originali, a quelle per orchestra, ai lieder con pianoforte alle composizioni sacre con coro o per organo.
Inventò anche la sonata per pianoforte in un solo movimento e con ritorni tematici, la sonata in Si minore,
un unicum nella sua produzione che servirà da esempio anche ai successori. Introdusse altresì vari
particolarità compositive, come le melodie gregoriane armonizzate nello stesso modo, scale per toni interi,
introduzione di quinte vuote e parallele, concatenazioni non funzionali degli accordi, accordi a base di
quarte e quinte sovrapposte, tentativi politonali e atonali, soprattutto negli ultimi brani per pianoforte.
Come compositore non fu particolarmente apprezzato all’epoca, e solo nel ‘900 gli fu riconosciuto il posto
che gli spetta fra i musicisti dell’800.

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