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Centro studi “Umberto Giordano”

Templi della vocalità


102
Prima edizione: marzo 1996
Saggistica del Centro Studi “Umberto Giordano”
Divisione di Musica Insieme a cura di M.P. De Luca e A.Ricco
Copyright © 1996, ISAB Servizi Editoriali
Foggia, via E.Fioritto 27 Tel./Fax 0881 - 725488
Silvio Feliciani

Andrea Chénier
cento anni di spartito
1896 - 1996
da Umberto Giordano ad Andrea Chénier
memorie di un poeta

presentazione di
Marco Renzi

Templi della vocalità


Presentazione

di Marco Renzi
Direttore del Conservatorio “Nino Rota” di Bari

Silvio Feliciani ha preparato questo Saggio nel


marzo 1996, in occasione delle celebrazioni per il 1°
centenario dell’ allestimento dell’Andrea Chénier.
Il Saggio nasce dal paziente studio di centinaia e
centinaia di recensioni e di lettere. Basti analizzare la
ricchissima bibliografia per comprendere quale preziosa
collezione di cronache musicali si evolva come un
racconto, in queste pagine.
L’Andrea Chénier, libretto di Illica di ardita
struttura, di temeraria anticipazione, si dimostrava poco
disposto ad un patto di alleanza con l’elemento musicale.
Tanto che il suo primo possessore, Franchetti, vi
rinunciò.
Illica volle incidere, nell’Andrea Chénier,
l’ambiente storico. E le risultanze teatrali gli hanno dato
ampiamente ragione.
Per Giordano, nel 1894 compositore non ancora
agguerrito di esperienza, affrontare quel libretto fu
impresa temeraria e coraggiosa.
Ed egli riuscì splendidamente a superare tutti gli
scogli senza compromettere, anzi esaltando, il senso
poetico, i periodi, gli incisi e le frasi del testo. La musica
asseconda ed illumina la fitta tela drammatica di minuti
particolari. Drammatizza ed accumula una enorme
quantità di episodi contrastanti tra loro, fissandone l’urto
di espressioni, di colori e di concitato disegno scenico.
Silvio Feliciani ricostruisce in modo accattivante
la storia dell’Autore e della sua Opera, corredandola di
numerose citazioni e di inedite informazioni che
riempiono di vita il suo racconto.
Le numerose note a piè di pagina, per ricchezza e
varietà di dati, costituiscono infatti quasi un Saggio a sé
stante.
Un lavoro che rivela una ricerca profonda,
dunque, che rivela le memorie di Giordano non solo come
ricordi della vita, ma anche come cronaca storiografica,
come fatti, racconti, elementi tratti da documenti
epistolari, o da atti pubblici, sui quali è stata imperniata
la fitta ed attenta ricostruzione cronologica di eventi
significativi
Dal poeta Giordano, dunque, poeta del suono, del
canto e del parlante, al poeta Chénier. Poeta di Illica.
Silvio Feliciani - la vita

Compositore e Musicologo, nato nel 1952 in Abruzzo, da oltre un


ventennio è attivamente impegnato nella divulgazione del linguaggio
musicale contemporaneo, attraverso una produzione compositiva e
saggistica intensa, ed attraverso una attività concertistica iniziata nel
1974 ed interrotta solo nel 1989, costellata di numerosi Concerti solistici
ed in Duo pianistico, Conferenze, esecuzioni di opere musicali e
riconoscimenti nazionali ed internazionali.
Premio Internazionale Oedipus Rex nel 1988, e Guiness Europeo quale
Primo Esecutore in Europa di Vexations di E.Satie (L'Aquila, Festival
della Perdonanza, Agosto 1988, esecuzione durata 17 ore e 55 minuti
ininterrotte), è considerato dalla critica musicale contemporanea
l'ideatore di una didattica della Semiografia e strumentalità pianistica del
secondo novecento , disciplina che ha divulgato in numerosi Seminari di
studio e di perfezionamento musicale per circa un decennio.
E' unanimemente apprezzato per la brillante e comprovata qualità di
organizzatore e coordinatore di eventi musicali, in chiavi filologiche
sempre nuove e culturalmente accattivanti.
Uno spiccato eclettismo caratteriale, combinato alle diversificate
esperienze professionali, ha indirizzato le scelte estetiche del suo
linguaggio musicale verso un peculiare nuovo lirismo , scevro da ogni
condizionamento accademico, e verso la creazione di forme aperte ad
ogni soluzione intellettuale: il suo catalogo ricco di Editori (Berben,
Edipan, Pagano, Bess, Rugginenti, Note di Merito, La Cassandra,
Eximia Forma, GDB, Cembalo) spazia infatti dal genere strumentale
solistico e cameristico a quello elettronico, teatrale o documentaristico,
dalla saggistica alla teoria ed all'estetica musicale contemporanea.
La sua produzione musicale è eseguita in molti Stati del mondo, nei quali
ha anche realizzato diversificate esperienze discografiche, sonorizzazioni
e sigle televisive.
La produzione saggistica e musicologica è costantemente divulgata in
numerose Conferenze, in Italia ed all'estero (Sidney, Toronto, Tokyo, Il
Cairo, Grenoble, Ankara, Cordoba, Lussemburgo) ed è considerato tra i
musicologi più preparati sul tema della estetica musicale verista e sulla
tecnica dell' analisi melodica comparata.
Dal 1974 al 1988 è stato Docente ordinario di Pianoforte Principale nei
Conservatori di musica di Lecce e di Pescara. Nel 1980 ha svolto
l'incarico di Direttore dell'Istituto musicale Pareggiato di Teramo. Nel
1989 è stato nominato Direttore del Conservatorio di musica di Messina
e -nel 1991- in quello di Foggia.
Le attività artistiche realizzate dai Conservatori sotto la sua direzione
sono raccolte in centinaia di lusinghiere recensioni della critica
pubblicistica regionale, nazionale ed internazionale. Tra le operazioni più
significative vanno citate la partecipazione alla Sagra internazionale
musicale malatestiana di Rimini (con il Conservatorio di Messina), e lo
scambio culturale intercontinentale con il Sidney Conservatorium of
music (per il Conservatorio di Foggia).
Nel corso della sua carriera ha ricevuto moltissimi incarichi governativi:
Commissario ministeriale a Teramo, Modena, Reggio Emilia, Lugo,
Livorno. Ispettore ministeriale a Ravenna, Lugo, Ceglie, Catania,
Caltanissetta, Gallarate, Livorno, Lucca, Siena, Recanati. Incaricato
governativo di verifiche per il pareggiamento a Modena , Recanati e
S.Benedetto del Tronto.
E' stato altresì nominato componente della Commissione in diversi
Concorsi a cattedra di Pianoforte Principale (Modena, Ravenna, Lucca,
Livorno, Teramo) e per il posto di Direttore di Istituto musicale (Imola).
Nel corso della sua carriera ha conseguito l'inclusione in terna ed in
graduatoria di merito in ben due Concorsi nazionali al posto di Direttore
di Istituto musicale, ed è stato Presidente e Componente di moltissime
Giurie di Concorsi Pianistici nazionali ed internazionali (Bartok,
Scriabine, Premio Internazionale Pescara, Premio Internazionale
Senigallia, Gargano, Barletta, Sestri Levante, Gabicce, Lecce, Premio
Europeo Ostuni, Valle del Chienti, Gallipoli, ed altri).
Dal 1993 al 1995 è stato componente del Consiglio di Amministrazione
dell' Ente Autonomo Teatro S.Carlo a Napoli, Consulente musicale per i
servizi della Filodiffusione della RAI, e nel 1996 ha creato il Centro
Studi "Umberto Giordano", del quale è attualmente Direttore.
Silvio Feliciani - le opere

Testi e Saggi di studio


Gioventù, musica e società, oggi, Modernografico, Pescara (1975)
Quaderni di avviamento alla Direzione d. Coro, AMP, Sambuceto, 1981
Semiografia e strumentalità pianistica del '900, Teorema, L’Aquila,
1990
Per una nuova didattica della composizione, FEI, Pescara (1982)
Il cimento dell'armonia e dell'invenzione, Pro Musica Viva, Foggia, 1993
Metodologia dell’educazione musicale, Teorema, L’Aquila, 1994
The contemporary music in Italy (Ed. bilingue), Dante Alighieri Soc.,
Toronto (Canada), 1995
The teaching in Conservatories of music (Ed. bilingue), D. Alighieri
Soc., Toronto (Canada), 1995
Il salotto verista di Giordano, Cilea ed Alfano, Centro Studi
“U.Girodano” , Foggia, 1996
Il rinnovamento verista nell’opera lirica italiana, Centro Studi
“U.Giordano” , Foggia, 1996

Composizioni musicali
Dimensioni, per strum a fiato, Inedito, 1980
Erzsebet , per Voci rec. e Orch., FEI, 1981
Prigioniero del tempo, per Orchestra d'Archi, BERBEN, 1986
Myniature, per due Flauti, BERBEN, 1987
Tre lieder su testo di F.G.Lorca, per Voce e Pianoforte, FEI, 1988
Un convergente contrasto, per Organo, LA CASSANDRA, 1989
Fantasmagorie di un'ombra, per Chitarra, EDIPAN, 1991
Gli anelli estremi di una catena, per V.no e Pf., PAGANO, 1992
Io speriamo che me la cavo, per V.rec. e orch., EDIUNIV.,1993
L'albero dei poveri, per Coro misto e Orch., AGIMUS, 1993
Axo, per Spr.,fiat e Pc., EDIUNIVERSAL , 1994
Artemide, per V.llo e Pf., BERBEN, 1994
Isabella, per Soli , Coro e Orch., MUSICUM, 1995
Volgari amori, per Arpa sola, MUSICM, 1995
Interludio, per Cr.,Timp.,Archi, MUSICUM, 1995
Ossessione, per Fl.,Arpa,Perc.,MUSICUM, 1995
Il lago incantato, per Ott.,Cr.,Arpa,Perc.,MUSICUM, 1995
Il canto del Sinni, per Coro femm. e Orch., MUSICUM, 1995
Romanza, per Sopr. e Orch., MUSICUM, 1995
Potrò mai dirti, per Tenore e Orch., MUSICUM, 1995
Il canto della Quena, per Fl. e Chit., BERBEN, 1996
Goto, per Fl. e Chit., EDIUNIVERSAL, 1996
Calendes, per Coro a cappella, BERBEN, 1996
Indice

Andrea Chénier, cento anni di spartito

4 Presentazione
di Marco Renzi

6 Silvio Feliciani, vita e opere

11 Capitolo primo
Considerazioni generali

13 Capitolo secondo
Foggia, la città natale

33 Capitolo terzo
Gli anni di studio a Napoli

49 Capitolo quarto
Mala vita, 21 febbraio 1892

65 Capitolo quinto
Regina Diaz, 5 marzo 1894

78 Capitolo sesto
Andrea Chénier, 28 marzo 1896

115 Capitolo settimo


Casa Sonzogno

125 Bibliografia

ANDREA CHÉNIER
CENTO ANNI DI SPARTITO

Al Maestro Leonardo Quadrini


profondo consumatore di spartiti
dedico questo scritto
in segno di amicizia e simpatia

s.f.
12 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

I.
Considerazioni generali

E
' necessario definire esattamente i contorni di
ciò che intendo compiere in questo scritto:
l’atmosfera che mi prefiggo di creare, per
quanto difficile, non intende assumere i contorni
di una celebrazione di Umberto Giordano, perché
nell’anno in corso non vi sono state celebrazioni
dell’uomo, ma in modo specifico della sua prima opera di
lungo successo.
Questo Saggio viene infatti pubblicato nell’anno
1996, e l’iniziativa intende accompagnare le
manifestazioni culturali organizzate per la celebrazione
del primo centenario dell'allestimento dell'Andrea
Chénier.
L'Opera d'arte, quindi, è la nostra festeggiata. E
verso di essa cercheremo di compiere un significante
viaggio commemorativo, che ne illumini la nascita, la
crescita ed il felice destino.
E’ naturalmente inevitabile, nell’affascinante
percorso di vicende che conduce all’Andrea Chénier,
delineare anche la cornice esistenziale dell’Autore, ed
ogni vicenda della sua vita che risulta significativa
nell’approdo all’opera celebrata.
Di Giordano perciò, pure parleremo. Ma in modo
funzionale alla percezione del suo capolavoro, in modo
diverso dalla astratta enunciazione biografica della sua
carriera. Parleremo dei luoghi che influenzarono la sua
maturazione, e dei personaggi che vi hanno concorso.
CONSIDERAZIONI GENERALI 13
L'apertura delle celebrazioni del centenario della
nascita del Maestro avvenne trenta anni fa in quello che
oggi è il Teatro “U.Giordano” a Foggia: egli nacque infatti
in quella cittadina il 28 di agosto del 1867.
Del rapporto tra lui e la sua città natale si occupa il
prossimo capitolo.
14 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

II.
Foggia, la città natale

I
genitori di Umberto, Ludovico Giordano e Sabata
Scognamillo, imposero al loro nato anche altri due
nomi, Menotti e Maria.
Essi misero al mondo cinque figli, dei quali Umberto
fu il secondo, ma il primogenito Giuseppe morì purtroppo
all’età di sette anni.
Dagli atti in mio possesso si può rilevare che in
occasione del primo centenario della nascita dell’artista,
l'allora Amministrazione comunale di Foggia insediò un
apposito Comitato esecutivo per le celebrazioni
Giordaniane.
Alle attività del comitato collaborarono: il dott.
Angelo Celuzza (allora direttore della Biblioteca
provinciale), l'avv. Maurizio Mazza (allora direttore del
Museo civico), il maestro Vincenzo Terenzio (profondo ed
acuto musicologo), ed il pubblicista Attilio Tibollo.
Ho ritenuto di offrire una citazione a tutti costoro
perché è necessario rendere loro un sincero
ringraziamento: in quella occasione venne infatti raccolta
ed ordinata una gran mole di materiale che oggi risulta
prezioso per la ricostruzione degli elementi necessari ad
ogni studio Giordaniano.
In quella occasione, oltre che una splendida mostra
allestita all'interno del museo civico, vennero realizzate
moltissime manifestazioni.
E’ utile riportare il manifesto che l'allora Sindaco,
Vittorio Salvatori, fece predisporre e divulgare per tutta la
FOGGIA LA CITTÀ NATALE 15
città, per annunciare l'apertura delle manifestazioni. Esso
testimonia, infatti, della forte sensibilità che i cittadini di
quel tempo avvertivano per i comuni natali con l’artista.

Concittadini,
il 28 agosto ricorre la data della nascita di Umberto
Giordano.
A Voi mi indirizzo non per ricordarVi questa
fausta data, poiché farei offesa ad ogni autentico foggiano,
ma per unire al Vostro orgoglio il mio e quello dei
componenti la Giunta municipale e del Consesso
comunale.
Con UMBERTO GIORDANO, infatti, Foggia ha
rassegnato una fulgida figura al mondo del melodramma
di ogni tempo, affiancando il suo nome a quello di poche
altre città fortunate che hanno espresso Genii in ogni
campo creativo.
Insieme, perciò, grati, rendiamo omaggio all’opera
del Musicista; alle Creature immortali, generate e fatte
vivere dal Suo estro; alla Sua ispirazione, che è feconda e
felice interpretazione della passione, del calore, dell’animo
di questo nostro popolo.
Il Suo canto esplode nella protesta degli umili e
degli oppressi; le Sue note si infiammano di umana
passione; l’architettura delle Sue composizioni disegna
linee che modellano con palpitante verismo angoscie attese
e sentimenti popolari.
A questa Sua arte, nell’anno centenario della Sua
nascita, Foggia, l’Italia, il mondo rendono omaggio.
Il nostro impegno per registrare questo centenario,
perciò, si rivela più arduo, più responsabile, più stimolato,
com’è affiancato alle iniziative che in campi più ampi sono
state già realizzate o si preannunziano programmate da
enti lirici e da enti radiofonici.
16 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Onorati dell’accettazione da parte dell’On.ALDO


MORO della presidenza del comitato per le onoranze
nazionali ad Umberto Giordano, opereremo affinché
Foggia assolva dignitosamente il suo ruolo a fianco alle
altre città, Milano in testa, che questo evento hanno già
ricordato o si accingono a farlo.
VITTORIO SALVATORI
Sindaco

Dal palazzo di Città, Foggia 28 agosto 1967.

Le manifestazioni di devozione dei cittadini


foggiani verso Giordano, però, non vennero mai
concretamente ricambiate dal Maestro.
Sia pure con impeccabile cortesia, infatti, egli
declinò per molti anni tutti gli inviti a recarsi a Foggia, se
non in una sola circostanza, e dopo vari decenni.
Le ragioni di questa resistenza del Maestro a far
visita alla sua terra risiedono in un fatto dettagliatamente
ricostruito da G.B. Gifuni in un articolo de “il Mattino”,
pubblicato a Napoli il 16 dicembre 1961.
Giordano non riuscì mai a cancellare il suo
risentimento per un episodio di molti anni addietro, di cui
furono protagonisti alcuni amministratori municipali del
tempo, e che in effetti avrebbe potuto drammaticamente
pregiudicare il suo futuro destino di musicista e d’artista.
Nell’anno 1880 il giovane Umberto studiava nel
Conservatorio di musica San Pietro a Majella di Napoli
quale allievo esterno, e dimostrava “una disposizione per
la musica non comune”, come si legge in un attestato a
firma dei Maestri Ruta 1 e Serrao 2.

1
Ruta Michele (Caserta 1826 - Napoli 1896) compositore, didatta e
critico musicale. Allievo di F. Lanza al Conservatorio di Napoli, vi
insegnò dal 1879, divenendone in seguito direttore. Fu critico musicale
del “Corriere del mattino” di Napoli.
FOGGIA LA CITTÀ NATALE 17
L’attestato gli venne rilasciato dalla direzione nel
maggio 1880, allorché il Giordano fu costretto ad
interrompere quegli studi perché suo padre non era più
nelle condizioni di mantenerlo a Napoli.
Il padre decise quindi di inoltrare al Consiglio
Provinciale di Foggia la richiesta di un sussidio che
consentisse al giovane Giordano di poter continuare gli
studi nel Conservatorio partenopeo, proprio confidando
nelle concrete e serie prospettive di un felice destino
musicale cui, in mancanza di mezzi economici, il giovane
foggiano avrebbe dovuto rinunciare.
Copia di quella accalorata istanza, datata novembre
1880, nonché delle autorevoli attestazioni di Ruta e Serrao
che la corredavano, è conservata nella Biblioteca
Comunale di Lucera 3, donate da tale prof. Donato Civetta.
Costui le rinvenne tra le carte del padre, Giuseppe Civetta
di Alberona, che nel 1880 e negli anni successivi fu pars
magna dell’Amministrazione Provinciale di Capitanata.

5 novembre
Agli Illustrissimi Componenti il Consiglio
provinciale di Capitanata.

Umberto Giordano di Ludovico, di questo Comune,


di anni 13, umilia quanto appresso.
Nel maggio dell’anno 1879, trovandosi domiciliato
a Napoli presso suo padre, ottenne dietro concorso di
essere ammesso come alunno interno nel Real Collegio di
Musica di San Pietro a Majella nella qualità di pianista e

2
Paolo Serrao (Filadelfia di Catanzaro 1330 - Napoli 1907) compositore
e didatta, insegnante di composizione al Conservatorio di Napoli. Più che
per le sue opere liriche divenne noto come insegnante. Tra i suoi allievi
divenuti più famosi vanno infatti annoverati: Cilea, Leoncavallo,
Giordano, G.Martucci e Mugnone.
3
piccolo paesino a pochi chilometri da Foggia.
18 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

compositore. Ivi restò fino all’aprile del 1880, e se con


successo lo dimostra il qui unito certificato dei due
Direttori, onore e lustro della musica napoletana.
Serie sventure di suo padre vollero che qui facesse
ritorno e nel maggio del 1880 si abbandonasse quella
residenza, spezzando così barbaramente quel corso di studi
musicali e letterari che parata gli avevano una via ad un
felice avvenire.
Non sentendosi il petente chiamato ad altra branca
di studio, ma sibbene allo sviluppo di quelle sette angeliche
note, e non potendolo qui fare sia per la mancanza dei
mezzi che per la mancanza di professori, sente il bisogno
di ricorrere a quel Consiglio Provinciale che mai ha negato
il suo benefico concorso a pro di quegl’infelici che se ne
sono mostrati degni, e ciò per ottenere un sussidio che
valga a farlo inchiudere nel Real Collegio di San Pietro a
Majella, per ivi continuare e completare il suo corso di
studi.
Egli non affaccia diritti, perchè non ne ha; solo
domanda grazie, e le SS.LL., generose sempre, non
vorranno negargliele. Fiducioso di tanto ottenere, si
proffera con la più solenne ed eterna gratitudine.

L’istanza, misteriosamente, non ebbe alcun esito.


Non solo il sussidio non venne accordato, ma papà
Ludovico non ottenne alcuna risposta dagli amministratori
foggiani.
Sfogliando gli Atti del Consiglio Provinciale di
Capitanata, Sessioni ordinarie e straordinarie del 1880, si
trova conferma della presentazione della domanda di
Giordano, iscritta all’ordine del giorno di una sessione
straordinaria del Consiglio, convocata col decreto
prefettizio 27 novembre 1880, alla pag. 58, col n.69 degli
argomenti indicati nell’o.d.g.
FOGGIA LA CITTÀ NATALE 19
Risultano discusse ed approvate molte altre
richieste di sussidio, anche non documentate o giustificate
da particolari meriti. Ma non viene fatto alcun cenno della
domanda di Giordano. Essa non viene nemmeno presa in
considerazione.
Le ragioni di tale circostanza risiedevano nel fatto
che, a giudizio di quegli amministratori, il Giordano non
poteva considerarsi, a differenza degli altri postulanti, un
vero foggiano. Egli e la sua famiglia provenivano da
Napoli, ed a Napoli prima o poi sarebbero tornati. Il
danaro di un eventuale sussidio non avrebbe fruttato, in
termini politici, quello che invece avrebbe fruttato in una
famiglia foggiana, meglio ancora se numerosa.
A quel punto il Dr. Ludovico cercò di convincere il
disperato figliolo ad accettare altri destini, e lo iscrisse al
Liceo Lanza di Foggia, dove già Umberto era stato iscritto
fino al 1878.
Tutto il breve periodo foggiano è stato
splendidamente descritto dal Giordano stesso molti anni
dopo, nel 1923, in una intervista rilasciata a M.Alicino e
pubblicata nella Gazzetta di Puglia il 24 dicembre 1923.

Mio padre, siccome voleva far di me un medico, mi


avviò agli studi classici. Frequentai le scuole del Ginnasio-
Liceo “Lanza”, ma non erano essi la mia passione. Io
amavo invece la musica e volevo essere un musicista;
perciò cercai di imparare i primi elementi musicali dai
concittadini Luigi Gissi e Giuseppe Signorelli. Curò il
preludio della mia cultura musicale anche l’ingegner
Gaetano Briganti, inventore di uno strumento che ha
preceduto la moderna pianola.
Il Briganti aveva trovato allora anche la maniera di
poter avere il quartetto ad arco. Di strumenti simili
quest’uomo veramente geniale ne aveva inventati
20 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

parecchi; se avesse vissuto in una metropoli, gli sarebbe


stato possibile sviluppare e affermare le sue invenzioni.
A Foggia, Gaetano Briganti morì ignoto tra
l’indifferenza di tutti. Egli fece per me più degli altri,
iniziandomi allo studio della musica. Lo ricordo sempre
con animo filiale e devoto.
Era tale e tanta la passione che avevo per il teatro,
che ogni giorno alla stessa ora solevo passeggiare attorno
all’edificio del teatro Dauno, innamorato di tutto quello
del quale esso parlava al mio cuore. In quell’età piccola
mio padre non mi concedeva il lusso di frequentarlo,
perchè riteneva ciò dannoso ai miei studi. Ma io elusi la
severità paterna, procurandomi in questo modo il mezzo di
poter assistere agli spettacoli del Dauno : divenuto amico e
aiutante dell’attrezzista del teatro, gli offrii gratis il mio
lavoro. Cosicché prima dello spettacolo, preparavo sul
palcoscenico i tavoli, le sedie e i vari oggetti che
occorrevano alla rappresentazione...
Trovai dunque in mio padre la più energica
opposizione. Egli credeva che la mia passione musicale
fosse un diversivo per non studiare il latino, e quindi giù
tirate d’orecchi e scapaccioni per allontanarmi dal
pianoforte e farmi tornare a quei libri che egli giudicava
più vantaggiosi per me.
Durò così fin quando egli non si persuase che i
mezzi cui ricorreva per farmi cambiare indirizzo erano del
tutto inidonei a sottomettere la mia passione alla sua
volontà.

Fu solo nel 1882 che nella farmacia del Dr.


Ludovico giunse un giornale napoletano in cui si dava
notizia del Bando di Concorso del Real Collegio di
Musica di Napoli per “un posto franco interno di
Composizione”. Il Real Collegio era una struttura annessa
al Conservatorio, nel quale gli allievi più meritevoli
FOGGIA LA CITTÀ NATALE 21
potevano vivere a carico dello Stato, senza oneri per le
famiglie.
Era l’occasione irripetibile per Umberto. Lui la
prese come l’occasione per dimostrare, a quei concittadini
che gli avevano negato il suo destino, che egli poteva
farcela da solo.
Al concorso parteciparono circa trenta concorrenti
giunti da ogni parte d’Italia, ma l’esito fu nefasto per tutti:
nessun vincitore.
Dal racconto di quella giornata tramandatoci da
Daniele Cellammare 4 sappiamo che al termine dello
scrutinio pubblico il maestro Serrao, ad alta voce, chiese:

“chi di voi si chiama Giordano ?”

Padre e figlio si precipitarono verso il maestro:

“ma dove ha studiato questo ragazzo?”


