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LUDWIG VAN BEETHOVEN

E’ nato a Bonn il 16 dicembre 1770 ed è


stato un compositore, pianista e direttore
d’orchestra tedesco; fu l’ultimo
rappresentante di rilievo del classicismo
viennese. La sua influenza fu molto
importante per il linguaggio musicale del
XIX secolo e per quelli successivi, tanto da
rappresentare un modello per molti
compositori. Nel catalogo delle
composizioni beethoveniane hanno grande
rilievo la sua produzione cameristica,
quella sinfonica e le opere pianistiche.
Capolavori rimangono anche sue
composizioni sacre, come la Missa
Solemnis , e teatrali, come Fidelio. Il
carattere indipendente di Beethoven si
riflette sul suo modo di comporre.in dicoltà
nella vita quotidiana bidone era a suo agio
solo quando si occupava di musica. In lui la
musica nasceva da uno studio attento e da
lunghe meditazioni. A Bonn aveva
conosciuto il linguaggio degli aetti di
Emanuel Bach dal suo maestro Christian
Gottlob Neefe. Guardava al passato con
molto interesse ed amava Handel e Bach.
Tra i contemporanei prediligeva Cherubini
e preferiva il suo Requiem a quello di
Mozart. Aveva tempi creativi assai lunghi e
alternava fasi molto producenti ad altri
invece più tranquilli. Non essendo a
servizio di alcuno, quindi libero da
contratti, accettava commissioni da nobili
e borghesi ma spesso non rispettava i
tempi di consegna. Lo stile beethoveniano
ha risentito di diverse influenze
innanzitutto quelle dello stile classico
ereditato da Mozart e da Haydn, poi il
contrappunto bachiano, ed in ambito
pianistico fu fondamentale la lezione di
Clementi, la cui tecnica e alla base
pianismo orchestrale beethoveniano.
Elemento centrale è l’approfondimento
delle potenzialità della forma sonata.
Beethoven puntò sulla divaricazione
estrema di temi, con lo scopo di creare un
confronto esasperato. Il dramma della
propria condizione fisica trovava
espressione diretta in una fluidità che dai i
tuoi temi sfociava in lunghi sviluppi ricchi
di contrasti armonici fino all’aermazione, la
ripresa, dei temi di partenza. Una sorta di
“catarsi” attraverso la musica. In campo
armonico, il primo non si staccò dal clima
classico di Haydn e di Mozart, mentre
nell’ultima stagione troviamo un’armonia
più ricca sensibilmente, che accoglie
eccessi cromatici, accordi più complessi e
passi dissonanti. Fondamentali sono le
indicazioni agogiche ed espressive. Le
partiture sono piene di suggerimenti: non
solo classici segni dinamici ma anche
avvertimenti personali come ad esempio
troviamo nel quartetto op. 132. Infine
Beethoven fu tra i primi musicisti ad
adottare le indicazioni metronomiche.
I tre periodi
La produzione beethoveniana è raccolta in
3 blocchi: 32 sonate per pianoforte, 9
sinfonie e 16 quartetti per archi. Con lui i
musicologi tendono a privilegiare uno
studio di tipo cronologico.

1770-1802 “Periodo Giovanile”


Modelli compositivi settecenteschi
soprattutto del classicismo viennese. A
esso appartengono 3 concerti per
pianoforte e orchestra, le prime due
sinfonie e 28 sonate. Predilette sono le
sonorità cupe e atmosfere altamente
espressive. 1803-1814 “Eroico”
Come una nuova “via”, fiducia in
Napoleone; evoluzione della forma sonata;
maggiore cantabilità. Comprende dalla
Terza all’Ottava sinfonia e il Fideli.
E’ chiamato stile Eroico anche perché sono
presenti grandi zone ricche di densa
drammaticità.
1815-1827 “Tardo”
Chiusura parentesi Napoleonica. Il
compositore scopre le forme antiche come
la fuga e la variazione. Comprende la Nona
sinfonia, la Missa Solemnis e la Grosse
Fuge. L’elaborazione di un unico tema
viene portata all'estremo, l’enfasi di queste
opere è altamente lirica ed intende
spostare l’apice delle sequenze dei tempi
sul finale.
Gli anni giovanili
Il nonno, Ludwig, era Kapellmeister e
basso solista alla corte principe elettore. Il
padre, giovane, era di tenore e insegnante
nella stessa cappella; sposò Maria
Maddalena Lehman 12 novembre 1767. il
padre di Beethoven scivola gradualmente
nell’alcolismo che era un male di famiglia
dato che la madre era morta alcolizzato in
un convento. Le cause del bere sono state
individuate dai Biography nella figura
paterna che è stato eccessivamente
autoritario e dominante e soggiogò la
personalità del figlio guidando la bacchetta
anche quando una volta sposato “costruì”
famiglia. Quando il giovane Ludwig fu in
età per studiare musica, il padre gli impose
un'educazione ferrea, quasi una sorta di
vendetta nei confronti del genitore
defunto. Si dice che Ludwig sia stato
educato con eccessiva durezza dal padre
e non trovò un sostegno della madre dato
che quest’ultima si disinteressava dei
propri figli; la sua adolescenza fu solitaria
e di scarso valore intellettivo. La morte la
madre obbliga a Ludwig ad assumere su di
sé il peso della gestione familiare: non solo
la condizione economica, ma anche gli
interventi fuori casa per recuperare il
padre ubriaco e talvolta impedendo
l’arresto. Nella primavera del 1792, si
fermò a Bonn Haydn. Beethoven gli mostrò
una sua cantata egli si dichiarò disponibile
a prenderlo come allievo, così i primi giorni
di novembre, Betthoven, partì per Vienna.
Il padre morì il mese successivo.
A Vienna
Nel 1792 Beethoven si trasferì a Vienna.
Doveva essere un breve soggiorno ma in
realtà divenne la nuova patria del musicista
che a Bonn non fece più ritorno. Lì trovò un
ambiente assai ben disposto nei suoi
confronti, si impose innanzitutto con

