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Dispensa N.

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LA PRODUZIONE SINFONICA
DI BEETHOVEN
NEI SUOI ‘TRE STILI’
( Parte Prima )

“Prendete lo spirito di Mozart dalle mani di Haydn”: è il celebre vaticinio


con cui il conte Waldstein propiziò l’incontro a Bonn nel 1792 tra il giovanissimo
(poco più che ventenne) Ludwig van Beethoven ed il vecchio Haydn, un’autorità
indiscussa ormai in campo musicale, reduce da una fortunata tournée londinese e
di stanza in quei giorni nella città renana per una breve sosta lungo il viaggio verso
casa. Dopo pochi mesi, il giovane Beethoven seguirà a Vienna il “padre” del
classicismo viennese per approfondire con lui gli studi in campo strumentale,dando
inizio a quella strepitosa carriera che lo accrediterà come il più grande compositore
di tutti i tempi.

Il significato dell’aneddoto sopra citato, riportato in tutte le biografie


beethoveniane, trova conferma anche nel saggio di Wilhelm von Lenz, Beethoven
e i suoi tre stili, che articola il catalogo dell’artista in tre fasi creative,corrispondenti
ognuna ad uno ‘stile’ specifico:

- Il primo stile (sino al 1800) caratterizzante la fase dell’imitazione, nel segno


cioè degli augusti predecessori Haydn e Mozart. Denotano questo stile
la Prima Sinfonia in Do Maggiore, i Quartetti Op.18, i primi due Concerti e
le prime Sonate per pianoforte (sino alla‘Patetica’),il Settimino per archi e fiati,
il ciclo liederistico “Adelaide”.
- Il secondo stile (dal 1800 al 1815) caratterizzante la fase dell’estrinsecazione,
con capolavori di assoluta originalità. Nella produzione sinfonica , ricordiamo
la Terza Sinfonia in Mi bemolle Maggiore (Eroica), a cui fanno corona la
Seconda in Re Maggiore e la Quarta in Si bemolle Maggiore; il monumento
di alto pathos della Quinta Sinfonia in do minore; la serena e contemplativa
Sesta Sinfonia in Fa Maggiore (Pastorale); la Settima Sinfonia in La Maggiore
prediletta da Wagner, che la definì “l’apoteosi della danza”; l’Ottava Sinfonia
in Si bemolle, “piccola” rispetto ai monumenti adiacenti ma di perfette
proporzioni. Nel repertorio pianistico, le Sonate (Nr. 14 -27) proseguono il
diario intimo avviato dall’Autore nel decennio precedente: ad esse si
aggiungono i Concerti solistici Nr. 3 - 4 - 5 (Imperatore). Al ‘secondo stile’
appartengono pure il meraviglioso Concerto per violino in Re Maggiore,
il Triplo (per vl/ vc/ pf) in Do, le 10 Sonate per violino e pianoforte e le
5 Sonate per violoncello, a cui si aggiungono i due cicli di variazioni su temi
mozartiani del Flauto magico, i Trii per archi e i 3 Quartetti Razumowsky,
le ouvertures sinfoniche Egmont, Coriolano, La battaglia di Wellington,
Le rovine di Atene, La consacrazione della casa, l’oratorio Cristo sul Monte
degli Ulivi ed il ‘Singspiel’ Fidelio.
- Il terzo stile (che copre l’ultimo decennio creativo 1816-26) caratterizza
invece la fase della riflessione, che si qualifica come superamento dei modelli
classici ed elaborazione di una nuova poetica musicale in linea col mutato
clima spirituale vissuto dall’artista. Denotano il terzo stile la Missa solemnis,
la Nona Sinfonia in re minore, le ultime cinque sonate per pianoforte
(Nr.28-32) e gli ultimi quartetti per archi con la Grande fuga.
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L’articolazione del von Lenz, che a taluni studiosi è parsa approssimativa e
semplicistica, è stata comunque universalmente accettata e in effetti trova
puntuale riscontro all’ascolto e all’analisi.

