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IL TARDO ROMANTICISMO E LA SINFONIA: BRAHMS, BRUCKNER, MAHLER

JOHANNES BRAHMS (1833-1897)

I cambiamenti che abbiamo visto prodursi nel campo del melodramma con Wagner e con la musica
orchestrale e strumentale con Debussy hanno anche un loro percorso nel campo della sinfonia tardo
ottocentesca e dei primi del ‘900. Il genere della sinfonia in effetti è quello forse più legato alla tradizione,
soprattutto di stampo Beethoveniano, e in effetti poi nel corso del ‘900 verrà praticato in misura minore
rispetto ad altri generi musicali, probabilmente proprio perché molto legato alla tradizione classica. Non è
un caso infatti che proprio Johannes Brahms, forse l’ultimo grande rappresentante del romanticismo
occidentale, è legato a filo doppio con la tradizione beethoveniana, sia anche uno dei più grandi
compositori di sinfonie di fine ‘800, anche se ne ha composte solo quattro. La prima sinfonia del 1876 viene
completata quando l’autore ha già 43 anni, e dopo un lungo periodo di gestazione, dopo che gli abbozzi
erano già conosciuti dalla cerchia di amici che aspettava questa sinfonia da anni ormai. Già dai primi ascolti
si notò l’apparentamento con Beethoven, soprattutto della Nona sinfonia, e infatti essa fu denominata
quasi subito con l’appellativo di “Decima di Beethoven”. Inoltre, proprio nel finale il tema dei violoncelli
ricorda in maniera evidente il tema dell’Inno alla gioia. Il fatto che Brahms sia arrivato così tardi al mondo
della sinfonia ci fa capire l’importanza che egli attribuiva a questo genere, e della responsabilità che aveva
nel trasmettere l’eredità classica. La seconda sinfonia, più elegiaca e pastorale, e la terza, di nuovo
romantica nel linguaggio adoperato, continuano l’esplorazione dell’autore nel campo sinfonico. Ma è con la
quarta sinfonia del 1885 che Brahms pone il suggello a questo genere e apre nuove prospettive.

QUARTA SINFONIA (1885)

E’ una sinfonia dai tratti seriosi e malinconici, che preannuncia il carattere autunnale delle ultime opere, e
che inoltre è permeata dello spirito della ciaccona, alla maniera di Bach. La malinconia è pure evidenziata
dalla scelta della tonalità di Mi minore, generalmente poco usata dai compositori di sinfonie, come un po’
velata. Il primo movimento è un “Allegro non troppo” in mi minore, in 4/4, e costruito in forma sonata con
due temi principali e quattro idee secondarie. Lo spirito della ciaccona è già presente qui, e pare voler
soppiantare quello della sinfonia. E’ presente per il fatto che le idee secondarie mostrano di essere dedotte
dal primo tema principale, e per come ritorna il primo tema, per come viene distribuito e trasformato nel
corso del brano. Il secondo tema ha un ruolo assai meno importante, viene solamente esposto e ripreso.
Nell’esposizione viene presentato subito il primo tema, esitante e un po’ lamentoso, che dominerà l’intero
primo movimento, e che ha tutti i caratteri di un tema di ciaccona. E’ seguito da una prima idea secondaria,
che ne è un diretto derivato, e che sembra porsi come una risposta. Riappare il primo tema, ed è seguito
dalle quattro idee secondarie, con la quarta come frase melodica esposta dai violoncelli e corni, e poi
ripresa dai violini. Un ponte introduce il secondo tema, una frase melodica esposta dai legni e dai corni, e
che ricorda il tema iniziale. Lo sviluppo ricorda il ruolo predominante del primo tema, con le sue idee
secondarie. La ripresa è simmetrica all’esposizione, con una riesposizione del primo tema con gli intervalli
rovesciati, alla maniera di Bach. Il secondo movimento è un “Andante moderato” in mi maggiore, in 6/8,
costruito su due temi principali, un brano malinconico e tenero, ma costruito con grande rigore formale, in
cui appare sempre lo spirito della ciaccona, ma più impalpabile, soprattutto nel ritmo del primo tema che
riappare varie volte. IL terzo movimento è un “Allegro giocoso” in do maggiore e in 2/4 che in teoria
sarebbe uno scherzo, ma in realtà è costruito in forma sonata; il carattere del scherzo è però determinato
dal tono giocoso e tumultuoso. Il quarto movimento è il coronamento di quanto precede, i primi tre
movimenti sembrano convergere verso l’ultimo, una vera e propria ciaccona in mi minore, in ¾ e poi in 3/2,
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costruita su un motivo ostinato di otto note esposto fin dal principio alla parte superiore. Un materiale
tematico volutamente semplice ma che si presta particolarmente alla variazione. Il tema iniziale viene
utilizzato trentuno volte di fila, con una coda e quattro variazioni supplementari, in cui il tema viene
trattato più liberamente e allargato. Le variazioni sono disposte in quattro episodi successivi e una coda.
Brahms con questa sinfonia riconcepisce la forma sinfonica riallacciandosi a Bach da un lato e dall’altro
esplorando nuove possibilità costruttive.

