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Sintesi su “ Méthode de piano du Conservatoire “

Jean-Louis Adam ( 1758 – 1848)

Méthode de piano du Conservatoire, 1804

Jean-Louis Adam fu una delle personalità fondamentali della scuola pianistica francese, fu allievo
di Johann Friedrich Edelmann. Nel 1797 divenne professore di pianoforte al Conservatorio di
Parigi, dove insegnerà fino al 1842. Adam dedica la propria produzione soprattutto alle opere per
tastiera. Grazie alla propria longevità è testimone e attore della trasformazione della scrittura per
clavicembalo, sul quale egli stesso si è formato, in quella per pianoforte. Questa evoluzione è
perfettamente visibile nella sua decina di sonate, ciascuna delle quali richiede uno strumento
sempre più ampio e dotato alla fine di un pedale. Adam è autore nel 1798 (con Lachnith) di una
Méthode ou principe général du doigté pour le forte-piano e Mèthode nouvelle pour le piano
(1802) ma deve la propria fama alla Méthode de piano du Conservatoire del 1804, opera che
contribuì al progresso della tecnica pianistica a Parigi. Fétis ci segnala Adam come “uno tra i più
insigni docenti del proprio strumento. L’opera sempre in forma di ibrido tra trattato e metodo si
divide in 12 articoli, che l’allievo deve avere ben chiari prima di iniziare a suonare ed è dedicato
all’insegnamento della musica nei conservatori (commissionato dal conservatorio di Parigi) . Nel
primo articolo descrive in generale la struttura e la formazione della tastiera. Dall’articolo 2 al 4
parla della posizione del corpo, del modo di mettere le mani sullo strumento e delle varie
diteggiature delle scale, illustrando sempre vari esercizi pratici per la giusta realizzazione di ciò che
dice. L’articolo 5, costituito da 74 passaggi e 50 lezioni progressive per le piccole mani, contenenti
pezzi di Gluck, Haydn, Mozart, Dusseck ecc.., è dedicato ai principi della diteggiatura in generale,
delle terze, quarte , quinte, seste, settime e ottave, la diteggiatura dei vari accordi e delle note
ribattute. Riporta esercizi per la mano destra e sinistra, per le terzine e per incrociare le mani,
illustra inoltre la diteggiatura di differenti autori nei vari passaggi. In particolare riferisce che
bisogna rendere l’esecuzione espressiva e secondo l’intenzione dell’autore senza utilizzare una
diteggiatura scomoda ma agevole e semplice, una cattiva diteggiatura si riconosce attraverso
movimenti esagerati della mano e che bisogna avere un buon metodo sia quando vi sono pezzi
difficili che pezzi più semplici suonando con la stessa grazia e leggerezza. L’articolo 6 è dedicato al
modo di suonare il piano e di come rendere in maniera efficace attraverso il tocco il forte e il
piano. L’articolo 7 descrive come legare i suoni e tre modi per fare lo staccato : uno staccatissimo,
uno staccato semplice e staccato con legatura (poggiato). Nell’articolo 8 parla degli abbellimenti in
generale, soffermandosi sulle note di gusto. L’articolo 9 indica la giusta esecuzione della musica in
relazione ai vari movimenti e la loro espressività e include una scelta di pezzi di Mozart, Clementi e
C.P.E. Bach. Nell’articolo 10 descrive il funzionamento e l’utilizzo dei tre pedali che aggiungono
fascino alla musica, riferisce che il gran piano era costituito anche da quattro pedali ( con pedale
frazionato). Indica con f il punto dove inserire il pedale e con p il punto dove levarlo e dice:”
Alcune persone per cieco attaccamento alle vecchie regole per un affetto corretto ma mal
compreso ne vietano l’uso e ne chiamano ciarlataneria. Saremo della loro opinione quando
faranno questa obiezione contro quegli artisti che usano i pedali per mascherare la loro
mediocrità.” Negli ultimi due articoli parla dell’arte di accompagnare alla partitura, che riguarda la
lettura della partitura e degli strumenti traspositori e dello stile. Lo stile viene considerato da due
punti di vista differenti: uno riguarda il carattere dell’esecuzione, l’altro invece considera l’arte di
donare ad un pezzo l’espressione che più gli si addice, quindi il primo appartiene all’aspetto
tecnico invece l’altro è legato di più al sentimento. Ogni pezzo ha un proprio carattere in base al
tipo di movimento. Ogni movimento ha una suo stile: l’allegro è brillante maestoso, l’adagio è
l’opposto bisogna cercare di rendere delle sonorità più sostenute, tristi ed è l’esecutore che deve
donare il grado di calore, la vivacità e l’espressione ad ogni pezzo. Inoltre qualche autore ha un suo
particolare stile, quali Mozart o clementi e in base a ciò l’esecutore deve indirizzare la sua
espressività.
SINTESI SU “ METODO DEI METODI “ DI MOSCHLES E FETIS