AUDIZIONE: L.van Beethoven, Sinfonia N. 1 in Do Maggiore Op.21


I Adagio molto - Allegro con brio
II Andante cantabile con moto
III Minuetto - Trio
IV Allegro molto

Composta nel 1799,la Sinfonia N.1 in Do Maggiore fu eseguita nell’aprile 1800 a


Vienna con dedica al barone vanSwieten(che già conosciamo per il sodalizio stretto
sin dagli anni Ottanta con Haydn e Mozart, all’insegna della passione per la musica e
della comune fede massonica). E’ definita dall’Autore “Grande Sinfonia”, con un
organico che prevede la famiglia dei legni al completo, 2 corni e 2 trombe, timpani e
archi. Tributo all’arte di Haydn e Mozart, è come tale esemplificativa del‘primo stile’
beethoveniano:

- l’assetto strutturale è ossequioso del principio della forma-sonata:


il I movimento Allegro con brio (preceduto da 12 battute dell’Adagio molto)
è un rigoroso ‘allegro di sonata’, ma al principio bitematico/tripartito
si uniformano anche il II movimento (Andante cantabile con moto) ed il finale
(Allegro molto);
- la sezione dello sviluppo si mantiene ancora nelle proporzioni tradizionali;
- l’Andante non è scevro da movenze salottiere di gusto rococò, molto lontano
da quella tipologia di Adagio concepito come mezzo di lirica introspezione,
quale si evidenzia già nelle coeve sonate per pianoforte;
- il terzo movimento mantiene in vigore l’antico Minuetto che, per carattere
espressivo, è tuttavia prossimo all’avvento dello Scherzo con Trio.
Ciononostante, non mancano sin dalla Prima Sinfonia elementi prodromici di
quell’”eroica protervia”, come Busoni ebbe a definire la cifra stilistica della maturità
di Beethoven, quali ad esempio:

- l’originale “attacco” in sforzando dell’introduzione (Adagio molto):


- l’evidenza tematica delle due idee principali, modellate secondo i rapporti
armonici di prammatica;
- l’energia nuova che ricorre a contrasti dinamici, ff, sf, accordi strappati, anche
se indubbiamente ancora lontana pare quella tensione drammatica che sarà
specifica dei capolavori sinfonici della maturità;
- il nuovo ruolo dei fiati (non di semplice “mastice”, come nelle sinfonie
giovanili di Haydn e Mozart) che inaugura il cosiddetto ‘stile spezzato’.

Beethoven è consacrato con questa sinfonia musicista alla moda,


conquistandosi la scena europea.

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AUDIZIONE: L.van Beethoven, Sinfonia N.3 in Mi bemolle Maggiore Op.55 (Eroica)

I Allegro con brio (in forma-sonata)


II Marcia funebre (Adagio assai in forma di Marcia: Marcia-Trio-Ripresa-Coda)
III Scherzo (Allegro vivace)
IV Finale (Allegro molto): libera forma con variazioni, con brevi passaggi
intercalati e sviluppi fugati.

Iniziata nel 1801, la Terza Sinfonia fu completata nell’estate del 1804,


inaugurando così quella prassi compositiva destinata a diventare norma nella
maturità e caratterizzata da lunga gestazione, instancabile lavoro di lima, rovello
interiore, macerazione spirituale e fisica. Una concezione insomma moderna del
comporre, lontana ormai dalle consuetudini della passata tradizione legata alla
committenza e alla sudditanza nei confronti di un mecenate.

Per la prima volta nella scrittura sinfonica beethoveniana si palesa qui


pienamente la personalità dell’artista che si erge a demiurgo, eroe, infiammato
non solo dagli ideali illuministici della rivoluzione francese ma anche dalle
aspirazioni, dai conflitti di ogni tempo e di ogni uomo. Animato dalla volontà di
rendere omaggio a Napoleone, a quel tempo primo Console della Repubblica
francese (che, come tale, incarnava quegli ideali di liberté, égalité, fraternité in cui
il giovane Beethoven credeva fermamente), possiamo immaginare quale dovette
essere la delusione dell’artista alla notizia che il suo idolo si era autoproclamato
imperatore! Lo sbigottimento e la reazione piccata sono testimoniate da Anton
Schindler, segretario e primo biografo di Beethoven:

“Ist er auch nicht anders wie ein gewöhnlicher Mensch!


