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TRA OTTOCENTO E NOVECENTO

Area tedesca

Gustav Mahler - Compositore e direttore d'orchestra austriaco (Kaliště, Boemia, 1860 - Vienna
1911). Studiò a Vienna, viaggiò molto per dirigere orchestre in prestigiosi teatri e visse in varie
città, tra cui a Kassel, Praga, Lipsia, Budapest, Amburgo e di nuovo Vienna, dove trascorse gli
ultimi anni con viaggi anche negli Stati Uniti e soggiorni a Dobbiaco in alta val Pusteria (qui scrisse
la nona sinfonia, e l’adagio della decima). Sensibile interprete di un mondo in crisi e prossimo
alla dissoluzione, M. portò il linguaggio romantico a uno sviluppo estremo, aprendo la strada alla
musica del Novecento. Artista dalla personalità problematica, come direttore d'orchestra raggiunse
in vita una fama straordinaria, per il suo stile interpretativo nel quale introdusse criteri innovativi
nell'orchestrazione. La valutazione della sua produzione come compositore fu invece spesso
ostacolata da pregiudizi e incomprensioni, tanto che il suo apporto al rinnovamento del linguaggio
musicale fu riconosciuto solo dopo il secondo conflitto mondiale. M. compose dieci sinfonie (di cui
l'ultima incompiuta), caratterizzate da una ricerca timbrica e strumentale particolarmente
innovativa e da una dilatazione fino a dimensioni insolite del numero dei movimenti, della loro
durata e dell'organico impiegato; compose inoltre numerosissimi Lieder.
Per Gustav Mahler sinfonia significa costruzione-composizione di un intero mondo, tutto fatto di
incontri di sonorità oggettive e soggettive, di materiali eterogenei, di estrazione varia, di origine
colta o d'ogni altra natura. Eventi sonori, carichi di una forza evocativa tale, che spesso li ha fatti
apparire come familiari, comuni: marce, balli, canzoni popolari, fanfare, segnali militari, "suoni
della natura" e altre consimili elementi musicali aventi il carattere del "ritrovamento" e della
"ricordanza". Il linguaggio di Mahler traghetta le conquiste romantiche al Novecento attraverso una
nuova concezione che prende le mosse dal passato, guardando al futuro. Il filosofo Adorno
individua nella musica di Mahler alcune - potremmo dire caratteristiche - che l’autore con un
termine più specifico chiama categorie, utili a spiegare le novità del suo linguaggio. Categorie
principali sono l’irruzione, la sospensione, l’adempimento.
Irruzione: intromissione dell’estraneo, dell’inaspettato, è sorpresa, che genera una frattura in grado
di portare al superamento della forma tradizionale. Diventa una reazione alle categorie formali del
linguaggio tonale, prime fra tutte la forma sonata, di cui nelle sinfonie di Mahler si individuano
ancora elementi fortemente trasformati.
Sospensione: prendersi tempo, rinnegando la concentrazione sinfonica del classicismo.
Adempimento: soddisfazione dell’attesa. Ma c’è anche un adempimento negativo, il crollo, la
catastrofe, il momento in cui la musica precipita e si disgrega, crollando verso il basso.
Il processo entro cui si inseriscono le categorie dell’irruzione, della sospensione e
dell’adempimento tende alla creazione di una nuova morfologia, in cui la musica è in continuo
divenire, in uno sviluppo perpetuo.