Ignaz Moscheles (1794 – 1870) , François Joseph Fétis (1784-1871)

“Méthode des méthodes de piano” , 1837


Moscheles e Fetis contribuirono allo sviluppo della tecnica pianistica, pubblicando il Metodo dei
metodi per pianoforte (Parigi, 1837), in parte tuttora utilizzato per la preparazione pianistica nei
Conservatori. Fetis da musicologo curò più la parte storico- teorica invece Moscheles grande
pianista e didatta curò molto la parte pratica.

Metodo dei Metodi di Pianoforte, ossia Trattato dell’arte di suonar quest’istrumento, si basa
sull’analisi delle migliori opere composte per tal oggetto, e segnatamente su quella dei Metodi di
Bach, Marburg, Turk, Müller, Dussek, Clementi, Hummel, Adam, Kalkbrenner e Schmidt: non meno
che sul confronto e sul merito dei differenti sistemi di esecuzione, e del portamento dei diti
(diteggiatura) dì alcuni celebri virtuosi, quali sono Chopin, Cramer, Döhler, Henselt, Liszt,
Moscheles e Thalberg, segue dopo una parte pratica costituita da esercizi elementari e studi
progressivi per l’applicazione del metodo. L’introduzione è costituita da 12 punti in cui viene
chiarita l’origine e la differenza tra il clavicembalo e il pianoforte ,vengono analizzati i vari metodi
dei grandi compositori quali J.S. Bach, Handel, frescobaldi e alla fine viene chiarito che lo scopo
dell’opera è quello di racchiudere tutti i principi generali dei vari metodi esistenti dei grandi artisti
che racchiudono lo sviluppo tecnico e sonoro dello strumento così da creare un arte nuova
immensa, che abbraccerà tutte le sfumature dell’arte, e conforme all’oggetto illimitato della
musica. Inizia così la parte teorica dedicata al meccanismo d’esecuzione che è suddivisa in 14
capitoli. I primi tre capitoli parlano della tastiera del pianoforte, della posizione del corpo davanti
al piano e del posizionamento delle mani sulla tastiera e del modo di premere i tasti (tocco). Il
quarto capitolo è dedicato alla diteggiatura in generale e si divide in due sezione. La prima sezione
divisa in 3 articoli riguarda la diteggiatura per i passaggi che non comprendono il passaggio del
pollice, invece la seconda sezione dal quarto articolo riguarda tutti quei passaggi tecnici che
prevedono il passaggio del pollice, presentano poi le varie scale semplice e cromatiche.
Nell’articolo 5 illustrano la diteggiatura per l’elisione delle dita, nell’articolo sei il cambio di dito su
una nota non ripetuta, nell’articolo sette la diteggiatura del ribattuto e nell’articolo otto per la
diteggiatura nelle scale per terze e seste. Il capitolo 5 è dedicato alle grandi estensioni, in
particolare riporta esercizi per le ottave. Il capitolo 6 e 7 riguardano uno la diteggiatura per i
passaggi veloci e l’altro i salti superiori all’ottava delle due mani. Il capitolo 8 è dedicato a gli
arpeggi, il 9 a gli accordi, dove viene illustrata sempre la giusta diteggiatura. Il capitolo 10 riguarda
ai passaggi tecnici dove è previsto l’incrocio delle due mani. Il capitolo 11 parla degli ornamenti in
generale, il capitolo 12 dell’uso dei pedali, il capitolo 13 dello stile d’esecuzione e l’ultimo capitolo
è dedicato all’arte dell’improvvisazione.

La II parte contiene 18 Studi di perfezionamento e 2 pezzi, composti da Benedict, Chopin, Döhler,


Heller, Henselt, Liszt, Mendelssohn, Méreaux, Moscheles, Rosenhain, Thalberg et E. Wolff.
Appartenenti a quest’opera anche i tre studi op. postuma di Chopin scritti nel 1839.

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