stato un compositore, pianista e direttore d’orchestra tedesco; fu l’ultimo rappresentante di rilievo del classicismo viennese. La sua influenza fu molto importante per il linguaggio musicale del XIX secolo e per quelli successivi, tanto da rappresentare un modello per molti compositori. Nel catalogo delle composizioni beethoveniane hanno grande rilievo la sua produzione cameristica, quella sinfonica e le opere pianistiche. Capolavori rimangono anche sue composizioni sacre, come la Missa Solemnis , e teatrali, come Fidelio. Il carattere indipendente di Beethoven si riflette sul suo modo di comporre.in dicoltà nella vita quotidiana bidone era a suo agio solo quando si occupava di musica. In lui la musica nasceva da uno studio attento e da lunghe meditazioni. A Bonn aveva conosciuto il linguaggio degli aetti di Emanuel Bach dal suo maestro Christian Gottlob Neefe. Guardava al passato con molto interesse ed amava Handel e Bach. Tra i contemporanei prediligeva Cherubini e preferiva il suo Requiem a quello di Mozart. Aveva tempi creativi assai lunghi e alternava fasi molto producenti ad altri invece più tranquilli. Non essendo a servizio di alcuno, quindi libero da contratti, accettava commissioni da nobili e borghesi ma spesso non rispettava i tempi di consegna. Lo stile beethoveniano ha risentito di diverse influenze innanzitutto quelle dello stile classico ereditato da Mozart e da Haydn, poi il contrappunto bachiano, ed in ambito pianistico fu fondamentale la lezione di Clementi, la cui tecnica e alla base pianismo orchestrale beethoveniano. Elemento centrale è l’approfondimento delle potenzialità della forma sonata. Beethoven puntò sulla divaricazione estrema di temi, con lo scopo di creare un confronto esasperato. Il dramma della propria condizione fisica trovava espressione diretta in una fluidità che dai i tuoi temi sfociava in lunghi sviluppi ricchi di contrasti armonici fino all’aermazione, la ripresa, dei temi di partenza. Una sorta di “catarsi” attraverso la musica. In campo armonico, il primo non si staccò dal clima classico di Haydn e di Mozart, mentre nell’ultima stagione troviamo un’armonia più ricca sensibilmente, che accoglie eccessi cromatici, accordi più complessi e passi dissonanti. Fondamentali sono le indicazioni agogiche ed espressive. Le partiture sono piene di suggerimenti: non solo classici segni dinamici ma anche avvertimenti personali come ad esempio troviamo nel quartetto op. 132. Infine Beethoven fu tra i primi musicisti ad adottare le indicazioni metronomiche. I tre periodi La produzione beethoveniana è raccolta in 3 blocchi: 32 sonate per pianoforte, 9 sinfonie e 16 quartetti per archi. Con lui i musicologi tendono a privilegiare uno studio di tipo cronologico.
1770-1802 “Periodo Giovanile”
Modelli compositivi settecenteschi soprattutto del classicismo viennese. A esso appartengono 3 concerti per pianoforte e orchestra, le prime due sinfonie e 28 sonate. Predilette sono le sonorità cupe e atmosfere altamente espressive. 1803-1814 “Eroico” Come una nuova “via”, fiducia in Napoleone; evoluzione della forma sonata; maggiore cantabilità. Comprende dalla Terza all’Ottava sinfonia e il Fideli. E’ chiamato stile Eroico anche perché sono presenti grandi zone ricche di densa drammaticità. 1815-1827 “Tardo” Chiusura parentesi Napoleonica. Il compositore scopre le forme antiche come la fuga e la variazione. Comprende la Nona sinfonia, la Missa Solemnis e la Grosse Fuge. L’elaborazione di un unico tema viene portata all'estremo, l’enfasi di queste opere è altamente lirica ed intende spostare l’apice delle sequenze dei tempi sul finale. Gli anni giovanili Il nonno, Ludwig, era Kapellmeister e basso solista alla corte principe elettore. Il padre, giovane, era di tenore e insegnante nella stessa cappella; sposò Maria Maddalena Lehman 12 novembre 1767. il padre di Beethoven scivola gradualmente nell’alcolismo che era un male di famiglia dato che la madre era morta alcolizzato in un convento. Le cause del bere sono state individuate dai Biography nella figura paterna che è stato eccessivamente autoritario e dominante e soggiogò la personalità del figlio guidando la bacchetta anche quando una volta sposato “costruì” famiglia. Quando il giovane Ludwig fu in età per studiare musica, il padre gli impose un'educazione ferrea, quasi