Mahler compose 10 sinfonie, di cui l’ultima rimasta incompiuta comprende solo un adagio. Inoltre
Il canto della terra, tra l’ottava e la nona sinfonia, porta il sottotitolo sinfonia per tenore, baritono e
orchestra, che tuttavia non viene inglobato all’interno delle sinfonie vere e proprie. Il periodo di
produzione sinfonica si estende per oltre vent’anni, dal 1888 al 1911, quando la morte colse il
musicista mentre stava componendo la decima. In esse fonde e trasforma le conquiste musicali
raggiunte fino a quel periodo. Alcune sinfonie sono solo strumentali, altre con voce, alcune hanno
rimandi extramusicali altre no, alcune presentano citazioni di lieder propri, o di musiche altrui, tutte
con grande sviluppo timbrico e orchestra di enormi proporzioni. L'organico si arricchisce anche di
nuove percussioni e di strumenti coloristici come il glockenspiel. Tuttavia più che l'apparato
formale, che inizia a perdere la specificità della struttura della sinfonia (alcune sinfonie di Mahler,
come l'ottava, somigliano molto di più a degli oratori), viene a mutare la concezione generale
dell'opera, in cui confluisce un'eterogeneità sorprendente di temi musicali, dal più etereo, costruito e
complesso al più semplice e popolaresco.
La prima, Il titano è ispirata all'omonimo romanzo di Jean Paul. È strutturata in 4 movimenti, il più
noto è il terzo, una sorta di marcia funebre iniziata da un solo di timpani, basata su una spettrale
parodia della canzone popolare per bambini Fra Martino. Lo stesso Mahler annotò: «Lo stimolo
esterno della composizione di questo brano musicale è venuto all'autore da "II corteo funebre del
cacciatore", un'illustrazione satirica di un antico libro di favole, che è nota a tutti i bimbi austriaci.
Gli animali della foresta accompagnano alla tomba il cacciatore morto: le lepri portano lo
stendardo...». Il tema della canzoncina infantile Frère Jacques è trasformato in una marcia funebre
parodistica e allo stesso tempo spettrale, che inizialmente, sulla scansione implacabile dei timpani,
viene sussurrata in un registro innaturalmente acuto dal contrabbasso, cui progressivamente si
aggiungono a canone fagotto, violoncelli, basso-tuba e poi via via l'intera orchestra, mentre l'oboe
sembra commentare insolentemente. Questa canzoncina infantile che si trasforma in marcia funebre
potrebbe essere elevata a simbolo dell'universo mahleriano.
La seconda la terza e la quarta sinfonia sono dette “del corno magico del fanciullo” poiché in esse
Mahler riprende e rielabora temi tratti dal proprio ciclo di Lieder, intitolato appunto Il corno magico
del fanciullo. Tutte e tre hanno un organico che comprende anche la voce.
La seconda, detta Resurrezione, in cinque movimenti, oltre la grande orchestra mahleriana,
comprende l’intervento di due voci femminili e del coro.
La terza sinfonia in 6 movimenti, della durata di 95 minuti, è forse più ampia della storia della
musica con al centro, come la precedente, il tema dell’immortalità. Anche questa è una sinfonia
vocale con l’impiego di un contralto solista (nel quarto movimento, che intona alcuni testi di Così
parlò Zarathustra del filosofo Nietzsche) di un coro femminile e un coro di bambini e di nuovo del
contralto nel quinto movimento, con testi tratti anche in questo caso dal proprio ciclo di lieder il
Corno magico del fanciullo.
La Sinfonia n. 4 in sol maggiore conclude la trilogia delle sinfonie vocali (la seconda, la terza e la
quarta), tematicamente legate ai lieder in precedenza composti su testi del Corno magico del
fanciullo. L'ultimo movimento è costituito proprio da un lied inizialmente composto per questa
raccolta, intitolato La vita celestiale, affidato alla voce di soprano. La quarta è, dopo la prima, la
meno estesa fra le sinfonie di Mahler ed è anche quella che contempla l'organico strumentale meno
numeroso. Consta di quattro tempi: un allegro (anch'esso ricco di reminiscenze tematiche dal Corno
magico del fanciullo), uno scherzo, a cui la presenza di un violino accordato un tono sopra gli altri
strumenti conferisce un tono a tratti spettrale, un vasto andante e appunto il lied finale.