Nun wird er auch alle Menschenrechte mit Füβen treten, nur seinem Ehrgeize
zu fröhnen: er wird sich nun höher wie alle andern stellen, ein Tyrann werden!“
(„Ma allora è come tutti gli altri! Ora sarà pronto a calpestare tutti i diritti
umani, soltanto per compiacere la sua sete di grandezza: vorrà porsi al di
sopra di tutti, diventerà un tiranno!“)

Strappato il frontespizio della partitura con la dedica originale Sinfonia


Bonaparte, Beethoven lo gettò al fuoco (l’autografo con la dedica lacerata reca
ancora traccia della primitiva volontà di omaggio verso colui che incarnava gli ideali
repubblicani), indirizzando la creazione ad un eroe futuro, all’indeterminato
“sovvenire di un grand’uomo”.

Sintesi delle innovazioni stilistiche:

- dilatazione della struttura formale (superata solo dalla Nona Sinfonia!)


- accentuazione del contrasto tematico;
- scavo nell’energia propulsiva del principio della forma-sonata;
- adozione dello ‘stile spezzato’;
- emancipazione della dissonanza (si confronti l’episodio degli accordi strappati
in sincopato, nella sezione dello sviluppo del primo movimento).

AUDIZIONE: L.van Beethoven, Sinfonia N.5 in do minore Op.67


I Allegro con brio
II Andante con moto
III Allegro
IV Allegro

La Quinta Sinfonia in do minore è considerata ‘il paradigma’ del sinfonismo


beethoveniano. Vi trova esemplare espressione quel titanismo prometeico
caratteristico del ‘secondo stile’: qui l’artista si erge a titano, novello Prometeo
nell’atto di sottrarre il sacro fuoco alle divinità con un gesto di hybris, di sfida
inaudita ed estrema. Nel primo movimento (Allegro con brio), in particolare,
si esprime quella dialettica degli opposti modellati secondo i princìpi della filosofia di
Kant (esposti nei Fondamenti metafisici della scienza della natura) e riverberato dai
due poli che governano la struttura della forma-sonata.

Nel ritmo di 2/4 e nella tonalità di do minore cupa e carica di pathos, il primo
tema è scolpito senza preamboli (battuta 1), omoritmicamente e in ff , da archi e
clarinetti che si impennano per due volte su una‘corona’: non è questa una semplice
idea tematica, ma un vero ‘gesto sinfonico’: il principio dionisiaco, le forze cieche
del destino, il baratro delle forze oscure dell’irrazionale. L’unica luce d’amore
in questo scatenamento di forze avverse si palesa (battuta 63) - rispettando
l’ortodossia dei rapporti armonici- in Mi bemolle Maggiore (“immer Mi Bemoll!”,
soleva ripetere Beethoven) e sommessamente (piano e dolce) nella linea dei violini
primi, per poi essere subito rifratta dai legni secondo il procedere dello ‘stile
spezzato’. Sono, questi, i due princìpi antitetici dionisiaco ed apollineo, o
- secondo la definizione dell’Autore che ne sottolinea il valore paradigmatico –
männlich und weiblich (rispettivamente, l’elemento ‘maschile e femminile’):
l’uno incisivo, rude, assertivo; l’altro dolce, lirico, affettuoso. Su di essi si dipana
la sezione centrale dello sviluppo: si tratta di un episodio conciso, essenziale (niente
a che vedere con la ridondanza dello sviluppo dell’Allegro con brio dell’Eroica!),
in cui la continuità della serrata dialettica bitematica è spezzata soltanto (batt. 196
e sgg.) da un passaggio esitante di accordi alternati a silenzi: quasi un angoscioso
ripiegamento sulle ombre del dubbio e del mistero. Segue la sezione della ripresa,
precipitosa, che porta all’inesorabile coda.

La concezione agonistica dell’Allegro con brio, giocato come un dramma sul


contrasto dell’intrigo tra le figure del protagonista e del deuteragonista, trova
la sua agnizione (vale a dire la sua risoluzione, il suo svelamento) in modo
inaspettato e differito soltanto nel movimento conclusivo della sinfonia (Allegro).
In un luminosissimo Do Maggiore e con un organico rimpolpato dall’aggiunta di
ottavino, controfagotto, 3 tromboni, l’orchestra si dispone a ‘tre fuochi’ (legni;
ottoni e timpani; archi): è questo un tipo di scrittura che richiama alla mente la
festosa Feuerwerkmusik di Händel: una tra le tante partiture händeliane che
avevano suscitato l’entusiasmo di Beethoven grazie al recupero filologico dei grandi
compositori del Barocco operato nel milieu del barone van Swieten. E’ la grande
fanfara dell’Allegro finale, che segna la vittoria della ragione, della verità, della
libertà sulle oscure forze del fato. E’ il trionfo della luce della coscienza razionale,
per il quale nessuna orchestra deve sembrare troppo possente, e nessuna sala da
concerto troppo vasta.