“Non sa nulla: il basso è pieno di errori”
“Però le due composizioni libere rivelano molta
fantasia, ed hanno richiamato l’attenzione della
Commissione e specialmente mia. Questo concorso, oggi,
non ha dato alcun risultato e si dovrà ripetere tra sei mesi.
Lasciate vostro figlio a Napoli e gli darò io lezioni
gratuitamente: fra sei mesi si ripresenterà agli esami, ed io
sono sicuro che vincerà.”

Il Dr. Ludovico attraversava però un periodo


seriamente difficile, e non aveva la possibilità di
mantenere il figlio a Napoli. Si rendeva però

4
critico musicale, conterraneo e contemporaneo del Giordano.
Conoscitore minuzioso delle fonti familiari e ricercatore solerte dei
principali avvenimenti della vita del Maestro. Ricevette dal Giordano
stesso l’incarico di pubblicarne la biografia, edita da Garzanti nel 1949.
22 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

responsabilmente conto di quanto fosse importante trovare


la soluzione per fornire al figliolo quella opportunità.
Fece violenza a tutto il suo orgoglio ed a quella che
considerava la propria dignità, e chiese aiuto ad alcuni
vecchi amici napoletani di suo padre, la famiglia di
Federico Medolla, che accettò di ospitare il giovane
Umberto per sei mesi.
Il Concorso venne ripetuto nel giugno del 1882 ed
il piccolo Giordano, a pieni voti, fra ben cinquantasette
concorrenti, guadagnò il sospirato posto gratuito di
composizione presso il Conservatorio di Napoli. Quel
posto che gli consentì di diventare musicista, e di
diventare musicista di successo.
Il piccolo Giordano ricevette molte felicitazioni per
questo primo successo.
Contestualmente rifletteva, però, che per esso non
poteva ringraziare i suoi concittadini ma esclusivamente la
fiducia e la stima di poche persone del tutto estranee alla
sua città natia.
Probabilmente nella mente del giovane Umberto
rimase anche impressa la stizza con cui suo padre, il Dr.
Ludovico Giordano, nella farmacia foggiana, accolse un
articoletto pubblicato sul n.19 del giornale Il Nazionale di
Foggia, il 7 luglio 1882:

Con sommo piacere rileviamo che nel Concorso


tenuto al Collegio di Musica S.Pietro a Majella in Napoli
il 24 giugno, tra i nomi degli approvati che meritarono il
posto gratuito, è segnato -per composizione- il giovane
Umberto Giordano di Ludovico, di anni 14, da Foggia. Ce
ne rallegriamo di cuore con l’egregio giovanetto nostro
concittadino perché siamo sicuri che continuando a
studiare farà onore alla sua patria.
FOGGIA LA CITTÀ NATALE 23
“Codesti foggiani son sempre lesti ad osannare un
vincitore, dopo la battaglia !”. Esclamò lo stimato
farmacista, al cospetto del figliolo.
Umberto Giordano partiva così definitivamente da
Foggia il 9 novembre 1882, prima destinazione Napoli, e
non vi fece mai più ritorno sino al giugno 1928.
Nel 1891 anche i suoi genitori, insoddisfatti
dell’ambiente, abbandonarono per sempre Foggia per
recarsi a Napoli, dove il Dr. Ludovico aprì una piccola e
nuova farmacia alla Torretta.
Non a caso, quindi, le cronache del tempo
riportano che il Maestro non possa considerarsi foggiano,
ma debba considerarsi in realtà in parte partenopeo ed in
parte milanese, sia pure entrambe quali patrie d’adozione.
Ma fu probabilmente difficile e triste, per lui,
privarsi della frequentazione della città nella quale
nacque, ed alla quale era comunque legato dai ricordi
della sua più tenera infanzia.
Eppure ci riuscì per lungo tempo.
Gli inviti dei concittadini si facevano via via, negli
anni, più pressanti.
La scuola, il teatro, la piazza a lui dedicate a
Foggia hanno lentamente fatto breccia nel suo cuore ed
alla fine, dopo vari decenni, si decise ad accettare di
recarsi nella sua città natale, sia pure per un solo giorno.
Ma non era ancora disposto a dimenticare, né a
perdonare.
Di tutta questa imbarazzante situazione esiste una
abbondante documentazione, di cronaca ed epistolare.
Una visita del Maestro a Foggia, più volte
promessa ed elusa, era ormai considerata dai foggiani pura
illusione. Sembrava impossibile ed irrealizzabile.
Nel Foglietto -il più diffuso settimanale foggiano
del tempo- e precisamente nel numero pubblicato il giorno
15 ottobre 1925 si legge:
24 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Possiamo dare l’ a t t e s a notizia che il Maestro


Giordano ha accettato, f i n a l m e n t e , di venire a
Foggia. La nota agenzia teatrale milanese diretta dal sig.
Gaetano Cannella ha scritto a Medoro Pecorella
(impresario dell’allora Teatro Dauno) che d o p o
un lavoro assiduo, costante ed
i n s i s t e n t e , il maestro Umberto Giordano ha dato la
formale ed esplicita
a s s i c u r a z i o n e che è disposto a recarsi a Foggia
nella ventura stagione di maggio. Il Cannella conchiude la
lieta comunicazione mostrando tutto il suo compiacimento
d’aver potuto f i n a l m e n t e s t r a p p a r e l a
d e f i n i t i v a p r o m e s s a dell’Illustre maestro
Giordano della visita alla sua città natìa. Vi è ora tutto il
tempo e tutto l’agio per organizzare degnamente la
stagione lirica ed i festeggiamenti decretati dal Comune e
dalla Scuola di Musica in onore dell’insigne maestro

Ed ancora, nel Foglietto del 12 aprile 1928:

Il nostro valoroso amico e comprovinciale Comm.


Francesco Maratea, brillante e colto giornalista, nella
fervida vigilia musicale del “Re” di Umberto Giordano,
che si darà prossimamente alla “Scala”, ha avuto col
Maestro una vivida e toccante intervista che è stata
pubblicata nel “Messaggero” di domenica.
...il Maestro rievoca con nostalgico, filiale affetto la
città natale: Foggia, m e t t e n d o u n a b u o n a
volta fine a leggende stolte e
pettegole.
“Se ne son dette di tutti i colori sull’origine della
mia resistenza ad accogliere i
ripetuti inviti della mia città
n a t i v a ”, dice il Maestro, “Si sono dette anche molte
FOGGIA LA CITTÀ NATALE 25
sciocchezze. Si è perfino pensato che io nutrissi rancore
per non so quali aiuti o quali b o r s e d i s t u d i o
che il bimbo sconosciuto che io
ero non ottenne da quel
m u n i c i p i o quando nulla poteva far indovinare le
mie possibilità artistiche. Sciocchezze, ripeto. La verità è
che io amo Foggia, e tutte le volte che sono impegnato in
qualche difficile prova, come ora che sta per vararsi “il
Re”, sento intorno a me la cordialità incoraggiante dei
miei concittadini foggiani. Mi lusinga l’affettuoso
pensiero che essi hanno avuto intitolando al mio nome un
recente ma già fiorente istituto di cultura musicale e di
esecuzioni orchestrali. Seguo lo sviluppo della città con
immenso compiacimento. Ardo dal desiderio di rivederla.
Se al “Dauno”, nella stagione primaverile dell’anno
venturo, vorranno inscenare un’opera mia, io sarò felice di
dirigerla. Ne prendo impegno con voi.”
Una forte stretta di mano ha suggellato la
promessa, che affidiamo in amorosa custodia a i
conterranei aspettanti.
Essi hanno buona memoria !
Francesco Maratea

Non ci vuol molto a cogliere, dietro la deferente


cortesia, quasi volutamente esagerata delle parole di
Giordano, un chiaro e sottile messaggio lanciato ai suoi
concittadini in quello squisito stile meridionale che egli
usava quando sapeva di parlare con chi poteva
comprenderlo.
Egli ancora non aveva dimenticato. Né perdonato.
Per chiunque, però, non sarebbe stato facile, dopo
la dedica di una Scuola, continuare a rifiutare ad una città
il dono d’una visita d’un giorno.
Era noto inoltre che per Giordano, allora
frequentemente impegnato anche all’estero, i viaggi di
26 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

migliaia di chilometri non costituivano certo una


difficoltà; egli si recava continuamente in moltissime città
italiane ed estere per seguire l’allestimento delle sue
Opere.
L’intervista riportata venne rilasciata nella sua casa
milanese, e fu da lui attentamente ricontrollata prima della
stampa. In essa Giordano si prefigge l’obiettivo di
mantenere sempre tiepidi i rapporti con i suoi concittadini.
Ma intende anche far loro comprendere senza equivoci le
ragioni del suo risentimento. Lui stesso le richiama e le
definisce “sciocchezze”, ma questo appartiene appunto a
quello stile tutto meridionale di dire e non dire, di
accennare e di smentire. Egli intende far loro comprendere
inoltre che le più elementari regole di buona creanza
imponevano che il locale Teatro programmasse almeno
una volta una sua opera ! Un sottile rimprovero nemmeno
minimamente celato.
Quell’intervista attesta un rapporto seriamente
conflittuale, tra l’uomo Giordano e la città di Foggia, e la
sottile ironia del linguaggio documenta il forte
risentimento che il Maestro, a distanza di molte decine
d’anni, ancora nutre. Ma il fatto che egli si risolva a
denunciarne pubblicamente l’esistenza dimostra che il
suo sfogo è pervenuto all’apice, e che da quel momento in
poi gli è possibile sentirsi un po' appagato. Questa è la
ragione per cui, da quel momento, assume seriamente in
esame la possibilità di recarsi nella sua città natale. Ma
molte cose lo trattengono ancora.
E’ ulteriormente comprovante di tutto ciò, se mai
ce ne fosse bisogno, il fatto che lo stesso firmatario
dell’articolo sul Foglietto, Francesco Maratea, foggiano,
nel Messaggero della domenica precedente aveva
pubblicato la stessa intervista a Giordano, preceduta però
dal seguente cappello:
FOGGIA LA CITTÀ NATALE 27
Sì, il pubblico milanese gli fu sempre benevolo e
fido; ed egli stesso, il Maestro, p u ò a b u o n
diritto considerarsi milanese di
antica e irrevocabile elezione.

Dunque il Giordano, in altra sede, si considerava


milanese e ne chiedeva il diritto.
Nel giugno di quello stesso anno, comunque,
Giordano mantenne l’impegno assunto e si recò a Foggia.
La cronaca dettagliata di quel giorno, quella diffusa
dai foggiani, è riportata sempre nel Foglietto, edizione
dell’8 giugno 1928, in un numero speciale redatto da tale
Matteo Incagliati.
Ma dell’evento esistono anche tracce in una
corrispondenza tra il Giordano,che allora risiedeva a
Milano, e suo padre allora novantenne, che risiedeva a
Napoli.
Ciò che più di ogni altra cosa preoccupava
Giordano, di quella visita, era l’assalto della folla,
quell’orgia di invadenza, di isterismo popolare tipico della
gente di quel luogo, che egli ben conosceva.
Egli aveva scritto, prima della visita:

Se potessi arrivarvi non riconosciuto vi andrei


subito: chissà con che cuore sosterei dinanzi alla povera
casa paterna presso la chiesetta di S.Eligio !
Ma laggiù mi sono promesse accoglienze...e questa
prospettiva, questa certezza, mi fa tremare. Ecco perché
finora ho esitato ed ho rinviato sempre. Pure bisognerà che
mi decida.

Dunque egli desiderava rivedere Foggia. Ciò che


non desiderava rivedere, anzi che addirittura temeva di
rincontrare, erano i foggiani.
28 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

E’ un destino triste, un certo stereotipo di quel


popolo. Ma esso è pure consolidato da un antico detto
popolare conosciuto in tutto il mondo: fuggi da Foggia,
non per Foggia ma per i foggiani. Recitata in dialetto
locale, questa frase, assume connotazioni fonologiche
assonanti e curiose che ne giustificano la facile
divulgazione.
E’ legittimo supporre che la visita ai luoghi della
sua primissima infanzia non possa avere lasciato Giordano
indifferente nella sua interiore e spiccata sensibilità. Ma
dalla documentazione epistolare emerge che ciò che più di
tutto lasciò un segno nel suo animo, di quella visita, non
furono le sensazioni dei luoghi rivisti, ma talune
grossolane manifestazioni cui la gente del luogo lo
costrinse.
Egli, così riservato, pudico nei suoi sentimenti,
misurato nel gesto e nel comportamento, si trovò in
situazioni per lui estremamente imbarazzanti: come quella
in cui fu abbracciato ed impetuosamente baciato
pubblicamente, nel mezzo di una folla tumultuosa alla
stazione, da una anziana popolana che urlava d’essere
figlia della donna che allattò bambino il Maestro !
La cronaca locale, di quella preziosa visita, non
colse alcuna intimità filologica, né indagò alcuna
fattispecie intellettuale, si occupò esclusivamente della
morfologia...fisica e della salute del celebre Maestro.
Riportano così l’episodio le cronache locali del
tempo:

Quando il Maestro, alto, q u a d r a t o , dalla


maschia faccia pugliese, sano e
f o r t e , circonfuso di gloria, abbracciò la popolana
suscitò nell’animo dei presenti un indimenticabile fremito
di commozione intensa.
FOGGIA LA CITTÀ NATALE 29
Giordano ne uscì prostrato e giurò, come infatti
avvenne, che quella era stata la prima e sarebbe stata
l’ultima volta che si recava a Foggia. Ma lo stile, la
cortesia ed una sostanziale indole conformista del
Giordano, lo indussero comunque, al suo ritorno a Milano,
a ringraziare ufficialmente il Podestà di Foggia, Avv.
Perrone, con un lusinghiero telegramma.
In fondo, nel corso della sua visita, erano stati
sparati centinaia di razzi multicolori, bengala, erano state
consumate enormi quantità di fiaccole, ed accese migliaia
di luci colorate.
Per quanto folcloristico, quello era comunque il
modo, per quella gente, di esprimere il proprio orgoglio
d’essere concittadina di un uomo tanto illustre, che in quel
momento si trovava in città.
Inoltre v’era stato anche l’annuncio che, nell’anno
successivo, auspice la Scuola di musica già intitolata al
Giordano, sarebbe stata murata sulla facciata della casa
nativa del Maestro una lapide (!) con la seguente
iscrizione degli avvocati foggiani Michele Capuano e
Giovanni Raho:

Quì nacque l’autore di Fedora, Siberia, Chénier,


ond’ebbero voci immortali Amore, dolore libertà. Con
materna fierezza Foggia consacra nel marmo la Gloria di
Umberto Giordano.

Il Giordano, piuttosto scaramantico in ragione della


sua intensa frequentazione del clima partenopeo, fu
estremamente imbarazzato e teso, a questa notizia.
Ciò che invece gli fece enormemente piacere fu la
modifica della titolazione del Teatro cittadino, da Teatro
Dauno 5 a Teatro Umberto Giordano.

5
La Daunia è la antica denominazione del comprensorio pugliese
comprendente e circostante la città di Foggia.
30 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Né la città di Milano né quella di Napoli, per


quanto imparagonabili per infiniti altri aspetti a quella di
Foggia, sarebbero mai arrivate a tanto nei suoi confronti.
Questo tributo, culturalmente ben più significativo
dei bengala e dei mortaretti, consentiva al Giordano di
prendersi una grossa soddisfazione, nei confronti del
Puccini, con il quale principalmente, a Milano doveva
contendersi successi, conquiste artistiche e tributi
cittadini.
La loro amichevole concorrenza era iniziata
proprio nell’anno dello Chénier e della Bohème, il 1886,
allestite quasi contemporaneamente e legate da un felice
comune destino di successi. Composte nello stesso
periodo, in collaborazione con il medesimo librettista,
Luigi Illica 6.
Puccini, per quanto anch’egli già notissimo,
affiliato alla scuderia opposta a quella del Sonzogno, Casa
Ricordi, , non poteva ancora vantare la intitolazione di un
Teatro.
Quello di Foggia non era certamente paragonabile
alla Scala o al San Carlo, ma il Giordano sperava che,
prima o poi, quel piccolo teatro avrebbe potuto accrescere
la sua fama e qualificare la propria produzione artistica.
Purtroppo però il Teatro “U.Giordano” non è mai
riuscito a diventare né Ente lirico e nemmeno Teatro di
produzione. La attività artistica è rimasta sempre gestita a
livello amministrativo locale, imprigionata da un
accentuato dilettantismo politico, ed i pur cospicui

6
Luigi Illica (Castell’Arquato di Piacenza 1857 - Colombarone di
Piacenza 1919) librettista ed autore drammatico. Fece parte del gruppo
che si raccoglieva intorno a Boito. Scrisse circa 80 libretti, di cui molti
per i maggiori operisti del tempo: per Puccini (Manon Lescaut, Bohème,
Tosca, Madame Butterfly, gli ultimi tre in collaborazione con Giacosa),
per Franchetti (Cristoforo Colombo e Germania), per Giordano (Andrea
Chénier e Siberia), per Mascagni (Iris, Le maschere, Isabeau) e per
Catalani (La Wally).
FOGGIA LA CITTÀ NATALE 31
finanziamenti ottenuti dallo Stato per le stagioni liriche
sono sempre stati amministrati in modo maldestro, come
fertile terreno di caccia di piccole imprese teatrali private.
Tant’è che ancor oggi esso non dispone di alcuna
programmazione intellettuale autonoma, né a lungo e né a
medio termine.
A causa di ciò, a distanza di un secolo da quel
1886, il Puccini si aggiudica un rivincita senz’altro
schiacciante, su quella intitolazione dedicata al Giordano.
In questo anno moltissime associazioni liriche di
tutta Italia hanno profuso ogni sforzo per commemorare
degnamente il primo allestimento dello Chénier, ma
Foggia ed il suo Teatro, a causa di una manifestazione di
protesta inscenata da alcuni professori del locale
Conservatorio indifferenti alla importante ricorrenza, non
sono state in grado di offrire una sola nota al celebre
concittadino, la sera del 28 marzo 1996.
La Bohème, invece, maestosamente riallestita alla
Scala, è stata addirittura trasmessa via satellite dal primo
canale della RAI.
Dunque il secolo trascorso sembra rendere ragione,
al Maestro, d’un atteggiamento diffidente e riottoso ad
indulgere ad ogni frequentazione della sua città natale. E
quella massima costruita sullo stereotipo foggiano appare
famosa a buon diritto.
Ho ritenuto necessario approfondire la vera luce
storica del rapporto tra la città di Foggia ed il Giordano,
poiché gli scritti esistenti, al riguardo, nel migliore dei casi
sorvolano la circostanza.
La causa di ciò risiede probabilmente nel fatto che
la scarna bibliografia esistente risale a vari decenni
passati, quando la critica musicologica minore risentiva
ancora fortemente di una certa indulgenza al
conformismo.
32 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Inoltre la gran parte degli autori che hanno scritto


al riguardo sono pugliesi, o addirittura foggiani, ed anche
se hanno percepito la verità storica hanno preferito non
portarla alla luce per un naturale imbarazzo.
Ma il compito di chi ricerca è di restituire
onestamente gli esiti del lavoro svolto, prescindendo da
ogni valutazione o giudizio sociologico che non riguarda e
non può riguardare in modo particolare nessuna delle
persone che oggi vivono in quella comunità cittadina.
E’ utile, per chiudere questo primo capitolo, fornire
l’elenco del materiale Giordaniano di un qualche interesse
che si trova in Foggia, tutto custodito nel locale Museo
Civico (il Teatro, infatti, non dispone di un Museo
annesso). In verità si tratta di poco:

1 - Manoscritto autografo per Canto e Pianoforte dell’Andrea Chénier


rilegato in velluto con chiusura in borchie di argento, donato alla città
dall’Autore nell’ottobre 1947. Museo Civico.
2 - Manoscritto autografo per Canto e Pianoforte della Fedora. Museo
Civico.
3 - Manoscritto autografo per Canto e Pianoforte della Festa del Nilo.
Museo Civico.
4 - Casa natale di Umberto Giordano, disegno a penna di Vittorio
Tamalio a sua volta tratto da un disegno di Mario Menduni: cm. 110 x
80. Museo Civico.
5 - Ritratto del maestro Paolo Serrao con la dizione autografa: “al mio
carissimo Umberto Giordano allievo, e gloria del nostro Conservatorio
di Napoli. Affettuosamente”. Museo Civico.
6 - Ritratto di Alberto Franchetti con la dedica autografa: “Ad Umberto
Giordano con sentimento di perenne amicizia per l’uomo e di
ammirazione per l’artista”. Museo Civico.
7 - Ritratto di Umberto Giordano con dedica autografa al prof. Rodolfo
Santollino: “Un artista diventa celebre quando arriva ad imporre i suoi
difetti”.Museo Civico.
FOGGIA LA CITTÀ NATALE 33
8 - Ritratto di Gustav Mahler con dedica autografa al maestro
Giordano. Vienna, maggio 1900. Museo Civico.
9 - Ritratto di Saint-Saens con dedica autografa a Umberto Giordano,
datato 1904. Museo Civico.

E questo è tutto.
La gran parte degli autografi, in spartiti e partiture,
nonché dei contratti e dell’epistolario, sono custoditi dalla
Casa Musicale Sonzogno di Milano.
I manoscritti relativi ad opere giovanili, compiti e
prove d’esame, sono invece custoditi a Napoli, nella
Biblioteca del Conservatorio “S.Pietro a Majella”.
Tutto il resto è in possesso degli eredi Giordano.
A Foggia la casa natale del musicista si trova nella
ancora esistente via Pescheria. Ovvero vi si trova ciò che è
stato, di essa, ricostruito dopo i bombardamenti del 22
luglio 1943.
Al suo interno, attualmente, previa bizzarra
delibera del Comune, opera una associazione di tracking
su roccia.
Ma al suo esterno figura ancora la gloriosa lapide
di cui ho narrato la storia.
Ed essa è quanto resta della devozione della città
natale verso il Maestro Umberto Giordano, concittadino.
34 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

III.
Gli anni di studio a Napoli

L
a vita e gli incontri del giovane Umberto a
Napoli, convittore interno del Real Collegio,
incidono in modo indelebile sul futuro destino
musicale del Maestro.
La sua prima amicizia di adolescente è con
Francesco Cilea, Ciccillo per Umberto, vicino di posto in
camerata ed a scuola.
A quei primi felicissimi anni di formazione dei due
grandi artisti è legato anche l’emozionante incontro con
Wagner.
Molti anni dopo, Giordano nel ricordare
quell’episodio, così scrive a Lucio d’Ambra:

C’è un destino favorevole che ci ha voluto uniti fin


dall’adolescenza: non ci siamo infatti, io e Ciccillo, staccati
mai. Tutt’e due convittori a San Pietro a Majella, allievi
dello stesso maestro, Paolo Serrao, e per alcuni anni vicini
di posto a scuola e vicini di letto in camerata, ci siamo poi
inseguiti con le opere e con i successi. Ciccillo scrive la
Tilda e io la Mala vita, l’una e l’altra, come il tempo
voleva, d’ispirazione verista. E Sonzogno, che ci ha accolti
nella sua Casa, ci mette a lato di Mascagni e Leoncavallo e
con loro ci manda in giro, noi e le nostre opere, di città in
città, a raccogliere i primi applausi per tutta la penisola;
quindi allestisce una serie di spettacoli a Vienna, nel
Teatro dell’Esposizione Universale di Musica, e ci
presenta a quel pubblico. Dopo, io proseguo con lo
GLI ANNI DI STUDIO A NAPOLI 35
Chénier e la Fedora, e Cilea mi raggiunge di là a poco
con l’Arlesiana e l’Adriana. E si va avanti così, per
mezzo secolo, a volerci bene, fin quando ci si ritrova
all’Accademia. E anche Riccardo Wagner volle unirci.
Proprio così. Ché a me ragazzo, dopo che avevamo cantato,
in coro, Wagner diede la mano destra, e a Ciccillo Cilea,
che mi stava accanto, la sinistra. io avevo tredici anni,
Ciccillo quattordici, e tutt’e due eravamo alunni della
scuola di pianoforte e di composizione nel Conservatorio
napoletano. In quella primavera Wagner soggiornava a
Napoli, in una bella villa a Posillipo, villa d’Angri, e
insieme a Cosima Liszt venne a visitare l’istituto...

Quella visita dell’autore del Tristano, iscritta tra gli


avvenimenti memorabili nella vita dell’Istituto, è
dettagliatamente descritta nel volumetto R.Wagner e i
wagneristi (Ancona, 1883) a cura di Francesco Florimo,
allora ottuagenario archivista di San Pietro a Majella,
amico fraterno e primo biografo di Bellini.
Riccardo e Cosima Wagner furono invitati dal duca
di Bagnara, presidente del Collegio Musicale.
Essi assistettero il Giovedì santo all’esecuzione del
Miserere di Leonardo Leo 7 nella chiesa dell’istituto. C’è
anche chi sostiene che l’effetto di quelle voci bianche poté
forse dare al maestro anticipi suggestivi dei cori infantili
del Parsifal.
Il giorno seguente, visitato lo storico archivio ed
intrattenutisi a lungo con il Florimo sugli autografi e sui
cimeli belliniani che lo stesso archivista aveva raccolto, i
coniugi Wagner presenziarono al saggio offerto in loro
onore dagli allievi.

