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Cantelli” di Novara
PASSACAGLIA
Gilardino ha composto questo studio come omaggio a Ottorino Respighi, la motivazione di ciò è
data dal fatto che Respighi, oltre ad aver composto le “Variazioni per chitarra”- rimaste
incompiute e ritrovate in forma originale manoscritta proprio dal compositore Vercellese –
pubblicò le tre suites orchestrali Antiche Danze e Arie per Liuto, ovvero una raccolta di libere
trascrizioni di brani per liuto, questi ultimi composti nel XVI e XVII secolo. Per il finale della terza
suite, Respighi elabora la solenne Passacaglia di Lodovico Roncalli composta nel 1692 (dalla IX
suite dei Capricci armonici sopra la chitarra spagnola per chitarra barocca).
Il brano presenta alcune delle caratteristiche della passacaglia tradizionale: troviamo quindi un
ostinato, quasi sempre al basso, sul quale sono impostate le diverse voci, che aumentano o
diminuiscono in relazione alle potenzialità dello strumento e raggiungono nuove altezze, con un
allargamento dei registri (vengono sfruttate tutte le altezze, dal grave al sovracuto) e dunque uno
sfruttamento di tutta l’estensione chitarristica. Il compositore predilige la modalità, sono presenti
alcune asimmetrie del periodare musicale, la scrittura è sempre contrappuntistica e, anche se
accade che una voce possa predominare su un’altra, non c’è mai un rapporto di canto/voce –
accompagnamento/sostegno, ma si avrà una relazione voce 1 – voce 2.
Il brano si apre con la caratteristica esposizione del tema, di carattere grave e solenne, che viene
via via arricchito da diverse voci impostate su determinate cellule ritmiche, che si fanno sempre
più complesse.
In particolare la terza variazione richiede una ricerca di indipendenza ritmica, necessaria per via
della presenza delle terzine sulle quali è modellata la voce superiore (si può dire che le voci in
realtà siano due, in quanto il compositore ci dice di accentare leggermente la seconda nota di ogni
terzina). Nella quarta variazione, l’andamento della voce superiore crea un effetto di incerto
dondolio, che si fa più sicuro nella variazione successiva, infatti sono pochi i punti “di riposo” dati
dalle due crome. Particolare è l’indicazione “l.v”, ovvero laissez vibrer, ricorrente in molte altre
opere di Gilardino; egli infatti gioca molto sugli effetti provocati dall’insieme delle vibrazioni,
perciò spesso predilige una diteggiatura che si avvalga delle corde a vuoto.
Nella sesta variazione la configurazione ritmica del tema viene modificata: ciascuna nota è seguita
da un’appoggiatura, realizzata tramite legatura ascendente, e perciò tale nota dovrà essere
accentata per rendere riconoscibile l’andamento della voce dell’ostinato, mentre la voce superiore
più acuta è costituita dalle stesse note su cui appoggia la linea del tema, ma due ottave sopra.
La settima e l’ottava variazione sono di carattere più chiaro, scorrevole e brillante.
La linea dell’ostinato torna al suo stato originario, ed è accompagnata nuovamente da voci rimate
in modo omogeneo (qui in particolare: prima biscrome che tacciono in corrispondenza della nota
del basso, e poi terzine di semicrome, che a due a due propendono in modo discendente o
ascendente).
Successivamente, nella nona variazionie, si ha un punto di svolta: il tema passa al registro più
acuto, mentre la rimanente voce, che sarà quindi più bassa, procede dolcemente per semicrome.
Nell’ultima variazione si ha una linea più bassa di minime che dialoga con la voce acuta, la quale
procede per crome alternativamente al tema, che sta quindi in mezzo (e dunque un’ottava sotto
rispetto alla variazione precedente) e le cui note sono quindi ribattute.
Il finale, di carattere virtuosistico, costituisce una sezione a se stante: l’ostinato scompare e si ha
un allegro vivace da eseguirsi con una forte sonorità, con tempo di battuta di sette ottavi alternato
a tre e quattro quarti. Il tutto culmina con una rapida successione di accordi molto densi seguiti da
un secco Mi sforzato.