ANTON BRUCKNER (1824-1896)

Il contemporaneo Anton Bruckner si muove anch’egli nell’ambito della grande tradizione sinfonica
ottocentesca, da Schubert e Mendelssohn passando da Liszt, ma con l’aggiunta di elementi sacri derivanti
da messe e corali, e con sullo sfondo una grande ammirazione per l’arte di Wagner da lui venerato, ma che
non riconobbe il suo talento. Le origini umili del compositore e le sua fede, unite ad una salda moralità e ad
una sincera sensibilità, si riscontrano negli esiti particolari delle sue sinfonie, dove la grandiosità e il lirismo
si alternano in maniera molto peculiare. Anche in Bruckner possiamo riscontrare una ricerca di nuove
possibilità espressive e costruttive, soprattutto nelle tre ultime sinfonie. Ad esempio la settima sinfonia
inizia con un movimento lento e meditativo in cui il tema ascendente dei violoncelli appare aureolato dal
tremolo dei violini, e il successivo allegro in forma sonata propone tre temi anziché i due canonici, con degli
ampi spazi lirici. La costruzione per blocchi contrapposti è particolarmente evidente nel primo movimento,
ed è caratteristica dello stile bruckneriano. Il secondo movimento, composto sotto l’impressione della
malattia e della morte di Wagner, è eminentemente lirico, e si svolge su tre variazioni successive del tema
principale, e che culminano in un episodio in FF. E’ una musica molto interiorizzata, in cui l’elemento lirico
tende a prevalere e a far passare in secondo piano le esigenze costruttive, così da far sembrare alcuni
movimenti come sgorganti da un io interiore più che costruiti secondo i criteri classici della sinfonia
ottocentesca. Siamo ormai al declino delle forme classiche e al giungere di nuove esigenze espressive e
costruttive della musica strumentale.

GUSTAV MAHLER (1860-1911)

Mahler era principalmente considerato in vita come direttore d’orchestra o di poco successivi ne avevano
già intuito la grandezza. Egli in effetti mette in scena, soprattutto nelle sinfonie, le contraddizioni e
aspirazioni e sofferenze dell’uomo moderno, diviso fra slanci idealistici e momenti più terreni e a volte
grotteschi. Non è un caso che egli abbia scelto la sinfonia come tipo di composizione privilegiata, perché
comunque legata alla tradizione classica in cui Mahler credeva e si riconosceva, e ai valori di civiltà e
umanità che essa rappresentava nella cultura ottocentesca. Il suo sinfonismo si alimenta anche di un
diffuso panteismo e che tende a fare della musica un Naturlaut (una voce della natura). In questa
prospettiva la sinfonia diventa mimesi dell’universo sonoro, a cui serve uno strumento poderoso e duttile.
Ciò spiega gli organici spesso smisurati delle composizioni mahleriane, a cui il compositore affida i suoi
complessi messaggi. I riferimenti al mondo della Natura e alle sue voci sono particolarmente evidenti nelle
prima quattro sinfonie, mentre dalla quinta i poi subentrano dei messaggi di stampo più personale, per
arrivare al soggettivismo a volte desolato del Canto della Terra e della Nona sinfonia.
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Le distanze psicologiche che separano gli orizzonti lontani vengono attraversate con una rapidità e
disinvoltura in cui si coglie la traccia della nuova mobilità resa possibile dai moderni mezzi di trasporto e
comunicazione. I connotati del mondo moderno filtrano quindi nell’edificio delle sinfonie di Mahler
introducendovi una tensione critica e uno stravolgimento ideologico che finisce col rendere ambiguo e
talvolta indecifrabile il significato dei vocaboli, insicure e contraddittorie le articolazioni sintattiche. I temi
dei singoli movimenti spesso sono belli ma anche formulati in funzione del’intera frase, dell’intero
movimento. Posseggono quindi anche valenze psicologiche che li rendono atti a travestimenti, evoluzioni
ed agganci impensabili; si è parlato di “temi-personaggi”, che hanno anche una funzione quasi teatrale.

