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F. J. HAYDN; W. A. MOZART; L.

van BEETHOVEN (APPROFONDIMENTI)


Franz Joseph Haydn (1732-1809)
Nel corso del suo lungo periodo creativo Haydn si dedicò contemporaneamente a diversi generi
musicali: musica sacra, opere serie e comiche, cantate, sinfonie, concerti, quartetti d’archi, sonate,
per un totale di circa 1000 composizioni. Come accadrà anche per Beethoven, si può parlare di
Haydn quasi come di un compositore protoromantico, per le forti espressioni ed i chiari contrasti di
melodie. Fu amico di Mozart e maestro di Beethoven. Importantissima fu l’assunzione presso la
famiglia Eszterhàzy (importantissima famiglia viennese) nel 1761. Haydn mirò a creare il modello
classico del quartetto d’archi che sarebbe servito a tutti i suoi contemporanei ed ai posteri. Ogni
quartetto è in 4 movimenti: 1 forma-sonata; 2 cantabile espressivo; 3 minuetto/scherzo; 4 finale
con un motivo orecchiabile, spesso di derivazione popolaresca.
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Il suo sviluppo artistico fu molto facilitato dalla capacità innata che aveva di assimilare ogni tipo di
musica che gli veniva sottoposta. La vita di Mozart si articola in tre fasi fondamentali:
1. 1762-1772: il decennio della prima formazione e della fama di bambino prodigio;
2. 1772-1781: anni dei primi grandi capolavori e del distacco da Salisburgo, sua città natale;
3. 1781-1791: anni della maturità viennese.
Il genere operistico fu il tipo di composizione più “frequentato” da Mozart: scrisse un totale di 22
opere teatrali. Appartengono al filone delle opere serie: “Mitridate, re del Ponto”, “Lucio Silla”, “Il
re pastore”, “Idomeneo”, “La clemenza di Tito”, “Ascanio in Alba”, “Il sogno di Scipione”. Vi sono poi
le opere appartenenti al genere buffo: “La finta semplice”, “La finta giardiniera”, “L’oca del Cairo”,
“Lo sposo deluso” nonché i tre grandi capolavori compiuti in collaborazione con il librettista Lorenzo
da Ponte “Le nozze di Figaro” (1786), “Don Giovanni” (1787) e “Così fan tutte” (1790). Una parte
della produzione teatrale mozartiana è costituita dai lavori in lingua tedesca appartenenti al filone
del Singspiel: “Bastien un Bastienne”, “Die verstellte Gärtnerin”, “Zaide”, “Die Entführung aus dem
Serail” (Il ratto del serraglio del 1782) e “Die Zauberflöte” (Il flauto magico del 1791). Mozart scrisse
le sue partiture operistiche in funzione del cast di cantanti che lo avrebbero rappresentato. Le arie
sono sempre diverse tra loro come struttura perché grande, secondo lui, era la varietà delle
situazioni che si incontravano sulla scena. Per Mozart il librettista doveva seguire le sue volontà e
non viceversa. Con questo modo di pensare Mozart inaugurava un modo compositivo che sarà alla
base di tutta l’opera ottocentesca.
Ludwig van Beethoven (1770-1827)
Il culto, la venerazione per Beethoven nacque in parallelo al nuovo modo di vedere la musica
secondo i teorici romantici: la musica, in particolare quella strumentale, fu ritenuta l’arte più
appropriata ad esprimere l’enorme gamma delle emozioni. Beethoven va considerato come il
musicista più influente del XIX secolo; egli faceva tentativi su tentativi prima di arrivare alla stesura
finale di una composizione. Ognuna delle nove sinfonie, ad esempio, richiese un lungo periodo di
gestazione. Nato a Bonn, in Germania, Beethoven arrivò a Vienna nel 1792 e vi risiedette per tutta
la sua vita. Appena giunto a Vienna riuscì facilmente ad inserirsi nei saloni e nei palazzi aristocratici.
Tra i vari mecenati (van Swieten, Lobkowitz, Waldstein) il più importante fu sicuramente il principe
von Licjnowsky: dal 1800 al 1806 gli concesse un assegno fisso annuo oltre a vari doni personali, con
la clausola che Beethoven non dovesse lasciare Vienna. Il compositore raggiunse un buon grado di
sicurezza economica anche grazie alle vendite e alle ristampe delle sue opere da parte degli editori.
Gli anni tra il 1798 ed il 1804 circa furono i più critici della vita di Beethoven; tale situazione fu
indubbiamente causata da una malattia all’orecchio che lo porterò alla sordità totale nel 1822.