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AUDIZIONE: L.van Beethoven, Sinfonia N.6 in Fa Maggiore (Pastorale) Op.68

I Risveglio di piacevoli sensazioni all’arrivo in campagna (Allegro ma non troppo)


II Presso il ruscello (Andante molto mosso)
III Gioiosa brigata campestre (Allegro)
IV Temporale (Allegro)
V Canto del pastore. Sentimenti di letizia e gratitudine dopo la tempesta (Allegretto)

Un’orazione panteistica è stata definita la Sesta Sinfonia in Fa Maggiore di


Beethoven: l’antitesi della Quinta. Nella Sinfonia in do minore dominano l’alto
pathos, la concezione agonistica degli opposti, lo spirito pugnace di chi non si
arrende al destino. Nella Sesta viceversa quella volontà combattiva si placa nella
serena contemplazione della natura, sede propizia per ascoltare voci profonde che
rimandano a una dimenzione ‘altra’: nella natura l’io scopre l’altro da sé, qui trova
compimento l’aspirazione a ricomporre l’Uno-Tutto, qui si svela l’armonia cosmica.
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La Pastorale non è tuttavia un semplice affresco descrittivo, come


parrebbe ad un ascolto superficiale. Certo, ci sono le didascalie prescritte
dall’Autore per ogni movimento e numerosi ed innegabili sono gli indugi alla pittura
sonora. L’episodio Presso il ruscello, in particolare, risuona di musica d’uccelli e si
conclude con l’assolo di flauto, oboe e clarinetto che - come si legge espressamente
sulle linee rispettive in partitura- danno vita al poetico concento di usignolo, quaglia
e cucù. Anche l’allegra bisboccia di contadini nel terzo movimento non manca
d’intenti figurativi con il suo ritmo di rustica danza popolare. L’episodio del
Temporale poi è stupefacente quadro realistico dello scatenamento delle forze
naturali che, senza soluzione di continuità, conduce all’ultimo movimento pervaso
dal sentimento religioso di letizia per la tempesta passata: lo testimonia anche un
appunto del Maestro su uno schizzo preparatorio:
Ausdruck des Dankes, Herr, wir danken Dir!
Espressione di gratitudine: Signore, Ti ringraziamo!

Beethoven stesso però - per fugare ogni fraintendimento - appose sul frontespizio
della prima edizione a stampa la seguente postilla:
“Sinfonia Pastorale, ricordo di vita campestre: suggestioni, impressioni
piuttosto che illustrazione sonora”.
Dunque non una pagina musicale ‘di carattere’, di puro intento descrittivo, di cui la
storia della musica è peraltro affollatissima (un unico esempio: le Stagioni di Vivaldi):
piuttosto una creazione dall’afflato panteistico, un inno al bosco come solo
Beethoven sapeva intonare (lui, instancabile frequentatore del Wiener Wald,
i ‘sacri’ dintorni boschivi di Vienna), sottolineandone l’aura religiosa.
“Quando sono solo, non mi sento mai solo” - diceva spesso: è il silenzio
invocato della conversazione interiore che ci restituisce la pace e ci salva dalla
tirannia della realtà quotidiana, come leggiamo anche ne La tregua di Primo Levi:
”La foresta ci offriva il dono inestimabile della solitudine”.
Dal punto di vista strutturale, il coefficiente di ‘musica a programma’ finisce,
in ogni caso,di condizionare anche la forma.In luogo dei 4 movimenti di prammatica,
la sinfonia si articola in 5 movimenti, tra cui il quarto (Temporale) in forma libera
può essere considerato il prototipo del poema sinfonico di concezione romantica.
Il rigoroso principio bitematico/tripartito modella invece i primi due movimenti,
il III è uno Scherzo con Trio, mentre il V movimento è in forma-sonata con Rondò.
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°°°°° segue °°°°°

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