SESTA SINFONIA (1903-1904)

Si comincia col ricordo di «quell'estate [del 1904 nella quiete di Maiernigg sul Wörthersee] bella, felice,
senza conflitti. Alla fine delle vacanze Mahler mi suonò la Sesta Sinfonia, ormai completa. Dovevo rendermi
libera da tutti i lavori di casa, aver molto tempo a disposizione per lui. Salivamo di nuovo a braccetto nella
sua casupola nel bosco, dove eravamo sicuri di non esser disturbati, in mezzo agli alberi. Tutto ciò si
svolgeva sempre con grande solennità». All'idillio segue l'autocelebrazione, con un'inattesa oscura
premonizione molto "casa Mahler" (e par di leggere davvero il copione di una tragedia antica): «Dopo aver
abbozzato il primo tempo, Mahler era sceso dal bosco e aveva detto: "Ho tentato di fissare il tuo carattere
in un tema - non so se mi è riuscito. Ma devi lasciarmi fare". È il grande tema pieno di slancio del primo
tempo della Sesta Sinfonia. Nel terzo tempo [in realtà secondo, lo Scherzo] descrive i giochi senza ritmo
delle bambine che corrono traballando nella rena. È spaventoso: le voci infantili diventano sempre più
tragiche, e alla fine non resta che una vocina lamentosa che va spegnendosi. Nell'ultimo tempo descrive se
stesso e la sua fine o, come ha detto più tardi, quella del suo eroe. "L'eroe che viene colpito tre volte dal
destino, il terzo colpo lo abbatte, come un albero"».

L'idea che sta alla base della Sesta Sinfonia - ma sarebbe meglio dire che Mahler vi "mette in scena"
un dramma universale personalizzandolo, proprio come fa la tragedia classica quando incarna in
personaggi conflitti ideali - è di natura paradossale: essa risponde all'intenzione di costringere un
disegno drammatico generale fortemente individualizzato a realizzarsi nelle forme di una Sinfonia
tradizionale in quattro movimenti. Una Sinfonia in quattro movimenti è inevitabilmente legata a
schemi e simmetrie più compatti rispetto a un ciclo in cinque o sei parti: e Mahler l'adotta proprio
per dare unità e compattezza a un programma interiore che, pur nelle sue intermittenze, si presenta
con un carattere grandiosamente monotematico. Tutta la Sinfonia, con la parziale eccezione dello
Scherzo, si dipana in tempo binario, in una scansione serrata, marcata, quasi martellata: ritmo di
marcia che, nella sua inesorabile brutalità, sembra voler affermare qualcosa di ineluttabile, alla
stregua di un'idea fissa. Di solito Mahler rifugge dall'idea fissa per mostrare piuttosto, del suo
mondo, gli aspetti più variegati e contrastanti, tra paesaggi della natura e dell'anima, esaltazioni e
depressioni, luci e ombre: qui essa diviene invece il motore stesso della Sinfonia.

Volendo racchiudere questo programma in una formula, si potrebbe parlare, citando l'autore, di una
«lotta dell'uomo contro il destino»: una lotta che annulla la carica ideale, di forza positiva e
autoaffermativa, dell'umanesimo eroico beethoveniano per ribaltarsi in corsa verso l'annientamento
totale, in tremenda catastrofe cosmica senza palingenesi. E proprio qui sta il cuore del paradosso,
della sfida: per realizzare questo assillo in modo incontrovertibile Mahler si sottomette alla prova di
forza della Sinfonia tradizionale, rispettandone in principio gli equilibri, stabilendo collegamenti
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armonici e tematici tra i tempi esterni e usando i tempi centrali in funzione di questi, per far risaltare
ancor più l'evidenza della dimostrazione. Solo che la prospettiva di fondo è diametralmente
rovesciata: il colossale edificio sinfonico punta a un approdo lucidamente negativo, non costruisce
un sistema di valori che si affermino nella saldezza della forma organica ma al contrario
progressivamente li dissolve in una furiosa, allucinante danza macabra, per lasciar da ultimo posto
alle macerie di una terribile disfatta. È il buio che si annuncia, i cui echi fantasmatici risuoneranno
negli appelli strazianti e nelle spettrali apparizioni della lunga notte della Settima Sinfonia.

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