La Sinfonia n. 5 fu più volte rielaborata dall’autore nel corso degli anni fino alla morte. Consta di
cinque movimenti, divisi in tre parti. La prima parte è costituita dai primi due movimenti, fra loro
tematicamente legati: il primo è una marcia funebre, il secondo è in forma-sonata. La seconda parte
è costituita per intero da un vastissimo Scherzo in re maggiore, la terza parte della Sinfonia si apre
con il famoso Adagietto, in fa maggiore, forse la pagina più nota di Mahler, utilizzato poi da
Luchino Visconti per la colonna sonora del film Morte a Venezia: 103 battute affidate solo agli
archi e ad un'arpa. La sinfonia si conclude poi con un Allegro che riprende uno dei temi principali
dell'Adagietto, eseguendolo in maniera molto più frenetica.
La Sinfonia n. 6, in la minore, in 4 tempi, è conosciuta comunemente come Tragica (titolo che non
si deve però a Mahler).
La Sinfonia n. 7, in 5 tempi, presenta al centro uno Scherzo, la chiave di volta che sta in terza
posizione, preceduto e seguito da due movimenti in tempo moderato, entrambi denominati
Serenata, mentre i due movimenti estremi sono due Allegri di ampie proporzioni. Nella seconda
Serenata compaiono due strumenti non propri della musica orchestrale, una chitarra e un
mandolino, che contribuiscono a conferire al pezzo momenti di sonorità insolita e quasi surreale.
Degno di nota in questo brano è l'incipit affidato al violino solista: si tratta di una citazione quasi
letterale del celebre tema "Amami Alfredo" dalla Traviata di Giuseppe Verdi. Mentre nel
movimento conclusivo in tempo veloce, il tema principale è una parodistica deformazione
dell'incipit dell'ouverture da I maestri cantori di Norimberga e riappare di continuo, quasi come un
Leitmotiv, inframmezzato da motivetti giocosi e spesso all'apparenza banali.
La Sinfonia n. 8 in Mi bemolle maggiore è nota come Sinfonia dei Mille per il grande organico
strumentale e vocale che richiede: otto solisti, coro di 850 elementi (comprendente un coro di 350
bambini), organo e l'orchestra allargata (170 orchestrali). È l'ultima composizione di Mahler ad
essere eseguita prima della morte dell'autore (settembre 1910). Dopo tre sinfonie solo strumentali,
Mahler torna con l'ottava alla combinazione di voce ed orchestra. Non è convenzionalmente divisa
in movimenti, ma è composta di due parti: la prima parte intona il Veni Creator Spiritus, inno di
Pentecoste risalente al nono secolo, la seconda parte è basata sulla scena conclusiva del Faust di
Goethe. Le due parti sono collegate da temi comuni e dalla tematica della redenzione per mezzo
dell'amore. È considerata l'opera più problematica di Mahler e rappresenta probabilmente il culmine
di quel processo di disgregazione della forma sinfonica comune al periodo post-beethoveniano: lo
stesso Mahler scrisse che si trattava di un lavoro "talmente singolare e nella forma e nel contenuto
che non è possibile scriverne". La Sinfonia n. 9, in re maggiore, è in 4 movimenti, è considerata il
vertice delle composizioni sinfoniche del secolo ed è l’ultima sinfonia completa di Mahler che morì
durante la composizione di quella che avrebbe dovuto essere la sua decima. In base agli abbozzi
ritrovati la decima sinfonia avrebbe dovuto essere in 5 movimenti ma è stato completato solo
l'adagio iniziale in fa diesis maggiore, scritto a Dobbiaco in un periodo di grande sofferenza.