il pianista, infatti il pianoforte infatti era lo


strumento con il quale si aerma e si fece
apprezzare diventando una celebrità nella
Vienna nel tempo. Il tempo della vita
rimase un libero professionista che trattava
le commissioni e rapporti con la nobiltà, da
una posizione non di subalterno, ma di
personalità alla pari. Iniziò a studiare con
Haydn ma i due caratteri troppo diversi
loro rapporto è possibile dicile quindi inizio
subito a studiare segretamente con
qualche altro insegnante. I primi 10 anni di
soggiorno a Vienna costruirono un
fondamentale periodo di crescita e
aermazione.la maggior parte le esibizioni
avevano luogo nei palazzi aristocratici. Poi
c’era il concerto pubblico, organizzato dal
concetti sta proprio spese.alla fine della
serata si conteggiavano le uscite (le spese
per realizzare lo spettacolo) e le entrate
(l’incasso delle oerte volontarie che
venivano raccolte) e non sempre il bilancio
era positivo. principali generi in cui spazio
all’attività di Beethoven tra fine Settecento
e inizio Ottocento a Vienna furono, le
sonate per pianoforte, il quartetto d’archi,
la Musica da camera, il concerto e la
sinfonia.
Concerto in re maggiore per violino e
orchestra op. 61
E’ stato composto nel 1806 ed è suddiviso
in tre movimenti
1. Allegro ma non troppo
2. Larghetto (sol maggiore)
3. Rondò: Allegro
Organico: violino solista, flauto, 2 oboi, 2
clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe,
timpani, archi
Beethoven compose il suo unico Concerto
per violino e orchestra nel 1806: esso è
contemporaneo dei tre
Quartetti op. 59 (i «Razumowsky») e della
Quarta Sinfonia, op. 60.
Il primo tempo è insolitamente esteso e,
nell'insieme, questo Concerto è uno dei
suoi lavori solistici più lunghi. In occasione
della prima esecuzione Beethoven dovette
tollerare uno dei tanti arbitri di Clement, il
quale decise di suonare i primi due tempi
nella prima parte, continuare la serata con
un'esibizione virtuosistica e presentare
infine il terzo tempo del Concerto di
Beethoven. Il Concerto per violino è una
delle opere più amate di Beethoven e più
ammirate dai pubblici di tutto il mondo.
Alla generale preferenza contribuisce il
fascino che esercita il lirismo del violino, le
espansioni cantabili e le suggestioni dei
passi virtuosistici. Tra i tanti tratti originali
di questo Concerto c'è il fatto che la prima
battuta con i quattro colpi di timpano serve
da introduzione a tutto il primo movimento
e da “segnale”