Beethoven utilizzò tutte le forme musicali a lui coeve rimaneggiandole e rendendole nuove, con
maggiore fantasia. Si usa dividere le opere di Beethoven in tre periodi creativi:
1. Primo periodo (1782-1802): costituito dagli anni di Bonn e dai primi anni a Vienna (compone
in questo periodo le prime due sinfonie tre le altre cose);
2. Secondo periodo (1803-1815), chiamato anche periodo “eroico-monumentale” per
l’imponenza delle sue composizioni: appartengono a questo periodo le sinfonie dalla Terza
all’Ottava, l’opera “Fidelio” (sua unica opera), i concerti per pianoforte ed orchestra n°4 e
n°5;
3. Terzo periodo (1806-1826): comprende la Nona sinfonia, la “Missa solemnis”, le ultime 5
sonate per pianoforte.
Nelle opere del primo periodo Beethoven operò cercando di allargare le strutture formali delle
composizioni che aveva ereditato dai suoi predecessori. In questi anni il pianoforte fu lo strumento
che più lo ispirò. Intorno al 1802 Beethoven disse “non sono contento dei lavori scritti finora”.
Caratteristica principale delle opere del secondo periodo è la spinta verso il grandioso ed il
monumentale. Esempio di questa nuova “maniera” di comporre è la Terza sinfonia in Mib+ op. 55
composta tra il 1803 ed il 1804. Il titolo di “Sinfonia Eroica, composta per festeggiare il sovente
arrivo di un grand’Uomo” venne dato nel 1806 quando venne pubblicata a Vienna. L’intento
originale era quello di intitolarla “Bonaparte” per i sentimenti di simpatia che Beethoven nutriva per
il generale francese. Quando però Napoleone nel 1804 si dichiarò Imperatore Beethoven strappò il
frontespizio della sinfonia creando una nuova dedica, stavolta per il principe Lobkowitz. Nel primo
movimento abbiamo una forma-sonata di proporzioni gigantesche. L’impiego di una marcia funebre
al posto del classico movimento lento (il secondo) è da considerarsi come uno dei caratteri principali
di questa sinfonia. In questa sinfonia molti sono gli elementi derivati dal repertorio musicale militare
nato dalla Rivoluzione francese. La Quinta Sinfonia in Do- Op. 67 del 1807 viene considerata come
la sinfonia beethoveniana per eccellenza. Tutto il primo movimento, sempre in forma-sonata, viene
costruito tutto su un ritmo di quattro note. La Sesta sinfonia in Fa+ Op. 68 (definita “Pastorale”) del
1808 è un chiaro esempio di come tutta la composizione sia stata creata su un’unica immagine:
Beethoven vuole qui ritrarre scene pastorali e suggerisce sentimenti nati dall’idillio con la natura.
Ognuno dei 5 movimenti di questa sinfonia reca un titolo descrittivo: 1 “Sentimenti piacevoli evocati
dall’arrivo in campagna”; 2 “Scena presso il ruscello”; 3 “Allegra riunione di contadini”; 4
“Temporale”; “Canto pastorale: rendimento di grazie all’Onnipotente dopo la tempesta”. Con la
Nona sinfonia in Re- Op. 125 (eseguita per la prima volta nel 1824) Beethoven crea un qualcosa che
non aveva precedenti nella storia della musica. Fondamentale novità fu l’inserimento, nel 4
movimento, della voce (coro e solisti). I primi abbozzi della sinfonia risalgono al 1815, ma è solo dal
1822 che l’opera iniziò a prendere davvero forma. Già da tempo Beethoven aveva progettato di
musicare l’ode “An die Freude” di Friedrich Schiller (1786). I primi tre movimenti della Nona
sembrano essere concepiti come preparazione al Finale trionfante del 4° movimento. Il primo tempo
in forma-sonata crea un’atmosfera di attesa, rotta dall’incalzante ritmo del 2° movimento (Scherzo).
Il 3° tempo è la massima espressione della malinconia e della nostalgia beethoveniana. Nuova ed
inconsueta è la struttura del Finale (4° movimento): all’inizio i legni intonano i temi dei movimenti
precedenti, inframmezzati da recitativi di violoncelli e contrabbassi. Successivamente il baritono
solista intona un’invocazione ad ascoltare melodie più gioiose. A quel punto sentiamo gli archi che
eseguono la melodia principale dell’Inno alla Gioia, subito dopo cantata dai solisti e dal coro fino
alla trionfale chiusura della Sinfonia.

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