Francia

Claude-Achille Debussy (Saint-Germain-en-Laye, 22 agosto 1862 – Parigi, 25 marzo 1918),


compositore e pianista francese è considerato uno dei più importanti compositori francesi. Studiò al
Conservatorio di Parigi quindi vinse il prestigioso ed ambito Prix de Rome nel 1884 con
l'imponente scena lirica L'enfant prodige. Il suo stile di compositore venne ad affermarsi
influenzato da diverse tendenze che magistralmente seppe fondere: il romanticismo di Chopin per il
pianoforte, le influenze nazionali (Gounod, Franck, Massenet, Fauré), un rapporto contraddittorio
con la musica di Wagner (da cui ricava la concezione di un discorso musicale aperto e continuo, ma
da cui si distacca per caratteri e stile), il neoclassicismo (per l’utilizzo di forme del passato), le scale
esatonali o altri espedienti ricavati dalla musica extraeuropea, in particolare dell’estremo oriente,
che lo portano ad esplorare nuovi modi per superare la tonalità: ascoltò le musiche del Gamelan di
Giava, un'orchestra di strumenti musicali di origine indonesiana che comprende metallofoni,
xilofoni, tamburi e gong; ma anche flauti di bambù, strumenti a corda e la voce. Ma soprattutto
Debussy, anche se ne rifiutava l’etichetta, è stato spesso definito come impressionista e associato a
quel gruppo di pittori appartenenti a tale corrente che trovavano a Parigi il loro centro d’azione.
Tendevano a cogliere in ogni quadro l’impressione momentanea e fuggevole di un determinato
soggetto raffigurato, servendosi di diversi effetti di luce e utilizzando “grumi” al posto di una
“mescolanza” di colori. E’ una tecnica pittorica intesa a evidenziare lo sfumato piuttosto che il
disegno complessivo, chiaro e lineare. Sarebbe limitativo considerare il linguaggio di Debussy
l’esatto equivalente in musica, come spesse volte è accaduto, anche se vi si riscontrano analogie pur
fuse insieme di altre tendenze. L’elemento sonoro è ciò che colpisce maggiormente. Le soluzioni
timbriche diventano l’aspetto primario e determinante della composizione. Sonorità sfumate, chiare,
trasparenti e delicate raramente massicce; egli frammenta l’orchestra in piccoli gruppi di solisti e
predilige i suoni puri dei legni (flauto, clarinetto, oboe, corno inglese) mentre utilizza trombe e
corni non come strumenti squillanti ma con sonorità in pianissimo, tratta gli archi in sottogruppi
divisi e con la sordina, ricorre ai suoni lunari della celesta, a quelli dello xilofono e ai suoni
armonici degli archi. Predilige l’arpa con i suoi effetti di glissando e di armonici, impiega diversi
tipi di percussione che contribuiscono a rendere più vario il colore dell’orchestra. A dispetto dei dati
anagrafici Debussy è un autore a cui la musica del Novecento deve molto e influenzò, soprattutto
per quanto riguarda le innovazioni introdotte nel suo vocabolario armonico, non solo i compositori
francesi contemporanei e successivi, ma anche musicisti di altri paesi, che vissero a Parigi
(Stravinskij) o che comunque conobbero la sua musica (Schoenberg e Bartok). Una delle sue opere
più note e significative è Prélude à l'après-midi d'un faune (Preludio al pomeriggio di un fauno), un
poema sinfonico eseguito per la prima volta alla Société nationale di Parigi il 22 dicembre 1894.
Ispirato al poema di Stéphane Mallarmé, è considerato il prototipo dell'Impressionismo musicale.