7
Leonardo Leo (San Vito dei Normanni, Brindisi 1694 - Napoli 1744)
compositore. Visse a Napoli al servizio della cappella reale, prima come
organista e poi come maestro di cappella. Insegnò in vari conservatori
napoletani ed ebbe fra gli allievi Jommelli e Piccinni.
36 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

E’ affascinante rievocare quanto accadde,


attraverso le parole, questa volta, del Cilea:

Rivedo Wagner seduto tra Cosima e il Florimo, coi


piedi appoggiati sul pavimento che metteva freddo solo a
guardarlo, e Wagner, a noi che stiamo per metterci a
cantare, fa cenno d’aspettare, ché lui non è ancora pronto.
E si volta, difatti, a Florimo: “C’è un tappetino ? ho freddo
ai piedi”. Il tappetino vien subito, abbastanza lungo, una
specie di scendiletto, talché sopra v’è posto anche per i
piedini di Cosima. E il gran maestro, caldi i piedi, ci dà lui
il via prima che lo dia il nostro maestro. Cantiamo bene,
cantiamo giusto, pur con una maledetta paura. Wagner,
con gli occhi che lampeggiano, ci squadra tutti, uno per
uno. Poi, alla fine, batte le mani e, senza portarsi dietro il
tappetino, viene fra noi: “Voi, come vi chiamate?... E
Voi?”. Poi chiede: “Tutti compositori?”. E poiché, per il
nostro gruppo, gli rispondono di si i maestri, dato che noi
allievi non osiamo parlare di composizione davanti al
Genio, esclama: “In Italia tutti musicisti...”. Guarda
Florimo e gli dice: “Saranno forse tra questi ragazzi gli
eredi del vostro immenso Bellini...”. Dà la mano, con gesto
d’augurio, a quelli che ha più vicini. Poi si vede accanto,
venendo avanti, me piccolo e sottile, e Giordano già alto e
fortemente squadrato : dà una mano a lui e l’altra a me.
Non so nulla di quella di Umberto. Certo la mia mano
trema, tutta fredda, in quella di Wagner, il quale poco
bada a noi e ascolta invece quello che gli dicono i nostri
insegnanti.

Quando il Giordano venne ammesso al


Conservatorio di Napoli il direttore di quella Istituzione
GLI ANNI DI STUDIO A NAPOLI 37
era l’eccellente maestro Lauro Rossi , autore di parecchie
8

opere che al tempo riscuotevano successo.


Il Giordano, oltre che il contrappunto e la
composizione con Serrao, studiò anche organo con Marco
Enrico Bossi, pianoforte con Martucci e violino con
Angelo Ferni.
Per il giovane pugliese il maestro Serrao aveva una
speciale predilezione, e spesso lo invitava a casa sua, dopo
le lezioni al Conservatorio.
Al Rossi successe il maestro Pietro Platania 9, che
per il Giordano condivise le stesse simpatie nutrite dal
Serrao.
Il Serrao, ferratissimo nelle discipline
contrappuntistiche di Leo, del Durante 10, del Sala 11,
esortava i suoi allievi a rendersi familiare quella severa e
faticosissima ginnastica intellettuale che consiste nello
studio dei canoni e delle fughe.
Il Giordano per tutto ciò aveva una facilità
incredibile, e ci riusciva a meraviglia.
Al termine dell’anno scolastico 1886-87 una sua
fuga a cinque parti riportava, agli esami, la media di punti
9,75 su dieci.

8
Lauro Rossi (Macerata 1812 - Cremona 1885) compositore. Tra le sue
opere più note: Le contesse villane (1829), Azema di Granata (1846), I
falsi monetari (1844), Il maestro e la cantante (1874) , il Domino nero.
Come operista rappresentò la continuazione della tradizione rossiniana
nell’ottocento, incentrata sull’opera buffa con i suoi ritmi brillanti, gli
schemi tonali classici e il bel canto convenzionale.
9
Pietro Platania (Catania 1828 - Napoli 1907) compositore. Autore di
opere teatrali improntate a un severo accademismo: Matilde Bentivoglio
(1852), Spartaco (1891). Coltivò anche la musica sacra e sinfonica:
L’Italia, Sinfonia funebre in memoria di Pacini. Fu anche direttore del
Conservatorio di Palermo e della cappella del duomo di Milano.
10
Francesco Durante (Frattamaggiore, Napoli, 1684 - Napoli 1755)
compositore.
11
Nicola Sala (Tocco Claudio, Benevento, 1713 - Napoli 1801) teorico e
compositore. I suoi lavori teorici (le Regole del contrappunto, 1794, i
Solfeggi e soprattutto i Canoni) ebbero notevole importanza didattica.
38 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Nella biblioteca del Conservatorio San Pietro a


Majella sono conservati, di quegli anni, i seguenti lavori
accademici:

1 - Contrappunto, 1883, manoscritto autografo


2 - Corso di contrappunto a due voci, 1883, manoscritto autografo
3 - Imitazione a due voci, 1883, manoscritto autografo (Esercitazione di
esame)
4 - Partimento a quattro voci, 1883, manoscritto autografo (Prova di
esame)
5 -Corso di contrappunto.Esercitazioni di fuga e di canone, 1885,
manoscritto autografo.
6 - Scena di Rocco Pagliara 12 - La fornarina (Prova per l’esame finale
di composizione, per Soprano, Coro e orchestra), 25.10.1890,
manoscritto autografo.
7 - Verbali d’esame per le prove di pianoforte, canto, violino; prova
scritta di strumentazione per orchestra; fuga a cinque voci su tema di
Platania; brano strumentale (dall’op.53 di Schubert).

Ma il Giordano non eccelleva solo nello stile


accademico. I suoi progressi furono ragguardevoli anche
sulle grandi forme della composizione strumentale
classica. Già nel 1886 egli presentò al giudizio del
pubblico del Conservatorio una Sinfonia, Delizia, per
orchestra, riscuotendo un caloroso successo.
Nel maggio del 1888 egli presentò una ouverture,
un minuetto ed uno scherzo, da lui stesso diretti con
grande sicurezza. L’ouverture, per grande orchestra, fu
ammirata per una forte originalità, il minuetto spiccò per

12
Rocco Pagliara (Castellammare di Stabia 1857 - 1914) bibliotecario
del Conservatorio di San Pietro a Majella dapprima a fianco del vecchio
Florimo e poi suo successore. Fu buon letterato, amabile verseggiatore,
scrittore colto e sensibile. la sua Canzone dei ricordi fu musicata da
Martucci. Fu per molti anni critico del Mattino di Napoli.
GLI ANNI DI STUDIO A NAPOLI 39
la grazia ed un carattere tutto speciale, lo scherzo si
distinse per vivacità e brio.
In questa prima occasione il Giordano cominciò a
pregustare il piacere dei bis.
Le critiche dei giornali del tempo lodano la
bellezza del tema dominante della ouverture, la
strumentazione delicatissima del minuetto e la genialità
della costruzione dello scherzo e pronosticano che
l’ingegno dell’autore avrebbe presto di nuovo richiamato
l’attenzione del pubblico sulle opere successive.
Mi limito a riportare quanto ha scritto per quella
occasione il corrispondente della Gazzetta Musicale di
Milano:

Il Giordano ha ingegno fervido, che tratto tratto


rivela una vena copiosa, sa trovare la sua nota fine,
caratteristica, spigliata.

Nel 1890 il Giordano presenta ancora al pubblico


del Conservatorio una Suite per quartetto d’archi ed un
Quartetto, ottenendo ancora lusinghiere recensioni della
critica musicale.
Si legge nel Piccolo, di Napoli, del 21 maggio
1890:

Umberto Giordano ha composto una Suite che gli


fa veramente onore, perché scritta con gusto e con
freschezza di idee : due dei brani si vollero ripetuti, ma
tutti e tre i tempi sono molto pregevoli ed attestano
propizio temperamento e studi d’intelletto diligente ed
amore all’arte.

A proposito del quartetto il Fortunio del 6 luglio


1890 proclama il Giordano “una grande speranza dell’arte
musicale”.
40 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

L’alunno Umberto Giordano, inoltre, quale primo


alunno del Conservatorio, impegnato anche nel Corso di
direzione d’orchestra, viene spesso designato a svolgere
altri Saggi, nel ruolo di direttore d’orchestra.
Ed anche in questa attività viene notato dalla critica
musicale.
Nel Piccolo del 25 giugno 1890 si legge di un
Concerto del Conservatorio nel quale spicca il giovane
musicista Giordano, visto “dirigere con amore e vera
bravura, l’Elegia del Platania e la Marcia Jeratica
dell’Atalia di Mendelssohn”.
Altre recensioni di quel Concerto lodano il
Giordano per aver saputo rendere il sentimento e la
grandiosità di quei lavori classici, con impeccabile
bravura e sicurezza.
Si può senz’altro dedurre, da questi elementi, che
la composizione musicale ha privato il teatro di un
direttore che si sarebbe probabilmente collocato tra i
sommi.
Umberto Giordano, inoltre, quale “alunno interno a
posto gratuito del Real Collegio” non poteva limitare la
sua applicazione alle sole discipline musicali, ma era
tenuto a portare avanti anche lo studio delle materie
letterarie delle lingue antiche, latino e greco, cui si
dedicava con passione.
Tra i documenti di studio che lo riguardano, mi
limito a riportare la seguente attestazione:

Napoli, 5 maggio 1883 - Ufficio del Censore -


Certifico io qui sottoscritto che l’alunno interno a posto
franco Giordano Umberto durante il terzo bimestre di
questo corrente anno scolastico ha riportato punti 9,38 per
lo studio di lettere e punti 10 per condotta. Il Censore:
Carlo Ceci.
GLI ANNI DI STUDIO A NAPOLI 41
Ma pur profondendo enorme impegno sia agli studi
musicali che a quelli classici, la mente del giovane
Giordano era già rivolta con particolare fascino alla ribalta
operistica.
Durante la notte egli, in genere, vegliava fino a
tarda sera sui libri, ma vi fu una notte in cui gli fu
impossibile prendere sonno, e di quella notte il Giordano,
in vita sua, serbò per sempre un ricordo.
L’anno era il 1885, ed egli aveva quasi diciotto
anni.
In un importante teatro partenopeo, il Sannazzaro,
lavorava la compagnia dei Sarah Bernhardt 13, ed il
Giordano ottenne il permesso di recarvisi nella sera in cui
veniva rappresentata la Fedora, il dramma di Vittoriano
Sardou 14, che il più maturo Giordano, dodici anni dopo,
avrebbe felicemente musicato.
La potenza drammatica del lavoro e la stupenda
interpretazione di Sarah Bernhardt lo affascinarono al
punto da non consentirgli di poter prendere sonno.

13
Sarah Bernhardt, nome d’arte di Henriette-Rosine Bernard (1844 -
1923), attrice francese. La sua fama ebbe subito carattere divistico per la
libertà del comportamento, le vistose eccentricità, i velenosi antagonismi
con attrici rivali. Entrò alla Comédie recitando testi del prediletto Racine,
di Voltaire, di Beaumarchais.
14
Victorien Sardou (Parigi 1831 - Marly, Valenciennes, 1908)
drammaturgo francese. Di famiglia piccolo-borghese, dopo
un’adolescenza difficile iniziò studi di medicina che presto interruppe
per dedicarsi al teatro. Scrisse numerose commedie nelle quali si rivelò
autore di talento, capace di conquistare i gusti eclettici delle platee.
Sviluppò i toni della satira politica ed attaccò violentemente i
rivoluzionari della Comune in L’odio (La haine, 1874). Eletto
all’Académie Française nel 1877, accolto con tutti gli onori alla corte di
Mapoleone III, si impegnò quindi nel genere del dramma storico: Fedora
(1882), Tosca (1887), Cleopatra (1890), Termidoro (1891), Madame
Sans-Gene (1893), Il processo dei veleni (1907). La straordinaria fortuna
delle sue opere, che gli consentì di essere dominatore incontrastato della
scena parigina dal 1860 sino alla morte, fu dovuto anche alle prestigiose
interpretazioni di Sarah Bernhardt.
42 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Il soggetto lo aveva ammaliato. Ed al mattino trovò


il coraggio di scrivere a Sardou per chiedergli il consenso
a musicare il dramma.
Il drammaturgo francese ebbe la cortesia di
rispondere, e chiese al giovane di fornirgli notizie sulla
sua attività artistica e quante e quali altre opere vantasse al
suo attivo.
Il Giordano non poté che rispondere il vero, ed il
definitivo riscontro del Sardou fu “On verra plus tard “.
E più tardi, nel 1897, Giordano tornò alla carica,
precisamente dopo il successo dello Chénier.
Questa volta Sardou acconsentì. Ed il 17 novembre
1898 , su un libretto di A.Colautti 15, Fedora ebbe il suo
battesimo trionfale al Teatro Lirico di Milano, con la
coppia Gemma Bellincioni (Soprano) ed Enrico Caruso
(Tenore) ,
Nel corso della mia ricerca ho trovato un
significativo documento epistolare, una sorta di
raccomandazione, dal quale si può comunque rilevare
l’intensità della febbre teatrale di cui era pervaso lo
studente Giordano.
Si tratta della lettera che, il 25 gennaio 1888, il
vecchio Francesco Florimo scrisse a Giuseppe Rachmann,
artista stabile del Teatro San Carlo, perché concedesse a
Giordano di poter assistere agli spettacoli.
Ecco il testo della lettera:

Mi permetto presentarvi il giovane compositore di


musica, allievo di questo Conservatorio, signor Giordano
Umberto, che presenta le più belle speranze per l’arte
musicale italiana e su cui questo Collegio spera molto pel

15
Arturo Colautti (Zara 1851 - Roma 1914) librettista. Poeta, giornalista
e romanziere, fornì libretti di ispirazione naturalistica a vari compositori,
fra cui Cilea (Adriana Lecouvreur) e Giordano (Fedora). Sue liriche
furono messe in musica da Tosti e altri autori.
GLI ANNI DI STUDIO A NAPOLI 43
suo lustro avvenire e per la continuazione della gloria dei
tempi passati.
Egli, avendo compito l’intero corso di
contrappunto, si trova nel bisogno, e desidera
ardentemente di assistere alle rappresentazioni del nostro
Massimo Teatro.
Se voi che v’interessate tanto di questo
Conservatorio e dell’Arte in generale, potete ottenergli il
permesso della entrata gratuita, farete cosa grata a me e
darete l’opportunità a caro mio giovane amico di rendersi
esperto nella scienza della scena.
Ve ne ringrazio immensamente mentre mi raffermo
devot.mo obbl.mo vostro
Francesco Florimo il vecchio.

In calce alla suddetta lettera, di pugno


dell’impresario napoletano Marino Villani, si legge
ancora:

Caro Rachmann, sono sempre felice di rendere cosa


gradita all’illustre maestro Florimo ed a te. Il nome del
raccomandato è già alla porta della platea.

Quegli anni per Giordano bellissimi scorrevano


dunque fruttuosi ed intensi.
Arriviamo al 1890 e si avvicinava, per il giovane
Umberto, una data critica.
Il 30 di novembre egli avrebbe concluso gli studi, e
doveva lasciare le aule del Conservatorio: cosa avrebbe
fatto ? dove sarebbe andato ?
Decise di scrivere una lettera all’Editore milanese
Sonzogno, chiedendogli aiuto. Giordano fidava sul fatto di
essere già conosciuto dallo stesso Sonzogno per avere
partecipato al Concorso bandito dall’Editore nel 1888: il
Concorso melodrammatico per giovani compositori.
44 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Nell’anno 1888 il papà di Umberto Giordano era


ancora molto preoccupato per il futuro del suo figliolo,
che avrebbe gradito vedere medico. E mentre si
avvicinava l'epoca della fine degli studi musicali del
giovane Umberto egli cercava già di pensare quale
avrebbe potuto mai essere il suo destino.
Un giorno, in un giornale di un cliente, nella
farmacia, fu proprio papà Ludovico a leggere l'annuncio
del Concorso indetto dall'Editore Sonzogno. Si trattava di
un Concorso che l'Editore aveva pensato di organizzare
per scoprire opere nuove, e giovani compositori.
Allora gli Editori investivano in proprio, nel
melodramma, ed il teatro musicale cominciava ad
avvertire una certa crisi. La gente chiedeva novità. Il gusto
per il clima risorgimentale si era esaurito. Era inoltre in
atto, a Milano, la guerra delle due musiche tra le due
maggiori case editrici operistiche: Sonzogno e Ricordi.
Questo Concorso, famosissimo, venne istituito
dall'Editore Sonzogno nel 1988, ed aveva lo scopo di
scoprire Opere nuove, da promuovere ed allestire,
ovviamente principalmente a favore delle fortune
commerciali dell'Editore. Ma sia pure come secondo
obiettivo, il concorso aveva il merito di conferire glorie,
onori ed anche denari ai giovani Compositori in cerca d'un
avvenire.
L'iniziativa era nuova ed intellettualmente
suggestiva.
Vi presero parte, in quell'anno, 73 concorrenti.
Della commissione esaminatrice facevano parte il critico
musicale Amintore Galli (musicologo e consulente di
fiducia del Sonzogno), il direttore d'orchestra Leopoldo
Mugnone 16, il compositore Filippo Marchetti 17, i musicisti

16
Leopoldo Mugnone (Napoli 1858 - Capodichino 1941) direttore
d’orchestra e compositore. Diresse in prima esecuzione Cavalleria
rusticana di Mascagni (1890), Tosca (1900) e La rondine (1917) di
GLI ANNI DI STUDIO A NAPOLI 45
Pietro Platania , Giovanni Sgambati , Francesco
18 19

D'Arcais 20 e Alessandro Parisotti 21 .


L'esito finale del Concorso fu il seguente:

1° classificato, Pietro Mascagni , con Cavalleria Rusticana;


2° classificato, Nicola Spinelli, con Labilia;
3° classificato, Vincenzo Ferroni, con Rudello.
4° classificato, M.E.Bossi, con la Leggenda umana;
5° classificato, Armando Seppilli, con l'Andrea di Francia;
6° classificato, Umberto Giordano, con la Marina.

Mascagni aveva, allora, solo 26 anni.


In una sua lettera autografa scritta in data 27
febbraio 1890, si legge: "...però costoro (Ferroni, Pizzi,
Bossi) non rappresentano la gioventù per cui era stato
fatto questo concorso. Infatti: Bossi è professore al Regio
Conservatorio di Napoli; Pizzi è il vincitore del gran
concorso a Bologna; Ferroni poi è il primo professore di
alta composizione nel Regio Conservatorio di Milano,
proprio al posto di Ponchielli; Seppilli è portato da

Puccini, Mese Mariano (1910) di Giordano. Come compositore raccolse


scarsi consensi.
17
Filippo Marchetti (Bolognola, Macerata, 1831 - Roma 1902)
compositore. Delle sue sette opere si ricorda Ruy Blas (1869).
18
Pietro Platania (Catania 1828 - Napoli 1907) compositore. Direttore
del Conservatorio di Napoli. Autore di severa impronta accademica
(Matilde Bentivoglio, Spartaco).
19
Giovanni Sgambati (Roma 1841 - 1914) compositore e pianista.
Allievo di Liszt, amico di Wagner e noto concertista.
20
Francesco D’Arcais (Cagliari 1830 - Castelgandolfo 1890) critico
musicale e compositore. Collaborò a L’Opinione, alla Gazzetta musicale
di Milano. Compose tre opere teatrali.
21
Alessandro Parisotti (Roma 1835 - 1913) musicografo e compositore.
Dal 1880 fu segretario dell’Accademia di Santa Cecilia. Compose
musica corale e da camera e pubblicò una importante e nota antologia di
arie antiche italiane dal 1600 al 1800 che ha rappresentato un notevole
contributo alla riscoperta del camerismo vocale italiano.
46 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Sonzogno ... mangia, beve e dorme con Sonzogno; Pizzi


ha venduto a Ricordi un'opera per 20.000 lire ...".
Non sappiamo fino a qual punto queste
considerazioni del giovane Mascagni potessero essere
dettate da un equilibrato e genuino spirito di osservazione.
Fatto è che nella stagione lirica dell'allora Teatro Costanzi
22
(oggi Teatro dell’Opera), nel 1980, vennero allestite le
tre opere prime classificate in quel concorso. Ma delle tre
opere solo Cavalleria ebbe il successo che tutti
conoscono. Le altre due crollarono sotto l'aperta e
rumorosa contestazione del pubblico.
Nel 1889, a soli 22 anni, dunque, Umberto
Giordano partecipò a quel Concorso inviando la sua prima
Opera scritta per il Teatro: come detto si trattava della
Marina.
Quel Concorso fu vinto da un giovane
ventiquattrenne che per ironia della sorte aveva inviato la
sua opera da Cerignola, a pochi chilometri da Foggia,
dove dirigeva la locale banda comunale.
L'opera di Giordano non si classificò tra le prime
tre, perché la Commissione trovò scadente il libretto del
Golisciani, ma nei verbali essa rilevò un vivo
apprezzamento per la parte musicale.
La tersa e simpatica melodia di Marina aveva
ispirato nei membri della Commissione una forte fiducia e
la stima di alcuni componenti: quella di Amintore Galli e
quella di Leopoldo Mugnone in particolare.
Questa circostanza valse al Giordano il privilegio
di essere comunque interpellato per una lettura più
approfondita dell’opera.

22
A Roma, l’attuale Teatro dell’Opera, venne fatto costruire nel 1880
dall’albergatore Costanzi (donde il nome, già in uso, di Teatro Costanzi)
su disegni dell’architetto Sfondrini. Nel 1336 il Teatro Costanzi fu
acquistato dal governo italiano e rinnovato a cura dell’architetto
Piacentini. Da allora si chiama Teatro dell’Opera.
GLI ANNI DI STUDIO A NAPOLI 47
Il compositore ricevette il seguente telegramma,
che gli fece sussultare il cuore:

Commissione presa in considerazione vostra opera,


invitavi, secondo articolo undici programma concorso,
trovarvi Roma martedì prossimo, ore undici
antimeridiane, per fare lettura. Recapito Accademia Santa
Cecilia.

Giordano fece una prima lettura dell’opera dinanzi


alla Commissione, ottenendo bellissimi elogi. Filippo
Marchetti, il celebre autore del Ruy Blas, gli disse:
“quando si comincia così si finisce molto bene !”.
Ma il piazzamento dell’opera, a causa del soggetto
e del libretto, rimase fermo alla sesta posizione. Risultato
pregevole, se si pensa che i concorrenti furono ben
settantatré, ma non sufficiente a garantire all’Autore
l’allestimento del melodramma.
Benché un risultato, in quella prima audizione,
Giordano lo abbia comunque ottenuto: la decisione della
Commissione di segnalare il giovane concorrente al
Sonzogno. Questo fatto valse al Giordano la possibilità di
effettuare una seconda audizione al cospetto di
quest’ultimo.
La seconda audizione venne organizzata durante
una delle serate in cui veniva allestita l’opera vincente di
quel Concorso, Cavalleria rusticana, in una sala interna
del Teatro Costanzi. Il Giordano, seduto al pianoforte,
riuscì ad incatenare l’attenzione del Sonzogno eseguendo
tutta la Marina, che fu da questi ascoltata dalla prima
all’ultima nota.
Il Sonzogno, in quel momento, non promise nulla
al giovane Giordano, e semplicemente si felicitò con lui
promettendogli di ricordarsene.
48 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Ed evidentemente non lo aveva dimenticato. Alla


lettera inviatagli dal giovane circa un anno dopo,
nell’ottobre 1890, il Sonzogno rispose tempestivamente.
L’Editore decise di investire sul giovane musicista,
cautelandosi però di dargli un soggetto diverso e di far
comporre un apposito libretto dallo scrittore Nicola
Daspuro 23. Il libretto fu tratto dalle Scene popolari di
Salvatore Di Giacomo e Goffredo Cognetti : l'opera si
chiamò inizialmente Malavita 24 , titolo successivamente
trasformato, molti anni dopo, in Il voto.
Questo fu il primo incarico professionale di
Umberto Giordano, il suo trampolino di lancio. Il suo
ingresso nel gruppo dei compositori di casa Sonzogno.
Riporto la lettera con cui, il 29 novembre 1890,
Sonzogno risponde a Giordano:

Caro signor Giordano, ho ricevuto la vostra lettera


che mi rendeva conto del successo da voi ottenuto
all'esame finale del Conservatorio, e me ne rallegro assai.
Voi mi fate conoscere le tristi condizioni in cui vi
troverete all'uscita dal Conservatorio e per provvedervi io
sono disposto a fare il seguente contratto per la Mala
Vita.

23
Nicola D’aspuro (Lecce 1853 - Napoli 1941) librettista e giornalista.
Ha scritto anche il libretto dell’ Amico Fritz per Mascagni (1891) sotto lo
pseudonimo di P.Suardon. Attivo organizzatore teatrale, si adoperò
molto per l’affermazione di E.Caruso, cui ha dedicato anche un
volumetto biografico.
24
opera in tre atti a soggetto verista. Prima rappresentazione: Roma,
Teatro Argentina, 21 febbraio 1892. Ten. Stagno, Sop. Bellincioni, altri
Beltrami e Nicoletti, Leonardi e Sporen. Dir. Podesti.In quell’anno,
particolarmente fertile per il Teatro lirico, la statistica segna ben 81
prime fra opere ed operette. Tra queste ricevevano il battesimo, oltre a
Malavita, Tilda di Cilea (7 aprile) I Pagliacci di Leoncavallo (21
maggio) I Rantzau di Mascagni (10 novembre) .
GLI ANNI DI STUDIO A NAPOLI 49
Vi passerò cioè 200 lire al mese per tutto l'anno
1891 come prezzo di cessione della proprietà della musica
rilasciandovi poi il 25 per cento sull'importo dei noli che
si otterranno dopo la prima riproduzione dell'opera.
Questo vi permetterà di lavorare tranquillamente e
più presto compirete il vostro lavoro e meglio sarà. Se
credete vi farò inviare il relativo contratto.
Intanto vi saluto cordialmente.
Edoardo Sonzogno

Allora, come oggi, per un compositore non c’era


ambizione più grande che musicare uno spartito su
commissione di un Editore o di un teatro.
Giordano ha sempre ricordato con grande
commozione quell’anno 1890, anche perché nel suo caso
c’era qualcosa di più: l’editore aveva nome Edoardo
Sonzogno ed egli aveva saputo conquistarsi uno stipendio
oltre alla commissione dell’opera. Tutto ciò proprio in un
momento in cui alle porte di quella casa editrice
bussavano numerosissimi compositori forti di esperienze e
di raccomandazioni.
Un sodalizio non facile, quello tra Giordano e
Sonzogno, fatto di momenti di euforia, di successo, ma
anche di momenti drammatici, e di tragiche separazioni.
La prima Opera di Giordano, Malavita, fu
battezzata a Roma, al teatro "Argentina" la sera del 21
febbraio 1892. Fu un successo memorabile, rimbalzato
sino a Vienna.
50 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

IV.
Mala vita, 21 febbraio 1892

I
l successo di Malavita non è sufficientemente noto al
pubblico italiano.
Quest’opera rappresenta il primo allestimento ed il
primo successo di Giordano. Essa lo consacrò al
teatro lirico e lo convinse d’essere all’altezza della
situazione che intendeva affrontare, lo convinse d’essere
capace nel difficile mestiere di compositore
melodrammatico.
Lo convinse al punto tale di renderlo capace di
convincere anche altri, nei momenti difficili degli anni
successivi.
Dopo il consenso per Mala vita gli insuccessi
dell’opera seguente (che infatti ci furono) vennero
affrontati da Giordano con ostinato coraggio e ferma
determinazione. Eppure il Maestro dovette affrontare
momenti tragici, nei quali si profilò anche la possibilità
d’un abbandono della carriera musicale.
A Mala vita, ed alle amicizie intessute grazie al suo
successo, si deve dunque tutto il seguito della produzione
del Maestro. Ed in particolare della sua terza opera: lo
Chénier.
Il librettista Nicola Daspuro, dopo l’incarico
ricevuto dal Sonzogno si era recato a Cerignola, in
occasione del battesimo del secondo figlio di Mascagni. In
realtà quel soggiorno, nella quiete del paese pugliese, gli
servì anche per concludere la stesura definitiva dell’Amico
Fritz.
MALA VITA, 21 FEBBRAIO 1892 51
Si dedicò al soggetto del Di Giacomo e del
Cognetti subito dopo l’ultimazione di quello per
Mascagni. E la stesura richiese un certo tempo.
Il drammaturgo seguì pressappoco la sceneggiatura
del dramma originale, ma decise di mettere in rilievo il
peculiare contesto sociale partenopeo e di accentuarne
l’azione scenica.