tematico. Questo “segnale” è tra i primi


appunti sparsi del lavoro, fissato come
idea a sé, indipendentemente da funzioni
armoniche e costruttive, che in seguito
saranno ben decise ed evidenti. Tutto il
materiale tematico è presentato
dall'orchestra nella consueta dinamica dei
contrasti di carattere (patetico,
drammatico, combattivo) e poi è ripreso ed
elaborato dal violino. Particolarmente
ecace è la debolezza con cui, nello
sviluppo, il violino trasforma il terzo tema,
il più noto e il più cantabile.
Il Larghetto, sol maggiore, è in forma di
Romanza su un tema unico, concepito con
grazia meditativa e con una
strumentazione trasparente, sulla quale il
solista disegna le sue decorazioni.
Il Rondò è l'invenzione più vitale e robusta
di tutto il Concerto. Notevole soprattutto la
dislocazione ritmica del disegno, che
Beethoven sfrutta fino alle ultime
conseguenze, provocando alla fine, nel
fortissimo antecedente le ultime battute,
una specie di vertigine.
La produzione musicale
Gli anni successivi al 1802 Beethoven della
Terza, della Quinta e dell'Appassionata e
dei Quartetti op. 59. Gli anni intermedi
della vita di Beethoven furono anni di lotte
della lotta del musicista con il tempo e la
salute. Di queste lotte la musica è continua
testimonianza. Disperazione e gioia si
attendono in un gioco di grandi tensioni
che alimentano un discorso musicale
basato sul contrasto di temi di natura
dierenti, in molti casi possibili dati e anche
dell’accordo di tonica. Al dinamismo
all’aggressività dei primi tempi, spesso si
pone l’eleganza malinconica dei movimenti
lenti nei quali Beethoven sembra toccare
l’apice del dolore. Da lì si passa ad un
finale molto radioso, come se attraverso il
dolore e la lotta, all’artista fosse pervenuta
la vittoria sulla materia e sul proprio
destino. Sulle sinfonie nei concerti
eccetera si avverte dunque è un respiro
che costituisce il tratto più originale e
innovativo della maturità di Beethoven.
Sonata n. 14 in do#m “Al chiaro di Luna”
Fin dalle prime opere il compositore devia
dal percorso consueto, dimostrando come
si possa, raggiungere comunque una
estrema coerenza stilistica, attraverso la
quale esprimere l’ispirazione subitanea nel
modo più ecace e genuino. Un esempio è
la Sonata in Do diesis minore, op. 27 n. 2;
coesa nella sua concretizzazione, eppure
tanto suggestiva di visioni fantastiche, da
aver confermato

il titolo beethoveniano ‘Sonata quasi una


fantasia’, ed aver meritato, il sottotitolo
editoriale assegnatogli dal poeta romantico
Ludwig Rellstab: Al chiaro di luna.
E’ stata composta nel 1801 mentre venne
pubblicata l’anno successivo. Appartiene
alla transizione tra il primo ed il secondo
periodo dei tre utilizzati per analizzare il
catalogo beethoveniano, ossia il periodo di
passaggio tra l’elaborazione dai modelli del
classicismo ad una scrittura sempre più
personale.
La dedica alla contessa Giulietta Guicciardi
allieva di Beethoven contribuisce, non
poco, a creare quell’alone sentimentale
che ha sempre accompagnato questo
brano.
Beethoven coltivò una vera infatuazione
per questa giovane ragazza aristocratica
che in parte, accettò il suo corteggiamento
pur nella consapevolezza di una
impossibile unione a causa delle dierenze
di età e soprattutto di status come appare
in una lettera di Beethoven ad un suo
amico d’infanzia.
Il titolo allude anche alla mancanza di un
regolare primo movimento che identifichi
con la sua struttura la forma-sonata; al
Chiaro di Luna si apre con un Adagio dal
tema appena accennato e privo di elementi
dialettici.
Movimenti :
1. Adagio sostenuto
2. Allegretto (Re b maggiore)
3. Presto agitato
ruolo, mediante colorazioni armoniche,
fino alla breve coda conclusiva che
prosegue sull’inciso iniziale della melodia,
svolto al basso come un pedale.
L’’Allegretto in Re bemolle maggiore ha il
carattere espressivo di un intermezzo che
sembra rievocare certo stile galante del
Settecento. Nel ritmo della prima parte e
nelle ottave del trio, può pure individuarsi
una intenzione dei motivi comune
Indicativa è l’indicazione originale “si deve
suonare tutto questo pezzo
delicatissimamente e senza sordino” che
allude ad un imprescindibile uso del pedale
di risonanza ma anche ad un particolare
approccio con il tocco. Anche la tonalità è
scelta in funzione dell’eetto timbrico che
deve generarsi. La tripartizione
monotematica di questo lied presenta uno
sviluppo modulante nella parte centrale
che pare quasi ondulare per poi tornare al
proprio

all’Adagio. Sulla delicatezza intimistica


dell’Allegretto sì abbatte infatti, il Presto
agitato in cui si diondono i fremiti
contenuti precedentemente. La struttura di
questa forma-sonata si snoda, su due temi
di chiara incisività e carattere antitetico. Il
primo appare come un’enfasi di quel
misurato arpeggio del primo movimento
che invece ora “si libera” su tutta la
tastiera e si schianta sui corrispettivi
accordali di un moto armonico, anch’esso,
variante dell’incipit; il ponte modulante,
con il suo insistere, sembra una forzatura
del canto fisso dell’Adagio; segue poi il
secondo tema alla dominante minore, dal
profilo più melodico ma altrettanto
inquieto, cui fa da coda un altro elemento
che ribadisce solo gli accordi

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