La musica narra le fantasie diurne di un fauno che, in un paesaggio bucolico, si diletta a suonare il
flauto e ha un incontro amoroso con alcune ninfe. Di nuovo solo, il fauno riprende la sua melodia e
cade in un sonno beato. La melodia vagante del primo flauto è l'elemento dominante, nel quale si
incarna il personaggio del fauno. Il tema è esposto immediatamente e ripetuto tre volte. Si tratta di
un disegno cromatico, discendente e ascendente, da eseguire in piano e - come specifica la partitura
- «dolce ed espressivo». Dal punto di vista formale, la composizione può essere divisa in sei parti:
1) esposizione del tema principale, 2) sviluppo, 3) un episodio centrale che ha le caratteristiche del
culmine espressivo della composizione, 4) un altro episodio di sviluppo del tema principale, 5) una
riesposizione e alla fine una coda (6). All’interno di un linguaggio fortemente innovativo emergono
forme della tradizione: la forma-sonata (esposizione-sviluppo-riesposizione-coda), la forma del
Lied (esposizione-episodio centrale-riesposizione), il rondò (i periodici ritorni del tema principale),
il tema con variazioni (diversi gruppi di sviluppo cui è sottoposto il tema principale). Il rischio di
una frantumazione della forma potrebbe spezzare la solidità della composizione stessa, se essa si
basasse soltanto su quella realtà poetica costituita dai versi di Mallarmé. Debussy risolve questo
pericolo sostituendo alla “presenza” poetica dei versi, una presenza esclusivamente musicale: il
tema principale. Il ruolo che questo tema ha nell' intera composizione è di fondamentale
importanza: ha la funzione di elemento propulsore (è sempre alla base di tutti gli sviluppi) e
unificatore (in tutta la composizione c' è il richiamo del tema principale). Si può dire che nel tema c'
è tutto quanto i versi di Mallarmé hanno ispirato al musicista, la sintesi di quella poesia che diventa
musica. All' inizio appare il flauto solo, senza nessun accompagnamento. Nelle prime due battute il
tema si muove nello spazio di una quarta eccedente: una scala discendente ritmicamente imprecisa,
seguita da una scala ascendente, entrambe parzialmente cromatiche. Qui ci ritroviamo in una
condizione di estrema fluidità tonale, perchè la nota si, dominante della tonalità d' impianto che è mi
maggiore, appare quattro volte però come nota di passaggio. All' inizio della terza battuta il tema si
apre improvvisamente, e, in sole tre note, percorre l' intervallo di ottava, che si risolve in posizione
statica, sulla nota si. Essa risuona a lungo, per poi riprendere una nuova discesa cromatica, che
rimette in dubbio la staticità appena raggiunta. Infatti il tema ritorna subito uguale, però con una
tonalità diversa: re maggiore. Poco dopo il tema ritorna una terza volta, in mi maggiore, e soltanto
qui raggiunge la sua stabilità tonale. Ma questa stabilità tonale è soltanto un momento effimero,
perché il tema si ripresenta per la quarta volta già ritmicamente deformato. L’orchestrazione è
estremamente raffinata con sonorità soffuse e delicate, caratterizzate oltre che dal timbro del flauto
sempre in primo piano, dagli archi e dalle 2 arpe.
Altri lavori importanti di Debussy: per il Teatro Pelléas et Mélisande (opera), per orchestra
Trois Nocturnes (Nuages, Fêtes, Sirènes), La mer, Images (Gigues, Iberia, Rondes de printemps).
Molta musica per pianoforte solo, tra cui 2 Arabesques, Suite bergamasque, Children's Corner (6
pezzi), e 24 Préludes (divisi in due serie di 12). Le sue numerose pagine di critica musicale, apparse
dapprima in periodici, sono state poi raccolte nel volume Monsieur Croche antidilettante (1921).