Trama dell’opera

Il primo atto è dedicato al voto che Vito, afflitto da


una grave infermità, fa alla Madonna. Egli promette
solennemente, in preghiera, di sposare una fanciulla
caduta nella prostituzione, se guarirà, e di redimerla.
Vito guarisce e si promette a Cristina. Questa è ben
felice di tornare alla vita rispettata e di essere sposa di un
uomo per bene.
Nel secondo atto Amalia, moglie di Annetiello ed
invaghita di Vito, vuole indurre Cristina a rinunciare al
fidanzato. Fallito il primo tentativo Amalia rivolge le
proprie attenzioni direttamente a Vito. Nel suo intento di
strappare il giovane dalle braccia di Cristina l’ardente
donna mette in opera tutte le sue arti seduttrici, decisa a
raggiungere il proprio scopo a qualunque costo.
Vito non riesce a resistere alle sensuali carezze di
Amalia, e viene vinto.
Nel terzo ed ultimo atto Cristina scongiura Vito di
tornare a lei. Ma le parole e le lacrime della derelitta non
valgono a nulla. A Piedigrotta è festa ed Amalia deve
recarvisi con Vito. Non vedendolo all’ora convenuta lo va
a cercare e lo trova. Vito si trova con Cristina che lo
implora, ma resta affascinato dalla voluttuosa donna e
quando questa gli dice “lascia quei cenci e seguimi” egli
non esita a seguirla. Da lontano i festosi clamori di
Piedigrotta ed i canti giulivi accompagnano la scena.
52 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Al colmo della disperazione, Cristina, redenta ma


privata dell’agognato e promesso amore vero, chiede la
propria felicità alla morte e la trova nei gorghi del fiume.

Giordano si entusiasma del libretto e lavora, a sua


volta, di buona lena.
Nell’agosto dell’anno 1891 la Tribuna di Roma
annuncia che la nuova opera è pronta.
Dalla musica traspare il pregio di una cristallina
semplicità. La melodia è caratterizzata da melismi di
carattere tipicamente meridionale, e partenopeo in
particolare. Tenera nel primo atto, nel quale si succedono
il bellissimo coro d’introduzione, un maestoso concertato
ed il duetto finale. La melodia zampilla sempre viva e
nuova. Patetica nel secondo atto e drammatica nel terzo.
In questa parte drammatica risiede la cifra più
pregevole dell’opera. I tre magnifici duetti trasmettono
sensazioni appassionate attraverso una melodia
abbondante ed intensa.
Nella musica di Mala vita Giordano rivela le sue
straordinarie abilità di melodista, il suo particolare utilizzo
delle curve declamatorie del canto, ma si dimostra anche
abilissimo orchestratore e profondo conoscitore dei
processi armonici quali agenti psicologici del dramma in
musica.
Il Maestro impresse gli ultimi ritocchi alla partitura
a Firenze, ospite dei coniugi Stagno 25 e Bellincioni 26, scelti
25
Stagno Roberto, nome d’arte di Vincenzo Andreoli (Palermo 1840 -
Genova 1897) tenore. Debuttò a Lisbona nel 1862 come Rodrigo
nell’Otello di Rossini. A partire dalla prima rappresentazione di
Cavalleria rusticana e fino al 1895 cantò quasi esclusivamente opere
veriste. Voce esigua e di discutibile qualità nelle zone centrali, vantò
però grande estensione, acuti brillantissimi, eccezionale agilità e spiccate
doti di fraseggio.
26
Bellincioni Gemma (Monza 1864 - Roccabelvedere, Napoli, 1950)
soprano. Figlia d’arte, si rivelò nella Traviata nel 1884. Nel 1890,
interpretando per prima il personaggio di Santuzza nella Cavalleria
MALA VITA, 21 FEBBRAIO 1892 53
da Sonzogno per le parti di Vito e di Cristina. I due artisti,
di grande valore nella scena melodrammatica verista, si
innamorarono della nuova opera. Essi avevano già
contribuito l’anno prima, col direttore d’orchestra
Mugnone, al trionfo di Cavalleria.
Era finalmente giunto il momento, per Umberto
Giordano, di affrontare per la prima volta gli onori ed i
rischi del Cartellone.
Il battesimo dell’opera viene fissato al 21 febbraio
1892 al Teatro Argentina di Roma.
A dirigere l’opera venne chiamato Vittorio Podesti.
Gli interpreti, oltre ai già detti Stagno e Bellincioni,
furono Emma Leonardi (Cristina), Ottorino Beltrami
(Annetiello), Francesco Nicoletti (Marco), Giulia Sporeni
(Nunzia).
Quel 1892 vedeva nascere, oltre a Mala vita, anche
la Tilda di Cilea il 7 di aprile, i Pagliacci di Leoncavallo il
21 di maggio e la seconda opera di Mascagni, I Rantzau, il
10 di novembre.
Puccini, che non era secondo a nessuno, nel
frattempo componeva Manon Lescaut, presentata al
pubblico l’anno successivo.
La serata della prima restò certamente a lungo
impressa nell’animo di Giordano. Egli sapeva bene che
quel battesimo decideva inesorabilmente del suo avvenire.
Così come lo sapevano i trepidanti genitori. Essi avevano
accondisceso con fiduciosa speranza ai desideri
dell’amato figliolo, ma erano anche seriamente
preoccupati per il suo futuro. Non avevano trovato il
coraggio di recarsi a Roma, ed attendevano a casa, in
comprensibile ansia, notizie da Umberto.
Giordano, da canto suo, non riuscì a staccarsi dal
Palco riservatogli, ed allora pregò l’amico librettista,

rusticana accanto al marito R.Stagno. Si impose quale interprete ideale


del melodramma verista, in virtù soprattutto delle sue doti di attrice.
54 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Daspuro, di uscire dal Teatro per inviare ai genitori tre


dispacci urgentissimi, al termine di ogni atto.
Il testo dei dispacci era il seguente:

Primo atto esito splendido stop applausi strepitosi


cinque chiamate Umberto stop Nicola Daspuro.

Secondo atto fanatismo stop bissato duetto donne e


intermezzo dodici chiamate Umberto artisti stop Nicola
Daspuro.

Terzo atto bissata canzone Piedigrotta stop grandi


applausi duetto sette chiamate fine opera stop successo
insomma grandissimo saluti felicitazioni stop Nicola
Daspuro.

Tra gli atti ed i documenti di quella prima, ve n’è


uno che risulta particolarmente commovente. E’ una
lettera del nonno di Giordano, scritta da Napoli pochi
giorni dopo, il 24 febbraio 1892.

Mio caro Umberto,


quando partisti da qui, un certo panico occupava
l’animo tuo, e ne avevi ben ragione; andavi incontro
all’ignoto che doveva decidere della tua sorte.
Quest’ignoto lo affrontasti, lo soggiogasti e lo vincesti la
sera del 21 febbraio 1892, e la stampa unanime di Roma
giudicò. E con l’acqua del biondo Tevere ti battezzò
Professore. Ora concedi al tuo povero vecchio, al tuo
povero nonno, che ti saluti per primo Maestro e che ti
dichiari che se prima si permetteva farti delle osservazioni,
da oggi in poi sarai trattato da lui con quei riguardi che ti
son dovuti essendoti acquistato, da solo, un posto nella
società da molti ambito ma da pochi ottenuto. Concedigli
pure il potere di implorare da Dio che gli allori sì
MALA VITA, 21 FEBBRAIO 1892 55
largamente mietuti non siano papaveri per te, ma spine,
per affrontare sempreppiù novelle imprese.
Come nonno ti benedico, come ammiratore ti saluto
ed ossequio. Tuo affezionatissimo nonno.
Giuseppe.

Papà Ludovico, superata la tensione, trovò la forza


di recarsi a Roma ed assistette alla seconda. Pianse a
lungo mentre contava una ad una le venti chiamate del
figlio in palcoscenico.
Mascagni, da Livorno, il 26 febbraio scrive a
Giordano:

...ho saputo con gioia il tuo successo e ho goduto


nel vedere realizzate le speranze che avevo poste in te. Il
tuo successo è stato vero, serio; un successo che ti deve
spronare al lavoro e così potrai afferrare nuovi allori e
potrai raggiungere quella felicità che hai tante volte
sognata e che ti meriti davvero perché sei bravo e sei
buono.
Credevo assistere a qualche recita della tua opera a
Roma, ma la salute non mi ha concesso questo piacere.
Accetta un mirallegro sincero e un abbraccio
affettuoso.
Pietro.

Sui giornali dell’epoca, scrive il critico musicale


Amintore Galli:

Il successo del Giordano, portato dall’ala del


telegrafo in tutte le città d’Italia, in tutte le capitali dei
due emisferi, fu come l’annuncio dell’apparizione festosa
di un nuovo genio del teatro musicale italiano.
56 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Il giovane autore di Mala vita, in sostanza, apriva


insieme a Puccini e a Mascagni la via alla speranza
italiana di poter perpetuare ancora i fasti del melodramma
dell’Ottocento.
L’indice delle prime rappresentazioni di Mala vita
tra il 1892 ed il 1893 è significativo ed attesta
dell’interesse e del successo dell’opera, non solo in Italia
ma anche all’estero.
L’elenco è il seguente:

21 febbraio 1892 Roma Argentina


27 aprile 1892 Napoli San Carlo
7 maggio 1892 Ancona Le muse
18 maggio 1892 Faenza Comunale
2 giugno 1892 Bologna Brunetti
27 settembre 1892 Vienna Espos.music.
28 novembre 1892 Trento Sociale
13 dicembre 1892 Berlino Krolloper
21 gennaio 1893 Milano Dal Verme
2 maggio 1893 Trieste Polit.Rossetti
24 maggio 1893 Graz Volksoper

Queste sono le prime rappresentazioni della prima


versione dell’opera.
Infatti, alcuni anni più tardi, Giordano ne produsse
una seconda versione.
Ad una nuova versione dell’opera egli aveva già
lavorato un po' nel 1894. Ma nel giugno del ‘94 decise di
soprassedervi perché preso dalla premura di scrivere lo
Chénier, dopo il fallimento di Regina Diaz. Lo si evince
da una lettera scritta ad Illica, da Napoli, il 26 giugno
1984:

Ho terminato il mio lavoro con la Mala vita e


debbo cominciare con l’altra opera. Se dal Pane altrui (il
MALA VITA, 21 FEBBRAIO 1892 57
dramma di Turgenev, rappresentato allora da Ermete
Zacconi e Virginia Marini) non si può ricavare un buon
libretto, vuol dire che rinunzierò a questa idea, e si può
pensare subito allo Chénier.

Il 10 novembre 1897, al Teatro Lirico di Milano va


in scena, con quei primi ritocchi, questa versione
dell’opera, già con un nuovo titolo: Il Voto.
Nel 1902, subito dopo il trionfo di Fedora e mentre
già si disegnavano nella mente del Maestro le scene di
Siberia, egli decise di apportare i definitivi ritocchi sia al
libretto che alla musica.
Questa esigenza promanava dalla profonda
maturazione artistica che il Giordano aveva consolidato in
quei primi 10 anni di composizione operistica. Egli, con
gli occhi ed il mestiere di oggi, vedeva nella sua prima
opera quei piccoli difetti che l’artista perfezionista, a
prescindere dai giudizi del pubblico, non riesce a
sopportare.
Pregò dunque Daspuro di apportare le necessarie e
definitive modifiche al libretto, e rinnovò definitivamente
anche lo spartito.
Come già deciso dal 1894 il titolo si trasformava da
Mala vita in Il voto.
Nella nuova versione è stato soppresso il
personaggio di Annetiello a beneficio di quello di Marco,
che ne ha in parte assunto il carattere.
La versione rinnovata, col titolo Il voto, venne
rappresentata in prima proprio a Napoli, la sera del 6
settembre 1902, al Teatro Bellini.
Gli interpreti furono il tenore Mieli, il soprano
Armanda Degli Abbati, il mezzosoprano Masula e il
baritono Morghen. Direttore Carlo Sebastiani.
Fu una clamorosa rivincita contro le ostili
prevenzioni che avevano connotato una precedente serata
58 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

al San Carlo, quando ancora l’opera si chiamava Mala


vita.
Gli applausi furono fragorosi e sinceri.
Numerosissime le chiamate.
Giordano, così, aveva cancellato l’unico neo della
sua prima opera.
Tra i primi allestimenti Mala vita ebbe infatti un
solo insuccesso, nell’unica rappresentazione tenutasi al
San Carlo di Napoli il 27 aprile 1892.
In quella versione gli interpreti furono gli stessi
della edizione romana, tranne il baritono Beltrami,
sostituito dal Pignalosa. Direttore fu invece Vincenzo
Lombardi.
A Napoli l’Opera cadde senza possibilità di
appello, nel giudizio del pubblico.
Opposta fu invece la valutazione della critica.
Le ragioni sono diverse ma tutte chiarissime. Esse
si rilevano nella dettagliata recensione di T.O.Cesardi sul
Don Marzio di Napoli.
Scrive il critico:

La sentenza era resa prima che cominciasse il


dibattito: fina dal principio la sala del San Carlo pareva
un ricovero di cani latranti. La maggioranza del pubblico
napoletano si sentiva ferita nei suoi scrupoli di moralità,
dimentica che lo stesso dramma, in prosa, è stato
applaudito in tutta Italia e fuori come una viva e forte
pittura di costumi. Poi c’erano gli aristocratici dell’arte, ai
quali sembrava che le sacre tradizioni del San Carlo
fossero inverecondamente offese da una canzone di
Piedigrotta e dai lazzi di compare Annetiello ! A nessuno
pareva passare pel capo che la sola cosa invocante il
giudizio partenopeo, la musica di Giordano, non avrebbe
avuto l’onore di essere giudicata. Io ho cercato invano di
ascoltare la musica: gli ululati più sconci sono echeggiati
MALA VITA, 21 FEBBRAIO 1892 59
sinistramente tutta la sera nell’aria come un pedale
insistente di zufoli e di ocarine di Budrio.

L’aristocratico pubblico napoletano del San Carlo,


insomma, non aveva gradito quella proiezione scenica
dello stereotipo partenopeo, peraltro divulgata in tutto il
mondo. L’aveva presa come una offesa. Come
giustamente osserva Cesardi quel pubblico dimenticava
che lo stesso stereotipo era già stato divulgato dai lavori in
prosa del Di Giacomo e del Cognetti. Ma probabilmente
sono proprio gli aristocratici i minori consumatori di libri.
Ed altrettanto probabilmente essi ritengono che anche gli
altri non leggano libri.
Quegli aristocratici hanno ritenuto, insomma, che
la scena producesse un impatto diretto, troppo crudo, della
bassa società partenopea e che quell’immagine un po'
volgare del popolo napoletano, che essi rinnegavano, non
si addicesse ad un certo conformismo intellettuale e
soprattutto alla aulica tradizione del San Carlo.
Le polemiche e le contestazioni erano iniziate già
alcuni giorni prima. Gli attivi frequentatori del teatro
avevano organizzato i gruppi di contestazione, e
l’obiettivo era quello di non consentire che l’opera potesse
essere ascoltata. Gli strumenti utilizzati a tal fine furono:
urla, fischi, ululati, invettive, e fracasso.
Pareva d’essere tornati ai tempi dei degenerati
festini nei teatri veneziani.
A mio avviso la circostanza non può in alcun modo
risultare significativa ai fini di una obiettiva valutazione
dell’opera e della musica, che avrebbe dovuto almeno una
volta essere ascoltata, e poi eventualmente anche fischiata.
Prova ne è che tutte le altre prime, allestite in teatri
anche importanti, ebbero invece un successo indiscutibile.
60 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Il fiore all’occhiello degli esordi di Mala vita è


costituito dall’accoglienza del pubblico di Vienna, già
allora una delle capitali europee della musica.
Edoardo Sonzogno, sempre nel 1892, aveva
organizzato una delle sue grandi Stagioni liriche
all’estero. Il cartellone comprendeva: Cavalleria rusticana
a Amico Fritz, Mala vita, Tilda, I Pagliacci e Il Birichino.
Assieme al Sonzogno partirono per la prestigiosa tournée
anche i relativi compositori: Mascagni, Giordano, Cilea,
Leoncavallo e Mugnone.
Il 13 settembre la comitiva è già nella capitale
austriaca, e Giordano scrive al padre.

Eccomi a Vienna. Alloggio all’Hotel Continental e


nell’istesso ho a compagni Sonzogno e i quattro maestri.
Vienna mi ha fatto la più grande impressione.
Il più fantastico, il più forte romanziere, non
potrebbe descrivervi la colossale bellezza di questa
monumentale città : per farsene un’idea bisogna vederla.
Figuratevi : strade larghissime quanto dalla nostra
casa alla via Caracciolo; bei monumenti; palazzi della
grandiosità del Colosseo di Roma; delle piazze della
grandezza come cinque volte maggiore di quella di San
Pietro; milioni di tramoé a due piani ; milioni di carrozze
e di persone; vapori grandissimi che attraversano il
Danubio; giardini vastissimi ad ogni passo; negozi
meravigliosi ; luce elettrica fortissima ; strade pulite ;
abitanti cortesi e seri ; gioventù sana, forte, robusta ;
simpatici gli uomini e meravigliose le donne.
Questa mattina ho veduto l’Esposizione Musicale
(il luogo nel quale si allestivano le opere) : è un’altra città
...
Vi è stato il concorso di tutto il mondo (meno
Napoli che non avrebbe potuto mandare che qualche
MALA VITA, 21 FEBBRAIO 1892 61
bastoncino di Bellini, la tabacchiera di Mercadante e l’or...
di qualche altro maestro).
Qui vi sono cose rarissime, oltre gli autografi dei
celebri maestri : il pianoforte di Beethoven, quello di
Mozart : la stanza intera di Donizetti cioè pianoforte,
letto, poltrona e scrivania.
Vi è un organo immenso che suona elettricamente e
fa sentire un’orchestra completa ; strumenti nuovi ; nuovi
progetti teatrali ; insomma una quantità di oggetti
sbalorditivi.
Ieri sera ho sentito la Banda Militare : altro che
bande rosse, bianche e turchine.
Questa sera vado all’Opera a sentire il Lohengrin
e domani sera la cara Manon. Fra giorni cominceranno le
nostre rappresentazioni col Fritz.

E puntualmente, il 15 settembre, Giordano racconta


ai genitori della sua serata all’Opera.

Ieri sera sono stato all’Opera a sentire il


Lohengrin. Che posso dirvi ? Non mi sentivo più in
terra, mi sentivo trasportato in Paradiso.
Quanto ringrazio il Padre Eterno che m’ha donato
un organismo tale da potere sentire fortemente emozioni
che debbono essere assolutamente ignote alla maggiore
parte delle creature umane.
Né 40 cavalli arabi, né 10 carrozze, né i milioni
potrebbero darmi un solo minuto di quella felicità che io
ieri sera ho provata per tre ore di seguito.
Non avevo mai sentito il Lohengrin in teatro,
benché lo sapessi a memoria da fanciullo.
Quando è terminata l’opera e nell’uscire dal palco,
mi sono guardato nello specchio per accomodarmi la
cravatta, il mio viso era trasformato dalla forte emozione.
62 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Ero pallidissimo come questa carta ed avevo gli


occhi pieni di sangue e lagrimanti. Mi sono fatto dare
dell’acqua fredda prima di uscire e ho dovuto aspettare che
mi calmassero i nervi, perché tremavo come una foglia.
Quale cosa al mondo potrebbe darmi tale felicità ?
Nessuna : solamente la musica !
Non vi parlo dell’esecuzione orchestrale : saprete
che l’orchestra viennese è la prima orchestra d’Europa.
Non vi parlo del lusso della messa in iscena, della
scrupolosità nei più piccoli dettagli : io sono rimasto a
bocca aperta.
In parecchie cose in Italia siamo indietro, ma
indietro assai.
L’Imperatore spende ottocentomila lire all’anno per
il Teatro dell’Opera, mentre il nostro governo non spende
un centesimo. Vergogna !
Il lusso poi del teatro non saprei dirvelo : sono
entrato nel vestibolo e mi sembra un salone da ballo.
E i corridoi del palco ?
E l’architettura della sala ?
Bisogna vedere tutto : è impossibile scriverne...
Molti caffé hanno l’orchestrina tutta di ragazze,
sicché si ha modo di vedere un contrabbasso fra le mani di
una donna.
Intanto Sonzogno mi fa premura per la tela della
nuova opera...

E già. I successi di Mala vita andavano


aumentando, e Sonzogno intendeva approfittare dell’eco
di quelle impressioni per allestire al più presto una
seconda opera di Giordano.
Giordano, d’altra parte, era felicissimo di lavorare
con Sonzogno ed il suo gruppo ed aveva toccato il cielo
con un dito.
MALA VITA, 21 FEBBRAIO 1892 63
Da Venezia, il 12 settembre 1892 (prima di partire
per Vienna) scrive al padre:

Ieri sera dopo avere pranzato con Sonzogno,


Mascagni, Cilea, Leoncavallo, De Lucia ed altri artisti, ci
mettemmo in gondola per attraversare il meraviglioso
Canal Grande.
Incontrammo parecchie gondole tutte illuminate di
variopinti lampioncini con delle orchestrine, dei cantanti e
delle cantanti che facevano sentire le canzoni veneziane.
Mi sentivo come in Paradiso : che cosa divina !
Sonzogno con me è affabilissimo, mi tratta bene ed
è affezionato.
Egli spera molto in me !
Non vi dico quante risate, quanto brio, quanta
vivacità, quanta allegrezza, quanto baccano nasce dalla
riunione di tanti artisti pieni di spirito e pieni di vita.
Si grida, si ride continuamente a cominciare da
Sonzogno stesso che è così orgoglioso di vedere presso di sé
una nuova generazione di artisti, tanto che sembra un
grande capitano in testa al suo esercito.

Agli occhi del Giordano, puro giovane di


provincia, Sonzogno in quel momento appare proprio
come un “capitano alla testa del suo esercito di artisti”,
affettuoso ed affabile con lui. “Sinceramente affezionato”.
Sonzogno, uomo di spiccato ingegno intellettuale,
era comunque principalmente un imprenditore. Ed era
obbligato, anche nei rapporti umani, a considerare sempre
gli obiettivi commerciali del suo lavoro.
Giordano gli aveva dimostrato di possedere
feconde doti musicali. Ma ora doveva passare alla fase
successiva, doveva dimostrare la propria capacità di essere
anche artista di successo. Di saper intuire i gusti del
pubblico e di saper fare le sue scelte.
64 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Sonzogno intendeva rinnovargli anche per il 1893


il contratto di collaborazione, portando anzi il compenso a
300 lire al mese, e desiderava quindi che il Giordano
scegliesse subito un nuovo soggetto.
Il giovane ed inesperto Giordano era invece ancora
frastornato dall’impatto col nuovo mondo, e non riusciva a
concentrarsi adeguatamente sul nuovo soggetto.
Soprattutto egli non aveva ancora compreso che
non doveva considerare solo le sue personali inclinazioni,
ma anche l’opinione del pubblico, l’interesse e la capacità
di presa del soggetto.
Già il 2 giugno del 1892, in una lettera a Menasci
(uno dei due librettisti di Cavalleria) Sonzogno si sfoga:

...il male è che (Giordano) non sa precisamente


quello che si voglia e non sarà facile accontentarlo.
La mancanza di cultura gl’impedisce di formarsi
un concetto preciso di quello che sente, di quello che
desidera e di quello che è più o meno possibile d’adattare a
libretto.
Ci vuol pazienza perché ha altre doti e valide di
musicista.

E il 1 luglio di quello stesso anno, ancora


Sonzogno a Menasci:

Giordano mi scrive che si sarebbe risolto per


l’argomento della Maria di Rohan 27, che è infatti un
argomento assai efficace. Gli scrivo che in quanto allo
scrupolo che si sente di musicare un soggetto già musicato
da Donizetti, deve pensar lui solo.