una sorta di vendetta nei confronti del genitore defunto. Si dice che Ludwig sia stato educato con eccessiva durezza dal padre e non trovò un sostegno della madre dato che quest’ultima si disinteressava dei propri figli; la sua adolescenza fu solitaria e di scarso valore intellettivo. La morte la madre obbliga a Ludwig ad assumere su di sé il peso della gestione familiare: non solo la condizione economica, ma anche gli interventi fuori casa per recuperare il padre ubriaco e talvolta impedendo l’arresto. Nella primavera del 1792, si fermò a Bonn Haydn. Beethoven gli mostrò una sua cantata egli si dichiarò disponibile a prenderlo come allievo, così i primi giorni di novembre, Betthoven, partì per Vienna. Il padre morì il mese successivo. A Vienna Nel 1792 Beethoven si trasferì a Vienna. Doveva essere un breve soggiorno ma in realtà divenne la nuova patria del musicista che a Bonn non fece più ritorno. Lì trovò un ambiente assai ben disposto nei suoi confronti, si impose innanzitutto con
il pianista, infatti il pianoforte infatti era lo
strumento con il quale si aerma e si fece apprezzare diventando una celebrità nella Vienna nel tempo. Il tempo della vita rimase un libero professionista che trattava le commissioni e rapporti con la nobiltà, da una posizione non di subalterno, ma di personalità alla pari. Iniziò a studiare con Haydn ma i due caratteri troppo diversi loro rapporto è possibile dicile quindi inizio subito a studiare segretamente con qualche altro insegnante. I primi 10 anni di soggiorno a Vienna costruirono un fondamentale periodo di crescita e aermazione.la maggior parte le esibizioni avevano luogo nei palazzi aristocratici. Poi c’era il concerto pubblico, organizzato dal concetti sta proprio spese.alla fine della serata si conteggiavano le uscite (le spese per realizzare lo spettacolo) e le entrate (l’incasso delle oerte volontarie che venivano raccolte) e non sempre il bilancio era positivo. principali generi in cui spazio all’attività di Beethoven tra fine Settecento e inizio Ottocento a Vienna furono, le sonate per pianoforte, il quartetto d’archi, la Musica da camera, il concerto e la sinfonia. Concerto in re maggiore per violino e orchestra op. 61 E’ stato composto nel 1806 ed è suddiviso in tre movimenti 1. Allegro ma non troppo 2. Larghetto (sol maggiore) 3. Rondò: Allegro Organico: violino solista, flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi Beethoven compose il suo unico Concerto per violino e orchestra nel 1806: esso è contemporaneo dei tre Quartetti op. 59 (i «Razumowsky») e della Quarta Sinfonia, op. 60. Il primo tempo è insolitamente esteso e, nell'insieme, questo Concerto è uno dei suoi lavori solistici più lunghi. In occasione della prima esecuzione Beethoven dovette tollerare uno dei tanti arbitri di Clement, il quale decise di suonare i primi due tempi nella prima parte, continuare la serata con un'esibizione virtuosistica e presentare infine il terzo tempo del Concerto di Beethoven. Il Concerto per violino è una delle opere più amate di Beethoven e più ammirate dai pubblici di tutto il mondo. Alla generale preferenza contribuisce il fascino che esercita il lirismo del violino, le espansioni cantabili e le suggestioni dei passi virtuosistici. Tra i tanti tratti originali di questo Concerto c'è il fatto che la prima battuta con i quattro colpi di timpano serve da introduzione a tutto il primo movimento e da “segnale”
tematico. Questo “segnale” è tra i primi
appunti sparsi del lavoro, fissato come idea a sé, indipendentemente da funzioni armoniche e costruttive, che in seguito saranno ben decise ed evidenti. Tutto il materiale tematico è presentato dall'orchestra nella consueta dinamica dei contrasti di carattere (patetico, drammatico, combattivo) e poi è ripreso ed elaborato dal violino. Particolarmente ecace è la debolezza con cui, nello sviluppo, il violino trasforma il terzo tema, il più noto e il più cantabile. Il Larghetto, sol maggiore, è in forma di Romanza su un tema unico, concepito con grazia meditativa e con una strumentazione trasparente, sulla quale il solista disegna le sue decorazioni. Il Rondò è l'invenzione più vitale e robusta di tutto il Concerto. Notevole soprattutto la dislocazione ritmica del disegno, che Beethoven sfrutta fino alle ultime conseguenze, provocando