Italia

Giacomo Puccini (Lucca, 1858 - Bruxelles, 1924), l'ultimo grande rappresentante degli operisti
italiani, nacque in una famiglia musicisti, studiò poi all’istituto musicale di Lucca e al
Conservatorio di Milano. Fermamente deciso ad intraprendere la carriera di compositore (e non
quella di insegnante o interprete) debuttò con una prima opera Le Villi, rappresentata nel 1884 e
notata dall’editore Ricordi che gliene commissionò una seconda: Edgard. Quest’ultima, che richiese
a Puccini anni di lavoro, fu un insuccesso. Dopo bui momenti di difficoltà anche economica ottenne
il successo con Manon Lescaut (1893), che lo vide affermarsi come compositore. Seguirono altri
lavori molto apprezzati e Puccini, in circa vent’anni di carriera scrisse 12 opere che appaiono ancora
oggi nei teatri di tutto il mondo, privilegio che gli è contestato solo da Wagner. Con La Bohème
(1896), Tosca (1900) e Madama Butterfly (1904) conquistò il primato internazionale. Divenne ricco
e famoso. Importanti teatri d’opera all’estero rappresentarono cicli quasi completi delle sue opere
alla sua presenza (Buenos Aires e Londra, Budapest, New York, Parigi). Nel 1910 per la prima
volta una prima assoluta di un’opera di Puccini ebbe luogo all’estero: La fanciulla del West fece il
suo debutto a New York, e si trattò di un grandioso evento. Una casa editrice viennese gli
commissionò poi La rondine (1917), realizzata con notevoli difficoltà e ritardi a causa della crisi
internazionale che, di lì a poco, sarebbe sfociata nella prima guerra mondiale. Puccini trascorse gli
anni della guerra, da lui tanto odiata, per lo più in ritiro a Torre del Lago, in un villa acquistata
all’epoca dei successi di Bohème. La prima assoluta dei suoi tre atti unici Il Tabarro, Suor Angelica
e Gianni Schicchi (Il trittico), musicati in quel periodo, ebbe luogo poco dopo la fine della guerra a
New York, senza la presenza del compositore. Dal 1920 inizia a scrivere nella nuova villa di
Viareggio la sua ultima opera, Turandot. Il lavoro era molto problematico e Puccini più volte pensò
di abbandonare l’impresa. L’opera non era stata ancora completata quando si ammalò e nel 1924 la
morte lo colse a Bruxelles, dove si era recato per curarsi. L’incompiuta Turandot, completata da
Franco Alfano, andò in scena per la prima volta nel 1926.

Puccini ebbe grande successo popolare, grazie alla cantabilità delle sue melodie appassionate e
raffinate, di immediata comunicativa. Nella sua musica convergono più elementi:

1) Eredità tradizione operistica italiana (Verdi)


2) Influsso wagneriano: scelte armoniche e orchestrali, impiego sistematico dei Leitmotiv.
3) Influsso opera francese: in particolare da Bizet e Massenet, Puccini ricavò l'estrema
attenzione per il colore locale e storico. La ricostruzione musicale dell'ambiente costituisce
un aspetto di assoluto rilievo in tutte le partiture pucciniane.

Puccini cercava sempre di ottenere un perfetto equilibrio tra musica, parola e azione scenica.
Individuava soggetti che suscitassero l'interesse del pubblico. Come Verdi imponeva ai suoi
librettisti le soluzioni del dramma che meglio si adattavano alle sue esigenze musicali. Egli
sovraintendeva al lavoro dei librettisti fin nei minimi particolari: richiedeva modifiche e tagli nei
testi, dava suggerimenti. Tra i suoi più stretti collaboratori ci furono Luigi Illica (1857-1919) e
Giuseppe Gioacosa (1847-1906), autori di Boheme, Tosca e Madama Butterfly. Nel preparare il
testo musicale delle sue opere, Puccini procedeva molto lentamente: trascorreva mesi per la
maturazione delle idee musicali, componeva fra interruzioni e intervalli di ogni tipo. Il tema
centrale che scorre nella maggior arte delle sue opere è sempre il binomio amore e morte. L'amore
tende ad emarginare gli altri sentimenti o a subordinarli. Vengono messe in risalto le figure
femminili, le eroine fragili e sentimentali, quale perno intorno a cui ruota tutto il dramma. Tema
specifico di ogni vicenda, intesa a commuovere lo spettatore, è sempre un amore sincero, prima
felice, poi tragico. Così avviene anche per Tosca, un melodramma in tre atti, rappresentato per la
prima volta al Teatro Costanzi di Roma il 14 gennaio 1900. La prima rappresentazione vedeva in
sala giornalisti e uomini di cultura venuti da ogni parte, oltre alla regina Margherita e personalità di
governo. Tuttavia l'accoglienza non fu calorosa, anche a causa del soggetto particolarmente
cruento, elemento inatteso che si discostava dall'immagine che il pubblico si era fatto dell'operismo
pucciniano. Ma in poco tempo Tosca ebbe un grande successo di pubblico: a tutto il dicembre del
1900 era già stata rappresentata al Regio di Torino, alla Scala di Milano, al Politeama di Genova e
anche all'estero, a Buenos Aires, Rio de Janeiro, Londra etc. Negli anni seguenti raggiunse i
maggiori teatri di tutto il mondo.