27
di Gaetano Donizetti, andata in scena a Vienna nel 1843.
MALA VITA, 21 FEBBRAIO 1892 65
Dunque già in giugno 1892 Giordano si era quasi
deciso a mettere in musica il soggetto di Maria di Rohan.
Aveva ancora il solo scrupolo che lo stesso soggetto era
stato già utilizzato da Donizetti nel 1843 su libretto di
Cammarano 28.
Sonzogno, nel consueto intento di offrire le
massime garanzie alla buona riuscita dell’impresa,
incaricò gli stessi librettisti di Cavalleria, Targioni-
Tozzetti 29 e Menasci 30 di ricavare il libretto da quel
soggetto.
Il titolo dell’opera sarebbe stato Regina Diaz.

28
Salvatore Cammarano (Napoli 1801- 52) pittore, autore drammatico e
librettista. Scrisse libretti per Donizetti (fra cui anche Lucia di
Lammermoor), per Verdi (Alzira, La battaglia di Legnano, Luisa Miller
e il Trovatore), per Pacini e G.S.Mercadante, tutti di gusto tipicamente
romantico.
29
Giovanni Targioni-Tozzetti (Livorno 1863 - 1934) librettista. Scrisse
per Mascagni i libretti di Cavalleria rusticana (in collaborazione con
G.Menasci), I Rantzau, Zanetto,scrisse inoltre Silvano, Il piccolo Marat
(in collaborazione con G.Forzano), Pinotta e Nerone.
30
Guido Menasci (Livorno 1867 - 1925) librettista. Scrisse per
Mascagni, in collaborazione con G.Targioni-Tozzetti, i libretti di
Cavalleria rusticana, I Rantzau, Zanetto.
66 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

V.
Regina Diaz, 5 marzo 1894

Trama dell’opera

N
el cortile di un convento napoletano il nobile
Mario Sanseverino si incontra con Fra
Benedetto. Essi intendono mettere a punto gli
ultimi dettagli della congiura che durante la
notte dovrà liberare Napoli dagli oppressori spagnoli.
Mario consegna al frate, con preghiera di
distruggerlo in caso di sua morte, un plico contenente le
lettere alla donna amata.
Costei altro non è che Regina, consorte del
governatore Diaz.
Regina, recatasi in chiesa per pregare, incontra
Mario con il quale ha un affettuoso colloquio. Gli amanti
si confermano il loro reciproco amore.
La congiura purtroppo fallisce miseramente poiché
il governatore, informato di tutto, ha guidato
personalmente i soldati ad arrestare i congiurati, fra i
quali, con grande sorpresa, scopre Mario.
Lo fa tradurre nel suo palazzo, deciso a salvargli la
vita in nome dell’amicizia che lo legava al vecchio
Sanseverino, e dell’affetto che provò per lui quando era
ancora bambino.
Con grande rischio del suo nome e del suo onore, il
governatore Diaz offre a Mario la salvezza attraverso la
fuga e l’esilio.
REGINA DIAZ, 5 MARZO 1894 67
Il giovane, dopo pensosa esitazione, alla fine
accetta. Ma prima, in un furtivo colloquio, aveva convinto
Regina ad attenderlo per mezzanotte, ora in cui sarebbe
tornato a prenderla per fuggire con lei.
Ma durante quella sera Fra Benedetto viene
introdotto alla presenza del governatore: gli è stato infatti
trovato addosso il plico affidatogli da Mario.
Venutone in possesso, il governatore scopre il
tradimento della moglie con l’amico e, chiamatala al suo
cospetto, fa per avventarsi su di lei e trafiggerla con la
spada. Viene trattenuto dal frate.
Intanto è arrivata la mezzanotte e dalla porta
segreta irrompe Mario, ignaro di tutto, venuto per
condurre via l’amante.
Furibondo di questo secondo tradimento il
governatore gli impone di battersi con lui in un duello alla
pistola.
Mario soccombe e Regina è condannata al
chiostro.

Giordano, nel porsi alla invenzione della musica,


resta inevitabilmente condizionato dall’ambientazione
storica del dramma. Ma non solo. La sua indole
essenzialmente incline ad evitare il rischio della polemica,
ancora scossa dall’atteggiamento del pubblico del San
Carlo nei riguardi di Mala vita, lo spinge ad un passo
indietro rispetto alle coraggiose e sfrontate soluzioni
musicali precedentemente utilizzate.
D’altra parte egli sapeva che la prima della Regina
Diaz sarebbe stata allestita a Napoli, proprio a Napoli
dove egli aveva fallito con Mala vita, in quel Teatro del
Fondo che Sonzogno, per l’occasione, stava facendo
restaurare con ingente profusione di impegno e di denaro,
e che da allora in poi si sarebbe chiamato Teatro
Mercadante.
68 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Era opportuno, dunque, prepararsi a dare al


pubblico Napoletano ciò che esso, secondo Giordano,
poteva aspettarsi.
Giordano compì un vero e proprio virtuosismo
artistico nella rivoluzione del linguaggio precedentemente
usato.
Passò repentinamente da un soggetto ardito, nuovo,
e carico di forti tinte emotive, ad un soggetto operistico
del tutto consueto e tradizionale, che tra l’altro contava già
51 anni di scena.
Un passaggio repentino dall’opera verista
infiocchettata di stornelli, di canzoni dal tratto
folcloristico e di tarantelle, all’opera romantica dai
personaggi piumati, coperti di raso e di velluto e armati di
tersi pugnali e spade luccicanti.
Ed egli scrive una musica in cui cerca di esprimere
contenuti che sensibilmente si discostano da quella
adoperata per gli attori del suo primo dramma popolare.
Certo qua e là l’autore di Mala vita fa capolino, ma
fugacemente e senza che siano offuscate le chiare
intenzioni di adoprare un altro linguaggio. La nuova
musica offre coefficienti di vitalità del tutto autonomi, e
del tutto conformi alla nuova e diversa produzione.
Il Giordano, in sostanza, ha compiuto con abilità e
successo il passaggio da una musica innovativa, di stampo
verista, ad uno diverso, di stampo tradizionale.
Ed ha scritto il melodramma classico.
E proprio in questo risiede la ragione del suo
errore.
Tuffandosi nel pieno convenzionalismo ha deluso
le aspettative di tutti coloro che si attendevano invece un
passo avanti in direzione del nuovo.
Certo un grosso limite gli è venuto dal libretto che
risulta purtroppo un cattivo rifacimento di quello usato dal
Donizetti nella Maria di Rohan.
REGINA DIAZ, 5 MARZO 1894 69
Fu il Donizetti a portare per primo le lotte per
l’adulterio nel teatro lirico. Lo fece nella difficile
compressione impostagli dai rigidi vincoli delle forme
classiche, ma con la geniale duttilità delle cavatine, delle
strette e delle cabalette.
Il libretto utilizzato da Giordano presenta invece
una deformazione dei caratteri dei personaggi, che rende
più insignificanti ed odiosi la moglie e l’amante e toglie
rilievo al marito ingannato. Quest’ultimo perde in
generosità, in passione, in nobiltà ed in fierezza, ed
acquista invece in semplicità e dabbenaggine. Il dramma
dovrebbe svolgersi ed incalzare con vivido interesse,
mentre la manipolazione di alcuni episodi e personaggi
provoca frequenti cadute di interesse.
Victor Hugo ha scritto un famoso aforisma: in arte
ed in letteratura si può rubare a condizione che si
annienti il derubato.
Voglio dire che valersi di un vecchio libretto, o di
un soggetto già celebre, per comporre una nuova opera, è
giustificabile solo nei casi in cui quel libretto si rinnovi
del tutto. In effetti non è impossibile, ci sono molti esempi
al riguardo: Boito lo ha fatto per Mefistofele, La
Gioconda, l’Otello ed il Falstaff, che sono libretti, però, di
forma molto più pregevole ed articolata rispetto agli
analoghi antenati sui quali Gounod aveva scritto Faust,
Mercadante Il Giuramento, Rossini l’Otello e Nicolai Le
vispe comari.
Ma la rivisitazione dei librettisti collaboratori del
Giordano non presenta innovazioni sufficientemente
significative.
Tanto il libretto, dunque, quanto la musica della
Regina Diaz lamentano l’assenza di una adeguata forza
d’invenzione, né presentano una significativa ricchezza di
idee forti ed originali.
70 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Il processo di maturazione di Giordano è ancora in


elaborazione, come lo è la sua formazione culturale e
teatrale.
La prima di questa nuova opera ebbe luogo la sera
del 5 marzo 1894.
Direttore: Rodolfo Ferrari.
Interpreti: Concetta Bordalba (Regina Diaz),
Giovanni Apostolu (Mario Sanseverino), Carlo Buti
(Ferrante Diaz), Lodovico Contini (Fra Benedetto).
Il pubblico napoletano, che fu così aspro ed ostile
alla Mala vita, applaudì quasi tutti i pezzi piuttosto
calorosamente, ed il Giordano venne chiamato moltissime
volte al proscenio.
Nei critici si delinearono invece due distinte
posizioni.
Quelle dei tradizionalisti, capeggiati dal
commediografo Roberto Bracco, che scrisse:

Giordano, questa volta, ha voluto cercare ed ha


trovato nella tradizione italiana la difesa contro le funeste
tentazioni modernissime : nel romanticismo del buon
tempo antico egli ha voluto, per così dire, rifarsi una
verginità artistica ; e solamente nella frase vibrante o dolce
o irruente e nella disposizione giusta delle voci e degli
strumenti e nella predominante piacevolezza del ritmo e
delle modulazioni ha voluto misurare le sue forze come per
rendersene conto e prepararsi con coscienza, con
prudenza, con onestà, a una evoluzione intima, sincera,
graduale, progressiva.

Osservazioni indubbiamente lusinghiere, ma che


suonavano come una sconfessione radicale del verismo, e
di tutte le premesse poste dall’opera precedente.
L’accettazione di quelle lusinghe equivaleva, per
Giordano, ma soprattutto per Sonzogno e tutta la sua
REGINA DIAZ, 5 MARZO 1894 71
scuderia di compositori, a sconfessare tutta la produzione
sino ad allora presentata, nonché tutta la filosofia della
giovane scuola italiana.

Il Secolo, infatti, pubblica una cronaca fedele della


serata, ma con conclusioni ben diverse:

Al primo atto, applaudita la preghiera


stupendamente eseguita dal coro; applauditissima e
bissata la romanza del tenore (due chiamate all’autore);
altra chiamata dopo il duetto tenore-soprano, e altra
ancora dopo la scena della congiura; tre chiamate
all’autore e agli artisti dopo il finale dell’atto.
Al secondo atto applauditissimi la romanza del
soprano, il successivo duetto col tenore e la romanza del
baritono (una chiamata all’autore).
Alla fine dell’opera tre chiamate a Giordano e agli
altri interpreti.
E’ però assai criticato il libretto, le cui situazioni
viete e convenzionali non hanno davvero aiutato
l’ispirazione del compositore, che dopo Mala vita si
sarebbe voluto applaudire anche di più in un soggetto più
moderno per forma e situazioni.
Si è appurato che questa è anche l’opinione
dell’Editore Sonzogno.

Ed infatti Sonzogno si infuriò. E vi fu anche chi,


come spesso in questi casi avviene, ne approfittò per porre
Giordano in una luce più scomoda, se si poteva, agli occhi
dell’Editore.
Da alcune circostanze verificatesi qualche anno
dopo, ritengo che quel qualcuno potrebbe essere stato
72 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Amintore Galli 31 , il quale pur avendo apprezzato quella


Marina con cui il Giordano si era distinto al Concorso
Sonzogno (nel quale il Galli era in Commissione) ha poi
boicottato duramente l’allestimento dello Chénier.
Salvo, immediatamente dopo il successo
dell’opera, che scriverne in modo lusinghiero, e diventare,
qualche anno dopo, addirittura uno dei biografi del
Maestro.
Il Galli era d’altra parte il più fidato consigliere di
Sonzogno, il consulente ufficiale della Casa Editrice. E
nessuna decisione poteva essere assunta dal Sonzogno
senza la preventiva consulenza del Galli. E’ del tutto
improbabile dunque che questi sia rimasto estraneo alla
immediata defenestrazione del giovane compositore dalla
Casa editrice. Anzi, l’ipotesi più probabile è che solo lui
poteva avere l’ascendente e l’autorità di convincere
Sonzogno ad una soluzione così radicale.
Per una qualche ragione ancora oscura Giordano
gli era venuto in antipatia.
Comunque Giordano con quell’opera era diventato
un autore oggettivamente imbarazzante per tutto il gruppo
di casa Sonzogno e della giovane scuola, e Sonzogno si
era convinto che la cosa più giusta fosse sbarazzarsi del
giovane musicista e rinnegare quell’opera estranea agli
stilemi della linea editoriale.
Ed infatti il giorno dopo, alla seconda
rappresentazione della Regina, Sonzogno sale sul
palcoscenico, chiama il capo macchinista e gli grida:

31
Talamello (Pesaro) 1845 - Rimini 1919. Critico musicale del “Secolo”,
insegnante di contrappunto ed estetica musicale al Conservatorio di
Milano. Autore di vari scritti, tra cui una voluminosa Estetica della
musica (1900). Compose inoltre 5 opere teatrali, oratori, musica sacra,
sinfonica e da camera, nonché il famoso Inno dei lavoratori su versi di
Turati.
REGINA DIAZ, 5 MARZO 1894 73
Smonta subito tutto : questa porcheria non si dà
più !

Annullò tutte le successive rappresentazioni


sconfessando così ogni suo legame con Giordano. E disse
al compositore:

Mi accorgo che nonostante Mala vita voi non


avete ombra di ingegno musicale. L’arte non è roba per voi
: il mio impegno è finito.

Per Giordano non vi fu alcuna possibilità di


discutere. D’altra parte, dal punto di vista del Sonzogno,
quell’opera non metteva in discussione se stessa, ma
l’intera linea editoriale ed intellettuale della Casa editrice.
Rischiava di creare un conflitto che poteva risultare
micidiale per il futuro di tutte le opere sino a quel
momento prodotte dall’Editore.
Al Maestro non restò che tornarsene a casa,
abbattutissimo e consapevole del rischio di vedere per
sempre stroncata la carriera da sempre sognata, proprio
quando gli pareva d’averla ormai definitivamente in
pugno.
Non se la sentiva di raccontare ai genitori
l’accaduto, per fortuna essi erano venuti solo alla prima !
La madre era già seriamente malata, e la notizia
dell’accaduto avrebbe potuto avere conseguenze gravi sul
suo stato di salute. E poi, comunque, in quel momento non
se la sentiva di discutere anche con loro.
Aveva bisogno di restare solo al più presto, e di
riflettere.
Ma ben presto anche a casa si apprende la verità.
Le 300 lire al mese con cui Umberto contribuiva
all’andamento domestico non ci sono più. E si presenta il
problema del suo avvenire.
74 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Sonzogno ripete al padre le stesse parole dette ad


Umberto.
Per il Dr. Ludovico dopo quelle parole, le parole
cioè di un uomo che in materia non poteva sbagliarsi,
dalla musica non c’è da aspettarsi più nulla per il figlio.
Ogni giorno, in casa, l’avvenire di Umberto è
oggetto di discussione. D’altra parte i genitori sono
legittimamente preoccupati per lui che passa le sue
giornate bighellonando, in uno stato di frustrazione e di
prostrazione psicologica che cresce ogni giorno di più.
D’altra parte Umberto non riusciva ancora a
rendersi conto delle reali ragioni che avevano indotto
l’editore ad assumere quella decisione nei suoi riguardi.
L’opera aveva riscosso consenso presso il pubblico.
Perché dunque era caduto in disgrazia al Sonzogno ?
Forse l’opera non piaceva a lui personalmente.
Il 18 marzo scrisse a Cilea la seguente lettera,
conservata nel Museo Francesco Cilea di Palmi:

...L’opera ha avuto successo, però io non ho potuto


godere neppure in minime proporzioni le soddisfazioni del
buon esito, perché Sonzogno mi ha dato durante le prove,
e anche durante le recite, i più grandi dolori, le più atroci
mortificazioni ed umiliazioni !!!
Con molta facilità si cade dalle buone grazie di lui!
Basta scrivere qualche pezzo che non sia di suo
gusto.
Quando avrò il piacere di vederti ti dirò a voce il
resto...

Di quelle discussioni in casa Giordano le sorelle


ricordano che Umberto proponeva di partecipare ad un
concorso per direttore di Banda Militare, mentre il padre
insisteva perché il figlio riprendesse la sua vecchia
passione per la scherma ed avrebbe voluto che
REGINA DIAZ, 5 MARZO 1894 75
partecipasse ad un concorso per direttore di scuola di
scherma.
Di discussione in discussione trascorre così poco
più di un mese. Si arriva all’aprile 1894 ed al San Carlo si
esegue l’opera Fior d’Alpe del maestro barone Alberto
Franchetti 32 .
Giordano va ad ascoltare l’opera, e poi va a
salutare il compositore. Franchetti nel vederlo esclama:

Ma che avete combinato ?


Ho visto Sonzogno che è furibondo con voi. Cosa
può essere mai accaduto ? Io conosco bene la vostra prima
opera e non mi spiego il contegno del Sonzogno.

Giordano, che ancora non si spiegava cosa fosse


accaduto, pregò il compositore di aiutarlo a comprendere
dove la sua musica fosse sbagliata.
Si recarono subito, insieme, al quinto piano, nei
pressi della Torretta, dove si trovava la piccola farmacia
del Dr. Ludovico Giordano. Lì il Franchetti lesse tutta la
Regina Diaz, ed alla fine disse ad Umberto:

Per dovere di coscienza parlerò io, oggi stesso, a


Sonzogno : deve farvi lavorare e vincere.
Quì c’è ingegno da vendere. Se avete sbagliato non
è certo per mancanza di mezzi. Deve darvi la possibilità di
rimediare.

32
Alberto Franchetti (Torino 1860 - Viareggio 1942) compositore.
Direttore del Conservatorio di Firenze. Alla scuola tedesca formò il gusto
per le grandi sonorità orchestrali e per gli effetti spettacolari, presenti sia
nelle opere minori (Asrael, Fior d’Alpe, Il signor di Pourceaugnac, La
figlia di Iorio e Notte di leggenda) sia nelle maggiori (Cristoforo
Colombo e Germania) entrambe su libretti di Illica. Fu anch’egli
associato alla giovane scuola italiana, detta più comunemente verista.
76 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Franchetti fu leale e sincero. E riferì subito al


Giordano che Sonzogno aveva una sola riserva: intendeva
prima conoscere quale soggetto Giordano avrebbe scelto
questa volta. Ad ogni buon conto Giordano avrebbe
dovuto trovarsi da solo la tela ed il librettista, assumendosi
tutte le responsabilità della nuova scelta.
Giordano e Franchetti trascorsero in quel periodo
diversi giorni insieme, a Napoli, rinsaldando la loro
amicizia . Il primo era in cerca di una tela da musicare ed
il secondo in semplice vacanza dopo le rappresentazioni
del Fior d’Alpe, godendo della deliziosa ospitalità
dell’amico musicista.
In quei giorni a Napoli si trova anche Illica 33 (che
allora aveva già scritto numerosi libretti per Puccini),
impegnato al Teatro Mercadante per l’allestimento della
Martire.
I tre artisti si incontrano, e quell’incontro è
rievocato dallo stesso Giordano in una intervista rilasciata
a M.Incagliati, pubblicata nell’articolo Giordano rievoca,
in La lettura, nel 1937.

Un bel giorno, di pieno sole, siamo tutti e tre


riuniti in una di quelle incantevoli trattorie, dalle terrazze
delle quali si scorge il Vesuvio, e dove si può gustare un
pranzetto ghiotto.
Franchetti mostra di interessarsi della mia
situazione e, in un momento di altruismo, mi offre, mi
cede il libretto dello Chénier che Illica si era impegnato a
scrivere per lui.

33
Luigi Illica (Castell’Arquato, Piacenza, 1857 - Colombarone,
Piacenza, 1919) librettista e autore drammatico. Fece parte del gruppo
che si raccoglieva intorno a Boito. Scrisse circa ottanta libretti per i
maggiori operisti italiani del tempo: Puccini (Manon Lescaut, Bohème,
Tosca, Madama Butterfly, gli ultimi tre in collaborazione con Giacosa),
Giordano (Andrea Chénier e Siberia),Mascagni (Iris, Le maschere,
Isabeau), Catalani (La Wally).
REGINA DIAZ, 5 MARZO 1894 77

Infatti il Franchetti, sinceramente sensibile alle


ansie dell’amico, e consapevole della necessità che la
proposta da inviare al Sonzogno fosse degna di
considerazione, semplicemente confidò dapprima al
Giordano di possedere una tela ambientata nel clima della
rivoluzione francese. Gli propose di leggerla, e qualora ne
fosse stato interessato gli comunicò che egli era disposto a
cedergliela.
Si trattava di un poema concepito a grandi quadri
storici, sulla falsariga di altri capolavori quali il Cristoforo
Colombo e Germania, già posti in musica dal Franchetti
su libretto di Illica. Il Franchetti possedeva la tela da
tempo, ma non riusciva a trovare la giusta ispirazione per
tradurre in musica l’epopea rivoluzionaria francese.
Sperava sinceramente che quella tela, invece, portasse
fortuna all’amico.
Il dramma della rivoluzione francese infatti
affascina subito Giordano; l’amore di Maddalena di
Coigny e di Andrea Chénier lo appassiona: egli ne è
subito preso e soggiogato.
Illica non ha nulla in contrario, e mostra anzi di
assecondare il gesto di solidarietà tra artisti, dimostrato da
Franchetti.
La transazione del libretto, tra i due amici, avvenne
il 20 aprile 1894, con la seguente lettera:

Caro Giordano, sapendo che tu hai bisogno di un


libretto sono ben felice di cederti i miei diritti sull’Andrea
Chénier, su tela di Luigi Illica, purché tu mi renda le 200
lire che ho sborsato a Illica per avere la esclusività del
suddetto libretto.
Ti saluto di cuore.
Napoli 20 aprile 1894. Alberto Franchetti.
78 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Naturalmente il Sonzogno, di fronte all’autorità di


Illica ed alla sua nota aderenza agli stilemi scenici della
scuola verista, non ebbe alcuna ragione di opporre riserve
sulla scelta del soggetto e del libretto.
Ma per prudenza non intende assumere alcun
impegno scritto. A ciò perverrà solo nel luglio successivo,
dopo avere letto ed approvato un primo abbozzo del
libretto.
Riceve l’intimorito Giordano e gli dice:

Sia !
Musicate lo Chénier.
Ancora per un altro anno vi dò le trecento lire
mensili. Poi non ascolterò più nemmeno Franchetti ...
Siamo all’ultima prova e poi basta davvero ! ...

Incomincia così la storia dell' Andrea Chénier.


ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 79
VI.
Andrea Chénier, 28 marzo 1896

I
l Secolo, giusto un mese dopo quella transazione,
annuncia il 20 maggio 1894 che “fra le opere che si
stanno scrivendo in Casa Sonzogno c’è l’Andrea
Chénier di Umberto Giordano su libretto di Illica.”
In realtà l’assenso dell’editore, per il momento, è
ancora generico.
In giugno Giordano assume le prime intese col
librettista. Ed Illica nel luglio 1894 sottopone un primo
abbozzo del libretto a Sonzogno.
Il 26 luglio egli comunica a Giordano che l'Editore
ha approvato il taglio del lavoro.

Egregio ed arguto amico, finalmente S. (Sonzogno)


si è occupato di te. Ha letto la tela del Chénier, l’ha trovata
di suo gradimento e me ne ha affidato la
melodrammatizzazione. Di più, io ho già cominciato, ho
già diviso i diversi personaggi e i diversi atti e spero di
poterti, più presto che mi sarà possibile, se non altro
spedire un atto.
Tuo aff.mo
Luigi Illica
Milano, 26 luglio 1894

Giordano risponde da Napoli il 30 luglio.

Carissimo Illica,
80 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

lascio immaginare a te quanto piacere mi ha fatto la


tua cartolina. Essa è stata apportatrice di lieta novella ed
ha messo la calma e il buon umore nella mia famiglia.
Eravamo tutti avviliti, caro Luigi, credevamo che
Sonzogno non avesse più intenzione di farmi scrivere la
terza opera, e siccome, per mia disgrazia, sono io la
colonna della casa, così abbiamo passato dei giorni
tristissimi e vedevamo un avvenire oscuro e disperato : ma
la tua cartolina è stata come il sole che dirada le nubi.
Sono veramente felice, e te ne sono grato.
Mi permetto di dirti che ho la coscienza di poter
scrivere della bella musica, ed ho la fede di rimettere
Sonzogno nella stessa buona opinione che di me aveva
prima.
Io non mi son saputo spiegare mai la ragione per la
quale Sonzogno aveva tanto cambiato condotta con me,
ma son certo sarà stato effetto di cattivi soffietti.
Ora si che, se vengo meno, egli avrà tutte le ragioni
di regolarsi a suo piacere. Datemi un buon libretto ed
allora prendo io la responsabilità del successo musicale.
Ho scritto più di quanto dovevo.
Aspetto da te nuove ed accetta i miei
ringraziamenti e mille abbracci.

Il 1° di agosto Illica comunica ancora a Giordano


qualche ragguaglio, annunciandogli che entro 15 giorni gli
avrebbe inviato un po' di materiale.

Devi avere un po' di pazienza perché quello


Chénier è lavoro lungo per le ricerche storiche, ecc.

In realtà Illica, in quel periodo, si era trovato


seriamente intrappolato in una moltitudine di impegni tra
cui non riusciva a districarsi.
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 81
Per tutto agosto dovette lavorare sulla
sceneggiatura della Bohème, ed ultimarla, dovendo
raggiungere Puccini a Torre del Lago nella prima
settimana di settembre. Essi dovevano concludere insieme
tutta la revisione del lavoro per passarlo a Giocosa che
aveva il compito della versificazione.
Contemporaneamente era pressato da Franchetti
col quale si era impegnato a consegnare entro il 22
settembre il libretto de La Coscienza, libretto in un atto
che, al solito, Franchetti si proponeva di musicare e poi
non musicò.
Per Franchetti, Illica stava lavorando anche al
libretto della Tosca (poi trasferito a Puccini) che
richiedeva tempo e cure, e nei primi di ottobre egli
avrebbe dovuto recarsi anche a Parigi per incontrarsi con
Sardou. A quell’incontro presenziò Verdi che si trovava là
per l’allestimento dell’Otello all’Opéra.
Il 13 settembre Giordano, un po' in ansia, scrive:

Caro Illica,
non ricevo tue nuove da parecchio tempo. A che ne
stai ?
Mi dovresti dire il titolo di quel libro che Sonzogno
ti diede per riscontrare notizie sulla Rivoluzione francese.
Almeno mi divertirò a leggere finché non avrò il tuo tanto
desiderato libretto.
Forse verrò per la fine del mese a Milano.
Ti abbraccio e ti prego di scrivermi una cartolina.