alla fine, nel fortissimo antecedente le ultime battute, una specie di vertigine. La produzione musicale Gli anni successivi al 1802 Beethoven della Terza, della Quinta e dell'Appassionata e dei Quartetti op. 59. Gli anni intermedi della vita di Beethoven furono anni di lotte della lotta del musicista con il tempo e la salute. Di queste lotte la musica è continua testimonianza. Disperazione e gioia si attendono in un gioco di grandi tensioni che alimentano un discorso musicale basato sul contrasto di temi di natura dierenti, in molti casi possibili dati e anche dell’accordo di tonica. Al dinamismo all’aggressività dei primi tempi, spesso si pone l’eleganza malinconica dei movimenti lenti nei quali Beethoven sembra toccare l’apice del dolore. Da lì si passa ad un finale molto radioso, come se attraverso il dolore e la lotta, all’artista fosse pervenuta la vittoria sulla materia e sul proprio destino. Sulle sinfonie nei concerti eccetera si avverte dunque è un respiro che costituisce il tratto più originale e innovativo della maturità di Beethoven. Sonata n. 14 in do#m “Al chiaro di Luna” Fin dalle prime opere il compositore devia dal percorso consueto, dimostrando come si possa, raggiungere comunque una estrema coerenza stilistica, attraverso la quale esprimere l’ispirazione subitanea nel modo più ecace e genuino. Un esempio è la Sonata in Do diesis minore, op. 27 n. 2; coesa nella sua concretizzazione, eppure tanto suggestiva di visioni fantastiche, da aver confermato
il titolo beethoveniano ‘Sonata quasi una
fantasia’, ed aver meritato, il sottotitolo editoriale assegnatogli dal poeta romantico Ludwig Rellstab: Al chiaro di luna. E’ stata composta nel 1801 mentre venne pubblicata l’anno successivo. Appartiene alla transizione tra il primo ed il secondo periodo dei tre utilizzati per analizzare il catalogo beethoveniano, ossia il periodo di passaggio tra l’elaborazione dai modelli del classicismo ad una scrittura sempre più personale. La dedica alla contessa Giulietta Guicciardi allieva di Beethoven contribuisce, non poco, a creare quell’alone sentimentale che ha sempre accompagnato questo brano. Beethoven coltivò una vera infatuazione per questa giovane ragazza aristocratica che in parte, accettò il suo corteggiamento pur nella consapevolezza di una impossibile unione a causa delle dierenze di età e soprattutto di status come appare in una lettera di Beethoven ad un suo amico d’infanzia. Il titolo allude anche alla mancanza di un regolare primo movimento che identifichi con la sua struttura la forma-sonata; al Chiaro di Luna si apre con un Adagio dal tema appena accennato e privo di elementi dialettici. Movimenti : 1. Adagio sostenuto 2. Allegretto (Re b maggiore) 3. Presto agitato ruolo, mediante colorazioni armoniche, fino alla breve coda conclusiva che prosegue sull’inciso iniziale della melodia, svolto al basso come un pedale. L’’Allegretto in Re bemolle maggiore ha il carattere espressivo di un intermezzo che sembra rievocare certo stile galante del Settecento. Nel ritmo della prima parte e nelle ottave del trio, può pure individuarsi una intenzione dei motivi comune Indicativa è l’indicazione originale “si deve suonare tutto questo pezzo delicatissimamente e senza sordino” che allude ad un imprescindibile uso del pedale di risonanza ma anche ad un particolare approccio con il tocco. Anche la tonalità è scelta in funzione dell’eetto timbrico che deve generarsi. La tripartizione monotematica di questo lied presenta uno sviluppo modulante nella parte centrale che pare quasi ondulare per poi tornare al proprio
all’Adagio. Sulla delicatezza intimistica
dell’Allegretto sì abbatte infatti, il Presto agitato in cui si diondono i fremiti contenuti precedentemente. La struttura di questa forma-sonata si snoda, su due temi di chiara incisività e carattere antitetico. Il primo appare come un’enfasi di quel misurato arpeggio del primo movimento che invece ora “si libera” su tutta la tastiera e si schianta sui corrispettivi accordali di un moto armonico, anch’esso, variante dell’incipit; il ponte modulante, con il suo insistere, sembra una forzatura del canto fisso dell’Adagio; segue poi il secondo tema alla dominante minore, dal profilo più melodico ma altrettanto inquieto, cui fa da coda un altro elemento che ribadisce solo gli accordi