La vicenda è particolarmente tragica e ricca d'intrecci: Tosca è una cantante, innamorata del pittore
Cavaradossi che ha aiutato a fuggire il prigioniero politico Cesare Angelotti e per questo è stato
condannato a morte. Il perfido Scarpia, capo della polizia, corteggia Tosca e le promette di salvare
la vita dell'amato inscenando una fucilazione fasulla se ella cederà alle sue richieste. Tosca
acconsente ma quando Scarpia le si avvicina lo uccide. Ma anche la fucilazione di Cavaradossi non
è fasulla e quando Tosca se ne rende conto si getta nel vuoto da una finestra di Castel Sant'Angelo.
Nella Tosca il lirismo tenero e delicato che aveva fatto di Puccini, specialmente nella Boheme, il
poeta delle piccole cose cedeva alla descrizione di scene violente, scontri all'ultimo sangue tra i
personaggi e questo comportava mutamenti anche nel linguaggio musicale. Per delineare una trama
che contempla ben quattro cadaveri (oltre ai tre personaggi principali anche Angelotti si suicida in
carcere) Puccini accetta l'enfasi, le urla, l'esagitazione frenetica propria di certo verismo. In effetti
già i tre secchi violenti accordi che aprono l'opera (il tema di Scarpia) danno l'idea di nuove
frontiere e aprono la strada a concezioni armoniche più ardite e a più accentuati ricorsi alle
dissonanze e ai cromatismi in funzione soprattutto dell'asprezza delle situazioni. È anche più
frequente il canto declamato e più diffuso l'uso del leitmotiv. Tutti i personaggi, inclusi Angelotti e
il sacrestano, hanno motivi che li identificano e di cui Puccini si serve sia come punto di partenza
della descrizione di un carattere, sia come richiamo a stati d'animo o a episodi precedenti. Lo
sfondo storico su cui si muovono i personaggi del dramma ha un'importanza capitale nel
determinare la vicenda principale. Esso è ricostruito dall'autore con lo scrupolo di uno specialista,
tanto che si ha l'impressione che la vicenda possa essere realmente accaduta. L'abilità di Sardou
consiste proprio nel fatto di aver saputo mescolare il dato storico alla trama d'invenzione,
motivando storia e realtà fittizia. Tosca, Scarpia, Cavaradossi, Angelotti sono personaggi di
fantasia, ma la trama che li coinvolge si rifà ad eventi realmente accaduti e ad una situazione che
Roma realmente visse: l'occupazione napoletana e i processi a carico degli elementi filofrancesi e
liberali.
In quest'opera il musicista si era preoccupato di inserire la vicenda nel clima sonoro, nella luce e nei
colori oltre che nel costume di una Roma ai primi dell'ottocento. Un amico sacerdote gli fornì dati
sul suono delle campane vicine a Castel Sant'Angelo e, un altro procurò al compositore i versi di
uno stornello in romanesco.
Nel valutare la drammaturgia di Tosca non bisogna dimenticare che l'opera segue
perfettamente le unità di tempo e di luogo. La vicenda dura infatti sedici ore da mezzogiorno
(indicato dall'Angelus recitato dal sacrestano) fino alle quattro della notte (l'ora quarta della
fucilazione fissata da Scarpia alla fine del secondo atto); inoltre tutte le scene fisse si svolgono in
luoghi che distano poche centinaia di metri l'uno dall'altro: la Chiesa di Sant'Andrea della Valle nel
primo atto, il palazzo Farnese nel secondo, Castel Sant'Angelo nel terzo. Questa concentrazione
offre allo spettatore un'azione priva di tempi morti e ne cattura l'attenzione dal principio alla fine.