Ma Illica, ingolfato in tutte le sue cose, non aveva


trovato nemmeno il tempo di rispondere. Giordano, già
esausto per l’ansia che gli aveva provocato l’incerto
atteggiamento di Sonzogno, comincia a temere anche
dell’atteggiamento del librettista. Ed il 17 settembre gli
scrive ancora:
82 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Caro Illica,
non ricevo da parecchio tempo tue nuove.
Tu pensi a qualche cosa per me ?
Continuo a essere nelle tue buone grazie ?
Verrai a Napoli ?
Insomma ti prego di farmi sapere qualche cosa.
Ti abbraccio

Ma Illica è ancora presissimo. Il 22 settembre, tra


le altre cose, c’era a Milano l’inaugurazione del nuovo
Teatro Lirico Internazionale. Per la circostanza era stata
scelta un’opera di Samara 34 su libretto di Illica, Martire.
L’opera aveva ottenuto un caldo successo,
confermato dalla più autorevole critica italiana e straniera,
e Giordano attribuiva a quella circostanza il silenzio del
librettista.
Cominciò a comprendere che Illica era oberato da
numerosi impegni, e l’Andrea Chénier era una delle tante
cose che egli doveva fare, non certamente l’unica o la
principale.
Come invece era per Giordano.
Decise di attendere ancora qualche giorno, e poi gli
scrisse ancora. Cercando di essere diplomatico e
riguardoso per gli impegni dell’amico. Ma dal tono della
lettera si capisce che egli aveva già deciso di compiere
una scelta che si sarebbe rivelata fondamentale nella sua
vita: quella di tallonare il librettista da vicino.
La nuova lettera è del 26 settembre 1894:

34
Spiro Samara. Italianizzazione di Spiros Samaras (Corfù 1863 - Atene
1917) compositore greco. Aveva studiato ad Atene e a Parigi (allievo di
Delibes) ed era poi venuto a stabilirsi in Italia, a Milano, trovando in
Sonzogno un editore disposto a sostenerlo. Esordì con le opere Flora
mirabilis (Milano, 1886), Medgé (Roma, 1888) e Lionella (Milano,
1891) su libretti di F.Fontana.
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 83
Caro Luigi,
i miei rallegramenti per Martire, ed anche il mio
rumoroso applauso alle due chiamate...
Benissimo.
Intanto per il mio libretto non mi hai dato più
notizie.
Perché ?
E’ necessario che tu me ne dica qualche cosa, e se
credi che io debba venire a Milano dimmelo, perché parto
presto e verrò a ritirarlo, e a sentire da te a voce le tue idee,
ecc. ecc.
Sarebbe tempo per me di cominciare a lavorare.
Principia ad annoiarmi moltissimo questo mio stato di
inoperosità.
Dunque, aspetto da te anche un rigo e, se occorre,
anche la sola parla: vieni.
Ti abbraccio.

E’ evidente che Giordano altro non desiderava che


partire e recarsi a Milano.
Là avveniva tutto, là si svolgevano i grandi eventi
della lirica internazionale, là si ritrovavano tutti gli artisti
di un certo livello.
A Napoli tutto arrivava di seconda mano, e per sola
cronaca. Egli si ritrovava tutto solo, inoperoso, ed
incapace di imprimere decisive svolte al suo lavoro. Nella
sua immaginazione Illica era pressato da tutte le parti, e
chi lo pressava più da vicino otteneva per primo il suo
fabbisogno.
Era dunque necessario installarsi fisicamente
vicino ad Illica, e conquistarsi il proprio spazio nella folla
dei compositori rivali.
Sebbene la madre si fosse seriamente aggravata, e
con tutto l’affetto che Umberto nutriva per lei, portare il
84 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

più rapidamente possibile a compimento lo Chénier era


ormai la cosa che lo assillava più di tutte.
Trascorre tutto ottobre, senza che accada nulla, ed i
primi di novembre, senza ulteriori indugi, Giordano lascia
Napoli, e la famiglia, per recarsi a Milano. Senza
minimamente presagire, in quel momento, che Milano
sarebbe diventata la sua nuova residenza per il resto della
sua vita.
Nell’articolo di M.Incagliati, già citato, Giordano
rievoca, in La Lettura del 1937, lo stesso Maestro ci
tramanda la descrizione di quel delicatissimo momento:

Era necessario, per intraprendere il lavoro, essere


in continuo contatto col librettista.
Illica abitava allora in un appartamento in via
Bramante al n.39, a poche passi dal Cimitero
Monumentale.
In questa stessa casa cerco di ottenere una qualsiasi
stanzetta per essere vicino ad Illica, ma non ve ne sono
disponibili.
Insisto.
Il padrone di casa (l’architetto Airaghi) si
allontana e ritorna con un’enorme chiave : “Favorisca con
me”, mi dice.
Attraversiamo il cortile e mi trovo di fronte a un
portone di legno. L’apre. Entriamo.
E’ un vasto magazzino, con poca luce, adibito a
deposito di gigantesche statue mortuarie in atteggiamenti
di dolore, di schianto.
“Ecco”, mi dice, “non ho che questo”.
Lì per lì resto muto, ma penso allo Chénier e mi
decido.
La sera, quando rientro nel mio lugubre alloggio,
mi sembra di entrare addirittura nel cimitero.
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 85
E lì nacque lo Chénier.
Giordano vi portò un lettino, una stuoia di paglia,
una tavola, una lampada a petrolio, alcune sedie, un bacile
con relativa brocca e un pianoforte verticale : e tutto
questo fu il suo studio.
Pur di vivere nella stessa palazzina dove abitava
Illica, e poter quindi essere sempre e costantemente in
contatto col librettista, egli si era adattato senza remore a
quel lugubre locale, senza pavimento, con un’unica
finestra che dava su un cortile, e tutto coperto di ragnatele
negli angoli e sul soffitto.
Ma questa risoluzione diede i suoi frutti.
Illica, anche se preso da mille altri impegni, tra i
quali primeggiava la preparazione del libretto della
Bohème per Puccini, pressato da Giordano lavorava
contemporaneamente anche allo Chénier. E le due opere,
da allora, cominciarono a percorrere uno stesso cammino
che per entrambe si rivelò felice e trionfale.
Esse andranno in scena nello stesso anno, il 1896,
conseguiranno entrambe un lusinghiero successo, ed
otterranno numerose repliche in tutto il mondo, per
moltissimi anni. Sino ad arrivare ad oggi, epoca in cui
festeggiano insieme il centesimo compleanno.
Il libretto cominciò a prendere forma, e Giordano si
rese subito conto che si trattava di un lavoro enorme, di
proporzioni mastodontiche, almeno rispetto ai lavori nei
quali sino ad allora egli si era cimentato.
Per un compositore non ancora ricco d’esperienza,
alla sua terza esperienza di teatro, fu certamente un grosso
atto di coraggio l’accingersi ad una impresa di quelle
proporzioni e mettersi a musicare un libretto di quella
portata.
E’ naturale pensare che, oltre ad una solida
preparazione scolastica, il Maestro venne guidato
soprattutto da singolari capacità intuitive del teatro
86 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

melodrammatico : e questo, a mio parere, è anche il titolo


più prezioso di cui possa vantarsi un operista.
In Andrea Chénier le proporzioni degli atti
appaiono esemplari. La distribuzione degli episodi
cantabili è degna della più consumata abilità dell’uomo di
teatro. Il fluido melodico è asservito alle concentrazioni
emotive, agli scatti della recitazione, agli abbandoni più
appassionati, senza perdere mai né in slancio e né in
tenuta, anche dove la sua azione non investe il testo. Il bel
canto non prorompe mai sulla parola, ma vi si introduce
lentamente, inserendovisi quasi in modo capillare,
inavvertibile.
Sulla bozza di libretto, nei primi mesi del 1895,
Giordano compone già la maggior parte del 1° Atto.
Decide di non fare un esordio strumentale, e di presentare
subito i numerosi personaggi. Infatti l’opera si apre con un
allegro brillante, un po' sulla falsariga del rondò
strumentale, e su un succedersi di temi vivacissimi i
personaggi recitano cantando : è il sistema del parlante,
un sistema rinnovato dal Giordano.
Si tratta di un peculiare modo di strutturare il
rapporto tra il melos della parola e la sua cornice
armonica, o meglio ancora, musicale, in senso lato.
I lunghi dialoghi, in cui spesso si svolge una
intensa azione, non vengono semplicemente
accompagnati, ma articolati su una struttura strumentale
autonoma nei suoi assiomi semantici, al tempo stesso
fittamente intessuta nelle maglie del cantato.
Se da un lato la parola, dunque, risulta ben
modulata musicalmente, dall’altro l’orchestra affronta un
vero e proprio pezzo a se stante, che di quella parola segue
però il sentimento, il significato ed senso. Ma la parte
strumentale costituisce comunque un organismo perfetto
fornito di un proprio carattere e di una propria bellezza.
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 87
L’orchestra definisce il carattere e l’espressione del
personaggio che canta, il canto ne illumina l’essere e la
psiche : i due elementi del melodramma, quello vocale e
quello strumentale, si fondono nel tutto, amalgamati
dall’unica ispirazione e dal magistero dell’artista.
Ecco perché il discorso armonico in Giordano
sfugge assolutamente ad ogni ricognizione puramente
accademica : l’orchestra è funzionale alla parola, ed è
integrazione della parola nella identica misura in cui
questa è integrazione dell’orchestra. Mai l’una deve
assumere il sopravvento sull’altra.
Le acute intuizioni del Giordano non si limitano,
però, ai soli aspetti semantici della struttura del linguaggio
musicale, egli impone nuove regole anche sul piano dei
codici di scrittura.
La partitura d’orchestra dello Chénier infatti
presenta una novità grafica che, per quel tempo, fu
assolutamente rivoluzionaria, e che ancor oggi non tutti i
compositori hanno assorbito : il Giordano abolì
l’armatura in chiave, e ha posto gli accidenti ai suoni che
effettivamente vengono alterati, man mano che se ne
presenta la necessità.
Questa innovazione non è l’unica introdotta dal
Maestro nella grafica musicale.
Qualche anno dopo, nel 1908, egli presenta al
Congresso musicale milanese un nuovo modo di scrivere
le partiture : quello di scrivere tutti gli strumenti
traspositori in Do, come si fa per il flauto, per il
violoncello, il contrabbasso, ecc.
I maggiori musicisti italiani e stranieri approvarono
questa proposta, e da allora gli editori Sonzogno e Ricordi
pubblicarono partiture di musica classica e di musica
moderna seguendo il sistema di notazione a suoni reali.
La prima opera scritta da Giordano col nuovo
sistema fu Madame Sans-Gene.
88 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

L’autore del Mefistofele, il grande senatore maestro


Boito, a proposito della nuova notazione proposta dal
Giordano, così si espresse:

Se anche mi ostinassi a darle torto, il tempo le


darebbe ragione.

E Massenet:

Je suis absolument pour la notation si rationelle


proposée par mon cher et illustre confrère Umberto
Giordano.

Giordano a marzo 1895, con il libretto completo


dei primi due atti dell’opera, decide di partire per la
Svizzera, accettando l’invito degli amici russi de
Veljacheff, per evadere dalla soffocante pressione di
Sonzogno e trovare un’atmosfera più adatta a stimolare
l’ispirazione. Divide il suo soggiorno tra Vevy, Ginevra,
Vésenaz e La Tour de Peilz.
Da Vésenaz, quello stesso marzo, scrive a Illica:

E’ tutto stupendo. Io non sogno che una cosa :


poter venire qui l’estate, noi due soli, e venire tutti gli
anni per preparare il lavoro per la stagione invernale.

Resta in Svizzera, dove rifinisce il 1° Atto e scrive


il 2°, sino al maggio 1895. Il 24 maggio telegrafa ad Illica
da Tour de Peilz:

Impossibile aver trovato denaro per viaggio.


Mandami telegraficamente mensile giugno Sonzogno
senza dirgli dove. Giordano.
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 89
Finalmente il 26 giugno torna finalmente a Milano,
dove Sonzogno lo attende ansioso. L’editore, che intanto
continua a versargli le 300 lire al mese, desidera verificare
se il lavoro procede, e desidera ascoltare che tipo di
linguaggio Giordano sta utilizzando. La bruciatura di
Regina Diaz è ancora fresca, e Giordano non ha ancora
riconquistato la fiducia dell’editore.
Giordano affronta l’incontro con un certo
ottimismo, è certo di avere lavorato seguendo
genuinamente la propria ispirazione, senza alcun
condizionamento. Lo testimonia la lettera scritta ad Illica
da Vevey nei primi di quello stesso maggio:

...io credo che finirò presto l’atto. Tutto ciò che ho


scritto mi piace molto.
Non ti ho spedito nulla perché non ho copiato. Io ho
molto bene occupato il mio tempo qui scrivendo della
musica, e quando lascio la penna sono così stanco che non
posso fare il lavoro di ricopiatura. Abbi pazienza, non aver
premura, perché fortunatamente questo secondo atto mi
ispira della musica fino al punto di musicare anche i versi
che tu hai virgolettati. Però ti prometto fra una quindicina
di giorni di fartelo recapitare.
Quanto mi hai detto di Sonzogno mi ha fatto una
tremenda impressione, e mi son sentito gelare il sangue.
Mi hai scritto della soppressione del mensile a
Leoncavallo, ed io ho una paura terribile che faccia lo
stesso con me ; sarebbe una tale catastrofe che non voglio
pensarci.

Quello stesso 26 giugno, nel pomeriggio, affronta


Sonzogno. Ed esce vittorioso dall’incontro.
Il 27 , non trovandolo in casa al mattino, confida i
suoi sentimenti ad Illica lasciandogli un biglietto sotto la
porta:
90 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Carissimo Illica,
mi sarà impossibile venire da te nel pomeriggio, e
verrò domani; però mi fa piacere di scriverti subito che ieri
ho suonato a Sonzogno (che era furibondo con me per non
essermi fatto vedere dalla mattina !) la musica del secondo
atto, e ne ha avuto ottima impressione. Gli è veramente
piaciuta, tanto che mi ha detto Barilati 35 che gli pareva
impossibile fossi lo stesso autore di Regina Diaz.
A domani.

Il lavoro, dunque, sembra procedere. Forse un po'


lentamente, ma con positiva convinzione dei due artisti.
Illica, intanto, aveva concluso anche il terzo atto.
Ma intorno al novembre 1895 tra i due artisti
accade qualcosa. Di certo si può affermare solo che si
trattò di uno screzio, un contrasto. Un dissidio le cui
ragioni, dagli atti, non paiono riguardare, almeno
direttamente, questioni attinenti la musica o il testo dello
Chénier. Si è trattato certamente di fatti e circostanze di
una vicenda umana nelle cui pieghe è molto difficile
leggere obiettivamente a distanza di tanti anni, senza la
concorrenza di documenti precisi al riguardo. Quel poco
che emerge, comunque, è sufficiente per smentire nel
modo più assoluto l’aneddoto sempre ripetuto al
proposito, e compendiato nelle pagine di una biografia
Giordaniana pubblicata intorno agli anni ‘50.
I rapporti con Illica si appianeranno comunque di lì
a poco, e mentre nelle lettere di dicembre 1895 si danno
del “Lei”, a gennaio del ‘96 essi tornano già al “Tu”.
Dall’epistolario con Illica si delinea già,
comunque, una nuova circostanza. Qualcuno, in casa
Sonzogno, marciava contro lo Chénier. E Giordano se ne

35
Alessandro Barilati, impresario teatrale e uomo di fiducia del
Sonzogno.
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 91
era accorto. Ma la sua indole bonaria e pacata non gli
consentiva di fronteggiare questi attacchi come le
circostanze richiedevano. Ed allora chiedeva aiuto
all’Illica, interessato quanto lui alla buona sorte
dell’opera, che godeva di un prestigio maggiore e che,
soprattutto, sapeva di più farsi sentire.
Infatti nel dicembre ‘95, sia pure con il “Lei”,
Giordano scrive ad Illica, che è fuori Milano impegnato
con le prove di Bohéme di Puccini, di prossimo
allestimento a Torino:

Egregio sig. Illica,


ho consegnato soltanto ieri sera la Sua lettera al
Sonzogno... dice che le didascalie sono lunghe e che il
libretto sembra un trattato di storia. Capirà che per
quanto io potevo dire ho detto, ma egli ha troncato
qualunque discussione.
Però a questo vi è una codicina.
Ieri sera, al Savini, Samara “con segretezza” mi
disse quanto “con segretezza” io dico ora a Lei.
Dopo il Lirico e dopo il successo d’ilarità dello
spettacolo nuovo 36 , Sonzogno era naturalmente di pessimo
umore e pare abbia detto : “per lo Chénier meglio
assicurarsi prima ; e se le parti d’orchestra fossero pronte,
lo proverei in orchestra al Lirico, perché voglio essere
sicuro della strumentazione !!!... Tanto più che il libretto è
arrischiato (?!)”, e citò “l’entrata dei pezzenti” al primo
atto.
Dunque, riunendo ora tutte queste cose, mi risulta
che nello stabilimento indiscutibilmente vi deve essere
qualche amico il quale lavora a mandare per aria lo
Chénier, e in questi ultimi giorni il lavoro sarà stato più

36
si riferisce alla Ninon de Lenclos del compositore calabrese Gaetano
Cipollini, rappresentata al teatro Lirico il 3 dicembre e subito ritirata per
l’esito completamente negativo sia per il libretto che per la musica.
92 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

energico : dopo cioè che si è visto sul cartellone (che però è


stampato e sta nello stabilimento non ancora affisso) che lo
Chénier è messo nel mezzo della Stagione, al posto
d’onore.
Se Ella potesse fare una scappatina allo
stabilimento dalle cinque alle sei, quando ci sono io, credo
sarebbe ottima cosa, perché a Lei direbbero le cose più
chiaramente e poi perché quando si vede un po' di marcio
bisogna tagliare corto con energia.
Venga da Sonzogno e vediamo che cosa sono queste
sue incertezze.
Del resto, io mi rifiuterò a qualunque prova senza i
cantanti e non mi metterò mai nelle condizioni che sia
Ferrari 37, oppure Galli, sia chiunque altro debba
sentenziare sulla mia opera. Lo farei soltanto se ci fosse
Mascagni, perché i sopraddetti hanno i loro protetti.
Tanti saluti.
P.S. Prego di non accennare niente di questa
lettera al Sonzogno. Il resto a voce.

L’ipotesi più probabile è che a “lavorare per


mandare in aria “ lo Chénier fosse già in quel momento
Amintore Galli, per ragioni che ancor oggi sfuggono
all’esame della storia. Ma il Galli non era l’unico a poter
nutrire sentimenti di invidia o gelosia nei confronti del
Giordano.
Fatto sta che le contrarietà che lo Chénier dovette
subire prima di andare in scena non erano ancora finite.
Le ampie tessiture vocali adottate dal Giordano, i
lunghi stazionamenti nelle zone più impervie

37
Rodolfo Ferrari (Staggia, Modena 1865 - Roma 1919) direttore
d’orchestra. A quel tempo già largamente affermato e molto vicino al
Sonzogno, del cui repertorio aveva tenuto a battesimo parecchie opere,
fra cui : L’amico Fritz e I Rantzau di Mascagni, I Medici di Leoncavallo,
Tilda di Cilea, e di Giordano la sfortunata Regina Diaz.
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 93
dell’estensione, i numerosi passi di difficile intonazione,
resero non facile la individuazione di un tenore che
sapesse rendere al meglio la parte di Chénier.
Tutto sembrava risolto quando Alfonso Garulli 38
accettò la parte.
Giordano già a fine dicembre 1895 cominciò ad
incontrarsi con lui, e così ne diceva ad Illica:

...
Sono stato oggi da Garulli e gli ho fatto sentire la
parte. Gli è piaciuta moltissimo e mi ha ripetuto la stessa
frase della Carrera 39 : “Se le altre parti hanno di questa
musica, sarà un successone”. E’ rimasto contentissimo, mi
ha invitato a pranzo domani ma io ho rifiutato. Andrò
invece dopodomani, ma se potessi evitarlo sarei contento
perché ho capito che vorrebbe addossarmi la moglie 40.
...

Intanto Giordano aveva terminato la stesura dello


spartito, ed ora stava lavorando alla partitura. Sviluppava

38
(Bologna 1866 - 1915) celebre tenore. Disponeva di una voce di
timbro chiaro e di genere lirico-leggero, per di più con una estensione
piuttosto limitata. Ma a tutto ciò sopperiva con un sapiente uso della
mezzavoce, con la soavità e la morbidezza del fraseggio, con un gusto
squisito delle sfumature e un abbandono, nel genere lirico, sempre
accompagnato da una purezza di stile. Grazie a queste caratteristiche,
dopo aver fatto di Carmen il punto di partenza verso il repertorio spinto,
fu soave interprete del Lohengrin, della Favorita, dei Pescatori di perle,
del Mefistofele, di Cavalleria rusticana e dei Pagliacci.
39
Evelina Carrera (Barcellona 1870 - 193...) notissimo soprano, a quel
tempo già applaudita in importanti teatri di tutto il mondo, cantando un
repertorio fondamentalmente lirico con puntate in quello drammatico. Fu
lei, alla Scala e in molti altri teatri italiani e stranieri, la prima
Maddalena di Coigny.
40
Ernestina Bendazzi-Secchi-Garulli, figlia della celebre Luigia
Bendazzi. Cantava spesso a fianco del marito, con il quale condivise
molti successi.
94 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

in questa fase tutte quelle situazioni che nello spartito


erano state solo appuntate, oppure appena esplicitate.
Il 4 gennaio 1896 aveva consegnato a Sonzogno il
secondo atto della partitura, e si accingeva a finalizzare
l’ultimo atto dello spartito.
Giordano scrive la parola "fine" nell'ultima pagina
della partitura dello Chénier il 27 gennaio 1996.
Quel giorno, felice, scrive solo poche parole,
secche e chiare, al librettista che si trovava a Torino:

Carissimo Illica,
io ti aspetto perché le prove dello Chénier desidero
che incomincino dal 1° febbraio.
Pretendo un mese di prove. Non si può farne di
meno.
Scrivimi quando hai l’intenzione di ritornare.

Nel frattempo Sonzogno andava via via allestendo


tutte le opere che presentava in quella stagione, quelle
nuove e quelle di autori stranieri, le cui opere ricevevano
il battesimo in Italia. Ed un curioso fato volle che
all’esordio tutte andassero male. Compresa la Carmen.
Giordano comprese che, man mano che il tempo
scorreva, queste circostanze andavano tutte a favore della
sua creatura. Sonzogno doveva necessariamente puntare
sullo Chénier per mietere qualche risultato positivo al
termine di quell’annata. Ma quel qualcuno che tramava
contro lo Chénier tornò di nuovo in azione. E questa volta
sotto le certe sembianze del Galli.
L'Editore, come sempre faceva, sottopose l'opera
appena consegnatagli al completo, al giudizio del suo
consulente editoriale Amintore Galli.
Questi, in dialetto milanese , sentenzia: "ghè denter
nient !" ("dentro non c'è nulla !).
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 95
In un articolo del Radiocorriere del 4 marzo 1956 il
Galli viene definito il critico-pontefice di Casa Sonzogno,
si pensi dunque in quale drammatica situazione egli gettò
l’Andrea Chénier a poche settimane dall’allestimento.
Egli definì pubblicamente l'opera irrapresentabile.
E non senza conseguenze.
Infatti Sonzogno, dopo quel giudizio, ancora
bruciato dal precedente fiasco del Giordano, e terrorizzato
per un ulteriore fallimento nella sua già compromessa
Stagione lirica, pervenne ad una determinazione
drammatica : ritirò l'opera dal cartellone della Scala.
Giordano protestò vivacemente con l'Editore, e lo
implorò di far valutare il lavoro ad altri musicisti. Egli era
certo di avere scritto una buona musica e la sua coscienza
d’artista era serena. Insistette molto con Sonzogno perché
ci ripensasse. Insistette tanto che il Sonzogno decise di
ridiscutere nuovamente la questione con il Galli.
Ma quest’ultimo, ben consapevole d’avere ora
nelle sue mani il destino del Giordano, fu irremovibile nel
suo giudizio :

quest’opera è irrapresentabile. Non può e non deve


andare al giudizio del pubblico. Sarebbe la rovina della
Casa Sonzogno.

Tuttavia Sonzogno, che possedeva un acuto senso


imprenditoriale ed un istinto non comune, era perplesso
per l’ostinata insistenza del Giordano rispetto alla radicale
bocciatura del Galli.
Fece dunque sapere al compositore che per il
momento la questione era da ritenersi chiusa, ma che
avrebbe sottoposto l’opera alla valutazione di altri
musicisti della Casa : Leoncavallo e Spiro Samara.
Giordano è sicuro del fatto suo, ma comprende che
da questo ultimo giudizio dipende tutto il suo destino.
96 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Decide allora di rischiare il tutto per tutto. Se uno dei suoi


concorrenti dovrà essere quello che deciderà della sua
vita, che sia dunque quello più famoso : propone quindi a
Sonzogno che venga consultato il Mascagni.
Questa circostanza si rivela determinante sia per la
futura vita dello Chénier che, incredibilmente, per la
futura vita terrena dello stesso Mascagni.
L’autore di Cavalleria in quel momento si trovava
a Firenze, per presenziare ad una Stagione lirica tutta
dedicata a lui.
In quegli stessi giorni a Firenze si inaugurava la
tramvia elettrica ed il maestro livornese era stato invitato a
tenere a battesimo la cerimonia.
Giordano aveva appreso tutto ciò dalla moglie di
Mascagni, a casa dello stesso, dove si era recato per
parlargli. Decide allora di andare immediatamente a
Firenze, per delucidare tempestivamente il collega di tutto
ciò che era successo. Dalla stazione si reca nel luogo della
cerimonia e lo raggiunge proprio mentre tutte le autorità,
Mascagni compreso, stanno per salire sulla vettura che
deve compiere la corsa inaugurale.
Mascagni, appena notato Giordano, si stacca dal
gruppo delle autorità e lo raggiunge per salutarlo. Gli
chiede, naturalmente, le ragioni della sua presenza in quel
posto ed il colloquio si allunga perché Giordano non
riesce a trattenersi dall’esporgli tutta la vicenda di cui era
rimasta vittima il suo Chénier.
Il tram già pieno di Autorità non può attendere
oltre, e si muove senza la presenza di Mascagni, fra le
acclamazioni dei cittadini presenti, mentre Mascagni
continua ad ascoltare Giordano, dispiaciuto e sorpreso di
quanto questi gli stava raccontando.
Dopo pochi istanti e qualche centinaio di metri
dalla partenza il tram delle Autorità deraglia alla prima
curva, a causa del mancato funzionamento dei freni, e va a
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 97
fracassarsi disastrosamente contro un muraglione. Tra gli
ospiti del tram si contano numerosi morti, tutti gli altri
sono rimasti gravemente feriti.
Mascagni, scosso da questo episodio,
probabilmente grato al Giordano per essere stato
l’involontaria ragione della sua mancata presenza in quella
vettura, decide immediatamente di sposare la causa dello
Chénier, e parte addirittura da Firenze insieme a Giordano
per raggiungere l’Editore a Milano.
Qui investe il Sonzogno ed il Galli, insieme, in una
animata discussione, al termine della quale egli concluse
di “rifiutarsi di giudicare la musica ed il valore del
Maestro Giordano” ed aggiunse che se qualcun altro
avesse avuto l’ardire di farlo, doveva essere qualcuno che
avesse dimostrato di avere scritto qualcosa di meglio della
sua Cavalleria.
Sonzogno rimase piuttosto scosso del credito e
della stima che Mascagni manifestava per Giordano.
Mascagni era considerato da Sonzogno il "capofila" della
casa editrice. Non poteva sottovalutare il peso di quel
giudizio. Cominciò quindi a dubitare della buona fede del
Galli. E rifletté su tutta la vicenda.
L'opera rientra finalmente in cartellone dopo pochi
giorni.
Ma qualcosa continuava a non funzionare.
Illica tardava a rientrare a Milano e Garulli
rinunciò alla parte, probabilmente perché condizionato dal
giudizio espresso dal Galli, o anche perché non riuscì a
convincere Giordano ad affidare alla moglie il ruolo di
Maddalena.
Fatto sta che si rese urgente trovare un nuovo
tenore, ed in tempi brevissimi. L’esordio era previsto per
marzo.
Giordano sollecita di nuovo Illica il 6 febbraio
1896:
98 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

...
Ed ora passiamo allo Chénier, ultima cartuccia di
Sonzogno in questa Stagione.
Andai a Cremona e non mi piacque il tenore
propostomi 41.
Fin ora niente è stabilito e la tua assenza è un
danno.
Io non ho lo spirito di gridare, e tutti se ne
strafottono.
Mentre lo Chénier è ancora un’incognita, e non
bisognerebbe trascinarlo, specie dopo questa serata... 42
Non si ripeterà più la Navarrese, né si farà la
Carmen. Sabato di nuovo Sansone e Dalila.
Torna presto ! Torna presto ! Torna presto !
Ti saluto.

E, sempre più ansioso, gli riscrive a Roma il 7


febbraio. Il librettista si era spostato nella capitale per
l’allestimento della Bohème al teatro Argentina:

Caro Illica,
le parti sono distribuite tutte ad eccezione del
tenore (che ancora non si sa chi dovrà essere...). Si è
scritto a Durot 43.
Poi, figurini, scene, attrezzi, costumi niente...
Niente ! Niente !

41
Pietro Zeni, che tra il dicembre 1895 e il febbraio 1896 aveva cantato
al teatro Ponchielli, con Salomea Krusceniski e il baritono Andrés de
Segurola, in Manon Lescaut, Ugonotti e Marion Delorme.
42
era fallita alla Scala la prima in Italia della Navarrese di Jules
Massenet.
43
Eugenio Durot. Aveva debuttato nelk 1883 a Forlì nella Gioconda. In
quel momento si trovava a Kiev per l’Ebrea di Halévy. Non cantò alla
prima in Italia, ma fu il primo interprete dello Chénier nell’America del
Nord, all’Academy of music di New York, il 15 novembre 1896.
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 99
Caro mio, se non vieni qui tu è un affare serio.
Quando vado per parlare mi si risponde:
“Aspettiamo che venga Illica”, ed io rispondo:
“Aspettiamo” ! E così passano i giorni e le settimane.
Ma il fatto, o meglio, la catastrofe di ieri alla Scala
farà fare le cose molto meglio. Vedrai !
Le due opere che mi davano fastidio erano la
Navarrese e la Carmen. Paf !... andate per aria in un
baleno tutte e due perché la Frandin non canterà più e
Sonzogno non metterà un’altra 44 .
Succederà tutto questo perché Chénier è il
predestinato ? Chi lo sa... Però è molto strano quello che
accade.
Ti aspetto e ti abbraccio.

E per trovare il nuovo tenore si dovette


effettivamente attendere il ritorno di Illica, il 23 febbraio.
Fu il tenore Giuseppe Borgatti 45, rientrato proprio
in quei giorni a Milano dalla lontana Russia.
Racconterà il tenore nelle sue memorie La mia vita
d’artista (Bologna, Cappelli Ed., 1927):

Capitai, naturalmente, in Galleria.


Stavo osservando il quadro della pittoresca vita che
mi si svolgeva d’intorno, quando incontrai Luigi Illica.

44
In realtà Carmen fu di nuovo rappresentata il 23 febbraio, interpreti
Ida Rappini, Paolina Leone (Micaela), Francesco Vignas (Don Josè),
Mario Sammarco (Escamillo). Ma Sonzogno avrebbe potuto risparmiare
la spesa perché fu di nuovo un fiasco. Le manifestazioni di dissenso
furono così accese che il sipario dovette calare, per non più rialzarsi, a
metà del terzo atto.
45
Giuseppe Borgatti (Cento, Ferrara, 1871 - Reno, Lago Maggiore,
1950) tenore. Partecipò nel 1899 alla prima italiana del Sigfrido di
Wagner, diretta alla Scala da Toscanini, e da allora si dedicò
prevalentemente alle opere wagneriane in cui fece valere il timbro pieno
e caldo.
100 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Battendomi una mano sulla spalla, egli esclamò


esultante : “Finalmente ecco quì l’Andrea Chénier”.
Parlava come se io fossi stato già al corrente della cosa,
mentre ignoravo perfino di che si trattasse. Né mi fu
possibile dire una sillaba, perché il poeta parlava sempre
lui, con una tale foga e un tale entusiasmo proprio di chi
ha fatto una grande scoperta.
Morale : avrei dovuto imparare la nuova opera al
più presto, perché essa (per mancanza del tenore)
minacciava di non poter essere varata, richiedendo una
particolare interpretazione.
“E dove la daremo ?”, domandai a Illica.
“Alla Scala”.
Ebbi uno scatto : gli strappai quasi di mano il
libretto e via, a studiare lo Chénier.

In effetti furono ben 17 sono i tenori che, per una


ragione o per l'altra, vennero scartati dal Giordano.
La Galleria ambrosiana di Milano, a quel tempo
rappresentava un grande porto metropolitano dove
approdavano e passeggiavano i più navigati campioni del
melodramma. Illica e Giordano incontrano lì,
casualmente, il Borgatti appena tornato da Pietroburgo
dove era stato fischiato.
Borgatti risultava particolarmente adatto per la
parte di Chénier, perché oltre ad essere un grande cantante
era anche un grande attore. Lo studio assiduo del
repertorio wagneriano, di cui era eccellente interprete, gli
aveva aperto tutti i segreti del parlante nel senso
desiderato da Giordano.
Ma ormai l’allestimento dell’opera doveva
affrontare anche il problema del tempo.
Sonzogno si era infatti impegnato con i fratelli
Corti , impresari della Scala, per la data della prima,
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 101
fissata al 28 marzo. Ed al nuovo cantante non possono
essere concessi più di otto giorni per imparare la parte.
Ma Borgatti, avvezzo a navigare per lo sterminato
oceano wagneriano, non si spaventa. Si entusiasma per il
ruolo ed il soggetto, ed il 26 marzo si presenta ,
ferratissimo, alla prova generale.
Il cast completo, la sera del 28 marzo 1896 fu
dunque il seguente.

Direttore: Rodolfo Ferrari, un modenese che si


adoperava molto per la diffusione dell'opera teatrale di
wagner. Diresse molte prime esecuzioni italiane: L'amico
Fritz di Mascagni, la Manon di Massenet, la Parisina di
Wagner e l'Andrea Chénier.

Interpreti: (Chénier) Giuseppe Borgatti, del quale


abbiamo già parlato; (Maddalena di Coigny) Evelina
Carrera, un soprano dalla sensibilità scenica spiccatissima,
con una voce molto calda ed un vivace temperamento;
(Gèrard) Mario Sammarco, un baritono palermitano
allievo del Cantelli, che successivamente fu anche
direttore artistico della Scala ed apprezzato insegnante; (la
vecchia Madelon) Della Rogers; (la mulatta Bersi)
Maddalena Ticci; (un Incredibile e l'Abate) il tenore
Enrico Giordani; (Mathieu) il baritono Michele Wigley;
(Fouqier Tinville, l'accusatore pubblico) il basso Ettore
Brancaleone; (Roucher) il baritono Gaetano Roveri; (Il
maggiordomo, Dumas e Schmidt) furono interpretati dal
basso Raffaele Terzi.

Trama dell’opera

L’Opera è ambientata nell’anno 1789, in Francia.


La rivoluzione è alle porte, ma la nobiltà francese
sembra non volersene accorgere.
102 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Nel Castello dei Conti di Coigny si svolge una


festa frivola e spensierata; fra gli invitati alla festa vi è
anche il giovane poeta Andrea Chénier. Costui si fa notare
perché rifiuta di concedere una improvvisazione poetica
sull’amore, suscitando così sia l’indignazione della
contessa padrona di casa, sia la pungente ironia della
contessina Maddalena di Coigny.
Chénier reagisce alla ironia di Maddalena con uno
sfogo poetico caldo e vibrante che è un richiamo al
solenne impegno della poesia ed al profondo significato
dell’amore. Ma al tempo stesso la declamazione rivela
anche una protesta contro il costume di quella società, e
quindi un fervore rivoluzionario.
Chénier abbandona la festa, tra l’indignazione
generale, ma lascia Maddalena turbata e commossa.
La festa riprende, ma viene nuovamente interrotta
dall’irrompere di un corteo di povera gente. Costoro sono
stati introdotti dal maggiordomo del Castello, Carlo
Gérard, che cova sentimenti rivoluzionari, aborrisce
l’ambiente nel quale vive e lavora, ed intende così
disturbare la festa. Egli è però segretamente innamorato
della contessina Maddalena.
La contessa protesta con Gérard per l’irruzione dei
poveri e quando questi dichiara di essere stato lui ad
introdurli ella gli ingiunge di cacciarli via e di andarsene
con loro. Gérard si strappa di dosso la livrea che tanto gli
pesa, con parole di ribellione e di sdegno nei riguardi della
nobiltà, e se ne va con i poveri con l’intento di dedicare la
sua vita agli imminenti progetti rivoluzionari.
Il secondo atto è ambientato nel 1894, cinque anni
più tardi, questa volta a Parigi. La Rivoluzione è già
iniziata e siamo in pieno “Terrore”, Robespierre controlla
tutta l’organizzazione rivoluzionaria.
Chénier, che agli inizi aveva creduto negli ideali
della Rivoluzione, non condivide più i metodi e le
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 103
esecuzioni sommarie della giustizia di quel regime, ed era
dunque caduto in disgrazia presso i dirigenti del governo
popolare. Per questa ragione egli era sorvegliato da una
delle spie al servizio della repubblica, chiamate
incredibili. Chénier è turbato perché riceve da qualche
tempo strane lettere da una donna anonima. Ma
nell’ultima di queste lettere la sconosciuta esprime il
desiderio di voler uscire dall’incognito. Gli ha fissato un
appuntamento nel piazzale prospiciente il ponte Peronnet,
sotto il busto di Marat.
Chénier va all’appuntamento e l’ignota compare :
si tratta di Maddalena di Coigny, la cui famiglia è stata
sterminata, ed è ormai sola al mondo, bisognosa di aiuto e
di protezione. Il suo unico appoggio è la fedele serva che
era a sua disposizione nel Castello, la mulatta Bersi.
Quest’ultima, per sostenere la padroncina, si è prostituita,
diventando così una delle tante “meravigliose” di cui
pullula la città.
L’amore divampa fulmineo tra i due giovani, ed
essi si preparano a fuggire insieme.
Ma la scena è stata tutta osservata dall’incredibile
che pedina Chénier, e viene tempestivamente riferita a
Carlo Gérard, che da maggiordomo di casa Coigny è nel
frattempo diventato uno dei più stretti collaboratori di
Robespierre.
Gérard da tempo ricercava la contessina di Coigny
di cui era innamorato, e fa in tempo a raggiungere i due
giovani mentre il loro colloquio è ancora in corso. Egli
assale Chénier. Maddalena fugge, e Chénier nel
difendersi ferisce gravemente Gérard. Costui, credendosi
in punto di morte si pente del suo comportamento,
raccomanda Maddalena a Chénier e lo esorta a salvarsi
dal Tribunale rivoluzionario che medita di processarlo e
ghigliottinarlo. Accorrono guardie e popolani, Chénier
104 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

fugge, e Gérard in un impeto di generosità dichiara di


essere stato ferito da mano ignota.
Qualche mese dopo Gérard riesce a guarire dalla
ferita. Nel frattempo Chénier viene arrestato a Passy. Ora
è in attesa del processo. L’accusa è di tradimento, e l’atto
viene firmato dallo stesso Gérard.
Gérard, con questa mossa, intende sollecitare
Maddalena a scoprirsi, ad uscire dal proprio nascondiglio,
in un qualche tentativo di salvare Chénier.
E tanto si avvera.
Maddalena, disperata a causa della pubblica notizia
dell’arresto di Chénier, si reca spontaneamente da Gérard
a chiedere clemenza per l’amato, dichiarandosi disponibile
a concedersi.
Gérard però di fronte a questa grande prova
d’amore si commuove, rinuncia a possedere il solo corpo
di Maddalena, ed anzi le promette che farà di tutto per
sottrarre il poeta alla condanna a morte.
Durante il processo Gérard, pubblicamente, ritratta
l’accusa e dichiara di avere scritto il falso. Ma il clima
rivoluzionario, la sete di sangue, il tragico meccanismo
che si era innescato rendono vane le sue parole.
L’accusatore pubblico Fouquier-Tinville, infatti, non
accetta che Gérard ritiri le accuse a Chénier, e le fa
proprie. I giurati, frastornati dal tumulto del popolo che
chiede sangue e morte, accolgono le richieste
dell’accusatore e condannano a morte Chénier.
In attesa della esecuzione Andrea Chénier
compone in carcere i suoi ultimi versi. Intanto Maddalena,
con l’aiuto di Gérard, corrompe un carceriere e si
sostituisce ad una condannata. Ella raggiunge Chénier e
gli comunica che desidera morire con lui. Nel frattempo
Gérard tenta, ma inutilmente, di ottenere da Robespierre
la grazia per i due infelici amanti.
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 105
Giunge l’alba. Andrea e Maddalena, abbracciati,
vengono condotti al patibolo col carro dei condannati,
mentre Gérard disperato e distrutto osserva la tragica
scena.

Dalle cronache dei giorni successivi alla prima si


rileva una dettagliata descrizione della serata.
La Scala rigurgitava di spettatori. Ma molti erano
scettici: alcuni a causa del disastroso esito delle
rappresentazioni precedenti offerte dal Sonzogno in quella
Stagione, altri a causa del precedente insuccesso personale
del Giordano con la Maria di Rohan.
Si alza il sipario.
L’opera inizia nel silenzio più assoluto. Ed ecco, al
termine dell’invettiva di Gérard :

T’odio casa dorata !


.............................
L’immagin sei d’un mondo
incipriato e vano !

Scrosciano i primi, timidi, applausi.


Non durano però a lungo.
Il pubblico si ammutolisce di nuovo, e per lunghi
minuti ancora tace.
Ma almeno non fischia. Semplicemente tace.
Al termine del Coro delle pastorelle la musica
finalmente vince. Il pubblico si scuote, applaude con
calore, mostra un atteggiamento meno ostile e prevenuto. I
visi iniziano a distendersi. Però non è ancora il trionfo.
Borgatti entra in scena, aitante nella persona,
sicuro, altero. E con voce spiegata, con baldanza, attacca:

Un dì all’azzurro spazio
.....................................
106 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

pioveva l’oro il sole.

Ora è trionfo.
Il pubblico si alza in piedi, applaude
fragorosamente, urla di piacere come poche volte è poi
accaduto in quel grande tempio dell’arte.
Non smette di applaudire, per lungo tempo, ed
acclama il bis.
L’opera ha vinto.
Le manifestazioni di consenso e di applausi
trionfali durarono per tutta la rappresentazione.
Il successo era andato molto, molto oltre le
speranze dello stesso Giordano.
A sipario calato Sonzogno, finalmente, abbracciò
commosso Giordano, raccogliendolo tra i suoi prediletti.
Giordano, esausto e sfinito sia nelle forze che
nell’animo e nelle tasche, chiese all’Editore di pagargli
due telegrammi urgenti, che apposta contenne in
pochissime parole, diretti l’uno a Napoli e l’altro a
Firenze.
Quello per Napoli, diretto ai genitori, diceva:

Successo completo. Umberto.

Quello per Firenze era invece indirizzato a


Mascagni, cui Giordano si sentiva di dedicare quella
serata, ed era ancora più breve:

Profeta !. Tuo Umberto.

E Mascagni rispose il giorno dopo:

Apprendo da ogni parte tuo grande successo. Ne


godo di tutto cuore avverandosi mia profezia. Abbraccioti.
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 107
Innumerevoli sono gli altri messaggi di auguri
pervenuti al Giordano il giorno dopo.
Da Franchetti : Felice tuo trionfo. Me ne rallegro di
cuore.
Dal suo maestro Serrao:Lietissimo tuo successo ti
abbraccio.
Da Puccini:Nascosto in questa landa apprendo
ritardo successo Chénier. Rallegromi cordialmente teco
salutando amichevolmente Illica.
E ancora tanti altri, da Spiro Samara, da Stagno, da
Daspuro, ecc.

Illica non aveva potuto essere presente alle prime


rappresentazioni.
Egli ricevette le prime notizie dall’Editore la notte
tra il 28 ed il 29 marzo 1896:

Trionfo completo per primo, terzo, quarto atto.


Piacque pure secondo. Ventina chiamate artisti e maestro.
Volevasi anche librettista. Venite assistere seconda.
Edoardo Sonzogno.

Giordano, dal canto suo, inviò un telegramma ad


Illica il giorno dopo la prima, la mattina del 29 marzo:

Impressione immensa straordinaria commovente.


Faccio seguito telegramma Edoardo aggiungendo fraterno
saluto e pregandoti venire condividere gioia successo.
Stampa unanime acclama librettista e Maestro. Umberto.

Illica risponde immediatamente con un testo


commovente:

Immagina mia gioia. Presto tornerò.


108 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Penso tua casa Napoli ed via Bramante che diedero


lieta fine.
Bravo.

Il successo dello Chénier continuò, incontenibile, e


fu necessario ripetere le rappresentazioni per ben undici
sere.
Tutto lo staff dello stabilimento Sonzogno accolse
con malcelata ironia l’articolo pubblicato sul quotidiano Il
Secolo del 30 marzo 1896, a firma Amintore Galli ! :

...lo Chénier presenta una musica chiara e


immediatamente comprensibile, musica simpatica che va,
scorre, vola senza ostacoli e senza lambiccature...

Ma la spudoratezza del Galli, come già accennato,


arriva a molto di più: nel 1915 egli specula ancora sul
lavoro e sui successi del Giordano, scrivendo un piccolo
saggio dal titolo "Umberto Giordano nell'arte e nella
vita”, nel quale si unisce in unisono alle lodi ed agli
apprezzamenti di tutto il mondo per l'opera del
compositore.
Il successo dello Chénier non si fermò a Milano.
Esso giunse generoso, caloroso e spontaneo in tutti i
Teatri italiani nei quali l’Opera venne programmata. Ed
anche all’estero.
L’esordio dello Chénier all’estero avvenne quasi
subito, nel novembre di quello stesso anno, all’Academy
of music di New York.
Giordano, il 18 di quel novembre, grazie alle
fortune dell’Opera, aveva finalmente deciso di coronare
con il matrimonio la giovanile passione d’amore con Olga
Spatz. Ragion per cui non si recò in America. E nemmeno
Sonzogno. Quest’ultimo incaricò di seguire le
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 109
rappresentazioni oltre Atlantico dello Chénier il proprio
nipote Riccardo.
La prima all’estero andò in scena il 15 novembre
1896. Il giorno successivo tutto lo stabilimento Sonzogno
è in festa per il telegramma inviato da Riccardo da New
York:

Chénier esito trionfale. Venti chiamate artisti.


Due bis. Ovazioni enormi direttore Tango e artisti.
Ultimo atto fanatizzò.

Ma il telegramma più simpatico, e significativo,


Riccardo Sonzogno lo inviò proprio a Giordano,
personalmente:

Chénier: boum ! boum ! boum ! boum !

Gli esecutori di quella prima all’estero furono:


Direttore: Egisto Tango.
Interpreti: il soprano Hariclea Darclée, il tenore
Eugenio Durot, il baritono Pietro Ughetto, il
mezzosoprano Armida Parsi Pettinella.

L’indice delle prime rappresentazioni in Italia dello


Chénier è il seguente, tra il 1896 ed il 1908:

28 marzo 1896 Milano La Scala


28 novembre 1896 Genova Politeama
26 dicembre 1896 Brescia Grande
26 dicembre 1896 Mantova Sociale
26 dicembre 1896 Parma Regio
28 dicembre 1896 Torino Regio
10 gennaio 1897 Cremona Ponchielli
12 febbraio 1897 Roma Argentina
20 marzo 1897 Napoli San Carlo
110 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

10 giugno 1897 Trento Sociale


13 giugno 1897 Firenze Pagliano
20 dicembre 1897 Reggio E. Municipale
16 marzo 1898 Verona Filarmonico
1 gennaio 1899 Trieste Comunale
1 giugno 1899 Palermo Politeama
2 agosto 1899 Bergamo Donizetti
4 novembre 1899 Bologna Comunale
26 dicembre 1899 Pavia Fraschini
26 dicembre 1899 Como Sociale
3 febbraio 1900 Modena Comunale
28 marzo 1900 Foggia Dauno
13 febbraio 1901 Venezia La Fenice
12 maggio 1901 Ferrara Comunale
18 agosto 1901 Vicenza Verdi
21 dicembre 1901 Novara Coccia
26 dicembre 1901 Cagliari Civico
23 gennaio 1902 Padova Politeama
7 marzo 1903 Bari Petruzzelli
22 giugno 1903 Catania Bellini
27 dicembre 1903 Piacenza Municipale
4 settembre 1904 Perugia Morlacchi
18 maggio 1905 Pisa Politeama
2 luglio 1908 Livorno Politeama

L’indice delle prime rappresentazioni all’estero è il


seguente, tra il 1896 ed il 1961:

15 novembre 1896 New York Acad. of music


30 gennaio 1897 Budapest Opera
22 marzo 1897 Mosca Imperiale
28 marzo 1897 Pietroburgo
5 maggio 1897 Praga
3 luglio 1897 Buenos Aires Opera
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 111
5 ottobre 1897 Santiago Municipal
20 dicembre 1897 Lione Grand Théatre
1 gennaio 1898 Lisbona San Carlos
7 gennaio 1898 Cairo Kediviale
12 gennaio 1898 Odessa Municipale
1 febbraio 1898 Alessandria Zizinia
8 luglio 1898 Rio de Jan. San Pedro
16 ottobre 1898 Valparaiso Municipal
12 novembre 1898 Barcellona Liceo
21 dicembre 1898 Berlino Th. de Westens
1 gennaio 1900 Liegi
2 aprile 1903 Manchester Queens Th
16 aprile 1903 Londra Camden Th.
2 giugno 1903 S.José (Costa Rica)
2 luglio 1903 Lima
16 agosto 1903 Rosario Politeama
25 febbraio 1904 Avana Tacon
1 gennaio 1905 San Paulo
8 febbraio 1905 Rotterdam
16 febbraio 1905 Varsavia Imperiale
3 giugno 1905 Parigi Sarah Bernhardt
11 novembre 1905 Londra Covent Garden
28 dicembre 1905 Oporto San Joao
20 febbraio 1906 Corfù Comunale
10 settembre 1906 Amsterdam
26 dicembre 1918 Madrid Real
7 marzo 1921 New York Metropolitan
28 gennaio 1926 Vienna Staatsoper
15 febbraio 1932 Salisburgo
26 gennaio 1934 Ginevra Grand Th.
5 febbraio 1947 Lucerna
28 novembre 1961 Tokyo Ueno
112 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Lo Chénier esercitò subito una grande suggestione


sui tenori del periodo 1896-1906.
Lo cantarono, tra altri, Durot, Russitano, Ventura,
Mariacher, Dimitresco, Lubert, Signorini, Fiorello Giraud,
De Marchi, Zenatello, Bassi e perfino Tamagno.
Ma lo Chénier per antonomasia, in quegli anni, fu
Giuseppe Borgatti.
I cultori di agiografia vocale sostengono che
Borgatti, prima di essere scritturato alla Scala per eseguire
lo Chénier, era semplicemente un giovane cantante in
cerca di gloria, sia pure con una apprezzabile esperienza
nel repertorio wagneriano.
Ciò probabilmente non risponde al vero.
Due o tre mesi prima della esperienza scaligera
Borgatti aveva cantato a Pietroburgo: Traviata, Lekmé e
Don Giovanni. In quegli stessi anni risulta protagonista
anche in Lucia, Favorita, Faust, Gioconda e Mefistofele,
Iris. Opere nelle quali le cronache riferiscono che egli
avesse argomenti sufficienti per uscirne con onore.
Troppo materiale, in soli quattro anni, per essere
appartenuto ad un “giovane cantante in cerca di gloria”.
La voce di Borgatti fu definita dai cronisti
“cristallina”: una voce in cui lo schietto colore tenorile e
le vibrazioni ampie e maschie trovavano una corretta
fusione.
Da una attenta analisi bibliografica e storiografica
si rileva invece che il settore superiore dell’estensione
vocale non era molto esteso, ma gli acuti avevano facilità
e squillo. Ed in aggiunta a ciò, da una critica di un
recensore madrileno, pare che le note di passaggio tra la
zona centrale e quella alta apparivano saldate con molta
maestria.
Ma uno degli aspetti più affascinanti di questa
organizzazione vocale era la flessibilità dei suoni. E’ fuori
discussione che Borgatti, almeno nella prima parte della
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 113
carriera, sfoggiava mezzevoci carezzose, filature delicate e
soavi; e quando, nel 1898, cantò a Buenos Aires nel
Mefistofele, fu giudicato il miglior tenore che si fosse
cimentato in quest’opera dopo Angelo Masini.
Borgatti risulta quindi essere stato l’antitesi dello
Chénier vociferante e plateale che oggi abbiamo troppo
spesso sotto gli occhi.
Ho voluto soffermarmi su questi aspetti della
vocalità di Borgatti proprio per evidenziare come i moduli
tenorili correnti abbiano distorto la figura dello Chénier
scelta dal Giordano.
Si legge nel Resto del Carlino del 1899, il giorno
successivo alla recita di Chénier al Comunale di Bologna:

...il Borgatti mise in luce il ricco contenuto


melodico con arte raffinata, delineando morbidamente ogni
frase, lumeggiando con grazia ogni accento, facendo
sentire le delizie del cantar piano e legato, con dolcissime
smorzature e portamenti di suono veramente squisiti. Così
l’andantino “Come un bel dì di maggio” sortì una
vaghezza tutta nuova e si volle riudirlo, fra acclamazioni
inusitate...