Tra i brani più noti "Recondita armonia" cantata, nella terza scena del primo atto, dal pittore
Cavaradossi che sta dipingendo un quadro raffigurante la Maddalena nella chiesa di Sant’Andrea
della Valle, dove è ambientato tutto il primo atto dell’opera. Confronta la bellezza della donna
bionda con quella dell’amata Tosca, evidenziandone le differenze, ma dichiarando che il suo
pensiero va solo alla sua innamorata. Puccini caratterizza il testo con sonorità quasi
impressionistiche dei due flauti, che si muovono per quinte e quarte parallele ricordando un po'
elementi musicali orientaleggianti. Dopo la breve e appassionata sezione centrale, il brano si
conclude con la ripresa dell'introduzione e il tenore si slancia verso il si bem conclusivo, mentre il
sacrestano commenta scandalizzato "Scherza coi fanti e lascia stare i Santi". L’altra aria celebre del
tenore è collocata all’ l'inizio del terzo atto. Cavaradossi è imprigionato e prossimo alla fucilazione
e ricorda Tosca, l'eterno amore della sua vita. Chiede al carceriere di poter scrivere una lettera
all’amata e in cambio gli dona il suo anello, quindi si abbandona al ricordo degli incontri amorosi
notturni con Tosca, disperandosi per la fine imminente. L’aria in si minore è aperta dal clarinetto
solista che delinea una appassionata melodia - emblema dell’amore disperato tra i due protagonisti -
già udita nell’introduzione all’atto terzo, e che ritornerà nel finale dell’opera nel momento in cui
Tosca si getterà dalle mura del castello. Il termine aria per questi brani è adottato in quanto momenti
in cui il protagonista, attraverso melodie ampie e spiegate, esprime suoi sentimenti, tuttavia non si
tratta più dell’aria propria delle opere precedenti. Non sono forme chiuse, la melodia non si
interrompe ma continua, la struttura di solito è libera e segue la parola sottolineandola con grande
espressività, sostenuta da un’orchestra sempre presente e complementare alla voce.
Tosca la protagonista di cui l'opera porta il nome come titolo, è l'unica donna presente nella
vicenda, impersona il ruolo di una famosa cantante, capricciosa e gelosa, ma prima di tutto
amorosa eroina che è pronta a sacrificare se stessa per salvare l'amato. Una delle arie più famose
affidatale da Puccini è Vissi d'arte, che compare nell'ultima scena del secondo atto e in cui ben si
evidenziano le caratteristiche musicali del compositore: si tratta principalmente di un'attenzione
particolare rivolta alla melodia che scorre sempre molto spiegata con frequenti tensioni nel registro
acuto per sottolineare la drammaticità della scena. Più volte dopo averla composta, Puccini si era
chiesto se non fosse il caso di toglierla dato che fermava improvvisamente l'azione Quest'aria si
colloca infatti durante il colloquio che Tosca ha con Scarpia e nel quale questi la ricatta affinché
venga liberato Cavaradossi, ma l'effetto è invece opposto, in questo punto l'aria dilata il tempo
psicologico, come se per un breve attimo passasse davanti agli occhi di Tosca tutta la sua esistenza.
La breve sezione iniziale in mi bemolle minore è accompagnata dall'orchestra con la tecnica del
falso bordone: triadi parallele in primo rivolto poi la tonalità passa in maggiore, e mentre la melodia
vocale continua in tono salmodiante, descrivendo la fede sincera di Tosca, l'orchestra arricchisce la
connotazione mediante il controcanto della melodia, con cui la donna aveva fatto il suo ingresso in
scena. Nella ripresa la voce prende un tono appassionato, fino a toccare il culmine del si bem. sulla
parola “Signor”, per sottolineare l’invocazione di Tosca. Quindi discendere poi con lo stesso
passaggio, che poco prima aveva quasi urlato, durante la scena della tortura. L'abilità con cui
Puccini riesce a fondere tutti questi motivi (non c'è una nota nuova o quasi) riesce davvero a
comunicarci il senso di una riflessione che, oltrepassando i tre minuti scarsi della durata dell'aria, ci
trasporta in un eterno presente psicologico.

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