Debbo comunque precisare che tra il 1899 ed i


primissimi del Novecento i tenori usavano quasi tutti
cantare a mezzavoce, malgrado la tessitura, persino la
serenata dell’ Iris : tra i melomani si disputò a lungo, ed
inutilmente, per stabilire chi fosse il più soave, tra De
Lucia, Schiavazzi, Caruso e Borgatti.
Borgatti nel 1896 non era ancora diventato quello
specialista di Wagner che lo rese famoso in tutto il mondo
alcuni anni dopo. Ma ebbe già modo di esprimere nella
interpretazione delle opere veriste quelle qualità che gli
consentirono di esprimersi al meglio nell’oceano
wagneriano: la nettezza di sillabazione, la concisione del
114 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

fraseggio, nonché quella concitazione d’accento che


l’avrebbe poi reso famoso anche come Sigfrido.
In altri termini Borgatti può considerarsi, tra i
cantanti del tempo, come uno degli instauratori dello stile
vocale verista. Uno stile vocale caratterizzato dalla
radicale eliminazione di certi arcaismi d’ascendenza
virtuosistica e belcantistica.
Le Arie più cantate, dallo Chénier, sono :

Son sessant’anni Baritono I Atto


Coro delle pastorelle Coro I Atto
Un dì all’azzurro spazio Tenore I Atto
Credo a una possanza arcana Tenore II Atto
Eravate possente Soprano e Tenore II Atto
Nemico della patria ? Baritono II Atto
Azzurro occhio di cielo Baritono II Atto
Ora soave, sublime ora d’amore! Soprano e Tenore II Atto
Lacrime e sangue dà la Francia ! Baritono III Atto
Son la vecchia Madelon Mezzosoprano III Atto
Nemico della patria ? Baritono III Atto
Se ancor di me vi sovvenite Soprano e Baritono III Atto
Io t’aspettava Baritono III Atto
La mamma morta Soprano III Atto
Si, fui soldato Tenore III Atto
Come un bel dì di maggio Tenore IV Atto
Vicino a te s’acqueta Tenore e Soprano IV Atto

Il 30 marzo, a 4 giorni dalla prima dello Chénier,


Giulio Ricordi propone a Giordano di scrivere, su libretto
di Illica, un’opera per la sua Casa. Ma Sonzogno,
informato del passo compiuto dall’Editore concorrente,
offre al Maestro un nuovo e più vantaggioso contratto per
un’opera in tre atti (che sarà Fedora) e che lo lega alle
sorti della sua Casa Editrice anche per una opera
successiva a quella già concordata.
ANDREA CHÉNIER, 28 MARZO 1896 115

Il vecchio Andrea Chénier, il vecchio caro spartito


in cui canta la voce bonaria ma appassionata di Umberto
Giordano, ha compiuto ora cent'anni.

Cent'anni di vittorie.

Non è poco per uno spartito in cui al Galli era


parso che non ci fosse nulla.
116 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

VII.
Casa Sonzogno

N
on è fuori luogo spiegare come e perché le
fortune d'un compositore di teatro erano legate
alla impresa editoriale.
In quegli anni non esisteva ancora la SIAE.
Essa è la Società che introita attualmente il danaro
pagato dagli organizzatori per la esecuzione delle opere
musicali, e che ne distribuisce una quota agli Editori ed
un'altra agli Autori delle musiche eseguite.
Ancora oggi il significativo ricavo commerciale
d'una partitura d'Opera non promana dalla vendita degli
spartiti musicali di cui è composta.
Gli spartiti sono costituiti dalle separate pagine
musicali destinate ai vari strumentisti dell'orchestra e del
coro, e dalla partitura d'insieme.
Questo materiale, commercialmente, non avrebbe
alcuna possibilità di divulgazione, se non nella ipotesi di
un allestimento dell'opera, che è impresa al di sopra della
possibilità di mercato di un singolo artista, o di piccoli
gruppi musicali, o di piccole Associazioni concertistiche.
Sicché gli esigui proventi di una provvigione sulle
vendite degli spartiti non sarebbero nemmeno oggi in
alcun modo sufficienti a consentire al compositore un
guadagno apprezzabile.
L'allestimento di un'Opera è un vero e grosso
investimento, oggi realizzato da grandi Enti pubblici con il
contributo dello Stato, ma al tempo del verismo tale
investimento era realizzato ad iniziativa di un Editore
musicale, il quale ricavava proventi sia dal bigliettaggio,
CASA SONZOGNO 117
che dal noleggio diretto degli spartiti alle imprese teatrali
che -dopo la prima esecuzione e per molti anni- ne
effettuavano repliche in tutto il mondo.
Gli spartiti d'orchestra non sono quindi soggetti a
distribuzione commerciale ed acquisto nei negozi (salvo
che nelle edizioni tascabili a scopo di studio), e devono
essere (ancora oggi) ogni volta noleggiati presso l'Editore
che ne ha acquistato i diritti dal compositore, fino a 75
anni dalla morte di quest'ultimo.
La sussistenza ed il guadagno economico di un
compositore d'Opera -in epoca verista- si basava quindi su
uno speciale modello di rapporto contrattuale diretto con
l'Editore.
L'Editore corrispondeva all'Autore una cifra
mensile, in genere per un anno o due, nel periodo di tempo
necessario a comporre l'Opera. E questo importo
complessivo costituiva il prezzo di cessione della
proprietà della musica all'Editore. Ma non era tutto.
Questo era quello che oggi chiameremmo il
minimo garantito.
Sul ricavato di tutti i noleggi che -per tutta la vita
del compositore- l'Editore avrebbe conseguito, veniva poi
erogata annualmente al compositore una percentuale che
in genere si aggirava sul 25 per cento.
Ci si rende ben conto di quanto fosse determinante
per un Compositore poter disporre di una cifra mensile,
allo scopo di dedicarsi serenamente alla composizione
delle opere e di quanto fosse determinante il rapporto con
un Editore disposto ad investire nell'allestimento
dell'Opera composta.
L'Editore -imprenditore culturale ed Autorità nel
mondo dello spettacolo e dell'Arte- aveva poi anche
l'opportunità di organizzare e realizzare attività di
promozione degli Autori consociati, ne favoriva l'incontro
con altre personalità della cultura, organizzava convegni,
118 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

conferenze, incontri stampa, e tante altre iniziative per le


quali i singoli compositori non disponevano delle
conoscenze necessarie.
D'altra parte la buona fortuna degli Autori
corrispondeva all'incremento dei guadagni dell'Editore.
Ma vorrei anche ridimensionare nella giusta luce
una idea troppo unicamente commerciale della figura
dell'Editore.
Molti Editori hanno anche perseguito strategie
intellettuali precise, talvolta anche a costo di perdite
economiche, poiché essi erano inevitabilmente anche
uomini di cultura, e quindi culturalmente schierati.
Alcune case hanno tradizioni e storia antiche e
profonde.
Le vicende di Casa Sonzogno posseggono un
fascino particolare.
Nello scorrerle, negli anni, si ha l'impressione di
seguire una telenovela, una di quelle faide familiari a
puntate, trasmesse oggi dalla televisione, con i personaggi
buoni e quelli cattivi, con le liti, le invidie e le gelosie, ed
un grande patrimonio come centro propulsore di tutto.
Ci avvarremo di un utile articolo di Stefania
Ercolani pubblicato sul Bollettino Ufficiale della SIAE,
per riportare una stesura agile e leggera di quello che
potrebbe essere anche un libretto di un'opera, con l'eroe
alla Radames 46 che si copre di gloria per amore o con
l'ingenuo Nemorino 47 , o con il Conte di Luna 48 , che ha
l'anima scrostata dalla gelosia.
E' una storia da raccontare, quella della casa
musicale Sonzogno.

46
uno dei personaggi dell’Aida di G.Verdi.
47
uno dei personaggi dell’Elisir d’amore di G.Donizetti.
48
uno dei personaggi del Trovatore di G.Verdi
CASA SONZOGNO 119
Fu fondata a Milano al crepuscolo del 1700 da
Giovanni Battista Sonzogno 49, e cominciò a farsi un nome
dal 1818, con la collana Storici greci volgarizzati e I
viaggi di Cook.
La musica entrò solo in un secondo tempo negli
affari di famiglia.
Vi entrò nel 1874, con la pubblicazione di opere
note ridotte al pianoforte nelle collane La musica per tutti,
Il teatro musicale giocoso e Il Florilegio
melodrammatico, a cura del critico musicale de Il Secolo,
il musicologo e compositore Amintore Galli.
Il Secolo fu il primo vero gioiello di famiglia: un
quotidiano d'ispirazione repubblicana che, nella Milano
della seconda metà dell'800, con 250 mila abitanti,
raggiunse alla fine del secolo 150 mila copie di tiratura
divenendo il quotidiano italiano più diffuso.
Fu un'idea del nipote del fondatore di Casa
Sonzogno, Edoardo 50 , che divenne poi un personaggio
fondamentale della avventura verista.
Il fratello Raffaele faceva parte degli Scapigliati e,
dopo essere stato coinvolto in uno scandalo politico, nel
1871 fuggì a Roma e aprì un nuovo quotidiano, La
Capitale. Ma la sua vita sarà spezzata quattro anni dopo
per mano di un sicario del deputato Luciani, amante della
moglie e suo avversario politico.
Nandi Ostali 51 , che nel 1984 prese le redini
dell'azienda, nel bel libro sulla storia di Casa Sonzogno,

49
Venezia 1760 - Milano 1822. Ebbe due figli, Francesco e Lorenzo
(Milano 1803 - 1874), soci fino al 1926, e successivamente attivi
ciascuno in proprio. Da Lorenzo nacque Edoardo, che nel 1861 rileva
l’attività del padre.
50
Milano 1836 - 1920. Figlio di Lorenzo si ritirò dagli affari nel 1909.
51
nata Bonini, attuale amministratore della Casa Editrice moglie di Enzo
Ostali, figlio di Piero Ostali (che nel 1923 rilevò l’azienda dalla vedova
di Lorenzo Sonzogno.
120 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

annota che "lo scandalo è enorme e gli atti del processo


vengono pubblicati a dispense da Edoardo".
E fu lui, Edoardo, "un po' artista e un po'
mecenate", mondano quanto basta, con buone aderenze
nell'ambiente culturale parigino, amico di Hugo 52 e
Dumas 53 , ad avvicinare la musica. Proprio i suoi contatti
francesi gli valsero i diritti per l’Italia di opere comiche e
operette di Offenbach 54 , Hervé 55 , Lecocq 56 e delle opere
di Thomas 57 , Berlioz 58 , Massenet, Saint-Saens 59 . Per non
parlare della Carmen di Bizet.

52
Victor-Marie Hugo (Besancon 1802 - Parigi 1885) poeta,
drammaturgo e romanziere francese. Dominò tutta la letteratura francese
del XIX sec. ed esercitò una notevole influenza sul pensiero europeo del
suo tempo.
53
Alexandre Dumas (1824 - 1895) figlio dell’omonimo genitore
(anch’egli affermato quale romanziere e drammaturgo), a sua volta
autore drammatico e romanziere. Esordì nel 1852 col dramma La dame
aux camélias, derivato dall’omonimo romanzo che egli aveva pubblicato
nel 1848. In Italia divenne popolarissimo, specie dopo che Verdi ne ebbe
tratto lo spunto per La Traviata.
54
Jacques Offenbach (1819 - 1880) compositore teatrale tedesco. E’
considerato, con Hervé, il creatore della operetta francese, gaia e briosa,
talvolta frivola, espressione della vita spensierata del Secondo Impero.
55
Florimond Hervé (pseudonimo di Florimond Ronger, 1825 - 1892)
musicista francese. Scrisse circa sessanta operette alcune delle quali
divenute popolarissime in Italia (L’oeil crevé, Mamzelle Nitouche, Fla-
Fla, Le nouvel Aladin).
56
Alexandre-Charles Lecocq (1832 - 1918) musicista francese. Compose
in prevalenza musica operettistica, raggiungendo grande notorietà con
La fille de Madame Angot.
57
Ambroise Charles Louis Thomas (1811 - 1896) musicista francese.
Soggiornò in Italia dove vinse il Premio di Roma. Tornato a Parigi si
dedicò alla composizione di opere teatrali. Ebbe allievi il Massenet ed il
Bizet.
58
Hector Berlioz (1803 - 1869) compositore francese.Soggiornò a Roma
nel 1831-32 ed ottenne il Prix del Rome. Svolse anche attività di critica
musicale e di direttore d’orchestra. Ebbe la stima, l’amicizia e
l’ammirazione di Liszt, Wagner e Paganini.
59
Charles-Camille Saint-Saens (Parigi 1835 - Algeri 1921) compositore,
organista e pianista francese.Realizzò una produzione musicale
imponente e particolarmente pregevole.
CASA SONZOGNO 121
Alla prima rappresentazione italiana, in un palco,
c'era Friedrich Nietzsche 60 , che scrisse: "Per me, un vero
avvenimento. Durante queste quattro ore ho compreso più
cose che non abitualmente in quattro settimane. Onore al
Signor Sonzogno!".
Nel 1882 Edoardo avviò il mensile d'informazione
dello spettacolo La Musica Popolare, l'anno dopo
sull'altro periodico di famiglia, Teatro illustrato, vennero
indetti concorsi per opere nuove.
Obiettivo: formare un proprio repertorio italiano.
Così comincio la "favola" di Cavalleria Rusticana,
che nel 1889 venne premiata al concorso Sonzogno del
1888.
La prima opera di Mascagni.
Un trionfo assoluto al vecchio Costanzi di Roma
per quello che presto divenne il "simbolo" del verismo
musicale.
Seguirono altri successi: Pagliacci e Zazà di
Leoncavallo, Andrea Chénier e Fedora 61 di Giordano,
L'Arlesiana e Adriana Lecouvreur di Cilea e ancora
Mascagni con L'amico Fritz e Guglielmo Ratcliff 62 .
Per consolidare la Giovane Scuola Italiana,
Edoardo acquistò il teatro La Canobbiana ribattezzandolo
Teatro Lirico Internazionale.
"A cavallo del secolo" scrive la Ostali " l'impero di
Edoardo è al massimo del suo splendore, ma lentamente
inizia anche il suo declino. L'immensa mole dell'impresa
60
Friedrich Wilhelm Nietzsche (1844 - 1900) filosofo tedesco. Fu
romantico e adoratore del classicismo, ossessionato da eroica volontà di
grandezza e assetato di libertà spirituale. Scrisse Così parlò Zaratustra,
Superuomo, Al di là del bene e del male, Genealogia della morte,
Anticristo.
61
melodramma in tre atti di U.Giordano, libretto di A.Colautti, tratto dal
dramma omonimo di V.Sardou. Prima rappresentazione: Milano, Teatro
Lirico, 17 novembre 1898.Sop. Gemma Bellincioni, Ten. Enrico Caruso.
62
dall’omonimo romanzo di Heine, su libretto di Targioni-Tozzetti e
Menasci. Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 1895.
122 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

comincia a diventare insopportabile per un uomo solo e


non più giovane, gli sperperi sono eccessivi e i controlli
sulle varie attività sono inadeguati".
Casa Sonzogno andò così al nipote Riccardo 63
(figlio del fratello Alberto), per il settore tipografico-
letterario, mentre l'editoria musicale venne seguita dal
nipote Lorenzo 64 (figlio del fratello Giulio Cesare).
I due cugini entrarono quasi subito in contrasto
nella gestione artistica ed economica.
Nel 1911 Lorenzo fondò una propria editoria
musicale in concorrenza dichiarata con quella dello zio
Edoardo, ed acquistò i diritti di molte novità italiane e
straniere, Wolf Ferrari 65 , Humperdinck 66 ,Franchetti,
R.Strauss 67 , Rimsky-Korsakov 68 , e approfittando di una

63
Milano 1871 - Montecatini 1915.
64
Milano 1877 - 1920.
65
Ermanno Wolf-Ferrari (Venezia 1876 - 1948) compositore. Musicista
colto e raffinato, del tutto estraneo sia alle suggestioni del teatro verista
che alle problematiche delle avanguardie europee del tempo. Fu invece
incline ai modi arcaicizzanti e sensibile alla lezione del Falsaff verdiano.
Tra i suoi componimenti: l’oratorio La vita nuova, Le donne curiose (da
Goldoni), I quattro rusteghi (da Goldoni), Il segreto di Susanna, ecc.
66
Engelbert Humperdinck (1854 - 1921) compositore tedesco. Fu anche
critico musicale.Subì l’influenza wagneriana, ma in modo personale ed
indipendente. Nella sua opera più nota (Hansel und Gretel (1893), ancor
oggi frequentemente rappresentata) elaborò con abile tecnica strumentale
canzoni infantili e filastrocche popolari.
67
Richard Strauss (Monaco 1864 - Garmisch 1949) compositore tedesco
di fama internazionale. Il nucleo della sua composizione strumentale è
rappresentato dai Poemi Sinfonici. Talento precocissimo, fu maestro
sostituto all’Opera di Monaco e Kapellmeister alla corte di Weimar,
nonché direttore alla corte di Monaco ed alla regia cappella di Berlino.
68
Nikolaj Rimskij-Korsakov ( 1844 - 1908) compositore russo.
Componente del gruppo dei Cinque (Balakirev, Cui, Mussorgskij,
Rimskij-Korsakov, Borodin). Nella sua musica ha ricercato gli elementi
melodici ed armonici più profondamente connaturati col canto del
popolo russo. Era disinteressato ad ogni ideale di bel suono e di
perfezione stilistica in senso tradizionale.Tra i componimenti più noti: La
suite sinfonica Shéhérazade (1888) e l’ouverture della Grande Pasqua
russa (1888).
CASA SONZOGNO 123
delle periodiche liti giudiziarie fra Mascagni e Edoardo,
Lorenzo induce il compositore livornese a passare nella
sua nuova casa con Parisina, su testi di D'Annunzio.
Quando Riccardo nel 1915 venne improvvisamente
a mancare nell'abitazione di Leoncavallo, Lorenzo
riunisce le due imprese musicali con il nome di Casa
Musicale Sonzogno Soc. An., ma cinque anni dopo
muoiono Edoardo e Lorenzo.
Nel 1923 la Casa rischia la liquidazione con la
prospettiva di cessione a un gruppo finanziario tedesco.
La dispersione del patrimonio artistico di Casa
Sonzogno, il miglior amico della musica insieme a
Ricordi 69 e Lucca 70 , è stata scongiurata dall'industriale
cotoniero Piero Ostali , che conosce la materia per aver
studiato organo, violino e composizione.
"Nella mia prima preistoria operistica" ha detto il
direttore d'orchestra Gianandrea Gavazzeni 71 " avevo
sentito molto parlare delle vicende anteriori all'entrata di
Piero Ostali nella Casa Sonzogno. Gli intrighi dei
passaggi di proprietà dentro la famiglia Sonzogno, i litigi,
le estromissioni, senza che fosse mai chiaro il passaggio

69
casa editrice fondata a Milano nel 1808 da Giovanni Ricordi, e
successivamente diretta ed ampliata dai successori Tito (1811-88), Giulio
(1840-1912), e Tito II (1865-1933). Dal 1919 essa fu diretta da
amministratori estranei alla famiglia e la sua attività si estese, mediante
un gruppo di società affiliate, a molti paesi del mondo. Dal 1956
l’azienda si è configurata come SpA, affiancando all’attività tradizionale
nuovi settori. Il gruppo di maggioranza dei soci, oggi, è rappresentato da
una multinazionale tedesca.
70
Francesco Lucca (Cremona 1802 - Milano 1872), editore. La sua casa
editrice fu fondata nel 1825, pubblicò diverse opere di Verdi (Attila, I
masnadieri, Il corsaro, il Nabucco in coproduzione con Ricordi).Alla
morte di Francesco la moglie Giovannina Strozza continuò l’attività
pubblicando tra l’altro L’anello del nibelungo e i Maestri cantori, ma nel
1888 fu costretta, dalla concorrenza di Ricordi, ad accettare la fusione
con la stessa.
71
Gianandrea Gavazzeni (1909 - 1996) direttore d’orchestra,
compositore e critico musicale.
124 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

dall'editoria letteraria (le famose Biblioteche Sonzogno)


all'idea e alla pratica di quella musicale".
Piero intuisce che l'impresa è rischiosa, la Casa è
oberata dai debiti, minacciata da una moltitudine di
ingiunzioni giudiziarie e di cause pendenti in tribunale.
Eppure vince la battaglia con l'esperienza del
manager e con la passione del musicista.
Conquista nuovi Autori, riabilita compositori
caduti nell’oblio e poi, nell'agosto 1943, un
bombardamento distrugge completamente la sede,
l'archivio, e 120 lastre di piombo incise.
Ma Ostali ha saputo riprendersi anche da questa
sciagura.
Nel '61 Piero muore e comincia l'era del figlio
Enzo che amplia il catalogo e apre ai giovani, Corghi 72 ,
Ferrari 73 , Gentilucci 74 .
Alla sua scomparsa nell'84, la moglie Nandi Ostali
diviene amministratore unico.
Cinque anni dopo le si affianca il figlio Piero jr.
Casa Sonzogno si occupa in particolar modo della
musica contemporanea, dando fiducia alla nuova
generazione, i Pernaiachi 75 , i Pedini 76 , musicisti però
ancora estranei alla sperimentazione più audace.
E allora ecco arrivare anche Tutino 77 , Ferrero 78 ,
Sollima 79 .

72
Azio Corghi (1937 ) compositore. Attualmente è insegnante di
composizione all’Accademia di S.Cecilia.
73
Giorgio Ferrari (1925) compositore. Direttore, sino al 1994, del
Conservatorio di Torino.
74
Armando Gentilucci (1939 - 1989) compositore. Direttore, sino
all’anno della morte, dell’Istituto musicale di Reggio Emilia, rimasto
però per un breve periodo con la Sonzogno perché passato nelle fila
della Casa Ricordi.
75
Gianfranco Pernaiachi (1951) compositore.
76
Carlo Pedini (1956) compositore.
77
Marco Tutino (1954) compositore.
78
Lorenzo Ferrero (1951) compositore.
CASA SONZOGNO 125
Lo scorso anno nella scuderia Sonzogno è entrato
un cavallo di razza, un musicista popolare che contamina i
linguaggi come Franco Battiato 80 .

L'avventura continua.

79
Giovanni Sollima (1962) compositore.
80
(1945) cantante, compositore e autore di testi di canzoni.
126 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

Bibliografia

• Primo Levi (L’Italico), Mala vita di Umberto Giordano, in


“La Riforma”, Roma, 22 febbraio 1892
• Attilio Luzzato, Mala vita di Umberto Giordano, in “La
Tribuna”, Roma, 23 febbraio 1892
• Ippolito Valletta (Giuseppe Franchi-Verney), Mala Vita di
U.Giordano, in “Gazzetta Musicale di Milano”, a.XLVII,
n.9, 28 febbraio 1892
• G.P.Zuliani, Mala vita di Umberto Giordano, in “Gazzetta
Teatrale Italiana”, Milano, febbraio 1892
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Templi della vocalità


Collana di studi musicologici curata dal
Centro Studi “Umberto Giordano”
Stampato per conto della Associazione Musica Insieme
presso le Officine Fotolitografiche Edigrafital, Teramo, aprile
1996
132 ANDREA CHÉNIER: CENTO ANNI DI SPARTITO

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